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#sospetto siano anche peggiori
heresiae · 1 year
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Nonostante mio cognato abbia una madre bella tosta pure lui, ha chiaramente ZERO esperienza con l'insistenza aggressiva con cui nostra madre cerca in ogni modo di infilarsi nelle nostre vite.
Io e Sorella ci siamo abituate, abbiamo aggiunto catenacci su catenacci ai portoni man mano che gli anni passavano. Sorvolare sulle cose o mentire è ormai parte del nostro sistema operativo. Non dire nulla di quando stiamo male è la base. O dei lavori che ancora dobbiamo fare in casa.
Ora, loro han quasi finito di mettere a posto la pizzeria. Mater, chiaramente, chiede regolarmente se c'è bisogno di aiuto per VUOLE essere utile (e siccome è in pensione, ha tutto il tempo del mondo ora per cercare di sentirsi utile).
So, gather around kids, perché ecco una lezione base di come rispondere alle suocere quando vogliono a tutti i costi aiutare ma tu non le vuoi tra i piedi.
Avete due modi di rispondere:
1: no grazie, ormai è tutto sotto controllo. Ora arriva l'elettricista e poi siamo quasi pronti a partire.
2: no grazie, è tutto sotto controllo, settimana prossima arriva l'elettricista e poi grandi pulizie finali. Magari verso l'inizio di ottobre.
Prendetevi due minuti per analizzarle e poi sceglietene una.
Fatto?
Se avete scelto la due, complimenti! Non avete offerto spiragli con cui infilarsi dentro la porta e tirato il primo catenaccio. Ora dovete solo continuate a dire che non avete bisogno, aggiungendo catenacci a ogni messaggio.
Se avete scelto la uno, SCIOCCHI! Quel "Magari verso l'inizio di ottobre" vale come un invito in piena regola. Ora il suo piede è infilato dentro la porta e non mollerà finché non manderete l'intero reparto d'assalto a casa sua per impedirle di partire (e mandate del supporto psicologico ai quei poveracci). Solo Gandalf, forse, può salvarvi ora.
Se poi la permanenza di suddetta suocera non sarà nemmeno a carico vostro, ma di vostra cognata, sappiate che ora sanno in due a rompervi le palle, perché la cognata ama i suoi spazi e la sua routine, che Mater scombussola già solo respirando e se voi le avete dato il permesso a venire, non è di certo lei, ora, che la può fermare.
Ah, e la vostra compagna avrà un diavolo per capello.
Salvate la salute mentale di tutti e reprimete le suocere.
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corallorosso · 4 years
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Migranti e Ong, anche le nuove accuse sono riconducibili a un impianto ideologico preciso di Erasmo Palazzotto, deputato di LeU Si respira un clima pesante, da qualche giorno è ripartita una campagna di criminalizzazione della solidarietà che covava da mesi come brace sotto la cenere nelle carte di alcune procure. Non è certo una novità, negli anni sono state diverse le inchieste che hanno riguardato le Ong, accusate ogni volta delle peggiori nefandezze, ogni volta diverse, ma tutte riconducibili ad un impianto ideologico ben preciso, come più volte testimoniato dalle dichiarazioni alla stampa di procuratori come quello di Catania o di Ragusa. Il risultato è sempre stato identico: nulla di fatto. La mancanza di prove e le tesi fantasiose di pm palesemente ostili alla solidarietà non hanno mai retto nei tribunali che hanno di fatto sempre archiviato le inchieste, senza mai arrivare al processo vero e proprio. E andrà allo stesso modo anche in questa seconda ondata di attacchi giudiziari in cui sempre le stesse tre procure, quella di Trapani, di Catania e di Ragusa, che nel 2017 diedero inizio alla campagna di criminalizzazione delle Ong tornano oggi alla carica con un’azione coordinata che desta più di qualche sospetto. Andrà così per le accuse mosse dai pm di Trapani nei confronti degli attivisti di Medici senza Frontiere, Save The Children e Jugend Rettet, andrà così per l’inchiesta incardinata dalla procura di Ragusa nei confronti di Mediterranea e sono sicuro che sarà ampiamente dimostrato nel dibattimento l’estraneità di Msf a qualsiasi fatto contestatole dalla Procura di Catania. Andrà così perché salvare vite non può mai essere considerato, a diritto vigente, un reato. E perché è ormai chiaro che questo approccio diffamatorio è funzionale ad un disegno politico esplicito: deformare la realtà, confondere e polarizzare. Perché i problemi del Paese reale non sono le migrazioni o le persone che disperatamente tentano di fuggire dai lager libici, ma sono la sanità, la fuoriuscita dalla pandemia, l’economia da far ripartire, il lavoro che non c’è, le disuguaglianze che dividono e lacerano la nostra società. Dell’inchiesta ragusana ad esempio colpisce il fatto che sia iniziata da un atto con cui di solito le inchieste terminano: un comunicato stampa. Un modus operandi che ci racconta le priorità: prima ci si preoccupa di dare visibilità all’inchiesta, poi se ne accertano i fatti. Non è un caso che nelle comunicazioni della procura non ci siano fatti né tantomeno prove, ad oggi solo illazioni poco utili al processo ma ottime per servire su un piatto d’argento l’ennesima possibilità di speculazione ai professionisti dell’odio e, stavolta ancora più sottilmente, alla propaganda politica, e a chi in questo momento ha necessità di riposizionarsi nel nuovo contesto di Governo. E così mentre si investono tempo ed energie in inchieste, intercettazioni, agenti infiltrati a caccia di reati che non ci sono, si gira la testa dall’altra parte di fronte al più palese dei crimini: quello di non soccorrere le persone che rischiano la vita, di farlo troppo tardi, di affidare la sicurezza del Mediterraneo centrale alla cosiddetta guardia costiera libica, crimine operato da Italia e Unione Europea. È singolare che nessuna di quelle procure abbia mai aperto un’inchiesta sulle omissioni di soccorso che hanno causato la morte di centinaia di persone nel Mediterraneo centrale in tutti questi anni. Il tempo si incaricherà di indicare chi era dalla parte giusta della Storia. Nel frattempo, come sempre, resistiamo a questa criminalizzazione sostenendo e difendendo chi lavora ogni giorno per svolgere il più naturale e il più nobile dei gesti: salvare la vita di chi è in pericolo.
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falcemartello · 5 years
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Mando quello che ha scritto il chirurgo Daniele Macchini che lavora in Humanitas Gavazzeni a Bergamo e descrive benissimo la situazione.
In una delle costanti mail che ricevo dalla mia direzione sanitaria a cadenza più che quotidiana ormai in questi giorni, c’era anche un paragrafo intitolato “fare social responsabilmente”, con alcune raccomandazioni che possono solo essere sostenute.
Dopo aver pensato a lungo se e cosa scrivere di ciò che ci sta accadendo, ho ritenuto che il silenzio non fosse affatto da responsabili. Cercherò quindi di trasmettere alle persone “non addette ai lavori” e più lontane alla nostra realtà, cosa stiamo vivendo a Bergamo in questi giorni di pandemia da Covid-19.
Capisco la necessità di non creare panico, ma quando il messaggio della pericolosità di ciò che sta accadendo non arriva alle persone e sento ancora chi se ne frega delle raccomandazioni e gente che si raggruppa lamentandosi di non poter andare in palestra o poter fare tornei di calcetto rabbrividisco.
Capisco anche il danno economico e sono anch’io preoccupato di quello. Dopo l’epidemia il dramma sarà ripartire. Però, a parte il fatto che stiamo letteralmente devastando anche dal punto di vista economico il nostro SSN, mi permetto di mettere più in alto l’importanza del danno sanitario che si rischia in tutto il paese e trovo a dir poco “agghiacciante” ad esempio che non si sia ancora istituita una zona rossa già richiesta dalla regione, per i comuni di Alzano Lombardo e Nembro (tengo a precisare che trattasi di pura opinione personale).
Io stesso guardavo con un po’ di stupore le riorganizzazioni dell’intero ospedale nella settimana precedente, quando il nostro nemico attuale era ancora nell’ombra: i reparti piano piano letteralmente “svuotati”, le attività elettive interrotte, le terapie intensive liberate per creare quanti più posti letto possibili. I container in arrivo davanti al pronto soccorso per creare percorsi diversificati ed evitare eventuali contagi. Tutta questa rapida trasformazione portava nei corridoi dell’ospedale un’atmosfera di silenzio e vuoto surreale che ancora non comprendevamo, in attesa di una guerra che doveva ancora iniziare e che molti (tra cui me) non erano così certi sarebbe mai arrivata con tale ferocia.
(apro una parentesi: tutto ciò in silenzio e senza pubblicizzazioni, mentre diverse testate giornalistiche avevano il coraggio di dire che la sanità privata non stava facendo niente).
Ricordo ancora la mia guardia di notte di una settimana fa passata inutilmente senza chiudere occhio, in attesa di una chiamata dalla microbiologia del Sacco. Aspettavo l’esito di un tampone sul primo paziente sospetto del nostro ospedale, pensando a quali conseguenze ci sarebbero state per noi e per la clinica. Se ci ripenso mi sembra quasi ridicola e ingiustificata la mia agitazione per un solo possibile caso, ora che ho visto quello che sta accadendo.
Bene, la situazione ora è a dir poco drammatica. Non mi vengono altre parole in mente.
La guerra è letteralmente esplosa e le battaglie sono ininterrotte giorno e notte.
Uno dopo l’altro i poveri malcapitati si presentano in pronto soccorso. Hanno tutt’altro che le complicazioni di un’influenza. Piantiamola di dire che è una brutta influenza. In questi 2 anni ho imparato che i bergamaschi non vengono in pronto soccorso per niente. Si sono comportati bene anche stavolta. Hanno seguito tutte le indicazioni date: una settimana o dieci giorni a casa con la febbre senza uscire e rischiare di contagiare, ma ora non ce la fanno più. Non respirano abbastanza, hanno bisogno di ossigeno.
Le terapie farmacologiche per questo virus sono poche. Il decorso dipende prevalentemente dal nostro organismo. Noi possiamo solo supportarlo quando non ce la fa più. Si spera prevalentemente che il nostro organismo debelli il virus da solo, diciamola tutta. Le terapie antivirali sono sperimentali su questo virus e impariamo giorno dopo giorno il suo comportamento. Stare al domicilio sino a che peggiorano i sintomi non cambia la prognosi della malattia.
Ora però è arrivato quel bisogno di posti letto in tutta la sua drammaticità. Uno dopo l’altro i reparti che erano stati svuotati, si riempiono a un ritmo impressionante. I tabelloni con i nomi dei malati, di colori diversi a seconda dell’unità operativa di appartenenza, ora sono tutti rossi e al posto dell’intervento chirurgico c’è la diagnosi, che è sempre la stessa maledetta: polmonite interstiziale bilaterale.
Ora, spiegatemi quale virus influenzale causa un dramma così rapido. Perché quella è la differenza (ora scendo un po’ nel tecnico): nell’influenza classica, a parte contagiare molta meno popolazione nell’arco di più mesi, i casi si possono complicare meno frequentemente, solo quando il VIRUS distruggendo le barriere protettive delle nostre vie respiratorie permette ai BATTERI normalmente residenti nelle alte vie di invadere bronchi e polmoni provocando casi più gravi. Il Covid 19 causa una banale influenza in molte persone giovani, ma in tanti anziani (e non solo) una vera e propria SARS perché arriva direttamente negli alveoli dei polmoni e li infetta rendendoli incapaci di svolgere la loro funzione. L’insufficienza respiratoria che ne deriva è spesso grave e dopo pochi giorni di ricovero il semplice ossigeno che si può somministrare in un reparto può non bastare.
Scusate, ma a me come medico non tranquillizza affatto che i più gravi siano prevalentemente anziani con altre patologie. La popolazione anziana è la più rappresentata nel nostro paese e si fa fatica a trovare qualcuno che, sopra i 65 anni, non prenda almeno la pastiglia per la pressione o per il diabete. Vi assicuro poi che quando vedete gente giovane che finisce in terapia intensiva intubata, pronata o peggio in ECMO (una macchina per i casi peggiori, che estrae il sangue, lo ri-ossigena e lo restituisce al corpo, in attesa che l’organismo, si spera, guarisca i propri polmoni), tutta questa tranquillità per la vostra giovane età vi passa.
E mentre ci sono sui social ancora persone che si vantano di non aver paura ignorando le indicazioni, protestando perché le loro normali abitudini di vita sono messe “temporaneamente” in crisi, il disastro epidemiologico si va compiendo.
E non esistono più chirurghi, urologi, ortopedici, siamo unicamente medici che diventano improvvisamente parte di un unico team per fronteggiare questo tsunami che ci ha travolto. I casi si moltiplicano, arriviamo a ritmi di 15-20 ricoveri al giorno tutti per lo stesso motivo. I risultati dei tamponi ora arrivano uno dopo l’altro: positivo, positivo, positivo. Improvvisamente il pronto soccorso è al collasso. Le disposizioni di emergenza vengono emanate: serve aiuto in pronto soccorso. Una rapida riunione per imparare come funziona il software di gestione del pronto soccorso e pochi minuti dopo sono già di sotto, accanto ai guerrieri che stanno al fronte della guerra. La schermata del pc con i motivi degli accessi è sempre la stessa: febbre e difficoltà respiratoria, febbre e tosse, insufficienza respiratoria ecc… Gli esami, la radiologia sempre con la stessa sentenza: polmonite interstiziale bilaterale, polmonite interstiziale bilaterale, polmonite interstiziale bilaterale. Tutti da ricoverare. Qualcuno già da intubare e va in terapia intensiva. Per altri invece è tardi...
La terapia intensiva diventa satura, e dove finisce la terapia intensiva se ne creano altre. Ogni ventilatore diventa come oro: quelli delle sale operatorie che hanno ormai sospeso la loro attività non urgente diventano posti da terapia intensiva che prima non esistevano.
Ho trovato incredibile, o almeno posso parlare per l’HUMANITAS Gavazzeni (dove lavoro) come si sia riusciti a mettere in atto in così poco tempo un dispiego e una riorganizzazione di risorse così finemente architettata per prepararsi a un disastro di tale entità. E ogni riorganizzazione di letti, reparti, personale, turni di lavoro e mansioni viene costantemente rivista giorno dopo giorno per cercare di dare tutto e anche di più.
Quei reparti che prima sembravano fantasmi ora sono saturi, pronti a cercare di dare il meglio per i malati, ma esausti. Il personale è sfinito. Ho visto la stanchezza su volti che non sapevano cosa fosse nonostante i carichi di lavoro già massacranti che avevano. Ho visto le persone fermarsi ancora oltre gli orari a cui erano soliti fermarsi già, per straordinari che erano ormai abituali. Ho visto una solidarietà di tutti noi, che non abbiamo mai mancato di andare dai colleghi internisti per chiedere “cosa posso fare adesso per te?” oppure “lascia stare quel ricovero che ci penso io”. Medici che spostano letti e trasferiscono pazienti, che somministrano terapie al posto degli infermieri. Infermieri con le lacrime agli occhi perché non riusciamo a salvare tutti e i parametri vitali di più malati contemporaneamente rilevano un destino già segnato.
Non esistono più turni, orari. La vita sociale per noi è sospesa.
Io sono separato da alcuni mesi, e vi assicuro che ho sempre fatto il possibile per vedere costantemente mio figlio anche nelle giornate di smonto notte, senza dormire e rimandando il sonno a quando sono senza di lui, ma è da quasi 2 settimane che volontariamente non vedo né mio figlio né miei familiari per la paura di contagiarli e di contagiare a sua volta una nonna anziana o parenti con altri problemi di salute. Mi accontento di qualche foto di mio figlio che riguardo tra le lacrime e qualche videochiamata.
Perciò abbiate pazienza anche voi che non potete andare a teatro, nei musei o in palestra. Cercate di aver pietà per quella miriade di persone anziane che potreste sterminare. Non è colpa vostra, lo so, ma di chi vi mette in testa che si sta esagerando e anche questa testimonianza può sembrare proprio un’esagerazione per chi è lontano dall’epidemia, ma per favore, ascoltateci, cercate di uscire di casa solo per le cose indispensabili. Non andate in massa a fare scorte nei supermercati: è la cosa peggiore perché così vi concentrate ed è più alto il rischio di contatti con contagiati che non sanno di esserlo. Ci potete andare come fate di solito. Magari se avete una normale mascherina (anche quelle che si usano per fare certi lavori manuali) mettetevela. Non cercate le ffp2 o le ffp3. Quelle dovrebbero servire a noi e iniziamo a far fatica a reperirle. Ormai abbiamo dovuto ottimizzare il loro utilizzo anche noi solo in certe circostanze, come ha recentemente suggerito l’OMS in considerazione del loro depauperamento pressoché ubiquitario.
Eh sì, grazie allo scarseggiare di certi dispositivi io e tanti altri colleghi siamo sicuramente esposti nonostante tutti i mezzi di protezione che abbiamo. Alcuni di noi si sono già contagiati nonostante i protocolli. Alcuni colleghi contagiati hanno a loro volta familiari contagiati e alcuni dei loro familiari lottano già tra la vita e la morte.
Siamo dove le vostre paure vi potrebbero far stare lontani. Cercate di fare in modo di stare lontani. Dite ai vostri familiari anziani o con altre malattie di stare in casa. Portategliela voi la spesa per favore.
Noi non abbiamo alternativa. E’ il nostro lavoro. Anzi quello che faccio in questi giorni non è proprio il lavoro a cui sono abituato, ma lo faccio lo stesso e mi piacerà ugualmente finché risponderà agli stessi principi: cercare di far stare meglio e guarire alcuni malati, o anche solo alleviare le sofferenze e il dolore a chi non purtroppo non può guarire.
Non spendo invece molte parole riguardo alle persone che ci definiscono eroi in questi giorni e che fino a ieri erano pronti a insultarci e denunciarci. Tanto ritorneranno a insultare e a denunciare appena tutto sarà finito. La gente dimentica tutto in fretta.
E non siamo nemmeno eroi in questi giorni. E’ il nostro mestiere. Rischiavamo già prima tutti i giorni qualcosa di brutto: quando infiliamo le mani in una pancia piena di sangue di qualcuno che nemmeno sappiamo se ha l’HIV o l’epatite C; quando lo facciamo anche se lo sappiamo che ha l’HIV o l’epatite C; quando ci pungiamo con quello con l’HIV e ci prendiamo per un mese i farmaci che ci fanno vomitare dalla mattina alla sera. Quando apriamo con la solita angoscia gli esiti degli esami ai vari controlli dopo una puntura accidentale sperando di non esserci contagiati. Ci guadagniamo semplicemente da vivere con qualcosa che ci regala emozioni. Non importa se belle o brutte, basta portarle a casa.
Alla fine cerchiamo solo di renderci utili per tutti. Ora cercate di farlo anche voi però: noi con le nostre azioni influenziamo la vita e la morte di qualche decina di persone. Voi con le vostre, molte di più.
Per favore condividete e fate condividere il messaggio. Si deve spargere la voce per evitare che in tutta Italia succeda ciò che sta accadendo qua.
Dott. Daniele Macchini, chirurgo Humanitas Gavazzeni, Bergamo
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petalididonna · 5 years
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“Non avrei mai pensato di vedere un nuovo volto, unico, del nostro Paese prendere forma davanti ai miei occhi. Non si tratta di un monumento, ma di una azione collettiva. Tutto accade grazie a voi.”
Ieri sera, prima dello speciale delle Meraviglie dedicato a Venezia, Alberto Angela ha voluto mandare un messaggio di ringraziamento, coraggio e speranza a tutti gli italiani.
Mentre ci sono politici che cavalcano le peggiori fake news, soffiano sul fuoco della paura, usano l’emergenza per dividere e per dividerci, ascoltare quest’uomo è una boccata d’ossigeno per chi crede ancora nella scienza, nella competenza, nella cultura e in questo Paese.
“Voi che siete negli ospedali - ha detto - nei reparti di terapia intensiva, chi si occupa delle analisi, chi si occupa di dover pulire questi luoghi, chi si occupa della loro amministrazione. E ancora chi sta nei trasporti, nei supermercati, in quelle aziende che ancora lavorano, le Forze dell'Ordine, tutti in prima linea. E poi ci siete anche voi. Voi che siete a casa, come me. Anche voi state salvando delle vite. Non uscendo di casa impedite al virus di diffondersi e così salvate tante vite. Certo, molti non ce l'hanno fatta. E penso al vuoto che hanno lasciato in tante famiglie e io mi stringo a loro. Il nostro Paese ha preso certamente delle decisioni forti. All'inizio, ci guardavano con sospetto, apparivamo come degli untori. Poi le cose sono andate in un altro modo e adesso l'Italia è diventata un modello da seguire nella lotta a questo mondo. Mi sono chiesto come ha fatto questo piccolo paese come l'Italia a essere un faro, un esempio da seguire. Ci sono tante spiegazioni, ma credo ci sia anche qualcosa che deriva dal nostro patrimonio, frutto delle nostre generazioni passate. Si chiama cultura. Modo di parlare, di scrivere, di vestirsi, di mangiare, tutto questo è emerso in questo momento di emergenza. È come se tutte le generazioni passate siano emerse al nostro fianco, a combattere con noi. Abbiamo 3000 anni di storia. Penso che bisogna solo stringere i denti. E allora? Vi chiedo due cose. Non dimenticate tutte quelle persone che sono state coinvolte in questo sacrificio immenso e non scordiamoci chi non c'è più. Quando partirete per fare dei viaggi, quando sarà tutto finito, premiate l'Italia. In questo modo, premierete anche il nostro patrimonio e tutte le generazioni passate che stanno lottando insieme a noi.”
Grazie Alberto.
Uniti, ce la faremo.
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Lorenzo Tosa
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radheidiloveme · 6 years
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Il fenomeno delle grandi migrazioni è diffuso in tutto il mondo (Sud est asiatico, Africa, medio-oriente, Pakistan ecc..). Impossibile fermarlo nel breve/ medio periodo attraverso provvedimenti in grado di mutare la situazione sociale, economica e politica delle vaste aree geografiche di emigrazione. Fermare nel senso di “fermarli con ogni mezzo” vuol dire usare la violenza, tentativo che solo una politica senza morale può suggerire. L’accoglienza e l’integrazione sono l’unico modo di assorbire l’impatto dei migranti( anche utilmente, si pensi ai turchi prima e oggi ai siriani in Germania, alla Svezia....). Gli accordi presi da Minniti, malgrado la propaganda piddina abbia fatto pensare diversamente, sono stati causa di un disastro umanitario, bloccando donne uomini e bambini nei lager libici ( preclusi in gran parte ai controlli dell’Onu) dove torture, violenze sessuali, vendita di schiavi sono aumentati. La Guardia Costiera libica e gli scafisti, in buon accordo tra loro, hanno costretto i profughi a far arrivare dalle famiglie dei profughi più soldi, fingendo partenze, arresti, ripartenze che ogni volta diventavano più “sofferte” L’Onu ci ha definito “complici” di questi massacri, mentre il governo precedente e i suoi uomini ne menano ancor oggi vanto. L’arrivo al potere della lega e dei 5 stelle sembra imporre tutta la ignoranza, la superficialità, e l’opportunismo degli elettori che si sono coltivati, sollecitati nei loro istinti banalmente ribellisti e talvolta illusi. Il governo propende per una politica che oggi chiama sovranista, che è sostanzialmente nazionalfascista, in sintonia con non pochi paesi europei che non sanno far altro che pensare di difendersi chiudendo confini e chiudersi alla comprensione della complessità ( Macron è molto diverso da Renzi, da Blair?). La buffonesca squadra di governo rischia di fare grossi danni, confermando il menefreghismo per i principi umanitari e giuridici che regolano gli accordi ( giusti o sbagliati che siano) presi dall’Italia nella UE. Il dialogo politico fatto di ricatti sulla pelle degli immigrati è inaccettabile, porta a prenderci “adeguati e inaccettabili”insulti da governi ne’ peggiori ne’ migliori del nostro. Forse noi abbiamo subito un impoverimento culturale più grave, e quindi abbiamo la Salvini& Di Maio Company. Ma di pateticamente becero abbiamo già avuto il fascismo che poi ci ha portato, grazie alla codardia generale, al razzismo verso l’Africa ( Etiopia, Eritrea, Somalia..), alle leggi razziali, alla guerra. La storia non si ripete. Ma il pericolo della incapacità delle persone di leggere la realtà, capire, distinguere propositi e possibilità reali dalle bufale è reale e presente. Un risultato immediato lo abbiamo già avuto: l’Europa europeista ci guarda con non celato sospetto. Non per l’antieuropeismo ma per la grossolanità del pensiero al potere.
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entheosedizioni · 3 years
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“GROTESQUE” di Natsuo Kirino
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  Una definizione È grottesco ciò che è tanto strano e bizzarro, deforme e innaturale, goffo e malridotto, da suscitare il riso, misto a un senso di ripugnanza e di fastidio incipiente. Se questo è il tema che la scrittrice giapponese si è autoassegnata, direi che è riuscita a eseguire benissimo il compito. Il romanzo che ne è scaturito rientra perfettamente nella definizione summenzionata, tuttavia riesce a suscitare interesse, a stuzzicare la curiosità. Si subisce una sorta di fascinazione letteraria, leggendo le parole di Natsuo Kirino. Essa è tale da tenere alta l’attenzione per quasi 850 pagine di assurdo iperrealismo. Così assurdo da indignare il lettore. Perché non può essere davvero così il mondo contemporaneo, la realtà che tutti viviamo, il lato oscuro delle nostre vite. Non è possibile che non ce ne siamo accorti prima, che non abbiamo notato quanto sia grottesca la nostra società classista, materialista, spietata e indifferente. Una premessa Sono costretto, anzi obbligato, a scrivere una recensione altrettanto grottesca, invitandovi a non leggere questo romanzo. Perché diavolo dovreste impelagarvi nella narrazione di ben cinque infelicità contemporanee (volendo elencare solo i personaggi principali), per poi uscirne abbattuti, svuotati, immiseriti (a livello umorale) e perfino pentiti? Io sono arrivato a pentirmi di averlo letto. Perché tutte le volte che mi sono soffermato a ridere delle stramberie narrate mi sono poi sentito in colpa, quando sono stati palesati tutti i dolorosi retroscena che si celavano dietro le apparenze. Ogni personaggio vive un dramma nascosto. Un dramma più che profondo e radicato, più che penoso e inestricabile, e ce lo racconta a modo suo. È questo, infatti, un romanzo polifonico, nel quale il lettore si trova a scoprire diverse verità, o diverse sfaccettature della verità, per bocca dei vari narratori. Il principale, fra essi, è una donna di mezza età, alla quale la scrittrice non si preoccupa nemmeno di attribuire un nome. Lo fa apposta, quella subdola della Kirino, a non concederci neppure lo scarno beneficio di chiamare in qualche modo la più inattendibile delle voci narranti. Sì, perché non ci si può mica fidare di quello che racconta! Così come si riveleranno essere solo più o meno veritiere le altre versioni dei fatti, esplicitate dai suoi “concorrenti” narrativi. Tutti dicono quel che “vedono” dal proprio striminzito angolo di mondo, attraverso la propria ristretta percezione personale che, a volte, è ricca di omissioni volute (ah, la coscienza sporca degli umani!) e di mistificazioni male orchestrate. Insomma, la verità sta nel mezzo, come spesso accade. Ma è davvero difficile, oltre che appassionante, andarla a ricercare fra le varie contorsioni letterarie di questo romanzo. La verità viene continuamente rimpallata tra un personaggio e l’altro. Solo l’abilità narrativa dell’autrice impedisce che il lettore ne venga disorientato. “Sospetto siano molte le donne che, almeno una volta nella vita, hanno pensato di fare la puttana. Ci sono quelle che riescono a vedersi come merce con tanto di prezzo e pensano di vendersi finché quel prezzo è alto, per ricavarne il più possibile. Quelle che pensano che il sesso non abbia nessun significato intrinseco e vogliono accertarsene a proprie spese, col proprio corpo. Quelle che si vergognano per la vita grama e insignificante che conducono e desiderano prendersi una rivincita dominando il sesso né più né meno come fanno gli uomini. Quelle che preferiscono indulgere in comportamenti perversi e autodistruttivi. Quelle che ambiscono a offrire conforto spirituale al prossimo…”   I personaggi principali (nonché narratori): L’innominata – Ha 38 anni, vive da sola, è vergine, misantropa, cattiva, insensibile, invidiosa e opportunista. Pure bugiarda, direi. Quello che ci racconta è parzialmente falso o non del tutto vero, fate voi. La sua anaffettività suscita antipatia, tanto che risulta impossibile immedesimarsi in lei. A volte la si prenderebbe volentieri a schiaffi, altre volte non si può non ridere delle sue caustiche considerazioni. La sua caratteristica principale è, infatti, il cinismo, l’aridità emotiva. Giudica in maniera sprezzante chiunque le capiti a tiro, ma ha sempre una giustificazione per i propri comportamenti. È la sorella della bellissima Yuriko, che detesta e tiene lontana per pura e semplice invidia della sua avvenenza. Non esita ad apostrofarla duramente: “mostro”, la chiama. Dà del mostro a una ragazza che lei stessa, in diverse occasioni, definisce stupenda. Ditemi voi se ciò non è assurdo, se non è grottesco; Yuriko – Splendida mezzosangue nippoelvetica, appena più giovane della sorella, ha sempre vissuto ammaliando tutti con il proprio fascino innato. In giovanissima età si dà alla prostituzione per pura vocazione. Asserisce di essere una “puttana nata” e di non avere altre doti nella vita. Questa sua convinzione nasce evidentemente da una sua malsana concezione della realtà e dei rapporti umani, senza dubbio scaturita dall’essere cresciuta in una famiglia disfunzionale. I guadagni derivati dalla sua attività vengono dilapidati e, alla soglia dei 40 anni, si ritrova sul lastrico, costretta a battere il marciapiede. Sarà questo a condurla a diventare la prima vittima in questa storia;
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Kazue – Compagna di classe dell’innominata e di Mitsuru, altra protagonista del romanzo. Nonostante la sua brillante carriera universitaria e lavorativa, è una persona terribilmente infelice, oltre che assurdamente fragile. Decide di darsi alla prostituzione ritenendo che essa sia lo strumento adatto per imporre, una buona volta, la propria volontà sul mondo, sulla società, sugli uomini che l’hanno sempre snobbata. I peggiori clienti li raccatta sotto la statua di un Jizo (totem buddista protettore dei bambini deformi. O grotteschi, verrebbe da dire). Finirà anche lei uccisa;
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Mitsuru – Bella, ma non bellissima, è sempre stata la prima della classe. Ha ottenuto buoni successi professionali, ma è stata costretta a vivere alle spalle del marito, un vero genio. A un certo punto si perde, smarrisce il proprio raziocinio. Entra a far parte di una setta estremista che le rovinerà l’esistenza. Il suo punto di vista è fondamentale per chiarire alcuni aspetti della vicenda narrata e per smascherare la reticenza dell’innominata; Zhezhong – Immigrato clandestino cinese. Ha 34 anni ed è fuggito dal suo paese per via della miseria e delle privazioni in cui è vissuto. Ha perso l’adorata sorella Meijun in circostanze poco chiare e il suo ricordo lo tormenta. Confessa di aver ucciso Yuriko e di averla derubata, ma nega di essere coinvolto nell’omicidio di Kazue. Leggendo il suo memoriale, verrebbe quasi voglia di abbracciarlo, di perdonargli l’orrendo delitto che ha commesso, dato che la sua vita è stata un incubo, uno strazio lacerante. Ci si trattiene dal farlo solo perché il suo nome di battesimo è davvero orribile (grottesco!), ma anche perché le sorprese sono sempre dietro l’angolo in questo romanzo. Secondo alcune voci, che echeggiano qua e là nei vari capitoli, anche le verità di Zhezhong sono solo parziali, illusorie. Egli potrebbe essere un bugiardo cronico, un narcisista patologico, oltre che un bieco opportunista. Chissà? Il genere È molto difficile catalogare quest’opera in un genere letterario. Se prima ho parlato di iperrealismo non l’ho fatto con l’intento di inserirlo nel filone del neorealismo, ma solo per sottolineare la crudezza descrittiva della realtà narrata. Eppure è una realtà contorta, sempre esasperata, spesso forzata fino a sfiorare volutamente l’inverosimile ma senza travalicarlo mai. C’è del giallo fra le righe di quest’opera, ma non è abbastanza per farne un poliziesco; c’è del nero, ma la morte non è così spaventosa come lo è di solito nei cosiddetti noir. A volte, anzi, è perfino liberatoria; c’è del rosso, perché la politica irrompe nella narrazione con tematiche sempre attuali e spiazzanti: impossibile, per un lettore attento, non tracciare un parallelismo tra la tematica dell’immigrazione cinese in Giappone e le migrazioni che interessano l’Europa. Troppo simili alcuni contesti, troppo uguali certe dinamiche. Ci sono un sacco di colori, insomma, e di sfumature difficilmente identificabili. Gli esperti dicono che la giusta collocazione dei lavori della Kirino starebbe nel cosiddetto “hard boiled” o nella quasi estinta “pulp fiction”. Ma io non sono d’accordo. Non posso esserlo. Non c’è solo questo in “Grotesque”, c’è ben altro. C’è una profonda denuncia del sistema, una feroce critica al classismo, al pregiudizio e agli ostacoli che i giudizi morali frappongono fra il malcapitato e l’obiettivo del benessere personale e della propria affermazione. C’è la denuncia del maschilismo e della grettezza dell’uomo medio. Ma se gli uomini non ne escono a testa alta da questa narrazione, le donne non fanno certo bella figura. A loro si rimproverano invidie e gelosie esasperate, nonché ingiustificabili. A loro si imputano remissività e passività imperdonabili, le si accusa di complicità (con gli uomini), di debolezza, di lassismo. “Non si può vivere così” sembra dire questo romanzo, a ogni pagina. Ma tant’è…
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Lo stile Lo stile? Ben lontano da leziosità e artifici baroccheggianti, risulta essere piano. Le figure retoriche sono rarissime. Parlano i fatti (o l’interpretazione degli stessi), senza che ci si perda in ghirigori. Il lessico ha un registro elevato, ma non ricercato, e si mantiene sempre tale. Nemmeno nelle scene più scabrose degrada nella volgarità. Non ce ne sarebbe bisogno, è fin troppo chiaro lo squallore e la sofferenza di certe situazioni, poiché il lettore vi viene accompagnato passo passo, attraverso la profonda introspezione psicologica di ogni personaggio. Il punto più drammatico lo si raggiunge quando ci vengono propinati i diari della povera Kazue, grottesca e sciagurata come nessun altro. Sebbene l’epilogo fatale della storia narrata venga palesato sin da subito, annunciando al lettore che Yuriko e Kazue sono morte assassinate, nulla preclude il piacere – un piacere tormentato – di scoprire come e perché è successo. Nonché il desiderio di capire in che modo le vittime (e il carnefice) siano giunte a compiere le loro scelte di vita. Il procedimento dell’analessi funziona a dovere e avvinghia il lettore in un abbraccio quasi morboso. Non leggetelo, mi raccomando, non lasciatevi abbracciare proditoriamente dalla Kirino, o finirete per non venirne più a capo.   Orazio C.             Read the full article
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freedomtripitaly · 5 years
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L’ultima influenza arrivata dalla Cina, il Coronavirus, ha obbligato gli aeroporti internazionali di Roma Fiumicino e Milano Malpensa, dove atterrano i voli provenienti dall’estremo Oriente, a predisporre degli speciali scanner in grado di misurare la temperatura corporea dei passeggeri che sbarcano in Italia. Lo scanner è uno strumento portatile con uno schermo che, con l’ausilio di sensori elettronici, cambia colore da blu a rosso in caso di febbre. Il colore cambia quando si supera la temperatura corporea di 37,5°C. In questo caso scatta l’allerta e il passeggero viene affidato al sistema sanitario per un’eventuale quarantena. Talvolta è necessario che ciascun passeggero sosti per qualche secondo davanti allo scanner perché si possa contollare la temperatura, ma le macchine più sofisticate sono in grado di scandagliare i loro sensori anche in mezzo alla folla, così da velocizzare anche le procedure di controllo. Gli scanner termici sono stati predisposti in tutto il mondo. In alcuni Paesi sono utilizzati regolarmente, in altri, come in Italia, solo in caso di epidemie. Come funziona lo scanner in mezzo alla folla in aeroporto @Getty Images Al di là dei picchi di malattie pericolose, il controllo di eventuali influenze dei passeggeri dovrebbe esser fatto sempre in un aeroporto, prima dell’imbarco e dopo lo sbarco in un altro Paese. La cabina dell’aereo è uno dei luoghi peggiori per la trasmissione di germi. Benché le compagnie aeree siano obbligate a pulire i filtri periodicamente, non è sicuro che questo processo venga svolto quando e come si deve. E in ogni caso, quando si avvicina il momento della pulizia, i filtri saranno sicuramente già saturi di polvere ed eventuali germi. Specie durante i voli a lungo raggio, le probabilità prendersi un virus – fosse anche un semplice raffreddore o una congiuntivite – sono parecchio elevate. In realtà, benché spesso non ce ne accorgiamo, il personale aeroportuale e le assistenti di volo ci controllano ugualmente e prendono precauzioni per evitare il diffondersi di malattie. Ecco quali sistemi di controllo vengono usati prima e dopo che un passeggero voli per prevenire la diffusione di malattie. Oltre allo scanner portatile che inquadra solo il viso del passeggero per rilevare se questo ha la febbre o meno, negli aeroporti ci sono altri tipi di scanner corporei a raggi X che letteralmente spogliano una persona e vedono tutto, anche ciò che è nascosto. Controlli in aeroporto @Getty Images In molti aeroporti, anche italiani, quando si passa dal controllo bagagli, spesso vengono ispezionate le mani dei viaggiatori. Può capitare per via di un sospetto da parte del controllore o per un controllo casuale. Viene impiegata una cartina capace di rilevare tracce di droga o di polvere da sparo e quindi anche di medicinali. Nel dubbio, i controllori possono obbligare il passeggero a sottoporsi a un controllo più approfondito. Specie negli scali esteri, al controllo bagagli, oltre a far passare la propria valigia sotto un’apposita macchina in grado di vederne il contenuto, viene chiesto a chi si imbarca di entrare in una sorta di capsula trasparente, tenendo le gambe leggermente allargate (sul pavimento viene indicata la posizione in cui dovrebbero stare i piedi) e le braccia alzate. Questo sistema consente di ispezionare cosa indossa il passeggero sotto gli indumenti, ma, facendo una vera e propria radiografia, è capace di rilevare anche eventuali alterazioni di temperatura corporea. Uno scanner corporeo a raggi X @Getty Images C’è un altro sistema usato da alcune compagnie aeree a bordo dei velivoli: quello di spruzzare del disinfettante in cabina un volta chiusi i portelloni e prima dello sbarco. Il disinfettante, almeno nei casi meno gravi di virus, dovrebbe scongiurare il pericolo di diffusione di eventuali batteri portati dai passeggeri nell’abitacolo dove sono stipate centinaia di persone una accanto all’altra. Infine, un metodo per prevenire la diffusione di eventuali malattie infettive è quello applicato da diverse compagnie aeree su richiesta dei Paesi di destinazione, in particolare durante i voli a lungo raggio. Viene fatto compilare a bordo un formulario in cui devono essere indicate malattie recenti, viaggi ed eventuali contatti con piante o animali. Non è una garanzia di affidabilità, ma se il passeggero è onesto può rappresentare un fattore indicativo utile durante i controlli di sbarco. Lo scanner che rileva la temperatura @Getty Images https://ift.tt/3aI8Ls6 Come controllano sempre se i passeggeri sono malati negli aeroporti L’ultima influenza arrivata dalla Cina, il Coronavirus, ha obbligato gli aeroporti internazionali di Roma Fiumicino e Milano Malpensa, dove atterrano i voli provenienti dall’estremo Oriente, a predisporre degli speciali scanner in grado di misurare la temperatura corporea dei passeggeri che sbarcano in Italia. Lo scanner è uno strumento portatile con uno schermo che, con l’ausilio di sensori elettronici, cambia colore da blu a rosso in caso di febbre. Il colore cambia quando si supera la temperatura corporea di 37,5°C. In questo caso scatta l’allerta e il passeggero viene affidato al sistema sanitario per un’eventuale quarantena. Talvolta è necessario che ciascun passeggero sosti per qualche secondo davanti allo scanner perché si possa contollare la temperatura, ma le macchine più sofisticate sono in grado di scandagliare i loro sensori anche in mezzo alla folla, così da velocizzare anche le procedure di controllo. Gli scanner termici sono stati predisposti in tutto il mondo. In alcuni Paesi sono utilizzati regolarmente, in altri, come in Italia, solo in caso di epidemie. Come funziona lo scanner in mezzo alla folla in aeroporto @Getty Images Al di là dei picchi di malattie pericolose, il controllo di eventuali influenze dei passeggeri dovrebbe esser fatto sempre in un aeroporto, prima dell’imbarco e dopo lo sbarco in un altro Paese. La cabina dell’aereo è uno dei luoghi peggiori per la trasmissione di germi. Benché le compagnie aeree siano obbligate a pulire i filtri periodicamente, non è sicuro che questo processo venga svolto quando e come si deve. E in ogni caso, quando si avvicina il momento della pulizia, i filtri saranno sicuramente già saturi di polvere ed eventuali germi. Specie durante i voli a lungo raggio, le probabilità prendersi un virus – fosse anche un semplice raffreddore o una congiuntivite – sono parecchio elevate. In realtà, benché spesso non ce ne accorgiamo, il personale aeroportuale e le assistenti di volo ci controllano ugualmente e prendono precauzioni per evitare il diffondersi di malattie. Ecco quali sistemi di controllo vengono usati prima e dopo che un passeggero voli per prevenire la diffusione di malattie. Oltre allo scanner portatile che inquadra solo il viso del passeggero per rilevare se questo ha la febbre o meno, negli aeroporti ci sono altri tipi di scanner corporei a raggi X che letteralmente spogliano una persona e vedono tutto, anche ciò che è nascosto. Controlli in aeroporto @Getty Images In molti aeroporti, anche italiani, quando si passa dal controllo bagagli, spesso vengono ispezionate le mani dei viaggiatori. Può capitare per via di un sospetto da parte del controllore o per un controllo casuale. Viene impiegata una cartina capace di rilevare tracce di droga o di polvere da sparo e quindi anche di medicinali. Nel dubbio, i controllori possono obbligare il passeggero a sottoporsi a un controllo più approfondito. Specie negli scali esteri, al controllo bagagli, oltre a far passare la propria valigia sotto un’apposita macchina in grado di vederne il contenuto, viene chiesto a chi si imbarca di entrare in una sorta di capsula trasparente, tenendo le gambe leggermente allargate (sul pavimento viene indicata la posizione in cui dovrebbero stare i piedi) e le braccia alzate. Questo sistema consente di ispezionare cosa indossa il passeggero sotto gli indumenti, ma, facendo una vera e propria radiografia, è capace di rilevare anche eventuali alterazioni di temperatura corporea. Uno scanner corporeo a raggi X @Getty Images C’è un altro sistema usato da alcune compagnie aeree a bordo dei velivoli: quello di spruzzare del disinfettante in cabina un volta chiusi i portelloni e prima dello sbarco. Il disinfettante, almeno nei casi meno gravi di virus, dovrebbe scongiurare il pericolo di diffusione di eventuali batteri portati dai passeggeri nell’abitacolo dove sono stipate centinaia di persone una accanto all’altra. Infine, un metodo per prevenire la diffusione di eventuali malattie infettive è quello applicato da diverse compagnie aeree su richiesta dei Paesi di destinazione, in particolare durante i voli a lungo raggio. Viene fatto compilare a bordo un formulario in cui devono essere indicate malattie recenti, viaggi ed eventuali contatti con piante o animali. Non è una garanzia di affidabilità, ma se il passeggero è onesto può rappresentare un fattore indicativo utile durante i controlli di sbarco. Lo scanner che rileva la temperatura @Getty Images Quali sistemi di controllo vengono usati per prevenire la diffusione di malattie quando si viaggia in aereo.
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purpleavenuecupcake · 5 years
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Campagna “vista in salute”, programma itinerante di prevenzione delle malattie ottico-retiniche
Una unità mobile in tre regioni per visite ed esami gratuiti: inattesi i primi risultati (di Nicola Simonetti) La campagna per la prevenzione delle malattie della retina e del nervo ottico che il Ministero della Salute ha affidato alla gestione dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione delle Cecità – IAPB Italia Onlus, sulla base di un finanziamento triennale approvato dal Parlamento nella Legge di Bilancio 2019, ha avuto inizio in tre Regioni: Lombardia, Abruzzo e Campania (seguiranno tutte le altre Regioni nell’arco di 3 anni).
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Una struttura mobile dotata di tre ambulatori e di strumentazione diagnostica hi-tech con apparecchiature molto sofisticate ha consentito di effettuare un grande numero di refertazioni delle immagini della tomografia ottica computerizzata (OCT) e delle fotografie del fondo oculare. Il personale specialistico addetto si è interfacciato con le istituzioni locali per superare lo scoglio delle lunghe liste di attesa per gli ulteriori accertamenti ed eventuali interventi necessari per chi ne necessitava. Una iniziativa che si è rivelata preziosa per diagnosi precoci e per la prevenzione oltre che consentire l’acquisizione di dati da utilizzare per ricerca e programmazione di interventi. I primi dati hanno dimostrato: “nel 40 per cento dei soggetti esaminati (tra i 40 e i 90 anni, età media 63 anni) sono stati rilevati segni di malattia in atto o di sospetta malattia o, ancora, di premonizione di malattia”. Questo - dice l’avv. Giuseppe Castronovo, Presidente IAPB Italia Onlus - ci fa comprendere quanto diffuse siano le minacce che gravano sulla nostra vista e delle quali purtroppo non abbiamo troppo spesso consapevolezza. La vista è un bene prezioso, un enorme patrimonio che ereditiamo e dobbiamo preservare e questa campagna va nella direzione giusta: quella di elevare la cultura della prevenzione e di stimolare l’assunzione di misure adeguate di contrasto”. “Primi risultati, inaspettati, che dimostrano l’utilità dell’iniziativa e che - ha detto il moderatore dr. Marcello Portesi - innovando in materia, si rivela esempio virtuoso dell’utilizzazione dei soldi pubblici. Il prof. Filippo Cruciani – referente scientifico di IAPB Italia – afferma che “il sospetto di glaucoma è stato rilevato nel 12,8 per cento dei soggetti esaminati, la degenerazione maculare senile nel 6 % circa, la sindrome dell’interfaccia vitreo-retinica nel 12,1%, la corioretinosi miopica nel 3,24%, l’idrusen (piccole formazioni proteico-lipidiche che si formano sotto la retina) nel 11,35%, l’atrofia nel 4,14%, solo per citare le patologie più frequentemente emerse”. Il glaucoma, chiamato per l’assenza di sintomi “ladro silenzioso della vista”, colpisce in Italia 1 milione di persone, di cui ben la metà non sa di essere ammalata. La prevenzione è quindi elemento fondamentale e questa campagna traccia la strada per migliorare, tramite una diagnosi precoce, l’evoluzione di questa patologia, così come anche nel caso della degenerazione maculare senile e della retinopatia diabetica. “L’insieme dei dati, delle informazioni e degli spunti che saranno raccolti e sistematizzati con questa campagna triennale, ci consentiranno di disporre di una piattaforma solida sulla quale far poggiare nuove e più efficaci scelte di politica sanitaria per la tutela visiva – dice l’On. Paolo Russo, oculista e presidente dell’Intergruppo Parlamentare per la Tutela della Vista – ce lo impone il fatto che l’allungamento della vita media porta inevitabilmente ad un aumento delle patologie della vista per le quali l’argine più efficace è sicuramente la prevenzione, anche per la sostenibilità della spesa sanitaria”. Mettiamo a fuoco tre malattie oculari Glaucoma Il glaucoma è considerata la prima causa di cecità irreversibile al mondo: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) colpisce 55 milioni di persone, mentre 25 milioni hanno già perso le proprie capacità visive per causa sua. Questa malattia oculare nella forma cronica non dà neanche sintomi: in genere una pressione oculare troppo elevata danneggia “silenziosamente” la visione. Prima compaiono piccole “macchie” scure (scotomi) alla periferia del campo visivo il quale poi si può restringere progressivamente fino a una visione a cannocchiale (“tubulare”) e, nei casi peggiori, si arriva all’oscurità completa. In Italia si stimano circa un milione di glaucomatosi: la patologia riguarderebbe il 3,5% delle persone di età compresa tra i 40 e gli 80 anni. Bisognerebbe quindi individuare tempestivamente i casi di glaucoma ancora non diagnosticati, ossia circa mezzo milione di persone solo nel nostro Paese. Retinopatia diabetica Secondo l’OMS i diabetici nel mondo sono 422 milioni. L’Istat scrive (2017) che in Italia la prevalenza del diabete è stimata intorno al 5,3% della popolazione (oltre 3,2 milioni di persone); colpisce particolarmente gli anziani, ossia il 16,5% tra le persone dai 65 anni in su. Se il diabete di tipo 1 è diagnosticato dopo i 30 anni, indicativamente la prevalenza di retinopatia diabetica è del 20% dopo 5 anni di malattia, del 40-50% dopo 10 anni e di oltre 90% dopo 20 anni. La retinopatia diabetica è la prima causa di cecità in età lavorativa in Italia e negli altri Paesi economicamente sviluppati. I danni alla retina sono generalmente evitabili controllando il diabete. Inoltre, è stato dimostrato che un attento controllo della pressione arteriosa in chi ha il diabete di tipo 2 riduce il rischio di malattia micro-vascolare del 37%, il tasso di progressione della retinopatia diabetica del 34% e il rischio di peggioramento dell’acuità visiva del 47%. In un Rapporto sul diabete l’OMS scrive: “La retinopatia diabetica è un’importante causa di cecità e si verifica come risultato di un danno accumulato nel lungo periodo a carico dei piccoli vasi sanguigni della retina. La retinopatia diabetica ha provocato globalmente l’1,9% della disabilità visiva (moderata o grave) e il 2,6% della cecità nel 2010. Ci sono studi che suggeriscono che la prevalenza di ogni tipo di retinopatia in persone con diabete sia del 35%, mentre quella della retinopatia proliferativa (pericolosa per la vista) sia del 7%”. Maculopatie Le maculopatie sono una causa importantissima di perdita della visione centrale nei Paesi più avanzati, tra cui l’Italia. Tra le maculopatie acquisitela più diffusa è la degenerazione maculare legata all’età (AMD), che generalmente si presenta dopo i 55 anni ed è la principale causa di cecità legale nel mondo occidentale. Si riconoscono due tipologie di AMD: la forma secca (atrofica), caratterizzata da un’evoluzione lenta e meno aggressiva, e la forma umida (detta essudativa), che può anche essere un’evoluzione della prima. Per questo è molto importante seguire attentamente l’insorgenza e l’evoluzione della patologia retinica. Attualmente non esistono terapie specifiche per l’AMD secca. La forma umida (essudativa o neovascolare) è meno comune, ma è più aggressiva e ad evoluzione più rapida. È caratterizzata dalla presenza di nuovi vasi sanguigni retinici nella macula (centro della retina). Tutte le maculopatie vanno diagnosticate tempestivamente e, laddove possibile, si può ricorrere a trattamenti specifici (iniezioni intravitreali di anti-VEGF). È importante che venga fatta una diagnosi tempestiva e, dunque, è sempre necessario il ricorso a visite oculistiche periodiche. Read the full article
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preludioefuga-blog · 7 years
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Pastorale americana – Philip Roth
Un rapido esame del mio scaffale “americano” rivelerà un’ampia gamma di titoli che vanno dalla narrativa popolare di Stephen King al post modernismo di Nabokov, eppure nessuno di questi romanzi mi sembra così americano quanto  “Pastorale americana”. Dimenticatevi tutti quei grandi romanzi americani che piombano su qualche “grande problema americano” come la Grande Depressione, il razzismo, la schiavitù, l’uccisione brutale e spietata dei nativi  tra gli USA e il Messico. Dimenticatevi certi nomi illustri come “Il buio oltre la siepe” (di cui trovate una mia recensione qui), il “Grande Gasby” (ancora qui) e le altre opere che pare costituiscano la base della letteratura americana “classica”. Anche se questi romanzi si concentrano su particolari punti di svolta della storia americana o su aspetti socioculturali rilevanti alla base della loro identità nazionale, non riescono a convogliare lo spirito americano come questa creazione di Philip Roth. Le mie analisi sull’americanità di qualsiasi romanzo sono a dir poco discutibili, sicuramente, visto che internet e i romanzi non possono soppiantare l’esperienza di respirare veramente l’aria americana. Ma lascerò che Roth parli per me:
Non c’era nulla d’inerte intorno a noi. Sacrifici e restrizioni erano finiti. La Crisi era passata. Tutto era in movimento. Avevano tolto il coperchio. Gli americani dovevano ricominciare, in massa, tutti insieme.
Se questo non era abbastanza stimolante (la miracolosa conclusione di questo straordinario avvenimento, l’orologio della storia regolato e le mire di un intero popolo non più limitate dal passato), c’era il quartiere, la volontà comune che noi, i figli, scampassimo alla miseria, all’ignoranza, alle malattie, all’oppressione e all’intimidazione sociale; che scampassimo, soprattutto, alla mediocrità
“Pastorale americana” si immerge negli abissi del cuore e nell’anima dell’America e analizza il suo multiculturalismo curioso, il suo amor proprio sfrenato e l’odio verso di sé male indirizzato. E parlando di “abissi”, tenete presente che va davvero molto in profondità, sondando territori ignoti come le complicazioni all’origine di ogni relazione umana che siano tra marito e moglie o tra un padre e una figlia che provano un amore l’uno per l’altro leggermente ossessivo, quasi incestuoso. Da una parte racconta una serie di avvenimenti tragici che portano alla lenta disgregazione del mondo interiore di un ricco imprenditore ebreo mentre dall’altra si muove rapidamente avanti e indietro tra le varie questioni americane, dal boom economico del dopoguerra alla rivolta di Newark del ’67 alle violente proteste contro la guerra del Vietnam che sfociano nell’attività terroristica, tessendo in tal modo una rete intricata che simbolizza la trama dei conflitti interni dell’America. È come se il protagonista si crogioli nel proprio essere americano e nel suo disprezzo impassibile di tutto ciò che viene considerato fuori dalla sfera d’influenza americana. Ma la cosa sorprendente è che, nonostante il tono egocentrico della voce narrante e la sua palese indifferenza per tutto ciò che non è americano, niente di tutto questo sembra offensiva. Al contrario, quando tutto viene messo insieme, appare come una derisione del narcisismo americano. Ogni frase, ogni flusso di coscienza, ogni conversazione che Roth ha faticosamente elaborato per realizzare questo capolavoro è pregno di implicazioni sottintese. A tal punto che per tirare fuori ogni goccia di significato da un passaggio o da una lunga conversazione, uno studente di letteratura che si troverebbe a leggerlo “per casa” potrebbe dover esaminare ogni pagina per ore. Questo, tuttavia, non significa che sia difficile da capire, non lo è per niente. È semplicemente un romanzo che richiede una tremenda quantità di pazienza e uno sforzo da parte del lettore di rimuovere tutti gli strati di confusione.
Ho letto di persone che criticavano Roth per aver descritto gli ebrei in maniera denigratoria ma non sono d’accordo. Semmai il romanzo puzza di anti eroismo e guarda dall’alto in basso l’idea degli americani bianchi e ricchi della felicità familiare, benessere materiale e il loro desiderio di una reputazione immacolata esente da ogni macchia incriminante. Roth calpesta l’idea del culto dell’eroe e ci salta sopra finché non è più riconoscibile. Mi permetto anche di dissentire sul tema dell’infamia diffusa di Roth come misogino. Uno scrittore così in grado di improvvisare personaggi femminili tanto elaborati come quelli descritti qui non può essere accusato di nutrire un forte odio verso le donne. Certo, c’è una spolverata di frasi sessiste che si notano appena ma sospetto siano scritte al fine di definire il punto di vista di un certo personaggio piuttosto che semplicemente per sprezzante indifferenza (o forse devo leggere altri romanzi di Roth prima di giudicare). Alcune scene sessuali sono inquietanti al punto da essere leggermente scandalosi, ma nessuna di loro sminuisce le donne in quanto tali. E sarà poco giusto accusare Roth di volgarità sessuale quando le scrittrici attuali di romanzi erotici possono essere accusate di cose ben peggiori (stupro, fantasie su stalker?).
Per concludere, è un romanzo difficile da recensire poiché resiste ostinatamente alla decostruzione. Ma è stato ben scritto con lunghe frasi interminabili che sono un piacere da assaporate se apprezzate le acrobazie linguistiche. Roth divaga un sacco e si lascia spesso fuorviare, come un vecchio ai primi segni di demenza, snervando il lettore con i suoi bruschi salti da un argomento all’altro quasi fosse un flusso di coscienza e il suo debole per dettagli incredibilmente noiosi come l’arte del realizzare guanti. Ma alla fine, quando esprime la sua posizione non puoi fare a meno di meravigliarti della sua capacità di dedurre accuratamente i secondi fini che si muovono dietro quest’azione apparentemente insignificante. Per quanto il suo stile possa sembrare schizzofrenico, nessuno può negare che è anche il lavoro di un vero maestro.
Voto: 8-
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arturita · 8 years
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ArtuRock di Arturo Luzzatto Fegiz
Arturify: un canale gemellato con RadioArturo per l’intrattenimento musicale del MovimentoArturo. DJ di riferimento per noi: Zoro e Missouri4, ma se siamo chiamati per una festa invitiamo Andrea Salerno. La nostra cotta adolescenziale (abbiamo il poster sopra al letto): Roberto Angelini. Pre, durante e post GattoMatto.
Gli ascolti di oggi:
WHEN THE MUSIC IS OVER – THE DOORS
Dopo più di un anno e mezzo di campagna elettorale statunitense (che comunque, a ben guardare, non sembra ancora finita) lo starnazzare di Donald Trump e del suo progetto antipolitico è diventato una canzone disordinata e dadà, uno spot volgare eppure funzionale, perlomeno in quell’incredibile 8 novembre.
Ma tra un “China” e l’altro, tra un muro e un altro, tra una berlusconata e l’altra e soprattutto tra un insulto e un altro – che come i rotoloni della pubblicità sembravano non poter finire mai – the real Donald ha fatto così tanto rumore che le nostre orecchie se ne sono fatte una ragione. È una fortuna che le piazze siano piene e tante ong lavorino per porre rimedi ai disastri che il Presidente combina. Ma l’attesa che l’uomo del finto successo diventasse “presidenziale” si è spenta.
Donald non sa e non vuole sapere che la musica è finita, che la giostra della battaglia ha terminato anche l’ultimo giro e che quella luce, quel fuoco distruttore, adesso andrebbero spenti. Si mette le mani sulle sue, di orecchie, e finge che ci sia ancora tempo per attaccare la stampa o altri capricci. Mette su il disco con la sua brutta musica e costringe il mondo a questo reality show: balla sull’incendio, come gridano i Doors, disposto a farlo fino alla fine. E tronfio, quando non è a Mar-a-Lago, rincasa anche lui nella “House of Detention”, la Casa Bianca (dove probabilmente sono detenuti contro la propria volontà molti membri dello staff). Al ritmo di una musica stordente, che è finita e non lo sa.
Ieri a Gazebo abbiamo visto scene di un Occidente che rivive i propri anni peggiori, o ne immagina di ulteriori, e c’è ancora di sottofondo quella maledetta musica. Ma non fa più ridere ascoltare Trump che stonato si mette a cantarla.
INDAGINE SU UN CITTADINO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO – CALIBRO 35
Ce ne vorrà l’Altro Movimento, quello pentastellato, se non riusciamo a non associare il titolo del pezzo al Raffaellone nazionale? Probabilmente sì.
Non che potremmo mai rubare il lavoro all’esimio collega Arturo Fittipaldi, ma c’è da dire che proprio ieri è stato fissato per il 25 maggio il processo contro Raffaele Marra, ex capo del personale del Campidoglio. Non si annoierà questo cittadino finora al di sopra dei sospetti pentastellati, data la buona compagnia dell’altro imputato Sergio Scarpellini.
Il Movimento Arturo ha sostituito un altro grido a quello di onestà, che ci sembra più sensato e anche più furbo. Perché chiedere “dove sta?” circa una cosa piuttosto che pretenderla significa de-centralizzarsi. Non perché bastino le innumerevoli sezioni a renderci disaggregati e lontani.  State tranquilli (non sereni) perché noi siamo uniti, ma dentro a una domanda, senza arroganza e senza diritto di prelazione. Sorgono mille Arturi, ché non facciamo in tempo a mapparli (o meglio ce la facciamo, perché abbiamo uno staff da paura). Ma dentro ognuno leggiamo un sogno di cui va ricalcata l’ombra, dedotto lo scheletro, e solo dopo piazzeremo i mattoni. Arturo è un ideale regolativo, kantiano. È uno scopo che ha già fatto innamorare.
E se sembrerà solo uno scudo per quando verremo incriminati allora ci saremo già persi. Perché non vogliamo essere al di sopra di ogni sospetto, non vogliamo pene doppie ma nemmeno prescrizioni. Camminiamo all’altezza del livello del mare, né più né meno: e la vista che abbiamo da qui, vi assicuriamo, è proprio bella.
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viaggiatricepigra · 4 years
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Review Party: L'Ultimo Dorcha, di Arianna Colomba
Benvenuti in questo evento, partito il 29 Giugno e che andrà avanti fino alla fine di Luglio, in cui vi parleremo di un romanzo Fantasy Made in Italy, pubblicato ad inizio anno, dell'autrice self Arianna Colomba. 
Prima di darvi la mia opinione in merito, vi lascio la trama: 
"«Io, Robert Karth, stipulo questo contratto con il Dorcha, affinché porti fuori dalla prigione, sana e salva, questa ragazza. Dovrà prendersi cura di lei fin quando gli sarà permesso e fin tanto che non la riterrà al sicuro. La tratterà con rispetto e farà in modo che né lui, né altri, possano farle del male. In cambio, in anticipo, offro il pagamento di tre notti di riposo nella mia dimora, abiti puliti e le cure necessarie per la giovane.» L’uomo alzò il volto. Era chiaro il fatto che temesse di aver osato troppo e adesso si stava chiedendo se il Dorcha avrebbe accettato i termini del contratto o gettato la pergamena.
Gareth fissò un’ultima volta la giovane distesa sul tavolo. Passarono lunghi attimi e infine, a un tratto, si chinò sulla pergamena macchiata di sangue e soffiò.”
In un’epoca sull’orlo dell’apocalisse, i Dorcha rappresentano l’equilibrio tra Uomini e Oltremondo. Sono l’ago della bilancia che mantiene in vita ogni creatura, nel corso dei secoli.
Ma qualcosa sembra essere cambiato. La pioggia continua a cadere da svariati mesi e gli Uomini hanno iniziato la caccia ai propri simili, incolpando di stregoneria chiunque ritengano sospetto.
È proprio in questo clima di follia che Gareth, un Dorcha, viene legato da un contratto a una strana ragazza, accusata di essere una strega.
La storia parte in maniera estremamente semplice: dopo un prologo che sembra non avere alcun senso logico con la trama (ma ne ha, e si scoprirà verso la fine come siano collegate le cose) si fa conoscenza con il protagonista maschile e nostra voce principale per tutto il romanzo, ovvero Gareth.  Lui è un Dorcha, ovvero una creatura nata dall'unione fra un umano ed un essere dell'Oltremondo; cresciuto per servire l'Equilibrio fra questi due mondi così differenti fra di loro.  Un personaggio che prende estremamente sul serio questo compito, portando se stesso a non intervenire in alcun modo MAI anche quando proprio davanti ai suoi occhi succedono cose...difficili da tollerare, diciamo. Può(/sceglie di) farlo solo quando firma un contratto e ne è vincolato, ovvero ogni parola deve essere rispettata alla lettera.  Gareth si trova in un piccolo villaggio dove porta a termine un contratto, ovvero uccidere una creatura che sta divorando i bambini. Quando sta per riscattare il suo denaro, passando accanto a delle gabbie con dentro delle "streghe" una di loro gli afferra la caviglia e gli dice di liberarla, perchè lei sa. Nemmeno lui sa cosa intenda dire, ma basta quella piccola rivelazione per incuriosirlo e cambiare il contratto, prendendo la ragazza con sè, invece dei soldi.  Sarà l'inizio di una lunga avventura in cui Gareth imparerà lentamente a conoscere Sive. Lei non è ciò che appare, ma non vuole rivelare la sua vera natura; dovrà scoprirlo lui nel tempo, perchè detto prima del momento giusto lui non capirebbe e quindi si vanificherebbe ogni sforzo della ragazza per farsi aiutare. Infatti Sive lo avverte di una minaccia quasi "silente", ma che rappresenta un pericolo molto grave: la pioggia. Infatti non smette mai di piovere, da così tanto tempo che gli umani hanno iniziato la caccia alle streghe, uccidendole per "placare" il tempo. Ma così, ovviamente, non funziona.  Gareth dovrà portare a termine il contratto che lo lega a Sive il prima possibile, spinto anche dalla paura di ciò che sta iniziando a provare per la giovane. Sente che deve allontanarsi da lei, ma il destino non è d'accordo con lui e si troveranno immischiati in qualcosa di enorme, che lei conosce ma non può rivelargli. Questa giusto un'infarinatura della storia, di come inizia e cosa andrete a leggere, ma state pur tranquilli che è davvero pochissimo. Vi aspetta tanto altro in questo romanzo. Ma andiamo oltre ed iniziamo con le note dolenti.  Se avrete l'impressione di aver già letto/visto Gareth, avete pienamente ragione. Ricorda tantissimo un personaggio di un'altra serie di libri e videogiochi, che è approdata su Netflix lo scorso anno.  Sto parlando di The Witcher.  Geralt/Gareth. Già solo l'assonanza sveglia qualcosa.  Nella descrizione si fa chiarissimo due-più-due: non si sa quanti anni abbia, va a caccia di creature dell'Oltremondo (ovvero "mostri) spesso per denaro, non del tutto umano, capelli estremamente chiari (bianchi), si dice non abbia un cuore,... Insomma, ci si sente presi in giro! E lo dico perchè l'ho pensato.  Poi però sono andata avanti con la trama e le somiglianze finiscono lì, le storie prendono direzioni diverse fra di loro, svenando una trama che porta ad un Fantasy...diverso, come storia che ci viene raccontata.  Perdonatemi se non scendo nei dettagli, ma è il mistero che circonda l'identità della ragazza e del perchè la pioggia non vuole cessare. Dovete leggerlo per saperne di più.   Non credo sia una specie di "plagio" intenzionale da parte dell'autrice, ma visto che il paragone è immediato, mi sembra sciocco non parlarne e non prepararvi.  Lo stile è piuttosto scorrevole, l'autrice ha una buona scrittura, anche se (per i miei gusti) spesso ci si perde in ripetizioni fastidiose e descrizioni di cui si poteva far a meno, oltre al fatto che nel finale alcune cose non vengono spiegate chiaramente, lasciando un alone di mistero piuttosto inutile, se la storia finisce così.  Piccole accortezze che possono rendere migliore la trama se evitate o sistemate.  La trama in generale è molto interessante, la parte che mi fa alzare l'asticella del voto.  Originale e ben pensata, alla chiusura del libro si vede chiaramente che tutto era progettato nei dettagli che si incastrano a frammenti, dando una visione completa solo alla fine di tutto.  Molto particolari le scelte dei "retroscena" che muovono gli eventi, sono davvero inaspettate e piacevoli da trovare, visto che spesso ci si ritrova a leggere "copia/incolla" delle stesse storie, trite e ritrite  Tutto questo nel complesso, perchè andando nei dettagli alcune scelte avevano qualcosa di stonato.  Il rapporto fra Sive e Gareth, per esempio. Parte in modo affrettato e poi rallenta, per come ci viene raccontato. Il tutto è narrato in maniera molto elegante e romantica, se vi piace il genere; ma per un Fantasy che viene presentato come un Dark, mi sarei aspettata molto di più. Di Dark effettivamente non ho letto niente.  Il finale è un'altra nota abbastanza dolente. Poco prima degli ultimi capitoli procedeva piuttosto bene,  rivelazioni che regalano tasselli mancanti, una chiusura coerente con quanto letto (anche se abbastanza prevedibile),... Ma le ultime pagine sono troppo scontate. Una specie di "contentino" per far felice il lettore, cosa che (in generale) mal sopporto. Avrei preferito una chiusura secca poco prima.  Ma lo sapete, i finali non mi piacciono praticamente mai.     Insomma, una lettura piacevole ma che poteva essere migliore.  Scorrevole, originale, interessante,...ma!  Eh, purtroppo ci sono diversi "ma" che fanno abbassare il mio giudizio, e sono le note dolenti che vi ho spiegato sopra.  Non lo boccerei, se vi ho dato quest'impressione me ne scuso. (Avrei usato termini molto differenti, garantito).  Ho letto sicuramente libri Fantasy decisamente peggiori (e dai nomi più famosi), però andateci coi piedi di piombo se amate il molto genere. Potreste adorarlo alla follia, e spero per voi che sia così; oppure uscirne delusi.  Nel caso ne siate incuriositi e pensate di leggerlo, fatemi poi sapere la vostra impressione che ne sarei davvero curiosa.  in ogni caso, se l'autrice pubblicasse altri romanzi è molto probabile che legga altro di suo di questo genere. Un miglioramento di stile c'è sempre se non si smette di scrivere (cosa che le auguro, perchè la base è molto buona), e sarei curiosa di che storia potrebbe inventare in futuro.  from Blogger https://ift.tt/32ev1YK via IFTTT
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italianaradio · 5 years
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SIDERNO Sentenza Tar contro ricorso dell’ex Amministrazione su scioglimento Comune: le considerazioni di Paolo Fragomeni
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SIDERNO Sentenza Tar contro ricorso dell’ex Amministrazione su scioglimento Comune: le considerazioni di Paolo Fragomeni
SIDERNO Sentenza Tar contro ricorso dell’ex Amministrazione su scioglimento Comune: le considerazioni di Paolo Fragomeni
SIDERNO Sentenza Tar contro ricorso dell’ex Amministrazione su scioglimento Comune: le considerazioni di Paolo Fragomeni Lente Locale
di Paolo Fragomeni*
E infine venne il giorno della protervia e dell’ingiustizia fatte passare come azione atta a ripristinare la legalità (come se Siderno, la gloriosa e rinomata Siderno, la civile e bella Siderno fosse un covo di briganti) e l’ordine.
Con la sentenza del TAR che conferma lo scioglimento del Consiglio Comunale di Siderno e la liquidazione della sua Amministrazione Comunale per sospetti condizionamenti mafiosi, si scrive una pagina buia della storia di questa città. Non già per l’onore dei sidernesi  che non sono mai stati ingannati dai loro amministratori, ma per la giustizia e la verità.
Una pagina che resterà impressa a scorno di chi ha concepito, messo in atto e, infine, giustificato la squallida sanzione punitiva verso persone per bene che hanno avuto il solo torto (e una buona dose di ingenuità) di amare troppo la propria città, tanto da mettersi  in gioco, nel tentativo (che peraltro stava procedendo con ottimi risultati) di risollevarla dalla peggiore crisi dal dopoguerra ad oggi, anche grazie alle pessime gestioni commissariali degli ultimi anni.
Con questa sentenza si chiude un’operazione liberticida che va a ferire gravemente un principio cardine della Costituzione Italiana, la quale assegna alle popolazioni locali il diritto di scegliere i propri amministratori.
E’ incredibile come sia stato possibile che in un paese democratico sia stata varata una norma palesemente anti-costituzionale e che a distanza di venti anni dalla sua promulgazione, nonostante si sia dimostrata inefficace sotto vari aspetti, nessuna forza politica si sia posto il problema di una sua profonda revisione; ma forse una ragione c’è ed è da ricercare della pavidità e nell’opportunismo di una certa classe politica.
Una legge ingiusta perché consegna le sorti delle comunità al libero arbitrio delle prefetture che possono sciogliere sulla base di semplici sospetti e non già di comprovate verità. Una legge degna dei peggiori regimi oppressivi e che fa a pezzi lo Stato di Diritto, alla base della giustizia universale, secondo cui le responsabilità sono soggettive e comprovate.
Per quanto riguarda me, descritto come colluso con la ‘ndrangheta, (verrebbe soltanto da ridere se non fosse per la drammaticità dell’intera vicenda) parla la storia personale:
Appartengo ad una famiglia di democratici e antifascisti. Mio padre è stato un fiero oppositore al regime fascista e per questo ha subito la persecuzione politica col carcere e la tortura. E’ stato un dirigente nazionale della Confederterra al fianco dei contadini e delle gelsominaie. E’ stato (amico personale di Pietro Ingrao e Fausto Gullo) tra i protagonisti del radicamento del PCI nella provincia di Reggio e in Calabria, segretario del PCI della Jonica, dirigente regionale e provinciale dello stesso partito, candidato al Senato della Repubblica, più volte consigliere provinciale e consigliere regionale con l’incarico di segretario questore nella prima legislatura. E mi fermo qui.
Mia madre è stata una maestra elementare e, insieme a tante altri educatori, ha contribuito a scolarizzare una popolazione per buona parte analfabeta nell’immediato dopoguerra.
Molti miei parenti: zii, cugini, ecc. hanno svolto specchiata attività politica e amministrativa, e anche nel sindacato, sempre al servizio della collettività.
Il sottoscritto ha militato nella FGCI (Federazione Giovanile Comunista Italiana), facendo parte degli organismi provinciali reggini, accanto a figure del  calibro dell’attuale sen. Marco Minniti il quale mi affidò il compito di responsabile della giovanile sulla Jonica.
Eletto Consigliere Comunale di Siderno all’età di diciotto anni e riconfermato tale, in seguito, per altre sei volte.
Nell’ultima consiliatura sono stato candidato nella lista del PD e tale scelta è maturata su richiesta dell’allora  segretaria del partito di Siderno Maria Teresa Fragomeni  (non certo perché uomo gradito alla potente cosca dei Commisso), d’accordo il segretario pro tempore provinciale Sebastiano Romeo, per spirito di servizio verso il mio partito, risultando eletto con 306 voti.
Ritengo di aver svolto con onore ed equilibrio il compito di presidente del Consiglio Comunale  convocandolo mediamente ogni  venti giorni (in particolare ho convocato, d’accordo il iindaco Fuda, molti consigli comunali con all’ordine del giorno questioni inerenti la lotta alla criminalità organizzata e di condanna ai vili atti intimidatori  portati contro esponenti del C.C.; ho convocato tempestivamente il C.C. ogni qual volta si è dovuto costituire parte civile in processi contro la ‘ndrangheta).
Ho partecipato alla mia prima manifestazione contro la ‘ndrangheta  poco più che ragazzo nel Servizio d’Ordine del PCI quando solamente a nominarla si rischiava di essere gambizzati ad andar bene le cose. Non ho mai frequentato ambienti  criminali o persone che di questi fossero esponenti (ma credo che di ciò le forze dell’ordine siano più che informate) essendo sempre stata una persona libera, democratica, educata ai valori di giustizia, libertà e integrità morale dai miei genitori e grazie alla frequentazione (questa si abituale) di molti miei maestri politici e padri nobili della comunità come Peppe Reale, Peppe Errigo, Enzo Pedullà, Peppino Brugnano, Cosimo Iannopollo, Peppe Romeo, Giovannino Riccio, Marco Lulì, Enzo D’Agostino, ecc.) e fiera avversaria di ogni forma oppressiva e criminale.
Infine, esprimo tutta la mia delusione per il trattamento che la mia persona, e tante altre come me, hanno subito e stanno subendo come “giusta gratificazione’”per l’impegno verso la propria comunità.  Resta, anche, la profonda delusione e amarezza per le conclusioni del TAR che intaccano la mia fiducia verso la magistratura.
Ciò che resta sono macerie umane e materiali e l’amara constatazione che a nulla serve costruire una vita all’insegna dell’onestà, dell’impegno sociale, del rispetto delle regole (e su questa strada aver educato e condotto i figli), quando una semplice illazione, un sospetto, un pregiudizio, finiscono per creparne la rispettabilità.
Concludo ringraziando tutti quelli, e in particolare il sen. Fuda che mi ha fortemente voluto alla guida del Consiglio Comunale, per la collaborazione istituzionale e umana che, in questi anni, sono state ulteriori occasioni di crescita politica e personale. Onorato di aver fatto parte di una squadra che si è accollata la pesante responsabilità di risollevare la città di Siderno dal baratro nel quale era precipitata.
Resta la speranza, anzi, la certezza che i sidernesi, presto, possano tornare ad autogovernarsi liberamente come democrazia vuole e pretende.
:* Ex presidente del Consiglio Comunale
SIDERNO Sentenza Tar contro ricorso dell’ex Amministrazione su scioglimento Comune: le considerazioni di Paolo Fragomeni Lente Locale
SIDERNO Sentenza Tar contro ricorso dell’ex Amministrazione su scioglimento Comune: le considerazioni di Paolo Fragomeni Lente Locale
di Paolo Fragomeni* E infine venne il giorno della protervia e dell’ingiustizia fatte passare come azione atta a ripristinare la legalità (come se Siderno, la gloriosa e rinomata Siderno, la civile e bella Siderno fosse un covo di briganti) e l’ordine. Con la sentenza del TAR che conferma lo scioglimento del Consiglio Comunale di Siderno […]
SIDERNO Sentenza Tar contro ricorso dell’ex Amministrazione su scioglimento Comune: le considerazioni di Paolo Fragomeni Lente Locale
Francesca Cusumano
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purpleavenuecupcake · 5 years
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Salviamo i nostri occhi due campagne per la prevenzione di malattie di retina, nervo ottico e cornea
(di Nicola Simonetti e Donatella Tansella) Quattro malattie oculari, in particolare, da tenere sott’occhio e mettere a fuoco: glaucoma, retinopatia diabetica, maculopatie, cheratocono. Una “banda” di ladri della vista che ha già “rapinato”, nel mondo, oltre 60 milioni di persone (di 30 milioni hanno già preso tutto il capitale visivo rendendoli ciechi). Se ci fossero state adeguate prevenzione e/o diagnosi precoce, i malandrini sarebbero stati “arrestati” prima di far danno irreversibile. Le organizzazioni internazionali e nazionali hanno recepito l’urgenza di intervenire e promuovono diverse iniziative per evitare questa corsa alla cecità che, purtroppo, diventa sempre più partecipata anche dai più giovani. Due le iniziative più recenti e qualificate, con visite e controlli offerti gratuitamente ai cittadini. Le università di Verona (prof. Giorgio Marchini) e di Chieti-Pescara (prof. Leonardo Mastropasqua), con il CAMO (Centro Ambrosiano Oftalmico, dir.Lucio Buratto) ed il patrocinio del Ministero della Salute, hanno organizzato il “mese della prevenzione” durante il quale appositi centri specialistici, distribuiti in tutta Italia, saranno a disposizione per visite gratuite. Per prenotazione, consultare il sito www.curagliocchi,it Contemporaneamente l’Agenzia Internazionale per la prevenzione della Cecità-IAPB Italia Onlus, con il sostegno del Parlamento italiano, lancia la Campagna Nazionale di Prevenzione delle malattie della retina e del nervo ottico con controlli oculistici gratuiti ad alta tecnologia che, entro il 2021 coinvolgerà tutte le Regioni italiane. Visite gratuite saranno effettuate in un tir hi-tech dotato di 4 laboratori. Informazioni www.vistainsalute.it Nella Regione Abruzzo verrà sperimentato un modello di telemedicina per prevenire e controllare la retinopatia diabetica: attraverso una fotografia ad alta risoluzione del fondo oculare, effettuata negli ambulatori e nei centri di diabetologia, che in tempo reale viene trasmessa ad un centro di lettura, dove medici oculisti, da remoto, potranno diagnosticare la presenza della patologia e il successivo controllo.  In tal modo si ridurranno le liste d’attesa, si semplificherà la vita dei diabetici, consentendo loro di sottoporsi regolarmente alle visite oculistiche che possono salvare la vista. La campagna è promossa dall’Agenzia Internazionale per la prevenzione della Cecità-IAPB Italia Onlus, grazie al sostegno del Parlamento italiano che, con l’ultima legge di bilancio, ha voluto dare una risposta incisiva al grande bisogno di prevenzione visiva presente nella popolazione. L’iniziativa ha ricevuto il patrocinio del Ministero della Salute, dell’Istituto Superiore di Sanità, della Società Oftalmologica Italiana, della Conferenza Stato-Regioni, dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), oltre che dell’Intergruppo Parlamentare per la Tutela della Vista. “La vista – dice il presidente della IAPB Italia onlus, avv. Giuseppe Castronovo -  è bene prezioso, enorme patrimonio che ereditiamo e dobbiamo preservare sin da piccoli. Da essa ci giunge oltre l’80% delle informazioni che ci pervengono dall’ambiente. Trascurarla, potrebbe compromettere irreparabilmente autonomia e indipendenza della persona”. L’On. Paolo Russo, presidente Intergruppo Parlamentare Tutela della Vista che ha patrocinato l’iniziativa, ha sottolineato che “…questa campagna è un modo concreto per aiutare i pazienti ma anche modo moderno per orientare la politica verso scelte strategiche che aiutino i percorsi di prevenzione”. Il cheratocono  è la prima causa di trapianto corneale. Si tratta – dice Lucio Buratto, oculista, direttore scientifico Centro Ambrosiano Oftalmico e Neovision -  di  una malattia progressiva della cornea che può provocare una riduzione, anche molto grave, della capacità visiva. Si realizzano assottigliamento e deformazione della cornea, che tende a sfiancarsi protrudendo in avanti, a volte in modo così evidente da assumere una forma conica. Di solito, la patologia interessa ambedue gli occhi ma, spesso, questo avviene in modo asimmetrico. La cornea può dirsi “la più importante lente nell’occhio” del quale essa costituisce la parte anteriore, essendo una struttura di forma convessa formata da tessuto trasparente. La cornea, per consentire una buona visione deve avere perfetta trasparenza e forma regolare. Alterazioni di un e/o dell’altra caratteristica compromettono, in modo più o meno rilevante, efficienza e capacità di vedere. Una cornea trasparente e con curvatura regolare, lavorando “insieme” ad un cristallino trasparente e ad una retina sana, consente a un occhio di vedere nitidamente, purché, ovviamente, anche le altre strutture siano normali). La causa del cheratocono non è nota. Non è malattia ereditaria pur se si riscontra familiarità e, pertanto, è da sospettare se una o più familiari ne siano affetti, cosa che impone controllo sistematico. A volte il cheratocono si presenta durante la crescita, in associazione con allergie, specie quando queste inducono a sfregarsi gli occhi (si raccomanda di evitarlo).  Sospetto l’eventuale difetto rifrattivo con astigmatismo che aumenta nel tempo. La velocità e l’entità della progressione della deformazione corneale sono estremamente variabili. In genere, esse sono più accentuate nei giovanissimi e ritardate  dall’“irrigidimento” della cornea nel corso degli anni. Il soggetto colpito avverte peggioramento della capacità visiva, in genere miopia e, specialmente, percezione di un’immagine sfocata e deformata (le fonti luminose si vedono come se avessero una coda luminosa) che disturbane le attività solite. Visita specialistica, rilievo di topografia corneale (misura spessore della cornea), OCT (rileva alcune caratteristiche dell’anatomia), aberrometria (fornisce informazioni sulla qualità visiva) sono necessari per la diagnosi . Quando la capacità visiva non è migliorabile con procedure conservative, si ricorre a trapianto di cornea o “cheratoplastica” offerta da donatore. In Italia ne servono oltre 6.000 che hanno successo del 95% dopo un anno e del 60% dopo 10. Preziosa la rete nazionale che si occupa delle donazioni. Le “Banche degli Occhi” raccolgono 12.000-15.000 cornee/anno. Si può ricorrere, ma precocemente per evitare il trapianto – dice Buratto –al cross-linking corneale (CXL): la cornea, imbibita da riboflavina, viene irraggiata da sorgente a raggi ultravioletti che la irrobustiscono e stabilizzano la malattia. Il glaucoma è considerato la prima causa di cecità irreversibile al mondo e, nella forma cronica, non dà neanche sintomi: in genere una pressione oculare troppo elevata danneggia “silenziosamente” la visione. Prima compaiono piccole “macchie” scure (scotomi) alla periferia del campo visivo il quale poi si può restringere progressivamente fino a una visione a cannocchiale (“tubulare”) e, nei casi peggiori, cecità completa. In Italia si stimano circa un milione di glaucomatosi: il 3,5% delle persone di età compresa tra i 40 e gli 80 anni. Bisognerebbe quindi individuare tempestivamente i casi di glaucoma ancora non diagnosticati, ossia circa mezzo milione di persone, in Italia. La retinopatia diabetica (i diabetici, nel mondo, sono 422 milioni; in Italia 3,2 milioni). Se il diabete di tipo 1 è diagnosticato dopo i 30 anni, la prevalenza di retinopatia diabetica è circa del 20% dopo 5 anni di malattia non controllata a dovere, del 40-50% dopo 10 anni e di oltre 90% dopo 20 anni. La retinopatia diabetica è la prima causa di cecità in età lavorativa in Italia e negli altri Paesi economicamente sviluppati. I danni alla retina sono generalmente evitabili controllando il diabete. Inoltre, è stato dimostrato che un attento controllo della pressione arteriosa in chi ha il diabete di tipo 2 riduce il rischio di malattia micro-vascolare del 37%, il tasso di progressione della retinopatia diabetica del 34% e il rischio di peggioramento dell’acuità visiva del 47%. L’OMS scrive: “La retinopatia diabetica è un’importante causa di cecità e si verifica come risultato di un danno accumulato nel lungo periodo a carico dei piccoli vasi sanguigni della retina. Le maculopatie sono causa importantissima di perdita della visione centrale nei Paesi più avanzati, tra cui l’Italia. Tra le maculopatie acquisite (AMD), la più diffusa è la degenerazione maculare legata all’età, che generalmente si presenta dopo i 55 anni ed è la principale causa di cecità legale nel mondo occidentale. Si riconoscono due tipologie di AMD: la forma secca (atrofica), caratterizzata da un’evoluzione lenta e meno aggressiva, e la forma umida (detta essudativa), che può anche essere un’evoluzione della prima. Per questo è molto importante seguire attentamente l’insorgenza e l’evoluzione della patologia retinica. Attualmente non esistono terapie specifiche per l’AMD secca. La forma umida (essudativa o neovascolare) è meno comune, ma è più aggressiva e ad evoluzione più rapida. È caratterizzata dalla presenza di nuovi vasi sanguigni retinici nella macula (centro della retina). Tutte le maculopatie vanno diagnosticate tempestivamente e, quando possibile, si può ricorrere a trattamenti specifici (iniezioni intravitreali di anti-VEGF). È importante la diagnosi tempestiva e, quindi,  è sempre necessario il ricorso a visite oculistiche periodiche. Read the full article
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