#( dottore: iniziare. )
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delusionaid · 1 month ago
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@iniziare sent: "Doctor, your penchant for dissecting the human soul under the guise of science is as tiresome as it is abhorrent. I am not Crucabena, and the children are not specimen for your twisted curiosities." (It's time, have Arlecchino to Dottore 😌 Write the man, Min, write the man)
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A subtle smile spreads beneath the doctor's mask, one-sided but colored with genuine amusement. The fact that she calls it a guise does nothing but offer a glimpse into her blatant lack of vision and her limited understanding of his intentions and the workings of this world and its rotten societies. As such, standing in a long line of disbelievers and small-minded intellectuals, she represents nothing special. A pity. Young as she is, he doesn't fault her for her shortcomings - not more than anyone else who ekes out their wretched existence in unfulfilled potential.
How simple his life would be - pale and listless, but simple - if sadism was all that drove him and his methods. If he hadn't been accused of the same banal motivation more times than he cares to count, he might have bothered to counter it.
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"Indeed you are not, as you keep proving effortlessly." A small sigh comes over his lips, just at the cusp of being bothered - but at the end of the day, it is a minor inconvenience. Warm bodies are not as hard to come by, though it certainly was convenient to have his pick of young and unspoiled specimen at Crucabena's courtesy. Collecting them off the streets is simply more of a hassle, but there's never a shortage of the desperate and the foolish.
"Well, that concludes this riveting meeting, I believe. Should you have a change of heart, do think of me? I wouldn't mind taking any hopeless cases off your hands in the future." If her righteous anger is meant to intimidate him, she has yet to grasp the dynamic that exists between her fellow Harbingers. Perhaps she'll also learn, in time, that making her distaste for his designs so obvious is nothing but a formality.
Perhaps also, in time, she will turn out to be a much more interesting subject of study than her little wards. And if Zandik has one thing, it is time.
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pettirosso1959 · 1 year ago
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Il fondatore di Greenpeace
«Vi svelo la truffa ambientalista»
Uno dei padri dell’organizzazione: «La sinistra, capito che attorno all’ambientalismo girano soldi e potere, ne ha traviato la missione L’obiettivo è stato fare da megafono all’apocalisse climatica, con l’uomo unico responsabile da punire.
25 Apr 2024 FRANCO BATTAGLIA
Studioso, ecologista e leader di lungo corso nel campo ambientale internazionale, Patrick Moore, con un dottorato di ricerca in Ecologia dall’Università della British Columbia e un dottorato di ricerca onorario dalla North Carolina State University, è considerato uno dei più qualificati esperti di ambiente al mondo. Nel 1971 fondava Greenpeace, la più grande organizzazione di attivisti ambientali del mondo, ma l’ha lasciata nel 1986.
Come mai l’ha lasciata, dottor Moore?
«Greenpeace è stata “dirottata” dalla sinistra politica quando ha capito che c’erano soldi e potere nel movimento ambientalista. Gli attivisti politici di sinistra in Nord America e in Europa l’hanno trasformata da organizzazione scientifica a un’organizzazione politica di raccolta fondi. Oggi gli ambientalisti si concentrano principalmente sulla creazione di narrazioni progettate per infondere paura e sensi di colpa nel pubblico in modo che il pubblico invii loro denaro».
Cosa pensa dell’Ipcc, il Comitato dell’Onu sul clima? Fa scienza?
«L’Ipcc assume scienziati per fornire loro “informazioni” che supportino la narrazione dell’emergenza climatica. Le loro campagne contro i combustibili fossili, l’energia nucleare, la CO2, la plastica, etc., sono fuorvianti e mirano a far credere alla gente che il mondo finirà, a meno che non paralizziamo la nostra civiltà e distruggiamo la nostra economia. Sono ormai un’influenza negativa sul futuro dell’ambiente e della civiltà umana. Oggi la sinistra ha adottato molte politiche che sarebbero molto distruttive per la civiltà perché non sono tecnicamente realizzabili. Basti pensare all’incombente crisi energetica, una crisi che hanno creato loro stessi, rifiutandosi, opponendosi all’energia nucleare e adottando una posizione impossibile sui combustibili fossili in generale».
L’uomo è il nemico del pianeta…
«Già. Secondo i leader ambientalisti gli esseri umani sono i nemici del pianeta e della Natura. Secondo la nuova filosofia dominante, il mondo sarebbe migliore se esistesse meno gente. Ma le persone che dicono questo non si sono offerte volontarie a essere le prime ad andarsene».
Come accadde che lasciò Greenpeace?
«Ero uno dei 6 direttori di Greenpeace International, e l’unico ad avere una formazione scientifica formale, laurea con lode in scienze e foreste e dottorato in ecologia. I miei colleghi direttori decisero che Greenpeace avrebbe dovuto iniziare una campagna per “bandire il cloro in tutto il mondo”. Ma l’aggiunta di cloro all’acqua potabile, alle piscine e alle terme è stato uno dei progressi più significativi nella storia della sanità pubblica nel prevenire la diffusione del colera. Inoltre, circa l’85% dei prodotti farmaceutici è prodotto con chimica legata al cloro e circa il 25% di tutti i nostri farmaci contiene cloro.
Tutti gli alogeni, compresi cloro, bromo e iodio, sono potenti antibiotici, e senza di essi la medicina non sarebbe la stessa. Invece i miei colleghi pretendevano che il cloro passasse come l’elemento del diavolo” e che il Pvc, cloruro di polivinile, fosse etichettato come “la plastica velenosa”. L’obiettivo era di spaventare il pubblico. Inoltre, questa politica sbagliata rafforza l’atteggiamento secondo cui gli esseri umani non sono una specie degna e che il mondo starebbe meglio senza di loro. Non sono riuscito a convincere i miei colleghi di Greenpeace ad abbandonare questa politica sbagliata. Questo è stato il punto di svolta per me».
Una delle narrazioni di Greenpeace riguarda la scomparsa degli orsi polari
«Il Trattato internazionale sugli orsi polari, firmato da tutti i Paesi polari nel 1973 per vietare la caccia illimitata all’orso bianco, non viene mai citato dai media, da Greenpeace o dai politici che affermano che l’orso polare si sta estinguendo a causa dello scioglimento dei ghiacci nell’Artico. In realtà, la popolazione di orsi polari è aumentata da 6.000-8.000 esemplari nel 1973 a 30.000-50.000 oggi. L’obiettivo della narrazione è sostenere la teoria dell’apocalisse ambientale. Gli Aztechi gettavano le vergini nei vulcani, e gli europei e gli americani hanno bruciato le donne come streghe per 200 anni, sostenendo che così si sarebbe salvato il mondo. Gli esseri umani sono animali sociali con una gerarchia, ed è più facile ottenere una posizione elevata usando la paura e il controllo. La teoria dell’apocalisse ambientale riguarda soprattutto il potere e il controllo politico. Oggi, nei Paesi più ricchi, si stanno prendendo decisioni che i nostri nipoti dovranno pagare. È normale che le persone abbiano paura del futuro perché è sconosciuto e pieno di rischi e difficili decisioni. Alle giovani generazioni di oggi viene insegnato che gli esseri umani non sono degni e stanno distruggendo la Terra. Questo indottrinamento li ha fatti sentire colpevoli spingendoli a vergognarsi di sé stessi».
Perché è stata presa di mira la CO2?
«Il mondo si sta riscaldando dal 1700 circa, e l’ha fatto per due secoli prima dell’utilizzo dei combustibili fossili. Il 1700 è stato l’apice della Piccola era glaciale, un paio di secoli molto freddi che hanno patito scarsi raccolti e fame. Prima di allora, intorno al 1000 d.C., c’è stato il Periodo caldo medievale, quando i vichinghi coltivavano la Groenlandia. Alcuni credono che la CO2 sia la causa principale del riscaldamento degli ultimi decenni. Ma sono principalmente scienziati pagati da politici e burocrati, da media che fanno notizia o da attivisti che fanno soldi. Se l’anidride carbonica fosse la causa principale del riscaldamento, allora dovrebbe esserci un aumento della temperatura in corrispondenza dell’aumento della CO2, ma non è stato così. Inoltre, la CO2 è alla base di tutta la vita sulla Terra e la sua concentrazione nell’atmosfera oggi è più bassa di quanto sia stata per la maggior parte dell’esistenza della vita. L’aumento della CO2 è correlato all’aumento della vegetazione: quasi tutti i coltivatori di serre commerciali in tutto il mondo acquistano CO2 da iniettare nelle loro serre per ottenere raccolti con rese superiori fino al 60%. Gli allarmisti climatici preferiscono discutere delle conoscenze climatiche solo a partire dal 1850. Il periodo precedente viene definito “età preindustriale”. Questa “età preindustriale” è durata più di 3 miliardi di anni, quando la vita era presente sulla Terra. In quel periodo si sono verificati molti cambiamenti climatici, tra cui ere glaciali, ere temperate, grandi estinzioni. Oggi la Terra si trova nell’era glaciale del Pleistocene, iniziata 2.6 milioni di anni fa. Siamo ancora nel Pleistocene, per quanto gli allarmisti climatici vogliano negarlo.
La grande ironia dell’attuale panico climatico è che la Terra è più fredda oggi di quanto lo sia stata per 250 milioni di anni prima dell’inizio del Pleistocene. E la CO2 è più bassa oggi che nel 95% della storia della Terra. Ma non lo saprete mai se ascoltate solo tutte le persone che traggono vantaggio dalla menzogna del cambiamento climatico antropico».
Vogliono azzerare l’uso dei combustibili fossili…
«Non possiamo fermare l’aumento dell’uso dei combustibili fossili o ridurre le emissioni di CO2. Nel 2015, mentre partecipavo alla Cop (Conferenza delle parti) di Parigi, ho offerto una scommessa pubblica di 100.000 dollari in un comunicato stampa diffuso da oltre 200 media, secondo cui entro il 2025 le emissioni globali di CO2 sarebbero state superiori a quelle del 2015. Nessuno ha voluto scommettere con me. Russia, Cina e India rappresentano il 40% della popolazione mondiale e non sono d’accordo con l’agenda anticarbonio. Se aggiungiamo Brasile, Indonesia e la maggior parte dei Paesi africani, la maggioranza della popolazione mondiale non è preoccupata dal clima. Un’altra grande ironia è che molti Paesi con i climi più freddi, come Canada, Svezia, Germania e Regno Unito, sono i più preoccupati per il riscaldamento».
Vogliono produrre energia solo con fotovoltaico ed eolico…
«Le tecnologie fotovoltaica ed eolica sono entrambe molto costose e molto inaffidabili. È incredibile che a così tante persone sia stato fatto il lavaggio del cervello per pensare che interi Paesi possano essere sostenuti con queste tecnologie. Esse sono i parassiti di un’economia più ampia. In altre parole, rendono il Paese più povero rispetto al l’utilizzo di altre tecnologie più affidabili e meno costose. I fornitori di energia eolica e solare godono di sussidi governativi, sgravi fiscali e normative che obbligano i cittadini ad acquistare energia eolica e solare anche se più costosa, con il pretesto che è “rispettosa dell’ambiente”. Milioni di persone pagano di più per l’energia eolica e solare mentre poche persone si stanno arricchendo a spese dei primi. È una colossale frode. Senza contare che parchi eolici e solari utilizzano grandi quantità di combustibili fossili per l’estrazione, il trasporto e la costruzione. E in molti luoghi non producono, nel corso della loro vita, l’energia necessaria per costruirli e mantenerli».
Gli ambientalisti ce l’hanno anche con la plastica...
«La plastica non è un materiale tossico. Ed è per questo che se ne fa così largo uso!».
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itsmyecho · 2 years ago
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sono un ragazzo di 17 anni, soffro di depressione e bipolarismo per via ereditaria da mia madre. Nonostante ciò mia madre non lo accetta, credo che si senta "in colpa" di questa mia condizione. Solo nell'ultimo anno oltre la depressione e il bipolarismo mi hanno diagnosticato vari disturbi dell'apprendimento, che spiegano il perché vada male a scuola. Cerco di fare finta di nulla con gli amici, sono sempre quello gentile e sorridente, che è sempre disponibile e che è sempre pronto a far tirare fuori un sorriso, mentre dentro vorrei solo urlare tutte le mie emozioni. Quando i miei amici mi chiedono "Come stai?" mi viene un colpo al cuore, non posso dirgli che pochi giorni prima ho avuto pensieri suicidi, per l'ennesima volta. Quindi rispondo "bene" restando nella consapevolezza che questo mentire però non mi aiuterà mai.
Però mi consolo a sapere che non sono unico, che quello che sto passando altre persone ne sono già passate e che mi possono aiutare.
Una di queste persone sei tu.
Non è semplice andare avanti con i pensieri, soprattutto quando cerchi di evitarli e credi che così tutto possa migliorare. La mente parla, si crea lo stress, e arrivano pensieri molto brutti. A volte, è più facile dormire che affrontare queste cose, e poi la solita sensazione ritorna appena ti svegli, non è vero? Non sono un dottore, non sono nessuno e non sarò qui a darti una citazione o una frase che ti dia coraggio; sarebbe molto superficiale per queste situazioni. Quel che ti posso dire è di diventare selettivo, taglia fuori chiunque generi energia negativa, perché non puoi iniziare la tua "guarigione" nello stesso posto dove è iniziata la "malattia", capisci? Tu sei così come sei ora, non puoi cambiare il tuo "io". Se non ti senti accettato, sei semplicemente nel posto sbagliato, è come andare con gli euro in un altro paese: ovviamente non verranno accettati.
La seconda cosa che posso consigliarti è di parlare senza paura. Proprio per questo, prima devi essere selettivo. Non puoi farlo con chiunque, perché molte persone ascoltano senza capire niente, o semplicemente non vogliono capire. Questa sensazione ti distruggerebbe ancora di più perché ti sentiresti ancora peggio. Quindi, scegli chi avere attorno e non tenere amicizie per formalità, cosa che ancora oggi non capisco perché esista. Parla, tira fuori quel che hai dentro. Noi siamo cresciuti con l'idea che parlare molto probabilmente non aiuta, ma è la cosa più sbagliata. Noi, come esseri umani, dobbiamo comunicare. È nel nostro sangue, la mente stessa comunica attraverso il linguaggio del corpo quando non si apre bocca; è nel nostro essere. Quindi, parla, esprimi quel che senti a modo tuo, e già questo sarà il tuo primo passo verso la strada che vuoi fare.
Abbi un obiettivo nella vita, pensa a cosa vuoi fare. Non ti sto chiedendo cosa vuoi fare tra cinque anni; ti chiedo solo di scegliere cosa essere nella vita e cerca di fare piccoli passi verso questa meta. Altrimenti, siamo persi e camminiamo tra i pensieri che si sono generati nella nostra confusione, perché è proprio così che si crea lo stress. Sono decisioni nella vita che dobbiamo prendere, ma non vogliamo farlo. Inoltre, vorrei che tu capissi che il cervello è come un muscolo e ha l'abilità "memoria muscolare". Ogni cosa che fai in ripetizione viene appresa e ripetuta anche senza volerlo a volte. Proprio per questo ci viene detto che i pensieri positivi sono importanti e bisogna evitare quelli negativi, perché altrimenti pensi negativamente anche senza volerlo, e presumo che stia accadendo proprio questo ora. Devi fare attività che generano dopamina, che può aiutarti molto.
Ovviamente, questi sono solo consigli, e se davvero ci tieni a stare bene, sono sicuro che seguirai qualcosa. Non finire come quelli che possono cambiare la loro vita ma sono impegnati a piangersi addosso.
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Incontra il Nutrizionista di Bologna che Sta Cambiando Vite: Dottor Scopelliti
Quando si tratta di trovare un nutrizionista a Bologna, le opzioni possono essere molteplici, ma pochi possiedono l'esperienza e l'approccio personalizzato del Dottor Scopelliti, un professionista che sta ridefinendo il concetto di nutrizione e benessere nella città.
In un mondo dove l'alimentazione e la salute sono sempre più centrali nelle nostre vite, il ruolo di un nutrizionista esperto diventa fondamentale. Ecco perché la visita da un professionista come il Dottor Scopelliti a Bologna può fare la differenza nel vostro percorso di salute.
All'indirizzo Studio New Life - La Visita, troverete tutti i dettagli su come il Dottor Scopelliti, rinomato nutrizionista di Bologna, può aiutarvi a raggiungere i vostri obiettivi di salute. Il suo approccio non si limita solo a fornire piani alimentari; si tratta di una vera e propria consulenza che prende in considerazione ogni aspetto della vostra vita, dallo stile alimentare alle abitudini quotidiane, assicurando che il piano nutrizionale sia completamente personalizzato e in linea con le vostre necessità.
Una visita presso il Dottor Scopelliti non è un semplice appuntamento, è un'esperienza trasformativa. Durante la consulenza, il Dottor Scopelliti si dedica a comprendere a fondo la vostra storia personale, il vostro stile di vita e le vostre esigenze specifiche. Questo permette di creare un programma nutrizionale che non solo vi aiuta a raggiungere i vostri obiettivi di peso o salute, ma che migliora anche la vostra qualità di vita generale.
Il sito Studio New Life - La Visita offre anche una panoramica completa dei servizi offerti, inclusi programmi personalizzati per esigenze specifiche come perdita di peso, nutrizione sportiva, e gestione di condizioni di salute attraverso l'alimentazione.
Con la sua vasta esperienza e una profonda passione per la nutrizione, il Dottor Scopelliti, nutrizionista a Bologna, rappresenta una scelta ideale per chiunque desideri intraprendere un viaggio verso un benessere sostenibile e consapevole. La sua filosofia si basa sull'idea che una corretta nutrizione sia la chiave per una vita lunga e sana.
In conclusione, se state cercando un nutrizionista a Bologna che possa offrirvi un servizio personalizzato e di alta qualità, il Dottor Scopelliti presso lo Studio New Life è la scelta giusta. Visitate il sito per scoprire di più su come potete iniziare il vostro percorso verso una salute migliore.
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ginogirolimoni · 2 months ago
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Antonella Viola io l’ho conosciuta, come molti, durante il covid, invitata in veste di esperta in alcune trasmissioni.
Mi colpiva la sua competenza, la sua serietà, la corretta valutazione dei rischi, i buoni consigli che dava, ma mi colpiva soprattutto, la sua voce sensuale.
Facendo un rapido confronto, ho scoperto che anche lei studiava a Padova proprio nel periodo in cui ci studiavo anch’io e che alcuni dipartimenti della mia facoltà erano vicini a quelli di biologia e che io spesso pranzavo o cenavo nella mensa universitaria  che serviva tanti futuri biologi … davvero un peccato non averla conosciuta.
Successivamente l’ho rivista, più di rado, ancora in trasmissioni televisive, stavolta in veste di dietologa e nutrizionista, a proporre il suo “digiuno intermittente”, o a parlare di sesso, di longevità, del sonno … tutte cose molto periferiche rispetto a ciò di cui di solito si occupa la biologia.
Mi sono detto: “Sta cercando di capitalizzare il successo ottenuto durante le trasmissioni sul covid, che male c’è? E in fondo con cellule e cromosomi non ci guadagni molto in simpatia, vuoi mettere dar consigli sul dormire, sulla linea o sul sesso che interessano molto di più?”.
Non avevo idea che fosse stata contattata dal PD per le prossime elezioni regionali venete, ma posso capire perché: è famosa, è seria, ha bella presenza, sa parlare, è simpatica ed ha carisma … insomma, io l’avrei votata.
Ma lei ha rifiutato la candidatura dicendo sostanzialmente che lei è brava a fare la biologa e non crede di esserlo altrettanto come politica, e che preferisce essere biologa e libera intellettualmente, che politica e vincolata ad un partito, a degli interessi o ad un leader.
Argomenti che condivido fino ad un certo punto, se tutti facessimo il lavoro per cui ci siamo formati, nessuno farebbe politica eccetto chi vive di politica, come accade oggi, la politica diventerebbe una professione a sé, del tipo chi non sa far niente fa politica, e non è un buon modo per selezionare la classe dirigente, che  necessita del contributo umano di tutte le classi e livelli sociali.
Sull’autonomia, basta non cedere, non accettare i diktat dall’alto, iniziare a saggiare fin da subito qual’è il tuo margine di movimento, quali sono i tuoi gradi di libertà, tenendo presente che più il leader e il livello del partito o della coalizione è mediocre e più cercheranno di imporsi, e meno vorranno che tu emerga, ed anche che la politica non è una corsa in solitaria, è l’arte di coniugare l’impossibile, di far coesistere ciò che non sarebbe mai accaduto, è l’arte del compromesso.
Ma, visto che vivo in Veneto ormai da molti anni, so bene come la pensa la maggior parte della gente da queste parti, ci sono fondamentalmente tre cose che l’avrebbero penalizzata e che le avrebbero dato poche chances di essere la prossima presidentessa della regione Veneto: il primo è che è di sinistra, e qui anche quelli di sinistra sono già di destra a mio avviso, la sinistra raccoglie qualche simpatizzante in aree culturalmente vive come Padova, Venezia e in parte Verona, poi c’è il buio della lega e qui e la qualche fiorellino democristiano sopravvissuto alla DC.
La Viola è donna, e questo non facilita le cose, qui anche se sei una professionista affermata, una dottoressa, un’avvocata, una commercialista, una professoressa, continuano a chiamarti signora o signorina anche se ti contattano professionalmente, il “dottore” viene attribuito solo ai professionisti maschi.
Infine, cosa più grave, la Viola e “terrona”, come me, fatto imperdonabile da queste parti, se vuoi affermarti devi impegnarti il doppio e persino il triplo di altre persone e dopo rimani pur sempre terrone, ma è come se fossi stato purificato, deterronizzato insomma, alcuni ti diventano amici o clienti, acquistano fiducia in te, ma la stragrande maggioranza diffida ancora delle tue origini.
Quindi la sua candidatura sarebbe stata una candidatura a perdere, una con la certezza assoluta, matematica di perdere, anche se, come prevedo, il cdx farà tanti di quegli errori grossolani in questa regione, a cui mancherà un candidato forte come Zaia e ci si aspetta che FdI voglia scippare il feudo alla Lega, proponendo uno dei suoi.
Che la Viola sia giunta alla mia stessa conclusione e abbia graziosamente rifiutato l’invito?
Oppure, come penso sempre più convintamente, ormai la politica non attrae più le persone intelligenti, quelle perbene, perché avvicinandoti alla politica diventi immediatamente vassallo di qualcuno che è palesemente meno intelligente, meno onesto, con meno scrupoli dei tuoi?
Per molti giovani la politica è una “cosa sporca”, e non se ne sentono attratti, vedere i politici più affermati, ascoltare ciò che dicono, leggere ciò che scrivono, non è uno bello spettacolo, nessuno sogna di finire a quel livello.
Certo, detieni il potere, molta gente ti acclama, appari in tv, sui giornali, nei social, ogni cosa che dici e che fai viene amplificata, sei in contatto con i potenti della terra, ma ci sono altrettante persone che ti odiano, che ti fischiano, che ti insultano, e i potenti della terra ora ti ricevono con tutti gli onori, ora ti snobbano.
Diciamo che essere politico e voltagabbana è la stessa cosa, nessuno punterebbe sull’onestà di un politico qualsiasi che siede in Parlamento, tutti pensano che sei li non per fare del bene, non per amministrare bene la cosa pubblica, ma per interessi ed ambizioni personali.
Ormai non ci stupiamo più di niente, fra inquisiti, condannati, cocainomani, ladri, concussi, fraudolenti, corrotti, ignoranti, imbecilli, gente che vanta lauree e titoli che non ha mai conseguito, investitori di soldi pubblici in diamanti della Tanzania, chi mantiene l’amante a nostre spese, chi la fa eleggere in qualche collegio sicuro … insomma più che in Parlamento sembra di aggirarci fra i gironi dell’inferno dantesco. 
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scrivosempreciao · 8 months ago
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Il mio cuore meccanico
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“Non farà troppo male,” mi dice la ragazza al check-in dello studio, “mio cugino l’ha fatto qualche anno fa e ora sta una favola.” La guardo. Sta con i gomiti appoggiati pesantemente al bancone e si tiene la testa tra le mani. Mastica qualcosa, ogni tanto una sfumatura colorata le appare tra le labbra: una foglia di menta? Non saprei, forse è una semplice cicca verde. Il suo alito è buono. I suoi capelli sono ben pettinati, tutti tirati all’insù e poi esplosi in una bionda coda, vaporosa e alta. Mi chiedo quanto tempo ci abbia messo a farla, questa mattina. Da quando Miriam è morta, mi concentro sui dettagli delle cose attorno a me come non l’avevo mai fatto prima. Credo sia un modo per ingannare la mente e pensare ad altro. A tutto, ma non a lei e a quello che avevamo. “Ah sì?” Borbotto mentre apro il portafoglio e le allungo la cifra richiesta per l’operazione. Un acconto per iniziare, poi il saldo verrà fatto quando tutto sarà finito. Quando il mio cuore, finalmente, smetterà di essere un groviglio sanguinolento di tessuti e muscoli e sarà solo un perfetto e infallibile pezzo meccanico. Un meraviglioso prodigio di orologeria contemporanea, tutto rotelle, valvole, viti, quadranti, contatori e ghiere. Stando al depliant che ho consultato, potrò anche scegliere il colore. Penso lo chiederò dorato. “E lui che ha avuto?” Domando sottovoce. Lei è intenta a registrare il pagamento e i miei dati. Accenna un sorrisetto gentile e si prende un attimo per rispondere. Non posso fare a meno di chiedermi se si stia inventando quella storia di sana pianta, giusto per farmi stare meglio. “Aveva preso una super sbandata per una. Era cotto, innamoratissimo. Non pensava ad altro. Si sono sposati nel giro di un paio di mesi. Al rientro dal viaggio di nozze, lei lo ha piantato.” Dà un ultimo colpo forte sui tasti della cassa e poi mi guarda. “Ahi.” Arriccio le labbra in un’espressione contrita. Ma perché lo sto facendo? Cosa diamine me ne frega di quel suo cugino? “Diceva che non le piaceva il modo in cui rideva. Né come faceva l’amore. Né il suo odore o come svuotava i sacchetti della spesa,” fa spallucce, “insomma, aveva capito di essersi sbagliata. Lui non faceva per lei. Gli ha lasciato un bigliettino sul frigo e poi se l’è data a gambe.��
“E ora come sta?” “Ah, non saprei. Credo sia andata in un’altro continente.” “No, tuo cugino, dico.” “Oh, proprio come ti dicevo: una favola!” Entra un altro cliente; una donna in lacrime. La ragazza del bancone sposta la sua attenzione su di lei e mi congeda un con gesto della mano. Mi indica il corridoio e una porta bianca. La ringrazio e sgattaiolo via prima che i singhiozzi della nuova arrivata possano risvegliare qualcosa di brutto in me. La porta bianca si apre su una piccola sala d’attesa. Mi guardo attorno e non appena i miei occhi toccano una pianta grassa decorativa mi domando se il dottore o la dottoressa che eseguirà l’operazione sia davvero affidabile. Perché è tutto così caldo e accogliente? Il contrasto con l’ingresso è quasi lancinante: le pareti sono dipinte di un senape tenue, le sedie e i tavolini sono di legno, c’è un tappeto peloso al centro e ci sono piantine sparse qua e là, verdi e pure in buona salute. E perché c’è un dolce odore di vaniglia? Ah, noto un vaporizzatore a forma di luna appoggiato su di un mobile. Non va bene. Non va per niente bene. Le persone come i dottori che sostituiscono gli organi difettosi e capricciosi con componenti meccaniche dovrebbero essere rigorose, asettiche, fredde. Esattamente come le rotelle che mettono al posto della carne. Niente vitalità, niente esuberanza, niente sansevierie rigogliose a cui dare da bere prima di chiudere lo studio e tornare a casa. Sono qui proprio per questo, per farmi aiutare da chi ormai dovrebbe essere oltre le agonie umane della gente che, come me, un cuore ancora ce l’ha e vorrebbe gettarlo in un frullatore. Sto per marciare verso la porta bianca e andare a dirne quattro alla ragazza con l’alito che sa di menta quando- “Signor Manna?” La porta si apre prima che io possa toccarla e davanti a me compare una donna soffice. Eccola lì, la dottoressa. So che è lei perché ha proprio l’aspetto di una che metterebbe un diffusore di aromi a forma di luna nella sala d’attesa di uno studio che impianta cuori meccanici. Tonda, gioviale, guance rosse, occhi profondi. Più fuori luogo di un gatto in un acquario, ma anche tanto, tanto bella. “Sono io.” “Prego, mi segua!” Ha una voce dolcissima.
Mi accompagna lungo tutto il corridoio, poi a destra, poi a sinistra, poi ancora a sinistra. Mi fa entrare nel suo regno, la sala preparatoria, l’anticamera della sala operatoria. Qui, quasi ho un mancamento. È ancora peggio della saletta d’attesa. Piante ovunque, piccoli ninnoli sui mobili e sulla scrivania, tappeti morbidi sparsi per il pavimento, divanetti con una bella e affascinante aria scandinava, tutti pastellosi ed estetici. Solo io vedo l’assurdità di tutto questo? Mentre mi siedo dall’altra parte della scrivania in legno chiaro, il mio sguardo si posa sulla statuetta di un gattino. Bianco e nero, con la pancina per aria e le zampette tese come se stesse giocando con una mano immaginaria. È adorabile, proprio il genere di cose che facevano impazzire Miriam. “Qualche bel ricordo?” La donna soffice sorride. La guardo confuso. “Oh, mi perdoni,” continua, “è che la vedevo assorto, credevo stesse pensando a qualcosa di bello.” “Uhm,” raddrizzo la mia postura e faccio spallucce, “no. Cioè, sì. Pensavo a… Beh, a mia moglie. Ex-moglie? Non saprei come definirla. Sono vedovo.” “Come si chiamava?” “Miriam.” “Un bellissimo nome. Signor Manna, la morte di Miriam è il suo motivo per essere qui, oggi?” “Esattamente.” “Dunque. Forse si sarà già informato sulla procedura, ma lasci che le dia un riassunto.” Incrocio le braccia, annuisco e la ascolto con attenzione. So già tutto, o almeno credo, ma voglio che la donna soffice mi parli: il tono della sua voce mi conforta, è materno, accogliente, gentile. Ancora, mi sembra assurdo che una professionista di quel settore sia fatta in quel modo, ma, in fin dei conti, non mi dispiace. È da un po’ che non faccio due parole con qualcuno che non sia il mio gatto. “È molto semplice. Faremo un paio di visite intermedie per controllare i suoi parametri vitali e la reazione del suo corpo ad alcuni congegni meccanici. Dopodiché, procederemo con l’operazione vera e propria. Lei è mai stato operato, signor Manna?” “Mi hanno tolto l’appendice. E sono stato operato per dei calcoli renali.” Brutti momenti. Ma non importa, dovessero ricapitarmi in futuro, non ne soffrirò. Almeno, non emotivamente. Sarò forte, saldo, senza paura. Non per merito mio, no, ma comunque il risultato sarà lo stesso. “Molto bene. Non è nulla di diverso, stia tranquillo. Apriremo la sua cassa toracica, estrarremo il cuore vero e tutte le valvole e impianteremo un perfetto cuore meccanico di ultima generazione.” “Oro?” “Come, scusi?” “No, dico, potrei averlo color oro?”
La donna soffice mi dà uno sguardo intenerito, con un mezzo sorriso complice. Prende un post-it dall’angolo della scrivania e lo appiccica sopra il faldone che ha davanti a sé. Oro, scrive quelle tre lettere con cura, come se il destino dell’intero studio dipendesse da loro. “Ecco fatto. Dunque, i giorni successivi all’intervento si sentirà un po’ sfasato e strano, come è ovvio. Qualche dolorino, forse, ma nulla di più. Avrà un periodo di recupero di circa un paio di settimane, poi sarà pronto ad affrontare il mondo con il suo nuovo cuore.” Ed eccoci arrivati al punto fondamentale della questione. Piego in avanti la schiena a mi avvicino al tavolo, come se la donna soffice fosse in procinto di sussurrare chissà quale segreto globale che solo io devo conoscere. O chissà quale scabrosità piccante. “Lei continuerà a essere vivo a tutti gli effetti, proverà un limitato ma presente range di emozioni, e non dovrà più temere di ritrovarsi con un cuore spezzato.” “Il mio cuore è già spezzato, dottoressa,” mormoro a fatica. “Lo so, lo so. E mi dispiace. Quello che intendo è che non sentirà più nulla da quel punto di vista. Niente più lutto, niente più dolore. Né per il passato, né per il futuro.” “E i ricordi?” “I ricordi rimarranno lì, non si preoccupi. Non dimenticherà Miriam. Ma, non se ne preoccuperà più.” Allunga la mano verso un cassetto, lo apre e inizia a frugarci dentro. “Ha mai sentito parlare delle sostituzioni di materia cerebrale? In quel caso i ricordi invece-” “No, no,” la fermo subito, “non si preoccupi. Va bene così. Mi basta questo, per ora.” Richiude il cassetto. “Molto bene.” Segue un momento di silenzio in cui nessuno dice nulla. Eppure, non mi infastidisce. Strano, non sono affatto un fan di situazioni di quel genere, anzi. Essere una persona molto timida e insicura mi rende il perfetto candidato per mal sopportare i silenzi con gli sconosciuti o le situazioni ‘grigie’ dove non è chiaro chi dovrebbe fare cosa. Ma la donna soffice mi mette a mio agio: non sta facendo nulla di particolare se non essere seduta dall’altra parte della scrivania e guardarmi con un sorriso gentile, ma a quanto pare è sufficiente. “Se è pronto, potremmo iniziare la prima visita,” rompe il silenzio. “Ma certo.”
Mi porta in una stanzetta adiacente, molto meno accogliente e molto più asettica e professionale. Arrivati a questo punto, non so se sentirmi rassicurato o turbato dall’assenza di ulteriori ninnoli e oggettini. A pensarci, è normale che sia così, vuota di qualsiasi altra sfumatura se non quella bianca e verde tipica degli ambienti medici. È quello che è: una stanza con un lettino e tante strumentazioni mediche all’avanguardia. Le guardo tutte e mi rendo conto di non conoscerne nemmeno una: cosa mi aspettavo? Non lo so nemmeno io, ma pensavo avrei trovato lì dentro almeno qualcosa di familiare, un ecografo, una macchina a raggi X o, magari, un elettrocardiografo. No, quegli strumenti hanno forme stranissime, bislacche quasi. Roba mai vista, neanche in un giornale o in un film. La donna soffice mi chiede di togliermi la camicia e di sdraiarmi. Lo faccio con la consapevolezza che lei sarà la prima in mesi e mesi e mesi a vedere così da vicino certe parti di me. Da quando Miriam è morta, non ho avuto nessuna. O nessuno. Come avrei potuto? Ho sempre sentito descrivere il dolore come una marea; mi sembrava verosimile, certo, ma un tantino retorico ed esagerato. Questo finché non è successo anche a me. È una marea, sì, un’onda, ma non nel senso che sommerge e fa annegare, ma nel senso che arriva e porta via. A più riprese, incessantemente. Strappa via le parti più umane e intime di chi rimane indietro, nel mondo dei vivi. Un pezzo alla volta. La voglia di stare fisicamente con qualcuno che non fosse mia moglie era uno dei pezzi. “Si rilassi, chiuda gli occhi, faccia dei bei respironi profondi, al resto ci penso io.” E così è. Cioè, più o meno. Rilassarsi è un parolone, ma mi nascondo dietro il buio delle palpebre, faccio entrare quanta più aria possibile nel mio corpo e lascio che lei svolga il suo lavoro. Si muove con calma e precisione su di me, lo sento. Tocca il mio petto, lo tasta, appoggia le dita sul mio collo, sulle spalle. Sussulto leggermente quando qualcosa di freddo e metallico si sostituisce alle sue mani, ma non apro gli occhi. Mi diverto a dare una forma a quelle piccole superfici che si appoggiano e si alzano ritmicamente sul mio petto, accompagnate da ronzii elettrici e dai sospiri leggeri della donna soffice. Questa sembra un triangolo. Questa forse è un cerchio. Questa è un rettangolo. E questa? Cielo, questa è davvero difficile, credo- “Ecco fatto, signor Manna! È un ottimo inizio.” Riapro gli occhi e me la trovo a pochi centimetri dalla faccia, tutta sorridente. È bella, lo è davvero, e quel suo essere così gentile muove qualcosa dentro di me. Ma, è ora di andare, la visita è finita; scivolo giù dal lettino, mi rimetto la camicia, ringrazio la donna soffice, prendo un promemoria per i prossimi incontri e me ne torno a casa. La ragazza con l’alito che sa di menta mi saluta con un ‘a presto!’ acutissimo.
Casa significa ricordarsi perché voglio così tanto strapparmi quel mio cuore vero e sostituirlo con uno meccanico. Quei 65mq in un piccolo condominio di periferia che prima condividevo con Miriam ora mi stanno addosso come chilometri e chilometri e chilometri di vuoto. C’è Romeo, il nostro (mio) gatto, sì, ma lui è un animale: per le creaturine di quel genere il lutto si misura in un paio di mani in meno da cui ricevere coccole e cibo, nulla di più di quello. E lo invidio, mentre lo guardo scofanarsi imperterrito la sua scatoletta di cibo umido: è così che dovrebbe essere per tutti. Un inciampo fisiologico da cui rialzarsi e andare avanti. E invece per me il lutto è una spina che ogni giorno scende più in profondità mentre vago per il nostro (mio) appartamento. Il mio terapista mi aveva assicurato che prima o poi sarebbe passato. Mi ha detto che il tempo lava via tutto. E se non lava, almeno lenisce e alleggerisce. Ma non è così, per nulla: il tempo è amico delle infezioni e quella spina sta marcendo nella mia carne. Gliel’ho detto, al mio terapista. E lui mi ha suggerito di prendere in considerazione la sostituzione cardiaca. Non mi aveva messo fretta, anzi, se devo dirla tutta credo non sia un grande sostenitore di quella procedura - è ovvio, meno dolore = meno clienti - ma aveva comunque fatto il suo lavoro e si era premurato di farmi avere i recapiti. Avevo prenotato il mio primo appuntamento dopo neanche una settimana.
***
“Sente male?” Anche per questa nuova visita la donna soffice mi ha fatto sedere sul lettino e ora è in piedi davanti a me. Indossa guanti spessi e bianchi e stringe una porzione della pelle del mio petto tra l’indice e il pollice della sua mano destra. È il quinto pizzicotto che mi dà. Non mi è ben chiaro lo scopo di quella visita, ma mi fido di lei. “No. Cioè, non è neanche piacevole, ma… Beh, è sopportabile.” “Bene.” Si allontana, estrae dal cassetto un… Cielo, che diavolo è? Sembrerebbe la bacchetta di un rabdomante, ma è di metallo nero. Torna verso di me e lo punta verso il mio addome, oscillandolo a destra e a sinistra. Non capisco se sia lei a dirigerlo o se quel coso si stia muovendo da solo. “Posso farle una domanda, signor Manna?” “Certo.” Vorrei me ne facesse mille. Non sono uno a cui piace parlare chissà quanto, ma lei mi tranquillizza. È una di quelle persone davvero intenzionate ad ascoltare le risposte alle domande che pongono. Almeno, dà quell’impressione, con i suoi occhioni e le fossette che si formano nelle sue guance quando parla. “Come era sua moglie?” Ecco, forse quella è l’unica domanda che avrei evitato volentieri. Mi coglie di sorpresa e trattengo il respiro mentre lei continua a muovere quella roba metallica strana vicino alla mia pancia. Mi domando se domande di quel genere siano previste dalla procedura medica. Forse servono a valutare le mie reazioni fisiche, o roba così. “Miriam era…” come era Miriam? Difficile a dirsi. Io lo so, lo so come era. Lo sento. Lo sentivo, quando era ancora viva. Sapevo perché l’amavo e perché era la mia compagna di vita. Lo sentivo e basta, non era un qualcosa che avevo mai dovuto spiegare a voce a nessuno, neanche a me stesso. Era come il sangue che scorre nelle vene: è così, senza un motivo. Ed è vita. “… lei era gentile. Amava le cose semplici. Forse era quello il motivo per cui mi aveva scelto. Non aveva tante pretese, ma non perché fosse una persona banale, tutt’altro. Sapeva di preferire la semplicità. Per esempio, le piaceva il caffè. Un buon caffè. Senza orpelli o variazioni o aggiunte strambe o alternative con nomi improbabili. Un caffè, fatto bene. E la pasta al pomodoro, per dire. Non era tipa da cose complicate. Pochi ingredienti, ma buoni, trattati con amore. E questo valeva un po’ per tutto.” “Capisco.” La donna soffice fa un sorriso dolcissimo e annuisce, senza però aggiungere altro o commentare in qualche modo le mie parole. Nulla.
Continua a muovere la bacchetta e sorride. Forse ho detto delle stupidaggini? Diamine, è la prima volta che qualcuno mi fa una domanda così personale e diretta dalla morte di Miriam; rispondere non è stato facile. Un po’ come cercare di rimettere insieme i pezzi di un puzzle senza sapere da dove iniziare. Alla fine magari viene fuori una schifezza, anche se le intenzioni erano buone. Forse ho dato alla donna soffice un’immagine di Miriam troppo pacchiana e semplicistica? Miriam era tanto altro. Forse- Un ronzio infastidito arriva dalla bacchetta metallica. La dottoressa la allontana e mi guarda negli occhi. Sono così belli, i suoi. “Oh? Ho fatto qualcosa di strano? Dunque, ho provato a rispondere, ma non so se era la cosa giusta da dire…” Balbetto quelle parole senza sapere bene dove andrò a parare. “Non si preoccupi. Non è colpa sua.” Si alza e ripone quella roba nel cassetto. “E, per quel che vale, non credo ci sia un modo giusto o sbagliato di rispondere a una domanda del genere. Solo il modo che viene dal cuore. Quello era il suo, direi.” Se non fosse terribilmente sbagliato, mi alzerei e la abbraccerei. Scelgo consapevolmente di ignorare il fatto che una professionista come lei parli di cuori di carne e dei sentimenti che arrivano da essi. “Posso farle io una domanda, dottoressa?” “Ma certo.” Con un gesto mi fa capire che la visita è finita e che possiamo tornare nell’altra stanzetta, quella piena dei suoi ninnoli. Mi rimetto la camicia e la seguo. “Come mai ha così tanti oggetti e oggettini? Sia qui sia nella sala d’attesa.” Lei mi guarda perplessa, alzo le mani per chiedere preventivamente scusa e continuo. “Intendo, è una scelta… particolare, per uno studio come questo. Non che mi dispiaccia, ma non mi aspettavo di trovare così tanto calore e personalità qui dentro.” La donna soffice mi regala una risata meravigliosa. Piena, sincera, genuina, dolce. Non c’è scherno in quella risata, né arroganza o commiserazione. Solo, serenità. Mi accorgo che lei mi piace molto. E mi accorgo anche che non posso controllarlo, per quanto vorrei - è inadatto, per una persona nel mio stato. “Non posso darle torto, in verità,” mescola quelle parole al finale della sua risata dolce, “ma sono fatta così. Lo so, probabilmente tutti si aspettano più… freddezza e asetticità da chi fa un lavoro come il mio, ma alla fine tutti si dimenticano che io lavoro con i cuori. Veri o meccanici che siano, sempre di cuori si tratta.” Allunga la mano per dare un buffetto al nasino del gatto bianco e nero di ceramica. Adorabile. Miriam l’avrebbe trovato un gesto adorabile. E anche io. “Il tempo che passo con i miei pazienti prima dell’operazione è più lungo del dopo. E prima, il loro - il vostro - cuore è ancora di carne. E i sentimenti sono ancora lì. Mi piace che le persone stiano in un ambiente caldo e accogliente finché possono goderselo.” “… Ahi.” Dico.
“Non mi fraintenda, signor Manna. Non giudico niente e nessuno. La scelta è vostra e io faccio quello che devo. Non c’è pietismo nelle mie parole.” Scelgo di crederle e annuisco. Vengo spedito a casa dopo poco, con l’invito a tornare per un’ultima visita la settimana seguente. Dopo di quella, avremmo fissato la data dell’operazione. Il tempo trascorso in solitudine a casa a pensare e ripensare alle parole della donna soffice unito alla dolcezza che la dottoressa riversa su di me durante il successivo appuntamento sono sufficienti a fare il patatrac: sono cotto di lei. Passiamo la visita a ridacchiare e scambiarci considerazioni sul meteo, sulle nuove uscite al cinema, sull’ultima canzone ascoltata alla radio, sulle nostre famiglie e sui rispettivi animali domestici. Scopro così che la donna soffice ha una coppia di inseparabili - Danny e Sandy - e un pesce rosso chiamato Truman Capote. E che preferisce l’autunno all’estate, proprio come me. E che non trova nulla di strano nell’andare al cinema da soli, di tanto in tanto, proprio come me. Per il resto, la visita è del tutto indolore. La solita roba; qualche pizzicotto, un po’ di aggeggi appoggiati su di me alternati alle mani della dottoressa, qualche ‘tossisca’ e ‘trattenga’ e ‘inspiri, espiri’. Ma a questo punto, sarei stato contento anche di ricevere una botta in testa, se fosse arrivata da lei. “Signor Manna,” la donna soffice rimette tutti gli strumenti al loro posto e si lava le mani nel lavabo, “è tutto regolare, ovviamente, come pensavamo. Non c’è alcun motivo per non proseguire con l’operazione finale. È contento?”
“Molto.” Il che è vero a metà. Voglio proseguire, voglio liberarmi di tutta quella faccenda del cuore e della sofferenza. Perché sì, certo, sono cotto della donna soffice, ma questo non significa che Miriam non sia più sotto terra. La donna che amavo è morta, io sono un uomo distrutto dal dolore e questo non può cambiare. Ma è anche vero che la donna soffice esiste e mi fa sentire come non mi sentivo da parecchio tempo. I due fatti coesistono: sofferenza e speranza. La sofferenza è arrogante, però. Ha piantato bandiera da più tempo e la fa da padrona. Difficile che lasci spazio a qualche nuovo arrivato. “Dunque. Mi lasci guardare l’agenda, così prendiamo appuntamento per l’operazione.” La dottoressa mi porta nell’altra stanza e si dirige verso la sua scrivania. Toc toc. “Sì?” La ragazza con l’alito che sa di menta apre la porta e fa capolino, con la sua vaporosa pettinatura bionda. “Mi scusi dottoressa, la signora Tira ha appena chiamato. È caduta dalle scale e si è rotta un braccio.” “Oh poveretta!” “Sì, poveretta. Non riuscirà a venire per il suo appuntamento di oggi. Glielo tolgo dall’agenda.” “Aspetta un attimo,” la donna soffice sposta il suo sguardo dolce e profondo su di me, “signor Manna, ho il pomeriggio libero. Se vuole, possiamo anche farla oggi l’operazione. Che ne dice?” La ragazza con l’alito di menta rimane lì in attesa della mia risposta, come se fosse certa che la questione si sarebbe risolta in un paio di secondi. E forse dovrebbe essere proprio così, visto che ho scelto io di essere lì. Ho già pagato l’acconto, ho fatto le visite, non ho mai manifestato alcun segno di resistenza o di titubanza. Quando avevo chiamato per essere inserito nella lista d’attesa avevo specificatamente chiesto di velocizzare i tempi e di non farmi aspettare troppo.
Tu-tum. Faccio attenzione al ritmo del mio cuore per la prima volta da che quell’organo è nel mio petto, quindi da sempre. Lo sento, ora, lo sento davvero. Batte più forte e con più insistenza, mi sembra pure più pesante del normale: forse ha capito che sta per andarsene. Ma io voglio davvero che se ne vada? È davvero la soluzione giusta? Schermarsi dietro un pezzo di metallo e far finta che il dolore non esista e non sia parte del gioco? Tu-tum. “Dico che ci sto. Possiamo farla adesso.” Le parole escono dalla mia bocca prima che io possa fermarle. Quella è la mia mente che agisce per conto suo, a tutela dei suoi interessi e della sua sanità. È la mia mente che mi dice ‘oh, ma che diamine, non ti ricordi di quanto stai soffrendo e di quanto hai sofferto? Finiamola, non fare cavolate’. E io l’ascolto. La donna soffice annuisce. Potrei giurare di aver visto una sfumatura di delusione attraversarle gli occhi, ma so bene che non è così in realtà: è il mio cuore, che le tenta tutte pur di salvarsi. La dottoressa mi spedisce all’ingresso con la ragazza dall’alito di menta per saldare il mio pagamento. Lei intanto prepara la sala operatoria. “Tuo cugino, quello di cui mi hai parlato, ha animali?” Chiedo alla ragazza mentre aspetto di essere richiamato per l’operazione. “Eh?” “Dico, sai se ha animali domestici? Cani, gatti?” “Uhm, sì. Ha un coniglio nano. Si chiama Nocciolino, se non ricordo male.” A Miriam sarebbe piaciuto. “Ok. Sai se Nocciolino sta bene? Voglio dire, lui ha continuato a prendersi cura del coniglio, anche dopo l’operazione, vero? Non è che il cambiamento gli ha fatto perdere la voglia di accudire il suo animale.” “Non saprei. Nessuno mi ha parlato di conigli morti o altro durante le ultime cene in famiglia, quindi immagino che stia bene.” Prende i miei soldi e mi restituisce uno scontrino, con alcuni documenti da firmare. “Non diventerai un mostro o roba del genere, se è quello che ti stai chiedendo. Semplicemente, non avrai sentimenti veri. Ma continuerai a fare ciò che facevi anche prima. Se eri abituato a dare da mangiare a un animale, che ne so, continuerai a farlo.” “Bene.”
Lei si disinteressa a me e io mi disinteresso a lei. Rimaniamo in silenzio fino a che la voce musicale della donna soffice non arriva di nuovo alle mie orecchie. “È tutto pronto!” “Bene.” La seguo e mi faccio portare in un’altra stanza, una che non ho mai visto durante gli appuntamenti precedenti. È in fondo a un altro corridoio ed è grande, tutta bianca. Sembra quasi irreale. Al centro, un lettino operatorio circondato da tavolini metallici colmi di coltellini, forbici, pinze e altre diavolerie. Ed eccolo lì, pronto ad aspettarmi: il mio cuore meccanico. Se ne sta tutto solo sopra uno dei tavolini, come se fosse appoggiato a un piedistallo. È dorato, proprio come l’avevo chiesto, ed è grosso, elegante, ben fatto. Ha un aspetto quasi retrò, come se fosse uscito dalla mente di un artigiano orologiaio di altri tempi. “Le piace?” La dottoressa si accorge del mio sguardo e sorride. “Molto. Sì, sì. Molto.” “È nervoso? Andrà tutto bene, sono qui con lei.” “Sto bene, grazie.” Seguo con attenzione le istruzioni che mi dà subito dopo; mi spoglio, indosso un camice bianco, mi sdraio e aspetto che arrivi il momento dell’anestesia. La donna soffice intanto prepara gli strumenti e si assicura di avere tutto ciò che le servirà per prendersi il mio cuore di carne e sostituirlo con quel bel pezzo di metallo. Io fisso il soffitto bianco, in attesa.
Tu-tum. A cosa dovrei pensare? A cosa si pensa di solito, prima di perdere il cuore e di diventare dei perfetti automi senza sentimenti? Avrei dovuto informarmi meglio, forse. Faccio la cosa più banale di tutte e penso a Miriam. Cerco di richiamare alla memoria un momento specifico, non solo un’idea generica di Miriam. Penso a quando mi ha detto ‘ti amo’ per la prima volta. Era Natale, avevamo appena finito di fare l’albero. Avevamo ascoltato musica natalizia commerciale per tutta la mattinata - Feliz Navidad! Feliz Navidad! Feliz Navidad, prospero año y felicidad! - e avevamo riso insieme quando Romeo aveva iniziato a giocare con una delle palline rosse. Che pasticcione. Avevo fatto una tisana calda per entrambi ed ero spuntato dalla porta della cucina per chiederle se volesse anche dei biscotti o se era a posto così. “Ti amo,” aveva detto. “Oh!” Non me l’aspettavo. Per poco le tazze non mi erano cadute dalle mani.  “Ti amo,” l’aveva ripetuto, ridendo. Avevo appoggiato le tazze per terra, stordito e imbambolato, ed ero corso verso di lei. Tu-tum. E ora era morta. Non c’era più. Il bianco del soffitto davanti ai miei occhi viene coperto dal volto della donna soffice. Sorride, gentile e accogliente. È bella, lo è davvero. Con un po’ di tempo in più e un po’ di sofferenza addosso in meno, mi potrei anche innamorare di lei e iniziare da zero. Mi piace, e non è una bugia. “Tutto pronto,” indica con lo sguardo la siringa che stringe nella mano, “mi dica lei quando procedere. Faccia con calma.” La guardo per qualche secondo, senza dire nulla e senza sbattere le palpebre. Mi godo il suo volto mentre completo nei miei pensieri il ricordo di quella mattina di Natale con Miriam. È un bel momento, tutto sommato. Sento un po’ di piacevolezza scorrere nello stomaco. Quando il ricordo si interrompe, i miei occhi iniziano a seccarsi e il dolore torna a pulsare dentro di me, annuisco.
“Sono pronto.” Tu-tum.
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praticalarte · 11 months ago
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Iniziare un Dipinto: L'Arte della Preparazione
Certo, Ale. Ecco la versione ampliata dell’articolo con l’invito a iscriversi alla mailing list del Dottor Divago e a seguire il link specificato: Le Fasi Cruciali del Capitolo III di “Alla Prima” di Richard Schmid Il Grande Momento Iniziare un dipinto è un momento cruciale che può determinare il successo o il fallimento del lavoro. Richard Schmid, nel suo libro “Alla Prima”, sottolinea che le…
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londranotizie24 · 1 year ago
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micooll · 1 year ago
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Trasforma la Tua Dieta con la Guida di Studio NewLife Nutrizione e Salute: Imparare a Mangiare Sano
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delusionaid · 4 months ago
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Hit me with ✿ for... Dottore and Arlecchino, because I'm curious about the man. And also, it's really hard to not ask for ship ones. 😔 So I leave it up to you if you want those as extras, if you have stuff that comes to mind that you haven't told me yet.
SEND “ ✿ ” FOR 2 HEADCANONS FOR OUR MUSES’ RELATIONSHIP
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Although it is a setback for science and humANITY'S ADVANCEMENT that Arlecchino refused to continue cooperating with Dottore after Crucabena's demise, he does not hold a grudge against her. He did find it vexing and openly voiced the opinion that her "morals" are worthy of mockery, especially since they appear somewhat selective, but he doesn't insist on revisiting this topic. He did, however, prior to the destruction of his segments (because of Nahida), stop paying her visits with his primary self (whenever a visit was necessary, which probably was not often) and instead sent his rather eccentric (and far less patient) younger segment (manga Dot!). You may interpret that as you will, but malicious tongues will claim that he is well aware that this version of him is considered his least agreeable one.
Dottore would love to take her apart limb by limb and analyze what it is that gives her her unusual powers (or whether she might already be, in part, what he aims to achieve). He may have made a comment of this nature in passing at some point, but it would not have come across as a threat. He has no intention of harming her directly at present, for one because he recognizes her power but also the Jester's plan. Fact remains, should they find themselves in a future in which the Harbingers have served their purpose, all bets are off and no comradery remains between them. [Subject to change when more lore about her and him comes out tbh!]
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memaalbedaiwi · 1 year ago
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Alla Scoperta dei Nutrizionisti di Bologna: Eccellenza e Professionalità allo Studio NewLife Nutrizione e Salute
Quando si tratta di salute e benessere, la scelta di un nutrizionista è un passo fondamentale. Per chi si trova a Bologna o nei dintorni, Studio NewLife Nutrizione e Salute rappresenta un punto di riferimento nel campo della nutrizione, con un team di professionisti dedicati e qualificati. Visita la pagina Chi Siamo di Studio NewLife Nutrizione e Salute per scoprire di più sui nutrizionisti che hanno fatto dello studio uno dei più rinomati nella città di Bologna.
La filosofia dello Studio NewLife Nutrizione e Salute si basa sull'idea che ogni individuo sia unico e meriti un approccio personalizzato alla nutrizione. I nutrizionisti a Bologna di questo studio comprendono che non esiste una soluzione unica per tutti quando si tratta di dieta e benessere. Per questo motivo, offrono consulenze individualizzate basate su un'analisi approfondita delle esigenze, delle abitudini alimentari e dello stile di vita di ogni cliente.
Gli esperti dello Studio NewLife Nutrizione e Salute non si limitano a fornire piani alimentari; sono veri e propri coach per il benessere. Hanno una profonda comprensione delle dinamiche tra cibo, corpo e mente, e utilizzano questo sapere per aiutare i loro clienti a raggiungere e mantenere uno stato di salute ottimale. Che tu stia cercando di perdere peso, migliorare le tue prestazioni sportive, gestire una condizione di salute o semplicemente vivere una vita più sana, questi professionisti possono guidarti nel tuo percorso.
Uno degli aspetti che distingue i nutrizionisti a Bologna dello Studio NewLife Nutrizione e Salute del Dottor Giuseppe Scopelliti è il loro impegno nell'aggiornamento costante e nella formazione continua. Mantenendosi sempre informati sulle ultime ricerche e tendenze nel campo della nutrizione e del benessere, sono in grado di fornire consulenze basate su evidenze scientifiche e pratiche innovative.
Visita la pagina Chi Siamo dello Studio NewLife Nutrizione e Salute per conoscere i membri del team, le loro specializzazioni e le loro qualifiche. Qui troverai informazioni sui singoli nutrizionisti, sulle loro aree di competenza e sui loro approcci al trattamento. Questa trasparenza e apertura aiutano a costruire un rapporto di fiducia e comprensione tra il nutrizionista e il cliente, che è fondamentale per il successo di qualsiasi percorso di benessere.
In conclusione, se stai cercando un "nutrizionista a Bologna" che possa offrirti un servizio personalizzato, basato sull'eccellenza e sull'empatia, Studio NewLife Nutrizione e Salute è la scelta giusta. Con il loro approccio olistico, la competenza professionale e la passione per il benessere, sono pronti a supportarti nel tuo viaggio verso una vita più sana e soddisfacente. Visita Studio NewLife Nutrizione e Salute per iniziare il tuo percorso verso il benessere con i migliori esperti della città.
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pettirosso1959 · 11 months ago
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Considerare i numeri, porta sempre alla verità. Il giorno del voto, la VDL doveva ottenere 401 voti (la nota maggioranza Ursula conosciuta, ricomprendente i Popolari), più i 53 voti dei Verdi europei. Per un totale complessivo di 454 voti a favore. Invece ha ottenuto solo 401 voti.Mancano più di 50 voti all'appello. Che sono venuti a mancare dall’area dei Popolari. In pratica la VdL si è consegnata nelle mani dei Verdi. Che garantiscono la maggioranza di 401 voti. Quindi la nota “maggioranza Ursula”, non esiste più. Intanto Tajani va a ritirare l'osso promessogli dai Berlusconi per l’appoggio di Forza Italia alla VdL, in occasione del pranzo con Gianni Letta, Federico Confalonieri, Marina e Piersilvio Berlusconi. Al di là delle voci su stampa, la verità è che ci sono movimenti all'interno della maggioranza volti a cercare di minarne la solidità. Questo, palesemente, ha un solo significato: che la Meloni sta facendo gli interessi dell’Italia e sta lavorando per il bene degli Italiani. Interesse e bene che un partito azienda come Forza Italia, non può perseguire. E questo, agli ambienti Mediaset, finanziatrice, ovvero unica azionista, di Forza Italia, non va assolutamente bene. Tajani e’ stato perciò esortato a non appiattirsi sulla Meloni, ma a cercare una strada propria. Che è poi quella del capitale tossico. Ovvero del globalismo internazionale. Che è quello che perseguono i Berlusconi, legati mani e piedi agli interessi delle loro aziende. A loro volta funzionali al grande giro del Deep State. Fini, scopi e programmi assolutamente divaricati rispetto ai patti fatti fra Fratelli d’Italia e gli Italiani. Si tratta di fini ed obiettivi in contrasto fra loro. Conseguente e’ il grande spolvero in atto a Mediaset nei vari palinsesti. Tutto l’apparato mobilitato per il conseguimento del supporto al programma globalista mondiale, che appoggia e favorisce il percorso di Mediaset finalizzato a divenire leader europeo dell’informazione. Fine ultimo dei figli del Dottore. L’obiettivo di Forza Italia di arrivare al 20 per cento, non comporta necessariamente l’erosione dell’elettorato della Meloni. Ma forse risveglia chi non va a votare, cioè quel 45-50% degli elettori. Ma ciò che è preoccupante è l' eventuale bombardamento mediatico che si prospetta. La TV e’ ancora troppo influente sugli ascoltatori sprovveduti. Mediaset e’ pronta e disponibile ad oliare i cortigiani tanto al pezzo. E’ questo il vero motivo per cui Mediaset ha portato dentro tutti gli scappati di casa dalla Rai. Ad iniziare da B. Berlinguer. Il fine è quello di rinnovare un partito vecchio, votato solo da vecchi. In questo senso va interpretato il discorso di P. S. Berlusconi, che ha parlato di sfida. Perché sfida effettivamente e’. Si vuole fare entrare le tematiche nuove, proprie del globalismo. Diritti civili, matrimonio egualitario, sfida Green. Non ha bisogno di un partito politico. Che e’ solo un mezzo temporaneo. Lui vuole prendere in mano la televisione Europea. Ed è questo il motivo per cui i temi trattati dalle reti Mediaset devono essere quelli cari al globalismo. Se riesce in questo progetto, parliamo di miliardi in contributi che arriveranno a Mediaset dall’Unione Europea. Tutte le direttive europee inaccettabili, che il governo Meloni modifica e tenta di ostacolare o bloccare, finora, Tajani spera di farle transitare sul territorio nazionale, aumentando il suo consenso elettorale.
Al momento non ci riesce, visto che ha il 10 per cento scarso. Ma è pronto a fare qualunque cosa pur di poter ratificare le direttive dell'Unione Europea. Ma per il momento non ce la fa. Vorrebbe perfino cercare di mettersi d'accordo con la sinistra ed i verdi anche nel Parlamento italiano. In modo da far passare le direttive che stanno a cuore a Mediaset, azionista unico di Forza Italia. E sarà questo il terreno di battaglia prossimo venturo.
Ed è lì che ci saranno botte da orbi. Per questo è rispuntato Renzi. Abilissimo nello sfasciare equilibri instabili. Di certo, con questo scenario, la Meloni non potrà andare in vacanza. Sola a combattere una battaglia dalla parte degli interessi degli italiani. Slegata dal capitale tossico e dal globalismo materialista. Ma soprattutto non ricattabile. Dovendo rispondere solo ad un padrone. Il popolo italiano che le ha dato mandato e fiducia.
Luigi Cocco.
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kilogonewild · 2 years ago
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Alla Scoperta dei Migliori Nutrizionisti di Bologna e Milano: Studio NewLife Nutrizione e Salute
Nel cuore delle vivaci città di Bologna e Milano, "Studio NewLife" si erge come un faro di salute e benessere, offrendo servizi di nutrizione di prim'ordine. Per chiunque sia alla ricerca di un nutrizionista a Bologna o un nutrizionista a Milano, questo studio rappresenta una scelta eccellente, coniugando competenza professionale e un approccio personalizzato alla nutrizione.
Incontrare un nutrizionista a Bologna o Milano presso "Studio New Life" non è semplicemente una questione di ricevere un piano alimentare; è un'esperienza trasformativa che prende in considerazione tutti gli aspetti della vita di una persona. Che siate alla ricerca di un cambiamento nella dieta per motivi di salute, per perdere peso o per migliorare le vostre prestazioni sportive, i nutrizionisti di "Studio New Life" sono dedicati a fornire soluzioni personalizzate che rispecchiano il vostro stile di vita e i vostri obiettivi personali.
Il sito Studio NewLife è una risorsa preziosa non solo per chi cerca un nutrizionista a Bologna o Milano, ma anche per chiunque desideri approfondire la propria conoscenza in materia di nutrizione e benessere. Con una vasta gamma di articoli informativi, consigli pratici e aggiornamenti sulle ultime ricerche nel campo della nutrizione, "Studio New Life" si impegna a educare e ispirare i suoi clienti e lettori.
Uno degli aspetti più rilevanti di "Studio NewLife" è la sua capacità di offrire consulenze nutrizionali che vanno oltre il semplice conteggio delle calorie. I nutrizionisti qui capiscono che ogni individuo è unico, e quindi richiede un piano alimentare che sia altrettanto unico. Questo approccio olistico garantisce che i piani nutrizionali non siano solo efficaci, ma anche sostenibili a lungo termine.
Inoltre, per chi è impossibilitato a recarsi fisicamente a Bologna o Milano, "Studio NewLife" offre la possibilità di consulenze online. Questo significa che potete beneficiare della loro esperta consulenza nutrizionale indipendentemente dalla vostra posizione geografica.
In conclusione, se state cercando un nutrizionista a Bologna o un nutrizionista a Milano, vi consiglio caldamente di considerare il Dottor Giuseppe Scopelliti Biologo Nutrizionista, fondatore dello "Studio NewLife". Visitate il loro sito per saperne di più sui loro servizi e per iniziare il vostro viaggio verso un benessere ottimale.
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personal-reporter · 2 years ago
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Aldous Huxley, tra LSD e satira
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Lo scrittore che fu fondamentale nella storia della fantascienza del Novecento… Aldous Leonard Huxley, nacque  a Godalming, in Inghilterra, il 26 luglio 1894, suo nonno era il noto zoologo Thomas Henry, uno dei più accesi sostenitori delle teorie darwiniane, mentre il padre, Leonard, aveva diretto la Cornhill Magazin, il  fratello Julian Sorell era biologo di fama mondiale ed il fratellastro Andrew era Premio Nobel per la Medicina; la madre, Julia Arnold, era nipote del poeta Matthew Arnold. A 16 anni s'iscrisse alla Public School di Eton con l'intenzione di diventare medico ma, appena iniziati gli studi, fu vittima di una grave forma di cheratite e, nel giro di pochi mesi perse quasi completamente la vista. Huxley riuscì ugualmente a portare a termine gli studi imparando il braille, ma  il sogno di una brillante carriera scientifica svanì ma, grazie all'uso di una lente d'ingrandimento, riuscì  a recuperare l'uso di un occhio e si potè iscrivere  al Balliol College di Oxford, dove, nel 1915, si laureò in Letteratura Inglese e Filologia. Iniziò a scrivere durante il primo periodo bellico, con recensioni di teatro, arte, musica e libri, e versi oscillanti fra vena romantica e abile satira e Crome Yellow, il suo primo romanzo apparve nel 1921, diventando famoso per le vivaci caratterizzazioni dei personaggi e la brillantezza delle conversazioni. Lo scrittore passò gran parte della sua vita viaggiando tra Francia, Italia, India e Usa, mentre visse in Italia tra il 1923 e il 1930, dove scrisse Point Counter Point, considerato come la miglior prova di Huxley nel campo del romanzo delle idee attraverso la contrapposizione dei tempi, gli umori dei personaggi e le scene. Durante il 1930 Aldous visse tra la Francia e l'Inghilterra e, nel 1932, scrisse il suo romanzo più noto, Brave New World, col quale raggiunse la notorietà internazionale, oltre a iniziare una serie di viaggi in CentroAmerica e, nel 1937, entrò in contatto con l'équipe medica del dottor Bates di New York, che con la sua terapia di Rafforzamento della Vista, curò in maniera efficace la malattia alla cornea dello scrittore ed a fargli recuperare quasi totalmente la vista. Nel 1944 Huxley si dedicò alla stesura di The Perennial Philosophy, una raccolta di saggi filosofici sugli ideali dell'uomo, che viene pubblicata poco dopo il termine della Seconda Guerra Mondiale. Affascinato dagli studi storici e dal misticismo, nel 1952 lo scrittore pubblicò The Devils of Loudun, rigorosa ricostruzione storica di un processo per stregoneria nella Francia del Seicento. Huxley abbandonò progressivamente l'attività di narratore per dedicarsi sempre più a quella di saggista ed alla meditazione filosofica, convinto che la felicità e l'infelicità altro non fossero che il frutto di reazioni chimiche all'interno dell'organismo umano, oltre a sperimentare su sé stesso gli effetti della mescalina e LSD, come raccontò in due importanti saggi, Doors of Perception (1954) e Heaven and Hell (1956). Il successo di Brave New World spinse lo scrittore a pubblicare, nel 1959, la raccolta di saggi Brave New World Revisited, con cui riesaminò  le sue profezie alla luce degli avvenimenti di quegli anni. Nel 1962 Huxley tornò alla narrativa con The island, un'usopia basata su un paradiso terrestre in un'isola deserta, in cui ci sono anche i temi sviluppati nei saggi. Allo scrittore nel 1960 fu diagnosticato un cancro alla lingua e Huxley morì ad Hollywood il 22 novembre 1963, lo stesso giorno in cui venne assassinato a Dallas il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy. Read the full article
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drheinreichvolmer · 2 years ago
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Capitolo 6
Erano circa 22:30, da poco più di mezz'ora il personale della cucina aveva smontato ed era andato via, dopo aver terminato di riordinare e pulire. Heinreich era nella sua stanza da letto, si era appena tolto gli abiti del giorno e li aveva sostituiti con una t-shirt grigia e un paio di pantaloni neri di una tuta. Infatti, non usava mai pigiami. Quando arrivava il caldo estivo, semplicemente dormiva con t-shirt e boxer, il più delle volte solo con i boxer. La signorina Keller arrivò nella stanza del medico, con addosso una camicia da notte bianca con fiorellini rosa cipria e una vestaglia da camera color lilla. Il medico si stese nel letto, coperto fino al busto con la coperta, mentre la donna si sedette sul bordo. Entrambi attendevano l'arrivo di Hans. Arrivò poco dopo, indossando il suo pigiama nero di seta, per poi sedersi al lato opposto a quello di Olga. Si scambiò un sorriso con gli altri due presenti nella stanza. Olga sorrise a sua volta, finalmente il “rituale pre nanna” poteva iniziare, e la donna si domandò quale attività avrebbe scelto il suo titolare quella sera. Heinreich aveva fatto la sua scelta: lettura della buona notte con sessione di coccole, e ninna nanna per concludere il rituale. Olga aprì il secondo cassetto del comodino accanto al letto matrimoniale, tirò fuori un libro di favole e iniziò a sfogliarlo per proporre al medico le varie opzioni tra cui decidere. La scelta cadde sul brutto anatroccolo, così la signorina Keller cominciò a leggere dal piccolo libro di favole.
<< C'era una volta, non molto tempo fa, una nidata di anatroccoli. Se ne distingueva uno dalle piume grigie, particolarmente goffo. >> narrava la donna dai capelli biondi, mentre con l'altra mano faceva i grattini sul palmo della mano destra del medico. Hans faceva lo stesso nell'altra mano e osservava l'uomo ascoltare estasiato, proprio come una bambino. La narrazione proseguì, erano ormai giunti al momento più importante del racconto: il povero “brutto” anatroccolo, che viene scacciato da quelli che crede siano i suoi genitori e tristemente si allontana dallo stagno, vagando senza una meta.
<< Il piccolo anatroccolo giunse nelle prossimità di un laghetto, guardò il suo riflesso distorto dall'acqua, facendolo risultare ancora più storpiato ai suoi tristi occhi. >> continuava Olga, dando ogni tanto uno sguardo al medico. Heinreich ascoltava attentamente, ma il suo sguardo si era leggermente spento. Il racconto gli rammentava la sua infanzia, dove si era sempre sentito disprezzato da coloro che avrebbero dovuto amarlo incondizionatamente.
<< Il pianto dell'anatroccolo venne udito da una bellissima mamma cigno e dai suoi piccoli, che si avvicinarono al povero anatroccolo disperato. Egli restò incredulo nel vedere che quei piccoli cigni erano identici a lui, ma la sua paura di essere nuovamente rifiutato lo portò ad allontanarsi. La mamma cigno però gli andò incontro, avvolgendolo amorevolmente tra le sue piume e stringendolo a sé. Per la prima volta, il piccolo anatroccolo si sentì accettato e amato per ciò che era. >> concluse la signorina Keller richiudendo il libro.
<< Anche io ero un brutto anatroccolo, poi però ho trovato voi due e finalmente mi sono sentito amato per ciò che sono. >> replicò il dottore asciugandosi le lacrime con le lenzuola.
<< Povero piccino, lo trattano tutti male. Cattivoni! >> disse Hans sbaciucchiandolo come se fosse la sua creatura. Olga sorrise affettuosamente, in quei momenti sembravano davvero una famiglia. Hans poi si alzò, assentandosi per un paio di minuti e facendo ritorno poco dopo tenendo in mano il suo ukulele. Tornò a sedersi sul letto e iniziò a pizzicare le corde dello strumento. Olga osservava l'uomo dai capelli biondi mentre suonava, e un attimo dopo iniziò ad intonare una dolce ninna nanna.
<< La la lu, la la lu... Fai la nanna piccino... Splendono le stelle, lassù... >> canticchiava dolcemente la donna mentre accarezzava il viso e i capelli di Heinreich con fare materno.
<< La la lu, la la lu... Ma per me, mio pulcino... la mia stellina, sei tu! >> continuava Olga, guardando il medico con dolcezza. Hans intanto proseguiva a suonare il suo ukulele, si unì poi al dolce canto della sua collega:
<< La la lu, la la lu... dolce nostro amore... Mamma e papà, son qui che veglian su di te. >> Quando la caposala smise di cantare, si chinò baciando la fronte di Heinreich, e il suo collega fece lo stesso.
<< Sogni d'oro, Heinreich. >> disse Olga per poi uscire dalla camera da letto del medico, seguita da Hans. Il dottore sorrise, poi rivolse lo sguardo al proprio cellulare appoggiato sul comodino e controllò l'ora, si erano fatte le 23:20. Era giunto il momento di iniziare le sue consulenze su Seven Cups. Ogni sera si prendeva del tempo per il suo rituale, lo aiutava a rilassarsi e a stare più tranquillo durante la nottata. Inoltre, era ormai diventato un appuntamento fisso della sua routine quotidiana. Si alzò dal letto, andò in bagno a lavarsi i denti e poi riempì la sua borraccia termica. Aveva a cuore l'ambiente, per questo evitava il più possibile uno sfrenato consumo di plastica. Anziché consumare più bottiglie di acqua al giorno, preferiva tenere a portata di mano la sua borraccia e riempirla all'occorrenza. Era un borraccia di colore azzurro, con illustrate sopra delle candide nuvolette bianche. Il medico ci teneva molto perché era un regalo di Hanna: la giovane aveva acquistato quella borraccia a febbraio, in un centro commerciale di Zurigo, quando si era recata lì a fare acquisti assieme a Edith e Klaus. L'uomo faceva scorrere l'acqua, gradiva che fosse sempre sufficientemente fresca, altrimenti non la trovava dissetante. Una volta riempita, la chiuse, ne asciugò i bordi con un asciugamano e poi si recò nel suo studio. Sedette alla sua postazione da PC, si collegò alla piattaforma e indossò le sue cuffie, era pronto per un'altra nottata di consulenze.
La signorina Keller aveva fatto ritorno nella sua stanza da letto, esausta della giornata, non vedeva l'ora di godersi un meritato riposo. Prima decise di intrattenersi un po' con un documentario sulle piramidi egizie. Al fine di non disturbare gli ospiti del centro benessere, indossava gli auricolari. Hans, nel mentre, cominciò il suo giro notturno della clinica e del castello. Doveva monitorare che tutto fosse nella norma prima di potersi coricare. Allo scoccare della mezzanotte il castello piombò nel silenzio: Il dottor Volmer era alle prese con le sue consulenze, Olga dormiva già da un po', Edith era ancora sveglia ad ascoltare musica, e Hans, terminato il suo sopralluogo, andò a sua volta a dormire. Quando udì la porta della camera di Hans chiudersi e la chiave girare nella serratura chiudendola, Klaus capì che era giunto il momento per agire, perciò si presentò nella camera di Hanna facendole segno di andare. La ragazza saltò giù dal letto con un enorme sorriso, poi seguì silenziosamente l'infermiere lungo il corridoio del castello. Giunsero ad una rampa di vecchi scalini in pietra, la salirono fino ad arrivare ad un pianerottolo, trovandosi di fronte ad una porta blindata. Per entrare era necessario inserire una password, e solo tre persone conoscevano il codice per sbloccare la serratura. Questo almeno fino a quando Klaus non aveva scoperto la password. L'infermiere, infatti, aveva approfittato che il medico fosse in giro per rovistare in giro per lo studio alla ricerca della password. Non era stato facile, ma alla fine era riuscito ad entrarne in possesso. Klaus digitò prima 444 e poi 333. Nessuno dei due giovani aveva una vaga idea del perchè il barone avesse scelto quella serie di numeri. Secondo Klaus si trattava di numeri scelti a caso, Hanna invece non era della stessa idea. E sapeva bene che quando c'era di mezzo il padre, nulla era lasciato al caso. L'infermiere digitò l'ultimo numero e la chiusura si sbloccò. Entrambi presero un respiro, i loro cuori battevano fortissimo. Lentamente Hanna spinse in avanti la porta, entrando a poco a poco nella stanza. Sentiva il suo cuore palpitare così forte che aveva la sensazione che da lì a poco sarebbe uscito fuori dal suo petto.
Si guardò attorno per esaminare la stanza. Apparentamente, sembrava una semplice camera da letto: c'era un letto singolo vicino ad una grande vetrata, la cui forma a primo sguardo poteva sembrare un fiore. Da una parte era posizionato un grande armadio di legno con tre sportelli, leggermente consumato. Le mura erano un po’ ingiallite, e sul pavimento non c'era niente di particolare. Klaus iniziò a pensare che forse quella stanza non fosse così speciale. Tuttavia, Hanna aveva la sensazione che da qualche parte dovesse per forza esserci qualcosa. Si avvicinò al maestoso armadio e aprì il primo sportello. All'interno trovò una scatola nera di cartone, contenente una serie di oggetti. Un arazzo di colore blu notte, un coprispalle di lana bianco con le frange, una serie di tozze candele bianche mai usate. E infine, ciò che attirò di più la loro attenzione: una serie infinita di fogli su cui erano appuntati numeri, strani disegni di mani in varie posizioni, e nozioni su un qualcosa chiamato “fare il salto”. Né Hanna, né soprattutto Klaus, riuscivano a comprendere che cosa rappresentassero quegli appunti o perchè il medico li stesse conservando. La ragazza aprì poi il secondo sportello e il suo cuore per un istante si fermò. In quello scompartimento erano conservati i vestiti di sua madre, perfettamente imbustati e riposti con cura. Tra i vari abiti, ne spiccava uno di colore rosso, lungo e aderente sui fianchi, con un lungo strascico. Hanna sapeva certamente che non si trattava dell'abito da sposa della madre, in quanto nel dipinto in camera di suo padre ne indossava uno di colore bianco. E soprattutto, Klaus era consapevole in cuor suo che non poteva essere sopravvissuto all'incendio. La giovane alzò leggermente il cellofan che rivestiva l'abito, ne annusò la stoffa e sorrise amabilmente sentendone il profumo. Percepiva di riconoscere quel profumo, lo aveva già sentito. Ad un tratto però, notò qualcosa di insolito. C'era una camicia blu a quadretti che spiccava tra i sontuosi abiti della defunta madre. Era ovvio che fosse del padre, ma perché era lì e non nel suo guardaroba? E da quando suo padre indossava camice con quella fantasia? In anni e anni che lo conosceva, non lo aveva mai visto indossare qualcosa di simile.
In seguito, Klaus si fece coraggio e aprì l'ultimo scomparto. La ragazza si avvicinò a lui e i suoi occhi iniziarono a brillare. Finalmente aveva trovato le tele di sua madre, non vedeva l'ora di poter ammirare il talento della donna e costatare se fosse brava almeno quanto lei. C'erano numerosi paesaggi di montagna che sicuramente sua madre aveva visto nelle Alpi Svizzere, pieni di laghi maestosi e cristallini. Guardò una ad una le sue opere, fin quando una non catturò la sua attenzione. Nella tela era rappresentata una donna dai lunghi capelli biondi che stava piangendo, in cerca di aiuto, con alle sue spalle un uomo con ali d'angelo. Hanna osservava la tela confusa, fin quando non realizzò che la donna indossava un vestito identico a quello che era nell'armadio, e l'uomo una camicia blu a quadretti. Continuando ad osservarli, si rese conto che si trattava di un ritratto dei suoi genitori. Riuscì a riconoscere il padre dai suoi occhiali da vista, la montatura era infatti la stessa che usava tutt'ora quando lavorava davanti al PC. La camicia, alla fine, non destava troppe perplessità; era un altro il dettaglio che la lasciò disorientata: le ali. Perché sua madre aveva dipinto suo padre come un angelo?
Continuò a frugare nell'armadio assieme a Klaus, e nella loro ricerca trovarono più di dieci tele simili a quella: ogni volta, anche se lo scenario era diverso, la madre aveva sempre lo stesso vestito. Lo stesso valeva per il padre, che in ogni singola tela era rappresentato come un angelo, con la sua camicia a quadretti.
<< Hanna, siamo qui da venti minuti. Dobbiamo andarcene, o qualcuno ci potrebbe scoprire. >> disse Klaus, perplesso quanto lei dalle loro scoperte.
<< Non adesso, non finché non avrò capito il significato di questo posto!>> replicò Hanna. Klaus non prestò ascolto alla sua insistenza, trascinò via la ragazza promettendole che sarebbero presto tornati a fare altre indagini, non appena sarebbe stato possibile. Il giovane infermiere chiuse nuovamente la stanza, poi accompagnò la ragazza nella propria camera.
<< Menomale che nessuno si è accorto di nulla… comunque, confesso che anche io adesso vorrei sapere che cosa c'è dietro a questa storia. >> dichiarò Klaus incuriosito.
<< A chi lo dici, speravo di schiarirmi le idee e invece sono ancora più confusa. Però sono sicura che arriveremo in fondo a questa storia insieme. >> replicò la ragazza dai capelli biondi. Dopo essersi dati la buonanotte, Hanna si distese nel suo letto. Persa nei suoi pensieri, fissò il soffitto con lo sguardo vuoto, continuando a domandarsi che significato si celasse dietro quelle tele.
Al mattino, mentre Hanna stava facendo colazione, lanciava sguardi a Klaus. Entrambi stavano pensando ancora a ciò che avevano trovato nella stanza segreta la notte appena trascorsa. Ambedue si chiedevano che storia si nascondesse dietro a quelle tele, e ogni tanto osservavano Hans ed Olga. Fortunatamente per i due ragazzi, nessuno sospettava nulla.
<< Hans, dopo ti va di allenarti un po' insieme? >> domandò Olga mentre sorseggiava il suo caffè al ginseng.
<< Non dovrei avere grossi impegni questa mattina, d'accordo ci sto. >> rispose l'uomo pulendo le lenti dei suoi occhiali da vista. In quell'attimo, Heinreich arrivò in sala: i capelli scompigliati e la t-shirt fradicia di sudore lasciavano intendere che avesse appena fatto ritorno dalla sua consueta corsa mattutina.
<< Certo che potevi anche darti una sistemata prima di venire a fare colazione. >> lo bacchettò immediatamente Hans.
<< Sono esausto.. avrò il diritto di riacquistare i sensi un attimo, eh! >> replicò il medico riprendendo fiato.
Dopo la colazione, Klaus era impegnato a fare una sessione di acqua gim con un gruppo di signore; mentre Edith era nuovamente alla sua postazione, a rispondere alle telefonate dei clienti che chiamavano per prenotare il loro soggiorno al centro benessere. Intanto, Hanna, dalla finestra della sua camera, osservava la signorina Keller in giardino fare vari esercizi di stretching. La osservò per un po', prima di tornare a immergersi ancora una volta nella lettura del suo libro. Nel frattempo la signorina Keller era stata raggiunta dal signor Schmidt in tuta da ginnastica. Solo poche persone sapevano che Olga Keller in passato era stata una grande campionessa di judo, sport che aveva cominciato a principiare già all'età di sette anni. Durante il suo percorso, anni orsono, era riuscita a raggiungere la cintura marrone. Purtroppo, durante la sfida per diventare cintura nera subì un brutto infortuno che intaccò nella sua carriera, impedendole di continuare ulteriormente quella disciplina. A distanza di anni però, aveva continuato ad allenarsi e a mantenersi in forma. A differenza sua, il signor Schmidt in passato non era affatto un tipo atletico, non aveva assolutamente alcuna conoscenza di autodifesa. Per questa ragione poco dopo il funerale della baronessa, la signorina Keller si offrì di impartire all'uomo alcune lezione basilari. Hans voleva diventare più forte, così che avrebbe potuto davvero essere in grado di proteggere il barone, sua figlia e il castello. I due avevano trascorso molto tempo ad allenarsi insieme, oltre alle serate passate ad accudire il loro titolare. Avvenne così che col tempo i sentimenti di amicizia e rispetto che Olga nutriva per Hans, diventarono qualcosa di più intimo e profondo. Più di una volta la donna era stata sul punto di confessare i suoi sentimenti all'uomo dai capelli biondi, prima ancora che il suo titolare lo scoprisse. Durante la festa del primo compleanno di Hanna, Olga aveva preso finalmente il coraggio di dichiarare i suoi sentimenti.
Quando però si presentò al cospetto di Hans, un brutta sorpresa la stava attendendo. Il collega, infatti, era arrivato al party in compagnia di un'altra donna. Nel momento in cui il signor Schmidt presentò la fidanzata Tunja al barone e alla signorina Keller, la donna congelò dentro al suo cuore i suoi sentimenti per lui. Ormai, agli occhi di Hans lei era solo un’amica e collega, quindi confessare i suoi sentimenti non avrebbe fatto altro che renderle le cose ancora più difficili.
<< Come ai vecchi tempi? >> domandò Hans mettendosi in posizione.
<< Come ai vecchi tempi. >> ribatté Olga posizionandosi a sua volta.
I due presero a sfidarsi nel giardino del castello. Malgrado lo scorrere del tempo, la donna era sempre un passo avanti a Hans. Olga sferrò un calcio e stese l'uomo, poi si avvicinò al collega aiutandolo a rialzarsi.
<< Non male.. devi però allenarti più sodo, ti sei un po' arrugginito >> dichiarò la donna ridacchiando. In effetti, negli anni trascorsi il signor Schmidt si era occupato esclusivamente di occultare i cadaveri delle vittime del barone, non aveva mai effettivamente avuto occasione di affrontare uno scontro diretto.
Terminata la sessione di acqua gim, il giovane Klaus si fermò a prendere una lattina di coca cola al distributore automatico della clinica. Inserì le monetine e attese che la lattina cadesse giù nell'apposito scomparto, poi la prese stappandola e cominciò a berne qualche sorso. Mentre si dissetava continuava a ripensare a ciò che lui e Hanna avevano trovato nella stanza segreta. Quella camera potrebbe essere un tempo appartenuta ad Emma. Perso nei suoi pensieri, cercò di dare una spiegazione al senso di quei disegni o di quei numerosi appunti scritti completamente a mano. Voleva tantissimo chiedere un saggio consiglio alla sua collega e amica Edith, ma sapeva che la giovane infermiera Berger avrebbe indubbiamente contestato il loro aver mancato di rispetto al divieto di accesso. Si ormai erano fatte le 12:33, e per cercare di svagare un po' la mente da tutte le sue ipotesi, Klaus decise di prendersi qualche ora libera e propose ad Edith e Hanna di andare con lui al centro commerciale di Zurigo. Con la scusa di portare le due a fare shopping, avrebbe acquistato il materiale per l'allestimento della festa a sorpresa e il regalo per il compleanno della giovane figlia del suo titolare. Hanna sorrise, era sempre felice di passare del tempo con Klaus e Edith, ciononostante fece presente che avrebbe dovuto prima chiedere l'autorizzazione al padre. Non era assolutamente concepita l'idea di uscire senza che il genitore avesse espresso il suo consenso. Certamente molti suoi coetanei non avevano difficoltà ad uscire senza autorizzazione o senza avvisare. Ma per Hanna era diverso, non ne era abile e non voleva nemmeno imparare ad esserlo. Era consapevole del fatto che suo padre si sarebbe preoccupato e arrabbiato molto, rischiando così di perdere la sua fiducia e quella poca libertà che le era concessa. Per lei non era un problema uscire in compagnia, a patto che fosse qualcuno noto e approvato dal padre. In fondo, così sarebbe stata molto più al sicuro. Difatti, più di una volta, il medico l'aveva illuminata dei numerosi pericoli che una donna al giorno di oggi corre ad andare in giro da sola, rammentandole che lei era una fanciulla molto timida, insicura e sopratutto minuta. Insomma, una facile preda per un eventuale molestatore. La verità era che il medico voleva assicurarsi che la figlia vedesse e apprendesse solo ciò che lui riteneva opportuno. Se Hanna avesse iniziato ad andare in giro da sola e a farsi nuove conoscenze, molto probabilmente avrebbe potuto rivalutare il suo rapporto con lui. Il barone non voleva rischiare di perdere il suo potere sulla ragazza e finire, di conseguenza, col perderla per sempre.
I tre giovani arrivarono al centro commerciale Lichtof, uno dei migliori centri commerciali della cittadina svizzera. Arrivarono nel parcheggio del centro commerciale a bordo della Fiat 4x4 di Klaus. Una volta scesi dall’auto, il giovane infermiere controllò svariate volte se l'auto fosse o meno chiusa.
<< Dai che è chiusa! Diamine, qualcuno dovrebbe inventare un sensore per automobili che ripeta continuamente “è chiusa coglione”, se mai esisterà giuro che te lo regalo immediatamente. >> dichiarò Edith a braccia incrociate. Hanna ridacchiava, quando Edith era spazientita le ricordava troppo suo padre.
<< Arrivo! Mica possiamo rischiare di tornare al parcheggio e scoprire che ci hanno rubato qualcosa o meglio ancora, che l'auto non c'è più. >> replicò l'infermiere seguendo le due ragazze. Entrarono nello stabile, il centro commerciale era diviso in tre piani e svariati reparti, si poteva trovare davvero di tutto. Al primo piano c'era la caffetteria, dei negozi di abbigliamento per donna, un supermercato e un negozio di elettronica.
<< Se non vuoi annoiarti mentre facciamo shopping, potresti andare a prendere qualcosa alla caffetteria. >> disse Hanna rivolgendosi a Klaus.
<< Guarda, sarei tentato di farlo ma rischio che poi tuo padre mi sbudella se scopre che vi ho lasciate incustodite. >> ribatté Klaus.
<< Oh, il nostro prode paladino! >> replicò Edith punzecchiando l'infermiere. Klaus si trattenne dal togliersi una scarpa e tirarla in testa alla sua simpatica collega. Il trio entrò nel primo negozio di abbigliamento, si trattava di Zara – ma Hanna, come al solito, non vedeva nulla che potesse starle bene.
<< Non capisco come fanno tutte le persone che vengono qui e trovano il mondo, poi arriviamo noi e non c'è mai un cavolo di decente! >> disse Hanna un po' scocciata.
<< Forse perchè avete dei gusti improponibili. >> rispose ironicamente Klaus. Il secondo negozio si chiamava Prestige Boutique, ma i tre non lo presero nemmeno in considerazione. I prezzi dei loro capi erano davvero alti e sebbene Hanna disponesse della possibilità economica per acquistarli, preferiva scegliere sempre moda low cost. Per recarsi al terzo negozio di moda femminile, passarono davanti al negozio di elettronica dove due anni prima Heinreich aveva acquistato il suo Samsung Galaxy AO3S, dopo che il suo storico Samsung J3 aveva deciso di porrre fine alla sua esistenza. Hanna iniziò a rammentare, ricordava perfettamente quel giorno. Il medico si lamentava da tempo della scarsa memoria di quel oramai vecchio dispositivo, ma in fondo, c'era particolarmente legato. Lo aveva da cinque anni, e sebbene ormai avesse iniziato ad avere qualche acciacco, restava un buon telefono. Una notte, suo padre era andato a dormire, e come sempre aveva posizionato il cellulare sul proprio comodino. Al mattino accadde l'imprevista tragedia. Il povero Samsung J3 non dava più segni di vita, vani risultarono i tentativi di Hans nel cercare di farlo riprendere. Preso dal panico il barone si era recato nel primo negozio di assistenza di Zurigo, e purtroppo la sentenza era la peggiore. Il dispositivo era andato, e sicuramente nemmeno sistemarlo poteva garantire il suo perfetto funzionamento. Considerando poi che la riparazione superava la spesa di un eventuale nuovo cellulare, Heinreich decise di fare la scelta più intelligente e parsimoniosa, ovvero comprare un nuovo dispositivo. Si era quindi presentato al negozio di elettronica del centro commerciale Lichtof, lì avevano i migliori prodotti secondo il suo modesto parare. Per la modesta cifra di 152,97 franchi svizzeri, che corrispondevano a 160 euro, il medico si portò a casa il suo nuovo cellulare.
I tre ragazzi entrarono quindi da Moon, qui Hanna cominiciò a vagare per il negozio, alla ricerca di qualcosa di bello da indossare per la sua permanenza in Italia.Acquistò quindi tre diversi vestiti: uno corto fino alle ginocchia di colore bianco con una fantasia floreale e senza maniche. Il secondo abito era un tubino nero, di una stoffa vedo o non vedo, con le maniche in pizzo – il modello ricordava molto uno stile gotico. Infine, l'ultimo era un vestito stile imperiale: senza maniche, lungo, elegante e di color verde smeraldo.Aveva intenzione di sfoggiarlo nel caso in cui una di quelle cene avessero cenato in qualche ristorante di lusso.Edith non acquistò niente, come al solito non c'era nulla in quei negozi che le piaceva, sia lodato Aliexpress, pensava.Al secondo piano del centro commerciale c'erano una libreria, un negozio di videogiochi, un centro estetico, una palestra e diversi posti dove potersi fermare a mangiare qualcosa di sfizioso.Si recarono a fare un giro nella libreria, sia Edith che Klaus non erano convinti di regalare un libro alla ragazza.Per la gioia di Klaus fecero tappa al negozio di videogiochi, Hanna non giocava a nulla, quindi lì non c'era assolutamente nulla di adatto. In compenso, l'infermiere aveva trovato un paio di giochi per la Play Station 4 in offerta.Edith nel mentre approfittò della distrazione di Hanna, intenta a guardare in giro con Klaus, per fare una corsa alla libreria. Prese per sua cugina un manga che voleva consigliarle da tempo, edopo aver pagato, si affrettò nuovamente dai due – nessuno si era minimamente accorto della sua breve scomparsa.Hanna propose ai due di prendere un gelato, così il trio fece una sosta alla gelateria accanto alla libreria. Hanna ordinò una coppetta con vaniglia, pistacchio e caramello salato, mentre Edith optò per un cono con stracciatella, nocciola e fior di latte.
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ballata · 2 years ago
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"Roberto Continui a nutrire paranoie o possiamo stare sereni questa settimana?"
"Doc mi tratti troppo da amico ed io pago quindi non siamo amici, preferirei più distacco e poi le mie sono semplici preoccupazioni di routine "
"Distacco? Bene. Senta le preoccupazioni sono frutto della consapevolezza, lei ne è consapevole?"
"Invece le paranoie dottore?
"Sono demoni che fagocitano l'anima, si arrampicano come erba infestante su un marciapiede crepato, su'una mente stanca e la cannibalizzano. Ma sembrano più tenaci di quel che sono"
"Allora doc prendo decespugliatore e xanax"
"Per iniziare prova solo con il decespugliatore"
"Se torniamo amici mi dai lo Xanax?"
"No! E amici come prima".
In foto
The Green Man”, 1200’s AD, Early Gothic, Bamberg Cathedral, Germany.
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