Tumgik
#vale anche per le relazioni umane
catsloverword · 11 months
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Pensaci bene prima di prendere un gatto.
Ti farà credere che sia stato tu ad averlo trovato in mezzo alla strada in un cassonetto dentro un gattile.
Ti farà credere che sia stato tu ad averlo salvato che incontrarvi sia stata fortuna pura casualità quando invece era lì ad aspettarti quando invece era il vostro appuntamento fin da sempre.
Pensaci bene prima di prendere un gatto.
In quegli occhi si entra una volta per poi non uscire mai più. Sappi che di quell’amore puro infinito e randagio non potrai mai più liberarti.
I gatti amano per volontà non per bisogno, non per istinto i gatti amano per essere liberi.
Pensaci bene prima di prendere un gatto che prendere poi, è un termine inadeguato, sciatto. Sbagliato. Un gatto non si prende né si adotta un gatto si custodisce.
E ricordarti che dovrai accettare il suo caos la sua elegante arroganza i suoi attimi di smisurata dolcezza prenderti cura della sua solitudine dei suoi momenti di incantevole assenza.
Pensati come a un primo appuntamento che ogni istante si ripete. Circondalo di attenzioni, sempre come un amante corteggia la sua dama con dolci parole e infinite carezze.
Sappi che ogni istante lui sa dove ti trovi come ti sentie di cosa hai bisogno per essere felice.
Pensaci bene prima di prendere un gatto perché nessuno più di lui sa di cosa è fatto l’amore. Parlo del rispetto dei propri spazi e dei propri umori.
Parlo del bisogno di nascondersi a volte da tutto e da tutti.
Parlo di saper riconoscere quando è inutile insistere perché avvicinandosi a volte ci si perde e di quando insistere, invece è l’unico modo per tornare a stare vicini.
Parlo dell’arte di sapersi osservare da lontano dove ogni cosa acquista la sua forma.
Parlo di saper riconoscere la meraviglia di volersi entrambi in quei momenti di rara bellezza che rimangono impressi per sempre.
Parlo di quando all’improvviso dal nulla più assoluto si accende la follia e si inizia a correre come pazzi a giocare come ragazzini buffi e ridicoli come rendersi conto che la felicità va abbracciata, graffiata, protetta. Perché può durare un attimo.
Ma soprattutto pensaci bene prima di prendere un gatto perché arriverà il giorno in cui dovrai dirgli addio. E saprà stupirti di nuovo come ha fatto per tutta la sua vita.Mentre non riesce più a reggersi in piedi. Mentre è sdraiato da giorni lì nello stesso punto di casadove ha scelto di morire.
Mentre non vuole nessuno vicino, tranne te. E con le ultime forze ancora ti urla il suo amore. Le fusa che gli escono strane e spente, stonate. Ma che tu ricorderai come il canto più dolce che ti sia stato concesso ascoltare. Non cercare di dimenticarlo quel dolore, di vincerlo. Non si può. Una parte di te si è spenta con lui. Una parte di te, si è perduta, per sempre❤️
Andrew Faber
...ecco...
un amore così
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susieporta · 8 months
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L'amore se ne frega.
Ho accumulato ormai un bel mucchio di anni nello studio, tali e tanti da poter testimoniare alcune verità, conosciute ma tacitate, che attraversano il vivo dell'esperienza degli uomini, e delle donne.
L'amore, che vuole 'Ancora', è a scapito di ogni cosa. L'amore comporta una perdita delle relazioni umane, un calo nelle gerarchie sociali, una discesa nel potere di acquisto.
L'amore, e le sue conseguenze, se ne frega di ogni convenzione.
Dove vissuto intensamente, sino alla fine, quand'anche durasse un solo giorno, l'amore per una persona fa a meno degli orari di lavoro, dei tempi, del rispetto delle regole convenzionali.
L'amore prende treni andata e ritorno in giornata, sale su aerei senza poterli pagare se non a costo i sacrifici immani.
L'amore infrange tutta quella serie di asfittiche regole, normali, utili, normalizzanti, necessarie alla vita, al lavoro, al progresso.
Quando è vero, quando cioè diventa fine e tensione della vita stessa, vale sempre la pena.
'Valeva la pena uscire da quella riunione di lavoro e perdere la promozione'? ' Ah si, dottore. Lui era la sotto con i fiori, e mi ha portato via'
' Oggi il suo stipendio è assai basso'
'Si, ma quel momento valeva una vita intera.
Non potevo perderlo '
'Valeva la pena accettare l'invito di quella donna, pur sapendo dei precedenti, del carcere?
' Si dot, la mia famiglia mi ha cacciato via, quasi diseredato, ma non avrei ma potuto dirle di no.
Rinunciare all'amore per convenzione per morale, per costume, per tradizione familiare, perché 'non si deve', non è ' giusto'.
Perché questo ,quell'altro, priva la vita di quell'attimo incandescente che , da solo, rappresenta una luce che illumina l'universo.
Dopo il big bang, l'universo divenne freddo, tetro, gelato ed infinito.
Ma quel bagliore valeva tutto.
I casi suddetti, e altre mille ne potrei citare, conducono oggi vite non ricche, non visibili. Molti di essi hanno difficoltà economiche, a causa delle loro scelte.
Ma sono vite piene, colme.
Dire no all'amore per la convenzione, come accade nella maggior parte dei casi, conduce ad una vita mediocre, normale, normalizzata. Ricca, spesso agiata, confortevole. Rispettabile.
Nei canoni.
Ma quando giunge l'autunno della vita, il lungo e freddo periodo del rimpianto, questo viene quasi tutto speso nel rammarico, nella dannazione di aver lasciato per strada l'amore, vero. Il declino dell esistenza diviene un lungo prodomo alla morte, vissuta come una liberazione. Nessuno immagina quanti uomini e donne in questa deriva passano nello studio di un analista.
Questo è in nuce il discorso che stamattina, farò ad un emittente radiofonica che mi ha invitato , il link della quale metterò solo dopo essermi accertato che si apra, vista la mia nota dabbenaggine nel indicare link che poi si aprono in punto cieco.
Come sempre, psicoanalisi e desiderio.
Mentre tutta l'intellighenzia vi blatera, in tv, ' fate i bravi, siate monogami, siate fedeli anche quando tutto è morto. Obbedite, lasciatevi giudicare', la forza sovversiva del desiderio indica la strada opposta. Come diceva Freud ' noi portiamo la peste'
Molla tuto, alzati in piedi, corri giù dalle scale.
Vai incontro a chi ti sta aspettando, non corre il rischio di perderlo.
Insomma, vatti a prendere l'amore, ovunque esso sia.
Vi ricordate la ' Canzone di Carla' ?
George si innamora di Carla, e per lei compie azioni inconsulte, al punto di fermare un autobus per farle fare un giro. La ditta lo riprende e lo licenzia.
Ma quella scena, vale tutto il film.
Maurizio Montanari
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daimonclub · 6 months
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Un buon libro per Natale
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Albero di Natale di libri Un buon libro per Natale, in questo periodo di feste e di pandemia vi consiglio Curarsi con i libri un regalo intelligente per tutti che sfrutta i rimedi millenari della letteratura per lenire molti dei nostri disagi. Nel momento in cui ci si chiede il significato ed il valore della vita, si è malati. Sigmund Freud Qualunque sia il vostro disturbo, la nostra ricetta è semplice: un romanzo (o più d'uno) da leggere a intervalli regolari. Ella Berthoud e Susan Elderkin Non limitarti a dire che hai letto libri. Dimostra che attraverso loro hai imparato a pensare meglio. Epitteto Biblioterapia, ramo della medicina che cura certi disturbi dell'esistenza con la somministrazione di opere di narrativa. Ella Berthoud e Susan Elderkin I libri sono la cura per ogni malessere, ci mostrano le nostre emozioni, una volta, e poi ancora una, finché non riusciamo a dominarle. D.H. Lawrence La malattia è il medico al quale prestiamo più attenzione; alla gentilezza, alla conoscenza, facciamo solo promesse; al dolore obbediamo. Marcel Proust Scegliete sempre un libro che vi faccia fare bella figura se passate a miglior vita prima di averlo finito. P.J. O'Rourke In questo periodo di feste, e purtroppo di pandemia, voglio consigliare Curarsi con i libri, veramente un ottimo libro che potrebbe essere l'oggetto di un regalo intelligente un po' per tutti, proponendone sia una piccola sintesi introduttiva degli autori stessi, sia un paio di pagine relative al Natale. La letteratura si basa fondamentalmente sul linguaggio, e quest'ultimo è stato elaborato nel corso dei secoli per comunicare, vale a dire per mettere in comune quello di cui c'è bisogno, ovvero condividere informazioni, dati, notizie, storie, consigli, esempi, ammonimenti, leggi, e naturalmente gioie e dolori. Ecco, non sempre una buona e rapida comunicazione è alla base delle nostre relazioni e soprattutto dei rapporti tra medici e pazienti. Le varie problematiche sono dovute sia ad una certa disorganizzazione della nostra società, sia ad una certa ignoranza e incapacità dei vari attori della stessa. Per questo il linguaggio e la letteratura possono sempre servire, oltre che a migliorare le nostre conoscenze, anche a stimolare la comunicazione effettiva tra i vari artefici delle diverse attività umane, migliorandone così la qualità e l'efficacia. In ogni caso spero comunque che questi miei suggerimenti possano almeno aiutare tutti ad essere un po' più disponibili e ad avere più a cuore sia la cura di noi stessi, sia quella dei nostri simili e dell'ambiente in cui viviamo. Carl William Brown
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Natale nella vecchia Londra Curarsi con i libri I farmaci che prescriviamo non si trovano in farmacia quanto in libreria, in biblioteca, oppure sul proprio lettore di e-book. Siamo biblioterapiste, e i libri sono i nostri ferri del mestiere. La nostra farmacopea include balsami balzachiani, lacci emostatici tolstoiani, pomate di Saramago e purghe di Perec e Proust. Per compilarla abbiamo spulciato duemila anni di letteratura in cerca delle menti più brillanti e delle letture più ricostituenti, da Apuleio, che nel II secolo scrisse L'Asino d'oro, ai tonici contemporanei di Ali Smith e Jonathan Franzen. La biblioterapia è diffusa, sotto forma di libri di auto-aiuto, da alcuni decenni. Gli amanti della letteratura, tuttavia, utilizzano i romanzi come rimedio, più o meno consapevolmente, da secoli. La nostra fiducia nell'efficacia della narrativa come forma migliore e più pura di biblioterapia si basa sulla nostra esperienza con i pazienti ed è corroborata da una valanga di aneddoti. A volte è la storia che affascina; a volte il ritmo della prosa che lavora sulla psiche, calmandola o stimolandola. A volte un pensiero o un atteggiamento suggeriti da un personaggio che si trova invischiato in un dilemma simile. In qualsiasi caso i romanzi hanno il potere di trasportarci in un'altra esistenza, e farci guardare il mondo da un altro punto di vista... "Leggere uno scrittore, per me, non è solo avere un'idea di quello che dice, ma anche partire con lui e viaggiare in sua compagnia" disse André Gide. Nessuno torna da un simile viaggio come la stessa persona. Qualunque sia il vostro disturbo, la nostra ricetta è semplice: un romanzo (o più d'uno) da leggere a intervalli regolari. Alcuni trattamenti porteranno a una completa guarigione. Altri invece vi porteranno semplicemente conforto, dimostrandovi che non siete soli. Ma tutti, alla fine, offriranno un temporaneo sollievo dei sintomi, grazie al potere di distrarre e trasportare della letteratura... Come per ogni medicina, il trattamento deve essere sempre concluso per ottenere i migliori risultati. Ella Berthoud e Susan Elderkin
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Canto di Natale di Charles Dickens Canto di Natale di Charles Dickens e Natale in casa Cupiello di Eduardo De Filippo Natale può essere uno di quei momenti in cui vi sembrerà di dover affrontare tutti i vostri problemi in una volta sola. Se avete una famiglia numerosa sarete in trappola sotto lo stesso tetto insieme a una notevole quantità di parenti (v. Famiglia, gestire la propria), che potrebbe includere un certo numero di bambini sovraeccitati (v. Maternità; Paternità; Intrappolati dai bambini). È probabile che in un mese spenderete tanto quanto, di norma, spendereste in tre (v. Al verde, essere al); di sicuro mangerete troppo (v. Gola; Obesità), farete molta aria (v. Flatulenza) e forse vi verrà pure la diarrea (v. Diarrea), o magari il contrario (v. Costipazione), e alla fine pagherete anche pegno per aver bevuto troppo (v. Sbornia, postumi della; oppure, se siete reduci da molti Natali punitivi, Alcolismo). Se siete sposati o fate coppia fissa, uno di voi senza dubbio litigherà con i suoceri e per questo potrete litigare tra voi (v. Sposati, essere). Se siete fidanzati, probabilmente sarete costretti a rispondere a varie domande personali su questa relazione (v. Coming out, fare; Bambini, essere sotto pressione per avere). Se siete single, infine, vorranno sapere perché (v. Single, essere) e questo potrà farvi desiderare di non esserlo e lasciarvi in preda a una terribile solitudine (v. Solitudine). Se non avete una famiglia numerosa, o se passate il Natale da soli con il vostro cane, potrete certamente sentirvi soli (di nuovo, v. Solitudine) o sentire la mancanza dei vostri famigliari. Tutto considerato, l'esperienza del Natale può condurre alla perdita della fede (v. Fede, perdere la) e al desiderio di chiudersi in un armadio, al buio, da soli (v. Misantropia). In queste pagine potrete trovare la cura per ognuno di questi disturbi. Come misura preventiva leggetele un po' per volta, nel corso dell'anno, e fatevi forza in vista del grande giorno. Quando arriverà, annunciate alla vostra famiglia, al partner, alla nonna o alla vostra pianta che, invece di guardare il solito film in TV, nel giorno di Natale leggerete a voce alta, intorno al camino acceso, con a portata di mano caldarroste e vin brulé, un libro per tutte le età: Canto di Natale di Charles Dickens. È una splendida storia di fantasmi. Ebenezer Scrooge: un uomo solo, vecchio, avaro, cattivo. Bob Cratchett, il suo impiegato: umile, sfruttato, maltrattato, eppure allegro. Tiny Tim, il figlio di Cratchett: adorabile, patetico, in punto di morte. Jacob Marley, un collega di Scrooge: ansioso, vendicativo, allarmista, morto. Tutti insieme raccontano una storia che ha il fascino e il con-forto di un classico per bambini ma è capace di rivolgersi anche a un pubblico adulto. Gustatevi quelle apparizioni spettrali. Restate sgomenti per l'inutile avarizia di Scrooge e per l'eterno rinvio del suo matrimonio. Versate calde lacrime di compassione per Tiny Tim.
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Natale a Napoli Fate festa con tutti, alla fine. «Sono leggero come una piuma, felice come un angelo, allegro come uno scolaretto. Sono stor-dito come un ubriaco», canticchia Scrooge. È colpa di Dickens se ci aspettiamo sempre un bianco Natale; è lui che per primo ci ha esortati a «onorare il Natale nel cuore», a fare festa e a dare agli altri tutto ciò che possiamo, in altre parole, è in gran parte responsabile per avere trasformato il Natale in quello che è adesso. Dunque, tocca a voi trasformare Dickens in una tradizione che si ripete ogni anno. Un gradevole senso di calore si diffonderà nel vostro cuore mentre leggete, e nel cuore dei vostri consanguinei. Anzi, forse scoprirete che l'anno dopo andrà ancora meglio. E se sarete soli a Natale, offritevi di leggerlo ai vicini. Con la vostra migliore voce dickensiana. Intervenendo nella loro dinamica famigliare potreste aiutarli più di quanto pensiate. Ma se vi piace il teatro, per superare tutto il trambusto di questo periodo di festa e trasformarlo in una sarabanda tragicomica sempre restando nel solco della tradizione, potreste affidarvi anche alle battute di un altro scrittore che conosceva bene le voci dei fantasmi di dentro e di quelli di fuori: Eduardo De Filippo. Natale in casa Cupiello fu rappresentato, nella sua prima versione come atto unico, il 25 dicembre del 1931 a Napoli. Intorno all'ignaro patriarca Luca Cupiello, che si occupa esclusivamente di costruire e salvaguardare il suo presepe, va in scena l'esplosione definitiva di ogni illusoria armonia familiare, una danza di ipocrisie, tradimenti e disinganni. Lo schema eduardiano della riunione di una famiglia per un ultimo grande Natale si riproporrà, in un'altra latitudine e nel primo anno del nostro nuovo secolo, ne Le correzioni di Jonathan Franzen, più o meno con gli stessi esiti: una condanna all'allucinazione e alla demenza per il capostipite. Rammentatelo, quindi, il giorno che vi troverete seduti a capotavola in una cena o in un pranzo di Natale: forse fareste bene a prenotarvi un viaggio alle Hawaii. Tratto dal libro Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno. Ella Berthoud e Susan Elderkin Sellerio Editore
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Curarsi con i libri Se amate il Natale, le feste e la letteratura potete anche leggere i seguenti articoli: Aforismi e citazioni sul Natale Aforismi divertenti sul Natale Barzellette sul Natale La fiaba del pupazzo di neve Aforismi di C.W. Brown sul Natale Pensieri e riflessioni sul Natale Numeri sul Natale Odio il natale (Umorismo) A Christmas Carol by Charles Dickens Other books by Charles Dickens Fairy tales and other stories by Hans Christian Andersen Best Christmas songs videos and karaoke Christmas markets in England Christmas markets in America Christmas markets in Italy and Germany Christmas quotes 60 great Christmas quotes Christmas tree origin and quotes Christmas jokes Christmas cracker jokes Funny Christmas Stories Amusing Christmas stories Christmas food Christmas thoughts Christmas story Christmas in Italy Christmas holidays Christmas songs Christmas poems An Essay on Christmas by Chesterton Read the full article
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sognosacro · 7 months
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Cosa dovrei fare se mi piace qualcuno, ma non so se mi piace?
Però so che mi piacerà?
Niente?
Non so se è complicato l'amore o le relazioni umane o semplicemente esistere.
I geni dello spirito dicono che è semplice e che siamo noi a rendere tutto complicato.
Peró a me non sembra ne semplice ne complicato, mi sembra controverso e dannatamente irrisoluto
So che il significato di questa parola è fuori contesto nella frase, ma è la parola giusta.
Il dizionario dice che significa "che rimane incerto, in sospeso non sapendo prendere una decisione"
La mia rabbia viene fuori ahah
Scovata quella cosa focosa.
Che decisione bisogna prendere?
Devo forse scegliere quel bitume come ragazzo?
No dai bitume no. Peró se penso a come mi ha trattata mi incazzo. Sarebbe come piegarmi e dargliela vinta senza che lui abbia mosso un dito nei miei confronti.
Ma non è cosí. Pero mi arrabbio.
Quello che voglio da lui è la stessa cosa che devo fare io.
Ma non riesco se mi incazzo per la sua esistenza malfamata nei miei confronti.
Non avrebbe senso scegliere una persona cosí ridicolamente riduttiva e poco pratica nei miei confronti. Incompleta e volubilmente ipocrita e a dir poco ignorante, egoista e presumibilmente insensibile con tutti.
So di per certo che queste non amabili caratteristiche rappresentano l'ombra oscura di una persona inesistente e che la personalità reale e concreta del soggetto in questione è del tutto diversa, ma io non posso stare a guardare mentre tutto accade sperando che si accorge di non essere se stess*
Quindi.
Scegliere questa persona comporta a farmi del male, nella mia mente.
Scegliere, di nuovo, il peggio, la rovinavo, l'assicurato ricovero.
Ma è una paura.
Ma chi mi rassicura? La follia?
Sarei forse stupida a scegliere di conoscere qualcuno senza avere l'opportunità o la certezza che questo puó succedere?
Dovrei forse dimenticarlo?
Dimenticare questo ego
Oh. Quanto male.
Io non so se odiarti vale la pena. Quanti ricordi.
Orribili, dolorosi, manimolazione emotiva. Ti piaccio eh? Dillo cazzo. Fallo. Cribbio.
Io non sono minore di te.
Non fare finta di non essere timido.
Ma comunque vai bene cosí. Solo non c'era bisogno di tutta sta storia d'amore. O si?
Penso che ci scriverò un libro, quando ci sei
Sempre se resti sta volta.
O se frigno e scappi
Perchè a volte sono proprio stufa.
Di tutti. Di tutte le stracazzate che vengono fuori piuttosto di quello vero.
Ma onestamente le passo alla leggera adesso.
Per questo ti perdono, a prescindere da quello che fai
Non ho tempo di abbassare la mia vibrazione.
La vivo diversamente.
Ma la cosa deve cambiare e non perche io lo voglio, perché te sei cambiato.
Quindi comportati diversamente, perché lo sei.
E non fingere che non sai chi sono. Perché lo sai che sei te.
E se ti parlo rispondi, non fare i finti non sochè in cui la conversazione è in due e si parla da sola.
Ma questo non sono io. Eppure dietro ci sei sempre tu.
Perció mi sono rotta.
Non di tutto, di te.
Anche se cosí fingo che non so chi sei e facendolo penso di darti un opportunità di uscire dicendolo.
Ma una volta te ne esci "no non è me, è questo tipo qua" come se contasse l'immagine piú di chi c'è dentro.
Ma in quel momento non so se capivi chi ero io e chi c'era dietro e che non cera maschera.
Perchè da parte a me non c'eri altro che tu, con i filtri di quel problema. E io cosí non posso altro che lasciarti andare.
A volte mi chiedo se stavi tentando di vedere come io ero con gli atri o se ti avrei riconosciuto anche senza vederti. Ma onestsmente, non ha senso, perché anche con addosso un cappello o una parrucca, sei sempre la stessa persona. Quindi non so che dire..
Questa cosa non centra neanche piú con l'intera situazione.
Sono di per certo sicura di non averti offeso, ma fatto arrabbiare e che una parte di te si sente in colpa, un altra speranzosa, un altra umigliata, un altra combattiva e pronta ad agire.
Io mi sento stanca.
E questo blocca tutto.
Cià
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parolerandagie · 2 years
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Cinque cose che mi piacciono di me...
Raccolgo il gradito invito di @martinastalla e mi cimento a stilare una lista di cinque-signori-cinque cose di me stesso che mi piacciono, e lo faccio così, senza pensarci troppo, senza farmi travolgere dal dubbio di avercele, cinque almeno, cose così.
La prima è facile: mi piace la mia capacità di analisi delle situazioni. Mi piace proprio questa lucidità, che più volte mi sono dimostrato, nell’estrapolare le caratteristiche importanti e fondanti di un contesto, per poi gerarchizzarle, collegarle fra loro in complesse reti di causa-effetto, e dedurre così tanto ciò che sta capitando quanto la direzione evolutiva presa dal tutto. Ed ho detto situazioni, ma faccio anche la stessa cosa con le relazioni umane, con le persone, con gli accadimenti.
La seconda è la coerenza e la linearità logica del mio agire e del mio pensare: sono molto prevedibile, per me stesso, mi riservo pochissime sorprese, anche (e purtroppo) per quanto riguarda gli aspetti meno edificanti del mio comportarmi, del mio schierarmi, del mio scegliere.
La terza è la fame che ho di cose belle, che stiano dentro un libro o dentro una bottiglia, che siano su di un piatto inteso come stoviglia o su di un piatto inteso come superficie ove collocare un disco di vinile per ascoltarlo, o che siano espressione di arte figurativa, o poesia, o di prestazione atletica, o che siano belle e basta, o che...e la lista potrebbe rasentare l’infinito.
La quarta è la mia sincerità, anche quando si tratta di dire cose brutte, a cui spero di riuscire ad accompagnare sempre una grande umiltà, facendola emergere, così che sia chiaro che dico quel che penso ma quel che penso lo penso io e che il mio giudizio vale quel che vale. Nel bene e nel male.
La quinta è il mio senso dell’umorismo, scémo ed assolutamente non degno di nota, che però ha regalato un sacco di risate soprattutto a me stesso, in questi anni passati nel frattempo a vivere, rendendomi le giornate molto meno amare.
Estendo l’invito a fare uguale lista a tutti voi che mi leggerete, con una minuscola prece: segnalatemi che la avete fatta, la lista, se la farete, che la leggerò proprio tanto volentieri.
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sciatu · 3 years
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Siracusa - Ristorante Macallè
Un amore in tre atti unici - Atto terzo
GIUGNO 2021 - CONOSCERSI
Per lei era stata, scusate l’espressione, una giornata di minchia. Al mattino nell’ufficio postale dove lavorava ecco che si presenta una che sembrava una “baraccota” una di quelle che vivono ancora nelle baracche di Messina, a cui la vita ha negato tutto e che affrontano ogni persona con le unghie pronte a graffiare e i denti abituati a strappare il cuore.
“Posso aiutarla?”
Aveva chiesto lei presentendo guai in arrivo
“Grazie no” rispose la belva guardando in cagnesco Concettina, la sua collega. Ti ho già detto nel racconto precedente che quest’ultima aveva una lista di spasimanti che occupava tutta la memoria del telefonino e che identificava i vari soggetti con nomi quali “Vittorio meno di 18” “Enrico più di 24” “Gianni quasi 30” dove il numero non era ovviamente legato all’età dell’individuo ma a particolari caratteristiche anatomiche prettamente maschili. Concettina, che grazie alle sue relazioni ed esperienza conosceva la vita e le figure umane che della vita sono il frutto o i relitti, non esitò e da dietro il bancone dei Pacchi e Raccomandate attaccò immediatamente
“Picchi lei i mia chi boli?”
“Io niente è lei chi non avi boliri nenti i me maritu”
“Mi su tinissi strittu e u sazziassi a so maritu e non vinissi chìù a sconcicari i personi pi beni”
“ A lei si a me maritu u sazziu o menu nun sunnu cosi ca ci ‘nteressanu! Lei pinsassi a fari chiddu chi ci veni megghiu fari stradi stradi e lassassi stari cu teni famigghia”
“È so maritu chi m’avi lassari in paci chi mu trovu sempri a rumpiri chiddu chi mancu iddu avi”
“ Nun mi pari chi nun navi vistu chi ci canusci boni i soi e chiddi i menzu paisi”
“ Cu canusciu o non canusciu, cu rispettu parrannu, su cazzi mei, mi pinsassi a so maritu chi chiuttostu i vidiri u so cuzzaru siccu si spariria, picchì cu jè vecchiu e laidu s’aviria mettiri u cori in paci! ”
A questo punto l’escalation di offese era ormai all’ultimo livello ed il rituale prevedeva che iniziasse la parte violenta dello scambio d’idee, così la parte offesa, cioè la moglie cornuta, partì alla carica per strappare gli occhi alla rivale. Per fortuna però, davanti allo sportello di Concettina vi era una fila di vecchi che dovevano ritirare la pensione; il gregge di capelli bianchi si frappose tra loro due cercando di calmare l’una e l’altra con la paura di perdere il posto in fila e ritardare così il prezioso pagamento della pensione e conseguente pagamento delle bollette arretrate. Lei aveva già chiamato i carabinieri e proprio in quel momento entrò l’appuntato Pino-25-con-gusto che incominciò ad urlare più delle due donne e si portò via la moglie tradita. Vi fu di nuovo calma e Concettina tornò a lavorare in silenzio ricevendo l’approvazione delle vecchie pensionate secondo cui la moglie doveva prendere a bastonate il marito traditore e non una brava ragazza come lei che dava la pensione anche in pezzi da 20 o da 10. Più tardi Simone-non-ne-vale-la-pena prese il posto di Concettina e quest’ultima se ne andò nello sgabuzzino sul retro dell’ufficio a fumare. Lei la raggiunse dopo qualche minuto e vide la sua gran massa di capelli ricci in un angolo, quasi nascosta che fumava guardando per terra.
Tra loro due vi era una forte complicità fin da quando si erano incontrate. Concettina sapeva della violenza che aveva subito da giovane e la rendeva complice di tutte le sue storie in cui trattava gli uomini come giocattoli, forse pensando che questo suo modo di disprezzare gli uomini usandoli, potesse darle un qualche vendicativo piacere.
“tutto bene?”
Le chiese preoccupata.
Concettina sollevò la testa e vedendola sorrise.
“Mariì Tutto bene, non ti preoccupare. Era una scena che quella doveva fare per rispetto a sé stessa.”
Lei la guardò preoccupata.
“Scusa se faccio la mamma, ma non è meglio se lasci stare questa tua collezione di maschietti in calore e ti trovi qualcuno che ti voglia bene veramente?”
Diventò seria
“Mariì, lo so che lo dici perché mi vuoi bene, ma per me va bene cosi”
“Ma alla fine sei sempre sola, nessuno ti dura più di tanto”
Alzo le spalle
“Tutti muoiono soli, nessuno prende mai la tua croce e ne divide il peso – disse di un fiato facendo oscillare i suoi riccioli - l’amore poi è solo un attimo e il sesso è l’unico modo per illudersi che esista qualcosa che ci unisca a qualcuno – restò in silenzio qualche secondo - Gli uomini poi sono i fratelli di Giuda e di San Pietro, tradire per loro è motivo di vanto, perché dovrei fare la santa se chi mi ama pensa solo a se stesso? Io sono così e resterò così: non farò la fine di mia madre maltrattata da suo marito e sfruttata dai suoi figli. Io credo solo all’inferno in cui sono cresciuta, tra botte e litigi e come vita familiare mi è bastata quella – tirò una boccata di fumo che fece uscire lentamente dalle labbra – Allora ero piccola, pensavo che i miei avessero sempre ragione ed avevo paura di tutto. Ora però non ho più paura di niente, faccio quello che voglio e ho capito che sfruttare la mia libertà, è l’unico modo che ho per esistere!”
Simone-non-ne-vale-la-pena apparve sulla porta dicendo che c’era l’appuntato Pino-25-con-gusto che voleva parlare con Concetta. Quest’ultima, buttò subito la sigaretta e si passò il lucidalabbra, che portava nei jeans aderentissimi, mostrando il suo sorriso più seducente. Mariì se ne tornò nel suo ufficetto concentrandosi sulla chiusura di fine mese per non pensare alle parole di Concetta, ed evitando di chiedersi se il suo Giuseppe fosse anche lui fratello di Giuda. Chiuso l’ufficio aveva diverse cose da fare, dall’andare dall’estetista che finalmente riapriva a passare dalla sarta e quindi dal centro commerciale anche lui riaperto di sabato dopo mesi di chiusura per covid. Finalmente si diresse verso il ristorante di Giuseppe che riapriva dopo la triste lunga serrata a causa del virus. Giuseppe aveva aumentato i tavoli fuori dal ristorante ma lei riconobbe subito il suo che aveva nel mezzo, in un piccolo vaso di cristallo, una rosa appena sbocciata. Andò a prendere possesso del suo posto da cui poteva osservare tutti gli altri tavoli, ed aspettò Giuseppe. Arrivò invece il nipote che era il secondo cameriere. La salutò contento e le riempi il bicchiere con in prosecco dell’Etna. Le disse che lo zio era occupato e scomparve a prendere un’ordinazione. Mentre beveva il prosecco vide Giuseppe aggirarsi tra i tavoli poi fermarsi a quello dove era seduta una bionda e mettersi a scherzare con lei mentre le versava l’acqua. Mariì sentì come una fitta nell’anima e l’osservò cercare di essere divertente, sorridere, parlare, cosi come aveva fatto con lei quando l’aveva conosciuto. Aveva ragione Concetta? Era un altro fratello di Giuda? La bionda lo ascoltava quasi indifferente e lui per reazione, cercava invece di interessarla, di farla ridere, perché una donna che ride è sempre più vulnerabile. Osservò la ragazza e la trovò giovane e carina, mentre lei era pure più vecchia di lui. Che futuro avrebbero avuto loro due? In aggiunta, il suo corpo, devastato dalle cicatrici, non sarebbe invecchiato ancora più velocemente? Non si sarebbe stancato di lei prima del dovuto? E se è vero quello che diceva Concetta, che l’amore dura finché dura il sesso, quanti anni avevano davanti a loro? Cinque? Otto? Dieci? E poi? Sarebbe andata anche lei a litigare con l’amante di allora? Era meglio fare come Concetta, vivendo alla giornata, del poco e subito? Ma Mariì dentro di se si diceva che lui non era così come stava vedendo e immaginando ! O forse non lo conosceva veramente perché nessun traditore si palesa per tale! Stava cadendo nella paranoia assoluta. Non sapeva se dovesse andare a prendere a sberle la bionda o prendersi la bottiglia di prosecco e andarsene a casa a piangere sul letto. Se lo ritrovò davanti con un piatto di antipasti misti
“Ciao amore come è andata oggi”
Le chiese tutto serio
“Ah – disse piccata – ti sei finalmente ricordato di me, quale onore…”
E lo guardò severa.
Giuseppe fece finta di niente e si giro a guardare la bionda che osservava fisso il bicchiere vuoto.
“È mia cugina Anto – fece sottovoce – il suo zito l’ha lasciata ieri con un SMS mentre lo aspettava a casa dei suoi per presentarglielo. Non ti dico come si sente…. È apparsa qui e non ha detto una parola. Io lo so che soffre…. Ma cosa le posso dire? Ho impiegato anni a superare quando quell’altra mi ha lasciato e ho trovato pace solo ora con te! Cosa le posso dire per tirarla su? La vita è questa? Pensa alla salute? Qualcuno prima poi lo trovi? A me queste cose mi snervano: vedi qualcuno che annega e non sai come salvarlo”
Lo guardò. Era veramente seccato. Lui per gli altri avrebbe dato l’anima ma quando si trattava di sentimenti si muoveva come un bradipo. Giuseppe Lasciò gli antipasti poi mise a posto il cestino del pane e la bottiglia d’acqua e lei capì che era turbato, che voleva stare con lei perché in lei trovava la sicurezza che gli serviva. Poi qualcuno lo chiamò e lui senza dire o fare scomparve. Lei mangiò lentamente pensando a lui, a come si era comportato e a quello che aveva fatto. Bevve un sorso e guardò la ragazza che fissava il nulla facendo palline di mollica di pane. Ebbe come un flashback e si ricordò che mentre i demoni la usavano sul velluto sporco e attaccaticcio del treno regionale in cui erano, qualcuno aveva aperto la porta che divideva le due carrozze, forse aveva visto, aveva capito, aveva sentito i mugolii con cui gridava aiuto, poi aveva richiuso velocemente la porta ed era scomparso. Non era questo quello che facevano in tanti? Voltarsi dall’altra parte, per non vedere, per non sentire, per stare tranquilli. Forse se qualcuno allora fosse intervenuto prendendo a moffe (sberle) quei tre, la sua vita sarebbe stata completamente diversa. Ripensò alla porta dello scompartimento che si chiudeva mentre diventava tutto buio.
Si alzò con il bicchiere in mano e si diresse verso la bionda. Fece due passi, si fermò e tornò indietro, prese la rosa e andò spedita verso il tavolo di Antonella dove si sedette di fronte a lei che la guardò meravigliata.
“Ciao sono la zita di Giuseppe, tu sei sua cugina Antonella non è vero?”
E dopo aver posato la rosa vicino a lei, allungò la mano per salutarla. Lei la guardò stupita e disorientata, guardandosi intorno per vedere se c’era suo cugino che potesse confermare quell’inaspettata intrusione. Alla fine, allungò la mano e strinse quella che era rimasta ferma e decisa ad aspettare il suo benvenuto.
A Mariì venne il panico? Che cosa aveva fatto? Perché era li?
La porta dello scompartimento si stava chiudendo….
“Non sono il tipo che si fa i fatti degli altri, ma ho capito che stai soffrendo. Una volta ho visto un cane investito per strada e un suo compagno correre tra le macchine e sdraiarsi su di lui per proteggerlo finché qualcuno non fermò la macchina e si occupò del suo compagno ferito. Allora mi sono detta che nessun uomo l’avrebbe fatto. Che a veder qualcuno per strada prima di andare ad aiutarlo si guarda il sesso, il colore, i vestiti, quanti followers ha e poi forse si decide…”
Antonella sorrise
“Per questo sono qui perché se un uomo vede soffrire una donna o scappa, o ne gode o fa finta di niente o resta disorientato e imponente. Giuseppe fa così perché il dolore degli altri lo sente suo e ne rimane prigioniero. È così che mi ha amato ed è per questo che lo amo. Lui, in questo momento non sa cosa dire perché sente che stai soffrendo e la cosa lo disorienta – osservò Giuseppe arrivare al tavolo dove era prima con un piatto di calamari ai ferri, guardò stupito la sedia vuota e si mise a cercarla nei tavoli intorno. Lei alzò una mano per dirgli dov’era e lui si avvio verso di loro sconcertato – Per questo sono venuta. Non perché sono un’esperta di problemi sentimentali ma perché ho sofferto e so cosa vuol dire soffrire da soli. Vivere con dentro l’anima un fuoco che nessuno vede ma che lentamente ti consuma”
Bevve un sorso sorpresa del discorso che aveva fatto. Sorrise a Giuseppe che arrivato al tavolo la guardava stupito
“Amore mi porti anche il vino? Io e Antonella stiamo facendo conoscenza”
Gli disse sorridendo. Lui la guardò e poi osservò lo sguardo incerto di sua cugina
“ Si vado… vado - disse alla fine , poi si voltò verso la cugina – è la mia zita: è una che parla poco ma dice le cose giuste! ”
e si allontanò felice di non dover affrontare il dolore di Antonella.
“Lo vedi… lui capisce quanto soffri e la cosa gli fa male perché ti vuole felice. Ecco, a me è capitato di soffrire moltissimo, di provare vergogna per quello che sentivo. Ma il dolore non è mai una fine, il permanere di una punizione immeritata, ma è uno stimolo, è un principio e l’ho capito quando Giuseppe mi ha chiesto di parlarne. Io gli ho raccontato tutto! Proprio tutto e nel dire, nel mettere una dietro l’altra tutte le lacrime che ho avuto ho capito il mio dolore, ho incominciato a fare due più due e ad avere la somma della mia vita, capire quello che ha senso e quello che era il riflesso di quanto avevo avuto e che non era vita, perché la vita è uno scorrere un continuo fluire cambiando giorno dopo giorno: fermarsi in una situazione passata, in un ricordo, non è vivere. Penso che se ti và, puoi fare lo stesso: rivedere quello che è successo insieme a qualcuno che non ti giudica ma semplicemente ti ascolta e che se può, ti consiglia.”
Antonella guardò davanti a sé il cimitero di palline di mollica che aveva fatto.
“Non c’è nulla da dire. Da che c’era a che non c’è più, senza un perché, una ragione… “
e continuò così a dire a descrivere, a parlare e ogni volta che si fermava, Mariì chiedeva, commentava, spiegava e Antonella riprendeva a fare lo stesso racconto in modo diverso. Giuseppe le osservava parlare in modo fitto e ogni tanto si avvicinava e portava la frutta, un dolcetto, il limoncello, i biscotti, un cioccolatino e loro ancora a parlare a dire ora quasi piangendo ora invece ridendo ora tutte serie, ora una stupita e incredula e l’altra che parlava con fare convincente. Giuseppe vide il ristorante svuotarsi ed incominciò a portare dentro tavoli e sedie, ma loro due restavano a parlarsi come se il tempo non passasse. Alla fine disse loro che per il coprifuoco dovevano andare e Mariì propose di accompagnare Antonella a casa e tutti e tre si avviarono verso la casa della cugina, le due donne avanti a parlare e lui dietro come un cane senza un padrone. Lasciata la cugina, Mariì si strinse a lui e camminarono in silenzio per qualche minuto.
“Allora tutto bene?”
Chiese lui per capire come era andata con la cugina
“Questa mattina avevo la sensazione che l’amore non poteva esistere. Ad inizio serata ne ero convinta. Poi però ho capito che non è così. Se non esiste perché ti fa soffrire? Perché ti fa morire e rinascere? E che cos’è alla fine l’amore?”
Restò in silenzio guardando il selciato
“e sei riuscita a darti una risposta?”
Lei sorrise, si fermò e lo baciò
“Si, l’ho capito con Antonella. L’amore è il domani, l’attesa del nuovo giorno che mi porterà a te. Il passato, il presente, sono la vita subita, la vita che scorre spesso travolgendoti e distruggendoti, ma l’amore è la certezza che domani troverai pace, avrai qualcuno che non scomparirà appena ti volti, dimenticherai il dolore di oggi, potrai creare, dare e avere felicità. Il sesso è adesso, un istante che viviamo e muore lasciandoci felici ma vuoti. Ma tutti abbiamo bisogno di un domani per continuare a vivere ed è questo che l’amore ci dona: sapere che ci sarà in altro domani in cui saremo felici come oggi. È l’assenza di questa certezza che ci umilia e ci fa morire.”
Lui la guardò tutto serio.
“avevo ragione a dire ad Anto che parli poco ma che dici le cose giuste…”
Ripresero a camminare verso il loro domani.
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Ciao, scusami, vorrei un consiglio. Al mio ragazzo piace fare conoscenze online, perché lui usa i social per lavorare, però purtroppo la sua gentilezza e la sua disponibilità fa fraintendere molte ragazze. Sui social non parla della sua vita privata, quindi quasi nessuno sa che è fidanzato e non ne parla nemmeno con queste ragazze che conosce. Certe volte leggo sui Tellonym di queste ragazze che hanno legato tantissimo con lui e che lo ritengono importante, come loro non sanno di me, neanche io dovrei sapere di loro perché lui non me ne parla, ma so che parla con tante persone. Cosa ne pensi?
+ Litighiamo spesso per questo, perché io “controllo” queste ragazze, se parlano di lui nelle storie o alle domande su Tellonym. Grazie se leggerai.
Ciao tesoro,
Lo so, lo so, la fiducia è tutto in una relazione. Se lui ti ama, non devi temere quanto possano provarci le altre ragazze. MA, lasciamelo dire, SIAMO UMANE! Non possiamo essere gelose? Noi sappiamo quanto vale il nostro ragazzo, quanto sia meraviglioso, quanto sappia far sentire al sicuro, amate, protette. Ed è normale temere che possano scoprirlo anche altre ragazze, se lui intesse con loro relazioni serie. E questo ci spaventa, perché magari loro sono persone migliori di noi!
Perciò È NORMALE comportarsi come te. Avere paura. Provare gelosia. Controllare queste ragazze.
Ciononostante, è importante avere la mente lucida e impedire che i nostri sentimenti ci alterino troppo la realtà, impedendoci di vederla con chiarezza.
Se lui davvero ti ama, e ti fa sentire come se esistessi solo te, e ti dimostra ogni giorno la sua fedeltà nei tuoi confronti, allora non dovresti temere nulla. Tu lo conosci: è davvero il tipo di ragazzo che ti metterebbe le corna? O che si prenderebbe gioco di te alle tue spalle? Io credo (e spero) proprio di no
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ilquadernodelgiallo · 3 years
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...ho capito che il relativismo è la realtà perché non lascia nulla fuori di sé e che la verità (possederla, assumere di possederla, far credere che essa sia univoca) è uno dei tanti modi di controllo e oppressione o, a voler essere più cauti - ma perché? -, è una funzione di quel sistema complesso che è il mondo in cui viviamo. [...] Il relativismo non implica che tutti i punti di vista siano uguali, ma che esistano. ___________________ Il ragionamento deduttivo ci libera dalla necessità di conoscere ogni cosa per esperienza diretta e ci accomuna regalandoci una grammatica. L'astrazione ci permette di riconoscere regolarità e somiglianze in cose e questioni distanti. La proporzione consente di intuire e rappresentare la vastità del mondo, valutare i rischi, riprodurre la regolarità o le irregolarità. Ragionamento deduttivo, astrazione e proporzione sono matematica. [...] Sottintende [il ragionamento deduttivo] una logica comune, come la prospettiva, e gli scacchi, che, per esempio, insegnano come senza accordo sui principi non è possibile nemmeno combattere, figuriamoci vivere. [...] La magia del ragionamento deduttivo, e la sua fallacia, sta nell'evidenza che, se parti da qualcosa che chiami verità o assioma ma che è solo un punto di vista (che pur non essendo molto, è abbastanza per costruire un mondo), puoi giungere dovunque. Perciò attenzione alle premesse. Ex falso quodlibet si dice in latino. [...] In matematica, grazie al ragionamento deduttivo, non esistono principi di autorità, ciascuno può ritrovare o ricavare un risultato da solo. La conoscenza è un processo ed è accessibile a tutti, non è il privilegio di una casta di principi o di preti. ____________________ I dubbi riguardavano la natura del quinto postulato [di Euclide: "in un piano, data una retta e un punto esterno alla retta, per il punto passa una e una sola parallela alla retta data"] (verità, conseguenza o preferenza?). [...] Saccheri [anni trenta del Settecento] procede per assurdo, suppone che la parallela non sia unica e comincia a ricostruire la geometria immaginando di imbattersi in patenti contraddizioni. Non ne trova alcuna, e nonostante la geometria, da lui costruita ammettendo come ipotesi la negazione del quinto postulato, sia coerente, non riesce a sottrarre valore di verità al sistema di Euclide. Tra i suoi occhi, il suo intelletto e la correttezza della dimostrazione, Saccheri sceglie Euclide. La verità assoluta, come dicevamo qualche pagina fa, è deresponsabilizzante. [...] Il quinto postulato è un'ipotesi: ogni volta che lo cambi viene fuori una geometria diversa. Esattamente ciò che aveva scoperto Saccheri, senza accorgersene. ___________________ Se infatti lo spazio non è assoluto, allora, forse, non le è nemmeno il tempo. ___________________ La geometria euclidea è l'unica talmente umana, vale la pena ribadirlo, da accordarsi alla nostra esperienza. ___________________ Sia ai due Boylai che a Lobačevskij si deve la concezione della matematica contemporanea secondo cui essa non è specificata e definita dai numeri o dagli enti geometrici ma dalle relazioni tra essi. ___________________ Come reagiremo a una verità senza il resto dei sensi? La matematica è l'unico linguaggio che mi viene in mente, l'unico esercizio in cui la verità  prescinde dal corpo, in cui il punto di vista prescinde dal corpo anche se non dal soggetto. La matematica - disciplina estremamente economica e sui tutti possiamo accedere perché si insegna nelle scuole di ogni ordine e grado - si rivela, a osservarla come prassi, e non solo come teoria, una forma di meditazione, di etica e un esercizio sulla verità in un mondo in cui il corpo è sottoposto a inedite limitazioni. Presenza, soggetto senza corpo. ___________________ La questione tuttavia è che l'istruzione è un processo orizzontale e collettiva, mentre la cultura è verticale e singolare. La cultura è una scelta individuale. ___________________ La matematica non è la scienza degli oggetti ma della relazione tra gli oggetti così come la grammatica è la scienza delle relazioni tra le parole. Perciò è importante conoscere la grammatica: senza grammatica non si costruiscono frasi con un senso comune tra chi parla e ascolta, non si minimizza un fraintendimento, connesso, ineludibile (così come l'errore nei calcoli) alla comunicazione tra esseri umani. E non si costruiscono storie. La matematica è, tra le discipline di manutenzione, quella grazie alla quale si capisce che solo gli ortodossi fanno la rivoluzione. ___________________ Tuttavia (avverbio che coniuga sconcerto e ragionevolezza), se l'istruzione viene data a compartimenti stagni, la cultura (dunque la proiezione dell'esperienza e la pratica dell'immaginazione) non ha compartimenti stagni... ___________________ Il problema della bicicletta con le ruote quadrate è esemplare perché sempre più spesso un concetto, per poter essere accolto, deve essere accompagnato da un evento. Anche a scuola. Alla manutenzione l'Italia preferisce l'inaugurazione (voce fuori campo di Leo Longanesi). Ecco, la scuola dovrebbe manutenere la cultura, dovrebbe ribadire che [...] le cose distanti possono essere simili e che le persone che ci paiono estranee (e non abbiamo lasciato attraccare sulle nostre coste, per esempio) invece ci assomigliano. ___________________ La matematica mi ha rafforzato chiarendomi i concetti di verità, contesto e approssimazione che, a rifletterci, oltre a essere questioni matematiche, sono questioni democratiche. ___________________ In due insiemi, due verità opposte. Mi pare un esempio convincente sul perché la verità (la soluzione di una equazione) dipenda dal contesto. E aggiungo che le verità umane somigliano alle verità matematiche. Sono tutte assolute, e tutte transeunti, dipendono dall'insieme in cui vengono enunciate, dal contesto. [...] La matematica insegna che le verità sono partecipate, per questo è una disciplina che non ammette principi di autorità. [...] Politicamente, una concetto di verità che sia assoluta, transeunte e collettiva sarebbe rasserenante in un clima politico avvelenato da false notizie, dichiarazioni mai verificate, affermazioni di singoli individui che dovrebbero essere cariche dello Stato. [...] La matematica è una disciplina che favorisce la diffusione della democrazia. Prima di tutto, un matematico non risponde mai al chi ma sempre al cosa [...] È una disciplina che non ammette principio di autorità giacché nessuno possiede la verità da solo, le verità sono asserzioni verificabili da chiunque, o se non da chiunque (alcune volte è difficile) almeno da un certo numero di persone. Inoltre la matematica è un linguaggio, una grammatica. Per discutere di matematica bisogna accettarne le regole. ____________________ Perché la pubblica amministrazione agisca è sufficiente un pericolo probabile. I due principi [di prevenzione e di precauzione] stabiliscono il necessario per limitare o eliminare il pericolo. Abbiamo assunto, io per prima, la ragionevolezza di queste limitazioni pur sapendo che esse andavano a intaccare libertà e valori essenziali in democrazia. Ragionevolmente, queste misure avranno una durata, tuttavia il confine tra protezione e controllo, anche in me che pensavo di avere strumenti culturali per distinguerli, si è fatto più incerto. [...] La differenza che passa tra protezione e controllo è la stessa che discrimina democrazia e dittatura. [...] Percepisce la distanza tra accettare e subire. La precauzione, e con essa il principio, si traduce, talvolta inconsciamente, nell'esistenza di paure prive di fondamento. E la democrazia è l'esatto contrario della paura. [...] È difficile rispettare le regole quando si è cresciuti con altre regole, ed  difficile capire quando e se quelle regole, da strumento di protezione si trasformano in strumento di controllo, fuori di noi, ma soprattutto dentro di noi. La scienza non avanza per certezze, ma per ipotesi: è verificabile. Le verità della scienza evolvono. E pensare agli scienziati come ai sacerdoti della soluzione o della guarigione è un modo di delegare la responsabilità politica. Oltre che di istituzionalizzare come scienza qualcosa che è il contrario della scienza: la certezza fideistica. [...] La democrazia è matematica, si basa su un sistema condiviso di regole continuamente negoziabili e continuamente verificabili. La democrazia, come il linguaggio, e tra i linguaggi la matematica, non è naturale, non un fiore che sboccia, è una costruzione culturale e dunque, in quanto tale, va continuamente ridiscussa, la democrazia non rinverdisce a primavera come certi alberi, bisogne sceglierla, come si sceglie il linguaggio. Dunque, dal punto di vista costitutivo, la matematica è il contrario della torre d'avorio, del castello, del tabernacolo, la matematica esercita al contesto e quindi a essere cittadini e rappresentanti dei cittadini. ____________________ L'incertezza è ineludibile. E così il nostro incarnare l'errore. Dovrebbe essere complicato costruire, attraverso gli esseri umani, un sistema di regole, convenzioni anche, comuni e trasmissibili. E invece è più semplice di quanto sembri se, all'ineffabilità degli stati d'animo con i quali prendiamo le decisioni, si sostituisce un modello di individuo che supponiamo non avere incertezze. [...] Così come il modello logico di individuo che andiamo costruendo non è affetto dalle incertezze decisionali che caratterizzano tutti. E dalle miserie da cui nessuno è immune. Attraverso questo individuo idealizzato e i suoi percorsi razionali, le suo scommesse, è possibile costruire un sistema logico indipendente dal colore politico e pure dai soldi. La logica si rivela così, grazie a questo cittadino modello, non una proprietà delle leggi del mondo e dell'universo, ma un'estensione del dominio del ragionamento. [...] Tuttavia è successo che nella nostra Repubblica alcuni individui abbiano scelto di aderire, e abbiano in effetti aderito, a una sorta di cittadino modello in base al quale agire. Adesso questo non succede, o accade assai più raramente, io credo, per mancanza di immaginazione. [...] Non rispettare la Costituzione [...] è un comportamento che può essere corretto studiano matematica, cioè prendendo confidenza con i sistemi nei quali per agire, muoversi, giudica e soprattutto convivere e comunicare bisogna imparare a rispettare alcune regole. [...] Studiare matematica significa esercitarsi a intravedere, supporre, immaginare regole che non riguardino un individuo o un oggetto, ma più individui e più oggetti e soprattutto le relazioni tra essi. Studiare matematica significa introiettare l'idea che le regole esistono e che anche quando - giustamente talvolta- si infrangono, vengono sostituite da un altro sistema di regole (non avere regole, per esempio, è ancora una regola). La cosa interessante da chiedersi nel definire le regole è: che modo disegneranno? ____________________ Il linguaggio non è un virus solo quando si parla di maldicenze, è un virus anche quando si parla di diffusione di informazioni. Ho imparato nei giorni passati un nuovo termine. Infodemia. Dalla Treccani: "Sostantivo femminile. Circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili". È possibile ammettere [...] che la vera infodemia abbia riguardato le modalità della comunicazione della contenzione, del confino, del "lockdown" e portato a un regime di irragionevole paura che ha, credo, rivelato, una volta di più, la cagionevolezza della nostra democrazia. Ci ha soprattutto condotto - di certo ha condotto me - a valutare la vita come mero sostentamento biologico. [...] L'uomo non coincide in alcun modo con la nuda vita dell'uomo; né con la nuda vita in lui né con alcun altro dei suoi stati o proprietà, anzi nemmeno con l'unicità della sua persona fisica. La nuda vita è quella rispetto a cui tutti siamo eccedenti. [...] C'è una permanente eccedenza della persona rispetto all'insieme dei dati fisici e virtuali che la compongono. [...] Ecco, la vita singola e la vita collettiva godono di una superadditività che fa sì che nessuno di noi sia la mera somma dei propri dati biologici, giuridici, virtuali, ma sia qualcosa di più. La stessa democrazia è superadditiva, lo Stato è qualcosa di più rispetto all'azione congiunta di potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Questo qualcosa di più, per quanto riguarda i singoli esseri umani, penso sia la memoria e dunque la possibilità di fraintendimento e se non di fraintendimento, di interpretazione, di comprensione e dunque di perdono. Penso sia, in breve, il linguaggio. Il linguaggio ci rende non riducibili alle nostre caratteristiche e informazioni biologiche, genetiche e tecnologiche perché permette di raccontare. E raccontando di creare versioni. ___________________ Come tutti gli intransigenti, gli orgogliosi, i fortunati mi sono accorta d'improvviso della differenza tra il corpo esposto e rivendicato dalle donne come luogo di arte e di lotta e il corpo delle donne esposto come fosse vuoto. E per sempre giovane. [...] E così lo so, che la cosa più difficile è usare parole e modi che sono appartenuti storicamente e statisticamente agli uomini per contribuire a disegnare un modo che sia anche a forma e contenuto di donna. È difficile risemantizzare - verbo utilizzato a questo proposito e direi incarnato dalla scrittrice Michela Murgia -, risemantizzare parole e modi. [...]  Una democrazia nella quale i rappresentanti eletti o i leader politici esibiscono il privato, la sfera sentimentale o emotiva mentre sono nel pieno delle loro funzioni (o lo fanno supporre) è una democrazia che trova possibile legiferare sulla vita privata e sulla sfera emotiva dei cittadini. [...] E mi coglie tristezza infinita perché capisco che queste comunicazioni non solo non contribuiscono al dibattito, ma lo impediscono. E so che io - come tutti - ho bisogno di risposte ai problemi, non di minacce, ho bisogno [...] di un po' di prospettiva. Perché la fiducia è l'unica vera resistenza al presente, la fiducia è creativa. E per averla bisogna avere idee e dismettere i miti di morte (fine della storia, fine del futuro, fine del mondo), e tentare approssimazioni. [...] Intrattenere prima che formare, Intrattenere. Altrimenti si annoiano. [...] Il lettore, come chi studia matematica e in generale chi studia, è capace di stare da solo. Chi sta da solo è politicamente complesso perché non deve essere intrattenuto. Chi sta da solo si intrattiene da solo, con i propri modi e i propri tempi, sfugge alla dittatura. La dittatura dell'intrattenimento è un'altra forma di negazione del tempo (come prigionia, tortura, persecuzione).  [...] ...non tutti i dubbi hanno la medesima natura: quelli che sorgono dalla poca conoscenza delle regole del sistema non sono quelli che nascono giocando con le regole del sistema. [...] Essere buoni o esercitare la democrazia è più complesso, è un percorso di interpretazioni, contrattazioni e indecisioni. La bontà, la matematica e la democrazia sono fenomeni che contengono in sé le relazioni e tutte le complicazioni a esse annesse. ___________________ Quando il tempo si accumula, non passa, perciò certe volte, durante il giorno e nonostante la luce, non so che ora è. Il tempo mi sovrasta, e tutto il futuro diventa presente. Una torre di presente. Motivo per cui credo che cambierà ciò che è già cambiato. Quando il futuro riprenderà, non so come, avremo da smaltire moltissimo presente. [...] E dunque, essendo cambiato l'insieme nel quale ci muoviamo, non possiamo avere le stesse soluzioni agli stessi problemi. [...] E pensare che il proprio modo di vita e di consumo non sia l'unico può essere un principio di soluzione. [...] La soluzione non esiste in sé, ma dipende dalle condizioni al contorno. Valutare le condizioni al contorno significa capire le caratteristiche dell'insieme, del mondo, in cui agiamo. In base a quelle caratteristiche una stessa equazione può ammettere o non ammettere soluzioni. [....] In Italia, stiamo chiedendo al nostro sistema sanitario ciò che abbiamo chiesto, a partire dalla fine degli anni Novanta, alla scuola pubblica: sopperire all'educazione sentimentale ottenuta grazie e nonostante la famiglia, ai pomeriggi organizzati dalla chiesa, dai partiti politici o dal sindacato. E non lo chiediamo all'istruzione che è acefala, ma ai medici (talvolta senza mascherina), come lo abbiamo chiesto ai professori. [...] La sovrapproduzione è una rivoluzione industriale e non esistono rivoluzioni industriali che non mietano vittime (voce fuori campo di Anna Nadotti, traduttrice). Godere della sovrapproduzione, disinteressarsi della stagionalità delle verdure, della provenienza di pesce e carne, pensare che la sete di conoscenza e l'aver studiato diano il diritto a viaggi low cost sottovalutando l'impatto ambientale è stato macchiarsi di una colpa che ha lasciato segni indelebili sulle mani? [...] Succederà domani, quello che è già successo oggi. Le cose accadono quando le accettiamo, e le accettiamo o non le accettiamo, quando ci riguardano. Accetteremo che le nostre libertà personali valgano quanto quelle della nostra comunità. Che a qualsiasi ordine di grandezza - singolo essere umano, condominio, quartiere, città, nazione, mondo - il valore delle libertà individuali sia pari a quello delle comunità. [...] Se l'insieme degli errori e dei sentimenti umani è frattale, può esserlo anche quello delle nostre libertà? E se lo è quello delle nostre libertà, può esserlo che quello delle economie?
Chiara Valerio, La matematica è politica
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puree-go-blog · 5 years
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Parlando di relazioni umane devo dire che ho una bella fetta di esperienza, non tanto per la quantità ma per la qualità anche se molto spesso non riesco a capire se la bipolare sia io o gli altri.
In qualsiasi caso l’unica cosa che so davvero, ma davvero davvero l’ho imparata, è che quando sente qualcosa uno dovrebbe dirlo. Così, de botto, come n’esplosione. Nel bene o nel male, mal che vada si raccoglie i cocci che tanto la vita è na merda continua, ma secondo i giapponesi se ripari con l’oro il pezzo acquista un valore aggiuntivo, tipo un potenziamento nanico pe intendessi, oppure elfico che vale na cifra (ma i nani so più bravi).
Perdiamo una grossissima fetta della nostra vita dietro stronzate senza senso. Evitiamo di fare questo o quello, ci sentiamo in colpa, lasciamo andare via persone, sentiamo mancanze, evitiamo i mi manchi, evitiamo di stringere relazioni profonde perché sia mai che qualcuno entri nel nostro piccolo strano mondo e ci devasti. O ci renda felice, tanto le opzioni so sempre due.
Io nella vita un c’ho capito un cazzo eh, ma proprio nulla, però du cose l’ho capite: non posso fa la stronza, non me riesce. Finisco per fa un bordello bestia e non capicce più un cazzo manco io. Non posso nemmeno continuare a scappare da tutto quanto, perché ci sono anche persone che valgono la pena. E perché poi comunque me ne pento e ci sto de merda. Non posso più lasciare che il mio passato influisca sul mio presente, ma non ho più voglia nemmeno di aspettare. In linea generale nessuno dovrebbe farlo. Se una persona vuole perderti è giusto che lo faccia, se ti vuole con se è giusto che tu dia tutto il meglio. In linea generale, scappa da tutte le persone che credono che tu sia un gioco, un trofeo, un passatempo o che tu non sia abbastanza. Ma proprio corri come se c’avessi dietro Salvini che te vole abbraccià. Forte. Fortissimo. Lontano, prendi pure la barca con Carola e attraversa i sette mari se puoi.
E per il resto, non amare mai come se avessi tutto il tempo del mondo, ma ama sempre come se il mondo dovesse finire domani. Te stesso, la vita, gli altri. Perché è quella la maniera giusta di amare.
Vorrei dare la colpa a questi trent’anni che incombono e mi fanno diventare matura, ma la verità è che è solo colpa dell’alcool.
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paoloxl · 5 years
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Dal Tavolo Antisessismo Nei Movimenti:
Ormai più di un anno fa, in Umbria, mi sono ritrovata in un rapporto sessuale in un momento in cui ero completamente sbronza. Solo dopo mesi e mesi di inferno sono riuscita a riconoscere quell’episodio per quello che era: una violenza sessuale. Si è trattato di uno stupro molto vischioso da riconoscere perché perpetuato da un compagno anarchico che conoscevo da 16 anni, con il quale avevo condiviso affetti, lotte, fiducia ma soprattutto un progetto politico.
Già era capitato di dormire nello stesso letto sia solo noi che con altre persone a casa mia (ho una stanza in affitto fuori dall’Umbria) e sapeva che da parte mia non c’era disponibilità sessuale nei suoi confronti. Ma quando è stato lui ad ospitare me, come già ci eravamo accordati per non tornare al mio paese umbro da bevuta che erano giornate di festa, le cose sono andate diversamente. Si tratta del classico copione di stupro di quando lei è molto ubriaca (mi ha svegliata dal collasso post-vomito) e lui si approfitta viscidamente per fare sesso. E senza preservativo. Ho scritto una lettera rispetto a questo episodio con analisi e richieste. Ero certa che fosse chiaro ed evidente che se ero così ubriaca non poteva esserci consenso e che quell’atto sessuale era un umiliante atto di dominio. Ma le cose sono andate di male in peggio. La violenza sessuale non è stata riconosciuta. Sono stata processata, insultata e minacciata. Ancora una volta la linea di difesa adottata per proteggere chi stupra è stata quella di screditare la persona che si ritrova violentata. Sono state dette e si diranno cose orribili. Ancora una volta la reputazione di un maschio è più importante della vita di una femmina. Di fatto sono stata tagliata fuori dal branco. Poco male. Non possono essere mie compagne e compagni chi commette violenza sessuale, chi ancora non ha ben chiaro che se lei è ubriaca vuol dire semplicemente no, chi sceglie di stare dalla parte di chi abusa e contro chi denuncia (informalmente) l’abuso.
Il patriarcato picchia forte proprio laddove non te lo aspetti, e infatti mai avrei pensato che mi sarebbe potuto succedere una cosa del genere proprio in ambito anarchico. Scrivo queste righe per due motivi. Il primo è per rompere il circolo vizioso di omertà che regge la cultura dello stupro, conseguenza necessaria della sessualità patriarcale che erotizza e sessualizza il potere. Fare finta di niente rispetto a una violenza sessuale significa rendere questi comportamenti sempre più praticabili, e sarà sempre più difficile reagire e addirittura “vedere” uno stupro. Saranno sempre più le persone che potranno subire una violenza sessuale e che si sentiranno costrette a far finta di niente. Saranno sempre più le persone che praticano violenza sessuale e che quindi avranno qualche scheletro nell’armadio da nascondere e preferiranno essere solidali e complici nella cultura dello stupro. Il secondo motivo è perché amo l’anarchia come progetto politico, e spero che parlare di queste cose sia un contributo per fare della lotta anarchica qualcosa di rivoluzionario e non reazionario.
Mi sono illusa che l’ideale anarchico portasse con sé la messa in discussione reale di qualsiasi forma di potere. Ma questa è stata un’ingenuità che ho pagato a caro prezzo. Non si può pensare di distruggere il potere senza fare ferocemente i conti con il patriarcato, un potere oggettivo che fonda la famiglia, l’accumulo, il capitalismo e lo Stato e che si basa sulla cultura dello stupro. E questi conti si fanno nell’azione e nella teoria. Negli episodi di stupro o di qualsiasi violenza sessuale sarebbe già qualcosa se si agisse prendendo una posizione politica contro chi commette queste cose, sovvertendo la tradizionale solidarietà patriarcale. Quella notte, prima di essere un’”individualità”, una compagna, un’amica non eterosessuale, sono stata una femmina e come tale questo anarchico si è sentito in potere di permettersi di fare sesso con me che ero sbronza, cioè senza che ci fossi veramente anch’io. Le definizioni e i concetti credo siano utili se servono ad una liberazione. Se il concetto d’”individualità” serve per omettere dei nodi reali di potere quali, ad esempio, la classe sociale, la questione dei generi, ecc…, rischia di negare un’oppressione reale e non serve all’oppresso ma all’oppressore. La femmina, fin dagli albori del patriarcato, è stata considerata una proprietà privata del maschio. E dunque la relazione maschio-femmina non è un rapporto umano, ma un rapporto di proprietà che nega alla femmina la propria autodeterminazione e il proprio desiderio. Ancora oggi il consenso sessuale femminile è prerogativa del maschio.
Se frequentavo questo gruppo di persone era per affinità politica. Tuttavia ho vissuto sulla mia pelle come dietro un gruppo politico possa nascondersi la riproduzione di dinamiche da clan o familiari più che politiche. La famiglia è esattamente il nucleo che perpetua e genera il patriarcato, tramite una prole partorita dalla madre e a cui viene insegnato il nome e la legge del padre. A sua volta la prole metterà su famiglia, e così via, per millenni (ma non da sempre né per sempre, siamo animali storici). Le relazioni umane che si allacciano a partire dalla condivisione di un progetto politico sono politiche. La differenza tra fare sesso e stuprare e la differenza tra libertà e potere partono dalla stessa questione: il rapporto dialettico tra sé e l’altr*. Il potere sminuisce l’altro come soggetto fino a oggettificarlo. Nondimeno un’affinità che perde il suo connotato politico corre il rischio di basarsi su un riconoscimento dell’altro perché uguale a sé. In entrambi i casi l’Altr* è negato come soggetto, che invece sarà sempre irriducibilmente “altro” da se stessi. Una relazione liberata probabilmente non è una relazione risolta e piena di risposte, ma una relazione che si fa carico della domanda sempre aperta verso l’Altr*. Nel clan e nella famiglia tutti gli elementi si riconoscono uguali in virtù della condivisione dello stesso “sangue” e della stessa legge del maschio o di chi ne fa le veci.
Questo sangue e questa legge si reggono a partire dallo sfruttamento della forza lavoro e del corpo delle femmine, la prima “classe” di oppressi. Il retaggio familiare nella militanza politica si può riflettere sia nella lotta in tutte le sue fasi e forme che nella relazione umana tra le varie compagne e compagni. Decidere di fare sesso con una femmina molto ubriaca è un atto politico. Patriarcale; reazionario. Portare a galla questi episodi è sempre destabilizzante per una famiglia, la quale si sentirà tradita non dal loro “patriarca” ma dalla persona che rifiuta queste dinamiche patriarcali. A monte c’è l’idea che una persona femmina vale meno di una persona maschio ed è “normale” sfruttare le sue risorse e il suo corpo; è un soggetto politico meno importante. Un gruppo politico realmente rivoluzionario e con relazioni umane alla pari prenderebbe le dovute misure politiche rispetto a chi riproduce dinamiche di oppressione. Tuttavia non posso pensare di chiedere e delegare la distruzione del patriarcato a chi gode dei privilegi che il patriarcato gli offre. E questo credo valga per ogni forma di oppressione, sebbene la solidarietà e la complicità siano uno strumento di lotta irrinunciabile tra oppresse e oppressi. Se anche all’interno dell’”avanguardia anarchica” è “normale” fare sesso con una persona non lucida in quanto femmina, e se la sessualità del maschio è più importante di qualsiasi persona, lotta, amicizia e fiducia, è chiaro che il femminismo è un’oggettiva necessità storica per un progetto politico rivoluzionario anarchico.
Una persona che è capace di una cosa del genere e che preferisce poi mantenere pulita la propria reputazione borghese invece di mettersi realmente in discussione, è una persona pericolosa per le femmine. Quindi il suo nome sta già girando a livello informale in circuiti femministi come autotutela. Se dovessi incontrare questa persona in momenti di lotta, non esiterò a manifestare il mio disprezzo. Citando a memoria una grande scrittrice, “è degno di nota che tanto più le donne mangiano merda tanto più saranno stimate dagli uomini”. Fortunatamente non mi interessa della stima di nessuno e della mia reputazione mi ci pulisco il culo. Continuo nel mio percorso di lotta femminista, anarchica, di classe e internazionalista, nella mia vita personale e nelle lotte condivise, quando amo e quando odio. Con il tempo valuterò come regolare il conto in sospeso con questo maschio di merda. Per chi è arrivat* fin qui, grazie per l’attenzione.
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aurelia4you · 3 years
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Aurelia e il suo Entanglement
Sono le 2.30 del mattino suona la sveglia, oramai mi sono quasi abituata a questo orario folle, dato il fuso orario da qualche altra parte del mondo ci sarà qualcun altro a fumare come me, è diventato un piacere, una quasi abitudine, l'aria è veramente fresca, un lungo viale alberato, un percorso in autobus, la luce del sole, il colore del miele caldo, aspiro profondamente la sigaretta, mi rilasso finalmente, mio nonno era abituato a fumare dalle quaranta alle sessanta sigarette, probabilmente un pòc troppe per me. La mia mattina comincia cosi, ogni mattina il solito appuntamento con te, è un quasi piacere, mi vieni in mente te anche se non vorrei, quest'anno sei tu il mio pensiero, il mio chiodo fisso assieme al lavoro che devo fare, seguo un blog di letteratura erotica durante la settimana, mentre il fine settimana lo dedico ad uno dei miei autori preferiti, mi sono iscritta ad un Master su Gabriel Garcia Marquez, Cent'anni di Solitudine, semmai una persona raggiungerà mai quell'età a quelle condizioni, una solitudine interna, malinconica, un ricordo costante, erotico, il piacere dato dai sensi, e tu per sempre cosi, in ogni tiro di fumo ci sei tu, la mia t-shirt, senza reggiseno, i miei shorts, le scarpe da ginnastica ed i calzini a pois rosa, ci sei tu, sei arrivato quest'anno, e cosi ritorno indietro con la mia memoria dove mai avrei potuto incontrarti, uno dei miei soliti lavori saltuari quelli a breve termine, per essere chiari il determinato, mi viene soltanto in mente Vicenza, un centro commerciale fantasmagorico, Centro Commerciale Palladio e il negozio multicolore dove io e le colleghe abbiamo lavorato per circa sei mesi, ognuna di noi con il proprio cartellino, il mio era rosa con la scritta del mio nome in blu, Aurelia, me lo sono tenuto come ricordo, ma io di te non ho nessuna traccia, qualche sospetto ma niente di più, sicuramente una forte allergia acquisita che a distanza di tempo me la porto ancora dietro. Probabilmente sei stato uno di quei clienti, che ha acquistato il regalo per la propria fidanzata, tipo una matita colorata oppure la calamita da mettere sul frigo, faccio fatica ad immaginarti a pensare a te come a un qualcosa di concreto, mi piacerebbe soltanto averti tra le mie braccia, l'odore di zucchero filato, sussurrarti all'orecchio di amarti, che sei sempre rimasto sveglio e niente di più, infilare le mie dita tra i tuoi capelli e sentirne l'odore, accarezzarti dolcemente, ma di te nessun ricordo. Difficilmente riesco a mettere insieme il puzzle, qualcosa mi sfugge sempre, un groviglio di fili un perfetto entanglement, sono di nuovo agitata e nervosa, ti si sente nell'aria, il mio lavoro mi impegna parecchio, non ho tempo per le relazioni umane, ho il cervello sempre attivo da altri pensieri, è impossibile trovare una stabilità cosi da diversi anni, siamo stanche il lavoro c'è sempre, una resistenza e costanza data dalla certezza che prima o poi cederai, mi lascerai, il punto è sempre questo fino a dove ti spingerai. Sei arrivato di nuovo nella mia vita dopo cosi tanto tempo, quello che ti posso dire è che nonostante tutto puoi stare ancora con me, puoi accarezzarmi, sentirmi ancora. Io e le colleghe abbiamo poi lasciato il Centro Commerciale è stata un esperienza di lavoro divertente, tanti clienti, tanta gente, il mio pensiero in ogni caso ritorna a te. Ho ancora la sigaretta in bocca mentre penso a te, la mia giornata continuerà con il mio blog erotico ho diversa corrispondenza elettronica da controllare, ci sono un paio di lettori molto interessanti, quello che devo fare io è leggere i loro racconti e poi pubblicarli, quando mi rimane del tempo seguo anche le telefonate erotiche, ma è un aspetto del blog che preferisco lasciare alle ragazze, ci sono un paio di studentesse di Conservazione dei Beni Culturali che prendono tutte le telefonate, perfettamente organizzate, tra lezioni e blog riescono a fare tutto, si arrotonda cosi a fine mese. Noi ci troviamo al settimo piano di una Palazzina in via Armando Nugnez, è una struttura antica, l'ascensore non funziona sempre, ogni tanto ci capita di rimanere bloccate. Rido mentre penso a questo, apro la porta del Palazzo dove abito e comincio a fare le scale, mi fa bene alle gambe ci vuole un po prima di arrivare in alto, quando arrivo sono un po stanca, apro la porta, vado direttamente in cucina mi preparo le mie due arance, mi accendo ancora una sigaretta e organizzo la mia giornata, decido di dormire ancora un pò. Punto la sveglia alle 7:30 del mattino, in casa siamo in cinque, due studentesse e tre lavoratori, la casa è veramente grande, io ho la stanza singola, una vetrata che da direttamente su una corte interna, un letto matrimoniale, un ampio tavolo dove si trova il mio computer vitale, posso perdere tutto ma non il computer, all'interno di quella scatoletta si trova tutto, il mio lavoro, corrispondenza elettronica, contatti, dati ed info, foto e ricordi, un perfetto bagaglio culturale. lo custodisco con gelosia potrei assicurarlo ma alla sola idea folle ci ripenso. Al mio risveglio ho ancora il cervello attivo, di nuovo te, vado direttamente in bagno e mi faccio una doccia calda, colazione al bar oramai è una tradizione, come arrivo al lavoro trovo Carlotta già attiva è arrivata alle sei del mattino, le telefonate erotiche si organizzano il giorno prima pe il giorno dopo, i nostri clienti si sono affezionati vogliono la sveglia calda, abbiamo la macchinetta del caffè, e le brioche quelle appena sfornate, Carlotta ha una voce suadente, diretta e schietta sa fare bene le telefonate, corsi di dizione, non ci sono errori quando parla, li sento i clienti sono sempre contenti, le telefonate le preferisco brevi, non vorrei mai ritrovarmeli sotto la Palazzina con un mazzo di rose, la saluto con un gran sorriso e le dico: mi raccomando il massimo del risultato con il minimo dello sforzo, a quelle parole scoppia a ridere e continua a stare al telefono con il suo cliente, credo che li cambi ogni giorno, ha un ottima dialettica, li piglia subito, una scioltezza e prontezza impressionanti, le altre ragazze arriveranno più tardi anche loro con i loro appuntamenti, si parla di tutto al telefono, credo che potrei scrivere un libro, abbiamo tutte quante un contratto a breve termine, ci piace il lavoro e ce lo vogliamo tenere quindi ci impegniamo tutte quante, la paga è ottima e abbiamo anche le commissioni, evitiamo gli incontri diretti, anche se qualche volta la curiosità aveva preso piede, abbiamo sempre evitato l'ostacolo, troppi pensieri per la testa, troppi impegni, il moto della giornata è: "when the going gets tough, the tough gets going", l'impegno durante la settimana è notevole tra lezioni all'università e le telefonate, io seguo il blog ed i racconti da pubblicare di norma chiudo alle sei del pomeriggio la mia giornata comincia alle 8.30 no stop. Tanti racconti, molti da cestinare, di norma ricevo ogni giorno dalle cinquanta alle sessanta email, la mia tecnica di selezione è easy, titolo del racconto e il breve curriculum vitae che mi viene allegato, spesso ci sono gli improvvisati, una terza media scarsa, i nostri lettori sono onesti ci dicono sempre quello che pensano, per loro siamo le "Maialine" buttano dentro di tutto, dalle maialate più assurde ad un Marchese di Sade "spento", di norma pubblico quello che è un corretto italiano facendo delle piccole correzioni senza alterarne il significato, ciò che raccontano è un esperienza di vita che io personalmente "detesto" oppure i racconti di fantasia i miei preferiti, tra i miei lettori ce ne uno che ogni settimana mi manda i suoi racconti in modo metodico di norma li pubblico tutti, ottima dialettica e fantasia, di lui abbiamo soltanto la posta elettronica e un nome assurdo "Fagiolino" sono rimasta a bocca aperta quando ho letto il primo racconto, la storia di una studentessa universitaria alle prese con una sorella schizofrenica da curare, l'amico di letto sempre presente e un amore indescrivibile per Pablo Neruda, il racconto è lungo tre fogli A4 circa, viene raccontata la vita rocambolesca di Amelia, il finale opinabile, io direi un finale aperto, lo si lascia immaginare al lettore, questo è soltanto uno dei racconti. Mi sono accorta che ogni settimana il giovedi o il venerdi ricevo "Fagiolino" nella mia posta elettronica, soltanto cara Aurelia, ecco il racconto e poi la firma, è cosi da almeno sei mesi, come dicevo oltre alla posta elettronica seguo anche le telefonate i clienti sono interessanti in modo particolare quello delle quattro del pomeriggio di mercoledi, hanno l'abitudine di segnare un orario e il giorno, spesso vogliono sempre la stessa interlocutrice anche se io non sarei molto d'accordo, il moto è sempre lo stesso il massimo del risultato con il minimo dello sforzo, tanta allegria, e tra le ragazze ci si mette d'accordo per scambiarsi i clienti, in modo che la conversazione rimanga sempre viva, input nuovi e diversi, la monotonia spegne ogni cosa, la routine, questo vale anche nel nostro lavoro. Ritorniamo al nostro cliente quello di mercoledi, quattro del pomeriggio è ormai un mese che mi segue, acquista anche i nostri prodotti online, di norma mi capita sempre di sentirlo, seguo come sempre la regola di passarlo alle altre ragazze. Tutte le nostre conversazioni sono registrate, ci serve anche per capire dove dobbiamo migliorare, niente è a caso, ognuna di noi ha un ottima padronanza della lingua italiana, è un lavoro come un altro, siamo informate su tutto, gossipare al massimo, fashion, politica, cucina, sport, ci sono poi gli argomenti preferiti, per quanto riguarda il cliente del mercoledi, sopranominato "Pisellino" ha una figlia di nove anni si chiama Elizabeth, lui invece ne ha 42 di anni, di lavoro fa il militare, semplice recluta, missioni speciali in Siria, è americano di Houston, ha viaggiato tanto nella sua vita, mamma e papà non ci sono più, era sposato e anche lei non c'è più, un pizzico di malinconia nelle sue parole nella sua voce calda, io lo faccio come lavoro quello di ascoltare gli altri niente di personale, dato il mestiere che fa credo che non abbia molto tempo per le relazioni personali, quindi non c'è niente di meglio del blog erotico letterario la Vispa Teresa, un gruppo affiatato di studentesse universitarie alle prese con le fantasie erotiche dei maschietti. Pisellino è sincero sa quello che vuole e come ottenerlo, è sicuro di sè, dei suoi pensieri, va liscio come l'olio tra il cervello e la bocca non c'è alcun filtro, ti dice quello che pensa, un carro armato, una mitraglia di parole. Le sue telefonate hanno una durata media che va dai trenta ai quarantacinque minuti, mi racconta dei suoi viaggi di come è lui, si parla di sesso e di quello che gli piace fare, sono convinta che non l'abbia fatto a parte con la sua ex ragazza o consorte, un uomo tutto di un pezzo. Sono sconvolta nel sentirlo parlare, per lavoro siamo obbligate ad ascoltare, ma se dovessi dare una definizione logica e pratica di pisellino, lo definirei come uno psicopatico dell'amore, è una linea continua, fedele a senso unico, mi chiedo come fosse la sua ex, Pisellino mi ha inviato le sue foto, palestrato, alto un metro e novanta per ottanta chili di peso, biondissimo, entrambe le braccia tatuate, tra le altre cose sul braccio sinistro troneggia una scritta, YOU, probabilmente intenderà la sua ex, un bel modo per ricordare chi ami, insomma un uomo dalle mille risorse. E' sempre puntuale, infatti fra pochi minuti partirà la telefonata, oramai mi sono preparata con la mia tazza di caffe ed i biscotti al cioccolato, sono seduta alla mia scrivania, di fronte al pc, il mio telefono a forma di muccarela, bianca con le chiazze nere, a volte quando sono al telefono devo stare attenta a non ridere, la visione della mu smorza determinate situazioni, non facciamo mai le video chiamate, evitiamo di farci vedere per vari motivi, a volte ci si sveglia con i brufoli o con le occhiaie fin sotto l'ombelico, ci basta la voce e il caffe. La visuale dell'altro sarebbe troppo anche per noi, passiamo troppo tempo sui libri, il make up da maiale alle sei del mattino sarebbe una mission impossible, oppure quando abbiamo i turni di notte, di norma kebab e una birra, per chiudere in bellezza la Maria è sempre a portata di mano, mentre penso a questo squilla il telefono è proprio lui Pisellino, lo saluto, gli dico: come va? mi risponde ridendo: bene, sono sempre puntuale al mio appuntamento, posso raccontarti la mia vita, quello che sono senza problemi. Sei la mia amica, la mia amante, la ragione della mia vita. Sei quella parte di me che non posso dimenticare, come dire, non mi lasciare, perchè io non ti lascerò mai per nessuna ragione, sei quello che compensa la mia esistenza, quel desiderio di essere rassicurati sempre, sei la mia droga quotidiana, non c'è giorno che io non pensi a te, sempre. Sono sempre io a cedere con dolcezza, gli dico: di sicuro io e te potremmo stare insieme raccontarci tutto, ma piuttosto quello che ti voglio chiedere è questo: come ti piacerebbe farlo, da circa un mese parliamo di quello che facciamo, con chi usciamo quello che mangiamo, i film, musica teatro, piuttosto raccontami delle tue fantasie erotiche, quello che ti piacerebbe fare. E' a questo punto che Pisellino si ritira come un riccio, le sue fantasie sono al limite, non ci sono, credo che sia dovuto al lavoro che fa, oppure al tempo che non c'è, una figlia da sistemare. Lui mi risponde dicendomi: quello che mi piacerebbe è avere te, qui di fianco a me, accarezzarti dolcemente, dirti che ti amo, e che mi basta questo per il momento, quando non sarà più sufficiente te lo farò sapere per tempo. Sono dall'altra parte del telefono, il suono della sua voce, il caldo del suono, mi dicono soltanto che sa quello che vuole, leggendo tra le sue parole, sono come lui mi immagina, alta un metro e settantacinque, magra, capelli biondi, dei lineamenti semplici, senza niente di particolare, una perfetta vichinga, schietta e diretta, niente di complicato a livello mentale, la tipa da pop corn del sabato sera. Cosi mi ha immaginata e cosi mi sono sempre descritta, offrire al cliente sempre quello che vuole, e mai contradirlo le telefonate hanno il loro costo. Continua a raccontarmi di lui, credo che per arrivare ad una dichiarazione sessuale diretta ci vorrà ancora del tempo. La nostra telefonata si conclude dopo mezz'ora circa, mi preparo la mia sigaretta, me la fumo con calma, Aurelia che sono io, sono alta un metro e settanta, ho le braccia da scaricatore di porto, anni di nuoto hanno modellato la mia schiena, potrei spostare un armadio senza nessun problema, mi muovo come un serpente nel mio pensiero, continuo a fumare, tiro le mie conclusioni, pisellino prima o poi morirà in una delle sue missioni è solo una questione di tempo, oppure farà ritorno a casa negli States è un punto di domanda, quello che non riesco ancora a capire è se le nostre telefonate avranno un seguito, diventeranno quasi un abitudine, tiro ancora, io a differenza della vichinga semplice e bionda, ho i capelli castano scuro corti, labbra carnose, adoro il sesso, mi piace fumare, complessa a livello mentale, in questo momento mi farebbe comodo la Maria, un ultimo pensiero lo dedico ancora a lui, non potrebbe mai funzionare, sono testarda e determinata, le telefonate prima o pi si concluderanno, dagli States costa troppo chiamare è una logica semplice, mentre penso a questo rido, la verità è che Pisellino si affezionerà e per uno strano motivo sarò la sua metà on line, speriamo soltanto che la mu smorzi le nostre telefonate.
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susieporta · 2 years
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IL TAVOLO COME ANALOGIA DEI TRE CENTRI DELL'UOMO
Un tavolo non si regge in piedi con una sola gamba...
L'essere umano non si regge in piedi sviluppando o sistemando un solo lato della sua vita interiore: solamente l'intelletto, solamente le emozioni e i sentimenti, solamente il corpo e gli istinti, solamente la sua componente sottile spirituale.
Lo sviluppo interiore dovrebbe procedere in tutte le direzioni, prima interiore, poi esteriore, riguardo tutte le qualità e caratteristiche umane e spirituali.
Per capirci...
- È facile 'compensare' le difficoltà nelle relazioni d'amore buttandosi nel lavoro, nel successo e nel fare i soldi.
- È facile 'compensare' le difficoltà nel mantenersi un lavoro e guadagnare bene attaccandosi a qualcuno, pensando solo alla famiglia, all'amore e alla relazione.
- È facile buttarsi a capofitto nel cibo, nell'alcol, nel divertimento e nelle spese pazze per fuggire dal proprio vuoto interiore e dal senso del fallimento.
- È facile buttarsi nella spiritualità perché non si è capaci di gestire se stessi e la propria vita sul piano materiale, a volte semplice pigrizia.
Arrivare ad una condizione di BENESSERE TOTALE è una questione di lavorare in maniera OLISTICA INTEGRATA su ogni nostra parte nessuna esclusa
Ogni nostra parte è connessa a tutte quante le altre, e se vai a lavorare su una parte, pur sapendo cosa fare, poi, dovrai armonizzare anche le altre parti in relazione alla prima per il principio dell'interdipendenza.
Non a caso si parla di SVILUPPO ARMONICO INTEGRATO DELL'ESSERE UMANO e non di un lato soltanto, quello che più ci piace o più ci interessa.
Una qualità, da sola, senza lo sviluppo delle altre qualità, questo costituirà un problema perché saremo squilibrati come un tavolo che tenterà di reggersi su una sola gamba.
Ogni 'caratteristica' e 'qualità' ha un suo posto ed una sua funzione per quanto riguardo l'intero, ed ha la funzione di mantenere il corretto equilibrio della macchina biologica umana.
Il minimo possibile per un tavolo, per potersi definire tavolo, è quello di possedere tre gambe della stessa identica lunghezza, altrimenti avremo un piano inclinato dove qualunque cosa ci appoggi, finirà per terra: sarà inaffidabile, squilibrato e disfunzionale come tavolo.
Lo stesso vale anche per l'essere umano quando tenta di realizzare qualcosa nel mondo o nel campo delle relazioni interpersonali senza aver prima ripulito, liberato, armonizzato e sviluppato i suoi centri, energie, funzioni e stato di coscienza.
Molte persone sono condizionate a credere che sistemando un certo loro problema, poi, tutta la loro vita andrà a meraviglia.
Purtroppo non è così che funziona, e sono in molti a cascare in questo tranello.
Molte persone si avvicinano ad una Via con una lista della della spesa chiedendo di lavorare su questo, su quello, un pochino su quest'altro, mentre su questo e quello non serve.
Ponendosi in questa maniera, è chiaro che non hanno idea di come "funziona" il mondo interiore dell'uomo: centri psichici; energie grossolane, sottili e molto sottili; funzioni; caratteristiche; automatismi; meccanismi di difesa e di compensazione; debolezze innate; blocchi energetici; nodi karmici; stati di coscienza...
Nella Via, l''unico lavoro serio possibile è quello completo, armonico ed integrato, basato su un'insegnamento ed un metodo oggettivo.
È facile creare un "mostro" prendendo un pezzo di qua ed un pezzo di là tentando di ricucire il tutto a casaccio... avremo un qualcosa che assomiglierà di più ad un Frankenstein che ad un essere umano armonico ed equilibrato.
Il miglior investimento che un essere umano possa fare è quello di cominciare a lavorare su se stesso e riprendere in mano la sua vita.
Roberto Potocniak
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valeria-manzella · 3 years
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..Ma il Signore desidera con noi un rapporto d’amore..prima delle cose che riceviamo e facciamo, c’è Lui da amare..C’è una relazione con Lui che va oltre le logiche dell’interesse e del calcolo..Questo vale nei riguardi di Dio, ma vale anche nelle nostre relazioni umane e sociali..quando cerchiamo soprattutto il soddisfacimento dei nostri bisogni, rischiamo di usare le persone e di strumentalizzare le situazioni per i nostri scopi..Quante volte abbiamo sentito da una persona..Ma questa usa la gente e poi si dimentica..Usare le persone per il proprio profitto..è brutto questo..(Papa Francesco)..
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allmadamevrath-blog · 6 years
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Dizionario dell'esoterismo. Storia, simbologia, allegoria. Astrologia
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Dizionario dell'esoterismo. Storia, simbologia, allegoria
Astrologia
L'astrologia, o scienza degli astri, ha come principio l'unità regolatrice dell'uomo e del mondo. Essa ci introduce nella scienza sacra delle corrispondenze del micro e macrocosmo, e ci 'inizia' a riconoscere e a percepire le profonde analoge tra le forze emanate dai pianeti e le manifestazioni fisiche, affettive e intellettuali dell'uomo. Fin dalle origini caldee, babilonesi e in tutte le sue diverse espressioni cuulturali (cinese, indiana, azteca, peruviana) per arrivare al suo sviluppo islamico e occidentale, l'astrologia è al tempo stesso un ramo dell'antica saggezza e questa saggezza stessa.  L'unità e la profonda coerenza della tradizione esoterica fondano la corrispondenza assoluta di tutte le mantiche. Esse sottendono ogni arte divinatoria, ma soprattutto l'astrologia, che da questo punto di vista è un modello esemplare di Scienza Sacra. Ciò non toglie nulla alla specificità dell'astrologia, consistente nel rilevare le condizioni temporali dell'azione e le caratteristiche psicologiche, spirituali e fisiche della storia di un soggetto, oltre gli stessi cicli dell'umanità. Esistono livelli di applicazione della Scienza Sacra. La stessa astrologia ne rivela l'esigenza nelle sue diverse forme: giudiziaria, mondiale, cabalistica. Tutte però interferiscono in base alla legge analogica dell'essere. In virtù del suo carattere altamente iniziatico, l'astrologia sfugge per principio alle critiche sommarie della scienza meccanicistica. Le obiezioni abituali all'astrologia, riguardanti il suo punto di vista geocentrico, l'arbitrarietà della suddivisione dello Zodiaco in dodici segni zodiacali uguali, ciascuno di trenta gradi, il loro progressivo spostamento rispetto alle costellazioni in funzione della precessione degli equinozi... tutto ciò non tocca affatto la filosofia esoterica che la sottende, né confuta la validità delle sue ricerche. Il punto di vista adottato per descrivere i moti stellari interessa la situazione dell'uomo, senza nulla togliere alla precisione dei rilevamenti astronomici delle posizioni stellari. Le tavole caldee lo testimoniano, con la loro esattezza, che raggiunge l'ordine del minuto di arco. Gli astrologi hanno da tempo distinto due Zodiaci: il primo, stellare e mobile; il secondo, tropico e fisso. La precessione degli equinozi interessa il primo, non il secondo. <<Ariete comincia il 20 il 21 marzo, il segno dell'Ariete comincia il 13 aprile>>. L'atrofisica o cosmofisica, nei loro tentativi di spiegazioni fisicaliste, possono ben evidenziare l'influenza della Luna sulle maree, sulla vegetazione e sulla riproduzione, il rapporto tra eruzioni solari e cardiopatie, ma non si tratta che di riscontri e di punti di contatto parziali con l'astrologia, nulla di più. La cronofisiologica, la genetica cosmica non potranno mai dimostrare la pertinenza delle tesi astrologiche; l'intelligibilità delle prime continua a dipendere dai princìpi di spiegazione per contiguità spazio-temporale e per esteriorità reciproca delle parti, anche se le ricerche avanzate possono raggiungere gli insegnamenti delle scienze tradizionali. L'atrologia presuppone l'universo dei simboli, in esso trova le chiavi di intepretazione astrologica delle leggi macrocosmiche e microcosmiche delle scienze stesse. Essa è l'ermeneutica della concordanza edgli universi paralleli, e non dipende nè dalla statistica nè dalla sperimentazione, anche se queste ultime verificano parialmente la pertinenza delle sue applicazioni. L'astrologia resta in primo luogo una Scienza Sacra; i suoi criteri interpretativi si fondano sul simbolismo zodiacale e planetario che basa la sua pregnanza nei riguardi della vita degli uomini sulla sua esistenza archetipica. Lo steso vale per le 'dodici case', il cui significato va al di là tanto della ooncezione astronomica, quanto della contemplazione delle manifestazioni umane in dodici settori. Ogni interpretazione archeologica si muove su tre registri: i segni zodiacali, i pianeti con i loro aspetti (sestile, quadrato, opposizione, trigono, congiunzione) e le case. L'oroscopo, risulta da questa triplice relazione. Così nell'astrologia, si distinueranno, per la vita astrale il timbro (cioè secondo Omraan Michael Aivanhov, le caratteristiche di ciascun pianeta), l'altezza, cioè il segno zodiacale in cui il pianeta si trova e l'intensità, cioè la casa che determina la forza del pianeta. <<La situazione dei pianeti nei segni indica le qualità psichiche. La loro posizione nelle case indica il modo in cui l'uomo manifesterà le sue qualità sul piano fisico>>. Il significato delle posizioni dei pianeti nei segi è retto da un sistema, che consiste nell'attribuire a ogni pianeta uno o due segni preferenziali, nei quali i suoi poteri sono moltiplicati, esaltati. e uno dei due segni in cui invece sono indeboliti, 'in caduta'.  Le relazioni tra pianeti che possono essere conflittuali o armoniche, dipendono quindi, oltre che dal carattere dei loro rapporti angolari dello Zodiaco, dalla loro rispettiva posizione nel seguire le case. Ci si può basare, come lo studioso André Barbauult, sull'identificazione di un polo dominante nella dinamica dei rapporti. Oppure si procederà all'analisi del tema (l'interpretazione) gradualmente, partendo dall'esame di ogni cosa, come fa Morin de Villefranche. Ma, quale che sia la tecnica adottata, la base resta l'insieme di relazioni tra pianeti, segni e cose, quella stessa della tradizione, che si ritrova nella cabala; nell'alchimia e nella magia. L'astrologia assume un ruolo capitale nella magia operativa, per le evocazioni; in alchimia, per determinare il momento propizio per iniziare l'Opera e per designare le tappe intermedie; nella cabala, per conoscere le qualità proprie delle Sefirot, agli spiiti divini e le loro relazioni. L'astrologia è la sciena sacra all'opera nella storia. Lo si può verifica re attraverso il potere sul tempo conferito tanto all'astrologia giudiziaria con le sue tecniche di previsione (rivoluzioni, transiti, direzioni), quanto all'astrologia mondiale con i suoi cicli o all'astrologia cabalistica. Principio di ermete: <<Ciò ce è in alto è come ciò che è in basso>>; la carta del cielo definisce i grandi orientamenti dell'esistenza, il profilo psicologico di un soggetto e i momenti decisivi del suo destino; il carattere dei cicli planetari scandisce la storia politica dei popoli, le loro guerre, le loro paci, la durata dei loro imperi; l'astrologia cabalistica, basata sulle lettere dell'alfabeto sacro, può servire, in quanto onomanzia, tanto da decifrare il contenuto esoterico e la potenzialità produttiva di un nome o di un cognome, quanto a penetrare i misteri della storia teofanica, e quindi l'avvenire stesso della creazione. Si tratta di adattare il simbolismo e i suoi registri alla dimensione dell'evento, dell'essere o del mondo che si vuole fare oggetto dell'interpretazione. Per limitarsi all'esempio dell'oroscopo umano, si potrà affinare la conoscenza delle sue potenzialità. effettuando uno studiio comparato del tema di nascita, di quello del concepimento, dell'oroscopo spirituale e, secondo O.M. Aivanhov, di quello dellaa seconda nascita, proprio dei soli iniziati. Ciò equivale a escludere il progetto di un'interpretazione che pretenda di esaurire la realtà delll'essere, irrigidendolo nei limiti relativi e stretti del livello di tale realtà. Tutti i livelli, da quello psicosomatico a quello divino, interferiscono, così che non si ha il diritto di stabilire delle contrapposizioni interne, come quelle tr astrologia esoterica e astrologia essoterica, tra astrologia sacra e astrologia profana. L'esistenza dell'astrologia è una. Come esistono sette cieli, sette colori, così esistono sette pianeti principali. L'intrecciarsi dei mondi, degli uomini e degli dèi è rivelato dai segni dello Zodiaco e dalle loro armonie planetarie. La struttura dell'uomo universale, vi si trova scritta, nelle sue relazioni con i quattro elementi, il che dimostrerebbe ancora, se ve ne fosse bisogno, che l'uomo è veramente la chiave dell'universo e che la sua conoscenza, la conoscenza di Sé, è la conoscenza degli dèi.
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benesserecondiviso · 3 years
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Attraverso l’empatia oltre la pet therapy
di Giuliana Gemelli http://www.cavallo2000.it/detail/lempatia_al_centro_della_relazione_uomoanimale-id_20744.htm In un recente  convegno  svoltosi  nell’incantevole  cornice  del  castello  di  Susans, una dimora  rinascimentale  che  non  ha  nulla delle  classiche  fortezze  friulane e si  presenta  come  una  serena  dimora  di  famiglia  con  un grande  parco  dotato  di un’acustica  straordinaria circondato  da  boschi  e prati dove  immagini di  veder  apparire  piccoli  borachi  di  cavalli in  libertà-  pronti  ad avvicinarsi  per  annusarti  - veterinari  e  clinici  umani  oltre  ad  esperti  di  scienze  naturali  ed  umane, etologi, anatomo-patologi, paleontologi, si  sono  confrontati su  una tematica   emergente  che travalica l’universo  antropocentrico e  che  riguarda le  problematiche  inter specie:  l’empatia. Il  convegno  pur avendo  una  caratterizzazione  “ibrida” dal  punto  di  vista  comunicativo, relazioni  in  presenza  e  contributi  video, hai  generato un  dibattito intensissimo del  quale  la stessa  organizzatrice  si  è  stupita  per  prima !! Il  tema  dell’empatia  esposto  da  clinici  e  terapeuti  dell’umano  e da  esperti  del  mondo  animale ha  condotto  quasi in modo impercettibile   e inizialmente  pressoché  inconsapevole, a  travalicare alcune  ovvietà  c he  riguardano  la  pet - therapy  e  alcune  ovvietà  che  riguardano  la cura  medica  e  clinica . Nel  primo  caso  il  fatto  che  la  pet - therapy  sia  basata esclusivamente sull’addestramento  degli  animali. Niente  di più falso  se  l’addestramento  finisce  più  per  assomigliare alla   strumentalizzazione  al  servizio  dei  cosiddetti utenti , per il  loro  esclusivo  benessere, e  non  ad alimentare ta  invece  un  percorso  di  reciprocità in  cui  anche  l’animale trae  un  beneficio relazionale, serenità, rilassamento, consapevolezza, rigenerazione emotiva. Per  questo  riteniamo  che  siano  imprescindibili  alcune precauzioni  nella selezione  degli  utenti  e  non  solo  in  quella degli  animali  destinati  alla  pet.therapy  su  cui  i  formatori  pongono  sempre l’accento , magari  escludendo,  a  prescindere,  alcune  razze  di  cani o  particolari  tipi  di  quadrupedi . E'  ad esempio  assolutamente  necessario  escludere  dagli  utenti  della  pet therapy  coloro  che  sono stati  riconosciuti  come  autori  di  atti  di  violenza  o di  abbandono  nei  confronti  degli  animali  ma  ci sono  anche  altre  considerazioni  da  fare Chi usufruisce dell’ausilio  dei  cavalli  a  scopo  terapeutico  o  di  sostegno  fisico-psichico deve essere  in  grado  di attivare  in modo  reciproco  nei  confronti  degli  animali  forme  di  empatia, esprimendo  nei modi  che  gli  sono  consoni  affetto  vicinanza  riconoscenza:  sta al  terapeuta  valorizzare  questi  percorsi Puo sembrare assurdo  e  paradossale  un  altro  ragionamento : questo  vale  anche  nella cura delle  persone ad esempio  il  medico  che  cerca  di instaurare  col  paziente  una  collaborazione  terapeutica  un’alleanza  per  la cura deve  poter  trovare  nel  paziente  una  punto  di  “ancoraggio” di  vicinanza  di   condivisione  un   benessere  condiviso , appunto  come  recita  il  titolo  del  convegno attraverso i  percorsi  del  prendersi  cura. Nel  grande  pallium  il  mantello  da  cui prendono il  nome  le  cure  palliative   deve esserci  posto per  la  reciprocità  orchestrata  e  nutrita  dall’empatia che  è  essenzialmente  “attentio", sguardo  reciproco  dell’uno sull’altro, stimolo alla percezione della totalità  della  persona, fiducia, collaborazione nella relazione di  cura  attraverso un  reciproco  Prendersi cura” che  non  è solo  del  medico  nei  confronti  del  paziente  ma anche del  paziente  che  si  affida al  medico  CONSAPEVOLMENTE e  non  passivamente e dunque  impara  a  dialogare,  a  comprendere. Le  cure  palliative stanno  seguendo percorsi  nuovi  ed  inediti che  non  hanno  più  a  che  vedere solo  con  le fasi  terminali  della  malattie  oncologiche, né soltanto  con  la somministrazione  di  farmaci  ma  con  interventi che  riguardano  il  benessere  psico-fisico  emotivo  e relazionale  dei  pazienti  e  che  intervengono  anche nella fase  di  somministrazione  di  cure  molto impegnative  e  con possibili  complicanze  come,   in ematologia,  le  terapie  cellulari  CAR-T. Inoltre  e  questo  è un  aspetto importantissimo  per  le  tematiche  che  abbiamo  affrontato  nel  convegno  e  che  intendiamo  approfondire  nella  pubblicazione  che  seguirà  a  breve, riguardano  anche gli  animali, l’accompagnamento  nei  percorsi  della  malattia e del  fine  vita, l’attenzione  ai  loro  bisogni  nelle fasi  delicate  dell’esistenza  come  gli interventi  chirurgici . E 'di  pochi  giorni  fa la  notizia  che  un  famoso  musicista americano  dopo  avere  abbandonato i  concerti  in una  sorta di  pensionamento  ha  pero continuato  a  suonare  questa  volta  pero  non  per  gli  umani  ma  per  i  cani  abbandonati  o maltrattati. Sappiamo  bene quanto  la  musica  sia  di  conforto  anche  per  i  cavalli, li  rassereni  infonda  loro  rilassamento  e  calma. Un altro  aspetto importante  è la Pet  - therapy  che  gli  umani  possono  rivolgere  agli  animali  ad esempio  attivando  percorsi relazionali  quando essi  attraversano  momenti  difficili  di  separazione dai  loro  compagni. E il caso  di  due  oche  separate per  l’intervento  del  maschio  e  la  conseguente  sofferenza  della  femmina. Entrambi  hanno  tratto  giovamento  dal fatto  che  i  veterinari  hanno  deciso  di  avvicinarli :  anche se  attraverso un  vetro  hanno  potuto  condividere  il  percorso della  convalescenza  post. intervento. Io stessa attraverso la  collaborazione del  mio  veterinario  ho potuto  dare  aiuto  e  conforto  alla mia  cucciola  permettendo  alla sorella  di  starle  vicino  durante  un  intervento  difficile  e  complicato.  Il recupero  é  stato  velocissimo  e  contrariamente  ad ogni  aspettativa  la  cagnolina  si  é  rimessa  in  piedi   rapidamente ed  è  giunta a  casa  con  le sue zampe. E infine  è  noto  ma  proprio in  questi  giorni  l’ ho  vissuto   direttamente  il  comportamento  dei  cavalli  quando uno  di  loro  in  un  branco  spontaneo  o  artefatto -  le  - talora -famigerate  pensioni  per cavalli-  sta  male  o  mostra sintomi  di  pesante disagio .  lo  circondano, si stringono  a  lui, dimostrano  di  essere  empatici. … e spesso  purtroppo  gli  uomini  ostacolano  questi  comportamenti : l’ho  visto  coi  miei  occhi.
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monicadeola · 3 years
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Luigi Manconi torna sulla questione del deterioramento delle pratiche di salute mentale con un suo articolo su La Stampa. La lista delle cattive pratiche riscontrabili in molti servizi di salute mentale riesce davvero impressionante. E dolorosa per chi, come tanti di noi, non hanno mai smesso di pensare le persone, i cittadini con l'esperienza del disturbo mentale, al centro delle cure "umane e gentili" che il cambiamento legislativo di quasi mezzo secolo fa voleva garantire.
Negata l'istituzione, com'è accaduto in tutto il nostro paese, e meglio, nella concretezza delle pratiche territoriali, in tante realtà locali, bisognava da subito interrogarsi sul che fare, su che cosa poteva voler dire dare continuità al lavoro di critica e di distruzione del manicomio. Sta qui il nodo cruciale che non abbiamo potuto evitare e che non finirà mai di interrogarci: come, negata l'istituzione della psichiatria, pensare, progettare, montare le nuove istituzioni della salute mentale. Ecco il compito, direi l'urgenza, che, impreparati, abbiamo dovuto affrontare.
I giovani di Basaglia
Ero un ragazzino in quegli anni, uno dei giovani di Basaglia arrivati a Trieste da mezza Italia. Un ragazzino che capiva poco di manicomi e ancor meno di istituzioni totali e, tuttavia, ero entusiasta, avvertivo nelle quotidiane assemblee l'ansia del che fare, la paura di trovarsi in mezzo al guado, il pensiero di un mondo nuovo possibile (Il sogno di una cosa?). Ogni indecisione, ogni errore poteva segnare il fallimento. Il gruppo che si andava riconoscendo veniva messo alla prova ogni giorno. Avvertivamo voci di sfida: è facile - dicevano - buttare giù una rete, un muro, aprire una porta. E poi?
Non si può negare che rompere è più facile che costruire. Questo vale certamente per le cose, ma quando ci si riferisce alla vita dell'uomo, come stava accadendo, allora il distruggere e il costruire assumono tutta un'altra dimensione: rimandano a scelte di campo profonde, rigorose, difficili da frequentare.
Così Basaglia conclude nella bella intervista di Ernesto Venturini ne 'Il giardino dei gelsi', Einaudi 1979: "Della malattia mentale, sulla sua in/consistenza "scientifica", sulla ragione delle istituzioni totali. Forse bisognerà non stancarsi mai di tornare a rivedere quei percorsi, riascoltare quelle storie.
La trasformazione di Basaglia
Da dove ha potuto avere origine la trasformazione che Basaglia cerca faticosamente di realizzare? Non riesco a pensare ad altro se non ai primi giorni goriziani. È il novembre del 1961. Un giovane medico, non ancora quarantenne, mandato via dall'università di Padova perché troppo filosofo entra nell'ospedale psichiatrico di Gorizia. Sarà il nuovo direttore. Vede la violenza delle porte chiuse, delle contenzioni, delle divise. Vede "con gli occhi del filosofo" una violenza più grande: gli uomini e le donne non ci sono più. Avverte la vertigine del vuoto, la solitudine dell'assenza. È questa la dolorosa condizione che senza tregua lo interroga.
Cosa fare per far tornare i corpi vivi, le voci, le memorie di tutta quella dolente umanità? Deve interrogarsi su cosa è quella psichiatria figlia del positivismo scientifico che costringe ogni respiro a oggetto. La malattia nascondeva ogni cosa. I nomi e le passioni, le storie e i sentimenti, i bisogni e le emozioni non hanno mai abitato quel luogo. E la cura, neanche a pensarci.
Pazienti chiamati per nome
Così, messa tra parentesi la malattia, come svegliandosi da un lungo sonno, tutti cominciarono per incanto a chiamarsi per nome, a raccontare una storia, a ricordare un villaggio, a riprendersi il proprio tempo. A Gorizia si cominciò allora ad aprire le porte, ad abolire tutte le forme di contenzione, i trattamenti più crudeli. Gli internati divennero cittadini, persone, individui. Da allora fu possibile curare e cercare un altro modo per ascoltare, per esserci, per riconoscersi. Fu possibile vedere il malato e non la malattia, le storie singolari e non le diagnosi, vivere la propria vita malgrado tutto. Fu possibile denunciare per la prima volta le torture e la vergogna di due secoli di istituzioni totali.
Con la legge 180 moltissimi pensarono, e continuano a pensare, che una storia anche se eroica ed entusiasmante, si era conclusa. Chiusi i manicomi, dissero, la psichiatria sarebbe stata accreditata nel mondo certo della clinica, avrebbe guadagnato il candore del camice bianco, le promesse della moderna medicina e gli orizzonti miracolosi dei farmaci, delle psicoterapie senza fine. La pericolosità, la deriva sociale, i diritti negati finalmente avrebbero interessato i carabinieri, i servizi sociali, la politica. Finalmente una psichiatria pulita!: così i tanti psichiatri che plaudivano alla nuova legge.
La legge 180
Si andava marcando una frattura (una paradossale continuità, in realtà) tra un prima, il manicomio, e un dopo, le psichiatrie delle diagnosi e del manuale diagnostico statistico. Non era stato il manicomio l'oggetto del lavoro di deistituzionalizzazione ma la sofferenza, la follia che diventa malattia, la negazione dei soggetti e dei diritti, l'esclusione.
L'approvazione della Legge 180 del 1978 dava finalmente inizio al lavoro di deistituzionalizzazione. In molte regioni l'inerzia e la corsa verso i servizi ospedalieri, i fragilissimi e freddi ambulatori e le liste di attesa, la ricerca affannosa di posti dove mettere i matti rallentarono non poco la chiusura (i manicomi chiuderanno 20 anni dopo!) e contribuirono a disperdere le ragioni di quella faticosa trasformazione appena avviata, perdendo di vista la comunità, i contesti e le reti che andavano progettate e ordite.
Fu chiaro allora che bisognava pensare alla cura, al riconoscimento ostinato dell'altro, ai nuovi luoghi dell'incontro che rispondessero a quelle premesse. Abbandonato il manicomio la cura poteva realizzarsi nei contesti, nelle relazioni, nella quotidianità. Potevamo immaginare di incontrare la sofferenza e il bisogno prima che diventi malattia. Un nuovo spazio dove le persone, senza la paura della porta che si chiude alle loro spalle, possono entrare per chiedere aiuto, per dire il proprio male, condividerlo. Un confine aperto che garantisce sempre il ritorno.
Luoghi organizzati
Cominciamo a immaginare e a organizzare luoghi che dovevano accogliere le voci, le identità molteplici, i conflitti: condomini, piazze, mercati, stazioni. Un luogo, penso al centro di salute mentale 24h nella mia esperienza triestina, che vuole vedersi abitato non (soltanto) dai folli. Tra questi luoghi che andiamo immaginando e il fuori (il territorio) si disegna una soglia che definisce lo spazio dell'incontro, dell'ascolto, dell'aiuto, della terapia; che contrasta il rischio della sottomissione e dell'assoggettamento così presente quando ricorre l'esperienza della malattia, della fragilità, del bisogno.
In questi anni è stato possibile dimostrare che possiamo aver cura del folle, del diverso, del vecchio, del bambino in un altro modo. I Centri di salute mentale e i tanti e diversi luoghi di accoglienza, di cura, quando sono attivi, presenti e prossimi quotidianamente a sostegno della vita delle persone; le cooperative sociali, quando veramente sono in grado di stare sul mercato e piegarsi al bisogno singolare; le associazioni delle persone che vivono l'esperienza della fragilità, quando fanno crescere protagonismo e partecipazione; i luoghi dell'abitare e i laboratori, lì dove davvero si coltiva il valore della relazione, la bellezza degli spazi e degli oggetti, la qualità dei lavori e delle produzioni, dimostrano che è possibile curare senza contenzioni, con le porte aperte, con il sostegno puntuale, anche economico, della vita quotidiana, con la possibilità per le persone di abitare diverse e plurali identità. Con la possibilità di guarire.
Porte aperte
Questi luoghi, e le buone pratiche che li abitano, non riescono neanche a immaginare le "porte chiuse" e gli abbandoni colpevoli, contrastano quotidianamente la psichiatria delle distanze, diventano il momento privilegiato dell'ascolto, dell'accoglienza silenziosa e non perdono mai di vista il fuori. Anzi è la attenta valorizzazione di quel fuori (quel territorio di cui oggi tanto si parla) che pretende la cura in una sorta di contiguità tra la casa delle persone, gli spazi del rione, i luoghi collettivi, il centro di salute mentale, il distretto, il centro diurno. Progettare e costruire la cura significa rendere concreta, praticabile, abitabile la soglia.
Abitare la soglia ci costringe a incontrare l'altro nella sua realtà. Prima che il passaggio del confine salute/malattia avvenga. Prima che il disagio, l'isolamento, un profondissimo dolore, una inguaribile ferita si strutturi in malattia. Incontrare la sofferenza nella realtà dove essa accade. La trasformazione di cui vuole parlare Basaglia si muove da qui.
Il punto è che la buona volontà di tanti operatori, giovani e meno giovani, per tenere vivo l'orizzonte del cambiamento viene ostacolata da forme organizzative e dispositivi, leggi regionali e regolamenti aziendali che impediscono singolarità, creatività e complicità. Le culture e le pratiche preziosissime che in questi 40 anni si sono realizzate non riescono più a interrogare sul senso, sulle radici, sulla dimensione etica e politica del lavoro. La dimensione critica dei saperi e delle pratiche della psichiatria va scomparendo dal lessico di tutti gli operatori.
Questo mestiere pretende una radicale e rischiosa scelta di campo, esige di prendere parte, di accettare l'incertezza e di vivere quotidianamente il conflitto. Nella solitudine e nella frammentazione è difficile, specie per i più giovani, scegliere, resistere all'omologazione, al richiamo dell'indifferenza. Infinite volte, alla fine delle assemblee con familiari, operatori, cittadini volenterosi, ci siamo detti, sconsolati, che senza luoghi adeguati e dignitosi, con una endemica carenza di personale e di fronte all'evidente povertà di mezzi e di danari, non si va da nessuna parte.
L'Italia spende troppo poco
Il nostro Paese spende poco meno del 3% del budget nazionale della Sanità per la salute mentale (con differenze notevoli tra le 20 regioni), a fronte del 10-15% di altri Paesi come Francia, Inghilterra, Finlandia. Aspettando le risorse, molti operatori entusiasti invecchiano e, delusi, prendono strade diverse. E ognuno si ritrova a difendere, timoroso, il proprio misero spazio dalla presenza dell'altro, mentre i territori delle aziende sanitarie diventano sconfinati e i dipartimenti e le organizzazioni tra accorpamenti e fusioni si trovano spaesati in circoscrizioni sconosciute, segnate con un tratto di matita sulla carta da amministratori di "alta formazione manageriale".
Come abbiamo potuto non vedere nei fatti gli ostacoli insormontabili allo sviluppo di luoghi di relazioni e di vicinanza, dove sia possibile sostenere visibilità, appartenenza, protagonismo dei soggetti, dei più vulnerabili?
Cominciammo a progettare e lavorare privilegiando la "piccola scala", in circoscritte aree territoriali, anche con la finalità di riconoscere i bisogni, denunciare le diseguaglianze, promuovere malgrado la "malattia" una vita buona. Perché altrimenti, continuiamo a pensare Centro di salute mentale 24 ore? A gruppi di lavoro multidisciplinari dove l'incontro ravvicinato e quotidiano degli operatori garantisse conoscenza, condivisione, reciprocità? La dimensione affettiva, dicemmo! Oggi nelle smisurate terre dei Dipartimenti accade che infermieri, riabilitatori, cooperatori sociali, assistenti sociali, psichiatri, psicologi non si conoscano nemmeno, e ognuno arrangi nella solitudine la sua crescita culturale, le scelte formative o la fine di ogni interesse, impedito a ogni salutare confronto, inchiuso in un'impenetrabile autoreferenzialità.
L'indifferenza
La dimensione amorosa, soggettiva, utopica e un po' sognante si è andata perdendo. E con essa non c'è più traccia del senso di appartenenza di quell'attenzione etica, politica e umana che avrebbe dovuto essere l'interrogazione dominante nei luoghi di questi mestieri.
A nulla serve credere che i fondi europei mobilizzeranno l'apatia e l'indifferenza dominante. La pandemia, che invochiamo a causa e giustificazione di ogni cosa, poco condiziona le questioni di cui cerco di parlare, che vengono da molto più lontano. La distanza e lo sguardo raggelante delle psichiatrie e delle psicologie che condizionano le scelte culturali e operative di tutto il mondo degli operatori domina il campo, e le persone che vivono l'esperienza continuano a essere obbligate a trattamenti, stupidi se non dannosi. La pratica della contenzione non è mai stata abbandonata, anzi i "legatori" vengono allo scoperto e rivendicano con parole gentili dignità alle loro orrende pratiche. La presa in carico delle singole persone e delle vastità dei loro bisogni, che pure abbiamo sperimentato con successo, dovrebbe rappresentare la potente alternativa alle modalità burocratiche e de-soggettivanti che dominano le (cattive) pratiche nella quasi totalità dei dipartimenti di salute mentale.
Non c'è più tempo
Basterà continuare a parlare di budget di salute, di Lea, di fondi europei e così via? Penso che non basterebbe. Non c'è più tempo. È il momento di denunciare con parole chiare, anche se dolorose, le distorsioni, le regressioni e i crimini di pace quotidiani che continuano ad accadere. La ingovernabilità delle differenti e contrastanti politiche regionali, delle inutili formazioni accademiche, delle povertà di cultura e di risorse delle aziende sanitarie in ordine alla salute mentale, sono evidenti. Un gruppo di operatori, del quale ho fatto parte, ha compilato un progetto di legge, con l'intenzione di dare unitarietà alle politiche di salute mentale, portato in Parlamento dalla Senatrice Nerina Dirindin e ripreso in questa legislatura alla Camera dall'On. Elena Carnevale e al Senato da Paola Boldrini (DDL 11 luglio 2018,). Forse bisognerebbe ricominciare da lì.
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