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#parole giapponesi
my-liminalspace · 7 months
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Shoganai
Altra parola Giapponese che trovo bellissima, rappresenta più che altro un concetto: vivere la vita senza rimpianti e rimorsi accettando tutto quello che non dipende da noi e che non possiamo controllare o evitare.
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princessofmistake · 1 year
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"Che cos'è il mabui?"
"L'anima. A Okinawa si dice che se ti cade il mabui devi tornare a raccoglierlo nel punto in cui è caduto."
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nonamewhiteee · 5 months
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quando una persona in qualche modo vicina a me viene a mancare mi accorgo che forse in fondo ho paura della morte. a terrorizzarmi è il pensiero di provare tanto dolore e che non riuscirò mai veramente a viaggiare, conoscere, vedere, ascoltare, innamorarmi. i danesi parlano di onism, i giapponesi di mono no aware e trovo altre parole adatte a descrivere come mi sento che probabilmente in italiano tradurrei e riassumerei con perso. il cielo oggi non mi aiuta: un primo dicembre e con le nuvole scattanti. profumi semplicemente di buono e di semplice, ora i pensieri mi si annodano in gola, ho paura di non riuscire a ricordare il suono delle tue parole.
#me
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ross-nekochan · 10 months
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Come al solito questo paese mi ruba il tempo, la vita, le parole e la voglia di scrivere. Forse perché non c'è niente da dire eppure come 5 anni fa da una parte avrei così tanto da dire da poter diventare un fiume in piena, ma, appunto, non ho il tempo di ordinare nessuno dei centomila pensieri e metterli per iscritto.
Oggi sono andata a lavorare, in sede. Con divisa fatta da giacca, camicia a maniche lunghe, pantaloni e tacchi da 5cm. Quindi sveglia alle 6:30 perché Tokyo è lontana e solo così puoi arrivare in orario (che non è alle 9, ma alle 8:45 perché essere in orario qui vuol dire essere in ritardo). Il lavoro consisteva in un training su come creare una rete LAN. In cosa è consistito? Hanno dato delle slide con dei comandi scritti e mezze istruzioni, ci hanno dato i PC, i router, gli switch e hanno detto: fate. Io uno switch so a malapena cos'è e qual è la sua funzione (solo perché mi sono messa a vedere qualche video prima di partire, sennò non saprei nemmeno quello). Fortuna che c'erano due ragazzini giapponesi volenterosi e insieme ci siamo messi e siamo riusciti a fare qualcosa, sennò fossi stata sola non avrei saputo nemmeno da dove cominciare. Gli altri due cinesi, entrati in azienda 2 anni fa, erano più ignoranti di me. Molto poco chiaro che cazzo si faccia in questa azienda e come funzioni il sistema.
Martedì si è concluso il "training" di 8 giorni che è consistito per l'80% in "filosofia aziendale", questionari giornalieri e settimanali su cosa si è imparato (spoiler: un cazzo), lavori di gruppo inutili, spiegazioni su come fare carriera aziendale (tramite un sistema di punteggi assurdo e complicato) e giusto qualche volta ci hanno parlato delle piattaforme che si utilizzano per "timbrare" o per richiedere i rimborsi ecc (uniche cose utili). Il resto dei giorni? Meeting alle 9 per check di: 1. Che non stai dormendo 2. Che sei vestito correttamente e che sei "sistemato" 3. Per sapere se fisicamente stai bene o sei malato. Il resto della giornata: rispondi alle email degli uffici, fai qualche meeting e studia per prendere le certificazioni - che non ti pagheremo noi e che non dovrai fare durante l'orario di lavoro. Perché mica le sto prendendo per lavorare, le prendo per sport personale giustamente. Va bene.
In tutto questo pagheranno il primo stipendio 25 Agosto e non avremo la possibilità di chiedere nessun permesso per 6 mesi. Fortunatamente ci hanno recentemente pagato il supporto per il trasloco perché sennò stavamo freschi.
Benedico un po' il cielo per aver conosciuto questo indiano che è mio collega e che vive nel mio stesso dormitorio. L'India a quante parte è il Sud Italia del Sud-est asiatico, per molti aspetti (non c'è niente di stupefacente in fondo). Malediciamo questo paese, questa azienda e noi stessi per essere venuti tutti i giorni. Qui è tutto così caro che non ci facciamo capaci di come la gente riesca a vivere. Si pensa sia il paese del pesce e del riso e invece il pesce è quasi inacquistabile da quanto costa (filetti di soli 200gr intorno a 4/5€), il riso che dovrebbe essere come la nostra pasta e invece 5kg costano 15€ (5€/kg). Non è un caso infatti che il tasso di povertà stia salendo alle stelle: gli stipendi sono gli stessi da 25 anni. Questi di che cazzo dovrebbero vivere?
Personalmente, non so mai che cazzo mangiare e vivo di tofu e pesce -che compro solo perché mi piace e perché sono anni che evito la carne nella mia quotidianità. Ma qui è quasi impossibile evitarla, dato che la carne rossa è persino nei contorni di verdure (che non so mai come cazzo cucinare e ogni volta che trovo una ricetta di verdure taaac carne di manzo dentro machecaaaazz - viva il paese del sushi come sempre insomma).
Soffro perché mi manca già la palestra e non è passato nemmeno un mese. Ma con la situazione economica di adesso non mi sembra il momento adatto per ricominciare. Oltretutto non ho ancora una routine e non ho ancora capito come cazzo funziona in questa azienda. Avere un quantitativo proteico adeguato è stato difficile perché le mie fonti proteiche preferite (ovvero yogurt greco e albumi) qui sono inesistenti o insostenibili economicamente nelle quantità che mi servono (tipo yogurt greco a 20€/kg). Mi manca fare le mie colazioni specie le mie omelette e i miei pancakes di albumi.
Ho pensato a quanto sia difficile andare a vivere in un altro paese. Sembra di diventare bambini viziati perché le cose minuscole, quotidiane, che davi per scontato, diventano voragini. E per me la voragine è legata soprattutto al cibo. Persino sui biscotti: noi abbiamo pacchi minimo da 350gr, oltre a una varietà da fare invidia a un biscottificio. Qui i biscotti oltre ad essere di pochissimi tipi (quasi solo cookies/biscotti al burro) hanno pacchi sono da massimo 150gr e finemente impacchettati singolarmente creando bustoni enormi ma leggeri come una nuvola perché sono 80% plastica. I loro dolci sono bombe a mano di carboidrati: mangi 2 daifuku o 2 dorayaki e hai mangiato la stessa quantità di carboidrati di un piatto di pasta da 100/120gr. Ti viene da pensare: se mi mangio la pasta almeno mi sazio, con ste cacatine piccoline mi faccio salire solo la fame. Per le verdure o piatti già pronti idem, vedi i valori nutrizionali e hanno una quantità di zucchero all'interno che manco una fetta di torta.
Banalità... eppure no. Ci vuole tanto spirito di adattamento, tanta pazienza e tanto coraggio ad andare via dal proprio paese. Andare al Nord è letteralmente NIENTE in confronto (sebbene la sofferenza ci sia sempre).
L'unica cosa che potrebbe migliorare di gran lunga la situazione è avere così tanti soldi da permettermi tutto quello che voglio. Ma a volte nemmeno quello basta.
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pollicinor · 5 months
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Un po' di esempi del perché a volte le parole giapponesi sembrano inglesi
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schizografia · 10 months
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Virgole e fiamme
A un amico che gli parlava del bombardamento di Shangai da parte dei giapponesi, Karl Kraus rispose: «So che niente ha senso se la casa brucia. Ma finché è possibile, io mi occupo delle virgole, perché se la gente che doveva farlo avesse badato a che tutte le virgole fossero nel punto giusto, Shangai non sarebbe bruciata». Come sempre, lo scherzo nasconde qui una verità che vale la pena di ricordare. Gli uomini hanno nel linguaggio la loro dimora vitale e se pensano e agiscono male, è perché corrotto e viziato è innanzitutto il rapporto con la loro lingua. Noi viviamo da tempo in una lingua impoverita e devastata, tutti i popoli, come Scholem diceva per Israele, camminano oggi ciechi e sordi sull’abisso della loro lingua ed è possibile che questa lingua tradita si stia in qualche modo vendicando e che la sua vendetta sia tanto più spietata quanto più gli uomini l’hanno guastata e negletta. Ci rendiamo tutti più o meno lucidamente conto che la nostra lingua si è ridotta a un piccolo numero di frasi fatte, che il vocabolario non è mai stato così stretto e consunto, che il frasario dei media impone dovunque la sua miserabile norma, che nelle aule universitarie si tengono lezioni in cattivo inglese su Dante: come pretendere in simili condizioni che qualcuno riesca a formulare un pensiero corretto e ad agire in conseguenza con probità e avvedutezza? Nemmeno stupisce che chi maneggia una simile lingua abbia perso ogni consapevolezza del rapporto fra lingua e verità e creda pertanto di poter usare secondo il suo tristo profitto parole che non corrispondono più ad alcuna realtà, fino al punto di non rendersi più conto di star mentendo. La verità di cui qui parliamo non è solo la corrispondenza fra discorso e fatti, ma, ancor prima di questa, la memoria dell’apostrofe che il linguaggio rivolge al bambino che proferisce commosso le sue prime parole. Uomini che hanno smarrito ogni ricordo di questo sommesso, esigente, amoroso richiamo sono letteralmente capaci, come abbiamo visto in questi ultimi anni, di qualsiasi scelleratezza.
Continuiamo, pertanto, a occuparci delle virgole anche se la casa brucia, parliamo fra noi con cura senz’alcuna retorica, prestando ascolto non soltanto a quello che diciamo, ma anche a quello che ci dice la lingua, a quel piccolo soffio che si chiamava un tempo ispirazione e che resta il dono più prezioso che, a volte, il linguaggio – che sia canone letterario o dialetto – può farci.
19 giugno 2023
Giorgio Agamben
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der-papero · 1 year
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Venerdì sera, nella mia usuale uscita fuori con Elena, è successa una di quelle cose sceme che poi alla fine ti rimangono e ti fanno pensare un po' a quello che sei e a come ti relazioni con gli altri.
In un momento complicato, accaduto due giorni prima, dove ci scrivevamo su Whatsapp, le scrivo una di quelle frasi il cui senso doveva essere farle sentire la mia vicinanza e comprensione verso il suo stato d'animo in una condizione difficile, un qualcosa del tipo "vorrei non riportarti a quello ti fa stare male", ma scritto in un modo che doveva per metà essere la scintilla di un sorriso, dall'altro un abbraccio forte.
Bene, venerdì, davanti a delle fetenzie giapponesi al vapore e tanti scherzi, mi ha detto di getto (ecco perché lo ritengo un giudizio sentito) che ero stato creepy. Non è un problema, sono abituato a gestire situazioni che mi possono mettere potenzialmente a disagio, infatti ho detto due cagate e abbiamo ripreso a ridere come pochi secondi prima.
Il punto di questo post non è tanto il messaggio in sé e la sua reazione, ma quanto una riflessione generale. Non è la prima volta che succede con gli altri 8 miliardi di umani, ormai do per scontato di venir frainteso di default, manco mi dà più fastidio, perché le persone, e lo dico battendo i pugni sul tavolo a mo' di rivendicazione, non sanno vedere la sincerità delle mie parole, iniziano sempre a costruirci sopra architetture di cui non sarei capace per limiti personali e di malizia, però qui mi ha dato da pensare, perché io e lei ci conosciamo, ma per davvero, sono quasi quattro anni che dividiamo tutto, gioie, dolori, speranze, delusioni, pensieri, nostalgie, paure, penso che sia la persona che forse su questa Terra conosce ogni aspetto di me, anche quelli che non condividerei con nessuno, eppure, ed è qui che un po' non mi capacito, non è stata in grado di leggere le mie parole nel modo in cui io le avevo scritte. Forse ci sarà arrivata dopo, boh, dicendo "ok, Totò intendeva questo", però la prima lettura è stata l'opposto di quella che io intendevo. Detto in altri termini, le ha lette come le avrebbe lette una persona conosciuta tipo tre settimane prima, una persona alla quale avrei mostrato solo la parte vendibile di me, non per vantarmi di chissà cosa, ma unicamente per mia protezione.
E allora ho cominciato, visto che lei è in quella fascia che io considero "l'estremo superiore dei miei legami", a chiedermi se ho proprio un problema di traduzione dei miei sentimenti in parole, se proprio non riesco a farmi capire pur con tutta la buona volontà, se sono condannato ad una gabbia che mi costringe a non essere mai vicino a nessuno, è come se sapessi far ridere quando le cose van bene ma poi non riesco a far sentire il mio affetto quando le cose vanno male. Ci potrei vivere con questo limite, intendiamoci, devo solo capire se è davvero così e imparare ad accettarlo.
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gregor-samsung · 1 year
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“ L’accompagnai fino alla stazione e poi fino al treno e pensavo che questa partenza poteva essermi cara perché era breve e, riportandola alle dimensioni ragionevoli della sola immaginazione, avrebbe cancellato i piccoli gesti delle sue giornate. Avrei potuto quasi dimenticarla: quando si addormentava come in un male irrimediabile, che me la rubava e che mi lasciava soltanto un corpo che non aveva saputo comporsi nella grazia che spetta al sonno e del quale potevo immaginare la morte e la vecchiaia e piú difficilmente la giovinezza. Quest’ultimo esercizio era il piú crudele: perché non appena costringevo l’immagine, con le dita disposte come cornice tra il mio sguardo e il suo viso, a ritirarsi nelle proporzioni esatte della giovinezza e per tre minuti pensavo di essermela ricostruita in carne e ossa quella donna di dieci anni fa della quale conoscevo soltanto le fotografie, improvvisamente ritiravo le dita e lei cresceva di dieci anni, il suo viso invecchiava di dieci anni, si scomponeva come il ritratto stregato; allora per la seconda volta diveniva piú difficile tornare indietro, ma pure seguitavo a farla viaggiare nelle sue età e una sera riuscii persino a vedere rughe e capelli bianchi finché si ridusse a una nube cieca, a un’esistenza involontaria, e se la inghiottí il letto. Quando, il giorno dopo, la rivedevo sveglia, non sapevo piú come pensarla: di fronte a me c’era una persona la cui età ufficiale diventava un piccolissimo punto della memoria: lei aveva lasciato il suo corpo ai miei giochi e la sua presenza era ormai soltanto l’occasione di un rimpianto o di un capriccio cui piaceva vederla quando accettava con qualche rossore le parole felici dei suoi giovani amanti, quando andava a cena o quando la sua vecchiaia non avrebbe piú ricercato o permesso uno stupore. La sua partenza doveva essermi cara: cosí l’accompagnai fino alla stazione e poi fino al treno e aspettai finché il treno partí e seguii la sua immagine e i suoi saluti fino al punto estremo oltre il quale a nessuno è concessa una qualche vista della persona che se ne va, nemmeno al piú disperato amante; e aspettai che tutto il treno passasse perché mi sembrava un tradimento andarmene prima che l’ultimo dei vagoni sparisse. “
Patrizia Cavalli, Con passi giapponesi, Einaudi, 2019¹; pp. 83-84.
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spettriedemoni · 2 years
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Gli argentini non corrono come gli europei
Riflettevo, vedendo la partita dell'Italia di ieri sera, come per anni si sia sostenuto che la nostra cultura sportiva ci impedisce di giocare all'attacco con pressing a tutto campo e cercando di imporre il nostro gioco. Addirittura un giornalista, Gianni Brera, sosteneva come proprio geneticamente l'italiano non fosse portato per altro gioco che non fosse il catenaccio e contropiede, perché l'Italia è squadra "femmina" perché la donna non prende l'iniziativa, almeno non all'epoca di Brera e non nel suo immaginario, così come l'Italia del calcio.
Forse è vero che fisicamente non eravamo al livello di altre popolazioni negli anni 70 e 80, però è vero che oggi la popolazione italiana è tendenzialmente più alta e più forte fisicamente rispetto ad anni fa. Eppure continuiamo a disquisire sul bisogno di ritorno al passato, poco importa se nel frattempo abbiamo vinto un Europeo giocando all'attacco con pressing e possesso palla come fanno gli spagnoli che fisicamente sono grossomodo come noi.
Se vi capita, cercate su YouTube Julio Velasco e ascoltate le sue parole sui suoi connazionali. Si dice che gli argentini sono cugini di noi italiani anche in considerazione dei tanti emigranti italiani che si sono stabiliti lì nel corso dei decenni. Una delle cose che Velasco racconta è quella dei suoi connazionali pronti a passare dall'esaltazione alla demoralizzazione nell'arco di brevissimo tempo, spesso quello che intercorre tra una vittoria e una sconfitta. Uno dei mantra in Argentina quando le cose vanno male è stato: «Noi argentini non sappiamo e non possiamo correre come gli europei». Gli argentini mangiano bistecche alte tre cm minimo eppure non possono correre come gli europei. C'è questa convinzione che certi popoli sono portati per determinate cose e certi altri no, tipo i giapponesi che nel volley hanno inventato la veloce.
«Una cosa del genere la potevano fare solo i giapponesi» oggi la insegnano ovunque a ragazzi e ragazze di 12/13 anni.
Anche in Italia Velasco ha trovato convinzioni simili quando era allenatore della nazionale di volley. Secondo i dirigenti l'italiano non è portato per uno sport come il volley perché "siamo dei creativi e nella pallavolo si deve essere concentrati perché viene punito l'errore tecnico. I Russi sono bravi perché sono bravissimi a rimanere concentrati. Giocano a scacchi loro, attività dove devi restare concentratissimo". A questo teorema Velasco rispondeva che se ciò fosse vero in Italia non dovrebbero esserci controllori di volo, gente che è concentrata diverse ore al giorno per evitare incidenti aerei. E non risulta neppure che in Italia vi siano continui incidenti aerei per disattenzioni di controllori di volo. L'altra obiezione era la cultura sportiva: negli altri Paesi si insegna lo sport da piccolissimi, dalle scuole elementari. Benissimo allora non serve un allenatore ma una legge in parlamento.
Ovviamente erano obiezioni stupide e Velasco ha dimostrato che anche l'Italia poteva vincere nella pallavolo.
Alibi, scuse, pretesti per giustificare le proprie sconfitte tralasciando il motivo principale per cui si perde: il non sufficiente impegno.
Si può perdere, certo, ma meglio perdere dopo aver dato il massimo, perché è importante accettare che il tuo avversario sia più forte.
Siamo passati di nuovo dall'esaltarci dopo la vittoria dell'Europeo al demoralizzarci dopo l'eliminazione dal Mondiale e la batosta presa dall'Argentina all'esaltarci di nuovo per la buona prestazione dei giovani azzurri. Il cammino è lungo, la squadra si sta evolvendo e anche il nostro modo di giocare a calcio. Serve fiducia e impegno. Sono contento anche io per Gnonto, Scamacca, Pellegrini e altri, ma c'è ancora molto da fare e siamo solo all'inizio.
Evitiamo i toni trionfalistici e quelli disfattisti, in fondo è sempre dalle sconfitte che si impara di più. Solo se ammetti i tuoi errori, però.
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my-liminalspace · 7 months
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"Nankurunaisa"
Credo fermamente che sia una delle parole Giapponesi che più apprezzo.. tradotta vuol dire "Col tempo tutto si sistemerà " ✨️
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thebeautycove · 1 year
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SHISEIDO - GINZA INTENSE - Eau de Parfum Intense - Novità 2023 - Petali rossi e daishō di samurai. Cuore di Passione. Stilla di Emozione. Passa tutto da qui, ogni volta, la prima volta. Forse basterebbe un Haiku per riassumere la tensione olfattiva della nuova creazione Shiseido - Ginza Intense - poesia dell'anima che cita un frammento di vita, la magia del quotidiano trasformata in un verso (solo 17 sillabe in metrica 5-7-5) protratto all'infinito, parole che richiamano emozioni dell'umano sentire tra natura e stagioni, un lento, raffinato esercizio di stile, sintesi, meditazione. Qui l'IA nulla potrà sul bizzarro estro della fantasia. Mai. È che non voglio scrivere cose intelligenti. Voglio scrivere cose emozionanti. Riferire sogni, dialogare per immagini, sondare col cuore, vedere traboccare quei pensieri sparsi tra sensazioni a picco e in volo. Osservare sguardi profumati, occhi serrati dal piacere, abissi di emozioni come dentro specchi trasparenti e scorgere un puntino lontanissimo, lampo nel buio, la conquista di una nuova luce, di consapevolezza interiore, nella ricchezza della conoscenza. Ispirata alle antiche arti giapponesi Ikebana (la disposizione dei fiori recisi) e Kōdō (il rito dell'incenso), Ginza Intense, elabora un penetrante accordo floreale ambrato. Provocante e passionale svetta questa rosa damascena, carezza di velluto e sospiri di spezie, tanto più audace nel fraseggio fruttato piccante con ribes nero. Come lama liquida affonda nella profondità aromatica dell'accordo boisè, caldo e seducente, di patchouli e vaniglia, a saturare di energia il suo sillage. Il rosso le si addice, potente, sensuale, come un'emozione inarrestabile che esplode spontanea.
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Creata da Karine Dubreuil-Sereni e Maïa Lernout. Eau de Parfum Intense 30, 50, 90 ml. ©thebeautycove    @igbeautycove
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abatelunare · 2 years
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Dilazionare
Ricordo ancora un concetto espresso durante una lezione dal professore con cui mi sono laureato. Sosteneva che l’erotismo si serve spesso della dilazione. In altre parole, rimandare un evento ne alimenta la carica erotica. E io sono perfettamente d’accordo. Poi mi viene in mente la mania che hanno gli anime giapponesi di rimandare fino all’estremo la fine di un duello, di un combattimento, di una partita. Io lì non mi eccito. Mi girano proprio le balle.
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superfuji · 2 years
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La storia della Terza guerra mondiale è una gran boiata. Putin arriverà a un accordo diplomatico, appena prima dell’ Apocalisse
Di Giuliano Ferrara
Non ci credo e non mi adeguo. Si fa un gran parlare della Terza guerra mondiale, l’escalation, il nucleare, eccetera. Mi sembra una boiata, una gran balla, una propalazione per il re di Prussia. Il Cremlino fa sapere che per il Donbas e la ratifica della Crimea è disposto a divorarsi il pianeta a forza di nuke. E noi dovremmo crederci. Ma via, mica siamo ragazzini. La Nato interferisce in via indiretta, fornendo armi a un popolo e a un esercito e a brigate internazionali eroici, che si battono per la libertà e l’indipendenza della patria piccolo russa. Ovvio che sia così. Vi pare che Europa occidentale, Nato e Stati Uniti possano accettare una guerra di invasione contro un paese europeo di oltre quaranta milioni di abitanti che vuole vivere in pace al fianco di altri paesi liberati dall’incubo dell’imperialismo sovietico? A questo ovvio ci arrivano tutti, i cinesi, gli indiani, i pachistani, i turchi, i giapponesi e aggiungerei i russi, quelli come il vicepresidente di Gazprombank che si sono uniti alla resistenza, quelli come Anatoli Chubais che hanno defezionato, e tutti quelli, in particolare nell’armata di Putin e nei suoi servizi di sicurezza, che stanno subendo un’umiliazione tanto cocente da cancellare anche il ricordo di Stalingrado. Un tiranno kitsch che ha l’unica arma vera del gas disposizione, ed è un’arma a doppio taglio, che ferirebbe lui come e forse più che noi, non è in grado, per quanto seduto su vent’anni di falso consenso, di talk-show e telegiornali ostinatamente mendaci, quasi come quelli di (Urbano Cairo), di scatenare l’Apocalisse. Tutti i discorsi su Hitler e il Lebensraum, lo spazio vitale, vanno a farsi fottere di fronte all’inezia tragica di una regione mineraria sottoposta a massacro. E la conquista del Mar Nero è ridicola di fronte all’occupazione di Parigi, alla campagna contro l’Inghilterra a suon di bombe su Londra, alla spartizione della Polonia con Stalin, alla violazione della neutralità di Olanda e Belgio, all’“asse Roberto” (Roma Berlino Tokyo), che pure fece la fine che ha fatto dopo il fallimento dell’operazione Barbarossa.
Ma stiamo scherzando? Con le parole, stiamo scherzando, più che con il fuoco. La capacità di mutuo annientamento è stata e resta la suprema garanzia del fatto che nessuno, tantomeno un Putin paranoico, è in grado di premere quel grilletto. Il bluff è patente, e non c’è nemmeno bisogno di andare a “vedere”. Putin cercherà un modo per non uscire con le ossa rotte dalla schifosa faccenda in cui ha messo se stesso, la Russia e l’Europa, via Ucraina, e se la Germania, dico la Germania, gli manda contro i suoi tank ben strumentati per colpire in terra e in aria, ci farà un pensiero, non un pensiero nucleare, un pensiero convenzionale. L’unico possibile, salvarsi la faccia, salvarsi la vita e salvaguardare parte del suo potere, e trovare un accomodamento vista la mala parata. La deterrenza è una cosa seria, le sanzioni sono una cosa seria, il gas è un problema di interdipendenza energetico-finanziaria, e passo passo questi elementi si fanno strada e fanno luce su tutta la loschissima faccenda il cui costo maggiore, sanguinoso, pesa sulle spalle non inermi degli ucraini bene armati e sostenuti dagli occidentali.
Non bisogna farsi distrarre dal chiacchiericcio russofilo, dalle scemenze pseudopacifiste, non bisogna affidarsi alle anime belle, bisogna ragionare in base ai fatti, e l’unica conclusione è che a tempo debito e nel modo giusto un negoziato metterà fine a questa carneficina, a questa inutile strage, solo e soltanto per la forza mostrata nella resistenza all’invasione e al tentativo di scardinare la pace mondiale con una guerra regionale e nazionale che oltre a farci inorridire, fa pena per chi l’ha cominciata e sarà costretto a terminarla molto prima del momento dell’Apocalisse.
Così parlò mr cia
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mariaceciliacamozzi · 2 years
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Amore e poesia
Nel Paese del Sol levante, l'amore è tutt'ora pervaso dall'effimero e dalla vulnerabilità della vita. Infatti, nella cultura giapponese, sin dall'antichità non esistevano parole corrispondenti ad "amore", in senso sentimentale.
Nella tradizione giapponese chi si ama non ha l'abitudine di esternare il proprio affetto in modo così aperto, come è invece consuetudine in Europa.
Quando gli amanti, un po' timidi o riservati di carattere, si comunicano il proprio sentimento lo fanno in modi più sottili, per esempio scambiandosi poesie "waka", componimenti che seguono raffinate tecniche letterarie.
Natsume Sōseki (1867-1916), il romanziere nipponico più importante dell'epoca moderna dopo Murasaki Shikibu, che studiò letteratura inglese un paio d'anni a Londra, scrisse anche una trattazione su come tradurre "I love you" nella sua lingua madre e formulò una traduzione piuttosto originale, che poteva essere resa con "la Luna è bella, vero?". Questa particolare traduzione risuona ancora oggi nei cuori dei giapponesi, dato che se ne fa spesso uso nei social media.
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gonagaiworld · 29 days
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"Isekai", "Fan Service", "Tokusatsu" e altre parole giapponesi entrano nel dizionario inglese Il cibo (katsu, donburi) e altri concetti culturali come omotenashi sono ora inclusi. Info:--> https://www.gonagaiworld.com/isekai-fan-service-tokusatsu-e-altre-parole-giapponesi-entrano-nel-dizionario-inglese/?feed_id=442388&_unique_id=66066e323c262 #Isekai #OxfordEnglishDictionary
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sceneggiaturex · 4 months
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La Luce della Luna (versione concorso)
«Per me l’erotismo è…» Mi fermai, per scegliere bene le parole. Non volevo che pensasse fossi ancora un bambino.In silenzio, alla luce della luna, io al tavolino, lui seduto in veranda a fumare il kiseru. Il nonno era uno degli ultimi giapponesi che ancora usava quel tipo di pipa. A quelli che ne facevano ironia rispondeva che era utile anche come arma di difesa. Era così mio nonno, trovava…
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