#pionieri informatica
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jamessixx · 2 years ago
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Cyber space è nel cuore pulsante del nuovo millennio, un universo digitale sconfinato si dispiega di fronte a noi: il "cyber space". È una dimensione avvolta nel mistero, dove linee di codice danzano in un balletto incantato, e idee, informazioni e desideri prendono vita in un mondo virtuale che non conosce confini.
Nel cyber space, ogni clic è un passo in un territorio inesplorato, una porta aperta verso nuovi orizzonti di conoscenza e comunicazione. Qui, le barriere geografiche si dissolvono, e le culture si mescolano in un'armonia digitale, trasformando il nostro pianeta in un villaggio globale interconnesso.
Nelle profondità del cyber space, le menti più geniali dell'umanità si sfidano in un duello di ingegno e creatività, mentre artisti digitali plasmano mondi fantastici con un solo tocco di tastiera. È un luogo dove l'intelligenza artificiale apprende dalle esperienze umane, e le macchine collaborano con noi per raggiungere nuove vette di innovazione.
Ma il cyber space è anche un campo di battaglia, dove la sicurezza informatica e la privacy sono le armi di difesa contro minacce oscure. La resilienza umana e la determinazione nell'approcciare le sfide di questo mondo virtuale sono fondamentali per garantire un futuro migliore.
Nel cyber space, siamo tutti cittadini digitali, viaggiatori intraprendenti di una frontiera moderna. E mentre esploriamo questo universo di possibilità, dobbiamo farlo con saggezza, etica e la consapevolezza che il futuro del nostro mondo fisico è intimamente intrecciato con il destino del cyber space.
Così, nel cuore della rivoluzione digitale, il cyber space si presenta come un palcoscenico infinito di avventure, scoperte e sfide. È il nostro nuovo mondo selvaggio, il cui potenziale è limitato solo dalla nostra immaginazione e dalla nostra capacità di adattarci a questa frontiera digitale in continua evoluzione. Nel vasto e misterioso cyber spazio, dove bit e byte danzano come stelle nel buio cosmico di Internet, si svela un universo di possibilità senza fine. È un luogo dove l'immaginazione si fonde con la tecnologia, dove ogni click è un passo in avanti verso l'ignoto.
In questo regno digitale, le informazioni si librano nell'aria, come segreti sussurrati tra amici in una notte d'estate. Le reti si intrecciano come fili invisibili, tessendo una tela di connessioni che avvolge il pianeta Terra. Nel cyber spazio, non ci sono confini, né limiti, solo un'infinita espansione di opportunità.
Qui, il passato e il futuro si sfumano in un eterno presente. Si può viaggiare nel tempo attraverso le pagine di archivi digitali o proiettarsi avanti nel futuro grazie alla realtà virtuale. È un luogo dove le menti brillanti si sfidano, dove le idee si scontrano come gladiatori digitali in un'arena invisibile.
Ma il cyber spazio non è solo un camp di battaglia, è anche un luogo di scoperta. È un laboratorio per l'innovazione, dove le menti più creative danno vita a nuove tecnologie e concetti rivoluzionari. È qui che nascono le idee che cambiano il mondo, dove la mente umana si fonde con il potere della tecnologia.
Nel cyber spazio, siamo tutti esploratori, alla ricerca di nuove terre digitali da conquistare. È un mondo in costante evoluzione, dove l'unico limite è la nostra immaginazione. E mentre viaggiamo attraverso questo spazio virtuale, ricordiamo che, in fondo, siamo solo dei pionieri digitali, alla ricerca dell'ultima frontiera del sapere e dell'esperienza.
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fotopadova · 5 years ago
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Staged Photography?
di Carlo Maccà
  -- Il festival Fotografia Europea, che si svolge ogni anno fra aprile e giugno a Reggio Emilia, è uno degli eventi imperdibili per l'amatore che voglia tenere aggiornata la propria cultura. La Fondazione Palazzo Magnani, per assicurare quanto meno un minimo di continuità nell'anno in corso dopo l'interruzione forzata, in questi ultimi tre mesi offre due mostre. La più rilevante viene proposta come "la prima mostra in Italia dedicata al fenomeno della staged photography, tendenza che, a partire dagli anni Ottanta, ha rivoluzionato il linguaggio fotografico e la collocazione della fotografia nell’ambito delle arti contemporanee ", con la presenza di autori di grande notorietà, come Jeff Wall, Cindy Sherman, Sandy Skoglund, Joan Fontcuberta e la star mondiale David La Chapelle.
Qualcuno che ha almeno una infarinatura sulla storia e le tradizioni della fotografia, potrebbe rimanere interdetto al sentir definire "rivoluzionaria" una "tendenza" della fotografia che viene denominata staged. Quel termine si addice, ed è stato spesso applicato, a un modo di fotografare in uso fin dai primi decenni della fotografia artistica come di quella commerciale, senza mancare in quella amatoriale.
Per quanto riguarda l'attualità, appare perfettamente legittimata quella fotografa nordamericana di provincia (Leesburg, Virginia) che titola "Staged Photography" la propria attività e il relativo sito Facebook, nel quale così si propone per foto di famiglia e simili: " Staged is a combination of on location natural light and in studio photography. È l'incontro fra un fotografo esperto e un artista rifinito che si specializza nella progettazione di scenografie impareggiabili. Chiamatelo un combinato di menti artistiche. Siamo specializzati in immagini di: Maternità. Neonati, Bimbi, Gruppi, Giovani e Famiglie. Siamo entusiasti della nostra capacità di offrire ai clienti non solo foto mozzafiato dei loro bimbi e delle loro famiglie, ma anche scenografie uniche e magistralmente eseguite".
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        Staged Photograhy, Facebbok. La fotografa, il suo sito e un'immagine campione.
Quanto poi all'aspetto "rivoluzionario" dello staging nell'attuale fotografia d'autore, a quel qualcuno di cui sopra il binomio "staged photography" richiama inevitabilmente i tableaux vivants nati ai primi albori della fotografia: cioè quelle composizioni fotografiche che pretendevano di sfidare ad alto livello artistico la pittura. Memorabili sono il paradigmatico The Two Ways of Life di Oscar Gustave Rejlender, montaggio di ben 32 pose fotografiche, 1857; o Fading away di Henry Peach Robinson, 1858, con "sole" cinque pose.
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         Henry Peach Robinson, Fading away, 1858 circa.
Quei Tableux Vivants fotografici, che spesso si ispiravano a opere pittoriche famose, sono da molti ritenuti come le radici della Pictorial Photography, che imperversò fino alla prima guerra mondiale e un po' oltre. E allora quel signore di cui sopra, usando uno zoom adatto a inquadrare bene ogni tappa della storia della fotografia, non avrà dubbi a vedere in un certo settore della Staged Photography un diretto pronipote di quei tableaux, pronipote tutt'altro che rivoluzionario pur se disconosce l'antenato. E a ritenerlo semplicemente un revival messo in moto dall'avvento della fotografia digitale e della sua elaborazione informatica, che hanno aggiornato tecnicamente e facilitato materialmente quelle operazioni che nell'era analogica nessuno aveva più la pazienza di fare, e che da decenni venivano considerate con sufficienza se non con disgusto.
Almeno due fra gli autori presenti a Reggio Emilia possono essere considerati discendenti dei pionieri dell'800, a cominciare dall'approccio fattuale per finire con i temi assunti. L'esempio più calzante è certamente l'Ophelia (2018) dell'inglese Julia Fullerton Batte, un rifacimento testuale del dipinto (1851) del preraffaellita John Everett Millais, già oggetto di attenzione di molti fotografi "ri-creativi" antichi e moderni. A prescindere dalla presunta rivoluzione, all'opera di Julia Fullerton si deve riconoscere, rispetto a tante altre, un fascino quasi pari a quello della pittura originale.
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        Il rifacimento fotografico di Ophelia (Julia Fullerton) e il dipinto di Millais.
Con uno spirito totalmente diverso, una volontaria apoteosi del kitsch, irriverente e dissacrante,  David LaChapelle ha messo mano alla propria revisione dell'Ultima Cena di Leonardo, degli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina e di molti altre opere pittoriche famose.
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        L'Ultima Cena di Leonardo attualizzata da David LaChapelle.
I capolavori della pittura divenuti le vittime più frequenti degli stagers sono probabilmente le scene di interni dipinte da Vermeer, caricaturate volontariamente ma soprattutto involontariamente da miriadi di velleitari "artisti rivoluzionari" che evidentemente del pittore olandese non hanno capito nulla o non vogliono avere nessun rispetto (e qui sta la "rivoluzione"!).
Già gli esempi sopra citati bastano a suggerire che il termine staged photography, che letteralmente nella nostra lingua dovrebbe diventare "fotografia messa in scena", possa coprire tutto quello che non è una  "istantanea" presa al volo: dai tableaux vivants fino ai gruppi e ai singoli in posa. Tutti noi che abbiamo frequentato la scuola dell'obbligo in tempi meno schizzinosi riguardo alla privacy conserviamo in qualche cassetto l'immagine della classe ben distribuita sulla scalinata d'ingresso, coll'insegnante in centro o a lato; molti di noi anche quella della Prima Comunione nostra, del figlio o del nipotino, ciascuno in posa molto pia. Perché, sì, anche il ritrattino d'una persona "in posa" rispetta le premesse di una staged photography. 
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        Una delle poche fotografie staged di (ma solo in senso passivo) Gianni Berengo Gardin. [1]
Fino alla metà dell'ultimo secolo del millennio scorso, nel linguaggio comune esistevano due modi di ripresa dei soggetti fotografici che includono persone: la "istantanea" catturata al volo, e la "posa". Il secondo, non necessariamente legato a maggiori tempi di esposizione, era quello in cui i soggetti si mettevano o venivano messi “in posa”; gli amatori, se abbastanza abbienti da permettersi un apparecchio con autoscatto e un cavalletto, con una corsetta durante il tempo morto tra la pressione sul pulsante di scatto e l'azione del diaframma o della tendina, riuscivano ad includere se stessi nell'immagine fotografata (in pratica, facevano un selfie - vi immaginate qualche politico attuale fare i selfie con in suoi fans se non esistesse lo smartphone?). 
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        Helmut Newton, They are coming (dressed), 1981.
Messe in scena, cioè staged, sono anche le fotografie di studio, e in particolare quelle di moda, fra cui compaiono immagini prodotte da veri maestri della fotografia (Figura 5). E nascono staged anche le Stage photos, ossia le "foto di scena" del teatro, del balletto e del cinema, dove stage viene dal termine inglese per palcoscenico. E dall'insieme non dovremmo escludere neppure le fotografie di oggetti inanimati meticolosamente "messi in posa", come quelle immagini impropriamente chiamate nella nostra lingua "nature morte". e nei paesi anglosassoni still photography, fotografia "immobile" [2].  Ma questi tre generi fotografici sono ufficialmente esclusi dalla Staged Photography dei "rivoluzionari" [3]. A meno che non siano, per esempio, scene storiche composte con pupazzetti di plastica e altri oggetti (come nella seguente immagine.
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        David Lawrence Levinthal, Dallas 1963.
La vera rivoluzione nella fotografia è l'avvento del digitale, che ha aggiornato tecnicamente e facilitato tutte le operazioni che fino a per un secolo e mezzo avevano richiesto abilità, tempo e pazienza, soprattutto quando allo staging doveva seguire una ricomposizione delle immagini (quella che una volta si chiamava "fotomontaggio"). Tutte le altre presunte rivoluzioni non sono che fasi dell'adattamento dell'arte al mutevole spirito dei tempi, nel bene e nel male. Adattamento attivato nei secoli soprattutto dai progressi tecnici: la pittura ad olio... la stampa.. .la fotografia... la computerizzazione digitale...[4].
E allora converrebbe assegnare al "fenomeno" oggetto di questi commenti, o piuttosto a ciascuna delle sue differenti anime (presenti solo in parte nella mostra di Reggio Emilia) una denominazione diversa, più appropriata, meno generica ed equivoca, facendo riferimento a quanto è stato scritto dai vari autori che si sono impegnati ad anatomizzare l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità e della creazione digitale [5], (alcuni dei quali, come Jeff Wall e Joan Fontcuberta, sono stati tradotti in italiano). Si dovrebbe riparlarne. Per il momento, può bastare un generico "fotografia messa in scena", come da vocabolario, abbastanza discriminante rispetto alla semplice "foto in posa"? [6].
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[1] Da: Gianni Berengo Gardin, In parole povere. Un'autobiografia con immagini. Contrasto, 2020, p. 17.
[2] Still è anche, sostantivato, il "fermo immagine" d'un filmato.
[3] Per i compilatori frettolosi dei comunicati stampa di qualsiasi mostra d'arte, dalle internazionali alle paesane, le opere devono essere  "decostruttive", "dissacranti"; o almeno "inquietanti", e se non altro "intriganti": qualificazioni che, esimendo da ulteriori chiarimenti, facilitano il loro lavoro. Ma l'attributo che assicura il massimo richiamo sembra sia: "rivoluzionarie".
[4] Progresso fondamentale ai fini della nascita della fotografia digitale, del quale Padova può gloriarsi almeno un poco, perché il creatore del primo microprocessore (http://www.fagginfoundation.org/it/biografia/) e autore di molti altri sviluppi in questo campo (fra cui il sensore Foveon usato negli apparecchi fotografici Sigma), il vicentino Federico Faggin, si è laureato in Fisica all'Università di Padova. Si legga l'autobiografia Silicio, Dall'invenzione del microprocessore alla nuova scienza della consapevolezza, Mondadori 2019. (Lo scrivente, vanagloriosamente, si compiace di ricordare la fraterna amicizia del proprio padre col padre dello scienziato).
[5] Necessario, anzi  fatale aggiornamento dell'opera di Walter Benjamin.
[6] I francesi considerano quella che altrove viene chiamata Staged Photography come una categoria della Photographie Plasticienne (Dominique Baqué, Photographie Plasticienne, l'extrême contemporain, Éditions du Regard 2004, pp 88 e seguenti, capitolo Scénographie de la Culture). Questo termine sembra non abbia trovato corrispondenza nello specifico linguaggio italiano.
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giorgioviola · 4 years ago
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Consigli di lettura "STEVE JOBS NON ABITA PIU' QUI" di Michele Masneri è un libro piacevole alla ricerca del'eredità informatica di Steve Jobs!
Consigli di lettura “STEVE JOBS NON ABITA PIU’ QUI” di Michele Masneri è un libro piacevole alla ricerca del’eredità informatica di Steve Jobs!
Molti luoghi del mondo sono macchine del tempo, quasi sempre rivolte al passato. Poi ce ne sono alcuni – pochissimi – che portano direttamente, se non al futuro, a quello che del futuro riusciamo a immaginare. La California di Michele Masneri, non è più quella dei pionieri informatici, come Steve Jobs, Non importa dove Masneri si aggiri, né con chi parli: che ascolti un autista di Uber…
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purpleavenuecupcake · 6 years ago
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Rousseau, la democrazia digitale si sostituisce alle Istituzioni
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(di Andrea Pinto) Rousseau, la piattaforma della società di Davide #Casaleggio ha dato il via al governo giallo-rosso, non è uno scherzo. Luigi Di Maio aveva detto il giorno prima che l'esito della votazione sarebbe stato dirimente per le sorti dell'alleanza con il Pd. Istituzioni, dirigenti di partito, cittadini, la stampa internazionale, insomma proprio tutti hanno atteso il risultato delle votazioni on-line degli iscritti alla piattaforma. Dopo un'ora e mezza di ritardo il verdetto sulle sorti dell'Italia, il 79,3 per cento ha votato a favore del governo giallo-rosso con Giuseppe Conte premier. Il motivo del ritardo? La compilazione dei verbali da parte del notaio e la certificazione, da parte di una società informatica terza, sull'affidabilità dei sistemi hardware e software della Piattaforma Rousseau. A quanto pare nessuno ha creduto a questa versione, anche perchè era stata programmata una conferenza stampa di Luigi Di Maio alle 18.30 e alle 18.45 una del Pd. Un dipendente della Casaleggio è uscito dal portone e ha rassicurato la stampa: "motivi tecnici", il risultato comparirà a minuti su Il Blog delle Stelle. Tutti allora hanno cliccato sul Blog, mandando in "crash" il sito. Dopo qualche minuto il messaggio della vittoria dei "Si". Davide Casaleggio, quindi, è intervenuto dopo Luigi DI Maio: "II voto di oggi è un grande esempio di cittadinanza digitale. Siamo pionieri: anche la Spd in Germania per il contratto di governo ha fatto votare i suoi iscritti anche se via posta. Non abbiamo registrato attacchi. Quelli che ci hanno segnalato sono tutti smentiti». I cosiddetti «fake hacker».  Alcuni della Rousseau hanno detto che c'era stato un attacco a fine agosto ma che era stato individuato e reso innocuo. "A qualcuno il sistema ha chiesto l'sms di conferma dell'identità ad altri no. Temo che ci sia qualcosina da rivedere riguardo al concetto di democrazia diretta", scrive su Facebook la senatrice Elena Fattori. "Certo che un campione di 79.634 iscritti è rappresentativo, perché raccoglie persone di tante provenienze culturali, sociali ed economiche", dice Enrica Sabatini dell'Associazione Rousseau. Il punto è che un Paese è rimasto appeso per nove ore all'esito di una  votazione fatta su una piattaforma privata. Democrazia diretta, esercitata da meno di 100 mila persone? E' tutto bello e futuristico, tuttavia molti sono i dubbi che si insidiano in tutti noi che, sondaggi alla mano, avremmo preferito votare un nuovo parlamento e decretare con la vera democrazia una maggioranza certificata dal voto di chi detiene la sovranità in Italia. In sostanza la democrazia digitale si è sostituita alle Istituzioni. Gianroberto Casaleggio diceva già circa 10 anni fa che la Piattaforma Rousseau avrebbe deciso, un giorno, le sorti dell'Italia.  Oggi Giuseppe Conte, l'equilibrista, scioglierà la riserva al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella con la presentazione della squadra dei ministri. Giovedì  il giuramento e venerdì il voto di fiducia. Read the full article
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saleshoesggdb-blog · 6 years ago
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ggdbonlineoutlet-blog · 6 years ago
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live00it-blog · 7 years ago
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L’incipit di una lunga storia - Cosma Alex Vergari
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Foto di dispositivi di archiviazione portatili - Fonte : Pxhere
E' ormai evidente che la tecnologia permea le vite di tutti, raggiunge ogni meandro della società in un modo o nell’altro; ma ora vorrei concentrarmi sul personale, su come i computer ed Internet hanno cambiato la mia vita progressivamente. 
Innanzitutto facciamo un grande passo indietro e torniamo alla lontana atmosfera dei primi anni 2000. 
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Foto di due bambini e due cappelli - Personale
Un’azienda locale di confezionamento di cappelli, denominata Benet, decise di cavalcare l’onda del digitale connesso e comprò il dominio www.ettorenegro.it (andato online nel gennaio 2002) per mettere in bella mostra ai pionieri dell’Internet i propri manufatti. E navigando nella sezione Bambino, ecco comparire in foto due infreddoliti modelli, per la cronaca io e mia cugina, sfoggiare la nuova linea di berretti di quest’azienda (l’immagine è riportata a fianco). Purtroppo il sito non è più raggiungibile ma attraverso la fantastica Wayback Machine è possibile risalire ad uno screenshot del sito scattato nel febbraio 2002  (per vedere la foto, fare click su “Bambino” nella colonna a sinistra)
Questa è stata, anche se involontariamente, la mia prima esperienza con Internet.
Dai miei 3 anni iniziai ad osservare i miei genitori utilizzare il computer per lavoro; ero affascinato da questo scatolone magico (iMac G3) capace di manipolare foto, testi, grafica vettoriale e navigare nel fantastico mondo di Internet. Ricordo distintamente il suono del mio modem 56k stringere amicizia col modem dell’ISP, i tempi astronomici per caricare le pagine web, ricordo il limite massimo di navigazione di due ore che, nonostante la lentezza della connessione, mi pareva irraggiungibile (vedasi oggi invece come Internet sia fruibile istantaneamente e illimitatamente grazie ad un semplice click) 
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Foto di un iMac G3 - Fonte : Wikimedia Commons
Insomma il mondo di allora così dinamico mi colpii da subito e pian piano, verso i 4-5 anni, passai dall’osservare i miei genitori ad interagire io stesso, sotto supervisione, con la “scatola magica”: un nuovo mondo era alla portata di un semplice click. Iniziai a creare documenti Word insensati, grafiche vettoriali azzardate e nei rari momenti inosservati facevo inconsapevolmente danni qua e là, ma era come se sapessi già cosa fare, quello schermo mi è stato da subito familiare.
Di lì a poco l’arrivo dell’ADSL rivoluzionò la visione di Internet sia a me che ai miei familiari. L’accesso alle risorse online era incredibilmente rapido e la produttività aumentata esponenzialmente.
Una volta iniziata la scuola elementare anche i miei insegnanti si avventurarono nell’utilizzo dei computer per l’istruzione e così iniziai ad utilizzare il mio carissimo iMac produttivamente per ricerche, presentazioni, email e quant’altro. Che dire, eravamo (e siamo) tutti nel bel mezzo di un cambiamento epocale.
Il resto da questo punto in poi è storia, ma il fil rouge che collega la mia esperienza informatica da 18 anni è caratterizzato da interesse, curiosità, passione e voglia di aggiungere del mio a queste meravigliose macchine, sempre con maggior consapevolezza delle mie azioni e dei loro effetti.
- Cosma Alex Vergari
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mc4theweb · 12 years ago
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Gli errori che si fanno quando si usano dati insufficienti sono molti meno di quelli che si fanno quando i dati non si usano affatto
Citazione a firma di Charles Babbage (1791-1871)
Charles Babbage fu un eclettico matematico, filosofo e inventore inglese.
È considerato un pioniere dell'informatica, intesa come scienza della rappresentazione ed elaborazione automatica dei dati (scienza dell'informazione e dei calcolatori). 
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