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#teatro dialettale
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Andiamo a teatro
Andiamo a teatro
Andiamo a teatro
Andiamo a teatro
Siiii 🎭
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I nostri amici la compagnia "I giovani amici del teatro" hanno ottenuto con la loro commedia dialettale "Pure lu paradise è d'accorde" questi premi:
Migliore attrice caratterista 3° posto
Migliore attrice protagonista 3° posto
Migliore attore protagonista 3° posto
Migliore regia 3° posto
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limoniacolazione · 5 months
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Ancora dietro a lavorare su grafiche alternative per l'affiche. Stasera sono sola a casa, che Guillaume è andato a fare le foto di uno spettacolo di teatro dialettale e poi dorme da un'amica. Mi preparo un ramen veoce. Tu tienimi compagnia, fammi una domanda, iamme.
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deathshallbenomore · 2 years
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a volte mi sembra di aver avuto un’infanzia molto democristiana (che del resto fa un po’ parte dello starter pack dei 90s kids, a mio avviso). poi mi torna in mente che, al mio paesello, il gruppo della parrocchia che fa teatro dialettale (almeno finché ero piccola e frequentavo l’oratorio) era composto quasi esclusivamente da uomini e, pertanto, i ruoli femminili erano interpretati sempre da loro. mi rendo conto solo svariati anni dopo di essere cresciuta a un incrocio molto democristiano e forse un filo omofobo, ma pur sempre dotato di un grande senso dell’umorismo, tra il teatro antico, shakespeare e il mondo drag. che esperienza incredibile, chi come me onestamente
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lamilanomagazine · 2 months
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La Spezia: teatro civico, Tullio Solenghi in "I Maneggi per maritare una figlia"
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La Spezia: teatro civico, Tullio Solenghi in "I Maneggi per maritare una figlia".  Due serate al Teatro Civico nel segno di Gilberto Govi: I Maneggi per maritare una figlia, amatissima e nota commedia cavallo di battaglia del grande attore genovese, andrà in scena sabato 9 marzo (ore 21) e in replica domenica 10 marzo 2024 alle 17.30 con la regia di Tullio Solenghi, protagonista della commedia a fianco di Elisabetta Pozzi. Il progetto di mettere in scena I Maneggi per maritare una figlia nasce all'interno del primo festival dedicato a Gilberto Govi (1885-1966), in programma al Teatro Sociale di Camogli nel maggio-giugno 2022, come sua conseguenza naturale: la commedia di Niccolò Bacigalupo (in genovese I manezzi pe majâ na figgia) fu infatti, come è noto, il più grande successo di Govi. Questa nuova edizione, tuttavia, non punta solo a celebrare un grande attore riproponendo il suo cavallo di battaglia; vuole anche fugare un equivoco in cui si incorre spesso quando si parla di Govi: pensare che si tratti di una maschera teatrale solo genovese, dialettale. Proprio per valorizzare il carattere nazionale della comicità di Govi, ad interpretare i due irresistibili protagonisti dei Maneggi, Steva e la moglie Giggia, sono due attori nati a Genova, ma di carriera e fama nazionale: Tullio Solenghi (che cura anche la regia) ed Elisabetta Pozzi. Affiancati da una compagnia di giovani attori, Solenghj e Pozzi duettano nel cavallo di battaglia di Govi con una fedeltà all'originale mai vista prima. Solenghi ha dichiarato che si lascerà "docilmente calare nei panni e nella mimica di Gilberto Govi assimilandone ogni frammento, ogni sillaba, ogni atomo." Un atto d'amore nei confronti del grande attore genovese e un regalo al pubblico di oggi, che per la prima volta, a teatro, potrà provare un'emozione simile a quella degli spettatori che ebbero la fortuna di applaudire Govi dal vivo. In questa direzione va anche la partecipazione alla produzione di un regista di prosa e di opera celebre in tutto il mondo come Davide Livermore, ideatore del progetto scenografico. Biglietti disponibili su Vivaticket e presso il Botteghino del Teatro Civico Orari di apertura: dal lunedì al sabato ore 8.30/12, il mercoledì anche dalle 16 alle 19 Tel. (+39) 0187 727 521 [email protected]... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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agrpress-blog · 6 months
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Quarantotto anni fa, nella notte fra il 1° e il 2 novembre 1975, veniva barbaramente assassinato all’Idroscalo di Ostia il grande scrittore, saggista, giornalista, regista, sceneggiatore e intellettuale friulano. Nato a Bologna nel marzo 1922 da madre friulana - Susanna Colussi (1891-1981), insegnante -originaria di Casarsa della Delizia (PN) e padre bolognese - Carlo Alberto Pasolini (1892-1958), ufficiale di fanteria) - ha un’infanzia difficile (vissuta fra Bologna e Casarsa) e teatro di grandi sofferenze: il rapporto conflittuale con il padre, l’uccisione del fratello Guido Alberto (1925-1945) da parte dei partigiani comunisti. Nel ’47 comincia ad insegnare alle scuole elementari di Valvasone (PN), non lontano da Casarsa. Sensibile ai valori dell’ideologia di sinistra, aderisce al Partito Comunista, ma ne viene espulso per omosessualità nell’autunno del 1949. Si tratta del primo di una lunga serie di processi (ne subirà un’altra trentina nei successivi venticinque anni) e dell’inizio di una persecuzione che durerà per il resto della sua vita. Perduto il lavoro da insegnante, nel gennaio 1950 il giovane Pasolini si trasferisce a Roma con la madre. Senza mezzi e con un futuro immediato che dipende esclusivamente dall’aiuto economico di uno zio, si trasferisce in una camera di piazza Costaguti, nel ghetto ebraico. Chiede invano di dare lezioni private e s’iscrive al sindacato comparse di Cinecittà. Lavora come correttore di bozze per un giornale, riesce a far pubblicare qualche articolo su alcuni quotidiani cattolici e di estrema destra («Il Quotidiano», «Il Popolo di Roma», «Libertà d’Italia»), continua a scrivere (o riscrive) le opere cominciate in Friuli nei due anni precedenti (Atti impuri, Amado mio, La meglio gioventù). Scrive anche le poesie raccolte in Roma 1950 – Diario, che un decennio dopo verrà pubblicato da Scheiwiller. Nel ’51 si trasferisce in un modesto appartamento di via Giovanni Tagliere, 3 - in zona Ponte Mammolo, vicinissimo all’attuale carcere di Rebibbia -, dove rimarrà due anni, fino al ’53. Grazie al poeta dialettale abruzzese Vittorio Clementi, ottiene un posto da insegnante presso la scuola media “Francesco Petrarca” a Ciampino. Fra i suoi allievi, il futuro scrittore e sceneggiatore Vincenzo Cerami (1940-2013). Nel ’54 collabora con Mario Soldati - insieme all’amico Giorgio Bassani (futuro Premio Strega 1956 con Cinque storie ferraresi) - alla sceneggiatura di La donna del fiume e, con i soldi guadagnati, si trasferisce a Monteverde, quartiere in cui rimarrà per nove anni (dal ’54 al ’59 in via Fonteiana, 86 e poi, dal ’59 al ’63, in via Giacinto Carini, 45 - nello stesso edificio in cui abitava il poeta e critico letterario Attilio Bertolucci, padre dei fratelli Bernardo e Giuseppe). Fra il ’54 e il ’60 svolge un’intensa attività di sceneggiatore - soprattutto in film diretti da Mauro Bolognini (Marisa la civetta, Giovani mariti, La notte brava, La giornata balorda, Il bell’Antonio), ma anche da Federico Fellini (Le notti di Cabiria ), King Vidor (Addio alle armi, tratto dal libro omonimo di Ernest Hemingway), Franco Rossi (Morte di un amico), Leopoldo Savona (Le notti dei teddy boys), Gianni Puccini (Il carro armato dell’8 settembre), Florestano Vancini (La lunga notte del ’43), Luciano Emmer (La ragazza in vetrina) -, che gli permette di fronteggiare le difficoltà economiche e di dedicarsi anche alla letteratura, alla poesia ed alla pittura. La grande crisi politica e ideologica del 1956 (il rapporto Kruscev al XX Congresso del Partito Comunista Sovietico, che segna il rovesciamento dell’epoca staliniana e la speranza di un rinnovamento nel mondo comunista, che stridono con i fatti di Polonia e d’Ungheria) ispira la trama degli scritti di questi anni (le ultime parti di Le ceneri di Gramsci ed il suo nuovo romanzo Una vita violenta). Nel ’60 recita nel ruolo di Leandro - detto “il gobbo” - in Il gobbo di Carlo Lizzani, fornisce alcune idee per La dolce vita di Federico Fellini
e comincia a scrivere la sceneggiatura di La commare secca, progetto che verrà poi abbandonato (il film verrà realizzato due anni dopo e sarà esordio alla regia del giovane Bernardo Bertolucci). Nel ’61 esordisce dietro alla macchina da presa con Accattone, il primo di uno serie di film che si svolgono nel mondo del sottoproletariato delle borgate romane, vissuto attraverso i temi dell’epica, della violenza e della poesia. All’interno di un’ideologia di sinistra, Pasolini cerca di fondere marxismo e spiritualità cristiana, la nostalgia dei valori del mondo rurale precapitalistico con la denuncia della violenza dell’industrializzazione e dell’imborghesimento della società. Il cupo pessimismo delle sue opere riflette la durezza del mondo e la conseguente solitudine che pervade gli esseri umani attraverso una prosa lucida che utilizza lo strumento del paradosso nel tentativo di demistificare ideologie considerate degradanti e repressive. La ricerca del contrasto fra musica ed immagine, la ieratica fissità – di stampo pittorico – di molte inquadrature, sovente di volti presi dalla strada, l’attenzione per le luci naturali e per la fotografia (avvalendosi di direttori della fotografia del calibro di Tonino Delli Colli e Giuseppe Ruzzolini), la scelta di esterni remoti e brulli, la scoperta di attori dallo stile ingenuo e spontaneo (Franco Citti, Ninetto Davoli ed altri) rappresentano le cifre stilistiche di un regista che cerca continuamente una complementarietà fra cinema e scrittura. Dopo l’intenso Mamma Roma (1962), interpretato da Anna Magnani, e La ricotta (1963), episodio di RoGoPaG - gli altri tre episodi sono diretti rispettivamente da Roberto Rossellini (Ro), Jean-Luc Godard (Go), e Ugo Gregoretti (G) -, considerato “blasfemo” e finito sotto processo per vilipendio alla religione di Stato, batte la strada del film religioso realizzando Il Vangelo secondo Matteo (1964), in cui proietta nella figura di Gesù Cristo il suo stesso fervore pedagogico e la sua stessa vocazione alla provocazione ed allo “scandalo”. Nel ’63 lascia il quartiere Monteverde e si trasferisce in zona Eur - in via Eufrate, 9 - , dove rimarrà per i successivi dodici anni. Nello stesso anno esce il film Milano nera, diretto da Gian Rocco e Pino Serpi e tratto (molto liberamente) dalla sceneggiatura La Nebbiosa, da lui scritta a Milano alla fine del ’59. Pasolini annuncia una causa per far togliere il suo nome dai titoli di testa del film. Nel ’66 dirige l’amara fiaba Uccellacci e uccellini, parabola umoristica che affronta, fra i vari temi, la crisi del marxismo, il destino del proletariato ed il ruolo degli intellettuali, ed è supportata dalla ricchezza mimica di un grande fuoriclasse come Totò, spogliato dagli schemi della sua abituale comicità. Affascinato dal mito e da varie esperienze teatrali, porta sul grande schermo i suggestivi Edipo re (1967), Medea (1969), interpretato da Maria Callas, e Appunti per un’Orestiade africana (1970), ma il tema della violenza - esplicita ed implicita - è presente anche in molte altre sue opere cinematografiche, fra cui il metaforico e provocatorio Teorema (1968), tratto dal suo libro omonimo, ed il crudo e grottesco Porcile (1969). All’inizio degli anni Settanta realizza veri e propri “adattamenti erotici” velati di forte pessimismo di classici come Il Decameron (1971), I racconti di Canterbury (1972) e Il fiore delle Mille e una notte (1974). Il conseguente successo, strumentalizzato da un filone di film volgari e di livello infimo che venivano prodotti a quell’epoca, lo costringerà all’abiura di quella che lui stesso aveva definito come la “Trilogia della vita”. Da tale delusione nascerà il suo ultimo film, il crudo e apocalittico ritratto dell’intolleranza del potere Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975), sul genocidio degli antichi valori popolari e sulle forme di dominio che connotano e degradano i rapporti fra gli uomini. Fra gli altri film ricordiamo La rabbia (1962), il film-documentario
Comizi d’amore (1964), Che cosa sono le nuvole? (1967), episodio di Capriccio all’italiana, (gli altri cinque episodi sono diretti da Mario Monicelli, Steno, Mauro Bolognini, Pino Zac e nuovamente M. Bolognini), La terra vista dalla luna (1967), episodio de Le streghe (gli altri quattro episodi sono diretti rispettivamente da Luchino Visconti, Mauro Bolognini, Franco Rossi e Vittorio De Sica), La sequenza del fiore di carta, episodio di Amore e rabbia (gli altri quattro episodi sono diretti rispettivamente da Carlo Lizzani, Bernardo Bertolucci, Jean-Luc Godard e Marco Bellocchio), il documentario Le mura di Sana’a, in forma di appello all’Unesco, girato nello Yemen e prodotto da Franco Rossellini, il documentario su Orte (VT) e Sabaudia (LT) Pasolini e… la forma della città, realizzato insieme a Paolo Brunatto. Teorico arguto e polemista, Pier Paolo Pasolini rappresenta uno fra i casi più originali e riusciti di uso del cinema da parte di un’intellettuale di formazione umanista che trova nella cosiddetta “Settima arte” quella che lui stesso ha definito «la lingua scritta della realtà». Fra i libri di Pasolini ricordiamo Ragazzi di vita, il suo primo romanzo, pubblicato da Garzanti nel 1955; la raccolta di poesie Le ceneri di Gramsci (1957), in cui troviamo anche la celebre Recit; Una vita violenta (Garzanti, 1959); La lunga strada di sabbia (pubblicato da Contrasto – Roma – nel 2014), vasto reportage realizzato nell’estate 1959 per la rivista «Successo» percorrendo le coste italiane al volante della sua Millecento; il già citato Teorema (1967) e Petrolio, cominciato nel 1972, mai portato a termine e che verrà pubblicato per la prima volta solo nel 1992, diciassette anni dopo la sua morte. Nel novembre/dicembre 1959 a bordo della medesima Millecento, va a Milano, dove, nel giro di circa tre settimane, scrive La Nebbiosa, sceneggiatura che avrebbe dovuto trasformarsi in film (diretto da Gian Rocco e Pino Serpi). Alla fine il film non verrà più realizzato a causa del produttore, Renzo Tresoldi, un industriale milanese che non rispetterà gli accordi presi. Lo stesso Pasolini si sforzerà di dimenticare quella sfortunata parentesi e, negli anni successivi, quasi non ne parlerà più. La sceneggiatura originale è stata pubblicata, per la prima volta in versione integrale, da il Saggiatore nel 2013. Nel ’72 comincia a scrivere articoli (i cosiddetti Scritti corsari) per il «Corriere della Sera», all’epoca diretto da Piero Ottone, il quale rimarrà alla guida del quotidiano fino al ’77. In tali articoli prende di mira il Potere - parola che lui scriveva volutamente con la “p” maiuscola - in maniera sempre più caparbia e diretta. A tal proposito, celebre è la lunga lettera Cos’è questo golpe? Io so, che apparirà sul «Corriere della Sera» del 14 novembre 1974. Pier Paolo Pasolini muore barbaramente assassinato all’Idroscalo di Ostia nella notte fra il 1° e il 2 novembre 1975. Aveva cinquantatré anni. Tre giorni dopo, il 5 novembre, ai suoi funerali, Alberto Moravia griderà un sentito elogio funebre: «Abbiamo perso prima di tutto un poeta… e di poeti non ce ne sono tanti nel mondo. Ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo. Quando questo secolo sarà finito Pasolini sarà fra i pochissimi che conterà come poeta. Il poeta dovrebbe esser sacro». Il biennio 2015-2016, in occasione del quarantennale del delitto Pasolini, è stato un periodo ricco di eventi sul grande intellettuale friulano. Incontri, presentazioni di libri - ricordiamo I tanti Pasolini di Maurizio Riccardi e Giovanni Currado, il coraggioso Pasolini. Massacro di un poeta (Ponte alle Grazie, 2015; nuova edizione 2018) e L’inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini. Stragi, Vaticano, DC: quel che il poeta sapeva e perché fu ucciso (Ponte alle Grazie, 2020) di Simona Zecchi, Poesie e pensieri per Pasolini (David & Matthaus Edizioni, 2015) di Silvio Parrello, il quale, da più di trent’anni fa, si batte caparbiamente per cercar di arrivare alla verità sull’uccisione
di Pasolini -, dibattiti culturali, proiezioni di film e documentari - fra cui il docufilm Un intellettuale in borgata (2014) di Enzo De Camillis -, mostre fotografiche, fra cui ricordiamo I tanti Pasolini, curata dall’Archivio Fotografico Riccardi e formata da ventisei scatti del grande fotografo Carlo Riccardi (1926-2022) degli anni compresi fra il 1960 e il 1969. La mostra, inaugurata nell’aprile 2015 a Cinecittà nell’ambito della manifestazione “Libri al Centro”, ripresentata presso la libreria Nuova Europa  - nel centro commerciale I Granai, in zona viale Tintoretto -, presso Spazio5 - via Crescenzio 99/d, a pochi metri da piazza del Risorgimento - presso la Sala Presidenziale della Stazione Ostiense, sulla “Nave dei Libri” per Barcellona nel 2016, – a Monterosi (VT), a Palazzo Santa Chiara - in zona via di Torre Argentina -, e al Centro Studi “Pier Paolo Pasolini” di Casarsa (dal settembre al novembre 2017), sarà esposta prossimamente a Spazio5.
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Pedar ad Cantu' presenta: STAR TREK "Speciale Fredu'" in onda su Radio Cantù FM 89.6. radiocantu.it
🚀🌟 🚀🌟 Attenzione questa sera! 🌟🚀 🗓️ 30 agosto alle 19:30
🔴 In diretta dalla cantina di Radio Bonarda 🔴 Preparatevi per una super puntata di Star Trek! 🌌⭐ Questa volta sarà tutto dedicato a Fredu', il re delle avventure strampalate. Andrea sarà coadiuvato, o forse meglio dire disturbato, da Fredu' in persona.
🎶 Musica, spensieratezze, e risate saranno all'ordine del giorno, insieme a Fredu' e al suo inseparabile monopattino. 🛴 Le sue mirabolanti avventure, rigorosamente raccontate in dialetto Lumbard (Oltrepo Pavese Style), vi faranno scatenare le risate!
🍷 E ricordate, se siete astemi, questa puntata potrebbe non essere per voi! 😉
🌟 Questa puntata è anche un sentito omaggio a Lasarat, al secolo Mario Salvaneschi, un grande attore e uomo straordinario. Ha lasciato un'impronta indelebile nella storia del teatro dialettale bronese e oltrepavese. Così come i Legnanesi, ha contribuito a diffondere la commedia a livello locale, vantando origini assai vetuste.
Non mancate questa serata imperdibile, perché non sappiamo quali strampalatezze Fredu' e Andrea ci riserveranno! 🌠🎭
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infosannio · 9 months
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Pescara, "Estatica": venerdì 11 agosto "Na mamme preziose" con Pina Di Salvo
Estatica ospita un appuntamento col teatro dialettale: Na mamme preziose  venerdì 11 agosto alle 21.30 sul palco del porto turistico  con la compagnia Li sciarpalite di Teatro e… “È una prima assoluta, scelta proprio per gli amici di Estatica”  dichiara la regista e attrice Pina Di Salvo, fresca del premio Miglior Attrice del Festival Nazionale di Teatro Dialettale di Amatrice   PESCARA –…
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tempi-dispari · 1 year
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Fabio Macagnino: 'i dialetti sono ricchezza culturale'
Ancora non si è fermata l’eco della pubblicazione del suo ultimo disco (recensione) che Fabio Macagnino è già proiettato sul prossimo. Un disco che potrebbe essere meno punk, più morbido nelle sonorità. Ma non solo. In questa intervista Macagnino racconta da dove è nata l’esigenza di un disco come Sangu, del suo punto di vista circa la musica popolare e molte altre chicche. Tutta la leggere.
Una presentazione per chi non ti conosce Fabio Macagnino, nato in Germania da madre calabrese e padre Pugliese. Il mio approccio alla musica è condizionato dal fratello maggiore che, quando avevo 10 anni, mi portava ai concerti Punk a Düsseldorf. A 13 anni cominciai a suonare la batteria, influenzato dall’ascolto dei Police, Supertramp, U2 e altri. Arrivato in Calabria ancora adolescente, formo la mia prima band Rock (testi in dialetto calabrese). Dopo diversi anni di militanza in questo gruppo, mi avvicinai alla musica popolare regionale. Imparai i tamburi a cornice e avviai la mia formazione teatrale. Per imparare bene la musica, studiai architettura con dottorato.
Entriamo subito nel vivo: la tarantella è punk anche nella sostanza o solo nella forma? Il mio approccio alla musica popolare è sicuramente influenzato dalla mia biografia. Il mio ultimo disco è caratterizzato volutamente da sonorità rabbiose, dure e tribali: è Punk nell’attitudine.
Perché l’esigenza di un disco come Sangu? L’esigenza nasce durante i lockdown. Avevo gli Hard Disk pieni di brani che avevo accumulato negli anni. Durante quei mesi di confinamento, cresceva in me il bisogno di oppormi a questa atomizzazione della società. Io faccio musica perché adoro la convivialità. La musica popolare è il mezzo che più mi consente di vivere immerso nell’atmosfera conviviale. Da qui nasce l’esigenza di tirare fuori quei brani: mi prefiguravo il ritorno nelle piazze, per respirare nuovamente quell’aria di libertà a cui sono abituato.
Il cantato dialettale non potrebbe essere un boomerang? I dialetti sono fonte di ricchezza culturale. La mia è una scelta poetica e politica. La lingua regionale, popolare, scaturisce dall’anima, naturale, senza artifici, informale, secca, breve. E’ una lingua che, in osmosi col territorio dal quale sgorga, ne è influenzata e ne favorisce una compenetrazione scambievole di idee e atteggiamenti. È la lingua del Popolo che è, da sempre, il vero Poeta di tutti i tempi.
La taranta non è solo musica, è uno spirito, un modo anche di vedere le cose. Il mondo ha bisogno di più tarantelle? Il mio approccio alla musica è frutto di studio e attenta osservazione della società. Io amo la cultura popolare, perché mi permette di riconoscere il permanente nel fuggevole. La ripetitività diventa rito, il rito diventa simbolo; il simbolo, diviene appiglio, in un mondo piatto e liquido. Secondo me è necessario scandagliare i simboli da consolidare e quelli da rigettare. In questo senso allora: si, ci vuole più tarantella.
I giovani, come reagiscono nei live? Sono presenti o mancano? Negli ultimi decenni, la Calabria, ha vissuto un revival eccezionale intorno alla riscoperta delle tradizioni. L’interesse abbraccia tutte le classi sociali e tutte le età. I giovano sono presenti e reagiscono con entusiasmo. Adesso è, però, necessario innovare. La tradizione che non si rinnova, muore.
Quanto teatro c’è in Sangu? ll teatro è uno strumento tecnico che pervade costantemente la mia attività musicale. Mi permette di sottolineare gli aspetti extra quotidiani, che caratterizzano qualsiasi attività artistica. Ma è soprattutto nei live attingo alla disciplina teatrale.
Ci sono canzoni che è stato difficile escludere dalla playlist definitiva? Si, ma per fortuna, ho un bravissimo produttore artistico (Mujura), che mi aiuta a scegliere con coerenza il materiale da utilizzare
Oggi il punk, domani? Ho già pronti nuovi brani. Non riesco a smettere di scrivere canzoni. Probabilmente saranno canzoni meno rabbiose
La musica mediterranea è valorizzata o sottovalutata? Credo che, tutta la cultura mediterranea, fatica a dare il proprio contributo in una società troppo condizionata dall’efficientismo di stampo anglosassone e mittel-europeo.
Quanto ha inciso e incide la musica popolare sulla crescita degli artisti nostrani? Mi sembra troppo poco. Siamo troppo esterofili.
Una domanda che non ti hanno mai posto ma ti piacerebbe ti fosse rivolta? Perché hai scelto di restare nella Locride? Scherzo
Se fossi tu ad intervistare, ipotizzando di avere a disposizione anche una macchina del tempo, chi intervisteresti e cosa gli chiederesti? Intervisterei me stesso da ragazzo: “ma perchè cavolo ti sei innamorato di…”
Un saluto e una raccomandazione a chi ti sta leggendo Mi raccomando siate più critici, arrabbiatevi, non state zitti. Ballate, siate allegri, prendetevi le piazze.
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cosenzapage · 1 year
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"Quannu menu ti l’aspietti", a Mendicino successo di pubblico per il teatro popolare
https://www.cosenzapage.it/media/2022/12/Quannu_menu_ti_l_aspietti_Franco_Barca_Gli_Improvvisati_2_dicembre_2022.jpg - #CosenzaPage “Con la tecnica non si fa il teatro. Il teatro si fa se si ha fantasia”. La celebre frase di Eduardo De Filippo ben si sposa con lo spettacolo andato in scena in due repliche al Teatro Comunale di Mendicino lo scorso 2 Dicembre. È stata rappresentata “Quannu menu ti l’aspietti”, commedia dialettale scritta da Franco Barca che ha …
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"Non è mai troppo tardi" 🎒📚
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I banchi di una volta...
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perfettamentechic · 1 year
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22 novembre … ricordiamo …
22 novembre... … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2021: Paolo Pietrangeli, cantautore, regista, sceneggiatore e scrittore italiano. (n. 1945) 2021: Lily Romanelli, Rachele Pensa, attrice, soubrette e cantante italiana. Figlia dell’attrice dialettale Olga Romanelli e sorella della cantante e attrice Ria De Simone, esordisce giovanissima nel teatro napoletano. Diventata ben presto l’attrice giovane nella compagnia di Eduardo De Filippo partecipò…
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romarestyle · 2 years
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Altre Lingue, Festival della Poesia dialettale a Torpignattara
ROMA: Altre Lingue, Festival della Poesia dialettale a Torpignattara
Nel centenario della nascita di P.P. Pasolini (1922-1975) e nel decennale della scomparsa di Achille Serrao (1936-2012), Il 14 e 15 ottobre 2022 nel teatro Fortezza Est, in via Laparelli 62 Il 14 e 15 ottobre 2022 nel teatro Fortezza Est, in via Laparelli 62 a Torpignattara, si terrà il Festival di Poesia dialettale Altre lingue, nel centenario della nascita del poeta P.P. Pasolini (1922-1975) e…
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gaiaitaliacom · 2 years
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Gatta (Reggio Emilia): La Croce verde di Villa Minozzo organizza due spettacoli per ringraziare i sanitari della montagna impegnati contro il Covid
Aperti a tutti, con seicento posti a sedere, nel teatro naturale dell’antico mulino. Sabato la commedia dialettale con Antonio Guidetti e domenica le canzoni di Fabrizio De André interpretate da i Maltesi
di Redazione Appennino L’allegria e le risate genuine della commedia dialettale d’autore e le magiche atmosfere delle canzoni di Fabrizio De André saranno protagoniste di due serate che andranno in scena, a Gatta, nel teatro naturale dell’antico mulino, durante il fine settimana. Sabato (13 agosto), alle 21, salirà sul palco il noto attore reggiano Antonio Guidetti che, con l’Artemisia Teater,…
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lamilanomagazine · 3 months
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Frosinone, Carnevale storico frusinate e Festa della Radeca 2024
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Frosinone, Carnevale storico frusinate e Festa della Radeca 2024 Domenica 4 febbraio sarà inaugurata ufficialmente l'edizione 2024 del Carnevale storico frusinate e della Festa della Radeca. "L'attesa è finalmente terminata – ha dichiarato il Sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli a margine della presentazione dell'iniziativa – L'associazione culturale Rione Giardino e la Pro Loco, di concerto con l'amministrazione comunale e l'Accademia di Belle Arti di Frosinone, hanno realizzato un programma ricchissimo di eventi imperdibili con la partecipazione delle scuole, delle associazioni e dei commercianti del territorio, coinvolgendo, in particolare, i più giovani. La città di Frosinone si appresta a celebrare, per 10 giorni, lo spirito ciociaro più autentico, in un tripudio di goliardia e divertimento, senza mai dimenticare il sano orgoglio di appartenere a un territorio ricchissimo di storia, arte, cultura. Il grande pregio storico del nostro Carnevale e della festa della radeca, col passare dei secoli – ha proseguito il Sindaco Mastrangeli - resta intatto e continuerà a essere tramandato di generazione in generazione, rinsaldando i legami e i valori identitari che permettono di sentirsi parte di una comunità. La manifestazione, esaltando il patrimonio immateriale e materiale della nostra Città, evidenzia anche quelle peculiarità che ci rendono unici, che vanno custodite e tramandate, come i fini fini, il 'nostro' generale Championnet, i circoli della radeca. Queste sono senz'altro tra le motivazioni che hanno permesso al Carnevale di Frosinone di essere riconosciuto, per la prima volta negli annali, come "storico" ed essere così ammesso a contributo dal Ministero della Cultura che, in tal modo, ne ha evidenziato le qualità che lo rendono senza eguali nel panorama nazionale e non solo. Il nostro Carnevale simboleggia l'istinto di libertà dei frusinati, restii ad ogni atto di sottomissione, insieme alla generosità, all'operosità e all'ironia del nostro popolo". Alla conferenza stampa di presentazione erano presenti il vicesindaco Antonio Scaccia, gli assessori Rossella Testa, Simona Geralico e Valentina Sementilli, il consigliere Corrado Renzi, Emanuele Monaldini e Roldano Pernaselci (associazione culturale Rione Giardino), Alfonso Scaccia (Pro Loco), Gianluca Colella (associazione Frosinone Alta). Questo il programma della manifestazione che avrà, come madrina d'eccezione, Mary Segneri, popolare volto Rai. Si parte domenica 4 febbraio alle 11: il Sindaco Mastrangeli e gli assessori a cultura (Geralico) e centro storico (Testa) consegnano le chiavi della città al Radecaro, al Pantanaro e al Ciociaro. Ore 11,30, Piazza Vittorio Veneto – Palazzo Comunale – Piazza Cairoli – Campanile: cerimonia inaugurale alla presenza del Sindaco della Città di Frosinone, con la banda concertistica A. Romagnoli e l'esibizione del gruppo di danze tradizionali "Danza della Terra". Lunedì 5 – Martedì 6 – Mercoledì 7 febbraio: ore 9, Museo del Carnevale: visite guidate delle scolaresche. Giovedì 8 febbraio ore 17: Villa Comunale, teatro dei burattini; ore 20: Teatro Vittoria, spettacolo teatrale a cura del Ricciolab, laboratorio teatrale dell' Istituto Comprensivo FR3 dal titolo: "In nome del popolo frusinate: un generale sotto accusa". Ore 21: "Le serenate del Generale", itinerante, presso i locali del centro storico. Venerdì 9 febbraio: ore 9, Museo del Carnevale, visite guidate delle scolaresche; ore 20.30: Teatro Vittoria, spettacolo teatrale dialettale della compagnia "Gl Manecut" dal titolo "Chigl ch guarden n' terra". Ore 22: Teatro Vittoria, tombolata di carnevale. Sabato 10 febbraio, ore 21: Villa Comunale, spazio all'atteso "Gran ballo del Generale". Come di consueto, si terrà il veglione di beneficenza in maschera a favore della Comunità di S. Egidio, con spazio dedicato all'animazione per i bambini. Domenica 11 febbraio ore 15.30, Teatro Vittoria: "Sfilata delle mascherine". Ore 18, palazzo comunale, aperitivo a Palazzo con intrattenimento musicale del gruppo "Fantasia Veneziana". Lunedì 12 febbraio ore 15, Festa del Carnevale in famiglia (itinerante): il Generale Championnet incontra le case famiglia della Città. Ore 15, palazzo comunale: premiazione vincitori del concorso "La migliore vetrina". Ore 17, palazzo comunale: premiazione vincitori del concorso di poesia dialettale. Ore 18, sempre al Palazzo comunale, lettura dei giornali satirici del carnevale frusinate. Alle ore 20, il Teatro Vittoria ospiterà lo spettacolo musicale "Musica in maschera" a cura dei quattro Istituti comprensivi SMIM (scuole medie a indirizzo musicale) di Frosinone e del coro delle voci bianche "Lietarmonia" Giardino delle note, direzione artistica M° Katia Sacchetti. Il clou dei festeggiamenti è naturalmente previsto nella giornata di martedì grasso, 13 febbraio: alle 10, in piazzale Vienna (quartiere Cavoni), il ritrovo dei carri allegorici (tra questi, parteciperanno Ripi con "Topino e gli amici del rally", "Regina bianca" e "Lupin"; Torrice con "One piece" e "La casa di Heidi"; Pofi con "SuperMario"; Castro dei Volsci con "Alice"; Prossedi con "Asterix e Obelix"; Villa S.Stefano con "Le leggende del west" e "Harry Potter"). Alle 11, sfilata dei carri allegorici nella parte bassa della Città. Alle 11,30, in piazzale Kambo, piazza Cervini e piazza Madonna della Neve animazione per bambini; alle 12.30 in piazza Vittorio Veneto, dj set. Dalle 12.30, distribuzione dei tradizionali fini – fini (in corso della Repubblica). Allo scoccare delle 14, nel centro storico si darà il via alla Festa della Radeca con la sfilata dei carri allegorici. Alle 17.30 in piazza VI Dicembre si terrà il processo al Generale; ore 18.30 al Rione Giardino, lettura del testamento del Generale morto e degustazione dei tradizionali fini fini. L'edizione 2024 si concluderà con la consegna delle chiavi della Città al Sindaco, all'assessore al Centro Storico e all'Assessore alla Cultura da parte del Radecaro, del Pantanaro e del Ciociaro.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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loriszanrei · 2 years
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Giacomo Francesco Cipper noto come il Todeschini (Feldkirch, 15 luglio 1664 – Milano, 17 ottobre 1736) è stato un pittore austriaco, attivo in Italia nella prima metà del XVIII secolo. La feconda attività del Todeschini si inserisce, con un tono di facile divertimento, della variegata corrente della pittura a soggetto popolare che ebbe particolare fortuna in Lombardia e nell’Europa centrale raggiungendo l’espressione più schietta e più forte nel Pitocchetto. Quattro suoi quadri firmati si trovavano a Capodimonte e furono scelti da Jacob Philipp Hackert nel 1791 per arredare il Real Casino di Carditello. Con la dismissione del sito, i dipinti sono stati trasferiti alla Reggia di Caserta.
Un’opera importante del grande artista Giacomo Francesco Cipper detto “ Il Todeschini “ sarà esposta presso le sale del Mudes di Milano e da Settembre 2022 entrerà nelle sale della Galleria Permanente di Milano. L’opera battuta in asta da Christie’s e’ rientrata in Italia con la proprietà di Loris Zanrei, collezionista e imprenditore, che è riuscito ad aggiudicarsela nel 2020.
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A Cremona, nel museo Civico Ala Ponzone, è presente una sala interamente dedicata al Todeschini con alcune opere coeve al “ Gioco del Topo “.
L’opera in asta da Christie’s New York nel 1999
Il dipinto riprende nello schema compositivo, nelle figure centrali e in molti dettagli l’ ‘Interno di cucina’ reso noto da M.S. Proni, Giacomo Francesco Cipper, detto il “Todeschini”, Soncino, 1994, p.76, fig.22, mentre il motivo del cane reperibile in molte opere del Cipper, come ad esempio il ‘Venditore di selvaggina’ in collezione privata (cf. M.S. Proni, op.cit., n.30, pp.98-99).
L’opera, stimata oggi tra le 15.000,00 e 20.000,00 euro sara prestata da Loris Zanrei per 3 mesi al Museo Mudes e alla Galleria Permanente di Milano.
Loris Zanrei, Imprenditore, proprietario dell’opera “ Il Gioco del Topo “ di Giacomo Francesco Cipper detto “ Il Todeschini “
E’ una grande soddisfazione sapere che un’opera internazionale così importante e significativa faccia rientro in Italia e sia disponibile per tutti coloro che amano l’arte e possono godere della visione della stessa attraverso le pareti di un Museo.
Non se ne conoscono i dati biografici: forse era oriundo del Tirolo e fu attivo in Italia settentrionale nella prima metà del Settecento, soprattutto nel bresciano e nel bergamasco.
Alcune delle sue numerose opere, firmate Cipper, Zipper o Cipri affiancato dall’appellativo tedesco, sono datate tra il 1705 (Scena zingaresca della Collezione Geri a Milano) e il 1736 (Pittore nel suo studio, Hampton Court). Pittore di genere, aderì alla cultura nordica e guardò con interesse alle opere di Pietro Bellotto. Todeschini fu uno dei principali protagonisti della pittura di genere in Lombardia, capace di concepire eleganti nature morte ma altresì caratteristiche composizioni con figure, che descrivono scene di mercato, mendicanti e artigiani. Viene così a rinnovare la tradizione seicentesca dei bamboccianti e a rileggere in chiave personalissima gli esempi di Monsù Bernardo e d’Alessandro Magnasco, con l’ambizione, oltremodo riuscita di trasporre le sue idee con spirito ‘monumentale’, dedicandosi ad una realistica definizione degli oggetti d’uso quotidiano, dei cibi e delle masserizie, giungendo sino alle massime conseguenze della tradizione comica e grottesca, che in area lombarda ha origini rinascimentali. Nel 1669 Todeschini è documentato a Milano e, in simbiosi con la nobilitazione degli umili intrapresa dal Maggi, comincia a ritrarre la variegata umanità del popolo minuto con naturale propensione. Queste rappresentazioni, però, non sono immuni da una buona dose d’ironia, verve satirica e, talvolta, una palese licenziosità; quanto importanti sono le riforme che interessano il teatro dialettale, specialmente milanese, che pare accompagnare l’evoluzione che intercorre fra il Todeschini e il Ceruti.
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montecorriere · 4 years
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“Comico per il diAletto” edizione 2020 A partire dall'11 gennaio il teatro delle Logge ospiterà l’edizione 2020 di “Comico per il diAletto”, rassegna di teatro comico dialettale.
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