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#paleoantropologia
unspokenmantra · 1 month
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netmassimo · 2 months
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Un articolo pubblicato sulla rivista "Nature Communications" riporta uno studio su nuovi fossili appartenenti agli ominini chiamati Homo floresiensis e soprannominati hobbit trovati nel sito di Mata Menge, sull'isola di Flores. Un team di ricercatori ha esaminato questi nuovi fossili datati a circa 700.000 anni fa concludendo che la specie Homo floresiensis potrebbe discendere da Homo erectus asiatici.
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marcogiovenale · 3 months
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antichi, remoti oggetti testuali in libreria: 1 luglio a roma, al quartiere monti, "oggettistica", di marco giovenale
prosa prava Lo storicizzando proseur Giovenale, in presenza & in dialogo con lo studioso e collezionista Giuseppe Garrera, coordinati entrambi dall’autore e filosofo Valerio Massaroni, lunedì alla libreria Panisperna, alle ore 18:30, si misureranno con antichi manufatti testuali risalenti in alcuni casi perfino al 2013, al 2019, al 2023, raccolti in quello che i paleografi e gli etologi sono…
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scienza-magia · 2 years
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La fluidità cognitiva mantiene giovane il cervello umano
Nel cervello umano si nasconde il segreto dell'eterna giovinezza: lo studio. Pubblicati su Nature Ecology & Evolution i risultati di una ricerca a cui ha partecipato anche il paleoantropologo Antonio Profico dell’Università di Pisa. C’è una caratteristica che accomuna il cervello di Homo sapiens e Homo neanderthalensis e cioè che entrambi hanno mantenuto un alto livello di interazione tra le aree cerebrali sia nella fase giovanile che nella fase matura e, come in una sorta di sindrome di Peter Pan, non sono mai diventati veramente adulti. Lo dimostra uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution a cui ha partecipato il paleoantropologo Antonio Profico, ricercatore del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, e coordinato dal professor Pasquale Raia dell'Università di Napoli Federico II.
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Il ricercatore Antonio Profico Per studiare l’evoluzione del cervello, un team di ricercatori di università italiane e internazionali ha ricostruito la superficie interna del cranio tramite tecniche di antropologia virtuale. In questo modo gli autori hanno analizzato la forma del cervello in 148 specie di primati viventi e diverse specie di Hominina (Homo neanderthalensis compreso). Oltre alla forma del cervello i ricercatori hanno studiato le interazioni tra le aree cerebrali (integrazione morfologica) utilizzando un nuovo metodo sviluppato a questo scopo e applicato per la prima volta in questo studio. Gli autori dello studio hanno dimostrato che non sono solo le grandi dimensioni del nostro cervello a renderci differenti dagli altri primati. I ricercatori hanno dimostrato che nelle scimmie antropomorfe (i nostri parenti più prossimi) e nella nostra specie le diverse aree cerebrali presentano alti livelli di integrazione dalla nascita fino allo stadio di sviluppo immediatamente precedente la maturità sessuale. Tuttavia, quando entra nella fase adulta, il cervello delle scimmie antropomorfe perde improvvisamente la coordinazione tra i lobi, probabilmente a favore della specializzazione delle diverse aree cerebrali. Homo sapiens invece mantiene un’alta coordinazione tipica dei cervelli delle antropomorfe giovanili per tutta la vita, non mostrando nessun cambiamento da 'adulto'. Solo un'altra specie vicina a noi, Homo neanderthalensis, mostra segni di questo stesso fenomeno. "I cervelli dei neandertaliani e degli umani moderni sono molto simili in termini di volume, ma nei Neanderthal il cervello ha una forma diversa, molto più primitiva - spiega Profico - Il fatto che Homo neanderthalensis e Homo sapiens mantengano alti livelli di integrazione cerebrale durante l'età adulta è sorprendente, perché fino ad ora pensavamo che la comparsa del comportamento umano moderno fosse legato quasi esclusivamente alla presenza di un cervello globulare". Homo sapiens è infatti caratterizzato dalla presenza di un cervello molto voluminoso ed è di circa tre volte più grande di quello dello scimpanzè. Nella nostra specie la dimensione del cervello è analoga a quella dei neandertaliani, quello che cambia è la forma: il nostro cervello è globulare mentre in Homo neanderthalensis è allungato antero-posteriormente a 'palla da rugby'. Questa differenza tra le due specie umane più encefalizzate viene spesso correlata a differenze funzionali e cognitive evidenti dall’analisi del record paleoantropologico. "La mente umana è particolarmente creativa, capace di mescolare pensieri astratti in nuove combinazioni che forniscono possibilità sempre nuove e spesso impreviste - commenta Pasquale Raia - I nostri risultati suggeriscono che l'elevata coordinazione tra le diverse aree cerebrali possa essere stato il meccanismo alla base della 'fluidità cognitiva' teorizzata da Steven Mithen: la capacità di combinare moduli del pensiero originariamente progettati per compiti specifici". Read the full article
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carmenvicinanza · 3 months
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Carla Lonzi
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“Il femminismo mi si è presentato come lo sbocco possibile tra le alternative simboliche della condizione femminile, la prostituzione e la clausura: riuscire a vivere senza vendere il proprio corpo e senza rinunciarvi. Senza perdersi e senza mettersi in salvo”.
Carla Lonzi è stata critica d’arte, editrice, scrittrice, poeta e, sopra ogni cosa, femminista.
Teorica e iniziatrice dell’autocoscienza e del femminismo della differenza ha portato un cambio di prospettiva, il gesto imprevisto di porsi fuori dalla cultura e dalle istituzioni, come ella stessa ha scritto è stato: uno sconquasso e anche una festa.
Nata a Firenze il 6 marzo 1931 da una famiglia della media borghesia fiorentina, madre insegnante e padre industriale con cui è stata sempre in conflitto, il suo desiderio di autonomia, di allontanamento dalla famiglia, l’ha portata a decidere di andare a studiare, a soli nove anni, in collegio. Dopo il liceo classico si è trasferita a Parigi, ma è rientrata presto per problemi di salute. Si è laureata con lode in Storia dell’arte con la tesi su Rapporti tra la scena e le arti figurative dalla fine dell’Ottocento, pubblicata molti anni più tardi.
Come critica d’arte, piena di talento, creatività e intelligenza, ha curato mostre prestigiose e viaggiato tanto.
Con il passare degli anni è stata sempre più attratta dalle dinamiche relazioni e di potere uomo-donna che dall’arte come elemento slegato dalla contemporaneità. Ha denunciato apertamente ingiustizie, prevaricazioni e comportamenti retrogradi ai danni delle donne, ritrovandosi isolata dall’entourage a cui apparteneva.
L’attività di critica si è conclusa nel 1969, col suo libro Autoritratto, che riporta i colloqui registrati, assoluta novità per i tempi, con tredici artisti e artiste, con particolare rilievo al dialogo con Carla Accardi, da cui ha cominciato a maturare la presa di coscienza femminista e l’attenzione alla soggettività femminile. Ha concluso negando il ruolo della critica, in quanto potere e ideologia sull’arte e sugli artisti.
Dell’arte le interessava non l’opera, il prodotto, ma il manifestarsi dell’autenticità dell’artista. È questo il filo comune al suo lavoro di critica, alla scrittura poetica, al femminismo.
Mettendo in discussione il ruolo della critica ha provato a sottrarre l’arte al ‘mito culturale’ per permettere alla creatività di entrare in rapporto con l’autenticità.
Con Elvira Banotti e Carla Accardi, nel 1970 ha fondato il gruppo Rivolta Femminile che è stato anche una casa editrice per cui ha redatto il Manifesto di Rivolta Femminile. Il testo, redatto in sessantacinque frasi brevi e lapidarie, contiene tutti gli argomenti d’analisi che il femminismo ha fatto propri: l’attestazione e l’orgoglio della differenza contro la rivendicazione dell’uguaglianza, il rifiuto della complementarità delle donne in qualsiasi ambito della vita, la critica verso il matrimonio, il riconoscimento del lavoro delle donne come produttivo e la centralità del corpo e la rivendicazione di una sessualità soggettiva e svincolata dalle richieste maschili.
A partire dal primo gruppo romano ne vennero fondati altri in diverse città. Tutti nati attorno alle pratiche, del separatismo e dell’autocoscienza: del partire dalle relazioni tra donne, del partire da sé e del fare pensiero di questa esperienza.
Sempre nel 1970 ha scritto e pubblicato Sputiamo su Hegel, in cui critica l’impostazione patriarcale della politica marxista e comunista invitando le donne a prendere posizione nella società patriarcale.
L’anno seguente è uscito La donna clitoridea e la donna vaginale, in cui, attraverso un confronto con fonti che vanno dalla psicanalisi alla paleoantropologia fino ai testi indiani del Kamasutra, sostiene che il mito dell’orgasmo vaginale è funzionale al modello patriarcale della complementarità della donna all’uomo. Se nel momento procreativo tale complementarità tra donna e uomo è ammessa, non lo è invece nel momento erotico-sessuale.
Con quest’opera ha posto il piacere come uno degli aspetti centrali della formazione dell’identità, individuando il ruolo della donna rispetto all’aggressività primitiva dell’uomo. Lo scritto, suscitando varie discussioni all’interno dei gruppi femministi, aveva portato ad approfondire la necessità di mettere in questione il desiderio e la possibilità di essere un soggetto che può identificarsi nella donna senza negare la differenza sostanziale con l’uomo.
Nel 1973 ha lasciato il gruppo della Rivolta Femminile e l’anno successivo è uscita la collana Libretti verdi, che comprende la ristampa dei suoi scritti, tra cui i testi firmati da Rivolta Femminile.
Nel 1978 ha pubblicato Taci, anzi parla. Diario di una femminista, con un approccio autobiografico di nudismo esistenziale in cui vengono messe in luce le tappe della sua vita facendo emergere il suo impegno politico femminista. Prendendo il via dalla fine dell’amicizia con Carla Accardi e dal suo distacco dal mondo dell’arte, in questo libro cambia la sua concezione dell’artista, che dapprima aveva esaltato come autentico e libero e che invece parteciperebbe alla marginalizzazione e all’esclusione delle donne, incitando ad abbandonare la strada della creatività di tipo patriarcale e imboccare quella dell’autocoscienza femminista.
Nel 1980 ha inaugurato la nuova collana Prototipi con Vai pure, che riporta i dialoghi più significativi avvenuti tra lei e il suo compagno, l’artista Pietro Consagra.
È morta il 2 agosto 1982 a Milano in seguito a un cancro.
Il suo contributo è stato cruciale nel dibattito italiano. L’intelligenza della realtà, la profondità delle analisi, la dote di saper cogliere nel reale ciò che limita la libertà femminile e ciò che invece è in grado di realizzarla, la capacità di mettere al mondo ciò che l’ordine dato non ha previsto, sono la sostanza della sua riflessione.
Per anni le sue opere sono circolate solo attraverso fotocopie, pdf, fotografie scattate male, frasi copiate a penna e passate di mano in mano, di donna in donna, di generazione in generazione. Con la loro forza prorompente e il valore sociopolitico, hanno delineato un punto di partenza, un modello di riferimento e fonte di ispirazione per moltissime attiviste.
Dopo essere rimasti a lungo assenti dagli scaffali, sono recentemente tornati in libreria grazie a Claudia Durastanti, direttrice della casa editrice La Tartaruga, creata nel 1975 da Laura Lepetit che oggi fa parte del gruppo editoriale La Nave di Teseo.
Carla Lonzi, con la sua esistenza e con i suoi scritti, che della sua vita sono il frutto, ha mostrato che la libertà femminile è l’imprevisto che apre ad altri imprevisti.
Guidata dal suo grande amore della libertà, ha mostrato la via di accesso a un mondo nuovo possibile, facendoci vedere che amore del mondo e amore di sé non divergono.
Nel 2017, suo figlio, Battista Lena, ha donato tutto il suo archivio, scritti, note, appunti, diari, a quello che è diventato il Fondo Carla Lonzi ospitato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Questo grande patrimonio storico e archivistico che rappresenta ancora oggi un atto politico, generativo e di lavoro radicale della memoria, minaccia di sparire dalla pubblica fruibilità perché la nuova direzione del museo ha deciso di non rinnovare il comodato d’uso.
Un ulteriore attentato alla cultura e alla storia di un’Italia che naviga sempre più ostinatamente verso una deriva reazionaria.
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arcobalengo · 1 year
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Uno dei paradigmi della paleoantropologia è quello di "rivoluzione cognitiva". Secondo questa tesi in un periodo approssimativo (molto) di 50.000 - 40.000 anni fa, l'Homo Sapiens mostrò segni di cambiamento cognitivo, simbolico. Inutile dirlo, si da per scontato che questa rivoluzione sarebbe avvenuta in Europa, il continente delle rivoluzioni per eccellenza (almeno fino ad ora) e soprattutto il più scavato e quello su cui abbiamo fondato la nostra idea di "preistoria".
Intanto il paradigma policentrico sembra prendere piede. Poco seguito in Europa (molto frainteso), sta accumulando alcune vittorie. L'idea di fondo è che la popolazione Sapiens (la II ondata uscita dall'Africa) si mescolò con le popolazioni che trovò nei vari continenti (Europa con Neanderthal, Asia con Denisova). Questa mescolanza è certa grazie ai dati genetici.
Dobbiamo anche interrogarci se quella fu la II uscita dall'Africa e non la III (la I ufficiale fu quella di Erectus), perché sappiamo dell'Homo Floresiensis con caratteristiche che ricordano gli Austrolopiteci e sembrano riecheggiare alcuni ritrovamenti (ben più antichi) in Georgia e Cina, siamo davanti all'ennesimo terremoto?
Quel che è certo è che fino ad oggi su questa rivoluzione cognitiva brancoliamo nel buio. Alcuni sostengono che forse fu dovuta a cambiamenti nel cervello (non visibili nel cranio) avvenuti nelle popolazioni europee o forse africane, ma questo vorrebbe dire un qualche gradualismo.
C'è poi la questione della grandezza del cervello, ormai smentita come canone di misurazione dell'intelligenza (Neanderthal aveva un cervello più grosso del nostro; Naledi probabilmente seppelliva i morti; Floresiensis con un cervello molto piccolo controllava il fuoco e lavorava la pietra). Le ricerche più avanzate sui Neanderthal coinvolgono la struttura e soprattutto la vascolarizzazione del cervello. Sappiamo che i Neanderthal avevano gli stessi geni utili nella produzione del linguaggio (la cui attività è stata riscontrata anche in altre specie).
Fino a qualche decennio fa, pensavamo l'evoluzione umana come una linea retta: Habilis, Erectus, Sapiens; ai Neanderthal spettava la palma d'oro di grossi gorilloni che vivevano al freddo, un vicolo evolutivo. Oggi abbiamo scoperto che siamo coesistiti per migliaia di anni con almeno altre quattro specie di Homo; che alcune di queste avevano comportamenti complessi pur avendo un cervello grande quanto un'arancia; che parti non trascurabili del DNA moderno sono state apportate dal mescolamento Sapiens-Neanderthal-Denisova; ancora oggi ci chiediamo come fece Homo Floresiensis ad arrivare su Flores (possedeva zattere? Canoe? Quella sarebbe una rivoluzione cognitiva! Ma per noi!).
Abbiamo pensato come nostro (di Sapiens) Eden evolutivo l'Africa Orientale (dall'Etiopia al Sud Africa), ma nel 2017 abbiamo appreso del sito di Jebel Irhoud in Marocco dove sarebbe il più antico Sapiens (circa 315.000 anni fa, un po' lontani dall'Africa orientale; non confermato Sapiens per mancati dati genetici).
Tra le altre domande che mi sorgono c'è poi quanto poco si sia scavato in giro per il mondo e anche in Italia. Tra Ceprano e Isernia abbiamo rinvenuto resti preistorici e condanniamo la cosa a una secondarietà rispetto ai nostri gioielli archeologici: Magna Grecia, Roma, Etruria. Tutte cose stupende, ma che non devono entrare in competizione con nuraghi e Preistoria, specie perché per una regione come il Molise un grande polo di attrazione turistica sulla Preistoria sarebbe una manna dal cielo.
Domande e opportunità perse, un po' il binomio dei nostri tempi.
Inoltrato da Gabriele Germani, Giuseppe Masala
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nevermorehqs · 2 years
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Jeon Somi, Im Jinah, Michiel Huisman e as disciplinas de História Padrão, História dos Excluídos, Antropologia e Paleoantropologia agora encontram-se disponíveis para aplicações.
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gaetaniu · 2 years
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Un fossile cinese mostra che il cranio degli uccelli moderni si è evoluto da una miscela di caratteristiche di dinosauri e uccelli
Un fossile cinese mostra che il cranio degli uccelli moderni si è evoluto da una miscela di caratteristiche di dinosauri e uccelli
Ricostruzione digitale del cranio dell’uccello Yuanchuavis kompsosoura di 120 milioni di anni fa, proveniente dalla Cina nord-orientale. Gli scienziati dell’Istituto di Paleontologia dei Vertebrati e Paleoantropologia dell’Accademia Cinese delle Scienze (IVPP) di Pechino e del Field Museum of Natural History di Chicago hanno rivelato che gli uccelli hanno mantenuto tratti chiave dinosauriani per…
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Svante Paabo, il neanderthal genome ed il Premio Nobel per la medicina
È tempo delle assegnazioni dei premi Nobel 2022. Il Premio Nobel per la Medicina è stato assegnato a Svante Paabo, il pioniere della paleogenetica e del "neanderthal genome". Svante Paabo ed il neanderthal genome Scendendo nel dettaglio, l’Assemblea del Nobel al Karolinska Institutet di Stoccolma ha assegnato il prestigioso riconoscimento al lavoro di Pääbo sull’analisi del genoma dei Neanderthal, che negli anni ha permesso di studiare l’evoluzione umana, la relazione dell’Homo Sapiens con i propri antenati e soprattutto il modo in cui il trasferimento genetico influenzi il sistema immunitario odierno. https://www.youtube.com/watch?v=6oPR9xWymnY Chi è Svante Paabo? Svante Pääbo, nato a Stoccolma nel 1955, ha studiato presso l'Università di Uppsala, prima nella Faculty of Humanities, poi nella School of Medicine, conseguendo il dottorato di ricerca nel 1986. È stato postdoc alle università di Zurigo e Berkeley, quindi professore all’Università di Monaco. Dal 1997 co-dirige il Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia, nella cui Università è Professore di Genetica e Biologia Evoluzionistica. È membro dell’Embo e dell’editorial board di numerose riviste internazionali ricordano l’Accademia dei Lincei. Paleogenetica e neanderthal genome Al biologo svedese si deve anche l'origine della paleogenomica, una disciplina scientifica completamente nuova che ha permesso di raccontare da dove veniamo, analizzando il genoma dei nostri antenati più remoti. È l'Accademia dei Lincei (una delle istituzioni scientifiche più antiche d'Europa e di cui lo stesso neo Premio Nobel fa parte) a sottolineare e ricordare l'importanza di questa disciplina: “L’origine dell’uomo e l’evoluzione umana è una delle grandi sfide della scienza, fino a tempi recenti affrontata analizzando ossa e denti fossili o i manufatti del Paleolitico. Svante Pääbo ha inaugurato un approccio genetico alla paleoantropologia, estraendo e analizzando il Dna dai resti fossili, estendendone il campo disciplinare alla paleogenetica. Superando incredibili difficoltà tecniche, Pääbo ha coordinato una serie di studi che consentono di comprendere oggi l’evoluzione umana in modo molto più completo, producendo una vera e propria rivoluzione in questo campo”. Read the full article
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storiearcheostorie · 2 months
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Studi / San Mauro a Jesolo, la storia di una comunità veneziana del X secolo ricostruita attraverso lo studio dell'alimentazione
ARCHEOLOGIA | Studi San Mauro a Jesolo, la storia di una comunità veneziana del X secolo ricostruita attraverso lo studio dell'alimentazione
Redazione Nel X secolo, un’intera comunità di abitanti della Laguna di Venezia passò da una dieta a base di prodotti ittici, ad un consumo prevalente di carne e latticini. Lo rivela uno studio scientifico coordinato dall’Università Ca’ Foscari Venezia in cui sono stati analizzati gli isotopi di carbonio e azoto nel collagene dei denti e delle ossa di 52 individui sepolti nel sito archeologico…
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telodogratis · 2 years
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Il giacimento di pesci fossili in Cina che riscrive l'evoluzione
Il giacimento di pesci fossili in Cina che riscrive l’evoluzione
AGI – Una miniera di fossili, rinvenuti in rocce provenienti dalla Cina risalenti a circa 436 milioni di anni fa, ha rivelato per la prima volta che i misteriosi galeaspidi, membri di un clade estinto di pesci senza mascelle, possedevano pinne accoppiate. La scoperta, da parte di un team internazionale guidato da Zhu Min dell’Istituto di Paleontologia e Paleoantropologia dei Vertebrati (Ivpp)…
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netmassimo · 3 months
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Un articolo pubblicato sulla rivista "Nature" riporta i risultati di uno studio di oltre 2.500 fossili trovati nella grotta di Baishiya Karst, nella regione cinese dello Xiahe, sull’altopiano del Tibet tra i quali è stato identificata una costola parziale attribuita a un uomo di Denisova. Un team di ricercatori ha utilizzato una tecnica di analisi chiamata Zooarchaeology by Mass Spectrometry (ZooMS) per attribuire ossa isolate e spesso frammentate alle specie giuste attraverso le caratteristiche del collagene. Secondo i ricercatori, i Denisova potrebbero aver vissuto in quella grotta tra 200.000 e 40.000 anni fa.
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gregor-samsung · 5 years
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Prima di morire aveva forse posato a terra il suo equipaggiamento tecnico e tentato di porre riparo alla ferita che aveva dietro la schiena, anche se certamente non aveva fatto in tempo a utilizzare le erbe medicinali che portava con sé, neppure quel preparato emostatico che avrebbe comunque solo rallentato la fine, e neanche il fungo antibiotico che avrebbe forse spento l’infezione. Indossava degli stivali in pelle (numero 38), con gambali alti fino al ginocchio, era alto un metro e sessanta circa per un peso di 50 chili: niente massa grassa, solo muscoli bene allenati. Al momento della morte aveva 45 anni ed era in buona salute, sebbene avesse già subito lesioni e qualche frattura ben riparata; i denti del giudizio non si erano sviluppati e gli altri erano consumati, come abrasi. Sul corpo evidenziava una gran quantità di tatuaggi e scarificazioni, praticati forse a scopo terapeutico o rituale. Dall’autopsia sono emersi altri particolari. I polmoni erano anneriti, intasati dalla lunga permanenza accanto a focolari accesi. Nei capelli è stato ritrovato arsenico, come se avesse lavorato all’estrazione di minerali pregiati. Ma è la causa della morte ad aver meravigliato: probabilmente è stato colpito da una freccia, che è stata recuperata nei pressi della scapola sinistra, la cui punta si è fermata a soli 15 millimetri dal polmone e che, anche se non ha leso organi vitali, ha comunque causato un’emorragia inarrestabile e la paralisi dell’arto superiore sinistro. Poi l’uomo ha tentato di levarsi la freccia dalla spalla, riuscendo solo a spezzarne l’asta, ha camminato forse ancora un po’, si è assestato in un piccolo riparo e si è lasciato morire. Intorno al corpo, i resti del suo abbigliamento, fra cui un «ritoccatore» misterioso, una specie di matita multiuso che serviva forse per rifinire oggetti di selce. Questa è la storia degli ultimi momenti di vita e del ritrovamento di Ötzi, un uomo che passava sotto il monte Similaun per motivi che non conosciamo, così come non sappiamo dove fosse nato o da dove provenisse. Il ghiaccio ne ha conservato il corpo a –6 °C e quasi al 100 per cento di umidità. Oggi Ötzi si trova nel Museo di Bolzano, in una modernissima cella frigorifera che ricrea le condizioni di natura, reintegrando l’umidità e mantenendo costante la temperatura, perché si tratta della mummia (naturale) più antica e meglio conservata del mondo e come tale va tramandata. Mancavano ancora millenni all’imbalsamazione delle mummie egizie, e anche quelle più antiche risultano più giovani di qualche secolo. Ötzi infatti è stato ucciso da una freccia nemica 5300 anni fa, ma questa è l’unica differenza rispetto agli uomini di oggi, perché, per tutto il resto, si tratta di uno di noi. Un migrante, in realtà, che non ce l’ha fatta.
Mario Tozzi, Come è nata l'Italia. All'origine della grande bellezza, Collana Orizzonti, Milano, Mondadori, 2019; pp. 85-86.
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Este es el rostro de un hombre que vivió hace 700 años
Un grupo de expertos británicos reveló que, a través de tecnología reconstructiva, le fue posible recrear las facciones de un hombre muerto hace aproximadamente siete siglos. Este individuo, apodado Contex 958 por el equipo de científicos, era uno de los casi mil cuerpos que fueron descubiertos bajo la Old Divinity de la Facultad de St. John en Cambridge, Inglaterra, entre los años 2010 y 2012.
En la época del medievo, aquí se situaba el Hospital San Juan Evangelista, dedicado al cuidado de los pobres y enfermos de la comunidad.
A partir del análisis de los restos de Contex 958, los investigadores lograron obtener algunos datos interesantes: este hombre vivió más de 40 años – un tiempo bastante bueno para esa época – , tenía problemas dentales y una estructura muscular bastante marcada, lo que sugiere el uso de la fuerza en su trabajo.
Sus huesos mostraban el perfil de un superviviente, pues tienen pequeñas lesiones que le provocaron dolor y desgaste, pero no fueron responsables por su muerte. Algo muy curioso es que tenía una dieta relativamente rica en carnes o peces —un dato un poco extraño para una persona pobre en el medioevo—, por lo que el equipo cree que intercambiaba o trabajaba con algo que le permitía el acceso a esta clase de alimentos.
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maxciti · 4 years
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Mio caro Neandertal di S. Condemi e F. Savatier
Mio caro Neandertal di S. Condemi e F. Savatier
I Neandertaliani sono o no le nostre vittime? Il peccato originale del quale la nostra specie – gli Homo Sapiens – si rese colpevole più o meno 50.000 anni fa? Il saggio di Savatier e Condemi propende per un’altra conclusione, avanzando l’ipotesi che in realtà i Neandertal si siano a suo tempo fusi con la nostra specie, come dimostrerebbe la percentuale compresa tra l’1 al 4% del nostro DNA…
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Storia della Paleontologia- Dalle origini alla fine dell’Ottocento
Storia della Paleontologia- Dalle origini alla fine dell’Ottocento
Uno sguardo d’insieme
La paleontologia è arrivata alla sua attuale moderna concezione attraverso un continuo sviluppo sia dei metodi che delle idee. La sua affermazione come scienza è avvenuta soltanto agli inizi del XIX secolo.
Osservando conchiglie di origine manifestamente marina in rocce lontane dal mare filosofi e naturalisti antichi, come Pitagora e Senofane ( VI sec. a.C.), Erodoto…
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