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#6 maggio 1944
italianiinguerra · 5 months
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Pillole di Seconda Guerra Mondiale: 6 maggio
1940 – Norvegia. Truppe francesi e della Legione straniera sbarcano nella zona di Narvik, seguite poco dopo da un contingente polacco. Si forma a Londra un governo norvegese in esilio. 1941 – Grecia. Il generale Bernard Freyberg comandante del corpo di spedizione neozelandese sull’isola di Creta viene informato dai servizi segreti britannici circa le linee particolareggiate…
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lamilanomagazine · 4 months
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Cagliari: al Palazzo di Città accoglierà i capolavori fotografici di Robert Capa
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Cagliari, al Palazzo di Città  accoglierà i capolavori fotografici di Robert Capa Dal 31 maggio al 6 ottobre 2024, Palazzo di Città a Cagliari ospita una retrospettiva dedicata al celebre fotografo Robert Capa (1913 – 1954). L'evento cade in concomitanza dell'anniversario degli ottant'anni dello sbarco alleato nelle spiagge della Normandia avvenuto il 6 giugno del 1944 e immortalato dagli scatti di quello che è considerato il padre del fotogiornalismo moderno. La mostra, voluta dall'Amministrazione comunale di Cagliari e organizzata da Silvana Editoriale, con il supporto della Fondazione di Sardegna, è curata da Marco Minuz. Grazie alla collaborazione dell'Agenzia Magnum Photos di Parigi, riunisce 110 fotografie, garantendo così un percorso antologico completo. Saranno presenti in mostra tutte le principali esperienze che caratterizzano il lavoro del fotografo ungherese, naturalizzato statunitense: gli anni parigini, la Guerra civile spagnola, l'esperienza bellica fra Cina e Giappone, la Seconda guerra mondiale con la liberazione dell'Italia fino a Montecassino, lo sbarco in Normandia, l'avanzata alleato fino a Berlino, la Russia del secondo dopoguerra, la nascita dello stato di Israele e, infine, il conflitto in Indocina, dove Capa morirà prematuramente nel 1954. Un panorama completo che fornirà al visitatore l'opportunità di conoscere tutte le fasi più importanti della carriera di questo fotografo. Guadagnata sul campo fama, Capa pubblicò nelle più importanti riviste internazionali, fra le quali "Life" e "Picture Post", con quello stile di fotografare potente e toccante allo stesso tempo, senza alcuna retorica e con un'urgenza tale da spingersi a scattare a pochi metri dai campi di battaglia, fin dentro il cuore dei conflitti. In tal senso celebre la sua dichiarazione: "Se non hai fatto una buona fotografia, vuol dire che non ti sei avvicinato a sufficienza alla realtà". Ma il lavoro di Robert Capa non si limitò solo esclusivamente a testimoniare eventi drammatici, ma spaziò anche in altre dimensioni non riconducibili alla sofferenza della guerra. La mostra infatti esplora il rapporto del fotografo con il mondo della cultura dell'epoca con ritratti di celebri personaggi come Pablo Picasso, Ernest Hemingway, Truman Capote e Henry Matisse, mostrando così la sua capacità di penetrare in fondo nella vita delle persone immortalate. Un richiamo sarà dedicato ai suoi reportage dedicati a film d'epoca. Dopo la fine del secondo conflitto mondiale è l'attrice Ingrid Bergman a introdurre Capa sul set del film "Arco di Trionfo" del 1948 di Lewis Milestone dove si cimenta in veste di fotografo di scena. Quella ospitata a Palazzo a Palazzo di Città nel cuore del centro storico di Cagliari dal 31 maggio al 6 ottobre 2024 sarà dunque una mostra tutta da scoprire nel segno di quello che per Capa era un mantra: "Ama la gente e faglielo capire". L'esposizione è accompagnata da un volume monografico Silvana Editoriale.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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carmenvicinanza · 4 months
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Rosa Menni
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Rosa Menni, artista, imprenditrice, giornalista, perseguitata durante il fascismo, è ancora una figura poco nota della storia italiana.
Ha avuto un’atelier di tutte donne frequentato dalle avanguardie culturali, fondato un’azienda che produceva sete e tessuti commissionate da case di moda e di arredamento, ha collaborato e contribuito a fondare riviste d’arte e costume. Ha tradotto libri, collaborato a programmi televisivi, prestato opera di assistenza durante la guerra e, dopo il conflitto, si è impegnata attivamente per il voto alle donne, per la costituzione della Repubblica e per l’Assemblea Costituente.
Nata a Milano il 13 maggio 1889 da una famiglia benestante, il padre era un alto funzionario bancario e la madre una ballerina della Scala, morta prematuramente a causa di parto. Aveva ricevuto una buona istruzione e si era diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera dove aveva avuto modo di conoscere diversi artisti e artiste, tra cui Anna Beatrice D’Anna, pseudonimo di Anna Beatrice Hirsch e Gemma Pero con cui aveva condiviso un atelier considerato una novità tra le artiste milanesi dell’epoca.
Con le due colleghe ha partecipato a numerose esibizioni come la Mostra dell’Incisione Italiana e quelle allestite dalla Famiglia artistica, dal Lyceum Femminile, dalla Reale Accademia di Belle Arti, Esposizione Nazionale di Belle Arti, la Federazione Artistica Italiana e dall’Associazione femminile Per l’arte.
Ha collaborato alla Sezione Propaganda Artistica del Comitato d’Azione tra Mutilati, Invalidi e Feriti di Guerra e, durante la prima guerra Mondiale, ha prestato servizio come infermiera volontaria al Pio Albergo Trivulzio, che ospitava un ospedale militare.
Nel 1917 ha aderito e scritto diversi articoli per l’esposizione dei giocattoli presso il Lyceum Femminile, che aveva l’obiettivo di rinnovare l’artigianato tradizionale e collegare l’arte decorativa alla produzione industriale. L’iniziativa era stata promossa dalla testata Pagine d’Arte, curata dal critico d’arte Raffaello Giolli che, nel 1920 divenne suo marito.
Nel suo progressivo abbandono della pittura per dedicarsi all’arte applicata ai tessuti, nel 1919, l’aveva portata ad avviare la sua personale produzione artigianale, Le stoffe della Rosa che produceva e rivestiva complementi d’arredo, oggetti personali, da toilette, cornici e molte altre creazioni per il design di case, negozi, teatri. In quegli anni le venivano commissionati lavori dalle migliori case sartoriali del tempo, da grandi professionisti che si occupavano dell’allestimento d’interni portando i suoi manufatti in esposizioni nazionali e internazionali, che le valsero diversi premi e medaglie.
Si è mossa tra arte e artigianato come attività trasformativa in cui mettere a disposizione le proprie visioni del mondo, per costruire una società fondata sulla libertà, unica scelta possibile per la convivenza e la felicità umana.
In conseguenza della crisi economica del 1929, aveva chiuso il laboratorio e cominciato a scrivere d’arte per diverse testate come Domus, Casabella e Problemi d’arte attuale (poi Poligono, Rivista mensile d’arte) periodico pubblicato dal marito che aveva fondato la casa editrice AEA, Anonima Editrice d’Arte.
Nel 1933 ha avuto l’idea di dare vita a un settimanale femminile innovativo, Eva, in cui ha scritto, fino al 1948, di arte decorativa, architettura, arredamento, curando parte della corrispondenza con le lettrici e riproponendo alcuni suoi manufatti.
La posizione antifascista della sua famiglia aveva portato devastanti conseguenze. Il marito venne prima allontanato dalla scuola per non aver giurato fedeltà al regime e poi inviato al confino con il loro primogenito Paolo. I coniugi vennero arresti il 14 settembre 1944 e rinchiusi nel Carcere di San Vittore. Raffaello che, anche dopo atroci torture, si era rifiutato di tradire i suoi compagni, venne mandato al campo di concentramento di Mauthausen, dove è morto il 6 gennaio 1945.
Il figlio Ferdinando, arruolato nella Brigata Garibaldi, venne catturato e fucilato a Villeneuve il 14 ottobre 1944 e Paolo, una volta liberato dal domicilio coatto, venne mandato a combattere in Grecia, dopo l’8 settembre fu rinchiuso in diversi campi di detenzione, è tornato libero in seguito al 25 aprile.
Dopo la Liberazione, Rosa Menni ha militato nelle file del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, è stata anche una delle pochissime donne candidate e ha sostenuto la propaganda politica per il referendum istituzionale del 2 giugno e per l’Assemblea Costituente.
È stata direttrice dell’edizione lombarda di Noi donne, organo quindicinale dell’UDI, nel 1945.
Per alcuni anni ha vissuto in Brasile. Tornata in Italia si è dedicata alla scrittura, ha tradotto la biografia di Isadora Duncan, pubblicato il saggio La disfatta dell’Ottocento partendo dal recupero e riordino degli scritti del marito non andati persi con le perquisizioni, ha organizzato la puntata del programma RAI Enigmi e Tragedie della Storia dedicata alla figura di Pia de’ Tolome e, nel 1964, ha istituito il Premio Raffaello e Ferdinando Giolli, per promuovere e sostenere giovani talenti letterari.
È morta a Melzo, Milano, il 13 novembre 1975.
Nel 2020 è uscito il primo libro sulla sua storia Rosa Menni Giolli (1889-1975) Le arti e l’impegno, scritto da Patrizia Caccia e Mirella Mingardo.
Rosa Menni ha condotto una vita all’insegna della bellezza, dell’arte, della cultura, dell’impegno politico e sociale. Non deve essere dimenticata.
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fashionluxuryinfo · 2 years
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MOSTRA Gino Galli (1893-1944) La riscoperta di un pittore tra Futurismo e Ritorno all’ordine a cura di Edoardo Sassi e Giulia Tulino Apertura al pubblico: 10 marzo – 6 maggio 2023 MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea Città Universitaria, Sapienza Università di Roma, Palazzo del Rettorato Roma, Piazzale Aldo Moro 5 Il MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università La Sapienza di Roma presenta dal 10 marzo al 6 maggio 2023 la mostra Gino Galli (1893-1944). La riscoperta di un pittore tra Futurismo e Ritorno all’ordine, a cura di Edoardo Sassi, giornalista del Corriere della Sera https://www.fashionluxury.info/it/
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corallorosso · 3 years
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“Anche l’odio contro la bassezza stravolge il viso. Anche l’ira per l’ingiustizia fa roca la voce. Oh, noi che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza, non si poté essere gentili”. (Bertolt Brecht). La notte tra il 2 e il 3 giugno 1944 a San Vito di Leguzzano (VI) giunse la Squadra d’azione del Fascio repubblicano di Schio, composta da: Bruno Marchesini, Domenico Marchioro, Paolo Sturmo, Natale Pozzati, Renato Prati, Umberto Bettini, Oreste Ceccon e Augusto Costeniero. Il loro intervento era stato richiesto da Giulio Ultimo Ziliotto, Commissario prefettizio del paese, che in una lettera al Comando provinciale della GNR aveva lamentato come, a causa della mancanza di un presidio, San Vito fosse frequentata dopo il coprifuoco da sbandati e renitenti alla leva e alla precettazione al lavoro. Giunti in via Cesare Battisti, gli squadristi incrociarono un giovane, Lino Zordan, che, datosi alla fuga, fu soppresso con una raffica di mitra alla schiena. Svegliato dagli spari un civile, Natale Benetti, si affacciò alla finestra della camera e fu a sua volta ucciso da una raffica sparata al suo indirizzo. Seguì un breve scontro a fuoco con un gruppo di partigiani, durante il quale due squadristi, Bruno Marchesini e Paolo Sturmo, furono feriti e condotti poco dopo in ospedale. Il mattino successivo giunse in paese un’altra squadra comandata da Innocenzo Passuello, segretario del Fascio di Schio e futuro “boia del Grappa”, che appiccò il fuoco all’abitazione dei fratelli Micheletto, partigiani sanvitesi da tempo ricercati. Le fiamme si estesero alle abitazioni vicine e nel tentativo di domarle un civile, Armando Campagnolo, padre di 6 figli, cadde in mezzo alle fiamme, rimanendo ustionato in quasi tutto il corpo. Morì dopo due giorni di terribile agonia. Su ordine del Questore, Lino Zordan e Natale Benetti furono caricati su un carretto e fatti sfilare per le vie di Schio, a monito della popolazione, dopo di che furono sepolti alle 5 del mattino, senza alcuna cerimonia e con il divieto di portare fiori. Era l'inizio del terribile "mese di fuoco" che a San Vito si concluse con la deportazione in Austria di 20 giovani, due dei quali non tornarono. Tre giorni più tardi giunse la rappresaglia partigiana. Bruno Marchesini e Paolo Sturmo furono freddati con 140 colpi sul loro letto all’Ospedale di Schio. Ma non finì così. Il 3 maggio 1945 Domenico Marchioro, assieme ad altri quattro fascisti, fu condotto a Pedescala e affidato alle cure delle donne sopravvissute alla strage compiuta dai nazifascisti in ritirata tre giorni prima, che li soppressero brutalmente. Si narra che furono fatti a pezzi con le roncole. Due mesi più tardi, nel cosiddetto “eccidio di Schio”, Giulio Ultimo Ziliotto e Umberto Bettini furono uccisi dalle raffiche partigiane. Gli altri squadristi, malgrado le numerose denunce presentate per quello e altri crimini commessi, riuscirono a sfangarla e, dopo una breve detenzione, a morire nel proprio letto. No. Come diceva Bertolt Brecht, non si poté essere gentili. E chi lo fu, se ne pentì amaramente. Ugo De Grandis
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paoloxl · 4 years
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6 gennaio 1945: l'eccidio di Santa Donna
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Michele” Castagnoli Giovanni
“Ratà” Catinella Vittorio
“Gaspà” Ferrari Gaspare
“Guido” Ferrari Guido
“Manza” Quotisti Gino
“Bubba” Tedaldi Armando
“Gherry” Terroni Domenico
Sono i nomi dei sette giovanissimi partigiani, alcuni di loro non ancora quindicenni, che caddero trappola di un’imboscata delle truppe tedesche nell’inverno del 1945, nel gelido mattino del 6 gennaio.
Siamo in Val di Taro, in provincia di Parma, zona di particolare rilievo strategico militare, a causa delle importanti vie di comunicazione che la attraversano, (vitali per l’esercito tedesco – la ferrovia Parma-La Spezia, la statale 62 della Cisa e quella per Chiavari).
Dopo la proclamazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943, in tutta l’Italia settentrionale iniziano formarsi i primi gruppi di partigiani. Giovani e meno giovani del territorio imbracciano i fucili, salgono sulle montagne e si organizzano per combattere i nazifascisti che ancora occupano il territorio italiano. Succede anche in Val di Taro. Infatti nel giugno del 1944, dopo diversi attacchi ai vari presidi nazi-fascisti, le formazioni partigiane riescono a liberare una vasta zona comprendente tutti i comuni dell’Alta valle, e alcuni comuni liguri.
Lo testimonia la breve ma intensa esperienza della “Repubblica partigiana della Val Taro” dove le formazioni partigiane formatesi, riescono, seppure per un breve periodo, tra il maggio e il luglio del ‘44, ad affrancarsi dall’occupazione di istituzioni e presidi militari tedeschi e della Repubblica sociale.
La risposta dei nazisti però non si fa attendere e prende il nome di operazione Wallenstein, una serie di pesanti rastrellamenti che hanno l’obbiettivo di “ripulire” il territorio dai gruppi della guerriglia partigiana. Le truppe tedesche cancellano la zona libera e infieriscono sulla popolazione con stragi e deportazioni. I pesanti rastrellamenti continuano nella zona durante tutto l’inverno 1944-45, finalizzati ad eliminare la presenza partigiana nella valle.
Ed è proprio in occasione di uno di questi, che avviene l’eccidio sul passo Santa Donna, quando un piccolo gruppo di partigiani cadde in un’imboscata tesa dai fascisti. Il 6 gennaio del ’45, giorno dell’Epifania, tre colonne tedesche, giunte nella notte a Borgotaro, puntano su diversi obiettivi a monte del paese. Sul Santa Donna, nei pressi di Porcigatone, un distaccamento partigiano si muove per portare soccorso ad un reparto situato a Caffaraccia, attaccato dai tedeschi. All’improvviso spuntano nella nebbia sagome minacciose, sono tedeschi in tuta bianca e sci, che aprono il fuoco. I giovani partigiani non possono rispondere a causa del gelo che blocca le loro armi. Sulla neve del Santa Donna rimangono i corpi trucidati di sette giovanissimi eroi, sei di loro della vicina Borgataro. Il colpo per la valle è durissimo.
Ma nonostante il pesante bilancio di questa e altre infami azioni le Brigate partigiane si riorganizzeranno e all’alba dell’8 aprile passeranno, con azione simultanea, all’attacco di tutti i presidi nazifascisti della Valle. Il 9 aprile1945 con la resa del forte contingente tedesco presente a Borgotaro, la Val di Taro e’ libera.
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levysoft · 5 years
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La famiglia Chaplin è una dinastia di artisti di spettacolo.
Charles Chaplin Senior (1863–1901) è noto soprattutto per essere stato il padre dell'attore e regista Charlie Chaplin , sposò Hannah Harriet Pedlingham Hill (1865–1928) da cui ebbe tre figli:
Sydney John Chaplin (1885–1965), adottato, nato Sydney John Hill in quanto figlio di Sydney Hawkes; si sposò due volte ma non ebbe figli.
Sir Charlie Chaplin - (Londra, 16 aprile 1889; Corsier-sur-Vevey, Svizzera, 25 dicembre 1977) - era figlio degli artisti Hannah Chaplin, conosciuta come Lily Harley, e Charles Chaplin Senior. Ebbe due fratellastri, uno maggiore di quattro anni, Sydney, nato da una precedente relazione della madre, e uno minore di venti, Wheeler Dryden, figlio della madre Hannah e del cantante Leo Dryden. Charlie Chaplin ebbe undici figli in tutto: il primo nacque dal matrimonio con Mildred Harris, durato dal 1918 al 1920, ma il bambino, Norman Spencer, nato con gravi malformazioni, sopravvisse solo tre giorni. Ne ebbe due dalla seconda moglie Lita Grey, con cui fu sposato dal 1924 al 1927 e altri otto dalla quarta e ultima moglie Oona O'Neill, sposata nel 1942 e con cui rimase fino alla morte[2].
George Wheeler Dryden (1892–1957), adottato, figlio di Leo Dryden; sposò la ballerina Alice Chapple; 1 figlio.
Charlie Chaplin junior (Beverly Hills, California, 5 maggio 1925 - 20 marzo 1968), fu un attore e agente. Morì all'età di 42 anni per un'embolia polmonare .
Sydney Earle Chaplin (Los Angeles, California, 31 marzo 1926 - Rancho Mirage, California, 3 marzo 2009), attore.
Géraldine Chaplin (Santa Monica, California, 31 luglio 1944) attrice, compagna del regista spagnolo Carlos Saura dal quale ha avuto un figlio, Shane Saura. Con il marito, il direttore della fotografia cileno Patricio Castilla invece, ha avuto una figlia, Oona Chaplin (nata a Madrid il 4 giugno 1986), anche lei attrice.
Michael John Chaplin (Santa Monica, California, 7 marzo 1946), attore. Ha due figli e tre figlie, tra cui le attrici Carmen Chaplin (New York, 4 febbraio 1972) e Dolores Chaplin (New York, 28 ottobre 1976).
Joséphine Hannah Chaplin (nata a Santa Monica, California, il 28 marzo 1949), sposata con Maurice Julien Marie Robinet (Nizza, 13 aprile 1927 - Parigi, 14 marzo 1983), attore, regista e scrittore francese noto con lo pseudonimo di Maurice Ronet, dal quale ha avuto un figlio, Julien Ronet (nato nel 1980). Ha inoltre avuto altri due figli in altri rapporti.
Victoria Chaplin (Santa Monica, California, 19 maggio 1951), attrice, sposata con Jean-Baptiste Thiérrée, attore e scrittore francese con il quale ha fondato Le cirque bonjour, quindi Le cirque imaginaire, più tardi Le cirque invisibile (Il circo invisibile). La coppia ha avuto due figli: Aurélia Thierrée (nata il 24 settembre 1971 a Losanna), attrice, e James Spencer Henry Edmond Marcel Thierrée (nato il 2 maggio 1974 a Losanna), attore.
Eugene Antony Chaplin (Corsier-sur-Vevey, Svizzera, 23 agosto 1953), produttore di spettacoli di circo. Ha avuto molti figli, tra cui Kiera Sunshine Chaplin (nata a Belfast, il 1º luglio 1982), modella e attrice.
Jane Cecil Chaplin (Corsier-sur-Vevey, Svizzera, 23 maggio 1957) attrice, è stata sposata con il produttore cinematografico e televisivo messicano Ilya Salkind, dal quale ha avuto due figli.
Annette-Emilie Chaplin (Corsier-sur-Vevey, Svizzera, 3 dicembre 1959), attrice.
James Christopher Chaplin (Corsier-sur-Vevey, Svizzera, 6 luglio 1962), attore.
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sciscianonotizie · 2 years
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Santa Maria a Vico, 9 maggio presentazione de “La gioia nella croce del prof. De Lucia”
SANTA MARIA A VICO (Caserta) – L’assessorato alla cultura del Comune di Santa Maria a Vico organizza per il prossimo 9 maggio 2022 la presentazione del libro “La gioia nella croce” ovvero viaggio nel pensiero di von Balthasar a cura del prof. Pietro De Lucia.
L’evento, con ingresso gratuito, nel rispetto delle prescrizioni antipandemiche, si terrà presso l’I.C. Giovanni XXIII in via Pasquale Carfora al civico 35.
La serata sarà aperta dai saluti del rag. Andrea Pirozzi, sindaco di Santa Maria a Vico, dall’avv. Michele Nuzzo, assessore alla cultura, dalla prof.ssa Carmen Crisci, dirigente scolastico dell’I.C. Giovanni XXIII e da don Carmine Pirozzi, parroco della chiesa matrice di San Nicola Magno.
Interverranno come relatori don Luigi Razzano, docente presso la Pontificia Università Lateranense e l’autore prof. Pietro De Lucia. La moderazione della serata sarà affidata ad Alfonso Piscitelli, docente di informatica e componente dell’Ufficio Ecumenismo e Dialogo della Diocesi di Acerra.
La pubblicazione “La gioia nella Croce” del prof. Pietro De Lucia è dedicata a mons. Giovanni D’Alise, amico fraterno del prof. De Lucia, ed è stata passo passo seguita dal prelato prima della nascita al Cielo.
Il prof. De Lucia spiegando i motivi della scelta del tema del libro, cioè perché della gioia in Balthasar, del grande teologo incompreso, chiarisce il rapporto che il teologo svizzero ha avuto con Adrienne von Speyr, (mistica svizzera, cristiana protestante, convertitasi al cattolicesimo dopo aver incontrato Balthasar) con la quale fonda, nel 1944, la comunità di San Giovanni (per dedicarsi a questa comunità, Balthasar nel 1950 lascerà i gesuiti). L’autore evidenzia che questo testo comincia e termina con Gv 15. Vangelo, il quarto, molto caro al teologo svizzero nonché a mons. D’Alise. Infatti, il compianto vescovo di Caserta, proprio dal vangelo di Gv aveva tratto il suo motto episcopale: «Rimanete nel mio amore» (Gv15,9). Ed è proprio analizzando Gv 15, che Balthasar si chiede: come può Gesù, ormai intravedendo la sua croce, parlare di gioia? Lo fa nella consapevolezza di poter servire Dio e gli uomini. Il dolore di Gesù si è trasformato in gioia perché sulla croce la morte diventa vita.
In chiusura si riporta il testo della quarta di Copertina di presentazione dell’opera “”Viaggio nel pensiero di von Balthasar”:
“La gioia è il mistero stesso della vita di Gesù. Nonostante la croce, il Figlio di Dio aveva un cuore che traboccava di vera gioia, un gaudio nascosto faceva vibrare tutta la sua persona. Interrogandosi su questo mistero della vita cristiana, cuore del Vangelo, l’autore si è imbattuto in Hans Urs von Balthasar e nella sua visione particolare della gioia, intesa come passaggio purificatore attraverso l’esperienza della croce, che è esperienza di morte e di vita, di seppellimento e di risurrezione e quindi di immersione nel divino, già ora sperimentabile. In questo senso la gioia ha un carattere paradossale perché mette assieme speranza e sofferenza, passione e amore, attesa e profezia, giustizia e perdono. Ma essa è segno di un’esistenza redenta, liberata dal peccato e dal male attraverso la passione di Cristo e la sua risurrezione nella carne. Ed è in questa luce che la gioia può ritornare nella vita di ogni giorno e riportare l’uomo alla ricerca della vera felicità”.
La gioia nella croce
Viaggio nel pensiero di von Balthasar
Di Pietro De Lucia
Prefazione di Edoardo Scognamiglio
Collana “Il respiro dell’anima”
Edito da Effatà Editrice (Torino)
Copertina flessibile
€ 12,00
ISBN 978-88-6929-608-6
source https://www.ilmonito.it/santa-maria-a-vico-9-maggio-presentazione-de-la-gioia-nella-croce-del-prof-de-lucia/
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giulianuma · 4 years
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Nedo Fiano, sopravvissuto alla Shoah, ci ha lasciato Ci ha lasciato, nel tardo pomeriggio di oggi, Nedo Fiano, sopravvissuto alla Shoah e instancabile testimone delle nefandezze del nazifascismo.Nedo Fiano nasce a Firenze il 22 aprile 1925. Dopo dopo l'emanazione, nel 1938, delle leggi antiebraiche fasciste firmate dal re Vittorio Emanuele III, Nedo dovette abbandonare la scuola a 13 anni per la sola colpa di essere nato. Dopo l'8 settembre 1943 i mentre i tedeschi occuparono l'Italia centro settentrionale Fiano e la sua famiglia cercarono rifugio nelle dimore di amici. Il 6 febbraio 1944, all'età di 18 anni, i fascisti lo arrestarono mentre passeggiava in via Cavour a Firenze e lo rinchiusero nel carcere della città. Successivamente Nedo venne trasferito nel campo di concentramento di Fossoli. insieme con altri undici membri della sua famiglia.Il 16 maggio 1944 fu deportato, insieme con tutti i suoi familiari , nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau. ll viaggio durò sette giorni e sette notti all'interno di un vagone usato per il trasporto di bestiame, senza sapere cosa stesse succedendo e il perché. Ad Auschwitz arrivò il 23 maggio.L'11 aprile 1945 fu liberato dalle forze alleate, nel campo di concentramento di Buchenwald, dove era stato trasferito dai nazisti in fuga, unico superstite della sua famiglia. “Ciò che ha connotato tutta la mia vita – sottolineava sempre Nedo - è stata la mia deportazione nei campi di sterminio nazisti. Con me ad Auschwitz finì tutta la mia famiglia, vennero sterminati tutti. A diciotto anni sono rimasto orfano e quest’esperienza così devastante ha fatto di me un uomo diverso, un testimone per tutta la vita” Nel suo libro “A 5405 (il suo numero di matricola ad Auschwitz) Il coraggio di vivere” Nedo scrive: “Il tempo si è fermato ad Auschwitz. Dopo una vita quel " non luogo" è duro, arcigno, severo come allora. Sono lì in visita. Io sono cambiato, lui no. Mancano le SS, i cani... Avverto la severità e il silenzio di un grande cimitero; la gola mi si secca, gli occhi si inumidiscono, la mente va lontano e ricostruisce quello che il tempo e gli uomini hanno distrutto. Psrtecipiamo al lutto di @efiano (presso Asti) https://www.instagram.com/p/CI_zDjjBYMK/?igshid=pz6czq7vilsx
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con-una-lettera · 7 years
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Clara Pirani ai famigliari
Verona, 2 agosto 1944
Miei carissimi due righe in fretta da Verona ove abbiamo fatto tappa dopo un viaggio buono. Ripartiamo oggi stesso per la nuova destinazione, forse ci fermeremo qualche tempo a Bolzano, ma è più probabile che ci portino subito oltre confine per un campo di lavoro – Non so se potrò scrivervi ancora – ma state tranquilli – la prova è dura eppure ho fiducia di superarla – la vostra tranquillità e la certezza che state bene mi daranno la forza di superare i disagi. Pensatemi come io vi penso ma non lasciatevi abbattere, mi raccomando – Voglio ritrovarvi bene. Vi stringo al cuore e vi bacio tanto. Clara
Clara Pirani, maestra elementare di quarantacinque anni, coniugata con tre figlie. Nata il 23 giugno 1889 a Milano e residente a Gallarate (Varese). Di famiglia di religione ebraica, il 27 novembre 1924 si sposò con Francesco Saverio Cardosi. In seguito all’applicazione delle leggi razziali, il loro matrimonio fu ritenuto un "matrimonio misto", ovvero contratto tra una persona "ariana" e una "ebrea". Clara e le sue figlie furono anch’esse considerate di "razza mista", ma ciò non fu comunque sufficiente a consentirle di occupare la cattedra di ruolo tanto attesa. Infatti, dopo il diploma al Magistero di Firenze, Clara aveva ottenuto un incarico a Curenna nella Comune di Vendone (Savona), mentre il marito insegnava al Civico Ginnasio Pareggiato di Savona. Dopo vari anni, la nascita delle figlie e il superamento di alcuni concorsi, entrambi erano riusciti a vincere una cattedra di ruolo a Torino. Purtroppo Clara non poté neppure prendere servizio a causa dell’attivazione dei primi provvedimenti razziali. Trasferitasi con la famiglia a Gallarate (Varese) dove il marito aveva ottenuto l’incarico di preside presso il Ginnasio Superiore, quando con la costituzione della RSI iniziò ad intensificarsi la campagna "in difesa della razza", Clara e le sue figlie non poterono nascondersi a causa della visibilità dell’impiego del marito. L’11 dicembre 1943 fu arrestata una prima volta, ma fu presto rilasciata per ragioni di salute. Quando il 7 marzo 1944 uscì la circolare del ministero dell’Interno n. 3968/442 che escludeva dall’arresto i coniugi di "matrimonio misto", l’intera famiglia si sentì finalmente al sicuro. Il 12 maggio Clara fu arrestata. L’ordine di cattura includeva anche le tre figlie ma grazie all’opera di intermediazione del marito, peraltro deciso a seguire l’intera famiglia, queste furono lasciate libere. La notte stessa Clara fu tradotta nel carcere di San Vittore dove rimase fino al 9 giugno quando fu inviata al campo di Fossoli nel settore dei "misti". Il 2 agosto fu deportata e il 6 agosto giunse ad Auschwitz dove fu selezionata per le camere a gas.
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lamilanomagazine · 7 months
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Firenze, il patrimonio degli Archivi di Stato si allarga: importanti testimonianze di Croce e D'Annunzio
Firenze, il patrimonio degli Archivi di Stato si allarga: importanti testimonianze di Croce e D'Annunzio. Il patrimonio degli Archivi di Stato si arricchisce di nuove importanti acquisizioni. Nel corso dell’asta svoltasi il 6 marzo a Firenze, la Direzione generale Archivi ha acquistato cinque lotti di preziosi documenti, testimonianze di due delle massime figure della Cultura Italiana. La prima: un importante corpus epistolare di Benedetto Croce e Adele Rossi Croce. Si tratta di tredici lettere autografe e tre dattiloscritte inviate a Tammaro De Marinis (1878-1969) e alla moglie Clelia Zucchini. Il carteggio copre il periodo compreso tra dagli anni ’10 e gli anni ’50 del XX secolo, offrendo un’ulteriore e intima testimonianza del forte sodalizio esistente tra il filosofo e De Marinis, prestigioso mercante di codici e libri antichi, il più raffinato bibliofilo del Novecento. Le lettere componenti il lotto acquistato dalla Direzione generale Archivi costituiscono un ulteriore e significativo tassello per la ricostruzione della biografia crociana e arricchiscono il copioso epistolario finora noto ed edito a cura dell’Istituto Italiano per gli Studi Storici. Nella stessa asta è stato inoltre acquistato un nucleo di autografi di Gabriele D’Annunzio. Si tratta del testo del discorso letto dal d’Annunzio l’11 maggio 1902 all’Hotel de la Ville di Trieste, dove il poeta alloggiava con Eleonora Duse, in occasione di un banchetto organizzato in loro onore. Il testo venne pubblicato da “Il Piccolo” e l’autografo regalato la sera stessa a Francesco Salata (1876-1944), al quale sono indirizzate le altre lettere autografe, datate 1-2 settembre 1917 e 31 agosto 1918. La figura del Salata, profondo conoscitore degli archivi e autorevole esponente della corrente storiografica istriana impegnata nella difesa del carattere italiano della regione, si caratterizza per il suo impegno nelle attività del Segretariato generale per gli affari civili presso il Comando supremo dell’esercito, a partire dal 1915 fino al conflitto ultimato, operando in stretto contatto con Agostino D’Adamo e Salvatore Barzilai, fino a essere nominato nel 1917 consigliere di Vittorio Emanuele Orlando, presidente del Consiglio. Fu poi componente della delegazione italiana alla Conferenza di pace di Parigi, dove si oppose con vivacità alle pretese jugoslave sulle province giuliano-dalmate, ottenendo poi, nel luglio 1919, l’incarico di dirigere l’Ufficio centrale delle Nuove province. L’anno successivo venne nominato Senatore del Regno. La fortunata acquisizione del carteggio fatta dalla Direzione generale Archivi contribuisce a fare nuova luce sui rapporti di profonda amicizia con D’Annunzio e arricchisce significativamente il patrimonio documentario dell’Archivio centrale dello Stato, dove, accanto a un cospicuo nucleo di autografi dannunziani, sono conservate le carte delle alte personalità politiche con le quali Francesco Salata operò in stretto contatto.    ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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carmenvicinanza · 2 years
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Nayantara Sahgal
https://www.unadonnalgiorno.it/nayantara-sahgal/
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Come risolvere un conflitto come quello, sostanziale e decisivo, che divideva l’umanità in due correnti – una vitale, attiva, colma di aspirazioni, l’altra costantemente in bilico tra l’immobilismo, e il rischio di subire il fascino di qualcosa di brutale, estraneo, improvviso? Gli sembrava che non si potesse risolvere niente nel mondo se quei due punti di vista non trovavano un punto di incontro, rafforzandosi a vicenda. Forse erano canali distinti, ma anche le linee parallele lo sono. Eppure all’infinito si incontrano. L’infinito è il luogo in cui le differenze si fondono. Oltre il bene e il male. Se si comprende questo, le differenze tra noi sono risolte. Non era una visione mistica ma un’immagine in prospettiva.
Nayantara Sahgal, scrittrice e giornalista indiana è una voce critica e libera.
Tutti i suoi romanzi trattano della decadenza dell’India e di come si può trarre insegnamento dal passato.
Nata il nata il 10 maggio 1927 a Allahabad è la figlia di Vijaya Lakshmi Pandit, politica e diplomatica, sorella di Jawaharlal Nehru, primo ministro indiano dopo l’indipendenza e erede spirituale di Gandhi.
Il padre era Ranjit Sitaram Pandit, avvocato e  classicista che aveva tradotto il testo epico Rajatarangini dal sanscrito all’inglese, arrestato durante la lotta per l’indipendenza era morto in prigione nel 1944.
Anche sua madre venne incarcerata per gli stessi motivi nel 1946 prima di far parte dell’Assemblea costituente dell’India e diventare governatrice di diversi stati e poi ambasciatrice.
Nayantara Sahgal si è diplomata alla Woodstock School di Landour e si è laureata in storia al Wellesley College, Massachusetts, nel 1947. Ricercatrice e docente in varie università degli Stati Uniti, scrive di politica per vari giornali internazionali, è editorialista del Sunday Observer.
Sebbene facesse parte della famiglia Nehru, ha sempre mantenuto un  senso critico. Il suo atteggiamento indipendente, come quello di sua madre, le portarono a litigare con la cugina Indira Gandhi durante le fasi più autocratiche in cui questa era in carica alla fine degli anni ’60 e per tutti gli anni ’70. Addirittura, appena tornata al potere, la prima ministra aveva annullato la sua nomina, già programmata, come ambasciatrice dell’India in Italia.
Tra le tante onorificenze ricevuta si ricorda il Premio Sinclair nel 1985; il Premio Sahitya Akademi e il Premio degli scrittori del Commonwealth, entrambi nel 1987. 
È membra onoraria straniera dell’Accademia americana delle arti e delle scienze dal 1990. Ha fatto parte della delegazione indiana delle Nazioni Unite a New York, nel 1978. 
Tanti i libri scritti, tra romanzi e saggi di politica, narrativa e cultura in generale.Il 6 ottobre 2015, ha restituito il premio ricevuto dalla Sahitya Akademi per protestare contro  l’aumento dell’intolleranza e in sostegno al diritto al dissenso nel paese, in seguito ad alcuni celebri  omicidi e il linciaggio di Dadri. Per questo gesto, nel 2017, è stata elogiata da Karima Bennoune, che monitorava i diritti umani per le Nazioni Unite.
Sostiene che le forze politiche e sociali modellano le nostre vite e non si possono ignorare. La sua è una poetica dell’impegno in cui attivismo e estetica si incontrano e si danno vicendevolmente bellezza e potere.
La maggior parte dei personaggi dei suoi libri appartiene alla parte ricca della società indiana, scrive soltanto di quello che conosce intimamente. Nei suoi romanzi c’è sempre un importante evento politico che fa da sfondo.
È la madre di Gita Sahgal, scrittrice, giornalista, regista e attivista per i diritti umani.
Nel settembre 2018, Nayantara Sahgal è stata eletta Vice Presidente di PEN International.
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SAIL 2018 - 5º Convegno Nazionale sulle Imbarcazioni d'Epoca - 2018
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Il 27 gennaio 2018 si è svolto a Varese il 5° Convegno nazionale sulle imbarcazioni d’epoca, organizzato annualmente dall’Associazione Vele d’Epoca Verbano. La partecipazione superiore alle aspettative ha imposto la chiusura anticipata delle iscrizioni. Al Palace Grand Hotel di Varese, prestigiosa sede del congresso, sono state esposte anche alcune imbarcazioni in legno. Tra gli annunci del 2018 la riapertura del Museo della Barca Lariana di Pianello Lario e l’avventuroso periplo dell’Italia della goletta Oloferne in rotta verso il Festival Marittimo francese di Sète. Tra i libri presentati un volume sul restauro e uno dedicato ai gozzetti genovesi a remi da competizione. I NUMERI DEL 5° CONVEGNO DI BARCHE D’EPOCA Oltre 150 partecipanti provenienti da Italia e Svizzera, 10 relatori, 6 ore dedicate alle relazioni, 4 patrocini ufficiali (Yacht Club Italiano, Associazione Italiana Vele d’Epoca, Associazione Scafi d’Epoca e Classici, Associazione Italiana Derive d’Epoca), 3 annunci di nuove iniziative nel settore della marineria, 3 barche esposte (la lancia elettrica in legno ‘Ernesto’ del cantiere Ernesto Riva, un Dinghy 12’ e una lancia bretone), una di fotografie di vele d’epoca del fotografo James Taylor, 8 magnifici sponsor (Autosalone Internazionale Jaguar Land Rover di Varese e Castellanza, AQA Lago Maggiore, Cromatura Cassanese, Porrini Moda Besozzo, Studio GIALLO & Co. Varese, Gioielleria Soma Besozzo, 3 Sixty Marketing Services, Funivie del Lago Maggiore), un annullo filatelico dedicato, oltre 130 pubblicazioni sulla stampa e media nazionali e più di 100.000 persone raggiunte sui social network nel periodo pre e post-evento. Questi i numeri della quinta edizione del convegno di barche d’epoca ‘Tra Legno e Acqua’ tenutosi il 27 gennaio 2018 presso il Palace Grand Hotel di Varese. Un altro grande successo per l’AVEV, Associazione Vele d’Epoca Verbano, che si conferma uno dei più attivi sodalizi italiani nel settore della promozione della cultura marinaresca e delle tradizioni nautiche. LE RELAZIONI … DELLA MATTINA Il lavori del 5° Convegno ‘Tra Legno e Acqua’ sono stati aperti dal Presidente AVEV, il varesino Alessandro Corti e dallo storico locale Giuseppe Armocida. A seguire Paolo Sivelli, Direttore AVEV, moderatore degli interventi. Il velista e regatante Giuseppe La Scala ha parlato di restauro estetico e ristrutturazione funzionale, riferendosi in particolare a due classi di imbarcazioni sulle quali naviga, la deriva classe Dinghy 12’, progettata nel 1913, e il monotipo Dragone, nato nel 1929. Gli storici Giovanni Panella e il francese Thierry Pons hanno proiettato il video di Aventure Pluriel sull’esperienza di un corso Erasmus plus tenutosi per una settimana presso il Museo della Marineria di Cesenatico. Il fiorentino Roberto Olivieri, Consigliere dell’Associazione Vele Storiche Viareggio, ha descritto il refitting dello yawl bermudiano Barbara, yawl varato da Camper & Nicholsons nel 1923 il cui ritorno in mare avverrà il prossimo 19 maggio 2018 presso il cantiere Del Carlo di Viareggio. Quel giorno, chiunque lo desidererà, potrà presenziare alla cerimonia del varo. Il costruttore navale Daniele Riva e l’ingegnere Carlo Bertorello hanno descritto il progetto di ‘Ernesto’, la prima barca elettrica in legno nata dalla matita del famoso architetto argentino German ‘Mani’ Frers, “presente” al convegno sotto forma di intervista video. LE RELAZIONI … DEL POMERIGGIO Il romagnolo Stefano Medas, archeologo subacqueo nonché apprezzato conferenziere, ha sedotto la platea raccontando l’anima delle barche, come se in passato fossero state equiparate a esseri viventi. Lo yacht designer Leonardo Bortolami, curatore dello Scottish Fisheries Museum di Edimburgo, ha presentato in anteprima il suo nuovo libro “Imbarcazioni in legno – il restauro consapevole” con tutti i suggerimenti sul recupero delle barche d’epoca. Il maestro d’ascia Giovanni Cammarano di Marina di Pisciotta, in provincia di Salerno, ha incantato la platea raccontando la vita dei pescatori e la costruzione di Ninetta, replica di un gozzo in legno a vela latina lungo 7,75 metri, eseguita insieme a un altro giovane maestro d’ascia, Cesare Cortale. Il progettista e costruttore navale Federico Lenardon ha infine descritto i restauri di Onkel Adolph, il 6 Metri Stazza Internazionale del 1907 vincitore della prima regata di questa classe, e della lancia da trasporto austriaca Poto del 1920, compiuti presso il cantiere ‘Alto Adriatico Custom’ di Monfalcone dove lavora. ALCUNE NOVITÀ DEL 2018 Ecco alcune delle novità presentate in occasione del Convegno: ·        Dopo circa 18 anni di chiusura il Museo della Barca Lariana di Pianello Lario, fondato nel 1982 all’interno di una filanda ottocentesca sulle rive del Lago di Como, riaprirà una parte delle sale per visite pubbliche. Il museo raccoglie oltre 400 imbarcazioni di tutti i tipi e migliaia di oggetti. ·        Presentato il progetto Museo Navigante, rete composta da 70 musei del mare e della marineria uniti in un comune progetto per valorizzare il patrimonio culturale marittimo italiano. Ad esso è legato il viaggio di circa 1800 miglia che la goletta aurica di 23 metri Oloferne del 1944 sta compiendo dall’Adriatico al Tirreno, con tappe in tutte le regioni costiere, per arrivare a Sète, in Francia. Qui, dal 27 marzo al 2 aprile 2018 si svolgerà Escale à Sète, il più importante Festival Marittimo del Mediterraneo dove confluiranno oltre 130 tra velieri e scafi storici e più di 300.000 visitatori. Sia la goletta Oloferne che una nutrita delegazione dell’Associazione Vele d’Epoca Verbano, con barche al seguito, rappresenteranno l’Italia e i musei nazionali. ·        Lo storico genovese Giovanni Panella ha dato alle stampe un libretto intitolato “Gozzetti Genovesi, storia di una passione” dedicato ai gozzi a remi da competizione. Spesso queste barche, in rappresentanza di borgate e associazioni legate al mare, si sfidano tra loro in occasione di eventi e manifestazioni organizzate in varie regioni d’Italia. Grazie alla collaborazione con l’Autosalone Internazionale Jaguar Land Rover di Varese e Castellanza è stato possibile organizzare alcuni test-drive a bordo delle vetture Jaguar Land Rover esposte all’ingresso dell’Hotel, tra le quali E-PACE, il nuovo SUV compatto. La concessionaria ha anche estratto a sorte un week-end, durante il quale un fortunato vincitore potrà “possedere” per due giorni un’autovettura.
FROM http://www.navigamus.info/2018/01/5-convegno-nazionale-sulle-imbarcazioni.html
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novalistream · 4 years
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6 aprile 1944. Inizia il rastrellamento e l'ECCIDIO NAZIFASCISTA della BENEDICTA (presso Capanne di Marcarolo, nel comune di Bosio, nell'Appennino Ligure). Tra le forze partigiane liguri che alla fine del marzo 1944 rendevano insicure ai tedeschi le vie di comunicazione con la valle del Po vi era la terza Brigata «Liguria» e il gruppo «Odino». Il comando tedesco di Alessandria ebbe l'incarico di dirigere e coordinare, in stretta collaborazione con quelli di Genova, Acqui e Ovada, un grande rastrellamento della zona affidato ad un'intera divisione tedesca (ventimila uomini) con aliquote di artiglieria, autoblinde, lanciafiamme ed aerei; ad essa si aggregarono reparti della GNR e delle forze armate di Salò. All'alba del 6 aprile le forze nazifasciste si pongono in moto e le colonne sviluppano un attacco concentrico che tende a rinserrare i partigiani in sacche senza via di uscita. La maggior parte dei distaccamenti della Brigata «Liguria», però, dopo alcuni tentativi di resistenza, riesce a filtrare attraverso lo schieramento nemico o ad occultarsi sul luogo, sottraendosi alla distruzione. Non così il gruppo «Odino». Esso aveva stabilito nei pressi di Voltaggio, in un vecchio monastero semidistrutto posto sulla Benedicta, un accantonamento di renitenti fra i quali vi era un centinaio di giovani completamente disarmati. Il mattino .del 7 aprile essi vengono sorpresi e catturati da due colonne di fascisti e di tedeschi. Oltre un centinaio di giovani sono fucilati sul luogo, a gruppi di cinque per volta, da un plotone di bersaglieri fascisti: il massacro dura fino a tarda sera. Novantasei corpi furono gettati la sera in fosse comuni, molti altri furono trovati insepolti sulla montagna i giorni seguenti. Altri tredici prigionieri furono fucilati a Masone e sedici a Voltaggio. Un ultimo gruppo, comprendente fra gli altri i comandanti «Odino» e il tenente Pestarino suo aiutante, trasportato a Genova, viene fucilato il 19 maggio al passo del Turchino per rappresaglia. Oltre duecento prigionieri vengono avviati ai campi di concentramento in Germania.. Complessivamente i caduti tra partigiani e civili, assassinati sul posto, deportati e poi morti nei lager, furono 305 Osservatorio sulle nuove destre Italia (fb)
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adrianomaini · 5 years
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paoloxl · 4 years
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Il 6 aprile 1945 le truppe dell'Esercito popolare di liberazione iugoslavo (EPLJ), guidate dal maresciallo Tito, liberarono la città di Sarajevo, portando a compimento il processo di liberazione della Jugoslavia senza l'intervento delle forze armate alleate.
Il croato Josip Broz, detto Tito, segretario del Partito comunista, aveva lanciato nel maggio 1941 un proclama che invitava i popoli di Jugoslavia alla resistenza contro l'invasore nazifascista, trovando inizialmente anche l'appoggio dei partigiani filo-monarchici e serbi di Mihailovic (detti "cetnici") appoggiati da Re Pietro II, del Governo in esilio a Londra e della Gran Bretagna. Nell'estate del 1941 i partigiani di Tito conquistarono momentaneamente gran parte del territorio serbo, ma furono ricacciati in Bosnia dalle truppe tedesche. In Bosnia i gruppi di Tito si riorganizzarono e le formazioni partigiane arrivarono a contare diverse migliaia di combattenti di tutte le nazionalità.
   Inizialmente le forze antifasciste si trovarono concordi nell'opposizione al movimento ultranazionalista croato degli ùstasha guidato da Ante Pavelić, che nel 1941 aveva creato lo Stato Indipendente di Croazia con l'appoggio dell'Italia fascista e la benevolenza di Hitler.      Tra i monarchici del colonnello serbo Mihailovic e i partigiani comunisti di Tito scoppiarono però presto duri scontri, dovuti alla visione pan-serba di Mihailovic e alla collaborazione dei monarchici con italiani e tedeschi e, dopo il 1942, alla partecipazione di unità di cetnici in operazioni condotte dai nazifascisti contro i combattenti titini.  Nonostante ciò i partigiani riuscirono a liberare un quinto del territorio nazionale e costituirono il Consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia (Avnoj), virtualmente il primo Parlamento del nuovo Stato, mentre l'armistizio del settembre 1943 vide accogliere nelle file dei partigiani iugoslavi interi battaglioni di italiani sbandati.  Alla fine del novembre 1943 venne costituito il Comitato di Liberazione Nazionale con funzioni di governo provvisorio, che approvò un progetto di Costituzione federale per la futura Jugoslavia, con ampio riconoscimento dei diritti dei vari gruppi etnici.  La liberazione del paese progredì, fino alla liberazione di Belgrado nell'ottobre 1944, anche con il concorso delle truppe sovietiche. Seguendo l'esempio della Serbia pure le altre previste entità federali formano propri governi sulla base del CLN e le elezioni per la Costituente del novembre 1944 segnarono la vittoria del Fronte nazionale e la liquidazione della monarchia, che venne formalmente dichiarata decaduta dall'Assemblea nazionale.  Mentre l'esercito popolare conduceva a termine l'ultima vittoriosa offensiva, i Consigli di liberazione della Serbia, della Croazia, della Slovenia e delle altre nazionalità e regioni, costituirono i rispettivi governi federali, e la Jugoslavia si proclamò "democratica e federativa".    
L'esercito di liberazione nazionale, il più grande schieramento partigiano d'Europa (più di 800.000 combattenti nel 1945), contò 350.000 morti, 400.000 feriti, migliaia di dispersi. Tenendo conto dei morti sotto i bombardamenti e dei civili massacrati dagli ùstasha e dai nazifascisti, le vittime della guerra toccarono la cifra di 1.700.000, oltre il 10% della popolazione: solo l'URSS e la Polonia superarono questa terribile percentuale.
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