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#telmo pievani
noneun · 2 years
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Interessante video di Telmo Pievani su come sia difficile insegnare l’evoluzione ai bambini. Chissà perché ci sono tutti i fraintendimenti nei quali anche gli adulti cadono molto spesso. Peccato il video duri solo pochi minuti.
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lamilanomagazine · 4 months
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Verona, grande teatro. Il 2024 si apre con Marco Paolini, in scena "Sani! teatro tra parentesi"
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Verona, grande teatro. Il 2024 si apre con Marco Paolini, in scena "Sani! teatro tra parentesi" Nell'ambito della trentasettesima edizione, dal 9 al 14 gennaio al Nuovo sarà di scena lo spettacolo di e con Marco Paolini. Con lui sul palco anche Saba Anglana e Lorenzo Monguzzi. Giovedì 11 gennaio, alle 18, gli artisti incontreranno il pubblico. Quarto appuntamento con la rassegna "Il Grande Teatro" organizzata dal Comune di Verona e dal Teatro Stabile di Verona - Centro di Produzione Teatrale. Ad inaugurare il nuovo anno è l'attesissimo "Sani! Teatro tra parentesi" di e con Marco Paolini, in scena al Teatro Nuovo da martedì 9 a sabato 13 gennaio, alle 20.45, e domenica 14 alle 16. In scena, insieme a lui, Saba Anglana e Lorenzo Monguzzi, autori ed esecutori dal vivo delle musiche dello spettacolo che è prodotto da Michela Signori e da Jolefilm. Le luci sono di Michele Mescalchin, la fonica di Piero Chinello, la direzione tecnica di Marco Busetto. Il filo conduttore dello spettacolo è autobiografico. Nelle sue storie Paolini racconta momenti di crisi piccoli e grandi, personali e collettivi che hanno cambiato il corso delle cose, iniziando dai temi di fondo della crisi climatica e della transizione ecologica. Si parte e si finisce con due storie già narrate nella "Fabbrica del mondo", il progetto di Marco Paolini e Telmo Pievani trasmesso da Rai3 nel gennaio 2022. Si comincia dal racconto sul peso del benessere (l'Artificiale) in rapporto al peso della biomassa (il Naturale). Sulla scena un enorme castello di carte mostra la fragilità dell'equilibrio di ogni sistema ecologico, naturale o artificiale che sia. In rapida successione Paolini narra della crisi della guerra fredda che ebbe come protagonista Stanislav Petrov e del fine settimana in Islanda, a Höfði, che cambiò le sorti del mondo. Narra di Gemona e della Rosina, dell'uomo più solo al mondo, del peso delle cose, del lockdown del 2020 e dello sforzo necessario per costruire un progetto per il futuro. Il racconto iniziale e quello finale, "Cattedrale", sottolineano che non basta avere la consapevolezza della crisi: servono tanto coraggio e tanta immaginazione, perché tornare a prima non si può. Desiderarlo è umano ma non è utile, né pratico. "Le crisi – dice Marco Paolini – sono sul fondo, sono elementi della quotidianità che non trovano spazio nella nostra agenda, non sono emergenze che si chiudono, ma fasi. Conta come ce la raccontiamo: c'è chi dice "lo so già", e c'è chi non ha voglia di ascoltare. A teatro devi essere attento a trasformare questi temi in qualcosa che abbia un appeal. Io ci provo con ironia, con canzoni e racconti, personali, condivisibili. Provo a far capire che quando sei a un bivio, hai sempre una scelta". "La musica in un teatro tra parentesi – aggiungono Anglana e Monguzzi – è suggestione veloce, capace di creare contrasto e raccordo, oltre che, come sempre negli spettacoli di Marco Paolini, elemento drammaturgico a sé, in grado di partecipare attivamente alla narrazione. Inizialmente, in piena emergenza Covid, ci siamo sforzati di scrivere canzoni che potessero alleggerire il peso di quei momenti, che fossero anche capaci di raccontare e condividere la difficoltà di quei mesi. Nel tentativo di comprendere quello che ci stava succedendo o forse semplicemente perché una criticità raccontata e condivisa fa meno paura. Oggi tutto ciò sembra già lontano e passato, ma cantare "tutto andrà bene, i lenzuoli attaccati alle ringhiere", rimane un esercizio di memoria breve forse doveroso. Per il resto la musica si stacca dalla cronaca e segue la narrazione su orizzonti più ampi, melodie semplici supportate da più voci e da ritmi incalzanti. Ci sono le sonorità della musica folk mischiate a influenze e stili provenienti da molto lontano. Perché forse la musica è già capace di raccontare un mondo che, sfortunatamente, esiste solo nei nostri desideri, un mondo senza frontiere e capace – concludono i due musicisti – di affrontare unito la sfida per la propria sopravvivenza. No borders appunto". "Sani! Teatro fra parentesi, andato in scena al Piccolo Teatro Strehler è una sorta di ballata – ha scritto Magda Poli sul "Corriere della Sera" –. Parte dallo ieri dei suoi irresistibili Album, come l'avvincente contro-incontro con il geniale, iperegocentrico, provocatorio artista Carmelo Bene nel 1983, e arriva alle feroci contraddizioni del nostro oggi». "Sani! – ha commentato L'Alto Adige – conferma l'abituale capacità di Paolini di cogliere precisi momenti del passato in grado di spiegarci il presente, e sfrutta il periodo pandemico per mostrarci quanto il nostro stile di vita sia appeso a un filo sottile, senza, però, dimenticare le innate capacità acrobatiche di cui siamo in possesso". Giovedì 11, alle 18, gli interpreti di incontreranno il pubblico. Condurrà il direttore artistico Spettacolo del Comune di Verona Carlo Mangolini. L'ingresso è libero. I biglietti sono in vendita al Teatro Nuovo, a Box Office e on line e  sul link. I prezzi sono: platea 26 euro, balconata 23 euro, prima galleria 15 euro, seconda galleria 10 euro.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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paoloferrario · 7 months
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Latour, DISINVENTARE LA MODERNITÀ, Eleuthera
vai a Eleuthera – Schede libro Eleuthera: abstract, indice, materiali e rassegna stampa https://eleuthera.it/scheda_libro.php?idlib=578 Conversazioni con François EwaldIntroduzione di Telmo Pievani (Professore presso il Dipartimento di Biologia dell’Università degli studi di Padova)I politici snocciolano sempre più spesso presunti «dati scientifici» nei loro discorsi. Conservatori o…
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enkeynetwork · 9 months
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Paolini torna a girare l'Italia con 'La Fabbrica del Mondo'
(ANSA) – MONTEGROTTO TERME, 30 MAG – Si intitola “La Fabbrica del Mondo” il laboratorio di storie per il futuro del pianeta che Marco Paolini e Telmo Pievani riportano in scena quest’estate in alcuni dei luoghi più belli d’Italia, iniziando giovedì 1 giugno da Villa Draghi, a Montegrotto Terme (Padova).    Quanto vale un metro cubo di acqua? A trent’anni dal “Racconto del Vajont”, Marco Paolini…
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personal-reporter · 1 year
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Salone del libro di Torino 2023
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È tutto pronto per il Salone Internazionale del Libro di Torino, che si svolgerà dal 18 al 22 maggio al Lingotto nei Padiglioni 1, 2, 3, all'Oval, negli spazi Centro Congressi e, per la prima volta, alla panoramica Pista 500, il progetto artistico della Pinacoteca Agnelli. Attraverso lo specchio sarà il tema del salone, legato all'immaginazione, esercitata con coraggio, vista come la forza che da sempre spinge l'uomo oltre la banalità, la quotidianità, oltre la realtà stessa. L'illustrazione del poster dell’evento è stata creata da Elisa Talentino, artista che da anni lavora con grafica, pittura e illustrazione nel settore editoriale. Il Salone del Libro torna a ospitare una regione italiana che un Paese, che sono la Sardegna e l'Albania, presenti con uno stand al padiglione Oval e al padiglione 1, con  una programmazione dedicata in connessione con la cultura mediterranea che le accomuna. Oltre agli storici padiglioni 1, 2, 3, all'Oval con la sua area esterna e al Centro Congressi,  dove torna il Rights Centre, si unisce la Pista 500, progetto artistico di Pinacoteca Agnelli sull'iconica pista di collaudo delle automobili Fiat sul tetto del Lingotto, che accoglierà Sonia Bergamasco, Andrea Marcolongo, Melania Mazzucco, Telmo Pievani e Carlo Vecce. Altra novità di quest'anno è la Sala della Montagna, dedicato alle narrazioni di alta quota, assieme al Bosco degli scrittori di Aboca Edizioni, il Salottino Social e la partnership con TikTok, e si confermano le aree esterne, tra cui quella con il Palco Live e il camper Ticket To Read di Margherita Schirmacher. La XXXV edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino si aprirà giovedì 18 maggio con la lectio della giornalista e scrittrice Svetlana Aleksievič, in collaborazione con Bompiani e poi sono attesi, come a ogni edizione, grandi ospiti internazionali. Al Lingotto arriveranno autori e scrittori da tutto il mondo e, grazie al Premio Mondello Internazionale, arriverà a Torino anche Julian Barnes, oltre ai finalisti del Premio Strega Europeo: Emmanuel Carrère; Esther Kinsky; Andrei Kurkov; Johanne Lykke Holm e Burhan Sönmez. Numerosi anche gli ospiti internazionali del Bookstock come Agnès Mathieu-Daudé, Bart Moeyaert, Richard Normandon e  Edward Van de Vendel. A Torino ci saranno le autrici e gli autori italiani più amati tra narratori, poeti, fumettisti, giornalisti, professionisti della musica, del cinema e dello spettacolo, che approderanno a Torino per incontrare i visitatori della fiera. Inoltre, non mancherà il ciclo tematico curato dai consulenti editoriali del Salone, intitolato ... e quel che Alice vi trovò, le celebrazioni di importanti anniversari, gli incontri curati da alcune delle associazioni di categoria più rappresentative del mondo editoriale e il palinsesto di incontri in collaborazione con i tanti partner, istituzioni, festival, fondazioni, premi che sono da anni a fianco del Salone. Anche quest'anno torna la sezione Bookstock, dedicata alla sperimentazione e ai laboratori, costruita con i lettori più giovani, con i suoi 7.500 metri quadri, suddivisa in due spazi: 0-13 e +14. Novità dell'edizione saranno  Book-Makers, grazie alla collaborazione della Camera di commercio di Torino, che fa incontrare studenti di università e master di tutta Italia e il Gruppo di Lettura, con ragazzi e ragazze del territorio, che dal 22 marzo si sono incontrati per dialogare sulla lettura. Tornano la Biblioteca Scolastica, la Sala BookLab, il Bookblog e gli altri progetti presenti nelle scorse edizioni. Anche quest'anno ci saranno i momenti conclusivi di progetti e concorsi nazionali e internazionali: da Un libro tante scuole, che ha distribuito nella penisole 6.000 copie del romanzo Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi, a Adotta uno scrittore, con l'incontro conclusivo. E in occasione del Salone del Libro torna il Salone Off, la grande festa del libro diffusa  tra incontri con autori, reading, letture, proiezioni cinematografiche, concerti, spettacoli teatrali, laboratori per bambini, mostre, seminari, dibattiti, dj set e workshop. Read the full article
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vitrinanorte · 1 year
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Inteligencia artificial, naturaleza, astronomía, humor científico y literatura maravillaron a más de 12.000 personas en Puerto de Ideas Antofagasta 
En esta versión del Festival, presentado en conjunto con Escondida BHP, participaron invitados de diferentes latitudes del mundo, entre ellos Sandra Myrna Díaz, Telmo Pievani, Helena González, Eduardo Sáenz de Cabezón, Sean Dougherty y muchos más.
Fueron más de 100 actividades de diferentes ramas de la ciencia y el conocimiento que se desarrollaron desde el 17 al 23 de abril, de forma gratuita y en diferentes escenarios de Antofagasta. 
El Festival de Ciencia Puerto de Ideas Antofagasta, presentado junto a Escondida | BHP, cumplió una década conectando a la ciudadanía con los más importantes científicos y pensadores del mundo. Diez años donde el público antofagastino ha podido sumergirse en el asombroso mundo de las investigaciones científicas, en conferencias y espectáculos.
Puerto de Ideas Antofagasta realizó una gran celebración con más de 100 actividades gratuitas para todos y todas, las que se extendieron por toda una semana en diversos escenarios de Antofagasta. 
Participaron más de 12 mil personas en actividades sobre astronomía, neurociencias, paleontología, inteligencia artificial, algoritmos, humor científico, tecnología y mucho más. Además, la feria científica Paseo por la Ciencia, convocó a más de 30 colegios y a miles de estudiantes y familias, que llegaron al Sitio Cero para disfrutar de actividades y experiencias interactivas junto a las más importantes instituciones científicas del país. Además, los invitados del Festival, realizaron charlas y talleres en diferentes liceos y escuelas de la zona. 
La bióloga argentina, Sandra Myrna Díaz fue la encargada de inaugurar las conferencias y espectáculos del fin de semana. Díaz, destacada por la revista Time como una de las científicas más influyentes del mundo, habló sobre la humanidad y su relación con la naturaleza: “Este modelo de la apropiación de la naturaleza le sirve a muy poca gente y genera inequidad”, dijo en su charla ante un expectante público del Teatro Municipal.
El avance de la tecnología, sus beneficios y consecuencias actuales y del futuro, fue de uno de los grandes temas que se vivieron en esta gran celebración del conocimiento. En la charla ¿Es machista el algoritmo? Género y sesgos en la ciencia, la matemática Andrea Vera declaró que: “Es un hecho que los algoritmos tienen sesgo, por lo tanto, hay que tener mucho cuidado en su uso”, en una conversación tan necesaria como fascinante junto a la historiadora Verónica Undurraga. Por su parte, el neurocientífico Adrián Palacios, quien participó en la conversación ¿Los humanos somos predecibles?, planteó que “antes usábamos más el cerebro, estamos extrayendo capacidades por el uso de la tecnología”.
"Serendipia es la llegada de algo totalmente inesperado a lo que se buscaba", explicó el reconocido filósofo de la ciencia italiano Telmo Pievani, quien cautivó al público con dos conferencias donde abordó la importancia de las casualidades y de la imperfección en la ciencia, haciendo un fascinante recorrido histórico. Mientras que Gabriel León, biólogo y uno de los divulgadores científicos más seguidos de Chile, abordó los secretos más escalofriantes de la historia de la ciencia ante una entusiasta audiencia. 
“La salud mental también es ideológica, no es tan científica. Tiene que ver también con el marketing y la condición humana”, planteó la psicoanalista Constanza Michelson, en una charla donde abordó la salud mental y cómo este se ve afectada por los diversos factores que se entrecruzan en la vida moderna: “El ser humano no puede vivir solo en la selva, depende de otro”, concluyó. 
Los espectáculos que cautivaron al público
La agrupación de divulgadores españoles BigVan Ciencia, compuesta por los científicos Oriol Marimon, Helena González y Eduardo Sáenz de Cabezón, fueron los protagonistas de espectáculos para niños y adultos. Mezclando la ciencia con el teatro y el humor, repletaron sus escenarios de público y risas. 
El show de nombre Clowntifics, despertó la curiosidad de los espectadores más pequeños, quienes participaron activamente del espectáculo. Mientras que los más grandes disfrutaron de la comedia y la ciencia en el espectáculo de stand up Historias científicas para difractarse de la risa.  
La compañía teatral La Mona Ilustra, presentó la obra Mocha Dick, logrando una excelente recepción del público que llegó al Teatro Municipal, para disfrutar una propuesta teatral que narra la historia de la mítica ballena blanca de las costas chilenas que inspiró el clásico Moby Dick. Así también en el Paseo por la ciencia, estudiantes, niños y niñas junto a sus familias, pudieron participar de cuentacuentos, exposiciones, cine, charlas y talleres lúdicos, que permitieron vivir la experiencia de ser un científico.  
La próxima versión del Festival de Ciencia Puerto de Ideas Antofagasta se realizará nuevamente en abril del próximo año.
Periodista
Diego Hidalgo
+56 9 6642 9616
 Prensa en Antofagasta
Karen Alfaro
+56 9 8897 5248
Christian Godoy
+56 9 8420 4123
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manuelntl · 1 year
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“Il giro del mondo nell’Antropocene. Una mappa dell’umanità del futuro”, un #libro di Telmo Pievani e Mauro Varotto, con 17 mappe a colori di Francesco Ferrarese, edito da @cortinaeditore. Una mappa che ci mostra come nel prossimo futuro le terre emerse saranno sempre di meno a causa dell'inevitabile innalzamento del livello del mare. Osservate bene, zone intere come Venezia e la Padania, scomparse. #manuelntl #geography #geografia #cultura #antropoceno #antropocene #mappa #nuovomondo #innalzamentomari #innalzamentodelletemperature #newfuture #future #newworld #grandorienteditalia #telmopievani #maurovarotto #francescoferrarese https://www.instagram.com/p/CnQIp0NqEf3/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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il-gufetto · 1 year
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Possiamo annoverare la teoria dell'evoluzione come una vera e propria scoperta (molti ne avevano già parlato prima di Darwin, ma solo con lui è diventata celebre). Ancora oggi, continuano le discussioni e le pubblicazioni per permetterne una comprensione più chiara:
-"Filosofia Della biologia" di Andrea Borghini ed Elena Cassetta: è un affascinante dibattito, sicuramente accessibile a tutti, che offre importanti nozioni circa il rapporto tra biologia e filosofia. Nonostante le due discipline sembrino abbastanza distanti, attraverso questo testo, si comprende come l'uomo sia costituito dalla loro relazione e si fa particolare riferimento all'evoluzione della specie.
-"La vita inaspettata" di Telmo Pievani, che considero un ottimo divulgatore sull'argomento
-"Il gene egoista" di Richard Dawkins, un genetista che crede che l'evoluzione proceda attraverso i geni che, proprio come dei virus, infettano gli organismi e spingono tali organismi a svolgere determinate azioni (a mo' di robot). L'ho trovato arguto e divertente, da leggere anche per un non esperto.
-all'opposto di Dawkins c'è, invece, "L'equilibrio punteggiante" di Stephen Gould. Gould è un paleontologo e crede, a differenza di Dawkins, che l'evoluzione proceda per salti ed in maniera improvvisa. Attraverso il suo testo sono riuscita a comprendere meglio il dibattito che si è sviluppato e che continua tutt'ora a proposito dell'evoluzione
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🌍 TERRA INCOGNITA RACCONTI DAL FUTURO / edizione weekend IN PIAZZA DUOMO IL GRANDE RACCONTO DI TELMO PIOVANI 📍24 giugno, ore 21.00 - Piazza Duomo 🤗 Evento gratuito Telmo Pievani è come una rockstar della scienza. Coraggioso, rigoroso e irriverente. Filosofo della scienza e ed evoluzionista, docente universitario, autore di bestseller, Pievani è il grande ospite dei migliori festival italiani col suo stile inconfondibile: si presenta senza mai alzare la voce o andare sopra le righe, ma va dritto alla meta. Nel nome del metodo scientifico, contro fake news e baggianate. Proprio per questo la sua è stata una delle poche voci davvero chiare sulla pandemia da #covid19. 👉 Quindi? Telmo ha accettato l’invito e sarà a FIDENZA venerdì 24 giugno con il suo viaggio nell’Antropocene, bestseller da cui è stato tratto uno spettacolo teatrale andato sold out nel Paese. Un viaggio incredibilmente affascinante senza censure né pudori, un modo per capire l’impatto dell’uomo, i cambiamenti climatici e come affrontarli. Con storie ed esempi che vi terranno incollati alla sedia. Detta con lo stile di Telmo: noi umani contribuiamo solo per lo 0,01% alla biomassa globale e pesiamo meno dei batteri. Eppure, abbiamo riempito il mondo di 1,1 teratonnellate di cose, cioè di artefatti, di oggetti che usiamo (al netto degli scarti e dell’acqua). ❤️‍🔥✅ Vuoi conoscere tutto il programma degli eventi estivi? Clicca qui: https://www.comune.fidenza.pr.it/comunicato/borgomania-2022/ (presso Fidenza, Italy) https://www.instagram.com/p/CfDoaK-tV_K/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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ilquadernodelgiallo · 3 years
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Non c’è un tempo infinito da addomesticare a nostro piacimento: l’avvenire è un imbroglio. __________ Da qui, la perenne percezione di centralità. Siamo come l’ago del compasso. I nostri sensi filtrano solo ciò di cui hanno bisogno dalla realtà e poi mischiano, interpretano, ricostruiscono un mondo. Ogni nostra teoria illumina con un cono di luce uno spicchio di realtà, mettendo in ombra tutto il resto. Ma non per questo siamo autorizzati a presumere che in quel buio lontano dal lampione non vi sia nulla e che gli oggetti e i fenomeni sul grande palcoscenico esistano solo se rischiarati dalla nostra coscienza. Piuttosto, è la nostra coscienza a discendere da un lungo e sanguinoso processo evolutivo di sintonizzazione con la realtà. [...] Dunque, non eravamo previsti. Siamo un orpello, una sorpresa, buona o cattiva dipenderà da noi, dall’evoluzione. [...] La biosfera rientra in questa seconda categoria, perché non contiene classi prevedibili di oggetti e di fenomeni generali: è nel suo insieme un evento particolare, non prevedibile a priori, frutto della somma di eventi storici altrettanto imprevedibili che la precedono. La sua esistenza è compatibile, spiegabile e del tutto interna ai principi fisici e chimici fondamentali, quindi non serve aggiungerne di speciali, ma non è deducibile necessariamente da essi come fenomeno storico particolare. [...] Un certo numero di eventi strani si sono sommati e combinati. Siamo una stranezza nell’universo. Il senso di estraneità sprigionato da questa scoperta urta contro la tendenza umana a credere che ogni cosa sia necessaria a priori, e da sempre. Ma dobbiamo diffidare di questo senso forte del destino, perché è una prigione della mente. Il destino viene scritto nel momento stesso in cui si compie, non prima. La comparsa della specie umana fu l’ennesimo evento unico, accidentale e improbabile nella biosfera. Questo dovrebbe trattenerci da ogni forma di antropocentrismo. [...] La nostra esistenza è accessoria rispetto non soltanto al resto dell’universo, ma anche al resto degli esseri viventi. La condanna ulteriore sta nel fatto che noi umani siamo un evento singolare anche perché abbiamo il linguaggio simbolico, l’immaginazione e il pensiero argomentativo, quindi possiamo essere ben consapevoli della nostra cosmica irrilevanza. [...] Anzi, dopo aver vinto ci sentiamo predestinati, e non, semplicemente, molto fortunati. Questo ragionamento sulla roulette cosmica ci delude, non ci soddisfa. Anzi, ci lascia atterriti e disincantati. Noi vogliamo essere necessari, inevitabili, scolpiti nell’ordine delle cose da sempre, un ingranaggio perfetto nell’armonia delle sfere… altro che vincita miliardaria! Tutte le religioni, quasi tutte le filosofie con poche eccezioni, anche quelle esistenzialistiche, perfino una parte della scienza, sono testimoni dell’instancabile, eroico sforzo dell’umanità di negare la propria contingenza e la propria finitudine. [...] Il pensiero della finitudine sgretola le consuetudini, apre un vuoto, uno squarcio verso una realtà estranea. Perdiamo l’appiglio. Si rompe l’incanto. Inizia l’inquietudine. Ci accorgiamo di vivere per un dopo che non ci sarà e intanto perdiamo l’unica occasione che abbiamo avuto. Viviamo per conquistare una posizione o, addirittura, per andare in pensione. Impostiamo la vita su traguardi progressivi, come fosse una carriera: quando finirà la scuola, quando si metterà su famiglia, quando avremo ciò che meritiamo sul lavoro, quando ritroveremo i nostri spazi perché i figli saranno cresciuti. E intanto invecchiamo. Sapere di essere mortali e fingere di non pensarci, o riuscire davvero a non pensarci, a scacciare la sensazione della matematica esattezza della morte, questo l’obiettivo. La finitudine è sempre quella degli altri. [...] Scattano altre rimozioni, per ripensarci quando sarà troppo tardi. Essere coerenti fino in fondo con la finitudine rischia di stravolgere ogni giorno le nostre esistenze: occorre innalzare difese. [...] Montaigne pensava che fosse ridicolo lo spettacolo di una “miserabile e meschina creatura, che non è neppure padrona di se stessa, esposta alle ingiurie di tutte le cose”, che si dice padrona e signora di un universo che conosce in minima parte e in nessun modo governa. Eppure, in quel ridicolo c’era una profondità eroica, una strenua resistenza, che nasceva dall’irruzione dell’assurdo e della finitudine nel quotidiano delle nostre esistenze. Questa tradizione millenaria è stata ora infranta dalla scienza, spazzata via dalla conoscenza oggettiva, da una fredda e austera evidenza che non offre alcuna spiegazione ulteriore, non allevia l’angoscia ma, semmai, la esaspera, la sostituisce soltanto con un’ansiosa e penosa ricerca di un senso purchessia in un universo di raggelante solitudine. [...] Le società moderne, infatti, accolgono della scienza solo il lato pratico e comodo, non quello filosofico e culturale deflagrante. [...] Eppure, costoro, per certi aspetti, hanno ragione a rifiutare la scienza in nome del sacro, perché la scienza è davvero sacrilega. La scienza sgretola valori radicati e vanifica i desideri più cari. Non direttamente né per puntiglio, ma distruggendo nei fatti tutte le narrazioni mitiche e metafisiche sulle quali la tradizione animistica – dalle cosmogonie tribali alla cieca fiducia in un progresso storico – ha fondato i propri valori, la morale, i doveri, i diritti e le interdizioni. [...] Dunque, gli dei ora sono muti. [...] La scienza ha questo di paradossale: tanto ci regala in termini di conoscenza, di salute e di possibilità tecnologiche, tanto ci toglie in termini psicologici, facendoci pagare il prezzo di un radicale demansionamento umano, di un declassamento alla periferia dell’impero della biodiversità. [...] Se Homo sapiens è una presenza decorativa, piccola e passeggera in un vasto universo, possiamo reagire deprimendoci e rifugiandoci in narrazioni consolatorie. Oppure possiamo faticosamente imparare che questo colpo al nostro orgoglio non è una vittoria del nichilismo e del pessimismo, ma, al contrario, è un’occasione per apprezzare la nostra libertà, e la nostra conseguente responsabilità morale, in un mondo che non aveva alcun bisogno di noi, e dunque non ci impone come pensare e agire. [...] Siamo effimeri, e sappiamo di esserlo. Difficile dare un senso a un’esistenza che, come un’ombra, adesso c’è, prima non c’era, poi non ci sarà; a un’evenienza casuale destinata a scomparire per sempre nel nulla e nella dimenticanza. [...] È finitudine conscia. Ne deriva che la morte resta per noi uno scandalo, un mistero inaccettabile. La conoscenza scientifica, per certi aspetti, può anche peggiorare questa lacerante consapevolezza: grazie alle imprese meravigliose dei fisici nella prima metà di questo secolo, l’universo ci sta svelando uno dopo l’altro i segreti materiali della sua origine, ma alla domanda di senso resta muto, enigmatico, imperscrutabile. [...] Siamo effimeri e siamo cercatori di senso: effimeri cercatori di senso. [...] Noi, invece, siamo la scimmia che immagina quello che non c’è, nello spazio e nel tempo, proiettando se stessa su passato e futuro, dilatandosi in uno spazio-tempo mentale. In noi una coscienza perpetua rinnova continuamente la frattura tra spirito individuale e mondo. Così, forse, abbiamo imparato a pensare a un tempo che precede la nostra nascita e fantastichiamo su ciò che sarà dopo la nostra morte. [...] Che cosa può esserci, dunque, di più assurdo e straziante, ma anche commovente, di un cercatore nato di senso, il quale capisce che non c’è alcun senso? [...] Soprattutto, nei confronti di una natura sorda alle nostre vicissitudini, e che pure ci ha dato la vita, non siamo più tenuti a personificazioni indebite. La natura non ci sta punendo, non ci castiga, non le dobbiamo chiedere perdono, perché tanto non ascolterebbe. La natura è una scusa troppo facile per noi umani. Se qualche evento naturale ci colpisce – un uragano, un terremoto o una nuova pandemia come la spagnola del 1918 – possiamo solo prendercela con la sfortuna, il che sarebbe abbastanza improduttivo, oppure chiederci se abbiamo fatto abbastanza per prepararci alla circostanza, in modo da farci trovare pronti la prossima volta. [...] Dentro la natura, Homo sapiens non può trascendere del tutto se stesso, non può rinunciare alle proprie prerogative in modo assoluto, snaturandosi a favore di altre specie o di una presunta Natura da salvare. Non possiamo che relazionarci con la natura dal nostro punto di vista, almeno minimamente antropocentrico. [...] Amando la natura, amiamo ciò che ben presto ci ucciderà. Come amore, dunque, è ben strano: amiamo un apparente altro da noi, che ingloba anche noi, e che è del tutto indifferente alle sorti di quel noi. Contempliamone allora la magnificenza, ma sapendo che non è una bellezza fatta per noi e che nella bellezza della natura si nasconde sempre qualcosa di inumano. Forse, anche per questo ci attrae così tanto, perché ci trascende come individui e resiste agli scossoni della storia umana. [...] La relazione è dunque asimmetrica: la natura è indifferente a noi, ma noi non possiamo essere indifferenti a lei, perché ne siamo parte e ne siamo in balìa. Non nascondiamoci, quindi: la forza dell’uomo consiste anche nel resistere alla natura, non solo nell'assecondarla. [...]  L’amara verità della finitudine di tutte le cose ci restituisce allora libertà, la tragica libertà di chi non crede più nei migliori mondi possibili, ma nemmeno si lascia intrappolare nel nichilismo più angoscioso. Una libertà in bilico tra la certezza di morire e la passione di vivere. Quest’avventura in un universo smisurato e ostile, un’avventura limitata nel tempo, è pur tuttavia libera e consapevole. [...] Nel non-senso del mondo, ora siamo solo noi la fonte delle norme che ci diamo. [...] Essa suppone la totale assenza di speranze trascendenti, che però non significa disperazione; suppone il continuo rifiuto di un senso, che però non vuol dire rinunzia; suppone insoddisfazione cosciente e dissenso permanente: un dissenso adulto. [...] La finitudine, dunque, non si tradisce, ma neppure ci si rassegna a essa. [...] Lottare contro la morte significa scoprire le ragioni della vita, dell’unica vita che abbiamo in dote. Se ne potrà ricavare addirittura un ottimismo, disperato ma vitale. Una gioia sempre in pericolo, ma pur sempre una gioia. La finitudine, infatti, ha questo in comune con le oppressioni e i totalitarismi: ci circonda, è inevitabile, ci stringe d’assedio, come la peste. Diventa un dovere tentare la rivolta, contrapporle la generosità dell’anima. [...] Essere consapevoli della nostra condizione assurda e transitoria significa, dopotutto, essere vivi, poter resistere, protestare contro il male del mondo. Siamo provvisori, imperfetti, desideranti, quindi non ci arrendiamo. [...] Lo spettacolo doloroso della nostra finitudine ci pare inevitabile, ma non per questo meno ingiusto. Scatta un giudizio di valore, una presa di coscienza, un moto di insurrezione, un’impazienza, una resistenza che scopriamo dentro di noi irriducibile. Dunque, rivoltiamoci contro la nostra condizione, così come ci rivoltiamo contro un oppressore. [...] Possiamo accettare fino in fondo e incondizionatamente la nostra finitudine e il disincanto del mondo, e tuttavia trovare forme laiche e materialistiche di sopravvivenza al finito? [...] L’uomo è la sola creatura che rifiuti di essere ciò che è. __________ "A maggio, dopo la vittoria finale, lessi il tuo editoriale su ribellione e libertà come essenza dell’uomo, nel quale facevi un confronto tra il martirio del credente, convinto che il proprio sacrificio sia una stazione di passaggio verso un mondo migliore, e il significato estremo e radicale del gesto dei combattenti della Resistenza al nazifascismo, che non credevano nella resurrezione e che hanno dato la vita, cioè tutto, senza speranza o consolazione, per la causa della libertà, con lucido coraggio, in solitudine e consapevolezza, senza sperare in alcuna ricompensa ultraterrena." [...] "Come scriveva Tolstoj, dobbiamo trasformare la nostra vita in modo da darle un senso che la morte non le può rapire." __________ Il singolo individuo mortale resta una cometa passeggera, certo, ma potrebbe trovare un senso dentro una marcia più grande, in un cammino collettivo di emancipazione del genere umano. Forse l’insurrezione contro la finitudine può nascere da lì, dal progresso della giustizia e della libertà, al cui interno ciascuno di noi può fare la sua parte. __________ "Essendo l’uomo estraneo al mondo e a se stesso, io posso conoscere il mondo, apprezzarne la potenza e la bellezza, enumerarlo, studiarlo, comprenderlo scientificamente, ma nemmeno tutta la scienza della Terra potrà mai restituirmi quel mondo, farlo sentire mio, o farmi davvero appartenere a esso. Nella condizione assurda in cui siamo da sempre, il pensiero nega se stesso, il volere genera paradossi, la scienza non mi aiuta a trovare un senso all’esistenza, perché un senso non c’è e quel mondo scientificamente compreso, anche se mai del tutto, mi è estraneo.” [...] "L’universo romanzesco ha quindi una sua logica interna, una continuità imperturbabile che non c’è mai nella vita, ma che ritroviamo nella fantasticheria." __________ Anche questa, dopotutto, è paradossale rivolta contro la finitudine: sfidare con il sudore la natura ostile e avara da cui proveniamo e che ci condanna a essere mortali. Tra il naturale e l’artefatto non sussiste, infatti, alcuna dicotomia. [...] La natura è tradizione, è cosa già scritta, è ordine precostituito, è l’aver sempre fatto così, è conservazione e nostalgia. La natura presa alla lettera è fascista. [...] Siamo mortali, d’accordo, irrimediabilmente, ma almeno facciamo parte di una storia più grande, di un’impresa collettiva, dentro la quale il nostro contributo non andrà perduto. Il progresso sociale, civile e politico dell’umanità ci dice che siamo i tasselli, ancorché finiti, di una storia che non finisce e che accumula conquiste di civiltà. Il singolo muore per sempre, ma ha in qualche modo scalfito la morte (e sfidato la natura), se ha contribuito a questa marcia dell’umanità, al compito di solidarietà per costruire un mondo più giusto, senza guerre, senza violenza, senza oppressione del più forte sul più debole, senza menzogna. [...] L’azione politica ha questo di unico: l’uomo può creare da sé i propri valori, senza soccorsi dall’esterno. Mette al mondo il nuovo, lo progetta. [...] Attraverso l’agire politico, realizziamo le potenzialità umane, siamo felici e sfidiamo l’oblio che calerà su di noi dopo la morte. Essere parte, orgogliosi e grati, di questo progresso umano è dunque motivo sufficiente per avere meno timore della finitudine? [...] Inoltre, le conquiste elencate non riguardano tutte le parti del mondo e non sono irreversibili. [...] Solitamente, i cantori del progresso, di questo progresso ambivalente e dilaniato, adottano la strategia di bollare gli scettici come reazionari, passatisti, antistorici e nostalgici. [...] La civiltà non è un ricatto morale, ma un’impresa aperta. Il progresso possiede anche un altro difetto: l’impressione di ineluttabilità e il conformismo che ne consegue. [...] La mondializzazione mercantile e produttiva diventa così l’unico progresso possibile, al prezzo di ingiustizie e depredazioni, ma in realtà è un’ipostasi del progresso, che poi altro non è se non la nuova versione tecnico-scientifica dell’ipostasi della Storia: si identifica il progresso, lo si astrae e lo si trasforma in un idolo. [...] Sarebbe insensato e puerile ergersi contro il progresso in quanto tale, ma non si può nemmeno acconsentire alle sue conseguenze più deleterie. Occorre rivoltarsi contro il lato malato del progresso, non con spirito reazionario, bensì libertario. Il male centrale della grande accelerazione è infatti la sua dismisura, la crescita illimitata, il disprezzo per i limiti: umani e planetari. [...] Non possiamo aver fede nel migliore dei mondi possibili, ma nemmeno consegnarci a un nichilismo angoscioso. Teniamoci stretta l’ambizione, di impronta illuministica, per cui comprendendo il mondo attraverso la scienza potremo migliorare la condizione umana, affrancandola anche dai suoi vincoli naturali. Ma non facciamo del progresso una trionfale filosofia della storia. [...] Non c’è alcuna forza ignota che agisca nell’universo spingendolo verso la coerenza, la specializzazione, l’ordine. [...] Ciò spiega lo strano fenomeno per cui viviamo in società che si alimentano delle applicazioni della scienza, ma sono al contempo impregnate di valori prescientifici, se non antiscientifici. [...] L’evoluzione non è una legge, ma un fenomeno, un processo contingente. Quelli che pensano che vi sia una norma ascendente di progresso per tutto – il cosmo, il pianeta, la vita, l’intelligenza umana – sono animisti. [...] Così, i totalitarismi, religioni senza trascendenza, uccidono in massa condannati senza speranza. Se il valore è alla fine del tempo e se un’immanente necessità guida la Storia, gli interpreti di questa necessità avranno potere assoluto. [...] Il doppio nichilismo di Stato è quello dei totalitarismi, dove tutto è permesso dal realismo politico, con i suoi funzionari, le burocrazie, i sacerdoti, i partiti apparato, le nuove chiese. A essi si aggiunga il nichilismo borghese e mercantile, che giustifica ogni mezzo per conservare i privilegi, attraverso formalismi e ipocrisie. Quando i principi astratti vincono sulle intenzioni più nobili, la Storia diventa un lungo castigo poiché solo alla fine dei tempi si gusterà il vero premio. [...] Le ambivalenze del progresso, se non altro, lasciano aperti gli esiti della storia, della storia con la minuscola, la storia come possibilità e non come necessità. Su quelle ambivalenze possiamo agire, spostando la bilancia da una parte anziché dall’altra, facendo con onestà il nostro dovere. In altri termini, non possiamo migliorare il mondo in generale, ma possiamo cambiarlo in meglio nella contingenza della nostra epoca concreta. __________ "Nel nostro caso, la socialità e l’evoluzione del linguaggio simbolico, anch’esse frutto della selezione naturale, hanno a loro volta generato forti tendenze selettive a favore del potenziamento di adattamenti sociali e comunicativi, soprattutto nella competizione tra gruppi. La cultura è una seconda evoluzione, creatrice di un nuovo regno, di idee e conoscenza, quindi anche di nuove pressioni selettive." [...] "L'evoluzione, da questo punto di vista, è una sorta di macchina per sfidare la freccia termodinamica. Ecco perché queste isole di ordine ci sembrano così meravigliosamente architettate, ma è un effetto, non la causa del processo.” “Mi piace molto questa immagine della vita come dissenso e rivolta contro la tirannia termodinamica! Siamo isole, fragili e provvisorie, di ordine in un mare di disordine crescente. Mi sembra un’efficace rappresentazione della nostra disperata, eppur resistente, condizione." [...] "Del resto, lo hai scritto anche tu, che l’impero sovietico presuppone una certezza e una negazione: la certezza dell’infinita plasticità dell’uomo e la negazione della natura umana, da cui il controllo panottico, la burocrazia asfissiante, l’educazione all’asservimento.” __________ Le proteine devono le loro proprietà strutturali e funzionali alla capacità di riconoscere altre molecole sulla base proprio della loro forma tridimensionale e della loro struttura spaziale, a sua volta determinata dalla struttura molecolare. È un po’ come il meccanismo della chiave e della serratura: combaciano grazie alla complementarità della loro forma tridimensionale. Questa proprietà (detta stereo-specificazione, cioè riconoscersi dalla forma) permette di creare affinità e opposizioni a livello microscopico e di specificare la funzione di una certa proteina, che si è evoluta nel corso della storia naturale in relazione a un valore adattativo. Il linguaggio delle proteine, dunque, è tridimensionale. [...] Se una proteina ha una certa forma tridimensionale e, in alcuni punti della sua superficie, presenta uno o più siti in cui può legarsi a una certa molecola, succederà che, in caso di legame con quella molecola, la forma della proteina cambierà. In pratica, tramite questa invenzione evolutiva, la proteina può assumere due forme: senza la molecola legata e con la molecola legata. Se, per esempio, la molecola non si lega alla proteina, questa svolgerà una data funzione, mentre se la molecola si lega, la proteina non sarà più in grado di eseguire quella funzione. La molecola (che in questo caso si chiama effettore) diventa una sorta di interruttore acceso-spento per la proteina. Oppure l’effettore attiva e disattiva di più quella proteina, regolandola. Questo processo si chiama allosteria (“altra forma”), o regolazione allosterica, perché la proteina viene regolata sulla base dell’aggiunta o meno di una componente che ne cambia la conformazione, e dunque la funzione. [...] Il cieco caso viene insomma captato, conservato e riprodotto dal meccanismo dell’invarianza e trasformato in ordine, regola, necessità. [...] Il caso e la necessità, unendosi, danno origine alla possibilità, che è la vera categoria della vita. [...] Si realizza, dunque, la situazione paradossale per cui l’evoluzione, per le sue buone ragioni adattative, ci ha reso predisposti a spiegazioni finalistiche che, tuttavia, la scienza ha destituito di qualsiasi fondamento. È un paradosso spaesante e angosciante, l’ennesimo. [...] In tal modo, il DNA come principe dell’invarianza garantisce stabilità delle specie e fedeltà della replicazione e della traduzione. Si oppone al cambiamento. Ma il cambiamento è inevitabile, ed ecco l’antagonismo radicale al centro dell’evoluzione. Nessuna entità può esimersi da perturbazioni microscopiche, perfino quantistiche. Il meccanismo subisce errori, perturbazioni, alterazioni. [...] Siamo così giunti al paradosso più profondo dell’invarianza genetica: gli esseri viventi sono dotati di una struttura e di un meccanismo che garantisce al contempo la riproduzione fedele della struttura stessa e la riproduzione ugualmente fedele di qualunque accidente ereditabile si verifichi nella struttura! L’evoluzione è la conservazione degli accidenti, sottoposti poi al vaglio ambientale della selezione. [...] Quando il corpo ha assolto il suo compito di veicolo dei geni e l’individuo si è riprodotto, la selezione naturale cessa di sorvegliare la salute delle cellule, quindi inizia un lento processo di deterioramento. [...] I viventi, come ha scritto magistralmente il fisico Erwin Schrödinger, sono provvisorie eccezioni al secondo principio: isole di ordine, energivore, dispendiose, perché scambiano energia con l’esterno e ne aumentano l’entropia, e comunque temporanee. Prima o poi restituiscono all’universo tutto l’ordine che hanno sottratto. Sono tentativi di rivolta al secondo principio, disperati e a termine. [...] Prima di noi e dopo di noi, insomma, regna dal nostro punto di vista un buio insensibile, senza gioie né dolori. Come dire, in altri termini, che non c’è inferno nel prima e nel poi. L’unico inferno è adesso, l’inferno siamo noi. __________ "I comportamenti individuali e, soprattutto, di gruppo orientano la selezione naturale; quindi, oggi, la componente intellettuale ha preso sempre più il sopravvento, per pressione selettiva. L’evoluzione delle idee si sta dissociando sempre più dal mondo fisico e sta andando per conto suo." [...] "Questa evoluzione culturale, se non è ben diretta sul piano politico, rende Homo sapiens sempre più potente nei confronti dell’ambiente e sempre più ambiguo, ovvero sempre più radicalmente sospeso tra il regno delle idee e le tenebre dell’autodistruzione. L’uomo diventa la principale minaccia per se stesso.” __________ Lo sbilanciamento tra il passato e il futuro è irrazionale, d’accordo, ma tra l’uno e l’altro c’è una differenza reale, scritta nella carne delle nostre esistenze individuali: la comparsa di un essere cosciente di sé, che è esistito in un insignificante frammento di tempo tra quel passato e quel futuro. Insignificante in astratto, ma significante massimamente per l’interessato, essendo la sua unica, provvisoria finestra di consapevolezza su questo universo. La finitudine può anche cancellare ogni traccia della nostra esistenza, ma nulla può impedirci di essere esistiti. [...] E allora culliamo l’illusione (perché rimane un’illusione, ma un’illusione a suo modo commovente) che ciascuno di noi, mentre di certo non poteva influenzare retroattivamente il suo passato, possa invece influenzare il suo futuro, possa cioè introdurre qualche minuscola perturbazione da far propagare e deflagrare nel miliardo di anni che resta. [...] La resistenza psicologica dello sbilanciamento tra passato e futuro va dunque rispettata, perché ci insegna una lezione importante. Erodere alla morte ancora un po’ di tempo significa mantenere accesa, nel tumulto dei venti, la candela della nostra coscienza. Il tempo futuro della nostra assenza ci ferisce e ci tormenta perché è diverso dal passato: è un tempo che ha avuto noi nel suo passato. [...] Il nocciolo della questione della finitudine, in penultima istanza, sta dunque nel nostro attaccamento alla coscienza e alla personalità soggettiva. Sta nelle nostre inalienabili esperienze in prima persona. Risiede nell’inevitabile, antropomorfico individualismo di ognuno di noi. Proiettiamo le nostre categorie sulla natura, sul senso dell’universo e sull’asimmetria tra tempo passato e tempo futuro della nostra assenza. Sono sempre io che vedo, che capisco, che mi interrogo. Non resta, quindi, che pagare un prezzo, altissimo ma inaggirabile, per tentare un’estrema sfida alla finitudine: rinunciare all’amore per il proprio Io, all’ossessione per la propria individualità, al miraggio persistente di essere il filtro interpretativo del mondo. [...] Siamo ombra e polvere, ma ombra e polvere generative. Onnipotente non è la morte, ma il cambiamento. [...] Certo, la perdita dell’identità individuale e del destino personale è senza ritorno, è l’inevitabile prezzo – compreso il ricordo-palliativo di opere e gesta, che in un lasso di tempo abbastanza lungo sbiadirà pure quello –, ma gli elementi della nostra costituzione materiale, quelli no, non svaniranno. [...] Esiste, piuttosto, un ciclo di aggregazioni e disgregazioni. Alla morte succede la vita; alla vita segue sempre la morte. Altrove ci sarà crescita e sviluppo di vita nonché di esotiche civiltà sconosciute. La materia è in continuo rivolgimento. Quindi, non dobbiamo postulare che la finitudine sia sinonimo di decadenza generale, semmai solo locale. In un modo o nell’altro, tutto perisce, ma facciamo parte di una realtà infinita di cui siamo solo un granello. [...] Scoprirsi parte dell’infinito processo di aggregazioni e disgregazioni, e immergersi in esso, anche nell’ipotesi di scuola che il nostro corpo si riformi, significa comunque rinunciare al proprio destino personale, all’identità individuale, perfino all’idea che la storia umana nel suo insieme possa lasciare un segno imperituro. [...]  Tanto è vero che dobbiamo edulcorare questa tetra realtà con la poesia, con l’arte, con la creatività, con l’impegno politico e sociale. [...] La nostra condanna è capire di essere ininfluenti e continuare ciò nonostante a combattere. [...] La libera autodeterminazione delle nostre esistenze fa da cerniera tra il caso e la necessità, ci rende responsabili delle azioni e imputabili per esse. __________ "Voi non descrivete il mondo là fuori per come è o come sembra, ma lo anticipate nella vostra testa e poi lo andate a cercare." [...] "Se una mutazione impedisce a repressore e operatore di riconoscersi, il batterio continua a produrre l’enzima anche se non serve a niente. Se, al contrario, una mutazione rende il repressore molto più affine all’operatore che all’induttore, il batterio non produce mai l'enzima. Succede perché la loro forma è cambiata." [...] "...tutte le cellule hanno lo stesso DNA, ma i geni saranno in gran parte repressi, mentre saranno attivi solo quelli che producono le proteine necessarie ai diversi tipi di cellule: neurali, del muscolo, della pelle e così via.” [...] "L’evoluzione funziona così: massima libertà di sperimentazione chimica casuale e poi la selezione naturale filtra le soluzioni emerse in base all’efficacia e alla coerenza che conferiscono alla cellula e all’organismo." __________ Solo noi possiamo dare un senso alla finitudine, un senso che non sia umiliante né paralizzante. Quel senso non potrà che essere morale, non potrà che appartenere, cioè, alla sfera della nostra libertà: della libertà di darci una norma e di trovare valori. [...] Lo spiraglio si chiama etica della conoscenza. L’indagine oggettiva della natura esclude qualsiasi giudizio di valore. L’etica, al contrario, è nonoggettiva per sua stessa natura, essendo il regno del dover-essere. [...] Conoscere e rispettare i nostri retaggi, pur riuscendo, quando è il caso, a dominarli: su questo si basa l’etica della conoscenza. Gli ideali di giustizia e libertà, su tutti, trascendono l’individuo al punto da giustificarne, se è il caso, il sacrificio. [...] La vita, proprio perché contingente e finita, ha un valore assoluto. [...] La morte trasforma la vita in destino e consente un giudizio. [...] Ci siamo, potevamo non esserci, siamo capitati: questo è tutto, questo è meraviglioso. Non siamo più schiavi di una posizione privilegiata nel cosmo. Non siamo più schiavi di un radioso avvenire da tradurre in realtà. Non siamo più schiavi di un’attesa che vanifica il presente. [...] Avere coscienza della finitudine ha inoltre un grande valore umanistico, perché ci dona non solo il senso della nostra appartenenza alla natura, esseri fragili tra creature fragili, in piedi su una Terra vagante che pure condivide questo destino, ma ci dona anche la compassione per tutti gli altri che, come noi, sono mortali e in cerca di un senso. La finitudine è il fondamento della nostra comunità di destino, della solidarietà tra disperati, una solidarietà che nasce tra le catene. [...] Rivoltarci contro la finitudine ci stringe insieme. Non possiamo farlo da soli, ma sempre in relazione ad altri come noi, che piangono la nostra finitudine o ce la rinfacciano. Questa solidarietà nella finitudine è parte costitutiva della natura umana, di quel nocciolo irriducibile a qualsiasi cultura e a qualsiasi storia che rende ognuno di noi membro del consesso umano e trascende le individualità. L’atto di rivolta – contro i mali del mondo, contro le oppressioni e le ingiustizie, contro la finitudine stessa – è un seme di solidarietà umana, che travalica i singoli e diventa tessitura collettiva. [...] La finitudine attribuisce un valore assoluto alla vita e, specularmente, ci porta a considerare un delitto – in termini altrettanto assoluti – la privazione violenta o comunque intenzionale della vita altrui. La finitudine ci restituisce la riconoscenza per la meravigliosa opportunità che abbiamo avuto di esistere, per un po’, affacciati a questo cielo, nonostante tutto, anche se è stata grama, anche se è finita prima del tempo, anche se le infamie del mondo ci hanno sopraffatto. La finitudine, poi, ci rende solidali, in questo destino fragile e nella rivolta per renderlo più degno. [...] In altri termini, la libertà che ci fa essere consapevoli della finitudine ci spinge a riconsiderare continuamente la nostra condizione assurda. E a non essere mai soddisfatti. [...] Non resta che farsi carico di quell’assurdo e viverlo fino in fondo, senza conciliazioni finali, nello strazio e nella grandezza della finitudine di tutte le cose che ci rende liberi. [...] Si può essere insomma felici, di una felicità sempre minacciata, vivendo fino in fondo la nostra contraddizione. La tenace rivolta contro la propria condizione, la perseveranza coerente in uno sforzo ritenuto sterile, è la sola dignità dell’uomo. La vita non ha un senso e allora, a maggior ragione, vale la pena di viverla. Questa rivolta senza avvenire, ma generosa e senza rimpianti, si paga con un’incessante inquietudine. __________ “No, Jacques, nessuno si sceglie il proprio destino assurdo: c’è dentro fin dall’inizio. Sisifo non è meritevole della sua condanna ma ne è responsabile, nel senso che la sua condanna è coerente con il suo essere. Allora si ribella nel momento in cui ne diventa consapevole e decide liberamente di vivere appieno ogni istante dell’esistenza, benché disperata fin dall’inizio, che gli è data in sorte.” __________ Homo sapiens, il cacciatore nato del senso, capisce che un senso non c’è. Allora decide di vivere fino in fondo il non-senso e di sobbarcarsi, felice, le fatiche di Sisifo della scienza, dell’etica e della convivenza umana. Di sorridere, perfino, dinanzi all’assurdità del proprio destino. Di godersi lo spettacolo della natura. Non ripiega su se stesso, insomma, ma si apre al mondo e agli altri.
Telmo Pievani, Finitudine
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lamilanomagazine · 7 months
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Bergamo: dai proggeti inclusivi alle politiche green, tanti spunti al BIC Festival delle Biblioteche
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Bergamo: dai proggeti inclusivi alle politiche green, tanti spunti al BIC Festival delle Biblioteche. A Bergamo, Capitale della Cultura 2023 insieme a Brescia, si è svolta la prima giornata dell'iniziativa. Dai progetti inclusivi dedicati a persone con fragilità, alle politiche green nelle scelte dei mezzi di consegna, dall’innovazione al factchecking alla creazione di blog, social e portali, dalla rigenerazione urbana alla valorizzazione del territorio. I bibliotecari si scambiano le loro buone pratiche al BIC, il festival dedicato alle biblioteche in corso allo spazio Daste di Bergamo. Raccontano le loro esperienze prendendo parola sul palco delle ignite talk: interventi che non devono superare i 5 minuti e che potrebbero servire da spunto per altre realtà. Due le sessioni previste nel primo giorno di lavori al Daste: la prima è stata introdotta dal filosofo Telmo Pievani, la seconda da Alessandro Bollo, esperto in management e progettazione culturale, già direttore del Polo del ‘900 di Torino. Pievani ha raccontato una storia: quella di Frances Arnold, chimica e ingegnere statunitense che nel 2018 ha vinto il premio Nobel per la chimica. “Frances nel 1976 si trovava a Madrid quando per caso legge “La biblioteca di Babele” di Jorge Luis Borges e ha un’illuminazione: immagina quegli scaffali sterminati pieni di libri senza senso dove solo alcuni contengono frasi di senso compiuto, li immagina pieni di enzimi ed inizia a navigarci dentro, come se fosse una bibliotecaria a caccia di senso. Ci lavora 25 anni inserendo gli enzimi esistenti e applicando tutte le possibili mutazioni. E, grazie alla sua caparbietà, arriva a vincere il Nobel. Questo per dirvi che se si ha un obiettivo bisogna perseverare e che spesso la risposta che si cerca si trova nel libro accanto a quello che si stava cercando. E ci si imbatte per caso. Siamo molto ignoranti, caratteristica che nella scienza è molto positiva, perché ci spinge a scoprire sempre cose nuove. E in questo senso il dialogo è fondamentale, anche tra discipline diverse, perché è dal confronto che arrivano le scoperte più grandi”. Bollo ha puntualizzato sulla diversa narrazione che deve essere prodotta attorno alle biblioteche: “Negli ultimi 25 anni sono state al centro del cambiamento sociale, culturale, tecnologico. Le biblioteche non sono più i luoghi in cui si prendono in prestito i libri e sono i presidi culturali che maggiormente si sono messi in gioco, uscendo spesso dalle loro zone di comfort. È necessario lavorare sui luoghi e sulla vocazione degli spazi che possono essere inclusivi, abilitanti e militanti: le biblioteche hanno tutte e tre queste caratteristiche ma devono lavorare maggiormente sulla narrazione che viene fatta attorno a questi luoghi. Devono raccontarsi diversamente per uscire dallo stereotipo valorizzando tutte le loro potenzialità”. Tanti i progetti presentati negli interventi dei partecipanti. Laura Boni, responsabile del Sistema Bibliotecario Urbano di Bergamo ha parlato dei progetti attivi nell’ambito dell’inclusione, come “La biblioteca a casa tua” e il progetto Incoop, che coinvolgono giovani con fragilità, o la biblioteca del carcere. Anche il progetto BookBox coinvolge persone con disturbi dello spettro autistico. Ne ha parlato, commuovendosi, Stefania Romagnoli della biblioteca La Fornace di Maiolati Spontini, in provincia di Ancona: “Book Box permette di coinvolgere i ragazzi nella raccolta di libri donati dalle case editrici o dai cittadini, che possono lasciarli in scatole disseminate in giro per la città. Una volta raccolti e catalogati, questi libri vengono distribuiti nelle sale d’attesa degli ambulatori, dei pronto soccorso, nei centri estetici, delle parrucchiere, delle aziende e in tutti i luoghi di attesa. Le persone che collaborano al progetto si occupano di cambiare periodicamente i titoli. Il dentro non basta più, andiamo noi a stanare i nuovi utenti della biblioteca”. C'è il progetto bergamasco DigEducati, finalizzato alfabetizzazione digitale sostenuto da Fondazione della Comunità Bergamasca insieme a Fondazione Cariplo e Impresa sociale ‘Con i Bambini’. Illustrato da Chiara Di Carlo della Biblioteca di Seriate, promuove, per il triennio 2021-2024, attività dedicate ai bambini dai 6 ai 13 anni. Ci sono i progetti, quasi tutti nati dall’esperienza del Covid e legati quindi alle nuove tecnologie. C’è Librida, illustrato da Maria Stella Rasetti della biblioteca San Giorgio di Pistoia, che nel lockdown ha organizzato una fiera del libro digitale che è poi diventata uno spazio virtuale permanente dove gli utenti possono interagire con i bibliotecari, porre domande, chiedere informazioni, ricevere un servizio virtuale come quello in presenza. Damiano Orrù dell’Università di Roma Tor Vergata ha parlato di BiblioVerifica, un blog di bibliotecari nato per sviluppare il senso critico dell’utente al quale vengono fornite informazioni rispetto alle strategie di verifica delle informazioni. Davide Bassi della Rete Bibliotecaria di Mantova ha illustrato il progetto della Casa Digitale del Lettore, un portale a metà tra un blog e un social network. “Funziona come un catalizzatore, come hub delle esperienze di lettura, una comunità attiva e dialogante di lettori, in particolare rivolto al pubblico giovanile. Abbiamo avviato un percorso con le scuole superiori come esperienza di alternanza scuola lavoro: 274 ragazzi hanno aderito, un numero straordinario per la nostra provincia. In tanti si sono appassionati al mondo della biblioteca e, incredibilmente, alla catalogazione, tant’è che alcuni hanno cominciato a catalogare la biblioteca scolastica”. Lorenzo Gobbo, delle Biblioteche dell’università della Svizzera Italiana ha parlato di Gesnet, un modello di rete decentralizzata per l’accesso permanete al patrimonio culturale digitale di cui possono farsi carico le biblioteche per combattere vulnerabilità di internet e garantire la permanenza delle risorse e trasmetterle alle generazioni future. Per tutti gli appassionati di viaggi, ma non solo, c’è la Mappa Letteraria, un sito illustrato da Daniela Mena dell’associazione L’Impronta, Microeditoria e Centro per il libro e la lettura di Brescia. Il progetto connette libri e luoghi: “La letteratura abita i nostri paesaggi, vogliamo fornire una risposta a lettore viaggiatore che vuole prepararsi, portandosi in valigia non solo le guide. Coloro che conoscono i luoghi e territori sono i bibliotecari, quindi li abbiamo coinvolti chiedendo loro di caricare sul portale i libri che parlano dei loro territori. Vogliamo affermare il concetto di turismo letterario”. Le biblioteche svolgono un’importante funzione anche a livello di promozione del territorio. Laura Campopiano della biblioteca Gianico, in provincia di Brescia, ha illustrato il progetto La Funsciù, mutuando il nome da una celebrazione religiosa che avviene in paese ogni dieci anni. Si tratta una biblioteca digitale che mira a salvaguardare il patrimonio storico culturale del comune. C’è il progetto che la Rete Bibliotecaria Bergamasca ha creato per Bergamo Brescia Capitale della Cultura. Si chiama Produzioni Ininterrotte ed è stato spiegato dal presidente della Rbbg Gianluca Iodice: “Il progetto è nato per trasferire sui territori oltre i capoluoghi le potenzialità di una capitale italiana della cultura. Le biblioteche, così capillari, sono state protagoniste ed hanno attivato alleanze con le associazioni e gli enti del terzo settore creando un calendario di appuntamenti lungo un anno. Il risultato è stato un successo e i numeri parlano: 31 i comuni coinvolti, 33 i luoghi interessati, 40 le associazioni che hanno collaborato, 93 gli eventi da gennaio a dicembre”. Giancarlo Zoccheddu del Centro Servizi Culturali di Macomer, piccolo centro Sardegna, in provincia di Nuoro ha presentato dodici pillole partendo da citazioni di autori e libri. Fabio Fornasari è un architetto e museologo che è stato chiamato a riqualificare la biblioteca Sala Borsa Lab di Bologna – Liquid lab, e lo ha fatto con una visione completamente nuova, utilizzando materiali di riciclo. A Orvieto, la biblioteca Luigi Fiumi ha ideato il Bibliobike service. Roberto Sasso, il referente della biblioteca Luigi Fiumi, ha spiegato il servizio, nato per raggiungere tutte e 36 le frazioni della città, anche quelle più lontane dal centro. Alla Fiumi si noleggiano anche le biciclette e con il ricavato si sostiene il progetto. Francesco Serafini del Sistema Bibliotecario di Pavia ha illustrato il progetto Biblioinsieme, che ha parlato di quanto i cittadini, nonostante la città offra ben 50 biblioteche, 11 delle quali comunali, abbiano chiesto a gran voce di riattivare le biblioteche di quartiere. Avendo a disposizione pochi fondi hanno chiesto ad associazioni di gestire questi luoghi facendosi carico della riqualificazione, ottenendo risposte entusiaste. Questi spazi sono diventati tematici: una di queste biblioteche è gestita da un’associazione di gaming, un’altra da una compagnia teatrale ed è specializzata in libri dedicati al cinema, al teatro e alla musica. BIBLIOTECA DI CONFINE GIACOMO BARONI: Giacomo Baroni ha parlato di una realtà particolare, come la biblioteca di Rosarno: “Troppo spesso ci definiamo biblioteche di confine, marginali, situate in luoghi difficili, ma vorrei che questa logica, grazie alle nostre azioni concrete, si possa ribaltare. Dal confine possiamo anche osservare a distanza ciò che avviene al centro, possiamo sperimentare. La nostra società cooperativa si chiama Kiwi e facciamo della cultura il nostro lavoro. Siamo un gruppo di professionisti che ha deciso di investire in Calabria, a Rosarno, per riabilitare questo territorio troppo spesso etichettato come marginale. Abbiamo riaperto la biblioteca, abbiamo tolto le cancellate che chiudevano lo spazio e abbiamo avviato una progettazione con scuole della città per ridisegnare la biblioteca di Rosarno, insieme. Abbiamo inserito una playstation per portare bambini in biblioteca, facciamo teatro, corsi di ceramica, yoga, presentiamo libri, facciamo incontri con gli autori. La biblioteca è un luogo flessibile e versatile, quasi una casa. Tant’è che sfruttiamo eventi popolari come ad esempio il festival di Sanremo per attirare le persone, che vengono a vedere insieme la finale, la commentano, socializzano, si conoscono. I cittadini non solo utenti, ma partecipano a creazione di prodotti culturali come ad esempio la guida di Rosarno o la progettazione di un gioco per la costruzione di storie. C’è anche biblioteca fuori, per strada, nelle piazze, per azzerare il divario di chi frequenta la biblioteca e chi no, senza limiti”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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paoloferrario · 2 years
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Pievani Telmo, La natura è più grande di noi. Storie di microbi, di umani e di altre strane creature, Corriere della Sera /Solferino, 2022
Pievani Telmo, La natura è più grande di noi. Storie di microbi, di umani e di altre strane creature, Corriere della Sera /Solferino, 2022
vai alla scheda del libro La natura è più grande di noi La natura è più grande di noi perché ha tempi lunghi, anzi lunghissimi, mentre noi siamo su questo pianeta da duecento millenni o poco più. Come rane in un paiolo che non si accorgono di finire lentamente bollite, abbiamo cambiato la geofisiologia della Terra innescando un riscaldamento climatico che riduce la biodiversità e crea…
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enkeynetwork · 2 years
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thecatcherinthemind · 5 years
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angolazioni di un lunedì che sa di domenica
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gregor-samsung · 5 years
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L'evoluzione non è automaticamente associabile all'idea di progresso, ma a quella ben più generale di «cambiamento». Darwin fu bene attento a non confondere la stia teoria con una dottrina del progresso: la contingenza ambientale dell'adattamento e la casualità della variazione gli impedivano di accettare una direzionalità o un qualsiasi piano di sviluppo nell'evoluzione. A maggior ragione la ricerca evoluzionistica attuale, che conosce le casualità della deriva genetica e gli accidenti congelati dell'evoluzione su larga scala, non fa più uso di assunzioni progressioniste ingenue, nemmeno più quando discute di evoluzione umana e culturale. Anche un certo «migliorismo» insito nell'accezione di selezione naturale della prima Sintesi Moderna è stato superato. Gran parte degli esperimenti adattativi sono già estinti e non sembra esserci una crescita progressiva nell'adattabilità né nel tempo di sopravvivenza prima dell'estinzione. Quanto alle capacità di sopravvivenza, nessuno batte quelle di organismi semplicissimi come gli archeobatteri. Di fronte a queste evidenze e alla scoperta che la specie Homo sapiens non è l'apice di una catena di progresso lineare - ma come tutte le altre è figlia di una storia di diversità, di adattamenti e di contingenze geografiche - chi fa dell'evoluzione una grande escatologia lo fa decisamente a proprio rischio e pericolo.
Telmo Pievani, Creazione senza Dio, Einaudi (collana Vele, n° 24), 2006; pp. 119-20.
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