Tumgik
#viverci dentro
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kvara si rende conto che forse la rivalità che sente per davide non è esattamente platonica. enjoy!
Lui non era mai stato un tipo molto aperto, anzi, fin da piccolo era stato un ragazzo di poche parole, che faticava a fare amicizia con gli altri. Impacciato, taciturno, goffo.
Khvicha non aveva molti posti nel mondo da chiamare casa. Certo, c'era la sua terra natale, ma ormai la Georgia si trovava a migliaia di kilometri si distanza da lui. E quella grande e strana città nella quale ora viveva, dove tutti lo trattavano come un dio, dove inneggiavano il suo nome e dove avevano esposto foto, bandiere e murales con la sua faccia e quelle dei suoi compagni, non poteva certo essere considerata davvero casa, o perlomeno non ancora. Si sentiva più come un re nel suo palazzo dorato pieno delle sue chincaglierie: bello, anche divertente viverci, ma gli mancava quel calore, quella familiarità che solo un posto che veramente si considera casa potrebbe dare.
Ma il campo. Il campo da calcio era tutta un'altra storia.
Forse era lì, solo lì, che si sentiva veramente nel luogo dove poteva essere completamente libero. Senza paranoie, senza pensieri. Gli bastava avere un pallone tra i piedi e nient'altro per tornare a respirare con leggerezza. Per tornare a sentirsi di nuovo vivo.
E non c'era momento in cui si sentiva più vivo che durante i big match, quelli contro le altre grandi squadre, quelli che contavano davvero, quelli dove giocano i fuoriclasse che ti spingono a dare il meglio di te per non esserne da meno, che ti fanno sudare ogni centimetro conquistato, ogni pallone, l'adrenalina alle stelle.
Era da poco più di un anno al Napoli, eppure già si era scontrato con alcune delle più grandi squadre europee, contro diversi calciatori che gli avevano dato filo da torcere e che gli avevano regalato la soddisfazione di un vero duello.
Eppure.
Eppure c'era qualcosa di diverso con quel Calabria.
Dal primo momento in cui si erano ritrovati faccia a faccia, con lo sguardo intenso dell'altro completamente concentrato su di lui, Khvicha era stato investito da una scarica di adrenalina diversa dalle altre. Era come se Calabria fosse il suo doppio, anticipava quasi ogni sua mossa, gli era costantemente col fiato sul collo. Khvicha era suo, e non se lo sarebbe fatto scappare per nulla al mondo.
Anche questo primo scontro di stagione non era stato diverso. Khvicha avrebbe mentito se non avesse ammesso di aver aspettato con ansia proprio il momento in cui lui e Calabria si sarebbero di nuovo ritrovati sullo stesso campo.
Alla fine però, questa volta, nessuno dei due aveva davvero vinto. Un pareggio, forse evitabile, forse no, ma comunque un pareggio. La frustrazione gli bruciava dentro. Aveva deluso i loro tifosi, per giunta in casa, e se solo quella palla fosse entrata in porta all'ultimo momento, allora –
«Hey, great match!»
Khvicha si girò verso Calabria. Gli si stava avvicinando ancora col fiatone, ma con un sorriso compiaciuto sulle labbra. Inspiegabilmente, il suo primo, irrazionale pensiero fu che gli mancava vederlo coi suoi vecchi capelli ricci.
Scosse la testa. «Yeah, you've been very good, man» gli rispose, ricambiando il sorriso.
Questa volta Calabria rise di gusto. «You're pretty good yourself!» disse, per poi avvicinarglisi ancora di più, a braccia aperte. E per quanto solitamente lui non fosse il tipo da contatto fisico ravvicinato con persone che conosceva poco, aprì a sua volta le braccia e ricambiò l'abbraccio senza un attimo di esitazione. Poteva giurare di sentire Calabria sorridere mentre gli stringeva un braccio intorno alle spalle, la mano che si alzava ad accarezzargli la testa.
Una calda sensazione che proveniva da qualche parte nella sua pancia gli risalì fino al petto. Cercò di ignorarla, focalizzandosi solo sul calore dell'abbraccio dell'altro. Respirò a fondo l'odore di sudore dell'altro per calmarsi. Sudore, erba falciata, terreno umido: quelli erano gli odori del campo, odori di casa, che non mancavano mai di farlo stare meglio. Calabria sapeva di tutti questi messi insieme, e di un altro odore che non riusciva a classificare ma che doveva essere semplicemente lui. Era un buon odore, pensò.
Quando si separarono – e oddio, quanto tempo era passato? Gli era sembrata passata un'eternità, ma dovevano essere stati solo pochi secondi – Calabria gli stava ancora sorridendo, tutto denti. Khvicha notò che quando sorrideva gli si formavano delle rughe di espressione intorno agli occhi. Perché le trovava adorabili?
Dopo un attimo di quella che per un momento gli era sembrata esitazione – doveva essere un abbaglio, esitazione per cosa? – Calabria si allontanò, salutandolo con una mano. «To the next match!» urlò, prima di raggiungere i suoi compagni.
Khvicha restituì il saluto, anche se ormai non gli stava più prestando attenzione. Al prossimo match, di nuovo. Sarebbero passati mesi prima di riscontrarsi. Non era una novità.
E allora perché il cuore gli si era stretto in petto a sentire quelle parole?
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Khvicha non aveva idea del perché, ma quell'abbraccio era stato ripreso da praticamente tutti gli account sportivi italiani.
Cioè, era solo un abbraccio. Un sacco di avversari si salutano alla fine di una partita, no? Però tutti sembravano voler elevare quel momento a picco massimo della sportività tra due avversari, per qualche strana ragione. Forse era proprio perché la rivalità tra lui e Calabria era ormai nota, e quell'abbraccio a qualcuno poteva essere sembrato strano per quello. Sbuffò. Per certe persone era davvero difficile distinguere la rivalità sul campo dalla vita vera. Lui era esattamente l'opposto, e una rivalità così sentita non poteva portargli altro che avere maggior ammirazione del suo avversario, e quell'abbraccio non ne era stato che la naturale conseguenza. Semplice rispetto reciproco. Nulla di più.
Il fatto che si fosse andato a cercare e salvare tutte le angolazioni possibili in cui i giornalisti avevano scattato quel momento era un altro discorso. Era un bel ricordo da mantenere, ecco tutto.
Fu proprio mentra scollava il feed di Instagram che si accorse che Calabria aveva messo una nuova storia. Toccò l'icona rotonda colorata senza neanche pensarci su e si ritrovò davanti la foto di loro due che si abbracciavano, con la caption Respect.
Di nuovo quella sensazione di calore in fondo allo stomaco. E stava pure sorridendo come un deficiente.
Mise un cuore alla storia e gli mandò un messaggio.
Respect to you too, brother
It was a fun match
Chiuse Instagram e bloccò lo schermo del telefono. Aspettò la bellezza di dieci secondi netti prima di sbloccarlo di nuovo per controllare se ci fosse un messaggio di risposta. Ma che cazzo gli stava prendendo.
Stava per ribloccare il telefonino e andarlo a chiudere a chiave in un cassetto per non toccarlo mai più, quando il suono di una notifica echeggiò per la stanza. Erano due messaggi di Calabria.
Li aprì subito.
It's always fun to play against you! 😉
I wish we could do it more often... ☹
Oh. Quindi anche a Calabria mancava scontrarsi con lui. Sentì il cuore iniziare a battere più forte.
Me too
Si fermò un secondo, poi aggiunse un altro messaggio:
I really like how we fit together on the field
Ecco, l'aveva inviato. Oddio, sperava di non essere andato troppo oltre con quel commento. E se avesse frainteso? Se gli avesse dato fastidio? Se –
Oh you bet we fit well together 😉
Khvicha dovette ripetersi più volte che stavano parlando solo ed esclusivamente dei loro scontri sul campo di calcio. Nient'altro.
Uno scontro sul campo particolarmente allusivo.
Cazzo cazzo cazzo.
Il suono di una nuova notifica gli evitò un crollo mentale imminente riportandolo alla realtà.
How about we see each other for a rematch next time we both have a free day? I could come to Napoli or you could come to Milano
What do you think? 😁
Khvicha rilesse quelle parole.
Cosa ne pensava? Pensava che forse, forse, quello che provava per Calabria non era solo ammirazione da avversario e che forse aveva un principio di infatuamento...
(Ripensò ai suoi occhi azzurri, ai suoi capelli ricci, al suo sorriso che gli arrivava fino agli occhi: forse il forse era un eufemismo)
...e forse questo suo infatuamento era ricambiato.
I would like that very much, Cala
La risposta arrivò dopo qualche istante.
And please, call me Davide 😉
Khvicha sorrise. Forse poteva anche trovarsi a migliaia di kilometri da casa sua, ma chi lo diceva che non se ne poteva costruire una nuova dalle fondamenta?
Thank you, Davide
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susieporta · 9 months
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HO IL CUORE CHIUSO?
Essere scollegati dal qui è ora porta come conseguenza l’essere scollegati dal cuore.
Ma anche dal corpo. Come ben sappiamo il piacere passa anche nel corpo sotto forma di sensazione.
Quindi se c’è una frattura tra corpo e mente, non senti l’amore, anche se qualcuno lo condivide con te.
Tengo a precisare che essere scollegati dalla gioia e dalla vitalità, non vuol dire che tu non le abbia, ma semplicemente che non riesci a sentirle.
Non riesci né a dare né a ricevere.
È come se chiudessi le persiane e dicessi che non c’è luce dando la colpa al sole.
Il cuore è chiuso e con un cuore chiuso, l’amore non entra e non esce.
E, ovviamente, non sentendo niente uno cosa fa?
Semplice, chiede agli altri di amarlo.
Ma dimentica un fatto importante:
Un cuore chiuso non è nemmeno in grado di percepire l'amore che gli viene donato.
Questo è il paradosso.
Infatti, se il tuo cuore è chiuso, potrebbe venire anche il padre eterno e condividere tutto il suo amore con te, potrebbe colmare tutte le tue aspettative, potrebbe darti tutte le attenzioni che desideri, e tu?
Tu non lo sentiresti comunque…
Non riusciresti a riconoscerlo quell’amore, perché non sai cos’è, non l’hai mai sperimentato.
E continueresti a chiedere, continueresti a soffermarti su ciò che non hai ricevuto, continueresti ad avere dubbi che ti ami davvero.
ma se non proviamo realmente amore né per noi stessi nè per gli altri, cosa proviamo allora?
Proviamo solo emozioni. Appunto.
Ecco perché bramiamo emozioni travolgenti e attenzioni assidue…
Ecco perché abbiamo così bisogno di stimoli emotivi e sensoriali intensi.
Per sentire qualcosa. Perché non siamo in amore.
Più non senti la tua anima, più chiederai agli altri di provocarti emozioni per farti sentire vivo.
Questo è il fatto.
Quando il cuore è chiuso e siamo tagliati fuori dall'amore, non rimane che da viverci quelle forti emozioni che subentrano quando ci accorgiamo che qualcuno sia interessato a noi.
Questo bisogno cronico di eccitazione, di farti travolgere dalla passione o semplicemente di sentirti al sicuro con qualcuno che si prende cura di te, con qualcuno che c’è è direttamente proporzionale a quanto il tuo cuore è chiuso e non riesci a percepire amore in te stesso e per te stesso.
Osserva che, in una coppia, quando uno si lamenta che l’altro non gli dà abbastanza attenzioni, non lo fa stare bene, gli sta dicendo: “Tu non mi generi abbastanza emozioni, abbastanza piacere”.
Sta cercando solo quello, sta cercando qualcuno che gli provochi emozioni.
Solo chi è "sordo" ti chiede di "urlare" perché non sente niente.
Dunque, se hai bisogno che qualcuno ti faccia stare bene in una relazione significa che non c’è amore.
Vivi attraverso quella persona, vivi in reazione. Nelle reazioni meccaniche emotive.
Stai usando una persona per stare bene ed essere felice.
E questo significa… sì, che tu stai male.
Mi chiedo cosa porti, esattamente, nella relazione in questo caso.
Cosa condividiamo se chiediamo e basta?
Andiamo in cerca di un collegamento esterno con le altre persone, essendo scollegati dentro.
Ma prima di tutto, si deve essere collegati dentro, poi, ci si può collegare fuori.
Vorrei che ti fermassi a osservare come ti senti dopo che prosciughi la tua energia per ammaliare, eccitare e stupire continuamente; per riuscire ad apparire sempre più interessante agli occhi degli altri, perché poi quell’interesse va mantenuto.
Considera che con il cuore chiuso, uno si sente riconosciuto e confermato solo quando riesce a strappare dell'energia-attenzione a qualcuno, usando tutti i trucchi che conosce.
A muoverlo sono i suoi bisogni irrisolti che non gli concedono mai delle tregue, mai un attimo di riposo, loro pretendono di essere soddisfatti e subito.
Troppe volte la nostra vita non è che un lungo lamento, una continua gara tra ego che cercano di ottenere la maggior quantità di attenzione possibile, fino alla fine.
E che cosa non si farebbe, pur di non dover affrontare e risolvere una volta per tutte, la nostra paura della solitudine, soprattutto se combinata con un profondo senso d'inadeguatezza…
Ma comprendi che non sarà certamente l'attenzione altrui ad aprirci il cuore. Non È cosi che funziona.
Serve smettere di chiedere attenzione, riconoscimento e approvazione agli altri e iniziare a rivolgere quel po' di attenzione che abbiamo su noi stessi, al nostro interno, risvegliando così il cuore e tutto l'amore sepolto che si è sempre trovato lì...nel centro del cuore spirituale di ognuno di noi.
Il viaggio è dentro.
Poi fuori, una volta risvegliato il cuore.
Ricorda che tutte le emozioni in una condizione di "sonno" e di "frammentazione interiore", diventano veleno per l'anima.
Ti legano i polsi, quando l'amore ti farebbe crescere le ali.
ROBERTO POTOCNIAK
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Ciao babbo,lo so che oggi dovrei dedicarti parole belle e magari raccontarti qualcosa di bello,che nella mia vita finalmente non ci sono più periodi di lacrime,che le cose belle non avrebbero la data di scadenza.Invece no a quanto pare le cose belle,per me,finiscono o si esauriscono subito nemmeno il tempo di esistere,restando solo sogni e immaginazione.
Sai babbo in questi anni di cose ne sono successe e anche se per la maggioranza l'unica realtà erano le lacrime che per tanti motivi erano sempre presenti.
La mia mente ogni tanto gioca con i ricordi che porto dentro il cuore.Forse è lì che sono rimasta incastrata tra i ricordi belli prima che tu andassi via per sempre.Sono rimasta incastrata in quell'ultima estate piena di risate,in quell'ultimo Natale che odorava di casa,di famiglia.In quegli ultimi giorni con te.
Oggi è il tuo compleanno e questo giorno è sempre stato importante per noi,per noi come famiglia, famiglia che un po' si è rotta da quando non ci sei più.Mi mancano quelle estati dove l'unico pensiero era quello di viverci le giornate di mare,le uscite di sera sul lungomare.Il vedere come mi lasciavi scoprire il mondo pezzo dopo pezzo,vedere come in ogni tuo sguardo c'era la fiducia e la speranza che riponevi in ogni passo che facevo e quando qualcosa non andava tu eri pronto ad accogliermi in uno di quegli abbracci che comprendevano ogni mio dolore.Forse qualche volta ce ne siamo detti di ogni ma la rabbia spariva dopo un po' per far posto a un bellissimo sguardo di scuse.Mi manca sentire il suono dei tuoi passi,il rumore delle tue chiavi nella serratura quando tornavi a casa,mi manca la tua silenzosa presenza nelle mie giornate.
Mi manca poterti preparare di nascosto la torta e fartela trovare in frigo,nasconderti il regalo sul comodino e vedere il tuo sorriso felice e la tua faccia sorpresa.
Buon compleanno papà.
-la ragazza dal cuore nero♡
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gelatinatremolante · 1 year
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L'attività principale di questa domenica è stata rivedere dopo tantissimo tempo Fantastic Mr. Fox, così tanto che avevo quasi dimenticato quanto fosse bello e come facesse venire voglia di viverci dentro. Il tutto tra l'altro soltanto in un'ora e venti minuti. Pazzesco.
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Sono mesi che ormai per ogni cosa mi ripeto " non puoi farci nulla, meglio andarci oltre". Mesi che costantemente il giorno dopo viene fuori un'altra di quelle cose per le quali " non posso farci nulla" e quindi " devo andarci oltre". Mesi che mi ripeto costantemente di sorvolare su tutto, di fare finte di non averle viste e sentire certe cose. Mesi in cui devo accontentarmi e basta, rassegnarmi e basta, farmene una ragione e basta. Sempre e solo chiudere un occhio o meglio tutti e due, per sopravvivere, per non starci troppo male, per fare finta di niente e andare avanti. Ma ognuna di quelle cose pesa dentro, anche se le ho messe da un'altra parte dei miei pensieri, sono comunque dentro di me e continuano a farmi male e bruciare ogni volta che se ne aggiunge un'altra. Lo spazio è ormai finito, sono ormai satura di cose che non posso cambiare e sconfitte che devo accettare. Non so dove altro mettere le cose che arriveranno domani. Sinceramente, io così non voglio viverci più.
Z.
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greenbor · 9 months
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a un passo dall’impossibile a un passo da te che sei rimasta qui ad amarmi sempre anche quando non era possibile amarci e lo sai quella paura di restare soli senza di noi e invece adesso sei qui e mi guardi tu dopo tanto tempo senza di noi di tutto quello che sappiamo adesso di tutto quello che vogliamo è quel silenzio che era dentro e ora esplode in noi nei sorrisi nella voglia che abbiamo noi di viverci ad un passo dall’impossibile che amo già come se fossi entrata in me ancora prima di esistere e sento nei fiori quella sensazione pura che ascolto dentro di te e un po’ mi fa paura che qualcosa all’improvviso ci riporti via perché la felicità è breve la morte arriva all’improvviso e rinascere non è mai semplice ma avviene tutto naturalmente ogni volta che la ruota gira passa un anno di più ad un passo dall’impossibile ad un passo dall’amarti e dall’averti mia i sogni fino in fondo fanno un po’ paura sempre quando al risveglio nulla è mai quello che abbiamo sognato noi e delle volte restiamo fissi a guardare il cielo è tutto quello che è attorno a noi e non sentiamo nulla viviamo quel senso di essere lontani da tutto quando siamo sempre dentro quel disastro che siamo noi è breve in fondo la sensazione di sentirsi liberi in una prigione esistenziale che da sempre è dentro di noi solo perché esistiamo dentro le bugie di una vita che ci hanno raccontato sempre ed abbiamo cominciato a credere ed ogni volta veniamo sconfitti da un nemico invisibile che ha la crudeltà di sempre di riportarci a riva dopo averci affogato e sembra strano che siamo ancora qui non siamo mai andati via nonostante i nostri voli nonostante i nostri viaggi nonostante le scintille dentro al cuore siamo rimasti qui a soffrire sempre dentro la nostra imbarcazione d’amore sconfitto e qualche abbiamo anche creduto di innamorarci ancora e in fondo è quello che crediamo è quello che speriamo è quello che preghiamo rimane sempre un vuoto nulla in cui credere nulla in cui pregare nulla più da sperare solo una vita da vivere
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soggetto-smarrito · 9 months
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I sentieri verbali..dentro ai quali ci siamo persi e ritrovati, hanno intrinsecamente legato le nostre vite. Le nostre anime si sono avviluppate su un unico tralce.. difficile spiegare cosa siamo, impossibile prevedere cosa saremo.
Una cosa però la posso affermare con certezza.
Il nostro viverci ci ha arricchito. Ed anche se è stato, per molti moralisti, un incontro riprovevole...del nostro "amore sporco" dobbiamo esserne fieri.
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soggetto smarrito
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xgio72 · 11 months
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eri tu il mio mare, e non ho avuto mai paura di viverci dentro… anche mentre annegavo …#me
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userlucia · 5 months
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la cosa più brutta di noi del sud quando partiamo è la frase “non ritornare mai più”
una frase forte, una frase che ti fa stare male fin dentro al midollo, una frase che sa tanto di verità quell’amara verità di sapere di non doversi mai guardare indietro.
perché qui non c’è sviluppo, qui non c’è futuro, qui non c’è vita.
ma ci sta un gran senso di appartenenza, di devozione, anche se fin da bambino odi le tue origini perché le motivazioni sono le medesime.
qui ci sta un sentimento troppo forte che non si può spiegare, bisogna viverlo e basta.
e non basta venire in vacanza, passare due giornate sul lungo mare e visitare i quartieri spagnoli a Napoli, non basta assaggiare le pizze fritte il casatiello o girare nei portici no.
qui bisogna nascerci, viverci, attraversare tutte le tempeste che questo amato e odiato maledetto sud ti mette di fronte.
no non basta ascoltare pino daniele, vedere un film di troisi no, il sud va vissuto, odiato e infine amato perché per quanto poco possa dare alla fine ti regala una gratitudine che nessuno potrà capire.
questo non tornare più non è da codardi, non è da ingrati o il non saper combattere per la propria terra, questo non tornare mai più ci fa capire quanto invece la nostra terra sia così speciale, quanto è bello poter tornare e guardare quel mare con gli occhi della felicità, e finalmente poter dire “grazie, grazie per le sofferenze che mi hai dato.”
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noneun · 2 years
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Era già un po’...
...che qualcuno di voi mi chiedeva aggiornamenti sui miei vivari chiusi e autosufficienti. Così mi sono deciso:
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Dopo venti mesi dalla chiusura del vivario di destra (e poco meno per quello di sinistra), siamo a questo punto. La vita all’interno prosegue tranquilla, seppur con pochissime e piccolissime tracce visibili di animali. Ma le piante crescono rigogliose, anche nel vivario più giovane e più povero, che avevo assemblato con gli scarti del primo, e dove le piantine sono spuntate solo da pochi mesi.
Sta bastando semplicemente illuminarle con una lampadina LED durante il giorno (sfruttando, tra l'altro, i miei pannelli fotovoltaici) per mantenere vivi i due piccoli ecosistemi da scrivania.
La natura trova facilmente un equilibrio se la lasciamo tranquilla, anche nelle situazioni più strane.
Qui qualche dettaglio del primo vivario, che ho chiamato Artù (è una lunga storia):
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E qui un paio del secondo (si accettano suggerimenti per il nome):
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Ora non mi resta che capire come trasferirmi lì dentro per viverci fino alla fine dei miei giorni.
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heresiae · 2 years
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io ho una specie di maledizione: arrivo in un gruppo/scuola/azienda quando questo è sul punto di collassare internamente e cambiare in modo drastico.
è successo con tutte le mie scuole dalle superiori in poi.
ho fatto le superiori con la Gelmini al governo, e qui ho detto tutto.
all'università, nonostante io sia arrivata al secondo anno di vita del corso di laurea, dopo il primo anno hanno cambiato ordinamento, sistema di punteggio e struttura.
alla scuola holden idem dopo il primo anno (ed erano comunque fortemente disorganizzati rispetto agli anni precedenti)
la mia prima azienda? un anno dopo hanno cambiato sede fisica e spinto verso una politica interna di coltellate alle spalle e scaricamento di barile, assumendo persone facilmente manipolabili in quel senso e già use al quel tipo di non collaborazione interna.
l'attuale? due mesi dopo si sono lasciati comprare da un mega gruppo di engineering, cambiando i nostri metodi di lavoro, accettazione progetti, buttandoci prevalentemente sulla PA e accelerando la fuga delle persone.
ultimo, il clan dei celti. due mesi dopo il mio reclutatore ha litigato male col presidente e ha deciso di accelerare le tempistiche di distacco per creare la sua associazione culturale a stampo medievale (che seguirò, perché gli altri non li conosco e non sono simpaticissimi).
a questo punto rimane solo da capire se ho solo la sfiga di arrivare in questi momenti cruciali, o se il mio arrivo è come la venuta dei cavalieri dell'apocalisse (una specie di jessica fletcher dei collassi sociali e strutturali).
forte sono un agente del caos e nessuno me l'ha mai detto.
piuttosto ironico per una persona che il caos lo odia (sebbene non riesca a fare in modo di non viverci dentro)
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imponderabile · 2 years
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perdonami amore, l’ultima persona che voglio ferire sei tu. ma c’è tanta roba pesante che devo trasportare tutti i giorni e faccio così tanta fatica. ogni giorno è una sfida a non cadere, a non crollare e a non farmi sotterrare dai miei pensieri, mi dico che devo resistere, però ho una voragine nel petto, così grande, così profonda che mi irretisce con lei. la psico mi ha detto che non devo chiudermi, ma non mi sento capita da nessuno, mi sento così sola sempre, lo sono già da una vita e ora fa così male, perché purtroppo sto prendendo consapevolezza che le persone che avrebbero dovuto amarmi incondizionatamente non l’hanno mai fatto, che sono sempre solo stata usata, fatta a pezzi dalle persone che mi avrebbero dovuto far sentire al sicuro e protetta. ed io mi odio così tanto, non so nemmeno se sia possibile contenere tutto questo odio in un corpo solo, e la depressione è così, quando ti da tregua non ti ricordi nemmeno come sia stato viverci dentro, ma quando torna chiude a chiave la porta dietro le tue spalle e non ti lascia uscire fin quando non ha terminato i proiettili. sono stata forte per tutta la mia vita, ma ora non so che farci, sono un po’ ammaccata per i colpi che ho preso. perdonami sono tanto fragile ora, ho sempre paura e mi vergogno tantissimo di questo, vorrei tanto essere la persona forte e magari all’altezza di starti accanto, spero che con quelle poche forze che mi rimangano, riesca a renderti un po’ felice.
lettera a G
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odioilvento · 2 years
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Mi sento a metà tra un equilibrista e la Linea di Cavandoli. La mia fune è la mia vita, è quella linea sulla quale cammino da sempre. La fune è sospesa nel cielo, non vedo l'inizio, ma penso sia la mia nascita e non vedo la fine, ma non è detto sia la mia morte. Cammino sulla fune, a volte ci ho corso, poche volte, a volte ho rischiato di cadere per la forza degli agenti esterni che l'hanno fatta oscillare come nella tempesta, e spesso ci ho camminato disegnandomi intorno una gabbia. La gabbia prima è a matita, ma io so di avere una gonna in tasca, a volte, anche senza volerlo, la gabbia diventa disegnata a penna, non quelle cancellabili. Una volta è diventata di amianto ed io, cercando l'equilibrio, ci ho scapicollato dentro senza per anni riuscire a riprendere il controllo. Poi è esplosa, ho perso l'equilibrio, ma quello che più mi dà fastidio e che faccio perdere l'equilibrio anche agli altri. Le conseguenze della perdita di equilibrio degli altri, che fanno oscillare la mia fune, posso gestirle, ma io che faccio perdere gli equilibri agli altri non mi piace, mi fa stare male, perché potevo pensarci prima, perché arriva da una fase di egoismo che non è da me e quindi non so gestire. Quando penso prima a me la gabbia è trasparente, ma poi la testa fa giri pindarici, vede quello che vorrebbe, vuole quello che non dovrebbe e non pensa alle conseguenze. Allungo la mano sulla fune, poi tutto il braccio pensando che ci sono quasi e poi faccio cadere l'equilibrio e perdo un pezzo, perdo qualcosa a cui pensavo di arrivare, a cui tenevo e che invece cade e non sempre faccio in tempo a prendere al volo. E quando lo perdo mi do dell'egoista e della scema perché non ho valutato tutto ed ho pensato solo a me. E così la gabbia a matita diventa a penna, racchiudo le braccia e penso che ho sbagliato a capire, a volere. E torno indietro a non dire o ad avere paura a farlo. Ma mi hanno insegnato, ho imparato e devo ricordarmelo che la mia gabbia me la faccio io, posso viverci anche bene, arredarla carina, riempirla di finestre, non per forza deve essere un brutto posto dove stare. Spero adesso che quella voglia che mi viene a volte si tramuti in una finestra e non in una gomma, perché non voglio perdere l'ultimo pezzo che mi è rimasto.
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Per favore non fate commenti e non chiedetemi come sto, vi ringrazio già adesso, ma non vi risponderei onestamente.
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klimt7 · 2 years
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Breve storia di due persone smarrite
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... un pensiero che mi ha sempre accompagnato da giugno 2021 ...
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Sarebbe la soluzione di tutti questi malintesi, che continuiamo ad allevare dentro di noi. L'unica soluzione sarebbe viverci. Allora capiresti.
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Il nucleo di noi era ed è questo.
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No. Credo che non lo vedi. Non riesci a capirlo, a sentirlo... perchè distratta da milioni di altri pensieri di paura, di sospetto, di diffidenza e così ti perdi il nucleo di quel che siamo.
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Continua...
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dolcifragole · 17 days
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Il surfista è ufficialmente diventato il leoncino, e non vedo l'ora di rivederlo, l'altra sera l'ha detto... Non ci credo ancora... Mi sono innamorato di te cate... L'ha detto! Non credo di essere stata così felice da così tanto tempo, non è più la mia tossina, ora è diventato la persona che mi rende più felice in assoluto, penso che lui sia quello giusto, anche se dentro di me sento quella sensazione di "sto facendo qualcosa di così sbagliato" ma mi rende così felice, non riesco ancora a crederci, il mio leoncino mi vuole, non devo più avere paura o prenderlo con le pinzette, prova quello che provo io... Non so è veramente una buona idea viverci già insieme, pure a casa di sua madre, ma Sinceramente non mi interessa, anzi, sono così felice che staremo così tanto insieme, mi manca da morire, voglio solo sentrirmi stritolare da lui mentre mi da della bestiaccia
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greenbor · 1 year
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Di noi non troveranno mai una foto assieme, il mondo non saprà mai che ci siamo amati, sfiorati e toccati...
Siamo solo anime che si abbracciano, corpi che si cercano, che si trovano nel buio, quando tutti dormono, quando il mondo spegne le luci...
Se un giorno qualcuno dirà "io li ho visti amarsi..." avrà visto solo due ombre che si stringevano che si fondevano all'unisono...
Noi non saremo mai una realtà visibile, noi non saremo mai una passeggiata, a noi non è concesso il sole sulla pelle...
Noi siamo il segreto, il peccato...
Noi siamo quelli sbagliati...
Quelli che guardano lo stesso cielo, le stesse stelle...
Esistiamo dentro gli angoli del nostro cuore ci accarezziamo nei ricordi a noi vissuti...e quei brividi di emozioni...che sentiamo e che nessuno può mai immaginare...quanta passione...quanto amore...
A noi ci è concesso sognare in silenzio...non siamo come gli altri...non saremo mai come gli altri...
Noi siamo un'ora d'amore e ventitre di sogni...di desideri, di crampi allo stomaco, di passione vera...di amore puro...noi siamo un ora di vero amore...cio che gli altri non hanno e sognano di avere...
Siamo al buio perche non possiamo viverci...ma quell'ora è la piu sincera... attimi di vera felicità...forza che ci fa andare avanti e credere all'Amore...
D. Bianco
Testo postato da https://www.tumblr.com/maripersempre-21
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