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#raffaele cutolo
72zipfel · 10 months
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39zipfel · 10 months
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isoleminori · 11 months
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Asinara, Marco Delogu, 2017
Foto tratta dal suo libro "Asinara": "Ho scelto di lavorare sull’Asinara per via della sua storia e della sua geografia. Da bambino l’isola mi veniva narrata come una specie di inferno, e da ragazzo mi colpivano i racconti di un amico di famiglia, avvocato, che difendeva Renato Curcio e Raffaele Cutolo e andava a incontrarli sull’isola. Più tardi, a partire dal 1997, lavorando al carcere di Rebibbia per i ritratti di Cattività, avevo incontrato una serie di detenuti che erano stati all’Asinara, e dalle loro voci avevo ascoltato la storia delle rivolte di Fornelli. Non sono andato in Sardegna per moltissimi anni e per il mio “ritorno” fotografico ho scelto un’isola che non conoscevo, così piena di ricordi dolorosi a contrasto con il grandissimo senso di bellezza e libertà che ora si prova." https://lnx.marcodelogu.com/portfolio/asinara-book/ https://www.ilpost.it/2018/01/29/foto-asinara-sfocata-delogu/
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paolodechiara · 1 year
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Morta Rosetta, la sorella di Raffaele Cutolo NCO. La più fedelissima dei cutoliani si è spenta a 86 anni. Non ha mai abbandonato Ottaviano, il quartier generale della Nuova Camorra Organizzata.https://www.wordnews.it/morta-rosetta-la-sorella-di-raffaele-cutolo
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personal-reporter · 1 year
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Gli altri sport: Luigi Necco
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La vita di un uomo che amò il calcio e l’archeologia… Luigi Necco nacque a Napoli l’8 maggio 1934 e, mentre studiava Istituzioni dell’Europa orientale all’Istituto Universitario Orientale, iniziò a scrivere sul Corriere di Napoli, per poi passare alla sede della Rai partenopea, dove aveva il compito di leggere il giornale radio. Il suo debutto  nel mondo televisivo avvenne nel 1979, quando divenne parte del gruppo di giornalisti che idearono il telegiornale regionale della Campania. Per quindici anni, dal 1978 al 1993, Necco fu  famoso come telecronista sportivo con la trasmissione 90º minuto, condotta da Paolo Valentim, memorabili i suoi collegamenti dallo stadio San Paolo a fine partita, spesso attorniato da numerosi tifosi partenopei. Durante le sue telecronache il giornalista coniò espressioni come “Milano chiama, Napoli risponde” che lo resero celebre. Inoltre, durante i mondiali di calcio in Messico nel 1986, fece una battuta famosa quando Maradona segnò un gol con la mano all’Inghilterra  “La mano de Dios o la cabeza de Maradona” (La mano di Dio o la testa di Maradona) e  Maradona gli rispose “Las dos” (Tutt’e due). Nel 1992 condusse la trasmissione culturale Parlato semplice di Gabriele La Porta e nel 1997 fu per qualche mese, dopo l’abbandono del precedente conduttore Antonio Lubrano, il conduttore del  programma Mi manda Raitre. Fu nel 1981, a seguito di un episodio che vide coinvolto il presidente dell’Avellino Antonio Sibilia, Raffaele Cutolo, capo della Nuova Camorra Organizzata, e il calciatore brasiliano Juary, che  Necco venne  gambizzato in un ristorante di Avellino da tre uomini inviati da Vincenzo Casillo, detto ‘O Nirone, luogotenente di Cutolo fuori dal carcere. Terminata la sua carriera in 90º Minuto, Necco si dedicò all’archeologia, sua passione giovanile, e dal 1993 al 1997 condusse una rubrica dal titolo L’occhio del faraone, per la quale realizzò 360 documentari e servizi sull’archeologia nell’area Mediterranea. Per anni si dedicò alla ricerca del tesoro che Heinrich Schliemann aveva trovato a Troia nel 1873 e che ufficialmente i tedeschi davano per distrutto nei bombardamenti del Zoologischer Garten Berlin del 1945. Luigi Necco morì il 13 marzo 2018, ad 84 anni, all’ospedale Cardarelli di Napoli, per  una grave insufficienza respiratoria. Read the full article
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tempi-dispari · 1 year
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From the Depth: Elektradrive, musica senza età
Gli Elektradrive, forse più di molti altri gruppi, hanno subito un oblio precoce, ingiustificato e ingiusto. La band nella propria carriera, oltre a raccogliere numerosi riconoscimenti, è stato un vero e proprio faro per il movimento underground nostrano. Il quale, però, ha dimostrato di avere la memoria davvero corta. Questo breve ripercorrere la storia del combo torinese, vuole contribuire, accanto alle mille iniziative altre, a dare il giusto lustro a musicisti non solo preparati, ma ispiratissimi.
Buona lettura!
Contesto storico:
La tensione internazionale tra USA e URSS raggiunge nell’anno nuovi vertici: Reagan annuncia il varo del piano di difesa “scudo spaziale”, e in ottobre ordina un invasione lampo nella piccola isola di Granada, per debellare le forze cubane che l’avevano occupata. Un mese prima, aerei da guerra russi avevano abbattuto un aereo civile coreano, con 269 passeggeri a bordo, che per motivi non spiegati aveva deviato dalla propria rotta, passando sul territorio russo.
La decisione di “Time” di nominare uomini dell’anno Reagan e Andropov nasce proprio dall’idea di sottolineare l’importanza delle decisioni che i due presidenti dovranno prendere in futuro per evitare ulteriori escalations. Problemi per gli Stati Uniti anche in Libano, dove ad aprile un’autobomba esplode nei pressi dell’Ambasciata USA, provocando 63 vittime, e ad ottobre un tremendo attentato uccide più di 240 soldati americani.
Disastro aereo a Madrid: a causa della nebbia due aerei si scontrano tra loro, causando 90 morti. In Inghilterra, Margaret Thatcher vince con schiacciante distacco le elezioni. Nobel per la pace al leader del sindacato polacco, Lech Walesa, mentre William Golding, l’autore de “Il signore delle mosche”, riceve quello per la letteratura. Papa Giovanni Paolo II, scampato all’attentato di Agca, promulga la bolla di indizione del nuovo Giubileo, poi a fine anno visita in cella il suo attentatore.
Otto Oscar, tutti i più importanti, per il kolossal “Gandhi”, quattro premi anche per “E.T.”: ma il vero caso cinematografico dell’anno è “Flashdance”, sostenuto anche da una colonna sonora travolgente che piazza nelle top 10 di tutto il mondo “What a feeling”. Esce anche “Il ritorno dello Jedi”: quasi 600 milioni di dollari incassati. Michael Jackson domina il mercato musicale con i singoli estratti da “Thriller”, mentre “War” lancia definitivamente gli U2. “Holiday” fà conoscere al mondo della musica una 25enne italo-americana, tale Louise Veronica Ciccone, detta Madonna.
In Italia
Incendio al cinema Statuto di Torino: 64 persone muoiono inossicate e per ustioni quando un incendio divampa nella sala. Altri misteri italiani: scompaiono a Roma due adolescenti, Mirella Gregori e Emanuela Orlandi. 30 anni dopo, non si sa ancora che cosa ci fosse veramente dietro. L’ennesima crisi di governo porta alle elezioni anticipate, che vedono l’affermazione del PSI di Bettino Craxi, che diventa nuovo presidente del Consiglio.
Clamoroso blitz anticamorra: vengono emessi 856 ordini di cattura contro uomini politici, avvocati e imprenditori accusati di collegamento con la nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. Il nome più famoso è quello del presentatore Enzo Tortora. A ottobre, viene arrestato in Brasile Tommaso Buscetta, uno dei più potenti capimafia, che diventerà “collaboratore di giustizia”. Continuano, però, gli attentati di mafia: un’autobomba imbottita di tritolo uccide il giudice Rocco Chinnici e due agenti di scorta.
Termina l’anno con il messaggio piuttosto polemico del Presidente della Repubblica Pertini. Dissociandosi dalla linea del governo, il Presidente, dopo le manifestazioni contro l’installazione dei missili americani a Comiso, afferma di schierarsi dalla parte di chi manifesta per la pace. Inoltre, invoca il ritiro del nostro contingente militare in Libano, in caso di guerra.
Cultura:
Il 20 novembre la ABC manda in onda il film per la tv “The day after”, che ipotizza un attacco nucleare sul suolo americano, precisamente nella zona di Kansas city, Missouri. Oltre 100 milioni di telespettatori guardano il film, che provoca un’ondata collettiva di isteria paragonabile solo all’esperimento di Orson Welles “La guerra dei mondi”.
Il film, girato come un documentario in presa diretta, è scioccante anche per i dettagli scientifici accurati che contiene: evitando effettacci spettacolari improbabili, mostra infatti le varie fasi di quello che sarebbe un attacco atomico, dall’iniziale blocco elettromagnetico di tutti i motori e circuiti elettrici ed elettronici, alla distruzione provocata dall’impatto dell’ordigno, agli inquinamenti portati dal successivo “fallout”.
Vengono istituiti numerosi numeri verdi per rispondere alle richieste di informazioni e rassicurazioni della popolazione, per quello che fu un vero evento mediatico che influenzò sicuramente la coscienza collettiva sul tema della guerra nucleare.
Nella musica rock:
L’83 è un momento fondamentale anche per il metal, che esplode negli States in due varianti: da una parte la violenza iperveloce del thrash con “Kill’Em All”, il primo disco dei Metallica (ma debuttano pure gli Slayer con “Show No Mercy”); dall’altra, la voglia di far casino unita all’ambizione di azzeccare il gancio melodico giusto insita nel glam dei Motley Crue, il cui “Shout At The Devil” è ancora piuttosto violento ma spianerà la strada per decine di band.
L’hardcore punk di prima generazione, prima di cambiar forma e sostanza, fa registrare ancora le opere prime di Social Distortion e Suicidal Tendencies, tuttavia i dischi più estremi dell’annata sono quelli di Swans, Sonic Youth ed Einstürzende Neubauten.
In ambito rap/hip hop, la Old School sta per volgere al termine. Con il debutto dei Run-D.M.C. ha inizio una nuova era, o meglio ‘scuola’, per il genere. Si tratta di una fase caratterizzata da pezzi più brevi e aggressivi, ideali per le radio, e contenuti in veri e propri LP (s’interrompe la produzione di singole tracce e il disco in rima diventerà ben presto un appuntamento fisso per il pubblico mainstream).
Elektradrive Storia
Le origini del gruppo vanno cercate negli Overdrive, quartetto hard rock torinese formato nel 1981
Nel 1983 gli Overdrive, definita la loro line-up (che vede Elio Maugeri alla voce, Simone Falovo alla chitarra, Eugenio Manassero alle tastiere, Stefano Turolla al basso e Alex Jorio alla batteria), decidono di mutare il loro nome in ELEKTRADRIVE. Nel Gennaio 1984 esce il primo prodotto firmato Elektradrive. E’ il singolo “Let it survive”, su etichetta Smoko Records. Nel Maggio dello stesso anno il gruppo partecipa alla compilation “HM Eruption”, edita dalla Metal Eye Records, con la track “Lord of the rings”.
Nel Marzo 1985 viene richiesta la loro partecipazione dalla Reflex/Cgd Records. “Metallo Italia” è il titolo della compilation e “Winner” è il pezzo che incidono gli Elektradrive. Nel mese di Maggio viene girato un video per la già citata canzone “Winner” ed in Dicembre la band partecipa, con il brano “Secret of the holy grave”, alla compilation “HM in Italy” della Shirak Records.
Arriva intanto il 1986 e giunge in Febbraio il debut-album per gli Elektradrive, “Over the space”. Nel mese successivo parte da Torino, città natale della band, un tour italiano di dieci date e l’estate porta grandi successi e consensi da tutta la stampa specializzata. Citiamo qui la notevolissima votazione di 90/100 sul Metal Forces. In Settembre la Discotto Records, l’etichetta per cui era uscito “Over the space”, dopo un periodo negativo dichiara il fallimento.
Ritroviamo gli Elektradrive nell’estate del 1988, quando la band inizia la stesura delle nuove composizioni e le prime incisioni in studio per il nuovo album, il cui titolo provvisorio è “Due”. Dopo un anno di gestazione, nel Luglio 1989 vede la luce il nuovo lavoro, su etichetta Minotauro Records. Definitivamente confermato il titolo “Due”. In autunno arrivano i grandi consensi: “Due” viene acclamato dall’intera stampa italiana come migliore album hard-rock nostrano.
Ma le lodi piovono anche dall’estero: “Kerrang!”, autorevole magazine britannico, affibbia la massima votazione a “Due” e commenta: “La classe di questi ragazzi è scritta in ogni brano del disco!”. Durante il mese di Novembre la Converse All Star diviene la fornitrice ufficiale e lo sponsor del quintetto torinese. All’inizio del dicembre 1989 gli Elektradrive aprono la triade Shy/Sabbat/Manowar al Palasport di Torino e la buona prova della band viene prontamente sottolineata dal pubblico e dai mezzi di informazione presenti.
Ancora nel Gennaio 1990 “Due” riscuote una entusiastica recensione su Metal Hammer/Crash e nei mesi seguenti numerosissimi magazine europei seguono le orme delle già citate testate recensendo “Due” nel migliore dei modi. Fra i giudizi più positivi quelli di Bravo, Aardshock Metal Hammer, Metal Hammer Italia e Metal Hammer U.K.. In Febbraio piovono gli inviti per concerti in numerose città italiane e nel successivo mese di Marzo i giornalisti rock italiani votano gli Elektradrive come migliore act hard n’ heavy peninsulare. In Aprile la Semaphore Records (Olanda) inizia la distribuzione europea di “Due”.
Sull’onda del successo live di una nuova song come “Big City”, gli Elektradrive entrano in studio per mettere su nastro tre nuove composizioni. In Giugno la band riceve un inaspettato, quanto rinomatissimo, “Certificato di Qualità e Riconoscimento ” nell’ambito dello statunitense “Billboard’s 2nd Annual Contest” per il brano “A man that got no heart”. Nell’estate 1990, mentre si mette a punto la stesura dei nuovi pezzi, gli Elektradrive volano a Los Angeles, paradiso del rock duro, per tenervi alcuni concerti. In Ottobre la band parte per un tour che nell’arco dei due mesi successivi, li porta ad attraversare l’Italia in lungo e in largo, dando vita ad una serie di concerti che ottengono un notevole successo.
E’ il Gennaio 1991 quando la band decide di sparire per qualche tempo dai palcoscenici al fine di ottenere la giusta concentrazione per preparare il nuovo materiale. Ritroviamo la band torinese all’inizio del 1992 alle prese con la pre-produzione del terzo album. Dopo alcune trattative, nel mese di Maggio, gli Elektradrive firmano un nuovo deal discografico con la Dracma Records. In Giugno il combo piemontese entra in studio per registrare la track “Snake ’92”, che appare sulla compilation “Nightpieces II” edita in Ottobre per la Dracma Records. In Luglio il gruppo suona alcuni show al “Charity open Air Summer Festival” ed in Settembre iniziano finalmente le incisioni per il nuovo album.
“Big City”, questo è il titolo del terzo lavoro firmato Elektradrive, vede la luce nell’aprile del 1993 e conferma “alla grande” la classe e la cristallina perizia della band torinese. Sempre in Aprile gli Elektradrive si propongono dal vivo al pubblico di Torino con un concerto che, contemporaneamente, presenta il nuovo album “Big City” e festeggia il decennale della band, 1983-1993. “Big City” riscuote immediatamente un ottimo successo di critica su tutte le testate specializzate italiane. Ricordiamo, fra le altre, le entusiastiche recensioni di: Flash, Metal Shock, Metal Hammer.
In autunno, nell’ambito di alcuni festeggiamenti cittadini, la band si esibisce di fronte a diverse migliaia di spettatori ed intanto si fanno più insistenti le richieste, prevalentemente dalla Germania, dell’ormai esaurito primo album, “Over the space”.
Nel Gennaio 1994 il quintetto torinese intraprende un nuovo tour italiano che porta i nostri a zonzo per tutto il nord Italia. Fra questi concerti la data torinese coincide con l’inaugurazione del nuovissimo auditorium della Dracma Records. Ovunque la band è accolta da un folto pubblico e riscuote grandi consensi. Viene intanto raggiunto l’accordo con l’etichetta tedesca Long Island Records per la ristampa su CD di “Due” con l’aggiunta di alcune bonus tracks.
Questa edizione fa parte di una speciale serie denominata “Long Island Records Classics” ed è caratterizzata da un artwork particolarmente curato ed una edizione limitata di 2000 copie in Gold-CD. In Aprile tutti i maggiori magazine nazionali specializzati in Hard ‘ n Heavy offrono rinnovata attenzione agli Elektradrive: i nostri sono una band storica dell’hard italiano e una delle punte di diamante della scena heavy nazionale. La band sigla un altro contratto con la giapponese Alfa Inc./Brunette Label per la ristampa nel paese del Sol Levante di due CD contenenti i due più recenti lavori, “Due” e “Big City”.
Quest’ultimo con l’aggiunta di alcune extra-tracks. Entrambi i prodotti, rinnovati nella grafica e contenenti i testi in inglese e giapponese, sono stati messi sul mercato nell’Ottobre 1994. Dal 1995 al 2000 la band subisce cambiamenti nella formazione e si avvale della collaborazione di ottimi musicisti che sostituiscono alcuni membri originali. Ciò porta alla realizzazione di un demo di 9 pezzi chiamato Scheme, che desta l’attenzione del mitico Ronnie Montrose (chitarrista, musicista, produttore, già con Sammy Hagar, Edgar Winter e Rick Derringer) e si dimostra interessato alla produzione di questo lavoro.
A metà 2004, Elio Maugeri ritorna a scrivere dei pezzi con Simone Falovo, e da qui inizia il lungo percorso della reunion della band che porta a gettare le basi per la realizzazione del nuovo lavoro. Il CD avrà come titolo “Living 4” e conterrà 14 nuove songs che come stile si differenziano leggermente rispetto agli ultimi lavori della band: hard rock melodico di base, con molte venature blues, ed arrangiamenti di chitarre acustiche, con presenza di tastiere meno dominante rispetto al passato.
E siamo al 2009, anno che vede l’uscita del tanto atteso ed annunciato L4, per la Valery Records!
Lo sviluppo dei testi ha per la band un valore di concetto comune, che si riconduce a tre temi fondamentali:
la salvaguardia del pianeta Terra le Corporazioni: un potere oscuro che si muove dietro ai governi dei popoli l’Uomo ed alcune sue riflessioni e domande sul suo essere
La formazione vede 4/5 dei componenti originali, che sono gli stessi che formavano gl Overdrive:
Elio Maugeri: voce Simone Falovo: chitarre Stefano Turolla: basso Alex Jorio: batteria
Come in passato, per i tre precedenti lavori della band, molta attenzione è stata dedicata al tema dei testi; presto sarà pubblicata sul sito ufficiale, una traduzione in italiano di tutte le liriche dell’album. Lo sviluppo dei testi ha per la band un valore di concetto comune, che si riconduce a tre temi fondamentali: la salvaguardia del pianeta Terra le Corporazioni: un potere oscuro che si muove dietro ai governi dei popoli l’Uomo ed alcune sue riflessioni e domande sul suo essere
Dal 2009 al 2011 la band gira in Italia per i concerti del tour di Living 4. All’uscita del disco segue un tour di 25 date e la band, per alcune date, sperimenta anche una nuova veste live ri-arrangiando gran parte del suo repertorio in versione acustica, riscuotendo ottimi consensi da parte del pubblico. Nel 2012, escono entrambe le riedizioni rimasterizzate del secondo e terzo album: DUE – 24 Years Carat Gold per Electromantic Records Big City – XX Anniversary per Dracma Records, che contiene due bonus track del periodo dell’uscita dell’album “Snake 92” e “Fly High”.
Oggi:
Il 23 giugno 2023 – Mc Ryan’s (Viale Europa 60 Moncalieri, Torino) gli Elektradive si sono esibiti in un concerto evento in formazione originale per festeggiare i 40 anni di carriera della Band! Per gli amanti del grande AOR un evento imperdibile! Per l’occasione sono saliti sul palco: Elio Maugeri: voce, chitarra ritmica Simone Falovo: chitarre, cori Stefano Turolla: basso, cori Alex Jorio: batteria, cori Eugenio Manassero: tastiere, cori
ed hanno suonato brani tratti da:
1984 – Smoko Records single 1986 – Over the space – debut album 1989 – DUE 1993 – Big city 2009 – Living 4
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andre83us · 1 year
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Salvia, un martire del dovere. Antonio Mattone: «quel giorno che incontrai Cutolo»
Claudio Salvia e Antonio Mattone Giuseppe Salvia, vicedirettore del carcere di Poggioreale, fu ucciso nel 1981 per volontà del boss Raffaele Cutolo. Il 5 maggio a Ferrara la testimonianza del giornalista Mattone e del figlio Claudio «Salvia era un martire del dovere, un integerrimo funzionario delloStato che incappò nel più grande delinquente italiano del secondo dopoguerra: Raffaele Cutolo. Ma…
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giornalepop · 2 years
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PUPETTA MARESCA, LA BOSS DELLA CAMORRA
PUPETTA MARESCA, LA BOSS DELLA CAMORRA
Pupetta Maresca a vent’anni è già vedova. Prima di esalare l’ultimo respiro, suo marito le ha fatto il nome di chi ha ordinato la sua morte. È incinta al sesto mese, ma questo non rappresenta un problema per una donna in cerca di vendetta. Accompagnata dal fratello Ciro, il 16 agosto 1955 la giovane entra nel bar Grandone di Napoli, dove è sicura di trovare la persona che cerca. Senza battere…
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gimmigezz · 4 years
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Per fortuna che al braccio speciale C'è un uomo geniale che parla co' me 
https://www.youtube.com/watch?v=rDO7VIgomps
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dangerofmusic · 4 years
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https://dangerofmusic.com/2021/02/18/don-raffae-e-la-leggenda-di-cutolo-81-anni-fa-nasceva-fabrizio-de-andre/ #cutolo #raffaelecutolo #raffaele #donraffaè #fabriziodeandre #lenuvole #faber #compleanno #deandré @dentro_faber @fabrizio.deandre @fab.riziodeandrefanpage (presso Roma) https://www.instagram.com/p/CLcXy3sBhf3/?igshid=1xhd08zrnapw0
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corallorosso · 3 years
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La prima idea di fare un pezzo su Raffaele Cutolo venne a Mauro Pagani, leggendo della comoda vita in carcere del boss. L’idea del personaggio che spiega “cosa pensare” venne invece a Fabrizio De André leggendo un libro di Marotta del 1960, “Gli alunni del tempo”. Il personaggio del libro, la guardia notturna don Vito Cacace, viveva nella via del pallonetto di Santa Lucia dove si vendeva un solo giornale e apparteneva a don Vito, che dopo aver letto il giornale guarda gli amici, sputa, borbotta: “Che tei capì” e li mette al corrente. Vito Cacace è dunque una semplice guardia notturna che, grazie al fatto di essere l’unico che legge il giornale, assurge al ruolo di intellettuale del quartiere e spiega agli altri cosa devono pensare: esattamente come fa Don Raffaè con il brigadiere Pasquale Cafiero. La canzone vuole mettere in evidenza come la malavita riesca a prendere il posto dello Stato quando lo Stato è assente. Il povero secondino è costretto a chiedere aiuto al carcerato per la soluzione dei suoi problemi. Da: Fabrizio De André – Le storie dietro le canzoni
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ross-nekochan · 3 years
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Tutti su Rai3: parlano di Napoli~
Edit: che bellezza (sul serio) parlare in questo ordine: Cappella San Severo -> San Gennaro -> Maradona -> Cimitero delle Fontanelle -> Camorra -> Raffaele Cutolo (worst camorrista ever che ha praticamente rivoluzionato la Camorra)
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paoloxl · 3 years
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Lo strano comportamento della Procura di Roma - Osservatorio Repressione
La Procura di Roma accusa Paolo Persichetti di avere diffuso informazioni riservate ma ignora le ripetute fughe di notizie segretate che hanno contrassegnato l’attività della commissione Moro presieduta da Fioroni
I tre anni di attività della seconda commissione parlamentare sul rapimento e l’uccisone di Aldo Moro sono stati contrassegnati dalle ripetute violazioni del protocollo interno che regolava il regime dei documenti da mantenere riservati o segretati. Durante i suoi lavori abbiamo assistito ad una continua rincorsa all’anticipazione di notizie, o presunte tali, dove il più delle volte roboanti effetti d’annuncio servivano a colmare l’assenza di fatti nuovi. E’ andata avanti così fino al febbraio 2018 quando a causa della conclusione della legislatura la commissione ha dovuto chiudere anticipatamente i battenti senza essere in grado di produrre una relazione conclusiva. Nel frattempo commissari e consulenti avevano intrattenuto relazioni privilegiate con la stampa, fatto filtrare veline, notizie, documenti, fake news, avvalendosi anche di giornalisti che svolgevano la funzione di house organ, e ognuno come poteva si era avvalso di consulenze esterne e informali. Normale amministrazione di un organo eminentemente politico che però nella legge istitutiva si era dato anche delle prerogative giudiziarie, dando vita ad un ibrido dalle molte e irrisolte ambiguità.
Le ripetute fughe di notizie riservate ignorate dalla procura
Nonostante queste continue fughe di notizie siano avvenute sotto gli occhi di tutti la procura di Roma, che pure con la commissione intratteneva continui scambi, ha sempre girato il capo altrove ignorando le ripetute irregolarità.
Una rapida inchiesta ci ha permesso di individuare almeno cinque episodi (ma il numero è probabilmente superiore) nei quali esponenti della commissione hanno diffuso sui media notizie o documenti riservati o segretati. Queste violazioni, due delle quali avvenute prima del dicembre 2015, hanno riguardato la diffusione di verbali segretati di tre testimoni, due escussi dai consulenti della commissione e dallo stesso presidente, uno audito in seduta segreta dalla commissione stessa, e due notizie riservate raccolte dai consulenti. Si trattava di materiale documentale di prima mano funzionale allo sviluppo di successivi approfondimenti investigativi la cui divulgazione poteva nuocere allo sviluppo degli ulteriori accertamenti. A questa prima circostanza bisogna aggiungere che la divulgazione sui media è avvenuta spesso attraverso un uso sapientemente selezionato di stralci e notizie tale da distorcere il contenuto stesso delle informazioni presenti nei verbali e nei documenti, dandone in pasto all’opinione pubblica una versione finalizzata ad avvalorare ipotesi cospirazioniste che i commissari o i consulenti protagonisti di queste indiscrezioni appoggiavano. In questo modo accanto alla violazione delle regole di riservatezza si è dato corpo anche alla circolazione di fake news, in taluni casi di vere e proprie azioni di depistaggio informativo.
Primo episodio
Il 13 marzo 2015 il deputato Gero Grassi, membro tra i più attivi della commissione, rivelava l’acquisizione da parte della commissione di alcune musicassette ritrovate nell’aprile del 1978 in via Gradoli. L’informazione era contenuta in una informativa riservata prodotta dal magistrato Antonia Gianmaria, una consulente che lavorava per la commissione. La notizia appariva sui maggiori quotidiani, Corriere della sera, Repubblica, Stampa. «Da quel che si conosce dagli atti – spiegava imprudentemente Grassi – erano 18 le cassette registrate ritrovate nel covo e mai ascoltate: ad oggi ne manca dunque una. Per il momento le cassette sono nella cassaforte della Commissione, presto ne conosceremo il contenuto e valuteremo la rilevanza per le nostre indagini». L’entusiasmo appena velato di Grassi era dovuto alla convinzione che le audiocassette contenessero gli interrogatori di Moro. Non era affatto vero: i nastri provenivano da tre sequestri avvenuti in epoche diverse nelle basi brigatiste di via Gradoli, via delle Nespole e nell’abitazione di viale Giulio Cesare. Contenevano in prevalenza selezioni musicali, come riferivano i verbali dell’epoca acquisiti successivamente dalla prima commissione Moro. All’appello non mancavano cassette: alcune erano vuote, altre contenevano canzoni di Francesco Guccini, Gabriella Ferri, Bob Dylan, Enzo Jannacci, il duo di Piadena, canti rivoluzionari, gli Intillimani, il sax di Fausto Papetti, una – recitava il verbale – era «registrata da ambo le parti in lingua inglese», senza specificare se si trattasse di canzoni, discorsi, corsi di lingua o cos’altro. Altre due cassette repertate in viale Giulio Cesare, dove Faranda e Morucci avevano trasferito l’archivio della “Brigata contro” dopo la loro uscita dalle Br, contenevano il messaggio telefonico di un mitomane e le dichiarazioni di una teste (Chiarantano) interrogata da un membro delle forze di polizia nel corso di indagini condotte contro ambienti della estrema sinistra genovese. Si trattava di materiale di provenienza processuale e le dichiarazioni della teste erano riportate integralmente sulle pagine di Lotta continua dell’epoca.
Un testo dell’Ansa del 16 marzo 2015, ore 8,27, che riprendeva le affermazioni di Grassi raccoglieva anche le proteste del vicepresidente della commissione Gaetano Piepoli: «Il riserbo e la prudenza – dichiarava – sono l’unica bussola che la ricerca della verità ha per non smarrirsi nel labirinto delle infinite ipotesi».
Secondo episodio
Per due giorni consecutivi, il 17 e il 18 novembre 2015 sulle pagine di Repubblica il giornalista Paolo Berizzi ebbe modo di riportare ampi stralci del verbale segretato dell’escussione di Raffaele Cutolo, avvenuta il 14 settembre precedente nella sezione 41 bis del carcere di Parma. Le ennesime dichiarazioni dell’ex capo della Nuova camorra organizzata sulla vicenda Moro erano state raccolte dal tenente dei carabinieri Leonardo Pinelli e dal magistrato Gianfranco Donadio, entrambi consulenti della commissione e che il giorno successivo protocollarono il verbale insieme alle osservazioni e proposte di approfondimento investigativo. Qualche manina interessata farà pervenire due mesi dopo a Repubblica il documento segretato. La vicenda provocò anche una coda polemica: un membro della commissione, il deputato Fabio Lavagno, denunciò la fuga di notizie in una dichiarazione pubblica sottolineando per altro come fossero riportate in modo distorto. Il giornalista di Repubblica replicò che le fonti che avevano ispirato i suoi articoli erano interne alla commissione.
Terzo episodio
Il 5 settembre 2017 viene audito dalla commissione in seduta segreta Pietro Modiano, ex direttore generale di Intesa san Paolo, divenuto nel frattempo presidente della società che gestisce gli aeroporti milanesi. Modiano viene sentito in relazione all’ipotesi di legami tra le Brigate rosse e la ‘ndrangheta calabrese durante il rapimento Moro. Il contenuto dell’audizione era stato anticipato all’Ansa il giorno precedente dal solito Gero Grassi: «uno dei commissari che ha segnalato la volontà di Modiano di far conoscere quello che apprese anni fa spiega quello che potrebbe essere almeno uno degli elementi rilevanti dell’audizione» – scriveva l’Ansa: «Modiano era molto amico di Don Cesare Curioni (Il capo dei cappellani delle carceri italiane utilizzato come canale di trattativa con le Br dal Vaticano) e quindi potrebbe rivelare particolari inediti sulla conoscenza che il sacerdote aveva del mondo brigatista. Ricordando anche che don Curioni era presente all’obitorio quando fecero l’autopsia ad Aldo Moro». Secondo quanto riportato da Gero Grassi nel suo Aldo Moro, la verità negata, Pegasus edizioni 2018, durante l’audizione segreta Modiano avrebbe rivelato che poco dopo l’omicidio Moro il sacerdote suo amico gli avrebbe riferito «che chi ha sparato materialmente è Giustino De Vuono, calabrese». Al netto del gioco di specchi dei de relato, dove amici e conoscenti riportano fantasmagoriche affermazioni di defunti, assolutamente non verificabili, ciò che qui interessa è la circostanza che il contenuto dell’audizione segretata, oltre ad essere anticipata appare su due lanci dell’Ansa del 5 settembre, ore 17,37 e in un libro.
Quarto episodio
Il 20 Settembre 2017 è lo stesso presidente della commissione, Giuseppe Fioroni, a rivelare all’Ansa il ritrovamento del corpo di Giustino De Vuono nonostante l’informazione fosse contenuta in un atto da lui stesso classificato riservato. L’episodio, alquanto surreale, viene raccontato da Fabio Lavagno nel volume, Moro. L’inchiesta senza finale, Edup ottobre 2018, scritto insieme a Vladimiro Satta. A p. 56 si riportano gli stralci essenziali della dichiarazione di Fioroni: «Il Presidente della commissione d’inchiesta sull’assassinio di Aldo Moro, Giuseppe Fioroni, a proposito della figura del criminale Giustino De Vuono […] rende noto che ‘tramite l’Arma dei Carabinieri è stato possibile stabilire con certezza la sua data di morte e il luogo di sepoltura: De Vuono, ristretto, nel carcere di Carinola dal 16 marzo 1991, venne ricoverato il 1 novembre del 1994 nell’ospedale di Caserta, già operato per aneurisma fissurato, e lì morì il 13 novembre dello stresso anno. La salma di de Vuono venne tumulata nella tomba di famiglia presso il cimitero di Scigliano […]». La figura di De Vuono, come abbiamo visto, è ritenuta centrale da alcuni narratori complottisti. A loro avviso infatti era presente in via Fani e sarebbe stato l’esecutore materiale dell’uccisione di Moro, per questo aiutato dai Servizi ed esfiltrato all’estero. Da qui le strenue ricerche condotte dalla commissione per infine ritrovarlo inumato in un paesino della provincia di Cosenza.
Quinto episodio
Il 17 marzo 2016 Francesca Musacchio sul Tempo riportava ampi stralci del verbale segretato di escussione che Angelo Incandela, ex maresciallo delle guardie di custodia del supercarcere di Cuneo, aveva rilasciato dieci giorni prima, il 7 marzo, nei locali della questura di Torino davanti al presidente della commissione Giuseppe Fioroni e al consulente Guido Salvini (p. 200 della relazione sull’attività svolta dalla commissione, dicembre 2017). Incandela avrebbe riferito di un incontro con il generale Dalla Chiesa, presente anche Pecorelli, e poi di carte che il generale gli avrebbe chiesto di nascondere all’interno del carcere e successivamente ritrovare con una perquisizione camuffata. L’ex maresciallo lasciava intendere che si trattasse del memoriale Moro o di parte di esso ritrovato dagli uomini del generale in via Monte Nevoso a Milano.
Lo strabismo investigativo della procura e la caccia al reato
Dopo cinque anni di assoluta inerzia davanti alle continue fughe di notizie provenienti dall’interno della commissione Moro 2, alla fine del 2020 la procura di Roma si è improvvisamente interessata ad alcune mie mail. Si trattava dell’invio ad una cerchia ristretta di persone di alcune pagine della prima bozza di relazione annuale nelle quali si affrontava l’abbandono delle macchine del commando brigatista in via Licinio Calvo. La trasmissione era avvenuta l’8 dicembre 2015, meno di 48 ore prima della sua pubblicazione ufficiale. Secondo la procura quella spedizione costituiva una fuoriuscita di documentazione riservata, nonostante fosse di natura ben diversa rispetto ai documenti segretati resi pubblici nei cinque episodi prima descritti. La relazione è un testo politico, sottoposto ad emendamenti e voto finale, che riassume per sommi capi audizioni – già pubbliche – e l’indirizzo delle indagini intrapreso dalla commissione non un verbale di interrogatorio o una relazione su indagini in corso scritta dai consulenti.
L’inchiesta della procura partiva da una serie di informative della polizia di prevenzione realizzate dopo una lunga attività investigativa, nata almeno un paio di anni prima e scaturita dal monitoraggio dei rifugiati politici degli anni 70. In un rapporto del novembre 2020 la Dcpp ipotizzava la presenza del reato di rivelazione di segreto d’ufficio (326 cp), accusa mossa contro ignoti. In un nuovo rapporto del mese successivo venivo identificato come il responsabile della divulgazione di questo materiale e contemporaneamente veniva modificato il titolo del reato da rivelazione di segreto d’ufficio a favoreggiamento (378 cp). Dopo le dichiarazioni del presidente della defunta commissione Moro 2, Giuseppe Fioroni, sentito come teste informato, il pubblico ministero titolare dell’inchiesta introduceva una nuova imputazione: associazione sovversiva con finalità di terrorismo (270 bis) a corredo del favoreggiamento. Nello scorso mese di luglio, il tribunale del riesame, chiamato a pronunciarsi sulla legittimità del sequestro del mio materiale d’archivio, dei miei strumenti di lavoro e dei documenti e materiali amministravi, sanitari e scolastici dei miei figli, avvenuto l’8 giugno precedente, riteneva la sottrazione del materiale legittima se inquadrata sotto un diverso titolo di reato: la rivelazione di notizie riservate stabilite dall’autorità (262 cp), smontando di fatto il quadro accusatorio disegnato della procura. Nel giro di 8 mesi ho così assistito alla successione di ben quattro imputazioni per un unico episodio. Questa difficoltà nell’inquadrare giuridicamente il presunto fatto-reato addebitatomi rivela quanto sia fragile e pretestuosa l’inchiesta condotta dalla polizia di prevenzione e dalla procura di Roma che con tutta evidenza mira ad altro.
Le insinuazioni del presidente della commissione Moro 2
Tra i contatti a cui avevo inviato alcune pagine della bozza di relazione, tutti legati al lavoro di ricerca storica che stavo conducendo insieme a Marco Clementi e Elisa Santalena in vista della pubblicazione di un libro sulla storia delle Brigate rosse e del sequestro Moro uscito nel 2017 (Brigate rosse, dalle fabbriche alla campagna di primavera, edizioni Deriveapprodi), erano presenti persone coinvolte nel sequestro. Si trattava di ex militanti delle Brigate rosse a cui avevo chiesto di vagliare il capitolo della “Relazione” e fornire la propria versione dei fatti, spunto da cui partire per una ricostruzione minuziosa poi sfociata in un capitolo del libro.
Nel corso della sua testimonianza Giuseppe Fioroni aveva insinuato un diverso scenario, sostenendo che fossero le informazioni contenute nella bozza il vero movente della divulgazione anticipata. Secondo l’ex presidente, le indagini condotte dalla commissione sulla possibile presenza di un garage compiacente o di una base dei sequestratori nei pressi della zona di via Licinio Calvo, avrebbero messo in allarme l’ambiente degli ex brigatisti. Da qui l’insinuazione che la diffusione in un circuito ristretto di quelle pagine non fosse dettata da ragioni di polemica storica, ovvero l’intenzione di contrastare le ricostruzioni dietrologie promosse dalla commissione perché travisavano i fatti, ma dalla necessità di carpire notizie in anticipo (48 ore sic!) sulla direzione delle indagini. Io sarei stato dunque una sorta di agente infiltrato!
Il capitolo su Licinio Calvo non conteneva anticipazioni o notizie riservate
Fioroni tuttavia dimentica di dire che il capitolo su via Licinio Calvo non conteneva notizie riservate ma fantasie ampiamente note. Il teorema del garage compiacente e di una base brigatista prossima al luogo dove vennero lasciate le vetture utilizzate per la prima fase della fuga e addirittura – secondo alcuni oltranzisti – prima prigione di Moro, è un clamoroso falso che circola da diversi decenni. Ne parlò già nel dicembre 1978 un articolo della rivista glamour Penthause, divenuta una delle maggiori referenze della commissione Fioroni. Soprattutto entrò nella sfera giudiziaria quando il pm Amato raccolse questa voce durante le udienze del primo processo Moro. Successivamente se ne occupò la prima commissione Moro e la leggenda fu ripresa nella pagine del libro di Sergio Flamigni, La tela del ragno, pubblicato per la prima volta nel 1988 (Edizioni Associate p. 58-61), divenendo uno dei cavalli di battaglia della successiva pubblicistica dietrologica. Alla luce di questi precedenti, con buona pace del povero Fioroni, l’allarme tra gli ambienti vicini ai brigatisti sarebbe dovuto scattare diversi decenni prima.
Il presunto favoreggiamento
C’è un altro aspetto davvero singolare di questa vicenda che merita di essere sottolineato: nelle informative della polizia di prevenzione mi viene contestato di aver riportato nelle pagine del libro dedicate a via Fani solo parte di quanto contenuto nelle mail intercorse tra me e uno dei partecipanti al rapimento Moro. Ad avviso dei funzionari di polizia avrei trattenuto dei passaggi che avrebbero consentito di attenuare il ruolo di Alvaro Loiacono Baragiola nella vicenda. Affermazione davvero ardita perché oltre a non esser vera in punto di fatto, nel volume si ricostruisce nel dettaglio – come mai era avvenuto in precedenza – il ruolo avuto da “Otello” in via Fani, dal punto di vista giuridico (che poi è l’argomento dirimente in questa circostanza) l’eventuale difesa di una persona, per giunta condannata in via definitiva per quei fatti, non comporta alcun favoreggiamento penale. Altrimenti quanti scrittori o giornalisti che hanno scritto libri o preso le difese pubbliche di un imputato o di un condannato avrebbero dovuto essere accusati di favoreggiamento? Mi pare superfluo ricordare che l’intento del mio lavoro non era quello di difendere o condannare qualcuno ma ricostruire, il più fedelmente possibile, contesto e dinamica dei fatti.
«Chi controlla il passato controlla il futuro»
La vera questione che questa indagine solleva è l’inaccettabile intromissione del ministero dell’Interno e della procura della repubblica nel lavoro complicato e complesso di ricostruzione del passato. In una delle ultime relazioni dei servizi di sicurezza (2019) si puntava l’indice contro la ricerca storiografica indipendente sugli anni 70. A preoccupare gli apparati era la presenza di una lettura non omologata di quel periodo, etichettata come «propaganda», rispetto alle versioni storiografiche ufficiali. Il pericolo – scrivevano gli estensori del testo – è quello di «tramandare la memoria degli “anni di piombo” e dell’esperienza delle organizzazioni combattenti», un «impegno divulgativo, specie attraverso la testimonianza di militanti storici e detenuti “irriducibili» che – sempre secondo i Servizi – rischia di trovare consensi «nell’uditorio giovanile».
Siamo un Paese dove polizia e magistratura pretendono di decidere cosa un ricercatore debba scrivere in un libro
Nonostante il quasi mezzo secolo trascorso gli anni 70 fanno fatica a ritagliarsi un posto nella storiografia suscitando ancora grossi timori in settori di peso delle istituzioni che pretendono di mantenere una tutela etica su quel periodo, estendendo all’infinito la logica dell’emergenza antiterrorismo fino ad occupare il campo della conoscenza del nostro passato. Da alcuni anni è venuto meno il monopolio delle fonti sugli anni 70, un accesso più fluido alla documentazione (direttiva Prodi e Renzi) ha democratizzato la ricerca storica, in passato nelle mani della magistratura e delle commissioni parlamentari con la loro scia di consulenti e periti. Agli apparati, come ai dietrologi, tutto ciò non piace. Per decenni l’accesso riservato alle carte aveva messo nelle loro mani un formidabile strumento per mistificare la storia, costruire un discorso funzionale ai poteri, una narrazione ostile alla storia dal basso, che nega alla radice l’agire dei gruppi sociali fino a negare la capacità del soggetto di muoversi e pensare in piena autonomia, secondo interessi legati alla propria condizione sociale, politica, culturale, dando vita ad una sorta di nuovo negazionismo storiografico. Recintare lo spazio storiografico degli anni 70, stabilire chi può fare storia è l’obiettivo di fondo di questa inchiesta giudiziaria.
Paolo Persichetti
da insorgenze.net
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sanremista-dal51 · 5 years
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Questa tua canzone spensierata, che per caso fu inventata, fa tanto furor. Dice: non mi voglio innamorare, voglio ridere e giocare, coi sogni e l’amor. Son d’accordo, non dico no, perciò come te canterò. La canzone che piace a te piace pure a me e lo sai perchè? Non fa pensare a niente, si canta per cantar, indifferentemente, così senza pensar. La canzone che viene e va, quella che ci da la felicità, l’impara facilmente chi si vuol divertir, la canta pur la gente che non la vuol sentir. Mettiamo una domenica nel cuore, vestiamo a festa questo nostro amore, diciamo che la vita è tanto bella, tanto bella così com’è. La canzone che piace a te piace pure a me, e lo sai perchè? Non fa pensare a niente, si canta per cantar, indifferentemente, così senza pensar. Ah! Ah! Ah! Ah! Ah! Ah! non fa pensar a niente si canta per cantar indifferentemente così senza pensar. Non fa pensare a niente si canta per cantar indifferentemente, così senza pensar. (Raffaele Cutolo) #sanremo #sanremo1958 #sanremo58 #sanremo8 #festivaldisanremo Brano: La canzone che piace a te Immagine: Trovatore - Giorgio de Chirico - 1968 https://www.instagram.com/p/B5yJEM-qiVA/?igshid=1l16yijyzofur
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ultimavoce · 5 years
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Caso Aldo Moro, il boss Cutolo: "Potevo salvarlo, mi fermarono"
Emergono dichiarazioni inedite di #RaffaeleCutolo sul #casoAldoMoro, secondo il superboss i politici gli impedirono di intervenire.
Dall’interrogatorio del 2016 al boss Cutolo emergono sue dichiarazioni inedite sul caso Aldo Moro. Secondo Cutolo, i politici gli impedirono di salvarlo.
Il superboss della camorra Raffaele Cutolo torna sul caso Aldo Moro e sostiene che avrebbe potuto salvarlo, furono i politici a impedirglielo:
Potevo salvare Moro, fui fermato.
Raffaele Cutolo si trova in carcere da anni, è stato arrestato la…
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senzalinea-blog · 6 years
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Massimo Andrei in “Gente di malaffare” per il Maggio della Musica
Massimo Andrei in “Gente di malaffare” per il Maggio della Musica
  Da ‘o Malommo al trio “isso, essa e o malamente”, agli scafi blu dei contrabbandieri fino alle poesie di Nunzio Giuliano e di Raffaele Cutolo in “Gente di malaffare”, narrazione di Massimo Andrei con l’accompagnamento musicale di Eduarda Iscaro, per la rassegna “Gente di Napoli” promossa dal Maggio della Musica. In programma giovedì 18 ottobre alle ore 18,45 al Nuovo teatro Sancarluccio(via…
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