Tumgik
#referendum divorzio
magauda · 7 months
Text
Il voto del 15 giugno 1975 esprime un insieme di protesta e proposta
All’interno di un clima sociale segnato da una marcata rottura, quello dell’insediamento delle giunte rosse è un processo che si dispiega in un arco temporale compreso fra due tornate di voto, dal 15 giugno 1975 al 20 giugno 1976. Il biennio 1975-76 rappresenta il «punto apicale di una parabola politica» <50 e sembra l’esito naturale dell’onda lunga del ’68 e dei suoi impulsi di rinnovamento <51.…
Tumblr media
View On WordPress
1 note · View note
condamina · 7 months
Text
Il voto del 15 giugno 1975 esprime un insieme di protesta e proposta
All’interno di un clima sociale segnato da una marcata rottura, quello dell’insediamento delle giunte rosse è un processo che si dispiega in un arco temporale compreso fra due tornate di voto, dal 15 giugno 1975 al 20 giugno 1976. Il biennio 1975-76 rappresenta il «punto apicale di una parabola politica» <50 e sembra l’esito naturale dell’onda lunga del ’68 e dei suoi impulsi di rinnovamento <51.…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
collasgarba · 7 months
Text
Il voto del 15 giugno 1975 esprime un insieme di protesta e proposta
All’interno di un clima sociale segnato da una marcata rottura, quello dell’insediamento delle giunte rosse è un processo che si dispiega in un arco temporale compreso fra due tornate di voto, dal 15 giugno 1975 al 20 giugno 1976. Il biennio 1975-76 rappresenta il «punto apicale di una parabola politica» <50 e sembra l’esito naturale dell’onda lunga del ’68 e dei suoi impulsi di rinnovamento <51.…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
adrianomaini · 7 months
Text
Il voto del 15 giugno 1975 esprime un insieme di protesta e proposta
All’interno di un clima sociale segnato da una marcata rottura, quello dell’insediamento delle giunte rosse è un processo che si dispiega in un arco temporale compreso fra due tornate di voto, dal 15 giugno 1975 al 20 giugno 1976. Il biennio 1975-76 rappresenta il «punto apicale di una parabola politica» <50 e sembra l’esito naturale dell’onda lunga del ’68 e dei suoi impulsi di rinnovamento <51.…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
bagnabraghe · 7 months
Text
Il voto del 15 giugno 1975 esprime un insieme di protesta e proposta
All’interno di un clima sociale segnato da una marcata rottura, quello dell’insediamento delle giunte rosse è un processo che si dispiega in un arco temporale compreso fra due tornate di voto, dal 15 giugno 1975 al 20 giugno 1976. Il biennio 1975-76 rappresenta il «punto apicale di una parabola politica» <50 e sembra l’esito naturale dell’onda lunga del ’68 e dei suoi impulsi di rinnovamento <51.…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
abr · 1 year
Text
I progressisti vogliono uno spot tipo "Ciao papà, ti ho comprato una pesca, ma ti voglio ricordare che il divorzio è un diritto e necessità per il processo di emancipazione della donna e che il risultato del referendum abrogativo del '74 ha confermato un nuovo volto del paese".
https://x.com/Cazzaccimiei1/status/1706910031445176785?s=20
Oh là, così è pol.corr., ipocrita, rieduchescional, disumano : tutti miglioramenti !
46 notes · View notes
gregor-samsung · 1 year
Text
“ È un referendum bislacco, quello del 1974: bisogna votare no per dire sí al divorzio, e sí per dire di no, chissà i vecchi, non ci capiranno niente. C’è molta preoccupazione, i sondaggi prevedono che vada male. Anche il famoso campione di sci Gustav Thoeni offre la sua immagine ai comitati promotori del referendum, per convincere gli italiani a votare sí. Invece votano no, gli italiani. A sorpresa, in percentuali che nessuno prevedeva, dicono che il divorzio vogliono tenerselo. I sociologi spiegheranno in seguito che il voto delle donne è stato decisivo. Ma lí per lí, a caldo, queste considerazioni non contano. Conta che si è vinto, si è vinta una battaglia difficile che in molti momenti era sembrata senza speranza. La sera del lunedí, quando finalmente i risultati sono definitivi, il Tigre e i suoi amici, sei o sette, vanno a festeggiare in una trattoria a San Pietro Mussolino, in val di Chiampo, nei posti dove il Tigre ha combattuto. La guerra sembra lontana, non ci si pensa quasi piú; nessuno può immaginarsi che, quando saranno seduti e avranno ordinato, riconosceranno nel padrone della trattoria il figlio di un fascista ucciso dai partigiani, un fascista che molti pensano sia stato ucciso personalmente dal Tigre. I piú giovani non sanno niente e non capiscono niente; forse avvertono come l’aria si è fatta tesa d’improvviso, ma probabilmente no, nell'entusiasmo contagioso della vittoria elettorale che fa sperare in vittorie ancora piú grandi, piú risolutive. I vecchi invece sono come corde di violino, stanno seduti sulla punta delle seggiole pronti a scattare in piedi, ma per tutta la durata della cena non succede niente. Solo alla fine, quando hanno pagato il conto, il padrone della trattoria affronta il Tigre. È uno scontro durissimo, solo per miracolo non vengono alle mani, ma se ne dicono di tutti i colori. Poi escono nel piazzale, rimontano in macchina. Tutti sono turbati, tranne lui. Anzi, mi dice a bassa voce il dirigente dell'ANPI, sembra, per la prima volta dopo il suo ritorno, che al Tigre sia passata la malinconia. Ride, scherza ad alta voce, come se non fosse successo niente. Arrivati alla periferia di Arzignano il Tigre propone: Dài ragazzi, adesso andiamo a svegliare tre o quattro dei nostri, torniamo su e gli bruciamo la trattoria. Lo dice come se fosse una cosa normale, routine, non c’è quasi neanche bisogno di spiegarla, è la logica conclusione della serata: ci si rimbocca le maniche e si entra in azione. È cosí contento il Tigre, cosí euforico, che non si rende conto che nessuno risponde, che la macchina non ha rallentato, che nessuno ha chiesto chi sarebbero questi qua di Arzignano che bisognerebbe tirar giú dal letto. Non se ne rende conto e continua: Eh? Allora, si va? Finalmente qualcuno apre bocca. Sono stato io, confessa il dirigente dell'ANPI. Sono stato io a dirglielo. Io ero uno di quelli giovani, ero un bambino durante la guerra, ma il Tigre conosceva bene mio padre e di me si fidava. Stavo sul sedile di dietro, vicino a lui. Gli ho preso il braccio, e gli ho detto, Angelo, perché tutti lo chiamavano Tigre, anche i suoi fratelli, ma era ora di smetterla; Angelo, gli dico, ma cosa ti viene in mente? Cos’hai bevuto? Meglio se ti portiamo a letto, va’ là. Lui si è guardato intorno e sembrava che si fosse appena svegliato. Mi aspettavo che protestasse, che insistesse, ma niente, da quel momento non ha piú aperto bocca. So che poi ha divorziato e allora sono venuti su la moglie nuova e i figli. Stavano poco fuori Vicenza, aveva qualche incarico in Comune o in Tribunale, adesso non mi ricordo bene: roba da poco, tipo usciere. “
Guido Barbujani, Soggetti smarriti. Storie di incontri e spaesamenti, Einaudi (collana Super ET Opera Viva), febbraio 2022¹; pp. 81-83.
19 notes · View notes
marcoleopa · 2 years
Text
La luna, lo stolto e il dito
Tumblr media
No, non è casuale che Benito&Fontana sono oggi la seconda e la terza carica della Repubblica, che, sulla carta (solo quella), è antifascista, democratica, laica.
Non è casuale, perché nel caso di Fontana et similia classe 1980, sono i figli della Mediaset generation.
Fininvest e Mediaset, che, dal 1975 (la prima), hanno messo in campo la più grande washingbrain mai vista in Italia dal dopoguerra. Nemneno con la DC di Andreottiana memoria, anni nei quali si vinsero due referendum: aborto e divorzio.
Programmi spazzatura, cartoni animati, giochini preserali, telegiornali, salottino da avanspettacolo, conditi di continui rimandi al ventennio, al mito del sogno amerikkkano in salsa conservatrice.
No, non è casuale. È il frutto di un attento lavoro di comunicazione politica, che solo gli stolti della mia sinistra non hanno compreso, guardando solo il dito che li indicava.
Dal partito di plastica, come lo definì baffetto lo skipper D'Alema, agli scranni del Senato e della Camera dei deputati.
No, non sono casuali quarant'anni di lavaggio del cervello.
7 notes · View notes
botallo · 1 month
Link
Il 12 ed il 13 maggio del 1974 si tenne il referendum sul divorzio, il cui risultato segnò la sconfitta della Chiesa e della Democrazia Cristiana. Si
0 notes
bigarella · 1 month
Link
Il 12 ed il 13 maggio del 1974 si tenne il referendum sul divorzio, il cui risultato segnò la sconfitta della Chiesa e della Democrazia Cristiana. Si
0 notes
Text
50 anni dal referendum sul divorzio: quali conseguenze?
Vediamo a cosa ha portato l’approvazione del divorzio. I dati ISTAT sono abbastanza eloquenti. Continue reading 50 anni dal referendum sul divorzio: quali conseguenze?
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
lamilanomagazine · 4 months
Text
Milano, dedicata una targa ai fondatori della legge sul divorzio: Loris Fortuna e Antonio Baslini
Tumblr media
Milano, dedicata una targa ai fondatori della legge sul divorzio: Loris Fortuna e Antonio Baslini "Parlamentari della Repubblica, promotori di diritti civili e padri della legge sul divorzio, pionieri di iniziative legislative a favore delle umane libertà". È l'iscrizione incisa sulla targa in memoria di Loris Fortuna e Antonio Baslini, voluta dall'Amministrazione comunale e scoperta oggi in corso di Porta Vigentina 15, in occasione del cinquantesimo anniversario del referendum abrogativo della legge sul divorzio. Loris Fortuna, partigiano ed esponente del Partito Socialista Italiano, fu il fondatore e il presidente della Lega Italiana per l'Istituzione del Divorzio insieme con Antonio Baslini, consigliere comunale di Milano per il Partito Liberale. Entrambi deputati, furono i primi firmatari della proposta di legge unificata per la disciplina del divorzio, che prese il loro nome. La targa è stata collocata presso il palazzo storico di Porta Vigentina che, per dieci anni fra il 1960 e il 1970, ospitò la sede della sezione milanese della Lega per l'Istituzione del Divorzio in Italia. Approvata dalla Giunta di Palazzo Marino lo scorso dicembre su proposta del Municipio 1, la posa della targa commemorativa fa parte delle iniziative di "Milano è Memoria". Lo scoprimento, stamani alla presenza delle autorità cittadine, è stato promosso in ricordo dell'esito del voto referendario del 12 e 13 maggio 1974, che respinse la richiesta di abrogazione e confermò la legge sul divorzio approvata dal Parlamento quattro anni prima.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
paoloferrario · 4 months
Text
12 maggio 1974: voto sul Referendum sul divorzio
Il 12 maggio 1974, con il Referendum abrogativo del 1974, meglio conosciuto come Referendum sul divorzio, gli italiani furono chiamati a decidere se abrogare la legge Fortuna-Baslini che istituiva in Italia il divorzio: partecipò al voto l’87,7% degli aventi diritto, votarono no il 59,3%, mentre i sì furono il 40,7% Novelli Edoardo, Turi Gianandrea, Divorzio. Storia e immagini del Referendum che…
View On WordPress
0 notes
giancarlonicoli · 10 months
Text
12 nov 2023 17:00
“TENCO MI DISSE: TI ODIO, IPOCRITA” – RICORDI, VELENI E RIVINCITE DI GIGLIOLA CINQUETTI, CHE PUBBLICA LA SUA AUTOBIOGRAFIA: “MI DAVANO TUTTI DELL'ANTIPATICA E MI È SEMPRE PIACIUTO COSÌ”– “HO AVUTO UN SUCCESSO SOVRADIMENSIONATO, QUESTO È CERTO” – “RIFIUTAI LA PROPOSTA DI LAVORARE IN AMERICA. VOLEVANO FARE DI ME LA RAGAZZA DELLA PORTA ACCANTO, IO VOLEVO DIVENTARE COME INGRID BERGMAN” – “LA VOLTA CHE SONO QUASI MORTA IN UN INCIDENTE HO PENSATO: TI RESTANO 4 SECONDI, GODITELI!” – LA POLITICA (“SONO STATA ACCANITAMENTE ANTIDEMOCRISTIANA”), MINA (“SOLO UNA COLLEGA”), LA PASTA E… – VIDEO -
Estratto dell’articolo di Simonetta Sciandivasci per “La Stampa”
Quello che più conta, per Gigliola Cinquetti, è: la sua famiglia, il divertimento, la libertà, la pasta. Sono le cose di cui parla di più in A volte si sogna, la sua biografia romanzata, dove niente è inventato: qualcosa è omesso, qualcos'altro è dimenticato - «dimenticare era stata la sua specialità per tornare in fretta alla sua vita vera», scrive.
[…]  «Nel 1976 feci un concerto a Rio de Janeiro per le persone che abitavano nelle favelas, vennero in tantissimi e, alla fine, vollero abbracciarmi: in quel momento capii chi ero, e quanto era bello ciò che potevo fare. Il regalo che quella gente mi fece fu convincermi che avevo il talento giusto per comunicare con loro», dice a La Stampa.
Nel 1976 era adulta. A cantare aveva cominciato a 16 anni, il primo a spingerla era stato suo padre, che però «Si aspettava da me che io diventassi famosissima e che, dopo, appena svanito il successo, mi sposassi e diventassi una donna di casa. Voleva due cose inconciliabili». Tutti credevano che la sua notorietà sarebbe stata intensa ma effimera.
Tuttavia, se a 16 anni vinci Sanremo e a 18 lo vinci ancora con una canzone che Domenico Modugno ha scritto per te, Dio come ti amo, sei destinata a fare la storia e a restarci dentro a lungo. Nel 1974, quando Cinquetti vinse l'Eurovision con un pezzo che si chiamava Sì, la Rai posticipò la messa in onda per non influenzare il voto al referendum per l'abrogazione della legge sul divorzio, temendo che gli italiani non ascoltassero che lei. Una volta, a Milano, ci fu un maxitamponamento perché lei aveva attraversato la strada e tutti si erano fermati per guardarla.
Ma neanche questo, e l'ammirazione di Aznavour e i giapponesi in fila per lei a Tokyo, e gli ultimi concerti, qualche anno fa, ancora in giro per il mondo, fino alle Cascate del Niagara, hanno avuto un'importanza maggiore di sua madre, suo padre, suo marito, i suoi figli, la campagna. La biografia di Cinquetti è la storia di una donna che ha rinunciato alla libertà e alla spensieratezza perché il suo talento rendeva felici gli altri.
Però quanto si è divertita, Cinquetti.
«Divertirsi è fondamentale. Mi ci sono impegnata. Non sono un'allegrona e nemmeno una simpaticona, anzi: mi hanno sempre detto che ero antipatica. La maggior parte delle volte che incontravo qualcuno per la prima volta, mi sentivo dire: "Però non sei così antipatica!". De Gregori, gli amici di mio marito e gli amici degli amici di mio marito, che lui ogni tanto chiamava i lottacontinuotti. Tutti».
E Luigi Tenco. Il suo libro comincia dal momento in cui lui entrò nel suo camerino, si presentò e le disse: «Io la odio. Ci tengo a dirglielo. Lei rappresenta tutto quello che io detesto: è falsa, ipocrita, perbenista».
«Si presentò come Luigi, senza cognome. Ricostruii dopo che era lui: conoscevo la sua voce, ma non il suo viso».
La ferì?
«Mi stupì. Avevo vinto da poco Sanremo ed ero abituata a essere molto lodata. Quella fu la prima di una serie di lezioni, più o meno dure, che mi servirono a costruire la mia identità».
Perché ce l'aveva tanto con lei?
«Forse perché in quegli anni il successo commerciale era malvisto. Le case discografiche erano demonizzate, incolpate di svilire l'arte in commercio, era un pregiudizio concimato da un'idea intransigente e anche piuttosto assurda di purezza, in nome della quale tutti si sentivano in dovere di dirti cosa pensavano, senza filtri, in faccia, anche brutalmente. Tenco aveva, forse, questa specie di pratica da sbrigare con me: darmi dell'ipocrita, per lui, significava ribadire la sua distanza dal mondo del quale mi riteneva vittima e fautrice. Un mondo che disprezzava e si sentiva chiamato a combattere».
[…]
Quindi è vero che è antipatica?
«Non voglio diventare simpatica facilmente perché se sei spiritosa, allegra e divertente, tutti pretendono che tu lo sia sempre, che è una cosa terrificante e io ho paura di creare questa aspettativa».
Si offende se le dico che è un po' snob?
«No. Però non lo sono».
Privilegiata?
«Ho avuto un successo sovradimensionato, questo è certo. Ma il successo è costitutivamente spropositato e sproporzionato rispetto a quello che uno ha fatto, altrimenti sarebbe la giusta ricompensa per un lavoro ben fatto. Nessuno merita il successo: è una cosa che succede, per mille variabili diverse, la più piccola delle quali è il valore personale. Però, così come nessuno merita la venerazione incontrollata, nessuno merita di venire aggredito. Pasolini diceva che il successo è un'aggressione e aveva ragione».
Esempi?
«La perdita di privacy, il venire strattonati dalla folla, il dover badare a qualsiasi frase, posizione, scelta, e pagarle, persino. E poi la vita sempre anormale, che investe anche le persone intorno: i miei figli, come tutti i figli delle persone famose, sanno benissimo che nessuno li aiuta, quando hanno bisogno, perché vengono considerati dei privilegiati che hanno avuto tutto anzi persino troppo, e allora è giusto che se la cavino da soli».
Si è mai sentita spolpata?
«Continuamente. Sin dal primo momento, quando mi chiesero se volessi fare la cantante e io dissi di sì, senza pensarlo: avevo 15 anni, cosa ne potevo sapere? L'angoscia della mia giovinezza è derivata dall'obbligo di scegliere tra molte opzioni possibili. Ora sono magnificamente in pace: les jeux sont faits».
Quali erano le altre opzioni possibili?
«Fare la camminatrice, come l'amico di mio padre che veniva a trovarci a piedi da Parigi. Oppure la locandiera».
La locandiera?
«Per me il cibo è importantissimo. Preparare da mangiare per me e per gli altri è il centro della mia giornata, quando sono a casa. Ho preparato gli omogeneizzati in casa per i miei figli. Ho sempre avuto molti amici a cena. Amo cucinare per mio marito».
[…]
Scrive: "Volevo ubbidire liberamente".
«L'obbedienza può essere nobile se è una scelta ed è fatta con spirito di lealtà e servizio. Io questo credo di aver fatto per tutta la vita».
Chi sono le sue amiche?
«Non ne parlo pubblicamente. Nel libro ho scritto di Loredana Bertè e Caterina Caselli perché c'erano in un momento importante della mia vita, la morte di mio padre».
E Mina?
«Una collega».
Rivale?
«Una collega».
Nel suo libro parla moltissimo di pasta.
«Io se non mangio almeno un piatto di pasta al giorno, non sto in piedi. E poi nel libro ne ho parlato perché nei libri il cibo dà ristoro ai lettori. Quando ho letto la trilogia di Stieg Larsson, che ho molto amato ma che ricordo con terrore, le parti che mi sollevavano erano quelle in cui i protagonisti mangiavano».
[…]
Quando salì sul palco in Cile, chiamata dalle associazioni che lavoravano per ottenere un referendum che ripristinasse il diritto di voto dopo Pinochet, venne contestata molto violentemente perché indossava una pelliccia. Non si spaventò neanche allora?
«No. Pensai che avrei dovuto toglierla prima, ma non l'avevo fatto e quindi me la tenni. Gli artisti di oggi non so se abbiano questo tipo di esperienza ma io sono cresciuta in un tempo in cui si entrava e usciva al cinema quando e quanto si voleva, si fischiavano gli artisti durante i concerti, persino durante le opere liriche: con il pubblico c'era un rapporto dialettico molto intenso. Quando ho cominciato a salire sul palco ero ben consapevole di dover andare alla battaglia, di dover conquistare il consenso e mettevo in conto che poteva andar male».
Lei è di destra o di sinistra?
«Prima di tutto, accanitamente antidemocristiana, come mio padre. Sono sempre stata di sinistra. Moderata. Prodiana e ulivista».
Militante?
«Neanche per sogno. Mi hanno proposto spesso di fare il sindaco. Una volta, il Pds voleva candidarmi alle europee. Ho sempre rifiutato. Non ho le competenze. E se la politica si riduce a comunicazione, usando personaggi celebri, finisce male. E infatti siamo finiti male. E ora aspettiamo che passi la nottata».
Odiava che le domandassero di essere autentica.
«Non ho mai capito cosa significhi essere se stessi. E non credo, poi, che sia una scoperta così interessante».  […]
0 notes
adrianomaini · 1 month
Link
Il 12 ed il 13 maggio del 1974 si tenne il referendum sul divorzio, il cui risultato segnò la sconfitta della Chiesa e della Democrazia Cristiana. Si
0 notes
Brexit, la maggioranza dei britannici vuole rapporti più stretti con l'Europa
LONDRA – Sette anni dopo il referendum che sancì l’uscita del loro Paese dall’Unione Europea, più di metà degli elettori del Regno Unito ora vogliono più stretti legami con la Ue. E perfino nelle regioni in cui il voto a favore del divorzio da Bruxelles fu più netto, oggi più del doppio degli interpellati credono che la strada migliore per il futuro sia muoversi nella direzione opposta, ovvero…
View On WordPress
0 notes