Tumgik
#quello sì che mi interessa
ross-nekochan · 2 years
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Gente del Nord: è inutile che quelli del Sud parlano della "loro terra". L'Italia ormai è una, basta.
Il mio attuale capo (due volte in due occasioni diverse): ah bene qui abbiamo anche un avvocato che è proprio della tua zona.
?!?!?!?!??!
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susieporta · 2 months
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IL MANDATO FAMILIARE: QUANDO GETTARE LA SPUGNA VA PIÙ CHE BENE.
Nessuno di noi sfugge al mandato familiare, quella missione che implicitamente e tacitamente viene assegnata dal sistema familiare senza che tu te ne accorga.
A volte è davvero tardi per accorgersene, ma i più “connessi” alla propria coscienza, non cedono facilmente al risucchio e si dibattono come pesci nelle reti, fino ad ottenere la libertà.
Una libertà che di solito si ottiene a caro prezzo e quel pagamento spesso avviene sotto forma di perdite, traumi, shock o eventi di vita che ti schioccano un voltaggio impressionante di energia che ti rende estremamente lucido per qualche giorno.
Una donna che intraprende ad esempio una carriera tipicamente maschile, pericolosa, violenta e dice di farlo “per il padre” di gareggiare per lui, che è stato sempre lui a dargli la forza, la spinta, la cazzimma…. Vittorie, sudore, fatica ma anche incertezze.
Quella figlia sta vivendo il ruolo che gli ha dato il padre, molto probabilmente: certo io non posso saperlo, parto da un caso singolo per espandere il pensiero anche ad altri.
Poi il padre muore e l’energia del sistema inizia a cambiare: quella promessa inizia a non gravare più come un macigno, quel contratto firmato chissà dove e chissà quando, diventa “carta straccia”.
Ed ecco che questa figlia inizia a non farcela più, inizia a perdere colpi, a fare improvvisi retromarcia, ad allontanarsi dal personaggio pensato per lei;
fino al ritiro repentino e definitivo: il mandato è stato strappato.
In questi casi la coscienza è abbastanza desta ed evidentemente la fame di vita “propria” è urgente: la decisione sembra il frutto di eventi circostanziali ma io, credo, sia il risultato di un lungo rimuginio, e non la reazione scomposta ad una sconfitta.
Le urla di rabbia e dispiacere sono dedicate al padre, all’averlo deluso, scontentato, non “onorato”.
E meno male, dico io.
Ma la liberazione è inevitabile, il richiamo alla vita è troppo forte.
Conosco molte persone che hanno trovato la via soltanto dopo la morte di un genitore ingombrante che aveva incasellato il figlio/figlia in un ruolo predeterminato, posando una greve scure sulle sue ali e instradandolo verso percorsi alieni alla sua essenza.
Io penso che tutto sommato, questa donna, come molti altri, ora inizierà la sua vita.
Queste sono mie interpretazioni non hanno alcuna pretesa di verità.
Sono mie sensazioni che nascono spontaneamente osservando delle dinamiche che ho osservato per 15 anni ogni giorno.
Gli eventi di massa li osservo per comprenderne le dinamiche profonde e per cercare di entrare in contatto con le forme che assume la vita quando tentandi farsi largo.
La vita per rompere gli argini e ricondurti a se, trova i modi più strani la cui logica sfugge ad occhi inesperti.
Credo che tutto sommato, nulla sia accaduto per caso, la sua rivale, la perdita del padre, la sconfitta, l’attenzione su di lei.
E alla fine, sorpresa: le viene riconosciuto comunque un premio in denaro pari a quello che ricevono le medaglie d’oro e questo accade sempre per motivi legati alle leggi universali, cioè perché la vita premia la vita.
La vita l’ha premiata lo stesso perché la resa era la cosa giusta.
Cambiare strada.
Rinnovarsi.
Abbattere la scure.
E tutto questo è davvero meraviglioso se guardato cogli occhi di un ricercatore.
Nulla accade per caso, soprattutto quando strappi il foglio del mandato familiare ( anche senza rendertene conto come in questo caso, o forse sì chi lo sa ) e inizi a disegnare su un foglio bianco la tua vita.
Dedico questo post a chiunque senta di aver fatto a pezzi questo mandato e anche a chi ne sente il peso senza riuscire ancora a volare.
Noi siamo i figli che per volare devono “pagare le ali”.
Auguri a tutti noi.
ClaudiaCrispolti
( lo sport non mi interessa, non seguo le olimpiadi, non sono un’esperta di sport, mi reputo una ricercatrice nel campo della crescita e dell’evoluzione e amo osservare la realtà come se fosse un grande laboratorio. I grandi eventi di massa sono una ghiotta occasione di studio e riflessione per me.
Queste sono SOLTANTO mie interpretazioni lo ripeto.
Niente polemiche, niente tifo pro e contro. Qualsiasi commento inadeguato per tono o contenuto verrà eliminato e la persona bloccata.
Ho molto da fare, ma scrivere fa parte del da fare.)
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succhinoallapesca · 4 days
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Continuo a non trovarmi con il concetto di aiuto di mia sorella. Per lei aiuto significa "concessione", a parole dice di voler venir incontro alle tue necessità ma col comportamento dimostra di essere irritata o non avere realmente tempo, va sempre così. E tu non puoi esprimere neanche un minimo dissenso perché "sto facendo cosa X per te!", ti risponde, con un tono che suggerisce non velatamente "mi sto sacrificando per te! E pensi di aver diritto di parola!" Io non riesco a trovarmi d'accordo, non ragiono così. Lei ha proprio espresso, più di una volta, che se una persona ti sta aiutando tu devi solo apprezzare il gesto, detto così magari sembra pure giusto, perché la riconoscenza è sacrosanta, ma l'altra faccia della medaglia di questo discorso è "la persona che aiuta ha diritto di comportarsi come vuole e dopodiché se non sei riconoscente a prescindere sei pure stronzo." Insomma con una dinamica verticale tra chi aiuta e chi viene aiutato, con una dinamica per cui il secondo è in debito col primo, più che un discorso di gratitudine. A livello generale ci sono casi in cui l'aiuto non si basa su una relazione orizzontale, okay, ad esempio nelle relazioni terapeutiche o in altri contesti. Ma nemmeno in questi casi viene alimentato questo debito o questa subordinazione (sì, suona come una parola forte).
Per me se aiuti qualcuno lo fai con lo scopo di risolvere una sua difficoltà e quindi prestando attenzione alle sue esigenze, senza mettere in disparte le tue, anzi donando il tempo e lo spazio che hai la possibilità di dedicargli, chiarendolo e senza dover transigere su questo -senza dover danneggiare la tua persona, insomma. Ma se dichiari che quel tempo e quello spazio li hai, allora li usi per l'altro: farlo sentire in difetto non è una forma d'aiuto. Il rispetto ci dev'essere da entrambe le parti, nessuno deve approfittarsi di nessuno. E se senti che stai concedendo qualcosa forse in realtà non ti interessa così tanto la sua situazione, forse t'interessa di più poter dire di essere la persona che ricopre quel ruolo.
O anche se a posteriori puntualmente lo fai pesare alla prima occasione (altra cosa che fa mia sorella), il messaggio che mi mandi è lo stesso.
Questa è la mia visione, casomai sbaglio, ma non riesco a vederla in un altro modo. Rispetto a lei in particolare è una delle cose del nostro rapporto che subito fa scattare la scintilla della rabbia, e ovviamente un modo di fare che non mi fa stare bene.
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mucillo · 3 months
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Charles Bukowski: “Sei incancellabile tu”
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Succede che una mattina ti svegli e vedi che fuori non piove più e allora ti chiedi – beh? Che è successo?
Ecco, quella mattina successe a me che da tanto tempo non amavo, ma non per chissà quale motivo, non amavo e manco io sapevo il motivo preciso, ma forse sì che lo sapevo: che senso poteva avere per me l’amare se non amare che te?
Quella mattina io avevo una gran voglia di dirti – ti amo -, almeno credo.
Quanto mi manchi amore mio. Certo, io lo sapevo già dentro di me di questa cosa che mi manchi ma l’ho capita bene solo quando fuori ha smesso di piovere e a me mi giocava il cuore.
che prima avevo la scusa per non vedere il sole, pioveva, mica era colpa mia, ma le nuvole ora sono andate via portandosi dietro tutte le scuse. Ok, tu non ci sei, ok, ma va bene, va bene anche se va male, va bene perché io ti amo lo stesso.
C’è come un diario che ho chiuso nel petto, sento che devo tirarlo fuori e devo farlo senza schemi se non gli schemi che mi porto nel cuore.
Ah! Mannaggia mannaggia, mannaggia al cuore che non sa far calcoli ma che pure spesso sbaglia i conti.
Ma io non ero riuscito a dirti quel ti amo.
Era una primavera quando andasti via, lo ricordi? Io cercavo di farmi forza, la vita andava avanti sentivo dirmi da tutti.
Quando te ne sei andata io mi sono un po’ rincoglionito.
Mi persi, diciamoci la verità, perdendoti io mi persi. E tu? Ah! No scusa, non volevo chiederti se anche tu ci sei rimasta male, era un e tu come stai? Roba del genere insomma, un e tu cosa fai ora? Che stai facendo adesso, adesso è in questo momento, che stai facendo in questo momento? Non mi interessa cosa stai facendo nella vita, io non ci sono più nella tua vita, cosa vuoi che mi importi?
Sicuramente starai facendo tante cose belle, bellissime, ma a me importa adesso, adesso adesso mi importa, adesso in questo momento. Io adesso ti sto pensando facendomi del male. Io vorrei non pensarti ed averti invece qui, qui vicino a me.
Ma non ci sei. Non voglio pensarti ma non lasciarmi solo, non andare via anche dai miei sogni.
Tu dolce ferita mi tagli il cuore, ma io sorrido sai? Non mi fa male questo maledetto male. Sorrido perché dentro ci sei te e ti vedo, almeno posso vederti. Ti vedo pure che dai un bacio a quello lì e questo un pò a dirti il vero mi fa incazzare.
Ma tu non lasciarmi lo stesso, tienimi con te pure se sono incazzato.
Tienimi con te. Non mi fa male la ferita al cuore, no, non mi fa male, sei tu che non ci sei, non andare via oltre.
A volte mi sento tanto forte da poterti dire che non esisti senza di me.
Ma non è vero sai? È che ci provo ad andare avanti, bisogna comunque provarci o almeno provo a convincermi che bisogna provarci.
Fossi riuscito a dirti ti amo oggi me ne fotterei della pioggia che smette o che non smette, facesse cosa cavolo vuole la pioggia, fossi riuscito a dirti ti amo io ora non sarei qui a pensare a dimenticarti senza cancellarti.
Sei incancellabile tu.
Sei come quelle macchie di inchiostro sul taschino della camicia, solo che sulla camicia ci puoi mettere una giacca, un maglioncino, ma su di te cosa ci posso mettere?
(Charles Bukowski)
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libero-de-mente · 7 months
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Conoscere l'amore
“Che cos'è l'amor
Chiedilo al vento
Che sferza il suo lamento sulla ghiaia
Del viale del tramonto […]”
Mi sono domandato spesso cos’è l’amore, in realtà me lo sto chiedendo ancora e credo che me lo domanderò finché vivrò. Ho avuto molte risposte dalla vita fino a oggi. Alcune evasive, altre discutibili, però molte sono state chiare e ben definite. Ora. Escludendo l’amore nelle sue molteplici forme che variano da quelle per dei figli, a quello per i genitori, alla passione, alla idolatria o alla devozione mi sono sempre chiesto cos’è l’amore tra persone che si seducono. Quello che attrae due persone donandosi reciproca felicità mentale, fisica e appagamento sessuale.
Credo che non ci sia una definizione indiscutibile per definire l’amore, a meno che non ci addentriamo nell’aspetto scientifico.
<In questo caso il nostro cervello produce chimicamente dopamina e noradrenalina. Il cuore batte più forte, il benessere interiore aumenta e la felicità anche>. Se avete letto questa definizione con la voce di Alberto Angela o Barbara Gallavotti, a seconda di chi vi garba, sappiate che siete delle belle persone.
Ma se dovessimo dare una spiegazione non razionale, beh, qui si potrebbe scrivere tantissimo.
E allora proviamo a immaginare dove si trova e com’è fatto l’amore che fa palpitare il cuore, in cosa si cela il sentimento che fa vibrare le anime.
L’amore può ambientarsi in una stazione dei treni, in un incontro rubato ai mille impegni della quotidianità, un incontro veloce dove il tempo è tiranno. Lo vedi negli occhi che si cercano tra la folla, le dita delle mani che finalmente si intrecciano per la prima volta e quell’ansito affannato di chi sospira profondamente per l’emozione.
L’amore può avere i tratti somatici di un viso, ovvio direte, ma potrebbe essere quello di una persona incrociata tanto tempo fa per le strade del proprio quartiere più e più volte. Fino ad ammirare quella persona e immaginare di poterle parlare, sorriderle e finanche baciarla. Pensare di poter far parte della sua vita. Senza averne mai avuto il coraggio. Ancora oggi il ricordo rimane. Perché se l’amore ha un volto, si tratta proprio di quel viso tanto sospirato.
L’amore può trovarsi in viaggio su una strada. Fatta di chilometri, non importa quanti, percorsi per arrivare da quella persona. Poco interessa se non tutte le strade sono percorribili a velocità sostenuta, se siano sconnesse o interrotte. Non si guardano i chilometri percorsi sul contachilometri ma l’orologio, quello sì, per calcolare quanto tempo si stia perdendo. Invece di trascorrerlo tra le braccia desiderate.
L’amore può essere pungente come il freddo di una mattina di gennaio, una di quelle con la brina sui prati. Mentre il vapore che esce dalle bocche sembra prendere forme romantiche, dando vita a fisionomie dolci che accarezzano le anime di chi si sta incontrando. Tutto questo dopo aver preso il coraggio di incontrarsi.
L’amore può avere una voce melodiosa. Quella di un soprano per esempio. Una voce di un’estensione magnifica che viene accompagnata da due occhi profondi, un sorriso da incorniciare, un cuore generoso. Un’anima eccelsa. Tutte coreografie degne della meravigliosa opera, creata da Madre natura, che si para dinnanzi ai nostri occhi. Estasi ed emozioni profonde.
L’amore può risiedere in una mente. Nelle confidenze, nelle parole e nei concetti creati dalla materia cerebrale di una persona. Un labirinto, come i vicoli di un centro storico, dov’è facile perdersi e dove non si proverà mai a cercare una via d’uscita. Perché ci si sta bene tra quei pensieri, dove in quelle riflessioni e nell’immaginazione si trova riparo. Un intelletto nei confronti del quale non si percepisce il tempo, perché esso rimane sospeso.
L’amore può trovarsi in svariati posti diversi tra loro. Luoghi che possono spaziare dalle biblioteche a delle colline, da una spiaggia marina a un museo, da un caffè del centro cittadino a uno sperduto castello medievale. Perché in quei luoghi ci arriva grazie a dei cuori generosi e pulsanti che lo ospitano trasportandolo.
Per ultimo, ma non meno importante, per me l’amore più potente risiede negli occhi di chi ha sofferto per amore e ti chiedono di non infierire, li noti nella moltitudine tra tanti occhi. Sono occhi che “gridano” nonostante il silenzio della luce spenta in essi. E se si riuscisse a riaccendere quella luce, chiunque resterebbe abbagliato. Ma l’amore sta anche in quel sorriso appena accennato, perché teme di illudersi di nuovo e che in pochi sanno percepire. Oppure nella voce di chi ti fa capire che vorrebbe volare in alto per non stare più sul fondo, ma con quella tremenda paura di cadere di nuovo.
“Ahi, permette signorina
Sono il re della cantina
Vampiro nella vigna
Sottrattor nella cucina […]”
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Immagine: Diana spezza l’arco di Cupido (perché a un certo punto anche basta, con quella mira quel nanerottolo ha rotto gli zebedei)  - dipinto di Pompeo Girolamo Batoni (1761)
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riflussi · 5 months
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Nell'ultimo periodo, quando faccio un'ora dalla psicologa poi vorrei farne altre 100.
E nel frattempo mi ripeto che se a lui non interessa, non deve interessare nemmeno a me. Che me lo ha già detto cosa vuole, che non ha senso parlare ancora e ancora, anche se molte cose, per me, non hanno avuto alcun senso, se non quello di farmi stare male e lui ne era pienamente consapevole (altrimenti non avrebbe pianto).
Sono preoccupata per lui? Sì. Mi manca? Eccome. Ma non posso continuare a pensare che "prima o poi" le cose cambieranno. Sia per me che per lui. Non mi darà mai quello che cerco. Non lo ha mai fatto. Non comincerà ora.
È difficile, ma è quello che devo fare, staccarmi e amarmi, poi tutto il resto.
Mi sento sola. Esco poco per motivi superiori alla mia volontà. Vorrei fare amicizia e stare fuori la sera a bere qualcosa in un pub in tranquillità.
Vorrei essere amata per quello che sono. Chi non vorrebbe?
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ambrenoir · 8 months
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Non mi interessa che cosa fai per guadagnarti da vivere,
voglio sapere che cosa ti fa soffrire e se osi sognare di incontrare il desiderio nel tuo cuore.
Non mi interessa quanti anni hai, voglio sapere se rischierai di sembrare ridicolo per amore, per i tuoi sogni, per l'avventura di essere vivo.
Non mi interessa quali pianeti sono in quadratura con la tua luna, voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dispiacere, se sei stato aperto dai tradimenti della vita o ti sei inaridito e chiuso per la paura di soffrire ancora.
Voglio sapere se puoi sopportare il dolore, mio o tuo, senza muoverti per nasconderlo, sfumarlo o risolverlo.
Voglio sapere se puoi vivere con la gioia, mia o tua; se puoi danzare con la natura e lasciare che l'estasi ti pervada dalla testa ai piedi senza chiedere di essere attenti, di essere realistici o di ricordare i limiti dell'essere umani.
Non mi interessa se la storia che racconti è vera, voglio sapere se riusciresti a deludere qualcuno per mantenere fede a te stesso;
se riesci a sopportare l'accusa di tradimento senza tradire la tua anima.
Voglio sapere se puoi essere fedele e quindi degno di fiducia.
Voglio sapere se riesci a vedere la bellezza anche quando non è sempre bella;
e se puoi ricavare vita dalla sua presenza.
Voglio sapere se riesci a vivere con il fallimento, mio e tuo, e comunque rimanere in riva ad un lago e gridare alla luna piena d'argento: "Sì!".
Non mi interessa sapere dove vivi e quanti soldi hai,
voglio sapere se riesci ad alzarti dopo una notte di dolore e disperazione, sfinito e profondamente ferito e fare ugualmente quello che devi per i tuoi figli.
Non mi interessa chi sei e come sei arrivato qui, voglio sapere se rimani al centro del fuoco con me senza ritirarti.
Non mi interessa dove o che cosa o con chi hai studiato, voglio sapere chi ti sostiene all'interno, quando tutto il resto ti abbandona.
Voglio sapere se riesci a stare da solo con te stesso e se apprezzi veramente la compagnia che ti sai tenere nei momenti di vuoto.
(Oriah Mountain Dramer, anziano di una tribù pellerossa)
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canesenzafissadimora · 8 months
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Succede che una mattina ti svegli e vedi che fuori non piove più e allora ti chiedi – beh? Che è successo?
Ecco, quella mattina successe a me che da tanto tempo non amavo, ma non per chissà quale motivo, non amavo e manco io sapevo il motivo preciso, ma forse sì che lo sapevo: che senso poteva avere per me l’amare se non amare che te?
Quella mattina io avevo una gran voglia di dirti – ti amo -, almeno credo.
Quanto mi manchi amore mio. Certo, io lo sapevo già dentro di me di questa cosa che mi manchi ma l’ho capita bene solo quando fuori ha smesso di piovere e a me mi giocava il cuore.
È che prima avevo la scusa per non vedere il sole, pioveva, mica era colpa mia, ma le nuvole ora sono andate via portandosi dietro tutte le scuse. Ok, tu non ci sei, ok, ma va bene, va bene anche se va male, va bene perché io ti amo lo stesso.
C’è come un diario che ho chiuso nel petto, sento che devo tirarlo fuori e devo farlo senza schemi se non gli schemi che mi porto nel cuore.
Ah! Mannaggia mannaggia, mannaggia al cuore che non sa far calcoli ma che pure spesso sbaglia i conti.
Ma io non ero riuscito a dirti quel ti amo.
Era una primavera quando andasti via, lo ricordi? Io cercavo di farmi forza, la vita andava avanti sentivo dirmi da tutti.
Quando te ne sei andata io mi sono un po’ rincoglionito.
Mi persi, diciamoci la verità, perdendoti io mi persi. E tu? Ah! No scusa, non volevo chiederti se anche tu ci sei rimasta male, era un e tu come stai? Roba del genere insomma, un e tu cosa fai ora? Che stai facendo adesso, adesso è in questo momento, che stai facendo in questo momento? Non mi interessa cosa stai facendo nella vita, io non ci sono più nella tua vita, cosa vuoi che mi importi?
Sicuramente starai facendo tante cose belle, bellissime, ma a me importa adesso, adesso adesso mi importa, adesso in questo momento. Io adesso ti sto pensando facendomi del male. Io vorrei non pensarti ed averti invece qui, qui vicino a me.
Ma non ci sei. Non voglio pensarti ma non lasciarmi solo, non andare via anche dai miei sogni.
Tu dolce ferita mi tagli il cuore, ma io sorrido sai? Non mi fa male questo maledetto male. Sorrido perché dentro ci sei te e ti vedo, almeno posso vederti. Ti vedo pure che dai un bacio a quello lì e questo un pò a dirti il vero mi fa incazzare.
Ma tu non lasciarmi lo stesso, tienimi con te pure se sono incazzato.
Tienimi con te. Non mi fa male la ferita al cuore, no, non mi fa male, sei tu che non ci sei, non andare via oltre.
A volte mi sento tanto forte da poterti dire che non esisti senza di me.
Ma non è vero sai? È che ci provo ad andare avanti, bisogna comunque provarci o almeno provo a convincermi che bisogna provarci.
Fossi riuscito a dirti ti amo oggi me ne fotterei della pioggia che smette o che non smette, facesse cosa cavolo vuole la pioggia, fossi riuscito a dirti ti amo io ora non sarei qui a pensare a dimenticarti senza cancellarti.
Sei incancellabile tu.
Sei come quelle macchie di inchiostro sul taschino della camicia, solo che sulla camicia ci puoi mettere una giacca, un maglioncino, ma su di te cosa ci posso mettere?
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Charles Bukowski
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ross-nekochan · 8 months
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Situazione: lo vedo cucinare con grande impegno e allora gli chiedo cosa sta cucinando. Lui risponde. Quando finisce gli dico:"Finito?" E lui:"Sì, ho finito... sono un sacco stanco". Mette tutto sul tavolo. Poi vedo un liquore alla fragola e gli dico:"E questo liquore?" Lui:"È mio... ti piave la fragola?" E rispondo di no.
Passa del tempo. Preparo la cena, mi siedo al tavolo, mangio la cena e la finisco pure.
Ad un certo punto, arriva un'altra ragazza con altre bottiglie e dice:"Scusami mi sono dimenticata di comprare il cioccolato!". E si siede davanti ai piatti.
Lui che sta sempre a cantare il mio nome ogni 5 minuti, da quel momento in poi fa come se non fossi seduta al loro stesso tavolo. Chiama in videochiamata addirittura un nostro amico comune che è adesso ad Okinawa (che è tipo il MIO migliore amico in questo posto - tant'è che gli stavo già raccontando quello che stava succedendo) e manco mi inquadra per dire "salutalo".
La ragazza che ha invitato interessa tantissimo a un ragazzo italiano che vive qui. Fortunatamente non è qui perché sennò sarebbe rimasto accoltellato, dato che lui è talmente timido che non riesce nemmeno a parlarle. Ora non so se sia il caso di fargli sapere cosa è successo stasera e sto per chiedere consiglio al suo migliore amico per capire cosa fare. Una parte di me vorrebbe dirglielo così anche lui comincerà ad odiarlo un po' come lo sto odiando io.
Io non lo so come si fa a non rimanere sempre feriti dalle persone come se ti squarciassero il petto.
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gregor-samsung · 1 year
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“ Mia cara Francesca, le tue lettere arrivano, per lo più, alla sera. Verso le nove. Una mano entra nel buco, dicono "posta", poi le aprono e me le danno. Così le tue parole sono le ultime che ricevo: e me le porto in sogno. [...] Ho lavato i piatti (una ciotola di plastica, un piatto di plastica, delle posate idem) e le pulizie le farò nel pomeriggio, nell'interminabile viaggio che va dalle 15 al mattino dopo. Oggi è giorno di doccia (qui ci si lava un giorno sì e uno no) e aspetto il mio turno. Poi mi vestirò, e andrò all'aria. Girerò in tondo fino alle 11. In questa giostra assurda s'incontra ogni genere di uomini: falsari, spacciatori, zingari, bancarottieri; è un mondo tutto suo, credimi. E pieno di assurde favole, di storie incredibili; è impressionante il numero di giovani, di ragazzi, quasi. Da fuori, non si ha la sensazione di quello che accade qui, e di come enormi siano oggi i problemi della giustizia. Mi chiedi se desidero un libro. Sì. Di Dostoevskij "Memorie da una casa morta": attenzione, non "Memorie dal sottosuolo", che è un altro suo libro. Dico quello (alcuni lo traducono "M dalla casa dei morti") che parla della sua prigionia a Semipalatinsk, in Siberia. Lo lessi anni fa, e siccome è pieno di pensieri sulla pena, la prigione, e altro, vorrei rileggerlo. Davvero. Va bene? E io che posso restituirti? Senti, sbaglio o con Renata sei in freddo? Non so, mi è parso di capire che, in quel suo tirarsi indietro ti desse della pena. Guarda: succede, e alle volte è meglio che un amico dica francamente il suo pensiero piuttosto che vederlo accettare per forza. E il resto del lavoro? E la vita? E Milano? Io sono disgustato all'idea che esistano "giornalisti" del tipo attualmente in circolazione: criminali della penna, analfabeti della vita, irresponsabili, folli. Adesso è di moda chiamare questo "il carcere dei vip": perché non vengono, per sette giorni, a questo Portofino delle manette? Credimi: il nostro non è un Paese. Ho gioito al ritrovamento delle reliquie del tuo S. Francesco: non avevo dubbi, credi, che il finale fosse quello. E troveranno il resto. Vuoi scommettere? Mi chiedi dei sogni? Beh, sono molto teneri, dolcissimi. Mi pare di essere accanto a te, e di perdermi nei tuoi occhi. È delizioso. Anche se è la sbiadita, pallida immagine del vero. Ma ti sogno spesso. Ti ho detto: ora sono sereno, niente può più toccarmi. Mi metterò a studiare storia, che e la mia passione. Storia italiana. Poi, mi interessa enormemente la "comune coscienza del peccato", che è cosa ancora più debole, da noi, del "comune senso del pudore". Parlo con delinquenti veri, Cicciotta: e mi interessa la loro psicologia, la loro relatività, il loro codice, che è, in molti casi, anche se patologico, regolato da leggi ferree. Sì, ho vissuto molte vite: so e conosco cose che nessun viaggiatore vede e vedrà mai, avrò da riempire sere e sere d'inverno. Non andrò mai più allo zoo: l'idea di una gabbia mi darà, per sempre, un fremito di disgusto. Tu dici che sono forte: io non lo so, Cicciotta. Sento che mi sentirei indegno di vivere, se fossi diverso. Non si può concedere loro niente: sono dei bari, capisci? Questo Paese ha sempre piegato la schiena, baciando la mano di chi lo pugnalava. E non ci sarebbero tiranni, se non ci fossero schiavi. Il vero patrono d'Italia (e non capisco perché non lo facciano) dovrebbe essere Don Abbondio. San Francesco poteva nascere benissimo in qualunque altra parte del mondo. Solo Don Abbondio è irresistibilmente, disgustosamente italiano. A me spiace parlar male del mio Paese: ma deve cambiare. È l'"odi et amo" di Catullo (traduzione di Ceronetti): e se vuoi un ritratto, che condivido, dell'Italia, leggi, sempre di Ceronetti "Viaggio in Italia" (Einaudi). È una barca cariata, un guscio vuoto, pieno di vermi, che galleggia su un mare inquinato. E per le anime, è peggio. Ti abbraccio, Cicciotta. Tanto tanto Enzo [Bergamo, domenica 9 Ottobre '83] “
Enzo Tortora, Lettere a Francesca, Pacini Editore, 2016¹; pp. 82-84.
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princessofmistake · 5 months
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Alzò la mano, interrompendomi. “Non mi interessa quello che stai per chiedermi, Eden, qualunque cosa sia. Rispondi solo alla mia domanda. Credi in un valore supremo?”. Mi mordicchiai l’interno delle guance. Ero rosso in viso, come se mi fossi presentato impreparato a un esame. “Io credo in Dio”. “D’accordo, fantastico, ma quello che intendo è qualsiasi cosa ci sia alla base di Dio. Qualsiasi cosa Dio incarni. Un bene unico e totalizzante. Il centro di tutte le cose”. Tirai fuori il mio libro di testo di biologia, lo sfogliai. “Sì, mi suona bene”. “E se fossimo noi quel valore?”, disse Evan. “Se fossimo noi a dettare un significato alle nostre vite?”. Lo guardai di nuovo. “Chi intendi con noi? Io e te? L’umanità?”. “L’interesse personale, l’egoismo”. Si rigirò la penna a sfera tra le dita. “La volontà di un solo essere umano”. “Non credo che sia così”. “No? E allora cosa credi?”. “Non lo so. Qualunque altra cosa. La beneficenza. L’amore. Il sacrificio di sé. Crescere i figli”. Scosse la testa. “Vivere senza limiti. Avere il coraggio di dire sì a te stesso. Riconoscere che la volontà umana, sprigionata in modo appropriato, definisce il valore”. Sorrisi divertito. “Immagino che per me non sia, non saprei, molto convincente”. Evan si stiracchiò, inarcando la schiena. “Nietzsche rifiuta una delle premesse umane fondamentali che ci stanno a cuore”. Diedi un’occhiata alla biblioteca, invidiando tutti quelli che in quel momento si stavano dedicando con soddisfazione a faccende banali, come completare un compito o scrivere un sms che suonasse abbastanza civettuolo. “Vale a dire?”. “L’anima atomistica”. “Non ti seguo”, dissi. “L’idea classica dell’anima: che esiste, che rende vivo il nostro corpo. Che è qualcosa di indistruttibile e indivisibile. Tu credi in tutto questo, Eden?”. “Certo. Credo di sì”. “Beh, Nietzsche non ci crede. Nietzsche pensa che bisognerebbe sbarazzarsi completamente di questa nozione”. “E tu sei d’accordo”. “Per un po’ lo sono stato. Ma ora non più. Ora, a dire il vero, credo nel contrario”.
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greatmoonballoon · 2 months
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Ho avuto praticamente tutti i social esistenti tranne Snapchat, e poi all'età di 16 anni ho abbandonato tutto.
Ho abbandonato per la mia sanità mentale. Già il bullismo a scuola era duro da superare, in più l'idea di essere presa in giro anche li mi ha sempre fatto male emotivamente e mentalmente.
Idea che penso che prima o poi, si sia realizzata, ma mi era già tolta per pensarci.
Quindi da quel giorno vivo con dubbi su dubbi, ed ogni sguardo di gente sconosciuta penso che invece, loro, conoscano me. (Eh sì, mi è venuta l'ansia sociale).
Per questo motivo per me, è anche difficile farmi nuovi amici.
Tumblr è l'unico social che non implica "il mostrarti" ma mi permette di usare il mio blog come diario personale.
Me ne sono andata tante volte da qui, e tante volte sono tornata, perché è veramente l'unico social che per me vale la pena di avere.
Qui ci sono anche meno pazzi rispetto a Twitter, per esempio, e si litiga per meno roba stupida tipo qua che tipo di musica ascolti non gliene frega nulla a nessuno, li invece ti fanno lo screenshot, ti bloccano e ti mostrano ai loro followers, chiedendo loro di segnalarti e bloccarti. Bambinate insomma. (A me capitò con una attrice che seguo, giudicata inadatta dall'essere definita attrice e non volevano che parlassi dei miei problemi fisici, che per loro servivano per guadagnare followers e io risposi che manco venivo pagata per scrivere quelle cose).
Ecco perché mi sono tolta da tutti i social. In più senza social ho un sacco di tempo libero, posso dormire e uscire senza per forza farlo sapere a tutta Italia, e poi se non pubblico per giorni, non sono obbligata a dare spiegazioni, perché non sono un influencer. In più, non mi interessa sapere che fa il vicino del piano di sopra nel suo giorno libero dal lavoro.
La scelta di non avere più profili social è stata molto coraggiosa oltre che molto saggia! Hai avuto la capacità di riconoscere e capire cosa potevi evitare per stare meglio con te stessa, proteggere le tue fragilità e i lati deboli.
Conosco bene purtroppo cosa sia il bullismo e delle ferite che lasciano anche dopo tanti anni.
Tanti anni fa feci questa scelta con facebook. In quel periodo vivevo il bullismo già a scuola e quel social non fece altro che ampliare le mie insicurezze: tizia aveva molti più like di me nelle foto soprattutto da parte di ragazzi mentre io ne avevo molto meno; foto di gente che usciva il sabato sera e si divertiva mentre io non avevo nessuna vita sociale oppure c'era persino il controllo di quello che postavo e i giudizi ipocriti e non richiesti; chi si metteva su un piedistallo pensando di sapere tutto di me solo da ciò che pubblicavo e poi magari nemmeno mi salutava di presenza. E da lì decisi di eliminarlo.
Tutte le mie insicurezze effettivamente sparirono e chi si accorse che non lo avevo più mi disse "e ora senza facebook che farai?"
E io "torno a vivere" 😂
Ma che domanda è? Questo fa capire quanto la gente non sappia più distinguere la realtà dal virtuale.
Dopo fb ho avuto twitter senza più usare nome né foto personale e devo dire che in quel periodo mi sono trovata bene. Era tra il 2013 e il 2015. Poi non l'ho più usato.
Ho ridato fiducia a Instagram quando ancora non lo aveva quasi nessuno (2014) ma dopo qualche annetto è diventato più popolare di facebook.
Non demonizzo i social perché altrimenti sarei incoerente. Sono un bel mezzo per esprimersi, fa piacere avere apprezzamenti sulle foto ma non ti nascondo che ci sono stati momenti dove ho dovuto disattivare il profilo per la mia sanità mentale. E sono stata bene. È da lì che spesso derivano certe paranoie, foto o storie che ti appaiono all'improvviso sulla home di cose che non avresti voluto sapere. Ha dato vita a tante ansie che ci distruggono mentalmente ed emotivamente...
Tumblr è un rifugio. Anche io ho provato tante volte ad avere un blog ma solo adesso sto riuscendo a mantenerlo. Ne avevo bisogno! Finché c'è gente educata e matura si può stare bene!
Dopo questo enorme papiro (che mi perdonerai spero ahah) voglio dirti che la tua scelta è senza dubbio molto saggia. È da un po' che penso di prendermi una pausa da alcuni social per un periodo che sto attraversando e mi sei quasi di ispirazione 🥹
Chissà quanta pace potrei riscoprire con questa scelta.
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donaruz · 1 year
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Tumblr media
LA RAGAZZA DEL PIRATA.
L’estate è di gran lunga la stagione che mi piace meno. Gli amici del mio quartiere se ne vanno tutti al mare e i compagni di scuola, anche loro vanno al mare. Io ne farei volentieri a meno, cioè, il mare mi piace, ma fa troppo caldo e poi mi rimane il segno bianco degli occhiali sul viso. Ma la cosa che proprio mi fa vergognare di più sono i miei costumi. Ogni anno la mamma me ne compra un paio nuovi, ma sono troppo colorati, mi si nota da tutta la spiaggia, come l’insegna del bar Marilena quando c’è la festa del quartiere. Io invece vorrei essere guardata il meno possibile, perché ogni volta che qualcuno mi vede o mi parla fa sempre quell’espressione come a dire “poverina”, che alla fine non lo dice mai, ma ce l’ha scritto in faccia e si vede benissimo. Come l’insegna del bar Marilena. La mamma dice che quei colori mi illuminano il viso, io vorrei dirle che così mi si nota di più il segno bianco degli occhiali, ma mi limito a sorridere alla meglio e fare di sì con la testa.
Sono Maria e ho sette anni, ma sembro un po’ più piccola dei ragazzini della mia età. La mamma dice che è questione di tempo, che anche sua sorella, la zia Antonella, era bassina ma ora è una stangona. E io le credo, anche se quando lo dice la sua voce si incrina un po’ e lo sguardo è meno croccante. Faccio visite da quando sono nata, un dottore dopo l’altro, come quando sei sul treno e vedi passare le stazioni dal finestrino e ti fermi giusto il tempo per fare pipì e ripartire subito senza che sia cambiato niente e non vedi l’ora di scendere davvero e goderti la vita oltre la stazione.
Pare che io abbia una malattia che chiamano “sindrome” legata a un cromosoma, roba complicata, però io non mi fido mica tanto di questi dottori, perché non mi sembra di essere malata, io sto benissimo. Sì ok, leggo lentamente e sbaglio spesso le parole, ma lo fa anche nonno Michele che ha ottantasette anni e non mi pare che faccia tutte queste visite. Anche se dicono che lui ha il “morbo” e quando lo dicono allargano tutti le braccia rassegnati. Forse lo hanno fatto scendere a forza dal treno in una stazione che non era la sua e ora si guarda intorno in cerca di un passaggio, che forse non arriverà mai.
Alla fine mi rassegno e parto per la spiaggia, anche perché a Livorno se d’estate non vai al mare finisci per passare le giornate dentro casa e come dice nonno Michele mentre cammina dalla cucina alla sala cercando l’uscita della sua stazione, «a stare in casa ti incattivisci». E appena finisce la frase piscia al termosifone convinto che sia la statua della Libertà. Perché dice sempre che «gli americani non capiscono un cazzo», ma non si ricorda il motivo.
Mi piace venire al mare qui, in mezzo a tutta questa gente con nomi importanti. Sembra di stare a Hollywood. La mamma dice che se fossi nata in America avrei fatto sicuramente l’attrice. Magari quando sarò alta come zia Antonella ci farò un pensierino, per il momento cerco di imparare a parlare bene, perché non si è mai vista un’attrice che inciampa sulle parole, traballa, e alla fine si scapicolla.
Ogni giorno alle sedici in punto vado a fare la fila al bar, per prendere un ghiacciolo alla fragola. La mamma dice che con questo caldo c’è bisogno di qualcosa di rinfrescante, e ogni giorno, sempre, cascasse il mondo, mi viene incontro Samuel, il barista. Lui è alto, la barba disegnata bene e i capelli raccolti in una coda. Sembra un pirata con quegli anelli e gli orecchini. Un pirata che profuma di buono. A lui non interessa se sono bassa, se ho il segno degli occhiali, lui non ha l’insegna del Bar Marilena dentro allo sguardo, o se ce l’ha la tiene spenta. Ogni giorno si avvicina, ha un tatuaggio di Che Guevara sul braccio destro e lo stemma del Livorno Calcio su quello sinistro. Io non lo conosco questo signore Che Guevara, ma pare che qui sia amico di tutti. Mi solleva, bacino sul collo e poi mi dice:
«Te oggi sei la mia ragazza, se ti azzardi a farmi le corna ti stacco le braccine, intesi?». Ogni giorno. Cascasse il mondo.
Io non glielo dico che mi piace Iuri di terza F, non vorrei che ci rimanesse male. Però un po’ mi fa piacere essere la ragazza del pirata.
Magari quando sarò alta come zia Antonella mi farò invitare a cena fuori. Perché certe occasioni vanno prese al volo, alla faccia di tutte le sindromi e di tutti i cromosomi.
Francesco Lollerini 🖋
Immagine Flickr
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susieporta · 1 year
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NON PIÙ NUMERO
Una delle più grandi benedizioni di questo lavoro è come riporta online i SENTIMENTI.
Per gran parte della mia prima vita sono stato gravemente represso emotivamente. Ero profondamente disconnesso dalla mia rabbia, dalla mia tristezza, dalla paura e dalla gioia. Non riuscivo proprio a sentire niente. Ero così... Intorpidito.
Una delle più grandi benedizioni di questo lavoro è come ti porta fuori dalla repressione emotiva.
In questi giorni, sento la vita molto profondamente. Piango così facilmente. Sono più che disposto a sentire la mia tristezza, esprimere la mia rabbia, porre limiti chiari, dire la mia scomoda o scomoda verità. Sono in contatto con la più profonda gioia di vivere. Amo ridere, giocare, essere serio e sciocco e tutto quello che c'è in mezzo.
Sì, sono Consapevolezza - ma sono anche intimo con tutto ciò che nasce nella Consapevolezza. In altre parole, sono innamorato di questo mondo, della mia umanità, dei miei difetti, imperfezioni e vulnerabilità, e delle vulnerabilità dei miei simili. Non mi vergogno più della mia umanità, dei miei difetti o del mio potere. Non voglio più nascondermi dietro un ego "illuminato", o qualsiasi altro ego.
Mi interessa solo una calda verità vivente, non fredda, astratta, concetti di seconda mano di "verità".
Non mi interessa più avere ragione.
Ho un piede nello spirito e un piede nel mondo. Vivo nel presente ma anche nel tempo. Sono indistruttibile eppure sono profondamente commosso e commosso dal mondo ogni giorno. Sono fuoco e acqua, terra e cielo, notte e giorno.
Sono distrutto e intero, vivo e morto, potente e morbido, umano e divino, proprio come te.
Non abbiate paura di sentire profondamente, amici, e di esprimere quei sentimenti, anche se mette gli altri a disagio o addirittura arrabbiati. (Dai anche agli altri il diritto di sentire. ) I tuoi sentimenti autentici sono un portale sacro per la pace oltre la comprensione. Sì, quando sei innamorato dell'intero spettro dell'esperienza umana, conosci Dio. Questo è il paradosso esistenziale più profondo, e stai vivendo questo paradosso, in ogni momento, in ogni respiro, attraverso ogni momento di gioia o dolore, chiarezza o dubbio, noia o beatitudine.
Che miracolo, non essere più insensibili, scatenare e celebrare il mio bambino interiore ogni giorno, ridere e piangere e ballare e cantare... nel Mistero!
- Jeff Foster
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Succede che una mattina ti svegli e vedi che fuori non piove più e allora ti chiedi – beh? Che è successo?
Ecco, quella mattina successe a me che da tanto tempo non amavo, ma non per chissà quale motivo, non amavo e manco io sapevo il motivo preciso, ma forse sì che lo sapevo: che senso poteva avere per me l’amare se non amare che te?
Quella mattina io avevo una gran voglia di dirti – ti amo -, almeno credo.
Quanto mi manchi amore mio. Certo, io lo sapevo già dentro di me di questa cosa che mi manchi ma l’ho capita bene solo quando fuori ha smesso di piovere e a me mi giocava il cuore.
È che prima avevo la scusa per non vedere il sole, pioveva, mica era colpa mia, ma le nuvole ora sono andate via portandosi dietro tutte le scuse. Ok, tu non ci sei, ok, ma va bene, va bene anche se va male, va bene perché io ti amo lo stesso.
C’è come un diario che ho chiuso nel petto, sento che devo tirarlo fuori e devo farlo senza schemi se non gli schemi che mi porto nel cuore.
Ah! Mannaggia mannaggia, mannaggia al cuore che non sa far calcoli ma che pure spesso sbaglia i conti.
Ma io non ero riuscito a dirti quel ti amo.
Era una primavera quando andasti via, lo ricordi? Io cercavo di farmi forza, la vita andava avanti sentivo dirmi da tutti.
Quando te ne sei andata io mi sono un po’ rincoglionito.
Mi persi, diciamoci la verità, perdendoti io mi persi. E tu? Ah! No scusa, non volevo chiederti se anche tu ci sei rimasta male, era un e tu come stai? Roba del genere insomma, un e tu cosa fai ora? Che stai facendo adesso, adesso è in questo momento, che stai facendo in questo momento? Non mi interessa cosa stai facendo nella vita, io non ci sono più nella tua vita, cosa vuoi che mi importi?
Sicuramente starai facendo tante cose belle, bellissime, ma a me importa adesso, adesso adesso mi importa, adesso in questo momento. Io adesso ti sto pensando facendomi del male. Io vorrei non pensarti ed averti invece qui, qui vicino a me.
Ma non ci sei. Non voglio pensarti ma non lasciarmi solo, non andare via anche dai miei sogni.
Tu dolce ferita mi tagli il cuore, ma io sorrido sai? Non mi fa male questo maledetto male. Sorrido perché dentro ci sei te e ti vedo, almeno posso vederti. Ti vedo pure che dai un bacio a quello lì e questo un pò a dirti il vero mi fa incazzare.
Ma tu non lasciarmi lo stesso, tienimi con te pure se sono incazzato.
Tienimi con te. Non mi fa male la ferita al cuore, no, non mi fa male, sei tu che non ci sei, non andare via oltre.
A volte mi sento tanto forte da poterti dire che non esisti senza di me.
Ma non è vero sai? È che ci provo ad andare avanti, bisogna comunque provarci o almeno provo a convincermi che bisogna provarci.
Fossi riuscito a dirti ti amo oggi me ne fotterei della pioggia che smette o che non smette, facesse cosa cavolo vuole la pioggia, fossi riuscito a dirti ti amo io ora non sarei qui a pensare a dimenticarti senza cancellarti.
Sei incancellabile tu.
Sei come quelle macchie di inchiostro sul taschino della camicia, solo che sulla camicia ci puoi mettere una giacca, un maglioncino, ma su di te cosa ci posso mettere?
Charles Bukowski
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mchiti · 7 months
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Ama io non ti seguo perchè non mi interessa niente di calcio, ma tutte le cose che hai scritto sull'essere una giovane donna magrebina in questa Italia, qui e ora... Ti vorrei abbracciare e ringraziare. I miei ragazzi a scuola, qui al centro-nord sono quasi tutti figli di gente immigrata, dal Meridione o letteralmente da tutto il mondo. Io sono nata e cresciuta in una piccola città toscana, la stessa dei miei genitori, con modestissimi flussi migratori. A volte mi sento inadeguata a comprendere il loro mondo. A voi ragazzi di seconda generazione, alle vostre voci, devo moltissimo nel processo del diventare un'insegnante più capace di accogliere tutti loro.
Grazie ancora.
scusami per la risposta che arriva un po' in ritardo (ultima sessione d'esami della mia vita) però volevo prendermi il tempo per ringraziarti tantissimo per queste parole. Ma proprio tanto. Lo so che forse sto per dire cose scontatissime, però io davvero ho avuto a che fare con qualche insegnante che ha fatto tutto il contrario di quello che fai e pensi tu. I miei genitori hanno fatto pochissimi anni di scuola in Marocco. La mia mamma, pace alla sua anima, non ha mai imparato bene l'italiano qui. Quando era in terza media ed è arrivato il momento di scegliere la scuola superiore la mia insegnante di italiano ha convocato i miei genitori con me presente, per dire loro che sì, io avrei potuto fare il classico perché ero brava nelle materie letterarie, però il supporto della famiglia era "necessario" anche perché sarei stata "la prima della famiglia ad andare al classico" e "la prima del palazzo" , immagino la prima del mio palazzo popolare di marocchini e tunisini...che boh, belle cose da dire.
La differenza tra i figli di stranieri e i loro genitori è che i genitori purtroppo - vuoi la barriera linguistica, sociale, culturale - abbassano la testa di fronte a certe discriminazioni, a certi pregiudizi. Non è che non li vedono, ma fanno finta di niente. Noi non facciamo finta di niente, com'è giusto che sia, e certe volte ripenso a quelle parole e mi viene una rabbia. Io mi sono salvata perché mi piaceva studiare, ma quanti ne ho visti di amici, conoscenti, di persone come me (spesso soprattutto i ragazzini maschi, su cui cade maggiormente lo stigma) presi per scemi dagli insegnanti, sbattuti fuori dalle classi, i nomi costantemente storpiati, battute sulla cultura e sulla religione. Trattati come se la scuola non fosse un diritto ma un privilegio di classe e un privilegio culturale.
Non è facile, ma penso che già porti queste riflessioni sia tantissimo e sono sicura che tu sia una meravigliosa insegnante. Scusami per la risposta lunga ma ecco, mi rimette in pace con il mondo leggere queste cose. Grazie a te! 💗
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