#sedile della tazza
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bearbench-img · 1 month ago
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コップザ
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コップ座は、南天の星座の一つで、コップ(カップ)の形をしていることからその名前が付けられました。コップ座は、南半球の低緯度地域で見ることができ、明るい星が少ないことで知られています。この星座は、17��紀にポーランドの天文学者ヨハネス・ヘヴェリウスによって導入されました。コップ座には、明るい恒星は少なく、最も明るい星でも3等星です。そのため、暗い夜空では、コップの形をなぞるように星々が連なっているのが見えます。コップ座は、神話や物語に関連した星座ではなく、比較的モダンな星座の一つとされています。そのシンプルな形は、星空を観察する入門者にも見つけやすい星座として親しまれています。
手抜きイラスト集
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ladolcespezia · 4 months ago
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Una donna si sveglia di notte e vede che suo marito non è a letto.Si infila una vestaglia e scende in cucina. Trova suo marito seduto sconsolato con una tazza di caffè di fronte. Sembra essere assorto in pensieri molto profondi ha lo sguardo fisso sul muro. A un certo punto la donna vede persino scendere una lacrima dai suoi occhi; a quel punto quindi gli chiede dolcemente: “Caro, ma cos’hai, perché stai lì da solo tutto triste, perché non vieni a letto?”.
L’uomo allora, guardando il suo caffè, dice: “Ti ricordi 20 anni fa, quando abbiamo iniziato a frequentarci? Tu avevi solo 16 anni”.
“Sì, certo che mi ricordo” risponde la donna.
Il marito allora sospira, le parole gli vengono a fatica… “Ti ricordi di quanto tuo padre ci beccò sul sedile della mia auto mentre stavamo facendo all’amore?”.
“Sì, certo che me lo ricordo” risponde sorridendo dolcemente la donna prendendo anche una sedia per stare vicino a lui.
Allora il marito riprende: “Ti ricordi che tirò fuori il suo fucile, me lo mise a un centimetro dalla faccia e mi disse: «OK, o sposi mia figlia o ti mando in galera per 20 anni»?”.
“Sì, certo, mi ricordo bene anche questo; e con ciò?”.
Un’altra lacrima scorre sul viso dell’uomo: “Oggi sarei uscito!”.
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k-erelle · 4 years ago
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VALENTINA
Era distesa sotto un albero. La brezza del lago faceva dondolare una corda spezzata legata a un ramo e le gonfiava la gonna. Era senza mutandine perché non pensava di rimanere a dormire in quel posto. Allargò le gambe per accogliere meglio l' aria. Il muso della cagnolina appoggiato sul suo ventre saliva e scendeva col suo respiro. Non ricordava più da quanto non si sentisse così bene.
Era uscita da sotto il letto che la nonna dell'uomo le aveva preparato per la notte. Aveva cominciato a correre per la stanza sbattendo il muso contro i mobili e le pareti. Era cieca. La sollevò. Il cuore le batteva forte. Tremava.
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Dalla finestra della sua camera vedeva tutti i giorni quell' uomo seduto sulla panchina nel giardino della clinica. La dottoressa gli si sedeva accanto e gli parlava. Poi con aria sconfitta appoggiava la testa sulla spalla di lui. L'uomo continuava a restare immobile.
Per sbaglio un giorno entrò in una stanza. Non dovevano averla sentita entrare perché la dottoressa continuava a stringere la mano dell'uomo seduto su un lettino per le visite. Si passava quella grossa mano sul viso , sul collo e infine se la infilò dentro il camice sui seni. L'uomo guardava il pavimento. Non era di questo mondo. Uscì senza far rumore.
- non è di questo mondo , le disse la dottoressa. Di più non riuscì a sapere sull' uomo. Le tolse le bende e guardò i polsi.
- Andrà tutto bene , disse la dottoressa.
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Passò tutta la notte ad abbracciare la tazza del bagno. Nei rari momenti in cui non correva a vomitare , vedeva la cagnolina cieca seguirla dappertutto. A modo suo , certo. Una volta , per starle dietro , prese in pieno lo stipite della porta del bagno. Rimase tramortita un attimo , poi si tirò su barcollante e corse nella direzione opposta picchiando contro il comodino. Scoppiò a ridere tenendosi la pancia dal dolore.
- non c'è , disse la nonna dell'uomo, fumando un sigaro .
- aspetterò , disse la donna.
- è andato nel bosco. Potrebbe tornare oggi o tra una settimana. E quando la vedrà la caccerà via come fa con tutti. Non aiuta nessuno. Risalga in macchina e torni a casa.
La donna congedò il suo autista. Avrebbe aspettato. Non era lì per essere guarita . Non credeva alle chiacchiere che giravano sull' uomo ricoverato nella sua stessa clinica. Voleva solo parlare , sedergli accanto e toccare la sua mano come ha visto fare alla dottoressa. Sentiva di essere simile a quell' uomo. Perduta e inutile. Ma no. La verità era che voleva rivedere per un'ultima volta il suo sorriso. Un giorno dalla finestra lo vide solo sempre sulla stessa panchina. Un uccellino gli volava intorno , gli sfiorava il viso , di sfuggita gli toccava il naso col becco. Era azzurro. E l'uomo sorrise all'uccellino e lei pianse perché era bellissimo , un corpo triste appeso nell'aria a un chiodo invisibile eppure meraviglioso.
- bevila finché è calda. Sono erbe che faranno passare la nausea, potrai dormire. Quanto sei bella! Non preoccuparti per i vestiti sporchi . Domani .
La luce del sole inondava la stanza. La cagnolina le leccava la faccia. Fece una doccia e infilò un vestito che la nonna dell'uomo aveva lasciato sul tavolo. Era della sua misura , era nero. Prese in braccio la cagnolina , la baciò e disse :
- ti chiamerò Valentina. Usciamo ora , Valentina , è una bella giornata. Oddio non ho le mutandine. Proprio come te. Senza mutande , che scostumate che siamo !
Valentina sollevò il muso dal suo ventre e annusò l'aria. La corda appesa oscillava forte. Si era alzato il vento. Lei si mise seduta per vedere dove stava scappando.
La chiamò molte volte ad alta voce. Dal fitto del bosco dove era entrata solo oscurità screziata dal verde tremolante delle foglie.
Ne aveva contati sette ma nessuno era Valentina. I cani si tuffarono in acqua. Poi uscì lui. Era completamente nudo, ricoperto di fango e sporcizia. Con la sua andatura barcollante le passò vicino . Non si accorse della sua presenza. Come se non esistesse. Si tuffò nel lago e raggiunse i suoi cani lontani.
Pianse. Non era dolore né gioia. Strappò da terra un filo d' erba e se lo mise in bocca. Restare seduta lì per sempre col vento a gonfiarle la gonna di un'altra donna e le sue gambe calde e un cane cieco col muso coperto di ferite perché non sa dove andare eppure ci va lo stesso.
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Uscì dall'acqua. Pulito , scintillante, la pelle graffiata da rovi e spine del bosco. Bellissimo. Le si piazzò davanti. Ora aveva il suo sesso a pochi centimetri dal viso. Lei scoppiò a ridere. Poi vide la cicatrice sul collo e quella testa che non la guardò neppure per un istante. Si sentiva invisibile. Non era triste.
I cani scuotevano il pelo e lui con loro. Miriadi di goccioline piene di luce. Si bagnò tutta. Non era felice ma neanche triste. L'uomo scomparve dentro la casa. Pianse . Le lacrime avevano un sapore diverso. Ancora è presto ma un giorno saprà che le lacrime più belle illuminano , bagnandolo, il sorriso di chi ha sofferto.
- quanto sei bella , disse la nonna dell'uomo mentre le pettinava i capelli.
- vorrei chiederle un favore. Posso portare con me la cagnolina cieca. Naturalmente pagando. Qualsiasi cifra , disse lei.
- non ci sono mai stati cani ciechi qua , mia cara.
L'autista la stava riportando a casa. L'uomo non l'aveva nemmeno salutata. La nonna invece le aveva regalato un mazzetto di fiori ed erbe aromatiche che la guardavano dal sedile. Li prese e li annusò. Un foglietto di carta le cadde tra le gambe. C'era scritto:
" Valentina . Che nome di merda per un cane"
- sta sorridendo signora , disse l' autista fissandola dallo specchietto retrovisore.
Lei guardò fuori dal finestrino. Era tutto buio
Kerelle
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iwasjustanemokid · 4 years ago
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Date Disasters #1
Terminato il primo anno di università a Firenze, Marco fa ritorno ad Avellino. Seduto sul sedile di un bus semivuoto, in cui riuscire a vedere chi siede davanti è difficile a causa della fioca luce che illumina l’interno del mezzo, pensa a tutti i compagni di corso conosciuti, ai musei visitati, ai concerti, agli spettacoli teatrali. Le ore di viaggio sono molte, circa sei. I ricordi di un anno riescono a malapena a tenerlo occupato per la prima ora. La musica che ascolta con le cuffie inizia a disturbarlo, il rumore delle macchine che superano il bus di continuo lo angoscia ed il fetore di sigaretta della signora seduta a accanto lo disgusta. In una situazione di disagio del genere, la mente si aggrappa prima alla disperazione e poi ai ricordi più piacevoli, cioè quei ricordi che possono rimanere nell’oblio per anni e che solo in un momento del genere possono ritornare alla luce. Inizia a ricordarsi di ogni ragazza con cui è stato a letto prima di partire per la Toscana. Un’altra ora trascorre e la puzza di tabacco aumenta, poiché la signora seduta accanto a Marco riesce a fumarsi una sigaretta durante una sosta: è così che arriva a ricordarsi di ciò che ha desiderato, più che di ciò che ha posseduto. Marica, una ragazza senegalese cresciuta nella sua stessa città, è di due anni più grande di Marco. Alle scuole medie si incrociano per sbaglio. Lui è un ragazzino grassoccio, con i capelli lunghi che gli coprono un occhio, le borchie al polso ed una catenina che gli penzola da una gamba, mentre lei una ballerina in forma, alta, slanciata, dal sorriso abbagliante. Pensa a tutte le volte che si è chiuso in bagno con il rubinetto aperto pensando a lei. Un’altra ora vola via. La signora seduta di fianco inizia a parlare al telefono, ad arrabbiarsi, parlando ad alta voce. Alzare il volume della musica non basta, poiché il traffico aumenta, il bus è fermo. Le macchine iniziano ad affiancarsi al mezzo. Marco allora chiude gli occhi e quando li riapre si ritrova proprio davanti a Marica, nel centro storico della sua città. Lì davanti a lui c’è proprio lei con la sua amica, seduta su un muretto a bere qualcosa. Marco non ha più i capelli lunghi, le borchie e non è nemmeno più grasso, eppure non avrebbe mai pensato di riuscire a parlarle. Rimane incuriosito da come il destino sia prevedibile. Le due ragazze si alzano, mentre lui resta lì seduto con il suo amico. Lei lo osserva. Lui la guarda negli occhi. Si salutano, si riconoscono, si raccontano a vicenda le loro esperienze da studenti universitari, bevono, ridono, si abbracciano, finiscono per baciarsi. Non c’è nessuno a casa di Marco, i suoi genitori sono in vacanza: è così che finiscono dalla piazza della città a quella del letto e ci rimangono per ore. Lei va via alle quattro del mattino, lui non dorme, lei neppure. Si rivedono nei giorni a seguire, con la stessa passione, con la felicità di chi trova chi sa preoccuparsi del piacere altrui, della bellezza dell’amarsi, del sacrificarsi fisicamente per l’altro; eppure Marica al quarto incontro tira fuori una scatola di psicofarmaci. Ne ingoia sei, tutti insieme. Marco ne rimane spaventato e l’unica cosa che la sua mente gli suggerisce è quella di allontanarla, ma senza essere esplicito, diretto. Vuole essere delicato, elegante. Lui si guarda allo specchio e vede un gentleman con un collare coperto di borchie che gli stringe il collo. Così le chiede di farsi l’amica insieme a lui. Lei lo guarda, gli da uno schiaffo e ride. Ride anche lui, ma quando Marica fa ritorno a casa, non riceve più messaggi da Marco per giorni. Lei è abituata al fatto che lui sia sempre il primo a scriverle, il primo a preoccuparsi di dove andare a bere, il primo a scegliere il film da vedere, il primo ad esaudire ogni suo desiderio. Ha paura di scrivergli, eppure lo fa, dopo tre giorni. Gli dice quanto è arrabbiata, quanto è delusa per dirgli che lo vuole tra le sue braccia, nel suo letto, davanti al tavolo del bar del centro. Marco però vuole stare da solo. Pensa alla sua partenza, alle altre esperienze che avrebbe fatto: è così che alle dieci di sera il telefono di Marco squilla. Marica ha trovato un’amica, vogliono vederlo. Gli gela il sangue, non riesce a respirare, gli tremano le gambe, il petto, le mani; eppure nelle sue viscere l’istinto più antico che muove l’uomo parla chiaro: le vuole fottere, una alla volta. Si danno appuntamento per mezzanotte. L’ora perfetta, quella in cui vampiri e lupi mannari giocano a carte prima di sgozzarsi a vicenda. Si incontrano, Marco, Marica, Alessia e Alessandro. Quest’ultimo è presente nel momento in cui scatta la fiamma che lega l’esistenza di Marco a quella di Marica. I due ragazzi si scambiano due parole in quel momento e due prima che un’orgia possa prendere luogo nel salotto di casa sua. Lui non vuole un altro ragazzo tra Marica e Alessia, che vuole quasi più della tanto ricordata ragazza già vista e rivista. Loro tre sono ubriachi, Marco no. Dice a Marica che non vuole far più nulla e lei risponde piangendo che lo vuole, con delle lacrime odoranti di vodka e rum che squarciano l’aria. Lui rimane gelido. Lei manda via Alessandro. Salire le scale per il terzo piano è quasi peggio del viaggio in bus. Le gambe gli continuano a tremare e ogni rampa sembra infinita. Entrati nell’appartamento, le ragazze entrano nel bagno. Escono seminude da lì. Afferrano Marco per le mutande e lo portano vicino al suo letto. Si ritrova senza pantaloni, ma le gambe non gli tremano più. Ad un tratto, nel mezzo del concerto, una voce gli arriva all’orecchio. Hanno il ciclo, entrambe, ma non si staccano da lui. Gli viengono in mente il sangue, le lenzuola che avrebbe dovuto gettare, i test per l’HPV che avrebbe potuto dover svolgere qualche mese dopo. Alessia è conosciuta per aver assaggiato ogni uomo grasso e gobbo della città, o così le ha detto Marica quattro giorni fa. Lui è umano, rimane eccitato e non si stacca da loro. Proprio quando tutto sembrava andare per il meglio, il fato decide che Marco è degno (o no) di essere felice. Marica si sente male, vomita. Lui prova a farsi Alessia, lei dice che vuole aspettare le sua amica e inizia a parlargli di quanto avrebbe voluto fare qualcosa con Alessandro. Il rumore del vomito che cade nella tazza non è ciò che fa perdere voglia a Marco, ma ciò che gli fa riprendere la lucidità. Quanto può essere inebriante rimanere lucidi ed essere circondato da persone assuefatte? Iniziano ad accusarlo di aver lasciato fuori il loro amico, di essere scortese nei confronti di Marica, di rifiutarla anche se lei lo ama. Dal parlagli, passano a mettergli le mani al collo mentre lui si veste. Minaccia di chiamare la polizia e iniziano a vestirsi anche loro. La polizia la chiama e le ragazze escono di casa dopo un kata di karate svoltosi nel lungo corridoio dell’appartamento. Si trovano fuori dal palazzo, Marco è già sul divano a riempirsi un bicchierino con del Rum, quando il citofono suona. Marica ha dimenticato il telefono, lui corre a riportarlo a lei. Alessia gli sputa in faccia, lui sputa in faccia a lei e scoppia in lacrime perché Marco dice che i figli dei contadini si comportano così. Mentre sale le scale, da un appartamento del primo piano sbuca una calibro sette millimetri. Il nonno di Marco impugna una pistola, gli chiede chi deve far fuori. La polizia sta arrivando, lui tranquillizza il nonno e ritorna su. Non ha tempo di impugnare il bicchiere di Rum che il citofono risuona. La polizia è arrivata, ma quando bussa alla porta è in compagnia delle due ragazze. Il poliziotto cerca di spiegare a Marco che lei lo ama, che stanno insieme da molti anni, che avrebbero potuto risolvere la questione. Loro si conoscono da cinque giorni. Il poliziotto non sa a chi credere e manda le ragazze via di casa, prende i loro nominativi. Alle sei del mattino, al sorgere del sole, anche la polizia lascia la casa di Marco. Il citofono non suona più ed il nonno di Marco sta preparando il caffè, come ogni mattina. Il Rum è ancora nel bicchiere. Marco non lo beve, poiché quella notte si è innamorato del proprio essere lucido.
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ritapinna · 5 years ago
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Borsalino
Lo sferragliare delle rotaie sui binari era ipnotico, Sara era sul punto di assopirsi quando Uno sconosciuto si sedette di fronte a lei. Era poco più grande della sua età, avevo un Borsalino messo di sbieco sul capo. A vederlo le scappò un sorriso divertito, Distolse subito gli occhi, ma lo sconosciuto la vide. Con uno sguardo di rimprovero, si alzò dal sedile e si presentò con un inchino, da bravo gentiluomo. Sara era sorpresa da quel modo di porsi dello sconosciuto, che ora aveva un nome. Andrea, si chiamava. Andrea Migliardi. Sara allungò la mano per ricambiare e si risedette in fretta arrossendo. “Vedo che la mia presenza ti rende allegra.” “Scusa non volevo, ma era un sorriso di ammirazione.” “Certo, e io sono Giovanna d’Arco” Risero insieme. Incominciarono a parlare senza fermarsi fino alla stazione di Milano. A malincuore dovettero lasciarsi ma si scambiarono i numeri di telefono. Sara era euforica, quella amicizia stava diventando più approfondita con il tempo. Alla fine si fidanzarono e andarono a vivere insieme. Andrea era una persona squisita e dolce. La circondava di attenzioni e lei si sentiva amata. Purtroppo Andrea faceva il pendolare e non stavano molto insieme, e dopo due anni, nonostante Sara lavorasse cominciò a sentirne la mancanza e divento triste e depressa anche quando Andrea era in casa. Lui dal canto suo si allontanò ancora di più riducendo la relazione a sporadici incontri notturni. Una notte, Sara affrontò Andrea. Esplose tutto il suo dolore e le sue lacrime, convinta che lui capisse e la abbracciasse per consolarla. Lui impassibile andò verso la cucina lasciandola in lacrime sul letto. Tornò con una tazza da the su un vassoio. Sarà lo guardò perplessa e gli chiese che stava facendo. “Io ti amo, amore mio, non voglio che tu soffra.” Posò il vassoio sullo scrittoio dove c’erano le loro lettere d’amore scritte quando erano lontani. Le sposto con noncuranza guardandole con dolcezza. Le porse la tazza e mentre Sara la prendeva, sempre più confusa, Andrea sollevò la mano destra, aveva il coltello che serviva a Sarà per sfilettare la carne, una lama lunga 15 centimetri affilata come un rasoio. Non fece in tempo neppure a gridare che la lama affondo nel collo tagliandole la giugulare. Con metodo e con calma Andrea recise la testa di Sara e la inguainò in una busta di plastica contenete formalina. Aprì la valigia che portava con se ogni volta che partiva per lavoro e la pose accanto alle altre due teste di donna. Guardò con dolcezza quegli occhi spalancati ormai freddi e senza vita, pensando all'appuntamento che aveva per quella sera con Sonia. Un brivido di piacere lo percorse, si era innamorato anche di lei. E di li a poco si sarebbero fidanzati. Uscì dall'appartamento con un sorriso e il Borsalino messo di traverso.
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mermaidemilystuff · 7 years ago
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Basta. Non voglio sentire più niente, attenuo il suono della voce che mi parla, che urla. Mi azzittisco. Chiudo gli occhi e mi concentro sui ricordi belli che ho iniziato a intrappolare con devozione in questi ultimi mesi. Mi porto la tazza di tè caldo alla bocca.
Inspiro.
Il profumo del tè mi ricorda la sera del mio compleanno, tutti stanchi sul divano. L'acqua bolliva. Non c'era più musica perché avevamo scaricato la cassa. Ho appoggiato la testa sulla spalla di M. e lui ha cambiato mano con cui scrivere al cellulare per non darmi noia, A. mi accarezzava le gambe compiaciuta della coda da sirena che mi aveva regalato. Silenzio.
Espiro.
Il vapore mi appanna gli occhiali. Cerco di ricatapultarmi alla sera in cui io e S. siamo uscite dalla pizzeria e abbiamo attraversato il paesino dove abita in mezzo alla nebbia. Stava per piovere, si sentiva dall'odore dell'aria. Prima di dormire la temperatura si era abbassata tantissimo e davano neve il giorno dopo. Nonostante fossimo andate a letto quasi alle cinque S. mise la sveglia alle sette per controllare se il paese fosse tutto bianco.
Inspiro.
Sedile posteriore della macchina dei cugini. Guardo la strada e li ascolto mentre mi spiegavano perché mi avessero regalato il tè al caramello anziché quello ai frutti rossi.
Espiro.
Notte di capodanno. Io e A. balliamo il valzer in mezzo a una piazza a Firenze. Dopo pochi secondi ballavano tutti intorno a noi.
Apro gli occhi. Sono rimasta sola nella stanza. Cerco di scaldarmi le mani con quel che rimane del mio tè ormai tiepido. Vorrei cantare, vorrei disegnare, vorrei leggere, vorrei mettermi a ballare. Ma basta, non voglio sentire più nulla oggi.
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larrystylynson28 · 5 years ago
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Adore you (capitolo 2)
Le ore scorrono velocemente e per tutto il tempo non ho fatto altro che pensare a Louis. Al suo comportamento insolito, alla sua faccia che si avvicinava alla mia e alla sua mano che scostava delicatamente un riccio dalla fronte. Liam si é accorto che ero distratto ma fortunatamente non mi ha fatto domande. Anche Kendall l'ha notato e per tutta la mattina ha provato a distrarmi, raccontandomi della sua vita. Sono grato ad entrambi per non avermi fatto l'interrogatorio.
<Harry andiamo?> la voce gentile di Kendall mi riporta alla realtà. Ha un sorriso stampato in faccia che le coinvolge gli occhi. Ha degli occhi veramente belli, però manca qualcosa. "Non sono gli occhi di Louis" aggiunge la vocina nella mia testa. Sospiro e lei si acciglia. Si sarà accorta che qualcosa non va? Probabilmente si, dato che ho una faccia pensierosa e corrucciata allo stesso tempo.
<Dove vuoi andare?> chiede.
<Non saprei....pop's?> propongo con la testa fra le nuvole.
<Cos'è?>
<Una caffetteria. Non è molto distante da qui>
In risposta lei sorride timidamente. Mentre camminiamo per il cortile della scuola mi sento osservato e quando alzo gli occhi mi perdo in quelli blu cielo di Louis. Non riesco a distogliere lo sguardo e anche lui non sembra intenzionato a farlo. Mi guarda storto e fa saettare lo sguardo tra me e Kendall, poi quando Zayn gli poggia una mano sulla spalla distoglie lo sguardo e torno a respirare. Non mi ero nemmeno accorto di star trattenendo il respiro. Kendall mi guarda sospettosa e poi da vita ai suoi pensieri <Harry sei sicuro di voler uscire con me? Non mi hai parlato molto stamattina quindi pensavo che forse stiamo correndo troppo>. Il tono di voce é talmente basso che fatico a sentirla. Veramente pensa che sia lei il problema? Perché le ragazze pensano sempre di star sbagliando qualcosa?
<No...non sei tu. Ho voglia di uscire con te. Dai andiamo>
Arrivati da pop's una cameriera ci indica il posto in cui sederci. Kendall sembra felice ed imbarazzata. Si toglie la giacca jeans e prende il menu sul tavolo. Qualche minuto dopo entrambi abbiamo ordinato. Lei ordina un frullato alla fragola con doppia panna ed io un gelato al cioccolato. Mentre aspettiamo le nostre ordinazioni chiacchieriamo tranquillamente. Kendall mi racconta la sua vita in America e della sua migliore amica. Si chiama Jennifer e, da come la descrive, è l'esatto opposto di lei: espansiva, sfacciata, sgarbata nei modi di fare e molto goffa. Ha detto che é molto divertente e che se potesse vorrebbe essere come lei. Vorrei dirle che da come l'ha descritta non sembrerebbe così fantastica, però resto in silenzio e mi mostro interessato. Non riesco a smettere di pensare a stamattina. La testa é piena di domande a cui non so dare una risposta. "Probabilmente l'avrà fatto solo per prendersi gioco di me" mi dico, scacciando le domande dalla testa. Finalmente le ordinazioni arrivano e subito inizio a leccare il gelato per non farlo sciogliere. Mi sporco tutte le labbra e lei scoppia a ridere rumorosamente, attirando qualche occhiata delle persone sedute intorno a noi.
<Sembri un bambino! Hai la bocca tutta sporca di cioccolata>
Assumo un'espressione fintamente offesa e lei ride ancora più forte. Questa volta la seguo a ruota e per la prima volta da stamattina gli occhi di Louis spariscono dalla mia mente. Smetto di ridere quando inizia a farmi male la pancia. Lei ha le lacrime agli occhi e continua a ridere, più discretamente, mentre beve il suo frullato. Le ore passano veloci. Rimaniamo per la maggior parte del pomeriggio da pop's, poi decidiamo di lasciare il locale per andare in un giardino poco distante da lì. Camminiamo in mezzo al verde, ridendo e vedendo il sole tramontare. Il telefono di Kendall squilla, risponde e quando riattacca mi informa che il padre é davanti all'entrata di pop's. Mi accorgo che fa qualche respiro prima di parlare ma non le metto fretta. <Mi sono divertita con te. Credo ch->
La interrompo <anche io mi sono divertito oggi pomeriggio>
Lei sorride, e senza rifletterci le poso un leggero bacio sulle labbra. Sento che sospira sulla mia bocca e la prendo delicatamente per i fianchi con l'intenzione di farla avvicinare. Lei poggia le mani sulla mie guance ed io chiudo gli occhi. Il nostro é un bacio dolce e delicato, proprio come lei. Chiedo l'accesso alle sue bocca con la lingua e pochi istanti dopo schiude leggermente le labbra. Improvvisamente immagino che al posto delle labbra carnose e rosee di Kendall ci siano quelle sottili e rosse di Louis. Interrompo bruscamente il bacio e lei mi guarda mortificata. Tiene gli occhi bassi e si morde il labbro. Che cazzo ho fatto?
<Kendall scusami. N-non so che mi é preso> dico avvicinandomi.
Lei indietreggia e scuote la testa. Sospiro e dico <sono un'idiota> cerco qualche scusa buona per giustificare il mio gesto e ho un'illuminazione <ho pensato che forse tu non lo volessi che il bacio fosse così passionale e non volevo metterti fretta. Scusami>
Alza lo sguardo e i nostri occhi si incrociano <non mi stavi mettendo fretta>. Sorride e sento un peso togliersi dalle spalle. Ricambio il sorriso e le poso un bacio casto sulle labbra in segno di saluto. Una volta rimasto solo, tutti i miei pensieri tornano più forti e più rumorosi. Inizio ad insultarmi mentalmente e a ripetermi di essere un'idiota. Come ho potuto interrompere un bacio con una ragazza così bella, simpatica e gentile per uno stronzo come Louis? Merda mi ha solo incasinato la vita con il gesto di stamattina! Se avessi saputo che l'avrei incontrato e sarebbe successo quel che è successo probabilmente avrei preferito rimanere a casa a fissare il soffitto fino all'arrivo dello scuolabus. Il sole scompare dietro gli alberi e i lampioni del giardino si accendono. Mi siedo su una panchina e chiudo gli occhi per riordinare i pensieri. Prima di riuscire a raggiungere una conclusione il telefono mi vibra insistentemente nella tasca. Lo tiro fuori e sul display appare il nome di Niall.
"Harry domani tu e Liam dovete accompagnarmi a comprare dei vestiti....Olympia vuole presentarmi ai suoi genitori e voglio avere un'aspetto decente"
Wow. Non pensavo che le cose tra Niall e la sua ragazza fossero così serie. Sono molto felice per lui, però non ho nessuna voglia di accompagnarlo al centro commerciale. Ricordo che l'ultima volta che tutti e tre siamo andati insieme non é finita molto bene. Abbiamo fatto talmente tanto baccano che ci hanno cacciato da due negozi. Nel primo negozio Niall non la smetteva più di ridere e una signora ha pensato che la stesse prendendo in giro, perciò é andata dal proprietario del negozio e ci ha fatto cacciare. Nel secondo negozio io e Liam abbiamo iniziato a odorare dei profumi e ad un certo punto lui ha avuto la brillante idea di farmi spaventare e un profumo, molto costoso, si é infranto sul pavimento. Fortunatamente la commessa non ce l'ha fatto pagare però ci ha cacciati e ci ha vietato di rimettere piede dentro quel negozio. Pochi secondi dopo, il suo messaggio é seguito da altri messaggi e due chiamate. "Certo che é veramente persuasivo quando ci si mette!".
"Harry ci sei? Per favore mi serve l'aiuto dei miei migliori amici"
"Ti ricordi cos'é successo l'ultima volta?"
"Prometto che non succederà più. Liam ha accettato e sono sicuro che anche lui starà attento e non farà succedere nulla"
Sospiro e senza rifletterci abbastanza rispondo con un semplice "ok".
Niall manda emoticon felici e prima di riporre il telefono nella tasca guardo l'ora. Mi alzo dalla panchina e prendo l'autobus per tornare a casa. Quando entro nell'appartamento, ho lo stomaco chiuso e un sonno improvviso si espande dentro di me. Faccio una doccia rapida e vado a dormire. In pochi minuti mi addormento. Quella notte la passo tranquillamente: senza incubi e sognando un bambino che si arrampica felice e spensierato tra gli alberi. La notte passa indisturbata e il sole accecante della mattina entra dalla finestra. Mi alzo dal letto e vado in cucina per fare colazione. Riempio una tazza di cerali e la finisco in pochi minuti. "Oggi sono di buon umore come non capitava da tempo" penso tra me e me. Dopo aver lavato la tazza, aver rifatto il letto ed essermi lavato, mi vesto. Indosso una maglietta grigia, dei jeans neri e delle converse bianche. I capelli, oramai come tutte le mattine, sono indomabili. Esco di casa in tempo per lo scuolabus, dove, seduta su un sedile, con gli auricolari e gli occhi bassi, vedo Kendall. Mi avvicino e le tolgo delicatamente un'auricolare. Mi sorride e si sposta per farmi sedere accanto a lei.
<Che ascoltavi?>
<Beautiful monster> fa una pausa e continua <sai...mi mette di buonumore>
Le sorrido e continuiamo a parlare anche davanti l'entrata, fino al suo della campanella. Non abbiamo nessuna lezione insieme, e dopo ieri non so come salutarla. Conoscendola probabilmente si imbarazzerebbe se la baciassi davanti a Liam e Niall, però conoscendo le ragazze potrebbe arrabbiarsi anche se non la baciassi. Mi guarda negli occhi e mi avvicino per baciarla. In pochi istanti le nostre labbra sono unite in un bacio casto. Veniamo interrotti da un'applauso alle nostre spalle. Zayn é davanti a noi, con accanto Louis e gli altri suoi amici. Louis é palesemente irritato e fulmina con lo sguardo Kendall, che é diventa rossa come un peperone. Quando sposta il suo sguardo su di me trattengo il respiro e il cuore perde un battito.
<Non pensavo che ti stessi dando da fare con le ragazze. Credevo ti piacessero i ragazzi Styles. Soprattutto il mio amico Tomlinson> dice Zayn, con un sorriso perfido sulle labbra. Ha i capelli, solitamente lisci, arruffati e gli occhi neri divertiti. Questi due cose, messe insieme, gli donano un'aria ancora più minacciosa del solito. Liam si sposta accanto a me e il suo commento non tarda ad arrivare.
<Ti sei fatto il fidanzatino?> dice scoppiando a ridere.
<Cosa vuoi Malik?> si intromette Liam.
Immediatamente passa dal divertito all'arrabbiato e si avvicina minaccioso verso me. Prima che possa darmi un pugno o insultarmi viene fermato dalla mano di Louis. Zayn lo guarda accigliato e poi curioso di sapere perché non l'ha lasciato continuare. Senza dargli troppe spiegazioni dice <lascialo stare. Se vuole provare a scopare con le ragazze qual é il problema?> e senza aggiungere altro se ne va. Zayn lancia un'ultimo sguardo su di me, si sofferma su Liam e poi se ne va con i suoi amici. Sospiro e i miei due migliori amici fanno lo stesso. Non capisco per quale motivo mi odino tanto. Ho sempre evitato di parlargli, ma non é servito a niente. Non ricordo nemmeno per quale motivo sospettino che sia gay.
<Comunque perché Louis l'ha fermato? Non é da lui>
<Non saprei. Forse aveva fretta di andare da Eleanor> "o forse centra con quello che é successo ieri mattina" aggiunge la vocina nella mia testa. La ignoro, e dopo aver salutato gli altri vado in classe. Il professore di filosofia é assente, perciò siamo liberi. Quasi tutti restano in classe e iniziano a tirarsi palline di carta e ad alzare la voce. Cazzo come sono stupidi e rumorosi! Esco dall'aula e mi rifugio in palestra. Ho bisogno di restare solo e pensare a le cose successe negli ultimi due giorni. Ieri mattina Louis é stato gentile. Mi ha prestato la sua maglietta, e prima di farlo mi aveva anche spostato i capelli dalla faccia, con un tocco talmente delicato che se avessi avuto gli occhi chiusi non lo avrei riconosciuto. Mi ha incasinato la testa tutta la mattina e quando ho baciato Kendall ho immaginato la sue labbra. Stamattina ha interrotto Zayn dal prendermi in giro, e per tutto il tempo, ha fulminato con lo sguardo Kendall. Ogni volta che mi guarda sento una morsa allo stomaco e il respiro accelera. D'un tratto, i miei pensieri vengono interrotti da un pallone che rotola ai miei piedi. Con lo sguardo vago per la palestra e quando vedo un corpo snello, dai capelli lisci e con indosso una canottiera mi manca il respiro.
<Non sapevo che ti piacesse startene da solo in palestra. Sembri più il tipo da biblioteca>
Faccio un respiro, e rispondo con il tono di voce più normale che riesco ad ottenere <avevo bisogno di pensare e sapevo che la palestra sarebbe stata vuota>
<Beh...adesso non lo é più. Ti va di fare un'uno contro uno a basket?>
<Non hai lezione?>
<Sono arrivato tardi e la professoressa, nonostante il mio fascino, non mi ha fatto entrare>
Ritardo? Ma se é entrato a scuola prima di me. <Quindi? Ti va? Non abbiamo tutto il giorno>. Mi mordo il labbro e sorrido. Raccolgo la palla da basket ai miei piedi e lo raggiungo al centro del campo. Lui sorride e mi spiega le regole. Iniziamo a giocare e come sospettavo lui é molto più bravo di me. Mentre giochiamo tutti i dubbi e le domande svaniscono, lasciando posto solo alle nostre risate. Finalmente riesco a togliergli la palla e avanzo per andare a fare canestro. Louis mi si propone davanti, tenta di togliermi la palla ma in qualche modo glielo impedisco e corro verso il canestro. Improvvisamente scivolo e Louis, colto alla sprovvista, mi cade addosso. Scoppiamo a ridere come dei matti, ma quando si accorge della nostra posizione diventa subito serio e si alza, sorreggendosi sulle braccia. Sposta lo sguardo dai miei occhi alle mie labbra. In questo momento l'unica cosa che vorrei fare é baciarlo, ma se lo facessi non so come reagirebbe. Gli confermerei quello che lui e i suoi amici sospettano da tre anni: il fatto che io sia gay e che sono attratto da lui. Il punto é che non sono gay. Louis é l'eccezione. É l'unico ragazzo che mi attrae. Si avvicina sempre di più, finché un rumore non lo blocca. Si alza lentamente e mi aiuta ad alzarmi.
<É meglio che inizi ad andare verso l'aula di letteratura o rischierò di arrivare tardi anche in seconda ora. Ci si vede Styles> mi fa un cenno con la mano e se ne va. É la seconda volta che mi lascia da solo dopo essersi comportato in modo strano. Mi chiedo cosa sarebbe successo se non ci fosse stato nessun rumore. Ci saremo baciati? Non credo. Sono poche le cose di cui sono sicuro, ed una di queste è che Louis Tomlinson è etero. É andato con la maggior parte delle ragazze qui a scuola, per non parlare delle ragazze che avrà conosciuto al di fuori. Una delle sue ultime conquiste é Eleanor Calder. Sicuramente la mia testa fuori controllo si starà immaginando tutto per non affrontare la realtà: a Louis non piacerò mai sotto quel punto di vista. Potremo diventare amici, forse, ma niente di più. Devo accettare il fatto che Louis rimarrà l'eccezione che non potrò mai provare e tantomeno avere.
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orgogliocorvonero · 8 years ago
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Workshop di sartoria  ( WWFFB )
20:35 27/8 Ilary_Wilson (Domenica pomeriggio ; sede wwffb ; workshop sartoria) Il luogo prescelto altro non è che un piccolo teatro in disuso, la cui la platea si sviluppa intorno ai tre lati del palcoscenico, il quale si riduce ad un`ampia piattaforma semi-circolare composta da travi in legno scricchiolante e polveroso nonostante gli incantesimi di pulizia effettuati. Comodi puof e cuscini vivaci e colorati sono stati sistemati tutto attorno, al posto delle poltrone, e il pesante sipario rosso scuro è stato tirato a nascondere le quinte. Ai lati della sala si aprono alti finestroni, incorniciati da pesanti tende in broccato rosso, verde, giallo e blu, lasciate aperte così da far passare la luce del pomeriggio e rischiarare la tappezzeria cobalto. Sul vasto soffitto è ancora visibile l`intricato sistema di corde e drappeggi, ora abbellito da scacciapensieri in vetro colorato che dondolano pigramente riflettendo i loro giochi di luce sul parquet scuro. Un vecchio grammofono allieta l`atsmofera con qualche ritmata ed allegra nota di jazz e numerose scatole di cartone rotonde sono poste intorno al palco davanti ai partecipanti, chiuse ma raggiungibili. Appesi sul sipario numerosi schizzi e qualche fotografia magica scattata alla sfilata Diversity Matters di Ilary, così che funga da spunto creativo per il workshop e da pubblicità. C`è lo zampino studiato di Utopia sui capelli biondi della Wilson: splendenti e setosi, intrecciati lateralmente ed abbelliti da qualche fiorellino di campo, così come sul viso il Tonico Fatato rende la pelle liscia e luminosa, facendo di Illy una pubblicità vivente sia per la rinomata linea cosmetica tutta natural e animal friendly sia per sé stessa visto l`abito che indossa. Un`ampia gonna a campana lunga fino a metà polpaccio e vagamente ondeggiante -bianca a rimbalzanti pois colorati- una fascia di raso azzurro a segnare il punto vita e un corpetto blu dalle maniche a sbuffo rosse, in pandan con le scarpette di vernice leggermente alte, che slanciano un po` la nanica figura. Ha osservato con un sorriso segretamente nervoso l`ingresso di tutti, battendo un piedino al ritmo di una strombazzata di sax e cercando con lo sguardo azzurrino la complicità di JACQUELYN, che sosta in piedi con lei al centro di quel palchetto. «Buogiornissimo!» esordisce per placare il brusìo, la voce tonante per il leggero Sonorus che si è castata. «E benvenuti a questa cosa che il wwffb mi fa fare e che spero diverta voi tanto quanto divertirà me» approssimativa, come al solito. Sorrisi rivolti al pubblico mentre le mani abbandonano le tasche della gonna per gesticolare, tintinnando di braccialetti, con il catalizzatore già stretto nella destrosa. Nessuna lavagna è in vista: solo Miss Pearse e un banchetto di legno cosparso di scartoffie e svariati rotoli di stoffa. «Visto che questa non è una lezione maaa un momento di condivisione amichevole» ? «il wwffb ci ha gentilmente offerto thè e pasticcini alla frutta, per cui servitevi pure!» con un cenno rivolto ai vassoi fluttuanti che gironzolano fra gli ospiti insieme a pile di tazze, piattini e teiere che svolazzano per servire il thè, offrendo campioncini Utopia al posto delle zollette di zucchero, perché lo zucchero fa male e poi non va nel thè. «La musica che sentite c`è non solo perché non mi piace pensare in silenzio» prosegue «ma anche perché mia nonna dice sempre che il jazz è improvvisazione e ispirazione e che proprio per questo non basta ascoltarlo per apprezzarlo, bisogna guardarlo mentre si crea perché...è più di quello che sembra.» Piccola pausa mistica prima di continuare. «Penso che il discorso vesta» calzi «bene anche per la sartoria...non basta guardarlo, un bel vestito, bisogna sbirciare oltre» l`emozione ad intingere quelle parole non banali, per lei, mentre osserva la sua piccola platea con profondo affetto e occhi sbrilluccicosi. «Insomma bisogna guardare dietro l`orclumpo per trovare lo gnomo» spiega spiccia, con l`aria pratica e allegra di chi chiacchieri con amici curiosi del mestiere. «Oggi sbirceremo tutti insieme dietro l`orclumpo» aiuto. «Ah, sì» pare ricordarsi poi «Io sono Ilary Wilson e questa è Jacquelyn Pearse e insieme vi accompagneremo in questo viaggetto, tenetevi stretti alle bacchette!» Ridacchia da sola. «No, scherzo. Nessuno gnomo o partecipante verrà fatto roteare in aria per i nostri scopi, garantito!» bacchetta sul cuore e tanta simpatia al seguito. Anche se non garantiamo anche per Miss Pearse. «Il nostro punto di partenza sarà ovviamente: l`idea» altra pausa per radunarle, le idee, considerato che dubitiamo si sia preparata una scaletta; quella è stata opera del wwffb di sicuro. «E visto che non mi piace ideare da sola...creeremo insieme il nostro progetto. Come sapete Utopia Routine finanzierà la creazione delle divise per le nostre, e i nostri, Cheerleader» illustra «quindi, anche non ordinatamente» sia mai «raccontatemi un po`: secondo voi cosa non dovrebbe MAI mancare in una comoda e grinzafichissima» precisiamo «divisa da Cheerleading? Da dove partiamo?» domanda al pubblico. «Saranno le vostre divise» occhiatine alle cheerleader che può riconoscere, come FAUNYA «quindi devono piacere prima di tutto a voi e soprattutto avere dentro e sopra tutto quello che vi serve!» chiarisce.
21:29 27/8 Eileen_Walker (Sede wwffb, 27.08, pomeriggio) Questa volta è puntuale quando varca la porta della sede del WWFFB, ricordandosi di dover dare il foglietto di conferma per diventare socia, oltre al fatto che non vuole ripetere l’esperienza di arrivare qui in ritardo. Rispetto alla mattina ha deciso di cambiarsi i vestiti, anche perché è andata a visitare sua nonna, che pretende un certo tipo di vestito. E lei, per evitare troppe storie, l’accontenta. Indossa una camicia bianca a maniche lunghe ma senza colletto e poi un abito blu, con scollo a barca, fatto di corsetto sul busto della ragazzina e una gonna che le arriva appena sopra al ginocchio. Indossa anche delle calze velate e ai piedi un paio di ballerine blu come l’abito. Porta un paio di orecchini, a destra una stella e a sinistra uno spicchio di luna, mentre al polso sinistro tiene i due bracciali regalatole da Evanna e da Peritas. I capelli biondi sono stati resi quasi boccolosi, ma non troppo, con due ciocche intrecciate che si legano dietro alla testa. Tiene in mano una piccola borsa, ma grande abbastanza da poterci mettere la bacchetta. Varca la porta di quello che dovrebbe essere la sartoria (?), a cui è stata invitata, sotto gentile minaccia di Emma, a presentarsi. Sgrana un po’ gli occhi grigi a vedere la quantità di stoffe e rimane in piedi, un po’ imbarazzata, nonostante la presenza di qualcuno che conosce, come FAUNYA, ad esempio. Il discorso della giovane donna bionda, che poi scopre poi essere ILARY WILSON, viene ascoltato con attenzione. Quando si arrivano alle domande, Eileen alza, quasi timidamente, la mano. «Devono essere comode?» lascia la domanda un po’ incerta, ma sulle labbra tiene un sorriso. Non prende nessun spuntino per il momento e nega cortesemente il the, così come i campioncini, anche se non è sicura di poter dire di no la seconda volta. 21:37 27/8 Faunya_Florent  | pom. / workshop sartoria, tra i cuscini | Gambe sinuose gettate di lato, fasciate da pantaloni al polpaccio e calzini azzurri sui quali sfreccia l`intreccio animato di nuvole stilizzate; una camicetta infilata nell`orlo dei calzoni, il tessuto blu solcato da righe verticali e bianche come le sneakers che avvolgono i piedi. Porta i capelli raccolti in un disordinato chignon che lascia cadere un paio di ciocche ai lati del viso, la nuca decorata da un fermaglio, a forma di rondine in volo, che riprende ad arte il colore brunito della catenina che le scivola sin dentro la scollatura. E` Faunya, adagiata fra enormi cuscini e sorridente alla stregua di un sultano, la tazza e lo stomaco colmi per metà del tè bollente che è stato distribuito. Ha già avuto modo di metter le zampe su qualche campioncino, nonostante l`acquisto recente di altri prodotti marchio Utopia, dove "qualche" sta per "un numero sufficiente da averle reso difficile richiudere la borsetta" - il solito esemplare di borsa rotondo decorato con frange e spillette animate «Calzi» sta borbottando sovrappensiero, non mancando di mostrare il suo lato hermionesco mentre ILARY si lascia sfuggire l`ennesima stroncatura ai danni dei babbani. Ma questo è soltanto un frammento, un attimo di saccenza che poi svanisce rapidamente dinnanzi a questioni di gran lunga più importanti: le uniformi. Solleva un braccio nell`aria per attirare l`attenzione generale, un gesto che quest`oggi non s`accompagna al solito tintinnio di gioielli, schiudendo le labbra in un sorriso nell`intercettare gli occhi della WILSON «E dovrebbero rappresentare le nostre Case!» soggiunge in coda all`intervento di EILEEN «Nei colori e nelle decorazioni. Forse anche nel... taglio» ha un attimo di eguale incertezza, non del tutto pratica in fatto di gergo modaiolo, salvo poi aggiungere «Noi avevamo pensato a delle belle gonne lunghe e leggere» con un movimento svenevole della mano libera, un po` a tempo di musica, come smossa dal vento. 21:51 27/8 David_ArangoVillegas (Pouf in fondo) Stravaccato s`uno dei puf nel tipico indolente agio con sé stesso - arroganza- a piantare gli stivali logori s`un raggio che allarga la sua ingombrante padronanza su molto più spazio di quanto ne necessiti davvero. O forse è stanco davvero e l`impressione che stia per scivolare giù dal minuscolo sedile è tutta dovuta all`intenzione di sdraiavirci per davvero, pur le proporzioni eccessive della larga schiena maschile - del suo corpo in relazione al pouf - rovinino ogni possibile comodità. La cresta di ricci s`erge scompigliata sul capo per il resto rasato come irriverenza indomita contrastante con la severità dei tratti spigolosi, zigomi alti che tagliano verso una mandibola marcata attraversato dal guizzo silenzioso della noia mentre fissa insistentemente, a palpebre mezze calate, la figurina immobile di Jacquelyn Pearse. Lo si potrebbe tacciare di fredda sfacciataggine a presentarsi lì, nel suo regno, se non fosse per la luminosità tutta fatale e bionda della capitanNazi di Corvonero: Emma, sottile e imperiosa, gli si siede di fianco spenta da una sciarpona che cura il suo mal di gola ma non sopprime quel suo fare da Megera sotto mentite spoglie.Lui ignorando un po` tutti si ruba un vassoio intero di dolcetti per assaggiare e dirle « `ovrefti p`ovare » mentre prova a piazzarle una fogliolina sotto il naso giusto per beccarsi una manata sul dorso e un`eloquente occhiata verso EILEEN che fa reclinare all`indietro il capo maschile e gonfiare il torace allenato sotto la felpa grigia. Si gratta piuttosto il lato teso del collo, la frnte increspata di sonnolenza, prima di fare lo sforzo (che privilegio) di staccare un po` la schiena dal pouf per cercare con gli occhi ACONITE e squadrarla un po` da capo a piedi. Tutta intera, sì, è il suo modo strambo di salutare (?). Mentre afferra un altro dolcetto stiracchia un sorriso alla correzione hermionesca di FAUNYA prima di ricevere n`altra manata sul gomito - « Ahia » teatrale e accusatorio - da parte di Emma cara e allora, dopo una smorfia, aggiungersi pigramente. « E pantaloni che non siano d`intralcio per noi. Mi servirebbero nuovi stivali. » Gli servono sempre nuovi stivali. 21:53 27/8 Jedediah_Bradlaw | WWFFB / Domenica Pomeriggio | Dal momento che non voleva restare vittima di sua nonna che deve godersi Jedediah prima che torni alla scuola degli strambi maghi, rimpizarlo anche di patate ripiene, il fanciullo Serpeverde ha optato per questa comoda via di fuga che non è nemmeno una bugia. Così evita di mentire alla nonna - ché a lei le bugie non vanno dette - e al tempo stesso può evitare questo pasto domenicale come se Jed fosse un ragazzino deperito del terzo mondo. Tappa a Diagon Alley con tutte le riserve del caso, dopo quel che è sucesso da Fortebraccio non è proprio convinto. Il motivo che l’ha spinto qui non è solo il fatto di essere al centro di un’attenzione che tutto sommato lo interessa, ma c’è pieno di femmine e potrebbero abusare (??) del suo corpo, quindi va bene così. Questo motivo lo ha espresso chiaramente ad Alysha nell’invito che le ha girato, anche solo per darle modo di palesarsi un po’ nel mondo magico dopo questi mesi di vacanza lontano da esso. Il Serpeverde presenta la solita acconciatura da uomo appena uscito da una centrifuga con quei capelli un po’ ribelli. Maglietta bianca a maniche corta sulla quale c’è la stampa di un Occamy colorato che muovendosi sinuosamente fa il giro di tutta la maglietta. Un paio di pantaloni corti, che gli arrivano al ginocchio e sono di un bell’acceso colore rosso, finendo con un paio di vans così tanto babbane che… ehi, è natobabbano. È spiaggiato su qualche poufs mentre controlla con un po’ di scetticismo il campioncino che gli è stato offerto, ed ha rifiutato il tè perché se è fuggito dal pranzo di sua nonna, non ha intenzione di bersi neanche del tè. Arriccia il naso, ancora poco convinto del contenuto, a punta poi lo sguardo verso ILARY che ha iniziato davvero come una degna vecchia (…) della sua età - e buongiornissimo, kaffèè? « Walker alza la mano come a scuola.. » come se le dessero una E per l’ovvietà che dice, tra l’altro. Scuote la testa borbottando tra sé e sé. Si prende il suo momento, del resto non vuole sorpassare nessuno e, soprattutto, ci tiene che venga ascoltato, visto e tutte quelle cose che gli fanno andare l’ego a mille, proprio come piace a lui. « In quelle dei maschi gradire—mmo? » se c’è qualche esponente maschile, o anche no « almeno un paio di tasche. » perché quelle sono sempre comode, specie quando durante le attese non sai che fare e vuoi startene con le mani in tasca. « Niente calzamaglie, quelle robe sono da femmina. Qualcosa che ci consenta di muoverci senza sembrare pronti per il balletto.. intendo, cioè. Quello tipo babbano, ecco. » che non è il balletto dei cheerleader, sennò poi ci si confonde e non si capisce. « Ma vanno bene anche le gonne corte, eh. » facendo un sorrisetto abbastanza serafico verso Faunya. Che sì, l’idea è carina, ma meglio che siano corte che lunghe, almeno per Jedediah e gli occhi di Jedediah. 21:57 27/8 Jacquelyn_Pearse ( workshop sartoria | pomeriggio ) Il mento verso l`alto e lo sguardo inorgoglito dinnanzi a lei. Se ne sta lì, immobile e silente, con una cartellina tra le mani ed un foglio con tutta la lista di cose che dovrebbero succedere nella giornata e di cui Ilary è stata provvista probabilmente da quando ha scelto di essere la magisarta per eccellenza legata alle divise Cheerleader, un mondo totalmente sconosciuto per lei che non Vede oltre il palmo del suo naso, probabilmente. Capelli sciolti sulle spalle: boccoli lunghi e castano scuro, decorati da semplici spillette a forma di farfalla, piccolissime, brillantinate. Un tocco di vita su un viso sufficientemente spento, nonostante lo sguardo sia tenuto alto ad osservare tutti coloro presentatisi per il Workshop. Nell`esatto momento in cui Ilary la presenta, un piccolo inchino viene portato in avanti, semplicemente portandola a piegare le ginocchia leggermente, in maniera alquanto principesca. Ascolta la metà delle cose pronunciate da Ilary, dato che secondo lei la Grifondoro parla troppo - così come arriccia le labbra di tanto in tanto, spalancando gli occhioni e osservando gli altri presenti. La musica è una lieve coccola per orecchie stanche. « la tasca interna e nascosta per la bacchetta » pronuncia, piano, soffermandosi su dettagli inopportuni del vestiario della Wilson. E su Sebastian Waleystock, abbandonato in un angolo a braccia conserte, sufficientemente zitto per via della situazione che vede sua moglie come protagonista. Lui è il più babbano di tutti, là dentro: camicia bianca e pantaloni neri, nella sua eleganza perfettamente british. E` calmo e pacato, con le sue scarpe lucide. Gli occhi azzurri e grandi fissi unicamente su Ilary; labbra dischiuse. E` fermo e seduto su un tavolo abbandonato del fu-teatro, con braccia conserte degne della chiusura verso il mondo più antica del mondo. 22:09 27/8 Aconite_McNiadh (Domenica pomeriggio, sede WWFFB, workshop sartoria) Alcune sue compagne di squadra sono già arrivate quando lei si addentra all`interno del teatro in disuso ,il rumore degli anfibi neri che pestano il parquet scricchiolante completamente silenciati dalle note di musica jazz. E` proprio sotto il palco che si dirige , spuntando alle spalle di una coloratissima FAUNYA senza fare il minimo rumore, se non per un leggero tonfo quando si siede a gambe incrociate su un cuscino. In mezzo a tutto quel tripudio di colori (i cuscini, le tende, la stessa Ilary) sembra quasi stonare lei, con i suoi jeans neri strappati e un gilet di finta pelle della stessa tonalità ravvivato da borchie e spilette di band metal e hardrock babbane. L`unica nota che la fa sembare meno monocromatica è la canotta verde militare sottostante. «Noooo, i gonnelloni lunghi noooo» Geme con una sbuffata finale, un`espressione quasi dolorante stampata in volto «Come credi di fare le capriole e muoverti senza impigliarti da qualche parte Miss Flora?» L` apostrofa ,i palmi pallidi che si ancorano alla stoffa retrostante. «Voi maschi » E per "maschi" intende charamente JEDEDIAH verso il quale rivolge uno sguado beffardo «non volete le calzamaglie per voi ma pretendete le gonne corte, non è giusto» Schiocca la lingua con fare divertito, accentuato anche dalla panoramica laterale che ha dell`improbabile coppia David-Emma. Non considera molto il ragazzo, fissandolo per appena una manciata di secondi, prima di rivolgere tutta la propria attenzione a una Capitana raffreddata e inerme nei rimproveri. «Perchè non facciamo una divisa unisex? Gonna corta e pantalocini sotto, così non si vedono le mutande» ...E nessuno si distrae. 22:26 27/8 Ilary_Wilson (Domenica pomeriggio ; sede wwffb ; workshop sartoria) «Come le renderesti comode?» la domanda che rivolge ad EILEEN mentre le sorride, o sorride al vassoio che svolazza nei suoi pressi, insistendo per rovesciarle addosso qualche campioncino, se proprio non gradisce thè e pasticcini. Le iridi celestine si spostano su FAUNYA e sul suo braccio sventolante. «Colori di casata dunque...» annuendo e andando a smuovere leggermente la bacchetta verso gli abiti di J, cercando il suo sguardo per un tacito ok prima che la mente si concentri per il castaggio non verbale d`un pratico "Vestis", che alteri le sue sfumature in favore di quelle bronzo-blu, visto che la dritta sui colori è arrivata da Corvonero. «Lo stemma di Corvonero da qualche parte tipoooo, qui?» prosegue nel "disegnare" le idee che emergono, utilizzando J alla stregua di una lavagnetta, esatto, mentre in una pioggia leggera di scintille le fa apparire il ricamo d`un piccolo corvo sul petto. «Taglio?» domanda poi curiosa ruotando su sé stessa per tornare frontale alla platea, lasciando ondeggiare la gonna a pois attorno alle gambe, sinuosa nel seguire il suo movimento come per magia. «Una gonna taglio Corvo...dovrebbe voler dire con...le ali?» domanda per capire se abbia inteso «Due code» ragiona per spiegarsi meglio, facendo per volgersi nuovamente verso «Miss Pearse» bacchetta alla mano e sorriso incoraggiante sulle vermiglie. «Sarebbe così gentile da farci una giravolta?» le domanda infatti, nell`attesa del suo gesto così da poter sfruttare quello spostamento d`aria per farle apparire attorno alla vita una gonna a due code tipo quella descritta fa FAUNYA «lunga e leggera...chiama chiffon» proferisce infine nel dare vita a quel materiale in particolare, o perlomeno alla sua apparenzam ora che due file di chiffon blu dovrebbero esserle cresciute fino alle caviglie, direttamente dalla gonna che lei indossa. «Davanti la facciamo ugualmente lunga ooo più corta?» domanda poi. «Oh» curva un sorriso allegro alla precisazione di DAVID «Corvonero anche tu?» perché dovrà prendere appunti mentali per le diverse divise delle diverse case. «Posso renderli lunghi e non d`intralcio» lo mette a parte con l`espressione soddisfatta di potergli offrire quella scelta, rispondendo anche al dubbio di ACONITE. «Oppure possiamo andare con qualcosa al ginocchio» corto di suo, insomma. «Il sopra come lo immaginav...ate?» lo domanda ad entrambi, ora che l`esordire di JEDEDIAH le strappa poi una piccola risatina «Tasche che non intralcino» ricapitola dunque nell`occhieggiare verso David, immaginando incontrare la sua approvazione. Perplessa dal discorso sul balletto, ma sicuramente divertita «Le calze le lasceremo alle signorine allora» lo rassicura con un sospiro «Certo, vanno bene anche corte» le gonne, ignorando volutamente qualsiasi riferimento meno che innocente. «Se le corvonero le preferiscono lunghe, ciò non toglie che quelle di....?» nel domandargli implicamente di riferirle la Casa di appartenenza «non possano essere corte» concluderebbe. «Ma lascerei alle signorine scelta su questo punto» sfarfallando le ciglia, tanto per dire che non può avere voce in capitolo, come non manca di ricordare anche Aconite. «Vuoi pretendere tu qualcosa per le divise maschili, così da fare a pari?» le domanderebbe infatti con aria divertita ma onesta. «Uh, saggia idea, Miss Pearse» si complimenta poi «una tasca per la bacchetta è importante, magari non troppo interna, ma facilmente raggiungibile visto che la si usa spesso» annuisce. «Beh sotto la gonna può esserci un...body?» lo sguardo cerca ora EMMA, nel comunicarle di aver spulciato eccome i suoi disegni. «Così non si vedono le...mutande» Sorride, mentre la bacchetta torna ad agitarsi verso Jacq, nell`ennesimo Vestis che miri a colpirla come una brezza leggera, che tramuti la camicetta in un body azzurrino dalle maniche lunghe, la cui parte inferiore resterebbe coperta dagli strati di chiffon abbondanti, precisiamo, il tutto pi o meno direttamente tirato fuori dagli schizzi della Capo Cheers di Corvonero. 22:41 27/8 Eileen_Walker (Sartoria wwffb, pomeriggio) Sarà che finalmente tutta la stanchezza accumulata in una settimana di preoccupazione la sta raggiungendo per sfinirla completamente, sarà che ha ancora il discorso della nonna, su qualcosa tipo la medicina moderna, le ronza ancora nelle orecchie, Eileen, dell’intero discorso sopra le divise, non ha ascoltato quasi niente. O meglio la prima parte sì, la seconda, proprio quella delle divise, no. In più, oltre alla presenza di DAVID, che tenta di ignorare giusto per non ricevere un altro “noi non siamo amici”, deve ignorare anche quella fastidiosa di BRADLAW, che deve sempre dare aria alla sua bocca. Se non fosse stata per la minaccia di Emma, di dover fare più allenamenti di tutti, come se non li facesse già, non sarebbe venuta. Si siede su un pouf a caso, giusto perché inizia ad essere stanca anche di stare in piedi, ma stando attenta di essere lontana sia da DAVID e Emma, sia da JED. Tiene le gambe perfettamente unite e leggermente inclinate verso sinistra, mantenendo la schiena dritta e guardando solo ILARY, puntando i suoi occhioni grigi su di lei. La borsa la appoggia a terra, vicino al pouf, e tiene entrambe le mani sul grembo, anche se non sa cosa farci con quelle mani senza niente. «Tessuto leggero, elasticizzato e traspirante» inizia a descrivere il tipo di tessuto che potrebbe rendere più comoda una divisa, cercando di ignorare il vassoio con i campioncini, alla fine cedendo e prendendone due. Tanto per far contento anche il vassoio. «Si potrebbero aggiungere degli effetti alle divise? Magari legati agli elementi delle Case?» aggiunge e finendo così il suo intervento, lasciando spazio anche agli altri. L’idea delle ali le piace, le ricordano uno di quei tutù per le ballerine ai teatri. 22:44 27/8 Faunya_Florent | pom. / workshop sartoria, tra i cuscini | Non si accorge di aver suscitato un barlume di divertimento in DAVID, ma ne coglie a distanza le lagne nell`istante in cui Emma provvede a rimbeccarlo fisicamente. Trattenendo dunque un sorriso si volta a cercare la coppia con lo sguardo, indugiando qualche attimo su di lui e facendo spallucce con aria di candido dispiacere. Il fruscìo del vassoio volante che s`arresta nelle sue vicinanze la distoglie dai dolori altrui «Oh!» si volge, un`espressione di vago stupore alla vista di quei dolcetti colorati «Grazie» bisbiglia all`oggetto incantato a regola d`arte, che difatti si defila non appena la mano di lei ha afferrato una di quelle foglie commestibili. Poggia precariamente la tazza di tè sui cuscini che le sono accanto, ma prima che possa morsicare il dolce le giunge all`orecchio il commento di JEDEDIAH «Sono belle, le gonne corte» gli accorda con un cenno del capo. Poi però provvede ad appallottolare l`incarto del pasticcino di modo da poterglielo lanciare dispettosamente addosso, mirando pressapoco alla spalla. Un tacito "tsk" in piena regola «Ma non le indossiamo mica per voi!» ci tiene inoltre a precisare con fierezza, alzando forse un po` troppo il tono di voce. ACONITE, diversamente, è talmente discreta nell`avvicinarsi da farla sobbalzare un poco quando ne riconosce la voce. Si gira a guardarla, un sopracciglio alzato forse per il modo in cui è stata appellata «Beeh» ma in effetti ha sollevato una buona obiezione «Esisteranno degli incantesimi per evitarlo, credo» azzarda, prima d`allungare un indice verso la gonna di ILARY che pare frusciare dolcemente da sola. Si ammutolisce però dallo stupore e la meraviglia quando le trasformazioni attorno alla figuretta di J. hanno inizio; a giudicare dalla faccia che fa, a labbra dischiuse, dinnanzi alla gonna a due "code" quello non era proprio l`effetto che aveva in mente - è anche meglio «Wow!» dopodiché si stringe appena nelle spalle «Pensavo a dei dettagli diversi per ogni Casa, nella gonna o le maniche» il body per tutte quante, invece, lo trova quasi un must have. Non le sfugge, però, che stanno concentrandosi davvero molto sulle uniformi femminili e quasi per nulla su quelle dei loro compagni. Tossicchia per attirare di nuovo lo sguardo di ILARY «Forse potresti usare come cav» coff coff «Come modello per la divisa maschile uno dei ragazzi presenti» diffidate di quel sorrisone, JEDEDIAH e DAVID, perché è l`espressione sorniona di chi vuole divertirsi male. 22:53 27/8 Sebastian_Waleystock ( workshop sartoria | pomeriggio ) Le braccia conserte persistono, mentre arriccia le labbra nella classica smorfia indisponente, preda di pensieri tutti suoi, al solito, e angoscie di cui, per fortuna, non rende noti gli altri. Spalanca gli occhi e si ritrova a focalizzarsi sulle persone femminili della situazione, tra le loro proposte e idee legate ad abiti da Cheerleader - tra cui maschili che lui non ha mai compreso per davvero - ed occhioni verso l`alto con sospiri altezzosi di sorta, neanche tutta quella situazione fosse al di sotto delle sue aspettative. Non per Ilary su cui sposta lo sguardo innumerevoli volte. « scusami » è ad ACONITE che si rivolge adesso, mentre alza un dito per prendere parola ed essere notato da chiunque non abbia notato l`ombra bianco-nera stranamente in disparte. « un ragazzo che indossa gonnella e pantaloncini è la morte della mascolinità » parla lui che ad Ilary aveva promesso non avrebbe interagito con le persone tutte intorno. « ed essere cheerleader non vuol dire essere meno maschile di chi gioca a Quidditch » Ilary lo dovrebbe sapere, da brava ex cheerleader qual è, che lui ha massacrato moralmente ogni cheerleader maschile dell`epoca presente a fangirleggiare per la squadra della propria casata. Ma meglio dimenticarli, certi dettagli. « per questo proporrei lineamenti della divisa ufficiale di casata, di Quidditch, per non dimenticare che è pur sempre loro, che tifano » annuendo. Lui è colui che pensa da giocatore di Quidditch in questione, nel gruppeto. Anche se nessuno gliel`ha chiesto. Chi è tifoso di Quidditch può riconoscerlo come cacciatore e capocannoniere della squadra di Quidditch Grifondoro e, in seguito, cacciatore dei Montrose Magpies fino a due anni fa. Non si è neanche alzato dalla sua zona ombrata, insomma, nonostante parli con tono di voce sufficientemente alto ed utilizzi i silenzi con strategicità, considerato che dovrebbe farsi ascoltare in ogni caso e che sa farlo, quando vuole. Ha l`aria di chi è ingramato col mondo lo stesso, però. Jacquelyn si appresta fedelmente ai tocchi di bacchetta di Ilary. Senza muoversi o dire niente, semplicemente ignorando DAVID con lo sguardo e chi per lui, dato che lei aveva espressamente detto di non avvisarlo, il ragazzo, del Workshop in questione. Il prossimo passo sarà appendere alle mura della sede del WWFFB cartelli giganteschi con la foto di David e una scritta animata alla "Io non posso entrare". La disapprovazione per la voce del ragazzo Corvonero è tanto palese sul suo volto, ma non per questo mostra cedimenti del caso e tante questioni di sorta annesse. Si fa soltanto giostrare da Ilary come promesso nei giorni scorsi. 22:59 27/8 David_ArangoVillegas (Domenica pomeriggio, sede WWFFB, workshop sartoria) Soffia via dal naso, lui, storcendo indifferente la mandibola di lato mentre ancora gli occhi divagano in zona JACQUELYN che lo ignora con la stessa statuaria facciata di Helena alla corte del Barone. Peccato si vesta bronzoblu, da queste parti. La nota scocciata tra le palpebre gli devia lo sguardo su EILEEN, sulla cui nuca sofferma il proprio tedio sopra il morso silenzioso all`ennesima foglia, e poi su JEDEDIAH che parla e si muove e sorride a FAUNYA ch`è infine bersaglio della sua pigra indagine - il capo ancora reclinato d`un lato, di trascurezza e menefreghismo e la buffa incoerente presenza di cibo a incupirlo male. Lei però risponde come da manuale strappandogli un "ha!" divertito che probabilmente risuonerà a random nella sala. Poi c`è tutto lo spettacolino di JACQUELYN maltrattata (?) dagli incantesimi di ILARY che si guadagna un sopracciglio alto increspante la fronte scura. « Noi la divisa ce l`abbiamo. L`hanno fatta Emma e Faunya. Non puoi riprodurre quella? » Macchisseitu davanti a una professionsita. E` all`intervento di ACONITE che lui, pessimo adolescente maschio, la fissa a lungo e poi dice: « Così puoi di nuovo indossare cose mie? » Tanto per far trasalire di nuovo Emma che si limita a calpestargli uno stivale col proprio tacco, stavolta duro abbastanza da zittirlo e guadagnarle un`occhiataccia. Lo si vede per un attimo chinarsi verso Emma quando è lei a ordinargli chissà cosa, costringendolo a leggere da una pergamena che la ragazzina tiene sulle ginocchia. La risposta è l`abbozzo d`un sogghigno derisorio e il mettersi più comodi sul pouf, con tanto di braccia robuste che vanno a far da sostegno alla nuca rasata. La sua capitana non sorride, fissa rigidamente Ilary e Sebastian e... disapprova, da com`è possibile leggere nelle sfumature della sua espressione. Nulla di nuovo. « Il Quidditch te lo puoi infilare su per il » eh. Replica lui, tutto comodo al suo posto, ragazzino impertinente. Perdonatelo. « Oh il posto è già occupato dalla tua scopa? » Fermatelo, help. Addocchia invece la sfida di FAUNYA e, a gain, come da manuale, lui reagisce alzandosi in piedi per incamminarsi già verso il palco e piazzarsi accanto a chi cerca bannarlo da lì. Ciao J. 23:04 27/8 Jedediah_Bradlaw | WWFFB / Domenica Pomeriggio | Tira su col naso, spostando lo sguardo su ACONITE. Rimane un paio di secondi a fissarla, forse per metterla a disagio o semplicemente perché gli va di farlo. Loro hanno un “accordo”, lei non dovrebbe andargli contro. « Ma io lo dico per voi. » Portandosi la mano al petto, recitando la parte del bravo adolescente che vuole solo dare una mano. « Con una gonna più corta inciampate meno. Però se la volete lunga solo per fare scena… » questo “solo” l’ha marcato come a voler far intendere che il gioco non vale il lumos (?) ma sta chiaramente portando l’acqua al proprio mulino, non altro. Adesso un po’ inizia a capirlo, Nihe. Con quel suo eew nei confronti dei Corvonero. Sono infiniti, dappertutto e sono davvero degli scassabolidi quando ci si mettono. Gonfia le guance con un po’ di aria, e portandola fuori per stare ancora più sdraiato - o quasi - nella sua postazione. « Io non metto la gonna. » Sia chiaro. « La divisa unisex prevede i pantaloni perché quelli li portano sia i maschi che le femmine. » E comunque zitte, David e Jed vi fanno un bolide rispetto alle vostre gambette da pollo. Intanto Miss ILARY continua ad annotare e sentire i pareri di molti, così come fa Jedediah, e si lascia distrarre dall’ambiente in cui è circondato, a volte perdendosi anche delle parti di conversazioni o discorsi che fanno gli altri compagni di scuola. Notando benissimo la distanza da febbre di vaiolo che si crea tra lui ed EILEEN e va benissimo così. Deve essere così. Invece è un po’ più vicino a FAUNYA e quindi gli arriva addosso anche l’incarto del dolce che ha appena mangiato. « Mpf! » facendo uscire la lingua fuori dalla bocca, per farle una linguaccia. « No, non solo per noi. Anche per chi gioca e per chi ci guarda. » che lui è tanto vanesio da poter prendere in considerazione il fatto che devono essere bellissimi perché devono essere visti. Quindi con le cosce di fuori e silenzio. E quando la Grifondoro chiede di lui e della sua casata ne rimane quasi offeso che non sia stata così perspicace (?) da capirlo. « Serpeverde, ovviamente. » Il modo in cui dice “ovviamente” fa ben capire che non doveva permettersi uno sbaglio (?) o una mancanza simili, ma lo sguardo del neoquartino si rilassa lasciandole anche capire che la perdona. Per questa volta. « OH ECCO, GRAZIE! » indicando SEBASTIAN con un braccio che viene sollevato a mezz’aria, andando ad indicare proprio lo sposino arrivato che cerca di contenere nei giusti binari la mascolinità di ogni ragazzo del settore. « E comunque io con la divisa voglio andarci in giro. Va sfoggiata come quelli portano la loro del Quidditch. » Quelli, i quidditcchari giocatori « Quindi deve essere grinzafica e non farci sembrare degli idioti vestiti in maschera. Sia quella ufficiale, sia quella da allenamento. » pfft. 23:31 27/8 Aconite_McNiadh (Domenica pomeriggio, sede WWFFB, workshop sartoria) «Se sono lunghe e non d`intralcio allora ok» Si rivolge pacatamente a Illy-Miss-Pazienza, tartassata com`è da tutte le richieste di ragazzini in dissaccordo e in vena di battibeccare . «Però non voglio neanche sembrare un piccione» Indica con un cenno dell`indice le due code lunghe di tessuto che ricadono dalla vita di una Jacqueline intenta in una giravolta. «I corvonero sono dei rapaci non piccioni» Molto lusinghiera nei confronti dell`opera della sarta, sì. «Se BRADLAW pretende è giusto che anche io lo faccia» E si gira di tre quarti per poter rivolgere una linguccia al Serpeverde. « Si FAUNYA ma con tutti quei fronzoli JACQUELINE sembra una delle bomboniere che ha a casa mia nonna » Quando il vassoio svolazza nelle loro vicinanze allunga anche lei la destra per prendere un dolcetto-foglia che non fa tempo ad addentare prima di essere ripresa da un certo giocaore di Quidditch. « Da come lo dice sembra avere molta esperienza nel campo, Signore» Rimarca l`ultimo appellativo con fare impertinente, un sorrisetto stampato mentre addenta il dolcetto. Sottintendendo che si intenda molto di maschi in gonnella, ovvio. Accenna a un ghignetto agli improperi di DAVID, nascosto accuratamente dal polso e dal dorso della mano destra. Solo dopo alcuni secondi lo degnerebbe di attenzione «Ah, era la tua?» La camicia che fu galeotta. Non c`è neanche da dirlo: quando poi JED la fissa con fare minaccioso lei fa altrettanto, addentando un altro morso di dolce. 23:40 27/8 Ilary_Wilson (Domenica pomeriggio ; sede wwffb ; workshop sartoria) «Cotone in una parola» rivolta al dire di Eileen, che commenta con un «Signato» per dire che s`è fatta un appunto mentale sui materiali, o forse sulla prendiappunti che da qualche minuto si agita frenetica su una delle pergamene poste sul banchetto in cima al palco. «Mmmh» curva un sorriso sornione, mentre gli abiti e le foto della sfilata appese alle proprie spalle rispondono affermativamente alla domanda della Walker sugli effetti. «Non prometto niente, ma voi potete dirmi che genere di effetto avevate in mente, io posso cercare di realizzarlo» la sartoria è soprattutto creatività e non ha quasi limiti, quasi, appunto. «Buttatemi giù una lista di effetti o...dei dettagli che avevate in mente» rivolta a miss Florent «Ognuno per la propria casa» propone sorridente, mentre agita ancora una volta il catalizzatore per scoperchiare le scatole colorate poste di fronte ai ragazzi. Dentro troveranno nastri, ritagli di stoffa, perle e bottoncini di svariate dimensioni, forme e colori, non che pergamene e gessetti per scrivere e disegnare. «A fine chiacchierata me lo consegnate così io ho tutto sotto lumos e...postro escogitare modi per non farvi sembrare nè piccioni né bolomboniere, ok?» la risolve così, mentre sorride degli scambi fra i ragazzi, approfittandone per sollevare lo sguardo alla ricerca di Seb, concedendosi qualche secondo di distrazione nell`indirizzargli un sorrisino a naso arricciato. «Esisteranno...» replica vaga a Faunya, consapevole che non sia la prima volta che le osserva la gonna fin troppo ondeggiante, lasciandole il dubbio sul se si tratti della grazia di Illy o effettivamente di qualche incantesimo. «E fare scena è parte dello spettacolo, no? Oltre che del tifo» replica con gentilezza a Jedediah. «Volentieri» non manca poi di proferire alla volta dei due cheerleader della situazione «Abbiamo un volontario? Miss Pearse si sente sola» non ne dubitiamo. Occhieggia stupita quando una voce assai nota le raggiunge le orecchie, facendole arricciare le labbra in un sorriso, divertito anche se in disaccordo, come al solito. Ma come ha lasciato correre il dire sulle calzamaglie di Jede, così lascia correre quello di Seb, così che venga smentito dalle amorevoli parole di David. «Ehi ehi ehi» lo apostrofa alla svelta, pacata ma decisa, incrociando le braccia «Manteniamoci sui toni civili di una discussione aperta, che ne dite? Sebastian porta il punto di vista di un ex giocatore professionista» diciamolo noi prima lo dica lui in modi meno simpatici ed obbiettivi «se l`idea non piace se ne discute. I movimenti di un giocatore sono in effeti molto diversi da quelli di un ragazzo cheerleader» spiega pratica per non scontentare nessuno dei due, coff. «Le gambe, ad esempio, vengono mose in una maniera tutta diversa rispetto a chi cavalca una scopa...a loro serve più scatto e agilità per i salti» e altre cose che lascia allo sventolio distratto della mancina «al Lumos di questo...» il vestis questa volta va a colpire in allegria il suo nuovo volontario, per arricciargli un paio di pantaloni larghi all`altezza del ginocchio, bassi in vita, tasche mimetiche incluse. «Ho visto gli schizzi» lo informa «Se siete tutti d`accordo non ho nulla in contrario a mantenere...questo per le divise maschili corvonero, o anche per le altre dovesse piacere a tutti» e il secondo colpo di baccheta andrebbe a ricreare quella tunica a doppiopetto, cui aggiunge un cappuccio a punta e gli alamari bronzei del disegno. Flettendo poi un sopracciglio interrogativo, in attesa di verdetti dal pubblico. Occhi per Seb e Jede, alleati in questo. «Posto che trovo che un uomo possa vesitre calzamaglie senza perdere per forza la propria masolinità, anzi» e se il velo ironico e vagamente allusivo le scappa è tutta, tutta colpa di Seb che doveva stare zitto «e che...in teoria l`abito tradizionale da mago prevede eccome uomini in tunica e...gonna» per dirla al loro modo, bonariamente divertita. «...come vi pare?» alludendo a David, chiaro, cui dopo una seconda occhiata...aggiunge anche un paio di stivali nuovi, suola morbida argentata e lacci elasticizzati che..non intralcino. Blu notte. E sorriso in sua direzione, neanche potesse innocentemente comprarsi la sua tranquillità così. 00:02 28/8 Eileen_Walker (Sartoria wwffb, pomeriggio) Eileen chiude un attimo gli occhi grigi, con la promessa fatta a se stessa di non addormentarsi lì, davanti a tutti. Forse, invece di fare compere stamattina, poteva dormire un po’ di più. Comunque ormai il danno è fatto. Sbadiglia leggermente, mettendo la mano davanti alla bocca e strofinandosi gli occhi per rimanere sveglia. È stanca, per vari motivi. E i commenti, a volte velati, a volte meno, iniziano a infastidirla. Così come la sfida lanciata da FAUNYA agli unici maschi nella stanza, escluso SEBASTIAN in fondo. E ovviamente ad accettare è DAVID. Perfetto. Ignora palesemente il ragazzo, soffermandosi invece su JACQUELYN e successivamente su ILARY. Il commento di JED sulle gonne corte non può essere lasciato da solo. «L’importante è che la gonna non limiti i movimenti delle gambe» commenta «Non che sia lunga o corta» la gonna corta, soprattutto per l’approvazione dei maschietti le suona tanto di oggettificazione della persona. Ma mantiene comunque un tono civile. Anche se si aspetta che il ragazzo ribatte a quello che dice. Giusto solo per principio. Il commento di DAVID, sopra i Quidditchari viene ignorato, anche perché ha offeso un’altra persona. Alla fine, non ce la fa più. Si alza dal pouf e raccoglie la borsa. «Mi dispiace ma devo andare» si rivolge, dispiaciuta a ILARY. Delle minacce e sguardi vagamente omicidi di Emma se ne frega bellamente, lei deve andarsene. «Fau, poi mi mandi un gufo con tutto?» le chiede, rivolgendosi esclusivamente a lei. «Mi dispiace per il disturbo. Arrivederci» inchina leggermente il capo biondo prima di camminare spedita verso l’uscita, senza neanche voltarsi. È decisamente stanca. 00:07 28/8 Faunya_Florent | pom. / workshop sartoria, tra i cuscini | JEDEDIAH le fa le linguacce e lei replica con le smorfie, accartocciando l`espressione con fare giocoso «Intendevo, per voi ragazzi» specifica in tono d`ovvietà «E` naturale che ci dobbiamo far notare come squadra» e quindi non per compiacere adolescenti, mpf. Stacca un altro morso dal suo pasticcino, poi s`affretta a finirlo così da poter replicare per tempo al dire di SEBASTIAN «Fcufa» deglutisce sonoramente, dandosi qualche colpo sul petto «Non è che ci limitiamo proprio a tifare chi gioca a Quidditch, sai» la precisazione, che era partita anche in tono abbastanza conciliante per la verità, perde sul finale con quel "sai" e il nasino che viene arricciato altezzosamente «Siamo sportivi anche noi» decreta, poi una breve pausa durante la quale si guarda attorno ricercando il consenso generale «Portiamo in alto le nostre Casate!» alla stessa maniera di un giocatore di Quidditch, un Prefetto o un campione di duello. Non è però la sola ad accanirsi contro al povero ragazzo - un giovane uomo, in effetti; DAVID ci va anche giù più pesante, facendole emettere un basso e gutturale «Uuuuh» spalleggiamenti da strada che come minimo avrà appreso proprio dalla combriccola di Donna Hermelinda. Ne segue con fiera approvazione la sfilata sino al palco, ignara di aver appena sguinzagliato disagio puro addosso a Jacquelyn, poi si volta a cercare JEDEDIAH recando in viso un`espressione scherzosamente colpita. Oh, ha detto una cosa giusta! «E se avessimo dei mantelli coordinati?» propone anzitutto a lui, quindi ad ILLY, la voce sognante di chi ha fatto i conti senza l`oste «Potremmo girare per la scuola con quelli» sentendoci Merlino sceso in terra, è sottinteso «Cosa?» poi c`è un filo di sdegno e tanto stupore nel modo con cui risponde ad ACONITE, voltandosi a cercarla con gli occhi, le labbra atteggiate in una smorfia «Potresti indossare la divisa maschile, allora» dato che non le va bene nulla! Anche se a ripensarci non sembra un`idea poi tanto malvagia, uhm. Per un momento si sofferma a scrutare sotto una luce nuova Nite, novella Marlene Dietrich della squadra, prima di lasciarsi distrarre dagli sventolii di bacchetta di ILARY. Solleva un angolo della bocca per comunicarle la sua approvazione «Magari qualcosa di semplice per tutti quanti» riassume «E poi come delle fiammate o foglie che crescono ogni tanto» il tono incerto, citando a mo` d`esempio due dei quattro elementi, mentre s`allunga a curiosare all`interno delle scatole «Sulle gonne per le ragazze, sulle spalle per i ragazzi?» indicandosi il corpo con un entusiasmo che fa rovesciare la sua tazza di tè, tiepido, adagiata sui cuscini accanto «Oh» e poi di nuovo «Oh» quasi interrogativo, alla volta di EILEEN che preferisce darsi alla fuga. Che sciocca, era così presa dai vestiti da aver quasi dimenticato «Certo» sorride, lasciando trapelare un briciolo di senso di colpa «Poi ti scrivo tutto» ma intanto ciò che fa è voltarsi a lanciare un`occhiata eloquente dalle parti di DAVID. 00:08 28/8 Sebastian_Waleystock ( workshop sartoria | pomeriggio ) « mi ricredo. Dovresti davvero indossare una gonnella » e via da lì, mentre flette le sopracciglia, osservando con scandalo - e per intero - la figura di DAVID e cercando davvero di ricredersi sulla condizione maschile di quest`ultimo, data la maleducazione con la quale gli si è rivolto. Sta davvero pensando che questo dovrebbe andare a vendere rose in ristoranti ricchi, ma non lo dice per il bene di Ilary. Assottiglia le palpebre e riduce in due fessure gli occhioni sufficientemente grandi che si ritrova, piuttosto, arricciando le labbra e spostando il mento verso l`alto, piano, mentre le dischiude e sospira ancora. Alla ricerca di una pazienza che non ha da un bel po` di giorni a questa parte, con l`aumentare del tempo a disposizione. Gli occhi scivolano pigramenti su volti altrui che non conosce e che, forse, non conoscerà mai, mentre si mordicchia appena le vermiglie per preferire tacere, piuttosto che attaccare a parole David. E` più di questo. Ed è persino di più della voce che gli penetra nella testa tanto all`improvviso, costringendolo a spalancare gli occhi e guardarsi attorno, alla ricerca del proprietario maschile della voce in questione. Ma niente: tutti continuano con la loro vita e JEDEDIAH lo indica, addirittura, ringraziandolo per parole che ora sono già più lontane, alla sua memoria. O addirittura ACONITE che lo chiama "Signore", da brividi. Eppure spalanca gli occhioni chiari e niente, si sofferma sul vuoto. La voce parla di nuovo, mozzandogli il fiato. Seth. Seth McIntyre è tornato? Ricorda il Dio Egizio avesse una voce simile e lo stesso sarcasmo. Intanto è sbiancato in volto, circondato da un workshop troppo allegro e lui, invece, costretto a sudare freddo per chissà cosa. O magari è Osiride che dopo tanto tempo torna a vedere cos`ha lasciato? Perché tutti hanno continuato a fare ciò che stavano facendo e lui, intanto, è finito con le mani nelle mani, avambracci poggiati sulle cosce nei pressi delle ginocchia di entrambe le gambe, deglutendo saliva e smettendo di respirare tanto rapidamente. Ad occhio esterno sembra stia avendo un estraneamento degno di Jacquelyn Pearse che, invece, si appresta semplicemente a guardare male un DAVID sufficientemente impegnato ad insultare colui che ha proposto divise maschili simile a quelle del Quidditch. E poi quell`altro, Sebastian, che è finito col curvare la schiena, maggiormente portato in avanti e piegato sul suo stomaco. « non sei reale, non sei reale » ripetendo a se stesso, chiudendo gli occhi e portando entrambe le mani sulle tempie. Voce impastata dal terrore.Trema persino, impercettibilmente. Sta diventando pazzo, lo sente. « se non ti piace come vivo puoi andartene a fanc- » crup. Fancrup, intende. Sono sussurri udibili soltanto da chi gli sta vicino, se qualcuno gli stia sufficientemente vicino, insomma, pronunciati ad occhi chiusi e contornati dalla delicatezza del dramma tutto personale che sta vivendo. Si costringe a tornare alla realtà delle cose comuni e fortunatamente Ilary parla tanto, per quanto sia difficoltoso non avere timore che qualcosa di grosso stia accadendo. Eppure lei è la sua ancora da sempre, forse è proprio per questo che cerca, molto a tentoni, di concentrarsi sul suono della sua voce per cercare tranquillità. Non parla, però, nonostante la chiara frecciatina, nei suoi confronti, da parte di Ilary. Teme si noterebbe decisamente il suo stato mentale. A Jacquelyn, d`altro canto, il ruolo che l`è stato assegnato non piace neanche per sbaglio, costringendosi ad apprestarsi a quei Vestis e allo sbacchettare di Ilary con sguardo basso e silenzio tutto intorno - soltanto occhiate, di tanto in tanto, verso cose che disapprova, ma pur sempre con garbo andante. Cerca distanze anche da David, neanche temesse di ricapitare troppo vicina a lui, un po` come quella sera, nel vicolo, vicino casa di Cisco. 00:22 28/8 David_ArangoVillegas  (Domenica pomeriggio ; sede wwffb ; workshop sartoria) E ACONITE ha il grazioso potere di zittirlo, per il trionfo e soddisfazione di EMMA che segretamente si degna non punirla troppo la prossima volta. Lui incassa la perfida indifferenza altrui con un`ostentata noia e l`aria di non crederle affatto, tsk. Piuttosto torna per un attimo a inquadrare Faunya e Jedediah che bisticciano prima del siparietto a favore del cheerleading a cui s`aggiunge Emma, silenziosamente, con la sua aura da Megera che ti sta maledicendo la scopa, caro Sebastian. David, bersaglio di quella replica, stiracchia piano le labbra in un sogghigno ch`è tutta una provocazione derisoria a fargliela indossare davvero la gonna, che tanto non è lui quello dalla fragile mascolità come Sebbiebear. Raggiunto tutto innocente (...) il palco, concentra le sue attenzione sull`evitare a sua volta JACQUELYN, tanto per cambiare, non riuscendo però a perdersi la maniera in cui Ilary la gestisce e ciò che questo comporta. E così sospira piano, lui, costretto a ignorare e segue piuttosto la dipartita improvvisa di EILEEN che Emma sì, prova a bloccare con l`allarme di un Basilisco davanti alla preda, anche lì ferma al suo posto, senza che però nulla funzioni. Succede tutto in un attimo: Ilary lo sta Vestistendo, Jacquelyn lo ignora, Emma ribolle di rabbia e lui... : « Io lo trovo un modo per farmi perdonare » le dice con tono calmo e lo sguardo mezzo tediato di sempre che semplicemente dona quanto meno serietà alla sua espressione. « Non puoi certo scappare così. » Okay, c`è da Schiantarlo comunque, non è chiaro. Tranquillo e avvulso dai drammi attorno a sé, così appare nell`infilarsi nel mani nelle tasche di questi nuovi pantaloni, mentre a pochi passi da lui Sebastian pare raccogliersi in se stesso come accusando un mal di pancia - così ci dicono - e che si guadagna un altro sorriso storto neanche fosse questa la sua punizione per aver sparlato prima. « Emma, smettila di torturare il suo voodoo. » 00:30 28/8 Jedediah_Bradlaw | WWFFB / Domenica Pomeriggio | Fa gonfiare le guance d’aria e la butta fuori in una pernacchia che vuole lasciare intendere anche un po’ di esasperazione e stanchezza nel commento di FAUNYA. « Mapperfavoreeee! » Lo sanno tutti che non c’è vetrina migliore del cheerleading per farsi vedere e per vedere. Nel momento in cui si scambia quello sguardo con ACONITE, il Serpeverde stacca lo sguardo dal suo non tanto per rendersi sconfitto, quanto più per rendersi un vincitore: le fa un occhiolino ed in seguto alza le sopracciglia, mordendosi un labbro esibendo anche un sorrisetto troppo furbo e malizioso. Poi non le degna più attenzione, e sposta le iridi nere altrove. Altrove trovando ILARY che ancora una volta deve arginare i problemi e mettersi sotto con le idee che un branco di ragazzini dicono uno dopo l’altro. « Bhe, no. » sbattendo le palpebre verso la ragazza che replica alla sua contestazione verso Faunya. « Non solo. » Quante volte lo deve dire? Alza ed abbassa le spalle a seconda della posizione che assume, non mantenendo la stessa per troppo tempo, col rischio di affondare tra i cuscini. « Ou! Ma qui non stiamo parlando della veste da mago tradizionale! » E lui è Irlandese. Ha kilt e tutto l’occorrente di quella parte di mondo in cui, come in scozia, gli uomini girano in gonnella in certi momenti della vita. E per quanto sia attaccato alle tradizioni, non vuole andare in giro in gonna. Non è una cosa tipo carnevale. « Bha. » può anche decidere che per Serpeverde non ci sia niene di equivoco, tanto non è un problema suo. Queste Corvonero si lamentano tanto, ma poi sulla sua divisa non avranno davvero voce in capitolo, perciò fa spallucce e si adagia di nuovo tra il morbido dei poufs in cui si trova. Distende il sorrisetto del bravo ragazzo verso FAUNYA, ricambiando il suo sguardo: oh, ma io dico sempre cose giuste! « Deve essere la nostra divisa, ecco. Voglio portarla e voglio che sia bella. Un mantello coordinato non mi dispiacerebbe, tanto per renderlo… ufficiale, ecco. » Ufficiale a cosa non lo sa, sa solo che non vuole sembrare un pagliaccio, possibilmente. « Ou, ma è un falci? » snaso che vede brillare vicino ad uno dei poufs, senza pensarci due volte va a controllare meglio per intascarsi il più veloce possibile anche un misero falci. È l’esatto opposto del povero, ma è anche un po’ ladro. 00:49 28/8 Ilary_Wilson (Domenica pomeriggio ; sede wwffb ; workshop sartoria) «Mh, mh» ha annuito ai commenti e alle idee tirate in ballo, sorridendo nell`invitare tutti a continuare a segnarle o disegnarle. «Belle idee, sissì. Mi pare che abbiamo un Quattro Punti con cui iniziare ad orientarci nel mare di possibilità che avevamo» osserva con un sorriso soddisfatto, mentre Eileen si congeda dal gruppo. «Oh, nessun problema. Ma se sei fra le cheerleader ricorda di passare a dare le misure!» non scordiamoci della parte più importante, che conta di organizzare in un secondo momento, convocando le squadre al completo. Uno sventolio tintinnante saluta la corvetta in uscita mentre gli occhi chiari tornano a concentrarsi sull`animata discussione degli astanti, che la porta ad afferrare anche lei un dolcetto fluttuante, che addenta mentre incrocia le scarpette di vernice, ancora attenta, soffocando un sorriso segretamente orgoglioso per come Faunya replichi giusta-cordialmente a Sebastian. «È il motivo per cui Utopia ha scelto di regalarvi queste divise» osserva dopo aver deglutito «Sostenere lo sport» la legittima, sforzandosi di non ridere apertamente del piccolo teatrino messo sù dai bulleggiamenti verso un adulto; che la portano a cercare lo sguardo di SEB per convidivere uno di quegli sguardi divertiti, da persone grandi che ignorano i piccoli, coff. O almeno ci prova, visto che quest`ultimo non sembra molto in vena di ridere. «Mi piace...» torna faticosamente al dibattito «una sorta di capo accessorio per il tempo libero? Che attesti la vostra appartenenza...può essere un mantello quattro stagioni, così che sia sempre indossabile. O renda scenica la divisa prima della partita o alla fine, senza che poi intralci durante l`esibizione» propone radiosa. «E nulla vieta a ciasciuno di indossare la divisa che preferisce. Maschile o femminile che sia» Aconite. Scrollando le spalle come se non ci fosse alcun tipo di problema. «Maaa vi ricordo le magliette» commenta con cipiglio pensieroso alla volta di Faunya, affrettandosi poi a spiegare a tutti. «Miss Florent e Miss Pearse hanno avuto una grinzafichissima idea per supportare la ricostruzione di Fortebraccio» senza precisare oltre riguardo il nefasto evento che tutti sappiamo. «Non che la comunità ferita, con un`iniziativa di supporto e vicinanza» solenne, nel suo dire. «Ho parlato con i responsabili del progetto cheee mi hanno accordato la possibilità di usare parte dei fondi per realizzare una campagna di solidarietà: magliette di ghiaccio raffiguranti...creature magiche che mangiano il famoso gelato, come suggerito dalle vostre compagne. I fondi raccolti andranno a finanziare la ricostruzione» fiera della trovata delle sue pargolette (?), visto come gonfia il petto sorridendo ad entrambe. «Sarei felice di realizzarle, ma questo richiede un sacrificio collettivo di..rinuncia a qualche materiale troppo pregiato o...capo di troppo» tristemente deve riportarli alla realtà dopo quei voli alti, alla maniera della signora March in piccole donne il giorno di Natale. «...In più vi chiederei una bacchetta» mano «con la bozza dei disegni da mettere sopra, se siamo tutti d`accordo a fare questa cosa...Emma?» no more vodoo «O chiunque abbia voglia di disegnare» prendendo in mano pergamena e carboncino. «Gli altri possono concentrarsi sugli accessori» e accenna alle scatole presenti «Oltre agli abiti su cui ragionerò con calma...ci sono nastri per capelli, cerchietti, nastri per gli esercizi ooo altri dettagli che possiamo appuntare sui vestiti o intorno a braccia, gambe e...» gesticola «insomma sbizzarritevi, lì avete tutto l`occorrente. Io posso passare tra i pouf a darvi qualche dritta o aiuto» pratico si intende. E non è per dispetto o offesa se ignora le uscite da schiantesimo di David, riuscendo solo ad allungare le dita della mancina verso un suo braccio, da stringere con l`avvertimento misto alla richiesta di tacere, che probabilmente ritiene non ci sia più nulla da scherzare. Per scusarsi di quella confidenza ha persino la premura di stiracchiargli un sorriso grato, ma un poco teso, mentre dà compiti da fare in classe come ogni professore che si rispetti (?) fa quando ha altro di meglio da fare. Vaga. E lei ha Sebastian da andare a controllare con non poco allarme nelle iridi, visto che lo conosce troppo bene per sperare David lo abbia zittito con così poco. «Al lavoro, sussù! Vi ho messo a disposizione un intero laboratorio e non capita tutti i giorni» grandi privilegi, mentre infila la bacchetta dietro l`orecchio e batte le mani per attivare il laboratorio manuale. «Potete consegnarli o tenerli» i vostri lavoretti «il succo di zucca è imparare a mettere la vostra fantasia su stoffe e nastri» piccole cose, ma non potendo usare la magia si parte da qui, con ago, filo e tanta manualità. Mentre lei scende frettolosamente dal palco, lasciando liberi i volontari e alzando con un colpo del catalizzatore il volume del grammofono, cosicché il clima allegro e ritmato faccia da sfondo ai pasticci dei ragazzi e...nasconda eventuali crisi mistiche a fondo sala, coff. Ci scusiamo per il disagio. 00:53 28/8 Aconite_McNiadh (Domenica pomeriggio, sede wwffd,teatro in disuso) «Ma vedi» Cerca di attirare di nuovo l`attenzione di FAUNYA, piazzando gli stivali su due porzioni di pavimento lasciate libere dall`ingombro dei cuscini, nel mentre che , con un secondo tonfo del didietro, le si side accanto in una posizione più allineata. «Non sarebbe ugualmente divertente se mettessi la divisa dei maschi. »Al contrario lo sarebbe se i maschi indossasero dei gonnellini e no, non quei virili kilt scozzesi. «Oppure delle folate di vento o degli spruzzi d`acqua, tipo onde del mare» Fa eco alla concasata nell`elencare gli elementi restanti. «Ma ora che ci penso non è tanto coerente perchè le casate non hanno un elemento fisso. Magari una testa di grifone che spalanca le fauci per Grifondoro e così via per le altre?» Le sue proposte finiscono qui perchè è troppo impegnata a fare a gara di sguardi con Jed che lo distoglie per primo con una smorfia, che lei ricambia con un`alzata di sopracciglio puntandogli dei gelidi occhi verdi contro dai quali sembra trapelare un "Tsz, principiante".Assiste allo scambio di battute fra Sebastian e David scoppiando in una risata più plateale, sebbene non troppo rumorosa , trattenuta com`è dal ghigno che si porta addosso. «Signore, vuole...» Si issa in piedi con un balzo, annullando la distanza che la separa da SEBASTIAN con qualche passo veloce. Si china un poco verso l`uomo, ormai solo a una spanna di distanza . «Vuole andare in bagno? Non la regge più? Succede a una certa età» Probabilmente ILARY arriverà in tempo per sentire un (falsamente) innocentissimo trillo femminile «Vuole che chiami David così ce la accompagna?»
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camillasernagiotto · 7 years ago
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10 gadget hi-tech da mettere in bagno
Dalla bilancia che ti consiglia cosa mangiare per ritornare al peso forma al soffione per doccia che integra uno speaker per ascoltare musica, oggi in bagno si può fare una nuova esperienza: un’immersione totale in un bagno di tecnologia
C’è chi dice “bagno” e pensa a una rivista da sfogliare, a una saponetta di Marsiglia o di Aleppo e allo specchio vintage della nonna. C’è poi chi pensa a tutt’altro, ossia a soffioni per la doccia con speaker audio integrati, tavolette per il water che scaldano e illuminano il sedile della tazza nelle notti più gelide d’inverno, addirittura bilance che ti stilano la lista della spesa per perdere ciccia e tornare al peso forma.
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oggettosmarrito-blog · 8 years ago
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Il compleanno a Milano. (La sfida)
Matteo, Sandra e tutti gli altri invitati erano già arrivati da un pezzo al locale, mancavano solo loro due. Proprio quella sera la Renault di sua mamma aveva deciso di fare i capricci. Era una Clio RT 1.4 del 1992 a carburatori; andava come un missile, beveva come Sue Ellen di Dallas e frenava come la Diligenza Postale del San Gottardo. Aveva sempre fatto il suo dovere però. Fino a quella sera; quando per un motivo a lui ignoto aveva incominciato a tossire sonoramente e a procedere con una lentezza imbarazzante proprio nel centro della città. Mancavano solo cinque o sei chilometri per arrivare, ma a quella velocità ci sarebbe voluta tutta la sera. Lui si era messo la camicia azzurra che non metteva mai e un paio di levi's appena comprati. Lei, di fianco, si stava caricando di rimmel le ciglia già smisuratamente lunghe. Era infilata in un tubino nero che sembrava cucito addosso, collant 15 denari e un paio di sandali di vernice più illegali di un chilo di cocaina sotto il sedile della macchina. Il bar era uno dei tanti schierati sulla sponda sinistra del Naviglio Grande. Tentare di arrivare al parcheggio della Darsena a quell'ora sarebbe stato un suicidio, così da via Valenza svoltò a destra su via Casale e dopo una cinquantina di metri, per intercessione divina, vide un buco sulla destra. Accelerò bruscamente per lasciare il vuoto dietro di sè, freccia, freno, frizione, retromarcia e con una manovra da maestro, esclusivamente frutto del culo, la infilò dentro in meno di sei secondi. Scesero dall'auto che nel locale stavano già portando i primi aperitivi, cominciarono a correre ma dopo venti metri lei gli urlò che avrebbe perso i tacchi entro pochi passi. Rallentò, la aspettò avvicinarsi, la prese in braccio e continuò a correre fino all'ingresso del bar. La rimise delicatamente in piedi, si sistemarono gli abiti ed entrarono. Sua sorella Sandra fu la prima ad andarle incontro chiedendo cosa avesse causato tutto quel ritardo, lei rispose che c'erano stati dei problemi col parcheggio. Matteo arrivò subito dopo stringendo la mano di lui così forte da lasciargli quel consueto indolenzimento che normalmente durava per più di un quarto d'ora. Lui odiava Matteo, era un narcisista saccente talmente devoto a Bertinotti da mimarne persino le movenze. Sandra no, Sandra era gentile con lui, certe volte lo cazziava pesantemente, ma sempre con un pizzico di tenerezza. Non aveva mai capito che cosa ci trovasse in quell'uomo borioso e tronfio che si era scelta come fidanzato, ma era il suo compleanno, e così si tolse quella faccia pensierosa che aveva e le fece un gran sorriso dimenticandosi addirittura del suo imbarazzante diastema. C'era molta gente quella sera, così loro due si sistemarono su un divanetto vicino alla finestra; lui stava finalmente per baciarla dopo tutto quel trambusto quando arrivò puntuale Matteo con i drink in mano. Diede un Americano a lei e un Negroni a lui, poi gli disse: "Oh Lenticchia; Sandra mi ha detto che sei uno che beve. Bevi!" lui lo guardò con aria di disprezzo, poi diede uno sguardo al cocktail e lo bevve in tre sorsi. Gli porse il bicchiere e disse: "Buono, bravo." Matteo se ne andò e lui poté finalmente baciarla mentre risplendeva in quella mise irresistibile. Non passò nemmeno un quarto d'ora che Matteo ritornò con un secondo Negroni in mano accompagnato dalla sua solita faccia da professore fallito. Gli porse di nuovo il drink e gli disse: "Dai, visto che sei uno che beve, fattene un altro." Lui sbuffò, glielo tolse dalle mani e lo finì in quattro sorsi secchi. Gli diede indietro il vuoto e non gli rispose neanche. Era chiaro che stava cercando di farlo ubriacare; questa cosa da un lato lo offendeva terribilmente e dall'altro lo spingeva alla sfida. Non dovette attendere molto perché lo stronzo arrivò col terzo, lei lo guardò come per dire di non farlo ma lui allungò la mano e prese il bicchiere. Lo buttò giù in due colpi, uno lunghissimo e il secondo breve; come per dimostrare che avrebbe potuto farcela col primo. Matteo lo guardò e lui capì dal suo sguardo di essere ubriaco. Passarono circa venticinque minuti quando cominciò a sentire lo stomaco tramare contro di lui. Passò in rassegna tre possibilità. La prima, andarsene dalla festa con lei. La seconda, uscire con una scusa a prendere una boccata d'aria; col rischio che qualcuno lo seguisse. La terza, andare al cesso. Scelse l'ultima. La guardò e le disse: "vado a pisciare" ma gli uscì con un accento a metà tra Shel Shapiro e Brian di Brian & Garrison in versione alcolizzato. Si alzò e si fece largo fra gli invitati cercando di mantenere un aspetto e un'andatura che non tradisse la sua condizione reale. Trovò la porta della toilette, la aprì, passò davanti allo specchio evitando di guardarci dentro; diede una spinta alla porta di sinistra e se la richiuse dietro, la luce si accese all'istante illuminando la tazza candida e scintillante davanti a lui. Si inginocchiò e ci vomitò dentro un litro di benzina arancione in quattro getti precisi. Uscì, si sciacquò la bocca e controllò la camicia allo specchio, riempì di acqua gelata il lavabo e ci infilò la faccia. Alzò la testa, si guardò. A posto. Uscì come nuovo, colorito ripreso e stomaco leggero; al mal di testa ci avrebbe pensato il mattino seguente. Attraversò il locale dirigendosi verso di lei. Mancavano solo tre metri quando da destra arrivò Matteo che gli mise in mano il quarto. Lui lo guardò come si guarda chi si odia e, sfoderando il suo miglior sorriso, gli disse: "Grazie, avevo proprio sete!" poi gli mimò un bacio di sfida. Si voltò e tornò da lei.
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pangeanews · 6 years ago
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“Siamo tutti colpevoli di qualcosa. Il Paradiso non esiste. Esiste solo l’Inferno”: il Grand Tour di Horace Walpole e di Thomas Gray. Un racconto di Gianluca Barbera
Ormai, francamente, che importa del Premio Strega, come sempre lo scrittore trascende il can can della premiopoli nostrana, è già altrove, alfiere dell’altro, del nuovo. Il romanzo d’avventura – e avventato – di Gianluca Barbera è stato uno dei più incredibili successi della stagione letteraria in corso. Pubblicato da Castelvecchi – non un colosso, come dire – “Magellano” ha solcato con successo i mari del consenso pubblico (ha venduto assai, portandosi a casa, tra l’altro, il Premio Città di Como, il Città di Fabriano, il Premio Scrittori con gusto e conquistando la finale al Premio Costa Smeralda) e di critica (al di là dell’immane rassegna stampa, il libro è stato portato sul ciglio dello Strega da Arnaldo Colasanti, che ne ha scritto così: “Magellano di Gianluca Barbera è una vera sorpresa nel panorama della letteratura italiana contemporanea. Nelle forme apparenti del romanzo storico, è di fatto un libro incessante di avventure e di scoperte, con un gusto libero per il romanzesco e una intensità narrativa che, a tratti, ha dello strabiliante”), anche oltre i confini nazionali (è tradotto in Portogallo e in Brasile). Ora, a un anno di distanza da “Magellano”, Barbera si orienta verso il prossimo romanzo, “Marco Polo”, edito da Castelvecchi, in maggio. L’ho letto in anteprima: Barbera s’insinua nel meraviglioso con agio raro, con malizie narrative da incantatore. Il romanzo è riassunto entro i confini di questa frase, epigrafica: “Sono giunto a dubitare perfino di me, della mia identità; e parecchie notti ho sognato di non essere me stesso, Marco, di averlo incontrato su una pista carovaniera e di essergli stato accanto così a lungo da finire per credermi lui, dopo la sua morte per mano dei predoni. E di prenderne il posto, per tenerlo in vita, e con lui la sua storia, che mai potrà essere dimenticata. Ma chi può dire cosa è vero e cosa è falso. Io meno di tutti; perché ciò che importa è la storia: e quella deve durare in eterno”. Come antipasto al romanzo, pubblico un racconto inedito che esemplifica l’arte narrativa di Barbera. “Grand Tour” (questo il titolo originale) narra il viaggio in Italia di Horace Walpole, lo scrittore de “Il castello di Otranto”, e di Thomas Gray, il poeta dell’“Elegia scritta in un cimitero campestre”. Il viaggio dei due illustri è il pretesto per una serie di avventure emblematiche – strabiliante la gita a Roma, micidiale lo sketch con il ‘Senesino’, cioè Francesco Bernardi, notissimo castrato che ha lavorato a lungo con Händel. Insomma, Barbera si è inventato un nuovo genere, che guarda alla freschezza di Robert Louis Stevenson e alle arguzie di Jorge Luis Borges; fluidità narrativa, cioè, ben assecondata dall’arguzia. Una scrittura per il nuovo tempo. Si sente, leggendo, che Barbera si diverte – per questo, ci divertiamo anche noi.
***
“L’era della velocità e del confort ha scoperto con sempre crescente interesse la seduzione dei viaggi narrati, il fantasioso diletto del viaggiatore sedentario, confinato nella propria gremita solitudine”. Quando viaggiare era un’arte, Attilio Brilli
“Senti un po’ cosa scrive il caro Adam. Sembrano parole tagliate su misura per noi”.
“Il caro vecchio Adam? Ancora scrive?”.
“Eccome. E senti con che maestria lo fa: Contrariamente a quanto si pensa, i giovani che si recano all’estero per compiere la loro educazione al ritorno sono più vanitosi, dissoluti e inetti di quanto sarebbero stati se fossero rimasti a casa”.
“Oh oh” ghignò Thomas.
“Ma non è tutto” continuò Horace. “Senti che affondo: I turisti inglesi a Parigi offrono uno spettacolo indecoroso. Bevono fino a notte fonda, poi tornano a casa barcollando, a meno che non finiscano per inciampare in qualche bordello lungo la strada. E così il resoconto del loro viaggio si riduce all’elenco delle bottiglie scolate e a quello delle avventure da postribolo”.
“Sembra proprio che parli di noi” fece Thomas.
“Quel che gli rode” osservò Horace “deve essere il fatto che un giovane durante il suo apprendistato in Europa rischia di acquisire quella scaltrezza che gli consentirà una volta tornato in patria di tenere testa proprio ai vecchi satiri del suo stampo”.
“Pare che quando fu il suo turno, a Siena, abbia insidiato più di una giovinetta. Circola un gustoso aneddoto che lo ritrae mentre a Firenze seduce una cameriera venuta a recargli in camera una tazza di cioccolata; per di più incinta!”.
“Chi non può più dare il cattivo esempio si consola dispensando cattivi consigli. O qualcosa del genere”. Emise un paio di starnuti.
“Salute”.
“La verità” proseguì Horace “è che Adam ce l’ha con questa moda un po’ fanatica, dobbiamo riconoscerlo, di viaggiare su e giù per il vecchio continente. Oggigiorno si può dire che non vi sia inglese di buona famiglia e di qualche ambizione che non voglia godere dei piaceri offerti da un viaggio in Italia. La guida del Sandy consiglia di attraversare lo Stivale, fino in Sicilia, possibilmente senza mai ripetere lo stesso percorso, godendo di ogni possibile scorcio pittoresco, senza trascurare il più piccolo dei tesori nascosti. E tuttavia disponendo ogni cosa in modo da trovarsi a Venezia nei giorni del carnevale, a Roma per la Settimana Santa, a Napoli per la processione di San Gennaro e a Bologna per i festeggiamenti in onore del Santissimo Sacramento, considerando che Firenze e Siena sono godibili in ogni periodo dell’anno. Che te ne pare?”.
“Ti dirò, non vedo l’ora di scendere da questa portantina. Ho le ossa rotte e il mal di mare. Piano, ragazzo! Così mi fai precipitare di sotto!”.
Il sentiero correva tra terrificanti strapiombi. In lontananza distese di boschi di pino a perdita d’occhio e qua e là giganteschi ammassi di roccia che lasciavano intravedere crepacci dalle cui profondità saliva il gorgogliare di ruscelli. I dieci portantini, scuri di pelle e nodosi, si muovevano agili sul sentiero sconnesso, simili a capre selvatiche, senza spiccicare parola, dandosi ogni tanto il cambio. A Horace e Thomas a tratti sembrava di volare.
“Credi che ci imbatteremo in qualche orso?” fece Thomas, che lo seguiva a poca distanza nella portantina rinforzata, tale da reggere il suo peso.
“Me lo auguro. Renderebbe il viaggio più vivace”.
“Stando alla mappa” lo interruppe Thomas, “tra poco raggiungeremo il valico. Dall’altra parte, se non vi sarà foschia, potremo scorgere il primo lembo di suolo italico; si dovrebbe anche poter distinguere il villaggio di Susa”.
*
In anteprima, mostriamo la copertina del nuovo romanzo di Gianluca Barbera, “Marco Polo”, che sarà edito da Castelvecchi in maggio
Avevano lasciato Lione diretti a Torino otto giorni prima, dei quali quattro solo per guadagnare il versante savoiardo del Moncenisio. Il viaggio era stato abbastanza deprimente, tra locande affollate, facchini, osti, vetturini, questuanti e file ininterrotte di muli che andavano su e giù scampanellando e sollevando un polverone frammisto a escrementi. Dalla Svizzera, come scriveva la guida, si poteva giungere in Italia solo attraverso i passi del Sempione e del San Gottardo, che conducevano a Milano passando per il Lago Maggiore. Oppure attraverso quello del San Bernardo. Provenendo dalla Francia invece, come nel loro caso, era d’obbligo passare per il tortuoso valico del Moncenisio.
Lasciata Lanslebourg, sul versante francese, e giunti ai piedi dell’imponente massa del Moncenisio, avevano dovuto scendere dalla carrozza per consentire che venisse smontata e caricata sui muli. Da lì in poi erano stati trasportati su portantine di fortuna, ricavate legando un sedile di vimini su due robuste barre di legno, sballottati come sacchi tra pendii scoscesi a tratti lastricati di ghiaccio e fiumi da guadare. La carovana, composta da nove muli carichi dei bagagli dei due gentiluomini, procedeva ordinata lungo pestifere mulattiere o sentieri appena segnati, attraverso passi alpini di orrida magnificenza.
Giunti nei pressi di un bosco di conifere si concessero una sosta. Horace scese dalla portantina e liberò il suo spaniel in modo che potesse sgambettare un poco e fare i bisogni. Thomas sedette su una roccia e aprì il suo album da disegno per eseguire qualche schizzo del paesaggio. Dopo essersi acceso un sigaro Horace prese a conversare col postiglione, mentre questi rifocillava i muli con avena e pane raffermo. All’improvviso dal folto del bosco sbucò un lupo che con mossa fulminea azzannò alla gola il povero Toby e prima che potessero impedirglielo sparì tra le rocce trascinandolo con sé.
Horace non poteva credere ai propri occhi. Tuttavia Thomas pareva il più sconvolto dei due. Lasciati cadere a terra album e matita, scattò in piedi.
“Dio mio!” si lasciò sfuggire, in tono lacrimevole, lanciando occhiate nervose qua e là. “Che possiamo fare?”.
“Ben poco, temo” rispose Horace, facendosi il segno della croce e volgendo lo sguardo al postiglione. Non era credente, ma quel gesto gli era sorto spontaneo.
Il postiglione, un uomo che pareva intagliato nel legno di cirmolo, scosse il capo a conferma del fatto che nulla potesse essere fatto per salvare il cane. Non restava che rassegnarsi.
Consumarono un frugale pasto, in rispettoso silenzio, senza alzare lo sguardo dalle gavette.
“Viene da rimpiangere di non aver preso la via che da Nizza porta a Genova” disse Thomas mandando giù l’ultimo boccone. “Pare che il tratto iniziale sia ripido e tortuoso e attraversi monti da incubo. Poi però la strada corre lungo il litorale e, stando alla guida, si aprono scorci di incredibile bellezza, tra i borghi di San Remo, Ventimiglia e Bordighera”.
“Così dicono” rispose Horace, lo sguardo perso nel vuoto.
“Oppure avremmo potuto optare per la via di mare, a bordo di una feluca” continuò Thomas.
 “Già. E invece, per voler dar retta al Sandy, abbiamo scelto questa maledetta via” sbottò Horace.
“Chissà che non sia d’ispirazione per il tuo romanzo” azzardò Thomas.
Siccome l’altro non si decideva a rispondere, insistette: “A che punto sei?”.
“A buon punto”.
“Hai già scelto il titolo?”.
“Mhm… Il castello di Otranto” bofonchiò qualche istante dopo Horace, continuando a masticare e sempre fissando davanti a sé.
“Di che parla, se posso chiedere?”.
“Una complicata storia di spettri” disse laconico Horace. Non si sbottonava mai riguardo ai suoi scritti. Era sempre così pieno di riserbo, addirittura di mistero. A maggior ragione in quel frangente.
“Recitami qualche verso della tua elegia” aggiunse un attimo dopo. “Mi farà un gran bene”.
“D’accordo” fece Thomas deponendo gavetta e posate sulla tovaglia stesa sul prato e cavando dalla bisaccia un fascio di fogli; trovato quello giusto cominciò a leggere con la voce incerta che gli spuntava ogni volta che leggeva un suo componimento:
“Sotto gli olmi frondosi, all’ombra dei tassi – là dove troneggia la zolla come su sparse rovine – dormono gli avi del villaggio, nei loro loculi li avvolge l’eterno riposo. Mai più li sveglieranno nel letto mattini luminosi e pieni di promesse, odoranti d’incenso e di aria pura, non gli infiniti garriti delle rondini sotto i tetti di paglia, né il canto del gallo, e nemmeno l’eco di un corno. Mai più nel focolare arderà per loro un grosso ceppo; nessun bambino correrà ad avvisare che il babbo è sulla via del ritorno, o sulle sue ginocchia andrà a sedersi per il sospirato bacio…”.
Si udì un ululato; poi un secondo, un terzo.
“Meglio rimettersi in viaggio” disse il postiglione nel suo stentato inglese.
*
Gianluca Barbera insieme a João Neto, direttore del Museu da Farmàcia di Lisbona, dove lo scrittore ha recentemente presentato “Magellano”
Giunti sul versante italiano ed espletate le formalità doganali iniziarono la discesa. Fortunatamente passaporti, visti d’ingresso e bollettini sanitari erano in regola. Non appena il sentiero lo consentì fu rimontata la carrozza e quando il viaggio poté riprendere i due gentiluomini tirarono un sospiro di sollievo. Lungo un tratto in salita però i muli si misero di traverso e malgrado le sferzate non vollero saperne di avanzare. Trovandosi sull’orlo di un precipizio Horace e Thomas scesero dalla carrozza, giusto in tempo per non finire di sotto. I muli difatti rincularono di colpo e carrozza e animali rovinarono giù per la scarpata. Per fortuna dopo una decina di metri la corsa delle due bestie si interruppe contro una barriera di arbusti. Un po’ smarrite, si rialzarono e come se nulla fosse presero a pascolare. Le condizioni della carrozza invece, che aveva continuato a rotolare fino a sbattere contro un grosso masso, erano pessime: un paio di ruote fracassate oltre all’assale spezzato.
Pochi minuti dopo, mentre il postiglione cercava di riparare il riparabile scoppiò un temporale. Calavano le prime ombre della sera. Trovarono riparo in una grotta. Horace e Thomas si tolsero galosce e waterproof grondanti e trassero dal nécessaire l’occorrente per preparare un tè alla vaniglia. Il postiglione accese un fuoco attorno al quale tutti presero posto allungando le mani verso la fiamma. Non appena le condizioni del tempo lo permisero, caricarono i muli a più non posso e proseguirono a piedi. Ben presto si fece buio pesto. Il postiglione si apriva la strada con una torcia. A un tratto si udì una voce: “Altolà!”.
Horace mise mano alla pistola e alzò il cane.
“Chi siete?” disse la voce in inglese.
“Gentiluomini diretti a Susa” fece Horace. “E voi?”.
“Anche noi” disse la voce. “I nostri cavalli sono fuggiti piantandoci in asso”.
“Fatevi avanti e lasciatevi riconoscere”.
Il postiglione nel frattempo era avanzato di qualche passo con la torcia, illuminando il volto di due individui dall’aria distinta e un poco spaventata.
“Permettete che ci presentiamo” disse uno di loro. “Io sono Dominique Vivant Denon, modesto studioso d’arte, e questi è monsieur Louis Ducros, valente pittore”.
Ci fu uno scambio di convenevoli e galanterie.
“Se poteste aiutarci a recuperare le cartelle coi nostri disegni” disse Ducros “ve ne saremmo grati. Anche se temo che il temporale li abbia assai malridotti, se non del tutto guastati. Stiamo raccogliendo materiale per un libro destinato a viaggiatori curiosi e ad appassionati di bellezze artistiche e rarità archeologiche”.
“A quest’ora?” domandò Thomas.
“Siamo stati sorpresi dal temporale, proprio come voi, immagino”.
I quattro gentiluomini si scambiarono una quantità di sorrisi.
“Se volete possiamo guidarvi fino al paese, non è lontano. Appena un paio di miglia. Conosciamo la strada e visto che avete la torcia sarà un gioco da ragazzi”.
“Dove alloggiate?”.
“Alla Locanda del Grifone”.
“Anche noi” fece Horace. “Ci concederete l’onore di avervi ospiti a cena?”.
I due francesi si scambiarono un’occhiata.
“Con piacere” disse Denon.
*
Più tardi si ritrovarono, asciutti e ripuliti, nella sala comune per condividere una cena a base di cacciagione, pollame, cavolfiori lessati e pane nero; il tutto annaffiato da vino rosso tanto abbondante quanto scadente.
Il fuoco divampava nel caminetto, mentre il girarrosto continuava a cigolare, lo spiedo carico di carni sfrigolanti. Alle pareti era appeso di tutto: da piatti di terracotta e di stagno a finimenti per i cavalli; mentre dal soffitto a travi pendevano prosciutti, pezzi di lardo, pentole, ceste di vimini, gabbiette per uccelli. Un tanfo di cavolfiore saturava l’aria. Agli altri tavoli sedevano turisti di varie nazionalità, oltre ad avvocati di passaggio, commercianti e uomini di fatica.
“Immagino viaggiate muniti di lettere di presentazione” disse Denon vuotando il bicchiere con uno schiocco delle labbra.
“Ne abbiamo quante ne volete” rispose Horace. “Da qui all’Islanda, nel caso ci venisse la fregola”.
“Molto bene. Mi raccomando” proseguì Denon in vena di consigli, “non mancate di dare una lauta mancia allo stalliere o ne vedrete delle belle. Circola voce che lo scrittore Tobias Smollet, vostro connazionale, mentre si trovava a Buonconvento, località non lontana da Siena, proprio dove all’imperatore Arrigo VII fu servita un’ostia avvelenata, rifiutò di dare la mancia lo stalliere; e questi, per vendicarsi, la mattina seguente attaccò alle tirelle della carrozza due cavalli giovani e focosi, i quali alla prima curva a gomito li trascinarono, carrozza e bagagli, giù per un dirupo”.
“E un’altra cosa” intervenne Ducros. “Fate attenzioni alle maestranze. Qui sembrano tutti in combutta tra loro per defraudare i viaggiatori stranieri”.
“Noi siamo persone di manica larga, vero Thomas” disse Horace dando di gomito all’amico. “Se si vuole viaggiare senza preoccupazioni bisogna saper allentare il cordone della borsa, all’occorrenza. O si viaggerà male, esponendosi per di più al disprezzo dei villici e perfino a quello degli altri turisti. Nella peggiore delle ipotesi poi si andrà incontro a guai seri. Dico bene?”.
“Perfettamente d’accordo” fece Denon. “È senz’altro il modo migliore di viaggiare nel continente, se si vuole essere rispettati e avere accesso nei luoghi più esclusivi. Suppongo disponiate di avvisi di pagamento e lettere di credito presentabili nelle banche dei vari Stati della penisola. Da questi parti vi è un tale caos di monete da perderci la testa: ducati, zecchini, fiorini, paoli, testoni, scudi, pistole…”.
“Naturalmente” si affrettò a rispondere Thomas.
“Che accordi avete col vostro postiglione, se posso chiedere?” domandò Ducros portando il bicchiere alle labbra.
“Che accordi abbiamo? Su, diglielo” fece Horace rivolto all’amico.
“Abbiamo concordato venti sterline a testa” disse quello, “più una mancia se ci riterremo soddisfatti: in cambio godremo di due pasti al giorno, una stanza riscaldata e un comodo letto. Questo fino a Roma”.
“Niente male” fece Denon. “Vi accorgerete che da queste parti i pedaggi doganali sono una vera calamità: ogni città o contrada impone il suo, a vario titolo. I doganieri poi sono tutti corrotti. Pensate che a Foligno un vecchio doganiere si mise a perquisire la carrozza con zelo, pronto a opporre chissà quale intoppo burocratico; questo finché non gli allungammo una moneta. Siccome era tenuto d’occhio da un superiore sulle prime fece finta di non vederla; posò però con una scusa il cappello rovesciato sul sedile e di soppiatto mi sussurrò: Nel cappello, prego”.
Risero di gusto.
“Badate in ogni caso di non presentarvi nelle locande a tarda ora” s’intromise Ducros “o rischierete di non trovare più nulla di commestibile. Questa locanda è un’eccezione, vi assicuro. Senza contare che spesso queste stamberghe sono così affollate che sembra di stare a Parigi. In una sala come questa potete vedere riuniti principi tedeschi, gentiluomini inglesi, esuli polacchi, dame napoletane, vecchie cortigiane provenienti dai più disparati angoli del continente in cerca di brividi; e poi plebaglia, magnaccia, briganti e soldataglia in preda all’ebbrezza alcolica”.
“Fate attenzione soprattutto ai vetturini” fece Denon quasi sobbalzando. “L’ultimo che abbiamo ingaggiato aveva il gusto della velocità. Pensate che scendendo da Radicofani, amena località nelle crete senesi, la strada si fece a un tratto così erta e lui sferzava a tal punto i cavalli, già infoiati di loro, che sembrava di volare. A ogni tornante era come se, a causa della velocità, la carrozza fosse sul punto di spiccare il volo. Altre volte, dopo una curva a gomito, si aveva la sensazione di precipitare nell’abisso. Senza contare che i finestrini non serravano bene, perciò entravano nella carrozza spifferi gelidi da tramortirci. A un certo punto, dal fatto che viaggiavamo sul lato sbagliato della strada, ci accorgemmo che il cocchiere si era addormentato e la carrozza correva senza guida. Che sarebbe accaduto se avessimo incontrato una carrozza proveniente dalla direzione opposta, magari subito dopo una curva? Per fortuna tutto filò liscio!”.
“Per non parlare di ciò che abbiamo visto passando per Pozzuoli” intervenne l’altro. “All’ingresso di un bosco scorgemmo decine di teste mozzate appese a dei pali sui lati della strada. E una infinità di membra umane bruciacchiate e penzolanti dai rami degli alberi. Così per mezzo miglio. Il postiglione ci spiegò che si trattava di briganti giustiziati dalle guardie regie”.
“Non bisogna dimenticare” tenne a mettere in chiaro Denon “che un viaggio in Italia, come ha osservato acutamente Herr Bruen, dopotutto è da paragonarsi al corso della vita umana, coi suoi alti e bassi, le sue gioie e le sue atrocità. La pianura padana e la valle dell’Arno incarnano l’età giovanile. Roma rappresenta l’età matura. A Napoli si confà la tarda età. E infine i templi di Paestum, dove le fatiche del viaggiatore giungono al termine, sono lì a simboleggiare l’eterno riposo. È a Paestum che le guide suggeriscono di concludere il viaggio in Italia. Di là in poi… sunt leones!”.
*
La conversazione proseguì su quei toni ancora per parecchio. Poi le due coppie presero congedo l’una dall’altra. Ogni stanza era munita di bacinella con brocca di terracotta, un asciugamano, uno specchio, un bacile per i piedi e una stufa di maiolica. La finestra affacciava sui monti, a quell’ora invisibili. I letti si componevano di due spessi materassi uno sull’altro. Lenzuola e federe apparivano sorprendentemente pulite: niente cimici, pidocchi o scarafaggi. Tuttavia Horace e Thomas, come d’abitudine, lasciarono cadere sul guanciale alcune gocce di essenza di lavanda e versarono nella caraffa un po’ di acido vitriolico per disinfettare l’acqua. Se qualcuno avesse dato una sbirciata al contenuto delle loro valigie non avrebbe creduto ai propri occhi; pareva si fossero portati dietro un pezzo di casa propria: da capi di vestiario adatti a ogni stagione a una piccola ma ben fornita dispensa, da una biblioteca da viaggio alla quale non mancava nulla di ciò che ogni gentiluomo inglese avrebbe ritenuto necessario per affrontare un simile viaggio a una farmacia portatile. Perfino un vaso da notte e una zanzariera.
Il sonno, favorito dall’infuso ai fiori di arancio sorbito un attimo prima di coricarsi, li avvinse ben presto. Seguendo i consigli della guida, si addormentarono senza togliersi pantaloni e panciotto; e con un pugnale sotto il cuscino.
L’indomani il loro umore era eccellente: a svegliarli era stato il canto degli uccelli. La colazione fu sostanziosa e passabile, e il viaggio poté riprendere sotto i migliori auspici.
Lasciatisi alle spalle il Moncenisio attraversarono la pianura piemontese, visitarono Torino, che a dispetto dei suoi viali trovarono piatta e monotona al pari del contegno dei suoi abitanti. Ebbero modo di visitare il palazzo Reale, traboccante di specchi e dorature, e la Reggia di Venaria, residenza di campagna della famiglia regnante. Qualche giorno dopo furono a Milano, che per chi cala dal Nord, come ebbe a dire un grande letterato di cui ci sfugge il nome, appare come “l’ultima delle capitali prosaiche piuttosto che la prima di quelle poetiche”. Il Duomo fece loro l’impressione di opera informe nonché di sfacciato omaggio a culti pagani. Non poterono tuttavia non apprezzare la comodità delle vie cittadine e il fascino dei cortili interni dei palazzi. Una puntatina a Genova li convinse che gli edifici più recenti e meglio esposti, con le loro facciate inondate di luce, valevano ben più dei marmi di cui erano rivestiti i palazzi più antichi. L’aspetto pittoresco del porto non li lasciò indifferenti. Trascurata Bologna e attraversati gli Appennini giunsero nella città del Giglio, che stando alla guida era da considerarsi “la più dolce città che esista sulla terra”, “l’Italia dell’Italia”. A tal punto ne furono conquistati che decisero di prolungare il soggiorno per tutta l’estate, trascorrendo intere giornate agli Uffizi, nel Giardino di Boboli o nelle pittoresche osterie sul Lungarno, sforzandosi di imparare qualche parola di toscano. Furono ricevuti al consolato dal celebre Horace Mann, che mostrò loro la sua impareggiabile collezione d’arte e di antichità. Dopo il torpore di Pisa fecero esperienza fugace della operosità di Lucca e della mollezza delle sue stazioni termali, nonché della parlata di Siena, “il più soave e perfetto tra gli idiomi italici”.
*
Giunti nei pressi di Radicofani, bussarono alla porta dell’unica locanda nel raggio di molte miglia, la quale si rivelò sprovvista di tutto.
“Che colpa ne ho!” fece l’oste allargando le braccia, con la cantata tipica del luogo. “Proprio questa mattina è passato di qui il Principe di Sassonia e ci ha ripuliti di ogni bene. Per la sua carrozza e per quelle del seguito ha preteso che gli mettessimo a disposizione tutti i cavalli di posta; e non è tutto: ha pensato bene di mandare avanti il suo corriere per riservare anche quelli delle stazioni successive, non trascurando di impegnare le stanze delle migliori locande lungo il tragitto”.
“Ma almeno posto per dormire ne ha?” domandò Horace.
“Nemmeno quello. Il Principe ha occupato tutte le stanze e ha dato fondo alle nostre scorte di cibo”.
“Una bella impudenza. E ora che facciamo?”.
L’oste allargò di nuovo le braccia. “Se vi adattate, posso sistemarvi nelle stalle”.
“E che ci darà da mangiare: la biada per i cavalli?”.
Proprio in quel momento entrò nel cortile una carrozza, da cui scese un ciccione avvolto in una rossa mantella a ruota, il capo sormontato da un turbante bianco che faceva l’impressione di un gigantesco giglio.
“Quello è il Senesino” fece l’oste sottovoce. “Immagino ne abbiate sentito parlare”.
Come potevano non conoscerlo? Si trattava del più celebre castrato d’Europa, noto in tutte le corti per la voce sublime.
Salutato l’oste e preteso di sapere che cosa affliggesse i due, li invitò senza tanti preamboli a pernottare da lui.
“Non accetto rifiuti” precisò. “Possiedo una modesta tenuta da queste parti. Sono passato di qui per approvvigionarmi di vino: una bella fortuna per voi, aver trovato un salvatore a quest’ora della notte!”. E affibbiò una pacca sulla spalla a Thomas, che traballò.
L’immensa mole di Senesino faceva a pugni con la vocetta da donna che lo aveva reso celebre.
Fattili accomodare in carrozza, dopo aver atteso che venissero caricate sull’imperiale un paio di botti di vino da prezzo, Senesino diede ordine al cocchiere di partire, anzi di “volare”. Era un tipo fin troppo allegro e cordiale per i gusti dei due gentiluomini, e decisamente chiassoso. Giunti alla sua “modesta” tenuta, che in realtà aveva la solennità e l’imponenza di un castello turrito di costruzione duecentesca, offrì loro una lauta cena e li intrattenne con aneddoti gustosi.
“Siete stati fortunati a incontrarmi” tornò a ripetere. “Non è consigliabile dormire in certe locande, da queste parti. Il nuovo proprietario è senz’altro un brav’uomo, ma l’ostessa che lo ha preceduto non lo era affatto. Pare fosse una specie di fattucchiera e che, in combutta col prete della vicina parrocchia, avesse l’abitudine di gettare gli ospiti in un pozzo dopo averli spogliati dei loro averi. Bisogna guardarsi dall’ostentare ricchezze, quando si viaggia. O si rischia di finire in un fosso con il collo spezzato. Comunque, checché se ne dica, l’Italia resta, come ebbe a osservare un grand’uomo di cui non mi sovviene il nome, il Paese che ha reso civile il mondo insegnando cosa significhi essere Uomo. Spero ne conveniate” concluse, riempiendo di nuovo le coppe.
I due inglesi aggrottarono le sopracciglia scambiandosi un’occhiata carica di significato. Un significato che però non poteva essere colto dal Senesino, tutto preso da se stesso come sempre gli capitava.
“Siete qui per curare la malinconia, se posso chiedere?” fece addentando una coscia di tacchino. “O semplicemente per fare esperienza?”.
“L’uno e l’altro” rispose Horace.
“E altre cose ancora” intervenne Thomas, allusivo.
“Capisco” fece Senesino, nascondendo un risolino con la mano.
“Viaggiare ritempra la mente” aggiunse Horace tutto serio.
“Non c’è dubbio” confermò il celebre castrato. “Spiace però notare come molti inglesi abbiano una pessima opinione degli italiani. Se proprio devono rivolgere loro un complimento, non si spingono mai oltre il considerarli delle creature pittoresche e passionali”.
“Non è il nostro caso, vero Horace” fece Thomas quasi spaventato.
“Naturalmente. Sarebbe sciocco viaggiare su quei presupposti. Ogni uomo avveduto è mosso dal desiderio di osservare abitudini e costumi diversi dai propri, non dalla smania di metterli in ridicolo” sentenziò Horace, non senza un pizzico di malizia.
“Eppure si sente spesso dire che nessun inglese si soffermerebbe a visitare un luogo il cui nome non sia sulla bocca di tutti: è così?”.
“Mi pare una esagerazione” fece Thomas.
“Da Roma passerete, immagino. Ne torno ora. Mi sono esibito davanti al Papa. Il Santo Padre era estasiato. Mi è stato assicurato che le sue gote si sono rigate di lacrime”.
“Come si potrebbe non vedere Roma” fece Horace in tono quasi scandalizzato.
La Città Eterna rappresentava in effetti il momento culminante del loro viaggio. Eppure niente li aveva preparati a ciò che li attendeva.
Ben presto la conversazione languì, le brocche di vino si svuotarono e il castrato, dopo aver intonato un paio di arie di Monteverdi, li fece accompagnare dal domestico nelle stanze preparate per loro.
*
Alle prime luci dell’alba furono svegliati da un trambusto. La servitù correva avanti e indietro lungo i corridoi in preda all’agitazione. Abbigliatisi come si conviene e senza fretta lasciarono le loro stanze giusto in tempo per esser informati che il padrone di casa nella notte era defunto a causa di un attacco di cuore. Dopo aver contemplato brevemente l’immane corpo del cantante lirico disteso sul grande letto a baldacchino, circondato da uno stuolo di dottori e domestici, scegliendo le parole più opportune trovarono il modo per lasciare quella casa al più presto e riprendere il viaggio lungo la Francigena, puntando verso Bolsena, cui rivolsero uno sguardo distratto, e Viterbo.
Sebbene i due non fossero facili all’emotività né avvezzi alla libera espressione dei sentimenti, la commozione che li toccò alla vista della Città Eterna non ebbe eguali e li lasciò pressoché tramortiti.
In verità finché non giunsero a Ponte Milvio non si resero conto che si stavano avvicinando a una grande città. Appena varcata Porta Flaminia però il quadro mutò: un viavai di carrozze e una folla eterogenea di persone a passeggio si materializzò davanti ai loro occhi. Il pittoresco albergo nel quale trovarono alloggio, su indicazione del corriere cui si erano affidati, era situato in un vicolo ombroso di Trastevere. Ma oltre quel vicolo un mondo intero si spalancava da ogni parte, rigurgitante di vita. Non si aspettavano tanto brio né tanta solarità; si erano sempre immaginati Roma come un museo a cielo aperto, pieno di vie ed edifici deserti e silenziosi.
Le prime settimane furono dedicate a visitare basiliche, ville, collezioni d’arte, siti archeologici. Poi però si lasciarono risucchiare dall’anima segreta della città. Percorrevano le vie cittadine in estasi aspettandosi da un momento all’altro di veder apparire da un portone o da dietro l’angolo re, imperatori, papi, discendenti dei Cesari. Sotto la luce lunare il Colosseo pareva risuonare delle grida dei gladiatori, dei ruggiti delle bestie feroci e dell’incitamento della folla. Si fecero ritrarre davanti all’arco di Tito. La Cappella Sistina finì per ubriacarli. Da ogni parte, verso il cielo, s’innalzavano cupole, torri, colonne, obelischi. Era, quello in cui si trovavano, un mondo incantato, popolato di spettri che camminavano accanto a persone reali, ignorandosi reciprocamente. Come tra spettrale e reale era il suono delle campane che rintoccavano a tutte le ore, dalle centinaia di chiese dell’Urbe.
“Mentre si trovava nei Paesi Bassi” raccontò Horace durante una delle loro passeggiate, “a un mio amico capitò più volte di addormentarsi all’interno di una cattedrale. Un giorno il suo accompagnatore, un giovane pittore amante di Rubens, gli picchiò sulla spalla facendolo sobbalzare: ‘Amico mio’ disse, ‘piuttosto che viaggiare per le Fiandre in cerca di luoghi in cui addormentarvi, fareste meglio a imbarcarvi all’istante e sonnecchiare fino all’arrivo in Italia’. All’epoca non compresi appieno il senso di quelle parole. Ora sì”.
*
Una sera, al cospetto della basilica di San Pietro, ebbero una visione, entrambi e simultaneamente, proprio come se vivessero un’esperienza comune.
Davanti a loro, dietro il colonnato del Bernini, videro aprirsi una botola che conduceva nel sottosuolo. Pareva l’ingresso di un forno per cuocere il pane. Per nulla spaventati, si avvicinarono. Da quell’apertura si dipartiva un cunicolo molto stretto e buio.
“Entriamo?” domandò Horace.
“Come potremmo non farlo” rispose l’amico, “dal momento che questo varco si è spalancato proprio per noi”.
Scesero lungo una scala di ferro fissata alla parete di tufo fino a una sorta di vestibolo circolare del diametro di quattro o cinque metri. Di fronte a loro si aprivano due gallerie. Guidati dall’istinto imboccarono quella di destra. Chinando il capo procedettero ingobbiti, trovandosi ben presto a muovere i piedi su uno strato di melma e di immondizia, le narici trafitte da un odore pestilenziale e un fitto squittire di ratti.
Nei loro petti cominciò ad ardere un fuoco violento, tale da scuoterli. L’aria cominciò a mancare, i polmoni faticavano a pompare. Poco dopo però sbucarono in una vasta radura illuminata da un corteo di stelle e dalla luna più vasta che avessero mai visto. E lì, in quel vasto anfiteatro naturale, cinto da un bosco di faggi e betulle, si dibattevano le anime dei dannati, puniti con pene variabili a seconda della colpa. Un angelo dalle ali di luce comparve e si avvicinò sfiorando i loro volti.
“Quelli laggiù” disse “sono puniti con la perdita di Dio”.
Horace e Thomas si voltarono e videro un gruppo di uomini nudi e stesi a terra, con la faccia conficcata nella melma, scossi da convulsioni.
Horace fu sul punto di formulare una domanda ma, incrociando lo sguardo dell’angelo, si trattenne.
“Seguitemi” disse la creatura alata, e si mosse per un sentiero che attraversava la radura spaccandola a metà. “Questi altri sono azzannati da continui rimorsi di coscienza” fece indicando una massa di dannati dai corpi ricoperti di ferite e pustole. “Mentre quelli là sotto” continuò puntando il dito in direzione di una voragine nel terreno “sono tormentati dalla consapevolezza che la loro sorte non potrà mai mutare… Quelli invece che vedete appesi a testa in giù ai rami degli olivastri soffrono a causa di un fuoco perenne che consuma la loro anima: un fuoco puramente spirituale, beninteso, acceso dall’ira di Dio. Tra poco incontreremo le anime di coloro che vivono nell’oscurità, afflitti da un soffocante fetore. Sappiate però che tutte le anime dei dannati, benché sia buio, sono in grado di vedersi fra loro ed è come se sperimentassero anche il male che tocca agli altri, oltre che il proprio”.
Tacque, grattandosi sotto l’ala destra. Poi riprese: “Verso il fondo della radura incontreremo altre pene tremende, tra cui quella consistente nella compagnia continua di Satana, e quella della disperazione dovuta all’odio di Dio”.
Anche Thomas fu sul punto di dire qualcosa, ma l’angelo fece segno di pazientare.
“Vi sarete accorti che, oltre alla pena spirituale, ogni anima patisce una pena corporale”.
“Ci hai parlato delle pene” disse a quel punto Horace, con una certa impazienza nella voce. “Ma non ci hai detto nulla delle colpe”.
Al che l’angelo lo guardò sorridendo, pieno di una comprensione infinita: “Siamo tutti colpevoli di qualcosa. Nessuno scamperà dall’inferno. Il paradiso non esiste. Solo l’inferno esiste. E questo non per volontà di Satana, ma del Signore Dio Nostro. Così egli ha stabilito. Nessuno sa perché”.
A quel punto Horace e Thomas furono colti da un violento capogiro che li stese a terra privi di sensi. Al risveglio naturalmente l’inferno era svanito e per loro fu facile credere di aver sperimentato un’allucinazione condivisa; forse per via dell’assenzio di cui quella sera avevano fatto uso smodato.
*
Si concessero comunque di respirare a pieni polmoni quell’atmosfera rarefatta per altri quattro mesi, abbandonandosi a eccessi in taverne, fumerie e lupanari, incapaci di rimettersi in viaggio e lasciarsi alle spalle quell’altrove. Ma poi qualcosa di prosaico venne a infrangere quel sogno a occhi aperti: le loro risorse finanziarie cominciarono a esaurirsi; divenne pertanto necessario occuparsi dei preparativi per la partenza. Così, una incerta mattina di marzo si rimisero in viaggio, col cuore dolente, senza fretta. Superate le paludi Pontine, e passando frettolosamente, come ciechi, per Velletri, Cisterna, Terracina, Capua, Aversa, tra boschi di olivi, cespugli di mirto, ficaie, filari di olmi invasi da tralci di vite e ordinate distese di campi coltivati, si concessero due settimane di cura disintossicante. Napoli, che per numero di abitanti a quell’epoca superava Londra e Parigi, sembrò loro una terra di mezzo tra l’inferno e il paradiso, un luogo bacchico dove dissolutezza, superstizione, malizia, allegrezza e passione la facevano da padroni in una imprevedibile mescolanza. La dolcezza della baia, la vivacità della parlata, la caoticità dei mercati, la vitalità notturna delle vie cittadine, percorse a ogni ora da carrozze dirette a qualche ballo o festa, la dolcezza dei sorbetti, la piacevolezza delle sale da caffè: tutto ciò li volse in un perenne stato di sbigottimento. Vagarono ebbri per le campagne circostanti, visitarono il lago d’Averno, la solfatara, la grotta di Caronte e quella della Sibilla, Ercolano, Pompei; compirono una breve escursione sulle pendici del Vesuvio. Paestum, invece, li immalinconì. Oltre non osarono spingersi, temendo la mancanza di strade o le pessime condizioni delle poche esistenti, nonché lasciandosi scoraggiare dalle esagerazioni sulla ferocia dei briganti che infestavano il Meridione.
Risalendo dunque la penisola, giunsero in pochi giorni in Umbria, dove si lasciarono contagiare dal fascino di Perugia, Spoleto, Assisi, Narni, Papigno. Si trattennero a contemplare la cascata delle Marmore, presso Terni, e le fonti del Clitumno, lungo la Flaminia. Guadagnata di nuovo Foligno e, imboccato il passo di Colfiorito, discesero verso Tolentino e Macerata, fino al santuario di Loreto, che non fece loro alcuna impressione particolare. Percorsero il litorale adriatico fino ad Ancona e s’inoltrarono nei territori delle Romagne, fino a Rimini, senza trascurare una puntatina a Ravenna. Sostarono due giorni a Bologna per ammirare le opere di quella rinomata scuola pittorica. Ferrara apparve loro come una donna velata, triste e solitaria, rimasta vedova in giovane età. Venezia, col suo passato splendore di cui ancora recava tracce spettrali, li riempì di ebbrezza e di disgusto al tempo stesso: i suoi eccessi, piazza San Marco, il Rialto, la sua laguna e i grandi palazzi incantati, affacciati sui canali: ogni cosa risuonava di note dolci ma un poco stonate. Come ebbe a scrivere un grande viaggiatore, Venezia somigliava a “un fantasma sulle sabbia del mare, immobile e spoglia di tutto tranne che della propria grazia; quasi un sogno a occhi aperti non ancora svaporato del tutto”.
Osservando la città specchiarsi sulle acque della laguna Thomas si domandò quale fosse la città e quale l’ombra, ricordandosi di aver letto qualcosa di simile su un libro di memorie coperto da uno strato di polvere. Alcuni giorni dopo fu la volta di Padova: se le sue vie e la sua università evocarono loro immagini di decrepitezza, la cappella affrescata da Giotto li mandò in visibilio. Verona e Vicenza li ristorarono da ogni affanno grazie alla maestosità dell’anfiteatro romano e alla grazia delle architetture palladiane. E poi di nuovo sulla strada per Milano e Torino, fino al Moncenisio e ai valichi alpini, pronti a lasciarsi alle spalle quella straniante terra ritenuta “culla di civiltà e di oblio”, diretti in un turbinio di emozioni a Lione e alla fertile terra di Francia. Dove però non giunsero mai. Una immensa valanga discesa dal ghiacciaio sovrastante li colse mentre percorrevano l’impestato sentiero del Muraglione, tra dirupi e boscaglie infinite. I loro corpi non furono mai ritrovati. Il manoscritto del Castello di Otranto e quello dell’Elegia scritta in un cimitero di campagna, miracolosamente sì. Per di più in ottimo stato. Forse un modo per ricordarci che l’arte ci sopravvive?
Le fonti, chissà come, ci ricordano che questo fu l’ultimo scambio di battute pronunciato, senza scomporsi, dai due un attimo prima di finire sepolti vivi.
“È la fine, caro Horace”.
“È appena l’inizio, vorrai dire”.
“Come sempre, hai ragione tu”.
Due perfetti gentlemen.
Eppure un’altra versione della storia assicura che i due non perirono affatto lungo il cammino tra le Alpi; ma che al contrario, poco dopo il loro arrivo a Roma, si separarono tra gli insulti a causa di un violento alterco occorso per di più in un lupanare; e, quel che è peggio, per una squallida vicenda di denaro. A voi prestar fede alla versione che preferite. Quanto a me, tengo per buona la prima.
Gianluca Barbera
L'articolo “Siamo tutti colpevoli di qualcosa. Il Paradiso non esiste. Esiste solo l’Inferno”: il Grand Tour di Horace Walpole e di Thomas Gray. Un racconto di Gianluca Barbera proviene da Pangea.
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den-thoughts · 8 years ago
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Barcellona 2016 “piccole dosi”
Ore 10:23
Mercoledì 28 Dicembre
Flixbus NiceToBarcellona
Prima di cominciare a scrivere qualsiasi cosa voglio spiegare per quale motivo io sia a Nizza con mio padre. A farla molto breve a Settembre Mimmo mi aveva proposto il capodanno a Barcellona ma avevo clamorosamente rifiutato solo perchè nel gruppo c'erano Pesque, Chatter, Kobe e Mattia Guerrina. Non che io avessi qualcosa contro di loro ma non fanno parte del gruppo e mischiare gente a caso mi sembrava una stronzata. Così dissi di no. Ovviamente ad una settimana dal capodanno ero incazzato nero per non aver ancora programmato nulla. Al che decisi di informarmi sulla vacanza di Mimmo e con grande felicità scoprii che il gruppo si era ridotto a Memme,Fero,Kobe e Marco Sabiu. Decisi di cogliere la palla al balzo e cercai in qualche modo di infilarmi nella loro vacanza. A farla breve l'unico modo per passare il capodanno con i miei amici sarebbe stato quello di andare abusivo in stanza con loro perchè non c'erano più posti (una stanza da 4) e prenotare in concomitanza un ostello solo per me con l'idea di tenerlo come stanza di sicurezza in caso in albergo mi avessero beccato. A questo si aggiunge il fatto che sul pullman in partenza da Genova, pullman che hanno poi preso loro, non c'erano più posti disponibili, così insieme all'ostello avrei dovuto prenotato un pullman da Nizza sul quale sarei dovuto stare da solo per 13 ore. Chiusa la parentesi posso iniziare. Ovviamente ho prenotato sia ostello che pullman.
Per la prima volta forse in tutta la mia vita ho avuto una dimostrazione d'affetto da mio padre. Lui è il padre migliore del mondo mi ha sempre dato tutto, insegnato e trasmesso tutto ciò che lo riguarda e soprattutto non si è mai arreso e mi ha sempre guidato in qualsiasi ambito. Abbiamo anche fatto tantissime cose insieme nel corso della vita, ma non mi aveva mai guardato come sta mattina. Mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha abbracciato dandomi un bacio sulla guancia. È stato strano, lui è un tipo molto riservato e non è solito a queste cose. La mamma invece mi avrà baciato una cosa come 100 volte prima della mia partenza. Sono proprio opposti questi due. Ma gesti d'affetto o meno so quanto entrambi mi amino, ogni giorno me lo dimostrano in ogni modo e io spero solo di fare tanti soldi per poterli ripagare durante la loro vecchiaia con qualsiasi cosa. Sarò sempre presente, questa è una promessa che faccio a me stesso. Qualsiasi cosa succeda se mio padre o mia madre dovessero aver bisogno di me io correrei all'istante, proprio come fanno loro ogni giorno. Sono fortunato ad avere un rapporto simile con loro. Ormai mio padre è più un amico che un genitore. Salgo sul pullman dopo quest'anticipazione.
Sorry seems to be the hardest world – Blue
Mi sono seduto su questo scomodo sedile circa due ore fa e non ho fatto altro che guardare un inutile film intitolato “Sausage Party – La vita segreta di una salsiccia” che si è rivelato veramente commovente. Sono seduto nel posto con il tavolino, a parer mio il migliore. È situato in prossimità dell'uscita e del bagno quindi sono anche abbastanza comodo. Non pensavo che mi sarei ritrovato davanti una situazione di questo tipo: pochissimi giovani su questo pullman, parliamo giusto di un paio di ragazze della mia età; è presente una varietà di sfumature pazzesche, si va dal rosa pallido che colora il mio viso, al più scuro dei neri che colora i vari africani seduti dietro di me. Ho appena finito di scattare il caratteristico selfie con tizio che dorme. In questo preciso istante sto pensando a Memme, Fero, Kobe e Marco che si staranno sdraiando dalle risate sul loro flixbus. Cazzi miei dovevo prenotare prima.
Non ho interrogativi riguardo ai pullman, so tutto quello che devo sapere. Stiamo viaggiando a 96km/h e il panorama scorre lento fuori dal finestrino. Provo una sensazione piuttosto strana ma di sicuro non sono felice in questo momento. Preferirei avere Mimmo o Fero al mio fianco a dire stronzate. La ragazza alla mia sinistra è difficile da interpretare. Indossa un paio di superstar accompagnate da un paio di pantaloni neri e una semplicissima felpa antracite. Porta gli occhiali. Non è bella, ne tanto meno formosa. Sembra anche un po' untacchiosa. Non so cosa, non so perchè ma qualcosa di lei mi intriga. Penso sia su questo pullman diretto a Barcellona per motivi didattici. Si è portata dietro un sacco di quaderni e fogli che sfoglia da quando siamo partiti. Non ho molto da dire sul resto dei passeggeri se non che mi ricordano vagamente il mio ex compagno di scuola Geneesh Puthussery (indiani di merda). Non ho un termometro e non posso quindi verificare l'effettiva temperatura interna del pullman ma non fa per niente caldo. Ho i piedi gelati.
Mi sta piacendo questo viaggio, amo guardare fuori dal finestrino con le beats che suonano. Ma come cavolo ha fatto la Rowling ad inventarsi tutta quella storia fantastica solo guardando fuori dal finestrino del treno? Che donna. Mi è appena caduto l'occhio sul martelletto che serve per frangere il vetro in caso di emergenza e mi sono immediatamente ricordato Siciliano che lo sbatte sul banco come se non ci fosse un domani solo per risultare il più rumoroso in classe. Pochi istanti fa dopo aver atteso che il conducente pagasse il pedaggio ho intravisto un cartello con su scritto “Barcellona”. Fortunatamente non ho letto a quanto dista. Preferisco rimanere ignorante a questo proposito.
Questo gigante dell'asfalto prosegue la sua corsa a fianco a quella che penso sia una centrale nucleare per la produzione di energia elettrica. Ho dato una veloce rispolverata a quelle che sono le mie conoscenze in materia. Chissà se era una centrale a fusione o a fissione. La tipa di prima si è appena girata una sigaretta. Forse pensa di scendere. Povera illusa. Se penso che devo stare qui seduto ancora 7 ore provo una forte tentazione di bestemmiare ma mi trattengo. Ma la cosa che più mi affligge è la fame. In questo momento vorrei qui davanti a me una bella tazza di latte caldo con circa 2 o 3kg di nesquik e un pacco di galletti. Che stupido sono stato, non mi sono portato del cibo. Giulia Boero, amica di schifezze, fai apparire qualcosa nel mio zaino ti prego.
È veramente il massimo viaggiare con il Mac. Raging di Kygo rende il viaggio talmente piacevole che sto quasi sorridendo. Un tizio insulso ha appena scattato una foto al panorama con un'ignoranza tale da renderla indescrivibile. Come cazzo pensi di prendere una compatta in modalità automatica, tenerla tutta storta e pretendere una foto decente? È incredibile quanto le persone siano superficiali nei confronti di quella che è la vita di tutti i giorni. Come cazzo fate a collegarvi ad una rete wifi senza chiedervi il funzionamento, come fate a scattare 150 selfie al giorno senza sapere che cosa sia una fotografia digitale, come fate ad accendere la macchina senza sapere per qual motivo essa parta.. ma come fate?? Sarò strano io a questo punto.....
Siamo a Marsiglia..minchia che città di merda. Sto pensando a Noemi. Questa volta però è diverso, so di amarla, la vedo in mille cose ogni giorno ma non la vorrei qui. Dopo di me è andata dal primo che è capitato, e non sono depresso per questo. Sono solo deluso insomma non credevo che fosse così vuota e incapace. Sono contento invece che entrambi non abbiate coraggio di affrontarmi. Da una parte un falso che prima che ci lasciassimo mi veniva ad abbracciare manco fossi suo fratello e che ora dopo essersi preso la mia baby quando mi vede cambia strada e dall'altra parte una ragazzina che non sa cosa vuole dalla vita e non ha voluto farsi insegnare cosa voglia dire amare una persona. Come se chi ha ricevuto un regalo si accontentasse del pacchetto per paura di rimanere deluso. Svegliatevi la vita è una bisogna prendere delle facciate, fare esperienze e godersela non nascondersi dietro a noi stessi solo per paura di rimanerci male. Se penso a Lallo penso da una parte ad un vincitore perchè alla fine mi ha fottuto la donna, ma dall'altra parte vedo il capo dei falliti, un vigliacco, un perdente, un inetto e un'incapace. Vederlo cambiare strada dinanzi alla mia presenza mi riempie di gioia. Io so che c'è di più e non mi accontento.
Questo pullman è fermo. La tipa si è fumata la sigaretta precedentemente girata e quindi niente aveva ragione lei. Sono scesi tutti. Io rimango qua col cazzo che scendo. Se poi rimango a Marsiglia è un bel casino. Pensavo fosse diretto invece a quanto pare fa delle fermate. Un ispanico/rumeno è appena uscito dalla porta dal wc che ho di fronte e comincio a pensare ai miei bisogni impellenti. Nel frattempo entra Motumbo il negher della selva oscura. Attendo il mio turno come un bravo ragazzo. Vado in bagno circa 17 volte ma sono impossibilitato nel fare i miei bisogni quindi lascio perdere e mi siedo con le gambe incrociate. Nel frattempo guardo un paio di film per nulla piacevoli.
Ci siamo fermati. La gioia che provo in questo momento è immensa. Scappo dal pullman e corro in una pizzeria d'asporto che mi concede il privilegio di urinare all'interno dei loro locali. In questo istante sono felicissimo e decido di tornare sul pullman di corsa per evitare di rimanere chissà dove in Francia. In realtà so dove siamo, siamo a Montpellier ma se dovessi rimanere qua da solo senza pullman sarebbe un problema. Finalmente tranquillo riprendo il mio infinito viaggio ma questa volta sono sereno e me lo godo appieno con tanto di musica, film e panorami. Ovviamente scendendo ho perso il mio posto d'onore con tavolino e sono costretto a mettermi ad effetto ringo in mezzo a 2 ragazze asiatiche piuttosto mal messe e a 2 africani.
Ore 17:04
See you again – Wiz Khalifa
Il tramonto rende magico questo momento. Ho appena finito di guardare Iron man, uno dei miei film preferiti, e mi sto informando tramite il wifi del bus sul come comportarmi una volta sceso. L'idea è quella di recarmi subitissimo al mio ostello. Ma prima necessito di una cena che copra spuntino/pranzo/merenda che ho saltato. Chissà cosa fanno gli altri, non li ho praticamente sentiti. Quando sono in queste situazioni amo la solitudine. Dunque dicevamo, una volta raggiunto l'ostello mi sistemo... magari mi faccio una bella doccia...sempre che il mio ostello ne sia provvisto..... Sorvoliamo. È importantissimo l'affitto di un mezzo di trasporto perchè voglio cominciare a girare per barcellona per cercare l'albergo degli altri e qualche social. Che bellezza, la batteria del mac è bella carica come quella del P9 Lite. Certo che questo pullman è davvero formidabile, l'idea di dotarlo di un inverter per distribuire i 220V ai passeggeri è geniale. Beh su viaggi così lunghi sarebbe un affronto non metterlo effettivamente. Sta di fatto che sul pullman per la Croazia non mi ricordo di aver visto prese di corrente. Ci siamo appena fermati in un'area di servizio ma mi accorgo subito che non è una sosta di piacere. Scorgo fuori dal finestrino un cartello il quale mi fa pensare ad una sosta utile allo svuotamento del serbatoio del WC. Infatti il pullman rimane acceso. Scaricato il cesso avverto la misera accelerazione di questo bestione e do un'occhiata alla plancia dei comandi. Rimango un po' di stucco quando vedo che come navigatore usano un Samsung Galaxy S4, insomma di solito mezzi del genere montano dei navigatori con i controcazzi. Mi guardo intorno per dare un'occhiata ai viaggiatori come me: alla mia sinistra una coppia ben bilanciata direi entrambi sui 27 anni; dietro di loro vi è l'unica bella ragazza del pullman. Nulla di eccezionale ma fa piacere e per di più ha una chiappa niente male. Ci siamo appena scambiati un'occhiata ma sembra incazzata poverina. Finalmente sento un profumo da donna e anche se non riesco a capire da dove arrivi questa fragranza do una bella sniffata. Le donne con gli occhiali, un buon profumo e dei bei capelli lunghi sono già al 50% del lavoro. Questo viaggio è piuttosto interminabile.
Sono le 19. Sono appena sceso dal Flixbus e le mie ginocchia sono rigide come due tavole di legno. Compro subito una brioche al terminal dei bus e poi imposto su HERE la via dell'ostello e rimango sorpreso dalla vicinanza di esso da dove mi trovo. Dice che ci vorranno circa 10 minuti ma io mi avvio un po' incerto. Arrivo nella piazza dell'arco di Trionfo e rimango un po' deluso, lo immaginavo più imponente. La mia mente l'ha involontariamente associato al suo cugino parigino ma non ha proprio nulla a che vedere. Noto però la differenza costruttiva. Purtroppo le mie conoscenze in fatto di storia dell'arte sono inesistenti e non so descrivere lo stile con il quale è stato costruito. Barcellona da questi 30 metri che ho percorso non mi piace. Vedo un mini market indiano ma non mi fermo ancora nonostante la fame e corro alla ricerca del 360 Hostel Barcelona.
Sembra uno scherzo. È a fianco dell'nh hotel, un albergo piùttosto lussuoso. Giungo sulla soglia dell'ingresso dell'ostello e fino qua tutto bene. L'insegna non cade a pezzi e la struttura sembra modesta. La porta è chiusa e come un mongoloide cerco di capire come fare quando alla mia destra c'è un bellissimo citofono che si prende gioco di me. Suono e la porta si apre automaticamente. L'atmosfera è strana, le poche persone che vedo sembrano a casa, in tuta e pantofole che girano per la sala comune. Mi siedo alla scrivania della hole e mi accoglie una ragazza sui 23 anni un po' bruttina. Balbetto qualcosa in inglese e sul suo viso si mostra un'espressione interrogativa. Sono un po' a disagio e allora tiro fuori dei fogli a caso. Poi all'improvviso una manna dal cielo. “Sei Italiano?” ed io subito rispondo SI sperando che parli la mia lingua. Aspettative rispettate, parla correttamente Italiano. Cominciamo la procedura per il check in e mi chiede 5€ per la cauzione della chiave che le do subito. Mi viene assegnata la stanza 6/letto 1. Mi chiede come desidero pagare ma la informo che in realtà ho già pagato. In questo preciso istante mi rendo conto della scarsa organizzazione. Con riluttanza mi faccio accompagnare alla stanza. Per raggiungerla saliamo una rampa di scale che ci porta al secondo piano composto da quasi tutte le camere e una zona PC. Leggo stanza 6 e comincio a preoccuparmi. Varcata la soglia va tutto bene. I letti sembrano quelli dell'ospedale, il pavimento ha l'aria di essere congelato ma a me non frega nulla insomma sono di Mioglia, i miei antenati dormivano nelle stalle. In stanza non sono solo a quanto pare. Ci sono 3 letti a castello che formano ovviamente un totale di 6 posti letto. Io sono sul letto di sopra e sotto di me c'è una ragazza che legge un libro con il titolo in Inglese. Niente male, insomma è carina... ci presentiamo e mi metto sul mio letto a controllare le notifiche. Purtroppo non ho capito il nome della ragazza quindi le assegnerò automaticamente il nome Catia. Catia indossa una maglietta bianca da stare in casa e dei pantaloncini blu. All'improvviso entra un tizio sui 30 anni, scheletrico e un po' storto che accenna un saluto in Inglese. Sono molto spiazzato, non so cosa fare è una situazione veramente losca. L'illuminazione della stanza è pari a zero quindi decido di scendere dal letto e di sedermi sull'unico mobile basso che c'è in camera. Mi siedo e controllo ancora il telefono per qualche minuto sperando di programmare qualcosa per le prossime 4 ore in solitaria. Metto lo zaino con il Mac e tutti gli oggetti di valore nell'armadietto con la chiave, lascio la valigia in mezzo alle palle ed esco. Avvio il navigatore e comincio a girarmi per bene la city. La mia meta per il momento è la Rambla. Per raggiungere la Rambla da dove sono io ci vuole un po' a piedi quindi malgrado la stanchezza mi armo di pazienza e comincio a camminare. È totalmente diversa da Parigi e per adesso non mi piace per niente. È tutto scuro, le luci soffuse danno alla notte un aspetto del tutto ghetto yo yo madafaka. Dopo 15-20 minuti arrivo sulla Rambla da una piccola traversa e non rimango per niente colpito. Il ricordo degli Champs-Elysees è troppo fresco. La percorro tutta fino ad arrivare in fondo direzione sud per poi ripercorrerla tutta in direzione nord. Rimango del mio parere e la città proprio non mi piace anche se ho visto ben poco. Ricorda Genova a tratti, molto incasinata, piena di visi bislacchi e situazioni da periferia pur essendo in centro. Cammino ancora e percorro alcune delle piazze principali e vie parallele alla Rambla. Deluso compro un pacchetto di Pringles e corro in Hostel.
Sono molto deluso dalla città, sono molto deluso dalla situazione e vorrei tornare a casa perchè mi sono reso conto di quanto sia distante questo ostello dall'albergo degli altri e in caso dovessero beccarmi a fare il rom in camera con loro vederci, far combaciare gli orari e tutto quanto diventerebbe un vero problema. Mi sono portato il libro di Alessandro D'Avenia ma non penso che avrò tempo per leggerlo. Afflitto dalla mia situazione deprimente, chiuso in questa camera angusta con questa gente sconosciuta decido di affogare i miei dispiaceri nella doccia. Mi preparo e vado nella stanza dei bagni/docce ovviamente condivisi. Le docce si presentano malissimo: ogni doccia è come se fosse un bagno pubblico quindi c'è una porta con la serratura e davanti la doccia vera e propria; è minuscola, con le porte rotte, con le giunzioni di silicone tutte marce e dalla doccetta è andata via tutta la cromatura. Anche il pavimento è logoro.
L'acqua con sorpresa è calda e risulta comunque una doccia piacevole. Uscito dalla doccia indosso l'accappatoio e prendo in mano il telefono. Mando qualche foto a Chiara,Bino e Lisa su un vecchio gruppo che Bino aveva rispolverato pochi minuti prima della doccia. Tutti quanti mi danno del pazzo per aver fatto una cosa simile, a quanto pare nessuno di loro sarebbe mai partito da solo. Io l'ho fatto un po' perchè lo sentivo e un po' perchè sentendo i racconti di mio padre loro erano molto più alla brutto dio di noi e quindi io volevo provare quest'ebrezza. Mi asciugo un po' “come viene” e in mancanza del phone strofino quei pochi capelli che ho in testa nell'accappatoio e mi asciugo abbastanza velocemente.
Ore 23:45
Mi appropinquo ad uscire. Finalmente sono arrivati anche gli altri con il loro pullman e non vedo l'ora di vederli dopo tutta questa solitudine spagnola. Mi reco di corsa alla stazione dei bus e attendo pochi minuti prima del loro arrivo. Ho appena preso una bibita alla frutta da una macchinetta automatica ed è veramente buona, molto meglio dei nostri succhetti. Sono stati quasi gli ultimi ad uscire dal pullman e come mi hanno visto mi hanno abbracciato tutti e finalmente mi sento felice. L'amicizia alla fine è meglio di qualsiasi altro rapporto. Con Memme e Fero ho stretto un legame della madonna ultimamente. Mi trovo benissimo con loro due. Dopo pochi istanti mi sono reso conto che il loro unico desiderio è quello di andare nel coffee all'istante e niente è anche il mio. Quindi loro con ancora tutti i bagagli decidono di correre all'Arabica, un social club che avevano già visitato qualche anno prima in gita scolastica. Arriviamo all'arabica dopo poco e facciamo subito la registrazione dal costo di 20€. Finita la registrazione spalanco la porta ed entro. Non so spiegare che tipo di emozione io stia provando ma è incredibile. Sono felicissimo. Rimango a bocca aperta dalla situazione che c'è in questo posto. La cappa è devastante, solo stando qua dentro si può capire. Saliamo al piano superiore a prendere la prima erba naturale spagnola. Scegliamo dal menù e prendiamo la Lemon haze e altri 4 tipi di erba. È incredibile la quantità di erba che possiedono qua dentro. Alla ragazza del bar sono caduti alcuni cimotti per terra e dopo averla avvisata mi sono sentito dire “non ti preoccupare tanto non manca”. Dopo questa affermazione mi ha proprio fatto capire di essere estraneo a questo mondo verde. Fantastico.
Faccio il primo tiro di Lemon e rimango a bocca aperta. Non ho mai provato niente di simile, si sente che è solo erba, senza sostanze strane. Ovviamente non aggiungiamo nemmeno un po' di tabacco, vogliamo sentire solamente il gusto naturale. Ne facciamo una dopo l'altra fino a non capire più nulla. Ci voleva, adesso mi sento finalmente bene, in compagnia al caldo e con i bubbi. Fero si sta rivelando sempre più personaggio. Facciamo l'ultimo bubbo prima della chiusura del coffee che è prevista all'una circa e poi usciamo. Abbiamo ancora circa 3 grammi per passare la notte. Qua è incredibilmente diverso, fumare prende tutto un altro senso.
Martedi 10 Gennaio 2017 ore 10:30
Aula 318
Purtroppo è stato per me impossibile scrivere durante la vacanza, non abbiamo praticamente avuto attimi di riposo e poi me la sono voluta godere al 100%. Indi per cui oggi, una terribile giornata in cui Noemi occupa gran parte dei miei pensieri come tutti i giorni da 5 mesi a questa parte, proverò a distrarmi scrivendo quello che mi ricordo della splendida vacanza di cui stavamo parlando prima. Flashback non in ordine cronologico.
Biciclette a Parc Guel
Mimmo si è alzato. Cristo io non ce la faccio. Ho ancora gli occhi annebbiati quando decido di alzare la testa dalla giacca. In 2 minuti quel finocchio è pronto e quindi mi tocca darmi una mossa. Mi vesto mettendomi gli abiti della sera prima tanto per andare in bici non devo essere chissà quanto elegante. Con nostra sorpresa anche Marco si alza e si veste. Siamo quindi in tre pronti ad uscire mentre Fero e Kobe sono rimasti a letto. Immediatamente mi ricordo che non abbiamo bubbi e allora ne giro subito uno per la visita al parco, lo inserisco nel portabubbi e lo metto in tasca del cappotto. Usciamo dall'albergo e ci dirigiamo verso il negozio di bici che avevo visto con Mimmo il giorno prima. Scopriamo che oltre agli 11 euro per l'effettivo uso della bici dobbiamo rilasciare una cauzione di 50 euro e quindi alleggeriamo il portafogli. La ragazza del negozio ci da due indicazioni riguardo orari di chiusura e funzionamento delle bici. Come se ne avessi bisogno. Finalmente smette di parlare e io sono già in sella quando improvvisamente la signora mi ordina di scendere per spiegarci come funziona il sistema di antifurto delle bici che comprende un lucchetto a U e un blocco sul freno posteriore. Capisco subito anche se vedo che gli altri due sono un po' titubanti. Finalmente si leva dalle palle e mi fa salire sul biciclo in pace. Faccio un rapido check delle superfici: telaio in acciaio, gomme a sezione stretta, freni V-Brake sia all'anteriore che al posteriore, 7 rapporti secondari, 3 primari e una sella morbida come il burro. Con mia sorpresa tutto funziona bene e il cambio è accettabile, non perfettamente registrato ma cambia. Il freno posteriore funziona quindi posso impennare. Anzi lo faccio subito. Si alza che è una meraviglia e mi faccio qualche via in monoruota. Mi sono distratto e fatto prendere dal divertimento che non sto seguendo le indicazioni di Mimmo e sto andando a caso. Prendo subito in mano il Huawei e apro Here, imposto parc guel e alimento i quadricipiti: ci sono da fare pochi km ma sono in salita. Gli altri due mi stanno dietro e allora incremento l'andatura. Sto andando bene, riesco a tenere il passo anche in salita e la bici risponde bene. Tempo 10-15 minuti ci siamo, vedo il primo cartello con su scritto “Parc Guel” così spengo il navigatore e vado “a naso”. Facciamo l'ultima salita e arriviamo davanti a questa sorta di parco che ha l'aria di essere un vero e proprio parco divertimenti. La Mara aveva ragione, sto Gaudì fumava della roba più forte di quella che stiamo fumando in questi giorni. Ma prima di pensare al parco dobbiamo trovare un parcheggio per ste carriole. Pochi metri dopo ne scorgo uno e la lego subito. Sono il primo a finire di fissare le varie sicurezze, a seguire Mimmo e per ultimo Marco che prova evidentemente una forte difficoltà nel chiudere il lucchetto ad U. Siamo finalmente pronti ad entrare nel parco.
Mimmo estrae il clipper dorato dalla tasca e la appizziamo in tempo zero. C'è una vista spettacolare su Barcellona da quassù, e questa panchina è sicuramente in un'ottima posizione. Ci sono a dozzine di Indiani tipo Gibba e Marco e Mimmo sono preoccupati che siano della sicurezza del parco così questo bubbo diventa una lotta contro il tempo ma io me lo godo lo stesso. Mi fa piacere vedere finalmente un po' di natura dopo tutte quelle costruzioni dell'uomo. Percorriamo la strada principale del parco e saliamo fino in cima. Durante il tragitto vengo colpito dal cinguettio degli indiani. Hanno dei fischietti a forma di uccello che fanno un suono veramente fastidioso. Decido impetuosamente di acquistarne due. Io e Mimmo cominciamo a cinguettare come se non ci fosse un domani. Tutti gli indiani ci guardano con aria di sfida ma noi non molliamo. Siamo in due e siamo più forti. Fra un cinguettio e l'altro ci godiamo anche lo splendido panorama sulla città che dall'altro ha un fascino totalmente diverso. Dall'alto sembra quasi una favelas brasiliana e il tizio con il violino davanti a noi suona una melodia perfetta per il momento.
Smetto di fare il coglione davanti alla scena che mi si presenta davanti: un signore seduto su una panchina suona uno strumento strano, una chitarra con una sorta di tappo sulla cassa armonica e il suono è veramente piacevole. Un indiano sulla destra cinguetta. Ma la cosa che merita più di tutte è il punto panoramico colmo di gente dinanzi a noi. Decidiamo di dare uno sguardo e quindi saliamo una scalinata infernale che ci porta su questa terrazza rialzata a forma di cilindro. Toglie il fiato. Facciamo ancora a gara con qualche bangladesh a suon di cinguettii e poi ce ne andiamo con aria di sfida, dopo aver rubato il posto di lavoro ad uno di questi. La sfida si è diffusa ormai in tutto il parco e tutti gli indiani puntano me e Mimmo come nemici.
Slego con rapidità la bici e attendo gli altri due. Sono contento di aver passato queste due orette in santa pace, mi sono rilassato e mi sono goduto sia le incredibili costruzioni del parco, in stile gaudì tutte storte, sia la vista mozzafiato. Finalmente anche Marco riesce a slegare la bici e andiamo in discesa come dei forsennati alla ricerca di un posticino per mangiare. Avremmo fatto già almeno 5 o 6km ma non mi pesa per niente, anzi non vorrei più fermarmi. Ad un tratto giungiamo in una piazza per niente conosciuta e anche un po' fuori mano dove possiamo rilassarci un attimo. In questa piazza ci sono un paio di bar con il deor, un tabacchino e qualche altro esercizio commerciale standard. Uno dei due bar ci intriga e decidiamo di mangiare li. C'è una sorta di menù fisso a 15€ e anche se l'idea non mi attira per niente, riescono a convincermi. Mangiamo una sorta di antipasto schifosissimo con un po' di carne scaduta e una salsa che non oso descrivere. Loro poi prendono la paella che a me non piace, quindi ordino una pizza che si rivelerà poi essere buona.
Incontro con Kashi (per Fero Kashisha)
E' una giornata qualsiasi e siamo tutti insieme sulla rambla; come ogni volta veniamo assaliti da migliaia di “pr” se così posso definirli che ti rincorrono chiedendoti se vuoi della zanza(droga a me sconosciuta), della cocaina, dei coffee shop o delle discoteche. Io e Kobe dopo Parigi abbiamo imparato ad evitare certi soggetti, ma il meno istruito Mattia Feroldi si lascia attirare quasi da tutti. Uno in particolare riesce però a catturarlo in maniera incredibile. Mentre tutti cerchiamo di scappare da questo soggetto poco raccomandabile Mattia rimane indietro a chiacchierare con lui, che a quanto pare sa essere molto convincente. Per non rischiare di perdere il nostro amico ci fermiamo e questo soggetto cerca di fottere tutto il gruppo. È alto circa un metro e 75, ha una barba bruttissima con dei baffi altrettanto brutti, è di colore(probabilmente viene dal bangladesh) e però è stranamente ben vestito. Ci propone diverse alternative che comprendono discoteche, coffee shop e quella che più che ci ha colpito, il night club: “Allora, se tu vuoi puoi toccare gratis, stript gratis, show gratis e se tu vuoi scopare contratti con ragazza”. Questa sarà la citazione più importante della vacanza che ancora tutt'oggi Domenica 29 Gennaio è il primo ricordo che riaffiora se sento la parola “Barcellona”. Fatto sta che questo soggetto, in quell'istante aveva appena preso le redini della nostra vacanza e durante tutto il periodo ci fotterà almeno 3 / 4 volte.
In realtà non ho più molta voglia di scrivere. Questa vacanza è stata ignorantissima e tanto divertente e proprio per questo andrebbe raccontata tutta. In questo preciso istante ho deciso di volermi tenere per me tutto il resto del racconto. Il fatto è che amo scrivere, ma siccome sono avvenimenti realmente accaduti a distanza di mesi non è più lo stesso. Grazie ragazzi.
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