“Dal punto di vista simbolico lei, che pretende l’articolo maschile sta dicendo ‘io governerò come un maschio’.
E questo credo sia la migliore risposta possibile a chi gioisce per una donna al potere.
Non è il sesso di chi comanda che conta, è il modello di potere che si ricopre.
Il modello di potere di Giorgia Meloni è quello maschilista ‘al maschile’".
Risuonano forti le parole lette in chiesa durante l’ultimo saluto a Giulia dal suo papà, Gino Cecchettin.
“Mia figlia Giulia, era proprio come l’avete conosciuta, una giovane donna straordinaria.
Allegra, vivace, mai sazia di imparare.
Ha abbracciato la responsabilità della gestione familiare dopo la prematura perdita della sua amata mamma. Oltre alla laurea che si è meritata e che ci sarà consegnata tra pochi giorni, Giulia si è guadagnata ad honorem anche il titolo di mamma. Nonostante la sua giovane età era già diventata una combattente, un’oplita, come gli antichi soldati greci, tenace nei momenti di difficoltà: il suo spirito indomito ci ha ispirato tutti.
Il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne, vittime proprio di coloro avrebbero dovuto amarle e invece sono state vessate, costrette a lunghi periodi di abusi fino a perdere completamente la loro libertà prima di perdere anche la vita.
Come può accadere tutto questo?
Come è potuto accadere a Giulia?
Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione
Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere.
Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali.
Dovremmo essere attivamente coinvolti, sfidando la diffusione di responsabilità, ascoltando le donne, e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza anche i più lievi. La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto.
A chi è genitore come me, parlo con il cuore: insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte. Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno perché diventi possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, ad una sessualità libera da ogni possessoe all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro. Viviamo in un'epoca in cui la tecnologia ci connette in modi straordinari, ma spesso, purtroppo, ci isola e ci priva del contatto umano reale.
È essenziale che i giovani imparino a comunicare autenticamente, a guardare negli occhi degli altri, ad aprirsi all'esperienza di chi è più anziano di loro.
La mancanza di connessione umana autentica può portare a incomprensioni e a decisioni tragiche. Abbiamo bisogno di ritrovare la capacità di ascoltare e di essere ascoltati, di comunicare realmente con empatia e rispetto.
La scuola ha un ruolo fondamentale nella formazione dei nostri figli.
Dobbiamo investire in programmi educativi che insegnino il rispetto reciproco, l'importanza delle relazioni sane e la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo per imparare ad affrontare le difficoltà senza ricorrere alla violenza.
La prevenzione della violenza di gene e inizia nelle famiglie, ma continua nelle aule scolastiche, e dobbiamo assicurarci che le scuole siano luoghi sicuri e inclusivi per tutti.
Anche i media giocano un ruolo cruciale da svolgere in modo responsabile. La diffusione di notizie distorte e sensazionalistiche non solo alimenta un’atmosfera morbosa, dando spazio a sciacalli e complottisti, ma può anche contribuire a perpetuare comportamenti violenti.
Chiamarsi fuori, cercare giustificazioni, difendere il patriarcato quando qualcuno ha la forza e la disperazione per chiamarlo col suo nome, trasformare le vittime in bersagli solo perché dicono qualcosa con cui magari non siamo d’accordo, non aiuta ad abbattere le barriere.
Perché da questo tipo di violenza che è solo apparentemente personale e insensata si esce soltanto sentendoci tutti coinvolti. Anche quando sarebbe facile sentirsi assolti.
Alle istituzioni politiche chiedo di mettere da parte le differenze ideologiche per affrontare unitariamente il flagello della violenza di genere. Abbiamo bisogno di leggi e programmi educativi mirati a prevenire la violenza, a proteggere le vittime e a garantire che i colpevoli siano chiamati a rispondere delle loro azioni. Le forze dell’ordine devono essere dotate delle risorse necessarie per combattere attivamente questa piaga e degli strumenti per riconoscere il pericolo. Ma in questo momento di dolore e tristezza, dobbiamo trovare la forza di reagire, di trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento.
La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele, ma la sua morte, può anzi deve essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne.
Grazie a tutti per essere qui oggi: che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme per creare un mondo in cui nessuno debba mai temere per la propria vita.
Vi voglio leggere una poesia di Gibran che credo possa dare una reale rappresentazione di come bisognerebbe imparare a vivere.
«Il vero amore non è ne fisico ne romantico.
Il vero amore è l'accettazione di tutto ciò che è,
è stato, sarà e non sarà.
Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno.
La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia…»
Cara Giulia, è giunto il momento di lasciarti andare. Salutaci la mamma.
Ti penso abbracciata a lei e ho la speranza che, strette insieme, il vostro amore sia così forte da aiutare Elena, Davide e anche me non solo a sopravvivere a questa tempesta di dolore che ci ha travolto, ma anche ad imparare a danzare sotto la pioggia.
Sì, noi tre che siamo rimasti vi promettiamo che, un po’ alla volta, impareremo a muovere passi di danza sotta questa pioggia.
Cara Giulia, grazie, per questi 22 anni che abbiamo vissuto insieme e per l’immensa tenerezza che ci hai donato. Anch’io ti amo tanto e anche Elena e Davide ti adorano.
Io non so pregare, ma so sperare: ecco voglio sperare insieme a te e alla mamma, voglio sperare insieme a Elena e Davide e voglio sperare insieme a tutti voi qui presenti: voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite e voglio sperare che un giorno possa germogliare.
E voglio sperare che produca il suo frutto d’amore, di perdono e di pace.
If tomorrow it's my turn, I wanna be the last one.
Tonight I sat down to journal but the rage I'm feeling doesn't allow me to leave those words on a piece of paper that I'll be the only one to read. I need to share this with you, in hopes of a better future.
This post is different from my usuals, it's nothing I've done before so I'm going to put trigger warnings before you continue reading.
If you're uncomfortable reading about these topics, I kindly ask you to stop here.
It won't be coherent, it's been a hurtful week.
This isn't fiction. This is real life.
This is a story that has been all over medias in Italy for the last week.
The narrative that media (newspapers, tv news, social medias) is perpetrating is a pretty fabricated fantasy, a mirror of a patriarchal society that views women as objects, pretty, little things to be possessed, devalued of any quality or importance. We're dolls to be toyed with instead of human beings. It's a disgusting reality that we wake up everyday to and we're tired. We're fuming with a deep rooted rage that will shake this world to the ground.
Because this isn't a story of 2 young, ex lovers running away together like they want us to believe.
It's a story about Giulia, a 22 years old young woman with a brilliant future ahead waiting for her, that was brutally attacked by her ex boyfriend, kidnapped and killed.
"The good guy who would ever hurt a fly". Oh yes, he wouldn't a fly, but he did hurt a woman. A good guy doesn't profess her love for you then beat you to a pulp to drag you into his car when you try to escape. A good guy doesn't control you, a good guy isn't possessive of you to the point it becomes stalking.
None of it is love.
None of it is a good guy.
For a week we've been keeping that fickle of hope alive, that little flame resisting even after all the horrors we know women suffer at the ends of men believing they're entitled to them, like a property they paid for.
However, us women as a collective knew the truth in our hearts already, no matter how hard we tried to pray for a better outcome. She wasn't coming back. Because we've seen thousands of Giulias before her. She's the 105th victim of femicide in Italy from the beginning this year.
105.
Giulia was every single one of us girls and women. She was young, she was brilliant-she was supposed to graduate uni that same day she disappeared. She had a life ahead, full of dreams to be turned reality. She was loved deeply.
Using the past tense is a failure of our society because Giulia was supposed to be with us on this Earth to this day and many more going forward.
Her spirit will live on forever, never forgotten.
We'll burn everything for her, in her name and in the names of the other women whose lives were taken away too soon.
We'll burn everything until our world won't start to change.
I'll leave a poem down below from activist Cristina Torres Caceres that is being used a lot right now to remember Giulia and to light the fire in our raging, bleeding hearts.
Read about her, spread her name and keep her memory alive.
Giulia is us and we're Giulia.
Rest in power.
If tomorrow it's my turn, mom, if tomorrow I don't come back, destroy everything.
If tomorrow it's my turn, I want to be the last one.
Ogni volta che una donna scompare, viene uccisa, stuprata, picchiata, che è oggetto di violenza psicologica, ognuna di noi pensa di essere fortunata ad essere arrivata alla sua età, aver amato ed essere ancora viva, di non aver incontrato un uomo che con la scusa dell'amore si è sentito in diritto di sovrastarla. Ci si domanda non se, ma quando capiterà anche a noi, perché ogni giorno è pieno di tante piccole cose che ci spingono in un angolo, che ci fanno sentire che questo mondo per noi non è un posto sicuro e che dobbiamo sempre essere pronte a riconoscere, reagire, prevedere, che non si sa mai.
Ogni giorno ci viene ricordato che non ci è garantito e che è nostra responsabilità tornare a casa intatte dopo una serata a ballare, una cena con gli amici, una giornata di lavoro, una lezione all'università. Che forse la macchina lì non la lascio è troppo isolato, quella maglietta non la metto è troppo scollata, un altro drink non lo prendo che ho già bevuto troppo. Mi raccomando non fare tardi, vai da sola?, qualsiasi cosa chiamami tengo il telefono acceso. Che l'ultima scelta non è mai la nostra, non quando siamo vive e neanche da morte. E le tante troppe parole che vengono dette in queste occasioni non fanno niente.
Siamo tutte Giulia, Pierpaola, Donatella, e ogni donna che quelle parole non hanno salvato.
Le donne quelle pensanti, quelle che decidono di andare,di diventare,di fare.
Quelle con gli occhi dentro al cielo, quelle con le mani sui volanti, quelle scure e curve, quelle orfane ma madri, quelle che hanno sbagliato troppe volte o solo una volta.
Quelle che non si fermano e continuano ad andare.
Le donne che muoiono oggi sono le stesse di ieri, sono le stesse che non hanno accettato lo schiaffo, il rimprovero, il castigo,l 'inferno.
Perchè fuori erano spente da sempre, ma dentro gridavano solo la vita.
Esiste davvero Alessio, non è un supereroe della Marvel. Ora ha un volto colui che ha salvato dallo stupro la ragazza di Roma. Lo scorso fine settimana una ragazza di 22 anni viene aggredita da uno sconosciuto, quando arriva Alessio che frapponendosi fra i due mette in fuga lo stupratore e salva la ragazza. Sembra la storia a lieto fine di un film, invece è realtà. Fa il cuoco Alessio e quando ha sentito le urla senza esitare è corso in soccorso. Nella colluttazione Alessio è rimasto ferito, dal cacciavite che il malfattore usava per bloccare la ragazza, con un fendente che gli ha sfiorato il cuore. Ora Alessandra, questo il nome della ragazza salvata, chiede di incontrare Alessio. La descrizione di Alessio consentirà di assicurare lo stupratore alla giustizia, il cuore e il coraggio di Alessio, consentiranno ad Alessandra di tornare a casa sana e salva.
Se la speranza avesse un nome credo che sarebbe il suo.