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#Alberto Paolini
marcogiovenale · 1 month
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16 marzo: un finesettimana di mostre a bassano in teverina
Ricevo da Tommaso Cascella e volentieri diffondo: UN FINESETTIMANA DI MOSTRE A BASSANO IN TEVERINA Sabato 16 marzo si inaugurano esposizioni di pittura, scultura, fotografia Le opere di oltre 60 artisti italiani e internazionali sono protagoniste di un fine settimana nel borgo antico di Bassano in Teverina, con quattro mostre in programma. Una significativa occasione per scoprire il suggestivo…
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garadinervi · 1 year
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Vitalità del negativo nell'arte italiana 1960/70, Texts by Achille Bonito Oliva, Giulio Carlo Argan, Alberto Boatto, Maurizio Calvesi, Gillo Dorfles, Filiberto Menna, and Cesare Vivaldi, Centro Di Edizioni, Firenze, 1970 [Exhibition: Palazzo delle Esposizioni, Roma, November, 1970 – January, 1971] [L'Arengario Studio Bibliografico, Gussago (BS)]. Feat. Vincenzo Agnetti, Carlo Alfano, Getulio Alviani, Franco Angeli, Giovanni Anselmo, Alberto Biasi, Alighiero Boetti, Agostino Bonalumi, Davide Boriani, Enrico Castellani, Mario Ceroli, Gianni Colombo, Gabriele De Vecchi, Luciano Fabro, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Jannis Kounellis, Francesco Lo Savio, Renato Mambor, Piero Manzoni, Gino Marotta, Manfredo Massironi, Eliseo Mattiacci, Fabio Mauri, Mario Merz, Maurizio Mochetti, Giulio Paolini, Pino Pascali, Vettor Pisani, Michelangelo Pistoletto, Domenico Rotella, Paolo Scheggi, Mario Schifano, Cesare Tacchi, Giuseppe Uncini, Gilberto Zorio
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lamilanomagazine · 11 days
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"Giulio Paolini. Et in arcadia ego", da nord a sud d'Italia riuniti alla GAM di Verona
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"Giulio Paolini. Et in arcadia ego", da nord a sud d'Italia riuniti alla GAM di Verona. Per la prima volta a Verona i direttori e i curatori dell'Associazione dei Musei d'Arte Contemporanea Italiani – AMACI hanno contribuito alla realizzazione del catalogo della mostra del maestro Giulio Paolini, nata dall'importante collaborazione tra Musei Civici di Verona - GAM e ArtVerona. Un'idea di Patrizia Nuzzo e Stefano Raimondi, curatori del progetto espositivo ed editoriale. Una coralità di voci, tra le più autorevoli del panorama museale italiano da Nord a Sud – dal Piemonte con il Castello di Rivoli di Torino, alla Lombardia con la GaMeC di Bergamo e il MA*GA di Gallarate, dal Trentino con il Mart di Trento e Rovereto al Veneto con Ca' Pesaro di Venezia, dal centro con il MAMbo di Bologna fino al MACTE di Termoli e alla Sardegna con il MAN di Nuoro – che ha saputo riflettere all'unisono sui quesiti sempre aperti che muovono la ricerca estetica e filosofica della contemporaneità e che appartengono anche alla poetica di Giulio Paolini, concetti quali l'enigma della visione, il tempo, lo spazio e la bellezza. Giulio Paolini. Et in Arcadia ego L'esposizione, attualmente visibile alla Galleria d'Arte Moderna – GAM fino al 25 agosto 2024, è scaturita da un'attenta riflessione intorno alla produzione del maestro Paolini, uno degli artisti più pubblicati e studiati della storia dell'arte contemporanea, alle cui opere sono stati dedicati contributi firmati da nomi autorevoli della letteratura E della storia dell'arte tra cui Italo Calvino, Carla Lonzi, Tommaso Trini, Germano Celant e Giorgio Cortenova. Il catalogo Giulio Paolini. Et in Arcadia ego, edito da Manfredi Edizioni, ha riunito in un volume - unico per l'eccezionalità dell'iniziativa - i contributo critici dei direttori delle più importanti istituzioni pubbliche in riferimento alle opere protagoniste del percorso espositivo. Per la presentazione, a cui è intervenuto Giulio Paolini, la Galleria d'Arte Moderna di Verona si è fatta perciò luogo d'incontro tra critici, collezionisti, direttori e curatori. Alla serata sono intervenuti il Presidente della Commissione Cultura Alberto Battaggia, il Direttore Commerciale di Veronafiere Raul Barbieri, il Presidente AMACI Lorenzo Balbi e la Direttrice dei Musei Civici di Verona Francesca Rossi. Si sono poi susseguiti, intorno alla figura di Giulio Paolini, gli interventi dei curatori Patrizia Nuzzo e Stefano Raimondi e degli stessi direttori AMACI, accompagnati dalle parole di Bettina Della Casa, Direttrice della Fondazione Giulio e Anna Paolini, di Beatrice Benedetti Curator e Art Advisor e di Bruno Corà Presidente della Fondazione Burri. La partecipazione di queste Istituzioni pubbliche - iniziativa inedita nel panorama editoriale artistico - riflette anche la volontà di consolidare la rete AMACI e offrire un'opportunità per presentarla come realtà viva, prolifica, composta da musei che lavorano in sinergia per creare progetti di rilievo all'interno del panorama culturale italiano. La presentazione è stata un'occasione per ribadire quelli che sono i valori fondanti dell'associazione, come l'importanza della partecipazione attiva e del dialogo con gli altri soggetti operanti in ambito culturale, l'impegno nel trasmettere al pubblico la conoscenza dei grandi protagonisti dell'arte e nel sostenere le politiche istituzionali legate alla contemporaneità. "La mostra dedicata a Giulio Paolini – dichiara l'assessora alla Cultura Marta Ugolini –, uno dei protagonisti più significativi nel panorama della cultura artistica internazionale e riferimento ineludibile nell'ambito dell'indagine concettuale, ha rappresentato un ritorno importante dell'artista nella città scaligera, dove nel 2000 aveva ricevuto il Premio Internazionale Koinè alla carriera. L'incontro con Paolini costituisce un contributo prezioso e stimolante di riflessione rispetto ai valori e alle istanze dell'arte contemporanea. Con la sua spiccata ironia e i suoi modi garbati, l'artista arricchisce la conoscenza di chi ha l'opportunità di lavorare al suo fianco e questa pubblicazione offre l'occasione per consolidare ulteriormente la collaborazione tra importanti istituzioni culturali attive sul territorio nazionale". "L'iniziativa dimostra l'affetto per il maestro Paolini che è ritornato ad esporre a Verona dopo vent'anni e ha voluto donare alla città, per la GAM, anche alcune opere – afferma la Direttrice Francesca Rossi –. Inoltre riflette il forte impegno che i Musei civici di Verona stanno dedicando al rafforzamento della rete di collaborazione tra i musei e i luoghi della cultura. Un appuntamento nel segno della coesione, dove i musei veronesi si propongono come un laboratorio di dialogo e condivisione di idee, progetti e buone pratiche per la disseminazione della conoscenza del patrimonio artistico e lo sviluppo culturale ed educativo delle comunità di riferimento." "Il catalogo di Giulio Paolini e la relativa mostra sono la testimonianza di come ArtVerona si estenda oltre i confini commerciali, e sappia costruire, grazie alla competenza dei più importanti direttori dei musei italiani e dei curatori, eventi significativi in grado di lasciare il segno nella storia dell'arte" ha dichiarato Raul Barbieri, Direttore Commerciale di Veronafiere S.p.A. intervenuto alla serata di presentazione. La mostra Giulio Paolini. Et in Arcadia ego, da cui il catalogo ha preso forma - inaugurata lo scorso 15 ottobre 2023 e accolta positivamente dal pubblico e dalla critica - è stata prorogata fino al 25 agosto 2024.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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artemartinpietro · 10 months
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Arte Povera: cómo crear una obra maestra con materiales humildes
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El Arte Povera es un movimiento artístico que surgió en Italia a finales de los años sesenta y principios de los setenta. El término “Arte Povera” significa literalmente “arte pobre” en italiano, y se caracteriza por el uso de materiales sencillos o cotidianos para crear obras que desafían las nociones tradicionales del arte. Si te interesa crear tu propia obra maestra de Arte Povera, aquí tienes algunos consejos que te ayudarán a empezar.
Artistas y fundamentos del arte povera
Los artistas del Arte Povera pretenden desafiar la noción tradicional de lo que es y puede ser el arte. Utilizan materiales humildes como papel, cartón, tela y objetos encontrados para crear obras más accesibles al público en general.
Algunos de los artistas más famosos asociados al movimiento Arte Povera son Michelangelo Pistoletto, Giovanni Anselmo, Mario Merz, Giulio Paolini, Jannis Kounellis, Luciano Fabro, Piero Gilardi y Alberto Burri.
Crea tu obra maestra de arte povera
El arte povera se basa en la experimentación, así que no tengas miedo de probar diferentes disposiciones de los materiales hasta que encuentres algo que te guste. Incorpora objetos encontrados a tu obra. Cuanto más singulares, mejor. Deja volar tu imaginación y descubre qué ocurre cuando combinas distintos materiales de formas inesperadas.
Los materiales más utilizados en el Arte Povera son los de fácil acceso y escaso valor monetario. Por ejemplo, papel, cartón, madera, metal, vidrio, piedra, tierra, agua y plantas.
Creando tu obra maestra de Arte Povera:
Reúne los materiales necesarios : Selecciona los materiales adecuados para su obra maestra de Arte Povera. Los artistas del arte povera suelen utilizar objetos comunes y cotidianos en sus obras, así que piensa qué objetos tienes por casa que puedas reutilizar para tu obra.
Conoce las propiedades de cada material: Dedica un tiempo a entender las propiedades de cada material. ¿Qué aspecto tiene? ¿Cómo se siente? ¿Qué sonido hace al tocarlo? ¿Es fácil de manipular? Responder a estas preguntas te ayudará a determinar la mejor manera de utilizar los materiales en tu obra de arte.
Consigue los materiales: Si no puedes encontrar todo lo que necesitas en casa, echa un vistazo a las ferreterías locales, tiendas de segunda mano e incluso contenedores de basura en busca de posibles tesoros.
Crea tu obra maestra de arte povera: El arte povera se basa en la experimentación, así que no tengas miedo de probar diferentes disposiciones de los materiales hasta que encuentres algo que te guste. Incorpora objetos encontrados a tu obra. Cuanto más singulares, mejor. Deja volar tu imaginación y descubre qué ocurre cuando combinas distintos materiales de formas inesperadas.
Evalúa tu obra terminada: Cuando hayas terminado tu obra maestra de arte povera, da un paso atrás y evalúala objetivamente. Considera la composición, el equilibrio y la estética general de tu obra. Pregúntate si transmite el mensaje o la sensación deseados.
Comparte tu obra: El arte povera consiste en poner el arte al alcance de todos. Así que no tengas miedo de compartir tu obra con el mundo. Publícala en las redes sociales, participa en concursos o, simplemente, exponla en tu casa u oficina.
Conclusión
Crear una obra maestra de Arte Povera requiere comprender los fundamentos de esta forma de arte, reunir los materiales adecuados, experimentar con diferentes disposiciones y reflexionar sobre el producto acabado. Si sigues estos pasos, podrás crear una obra de arte única y significativa. Recuerda que en el arte povera no hay respuestas incorrectas, así que da rienda suelta a tu creatividad.
Originally published at https://artemartinprieto.com/on March 7, 2023.
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kritere · 1 year
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L’infanzia rubata di Pino, Spartaco, Alberto e Annamaria, internati in manicomio per “carenza d’affetto”
DIRETTA TV 11 Maggio 2023 Quarantacinque anni fa la Legge Basaglia sanciva la chiusura dei manicomi in tutta Italia. All’interno di quei padiglioni, non c’erano solo pazienti adulti ma anche tanti bambini, alcuni senza nessuna patologia, che si sono visti negare un’infanzia felice. 0 CONDIVISIONI Alberto Paolini oggi ha 90 anni. Lo incontriamo il giorno del suo compleanno, a casa. Sorride…
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monicadeola · 3 years
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«Mi chiamo Alberto Paolini, ho ottantotto anni. Ne ho passati quarantadue nel manicomio di Santa Maria della Pietà a Roma. Sono entrato che avevo quindici anni e ho rivisto la città nell’anno dei mondiali, il 1990. Ho subito per tre volte l’elettrochoc perché avevano scambiato i miei silenzi per una malattia.
Ma io non parlavo perché stavo male.
Cominciamo dall’inizio, come in tutte le storie che si rispettino. Vivevo con la mia famiglia a Via Piave 15, nel quartiere Pinciano di Roma. Papà faceva il portiere e per arrotondare riparava le scarpe del vicinato. Mia madre lavorava a mezzo servizio. Era una donna dura, severa. Comandava tutto lei, una mamma “padrona”. Era sempre nervosa, urlava. A mia sorella voleva bene, a me no. Mi brontolava sempre, mi picchiava. A casa nostra nessuno dei parenti si avvicinava più, la temevano.
Papà è morto quando io avevo cinque anni. Stava bene. Una sera si è portato le mani al cuore e ha cominciato a rantolare. Mia sorella ed io ci siamo tanto spaventati. Mamma ha detto poi che era stata una “sincope” a portarlo via da noi. Da quel momento tutto è precipitato. Mia madre non ce la faceva più a sostenerci, abbiamo dovuto lasciare la casa e ci ha messo in due collegi differenti, lontani. Poi, qualche anno dopo, anche lei è morta e ci siamo trovati completamente soli al mondo.
Nel mio collegio le suore erano cattive, non ci trattavano bene, spesso ci picchiavano. Insegnavano a stare zitti e obbedire senza discutere. In collegio era obbligatorio il silenzio, se parlavi eri punito. Tutti sembravano volere solo una cosa, quando ero bambino: che non parlassi. E io obbedivo, non parlavo.
Le suore non erano caritatevoli, stava cominciando la guerra, tutti avevano fame, tutti avevano paura. A 12 anni vengo mandato in un collegio di salesiani. Anche loro erano duri, severi. Anche loro picchiavano per un nonnulla. Io che, va bene, ero silenzioso e timido, subivo tante cattiverie dagli altri ragazzi.
Si faceva l’avviamento professionale e io stavo studiando in un laboratorio di sartoria. Ma quelli più grandi mi prendevano di mira. Io ero piccolo, anche fisicamente, e poi non parlavo, o parlavo poco. Mi facevano scherzi di tutti i tipi. Al laboratorio c’erano, di norma, un capo e un maestro. Il capo però era tornato al suo paese e un giorno il maestro si assentò. Al ritorno trovò una gran confusione e volle sapere di chi era la colpa. Tutti dissero che ero stato io. Ma non era vero. Un’altra volta mi spinsero fuori dalla classe e mi lasciarono in corridoio. Quando arrivò il maestro mi punì. Io non ci volevo più entrare, in quel laboratorio. Cercavo di richiamare l’attenzione del direttore che era più buono, ma non ci riuscii.
A un certo punto vennero due benefattori, due persone ricche che avevano un locale, forse un caffè, in Piazza di Spagna. Ci andava il bel mondo romano e, visto che eravamo alla fine della guerra, anche gli ufficiali americani. La signora, credo fosse svizzera, ho saputo più avanti che aveva fatto un voto. Suo figlio, durante la guerra, si era imboscato e i nazisti lo cercavano per fucilarlo. Lei si era rivolta alla Madonna garantendo che se si fosse salvato, lei avrebbe adottato un bambino in un collegio. Quel bambino fui io. Ma non venni adottato. Stetti a casa loro per un po’ e poi loro mi seguirono nel tempo. Ma da lontano. Perché a un certo punto anche loro pensarono che stessi male. Ero poco esuberante, per essere un bambino. E parlavo poco. Ma che volevano da me? Era quello che tutti, da mia madre al collegio delle suore fino ai salesiani, mi avevano imposto di fare.
D’accordo con i salesiani mi portarono alla clinica neuropsichiatrica dell’Università. C’era un giovane professore di guardia che si chiamava Giovanni Bollea. Lui disse che spesso i bambini strappati dalla famiglia o abbandonati che finiscono in collegio, hanno queste reazioni. E che dovevo solo stare sereno, stare fuori, conoscere la città e la vita. Per un po’ fu così. Ma io ero rotto dentro e le parole non mi uscivano facilmente.
Così i benefattori e i salesiani decisero di farmi ricoverare alla clinica dell’Università. Lì mi facevano tante domande, scrivevano dei moduli, mi fecero la puntura lombare che era molto dolorosa. Fui sottoposto a vari test psicologici, tra i quali quello delle macchie di Rorschach. Il dottor Finzi disse che ero un caso interessante e mi tennero lì cinque mesi.
Poi questo tempo finì e dovevo uscire. I medici dicevano che non avevo patologie, ero solamente stato troppo vessato da un’educazione repressiva.
Ma i benefattori non volevano o non potevano accogliermi e il collegio si rifiutò di riprendermi. Avevo una zia, lo scoprii allora, ma anche lei non mi volle, perché i suoi due figli erano contrari.
Non sapevano dove mettermi. Era il dopoguerra, c’era tanta fame. E allora decisero tutti insieme di ricoverarmi al Santa Maria della Pietà.
Lì mi trovai nel reparto dei bambini, anche se avrei dovuto stare con i grandi perché il limite era quattordici anni. Io ero piccolo, mingherlino e allora mi tennero con i ragazzi. Ho fatto amicizia con un bambino che si chiamava Franco. Lui era il contrario di me, faceva scherzi, si burlava di tutti e in particolare di Italia, un’infermiera che aveva paura dei piccoli insetti con i quali lui, immancabilmente, le riempiva le tasche. D’altra parte in quei tempi erano i ragni o le lucertole i nostri compagni di giochi preferiti. Non avevamo altro. Franco stava bene di testa, aveva però delle crisi epilettiche e per quello lo avevano chiuso lì. Il primo mese giocammo sempre insieme. Scaduto quel periodo, detto di osservazione, o qualcuno ti veniva a prendere oppure il tuo destino era in un padiglione di internamento. Lui fu portato al 22 e io mi sono ritrovato di nuovo solo.
Dopo altre due settimane toccò a me. E qui la storia prende un carattere che non so descrivere. Potrei dirla così: sono finito all’elettrochoc per un equivoco. C’era un giovane medico, non il primario, che mi fece un mucchio di domande. A un certo punto mi chiese se io sentivo ogni tanto delle voci che mi chiamavano senza che ci fosse nessuno vicino. Io risposi candidamente di sì, ma volevo solo dire che ogni tanto qualcuno mi chiamava dal corridoio, insomma che ci sentivo bene. Io ero nuovo lì, non sapevo che l’espressione “sentire le voci” corrispondesse alle allucinazioni. Ho risposto di sì perché volevo dire che non avevo problemi di udito. Quando mi sono accorto dell’equivoco, o del tranello, ho cercato di correggere ma il dottore mi incalzava, era un incubo, e io ero confuso anche perché non ero abituato a parlare, non sapevo rispondere perché, da piccolo, non dovevo rispondere.
Io ho cercato di farmi capire ma lui ha scritto sul verbale che io non ero capace di spiegare la ragione per la quale sentivo le voci. Alla fine lui ha scritto qualcosa sulla cartella clinica: avevo uno “stato depressivo” il che mi rendeva, chissà perché, “una persona pericolosa”. La suora ha chiesto dove mi dovessero mandare. Lui ha risposto gelido: “Al padiglione sei a fare l’elettrochoc”.
Io mi sono subito spaventato. Quando ero con i bambini avevo visto applicare quella tecnica a un ragazzino, Claudio, e lui, a ogni scossa, era come se si alzasse in volo, se levitasse. Lo dovevano tenere per evitare che cadesse dal lettino. E poi faceva la bava alla bocca, mi aveva molto impressionato.
Tornando nella mia camerata ho chiesto a un’infermiera, si chiamava Teresa, se davvero lo avrebbero fatto anche a me. Lei mi rispose “Ma no, stai tranquillo. È per quelli che non capiscono.”. Mi rassicurò.
Ma poi mi chiamarono e mi ritrovai in una fila, tutti erano silenziosi più che disperati, gli avevano detto che dopo la cura sarebbero tornati a casa.
Arrivò il mio turno. Io volevo scappare. Avevo sentito che l’elettrochoc non si poteva fare agli anziani, ai malati di epilessia e a quelli con problemi al cuore. Allora, una volta entrato, dissi al medico che avevo male al cuore, sperando di farla franca. Lui mi appoggiò un istante lo stetoscopio al petto e disse che non avevo nulla e si poteva procedere. E procedettero. In quattro mi tennero mentre la suora mi inumidiva le tempie con un batuffolo bagnato di acqua e sale e mi appoggiava due elettrodi alle tempie. Io piangevo invocando la mamma che non avevo.
Il medico ha chiesto: “È pronto?”. La suora ha risposto: “Sì, è pronto”.
Poi non ho sentito più nulla. Mi sono risvegliato in una corsia piccola, con una sensazione penosa, non sapevo dove fossi e cosa stessi facendo, mi sentivo con la testa con la nebbia, i nervi del corpo tutti tesi.
Me ne hanno fatti tre, così. La cura prevedeva tre cicli di quindici applicazioni. Quarantacinque scosse alla tempia.
Ma poi anche io ho avuto una fortuna. Un giorno è venuta a trovarmi la benefattrice. L’aspettavo da tanto, mi aveva promesso che sarebbe venuta a trovarmi ma era passato più di un mese e non si era visto nessuno. Ero disperato, pensavo che mi avessero abbandonato tutti. Avevo quindici anni. Quando la signora è entrata e mi ha visto in quello stato, in quel padiglione, si è arrabbiata moltissimo. Non era quello che aveva concordato al momento del mio ricovero. Le dissero che c’era stato un disguido e mi mandarono subito al padiglione dei lavoratori. E lì sono rimasto fino al 1990.
Si sono avvicendati, nel tempo, vari direttori. Chi apriva i cancelli dei padiglioni, chi li chiudeva. Un direttore, Buonfiglio, diceva che i pazienti non erano dei reclusi, che dovevano muoversi, dovevano distrarsi. Organizzava feste, spettacoli, veniva spesso Claudio Villa. E anche gite. Vabbé solo una volta all’anno, ma erano bellissime. Ci si poteva anche incontrare con le donne, nascevano degli strani fidanzamenti. Ci si facevano i regalini, che so, un fazzoletto ricamato o cose così. Io avevo conosciuto una ragazza, avevamo fatto amicizia, stavo bene con lei. Ma dopo un mese è uscita e non l’ho più rivista.
Ho lavorato, per trent’anni, in tipografia, all’ufficio statistica e poi in biblioteca. Era per i medici, con testi specializzati, ma c’era un armadio con libri vari. E io li leggevo. Un infermiere una volta mi portò in regalo un pacco di riviste. Ne ero ghiotto. Mi piaceva lo sport, tifavo Venezia perché c’erano Loik e Valentino Mazzola. Poi il mio cuore lasciò posto al Grande Torino, dove giocavano i miei eroi. Di Superga seppi dalla radio e fu un dolore acuto, inconsolabile.
Un giorno vennero a dirmi che sarei uscito, avrei avuto un appartamento con altri al quartiere Ottavia. Stavo al Santa Maria della Pietà dal 1947 e ora eravamo nel 1990, la città fremeva per i mondiali. Ero entrato bambino e ora avevo quasi sessant’anni. Non sapevo cosa ci fosse fuori, in fondo stavo bene lì, tutti mi volevano bene. Quasi mi dispiaceva uscire. Quando nel quartiere seppero che stavamo per venire a vivere qui ci fu una rivolta, non ci volevano. “Questi arrivano dal manicomio, saranno pericolosi”. Hanno fatto pure manifestazioni. Poi, piano piano...
Per me era un’esperienza nuova. Solo quando ero piccolo avevo dormito da solo a casa. Dopo ero sempre in camerate insieme agli altri. Ora avevo una stanza tutta per me e una casa da condividere con altri come me. Avevo un po’ paura.
In manicomio ci ho lasciato un po’ di vita, tanta, e un po’ di cuore, tanto. Ho tanti ricordi.
Per esempio quando, attorno al 1968, vennero dei ragazzi a manifestare perché si aprissero le porte del manicomio. Avevano cartelli, bandiere, i capelli lunghi, esponevano le loro idee, idee di libertà. Parlavano di un professore che si chiamava Basaglia. Occuparono un padiglione. La polizia voleva mandarli via ma loro resistettero. Misero uno striscione con scritto “Centro sociale”. Ci facevano andare per corsi di ceramica, di lavorazione del cuoio. C’era anche un laboratorio di scrittura, che frequentai con passione.
Ed è lì che forse io, Alberto Paolini, ho finalmente imparato a parlare, a parlare con gli altri».
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hebeandersen · 6 years
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Credo che non amerò mai un attore di teatro tanto quanto amo Marco Paolini.
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fotopadova · 4 years
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Viaggio nella fotografia italiana del novecento: dalle associazioni agli anni sessanta
Viaggio nella fotografia italiana del novecento: dalle associazioni agli anni sessanta
di Silvia Berselli da https://www.collezionedatiffany.com/ 
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Lotto 482 - MARIO GIACOMELLI, Gabbiani,1980 ca. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d'argento. Timbro dell'autore al verso. cm 30,5 x 40,5 Valutazione € 800 - 1.200. Venduto € 2.125. Courtesy: Il Ponte Casa d'Aste.
L’anno 1947 segnò un momento importante per la fotografia italiana del Novecento. In quell’anno due autori con stili molto differenti, ma con la stessa forte personalità, posero le basi per una nuova e divergente stagione fotografica.
Giuseppe Cavalli (1904-1961) pubblicò in quell’anno il suo manifesto ideologico nella pagine della rivista “Ferrania”. Promotore del gruppo “La Bussola” e caposcuola di una visione formalista della fotografia vicina all’estetica idealista di Benedetto Croce, era mosso dal desiderio di “allontanare la fotografia, che avesse pretese di arte, dal binario morto della cronaca documentaria”.
Il Gruppo era composto da Mario Finazzi, Federico Vender, Ferruccio Leiss e Luigi Veronesi che prediligevano fotografie astratte, nature morte o paesaggi dalle atmosfere surreali. Lo scontro fu inevitabile con tutti quei fotografi che vedevano nell’impegno sociale e nella documentazione della realtà la vera natura della fotografia, come gli aderenti al Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia.
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Lotto 26 – PAOLO MONTI, Chimigramma, 1961. Stampa fotografica vintage con interventi chimici. Pezzo unico. Firma dell’autore e data al verso. Opera in cornice. cm 28 x 23 (cm 63 x 58). Valuttazione € 1.400-1.500. Venduto € 1.625. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
A Venezia Paolo Monti (1908-1982) fondò il Circolo Fotografico “La Gondola”, nell’ottica di «sviluppare l’autonomia della fotografia, accentuandone i limiti, esprimendosi liberamente senza lasciarsi intimidire dalle regole troppo numerose decretate da chi non sa sopportare il rischio di una completa libertà di espressione».
Alla Gondola aderirono negli anni Fulvio Roiter, Gianni Berengo Gardin e Gino Bolognini. Monti, che aveva una visione più ampia della fotografia, riteneva controproducente il fatto di schierarsi con i formalisti o con i documentaristi; volontà apparsa chiara fina dalla scelta del termine circolo rispetto a gruppo per identificare La Gondola.
Inoltre, egli conosceva i grandi maestri americani come Minor White o Aaron Siskind dai quali aveva attinto una personale perizia tecnica nella stampa dell’immagine. 
I gemelli Emanuele e Giuseppe Cavalli
   Giuseppe Cavalli, uomo colto ed accentratore, ritiratosi in un piccolo comune come Senigallia, fu una figura centrale nella fotografia italiana. Il suo stile, personale ed inedito nel panorama internazionale lo portò a lavorare su immagini dai toni delicatissimi o dai bianchi accecanti, nelle quali trovano posto leggere sfumature di grigio, mentre il nero era quasi bandito.
In antitesi al lavoro dei grandi maestri internazionali che consideravano questo il tono attorno al quale costruire l’immagine in un periodo storico in cui il concetto di “colore” era ancora lontano.
La figura di Giuseppe è stata in parte studiata e i suoi lavori sono presenti in importanti collezioni museali, mentre ancora molto poco si conosce del fratello gemello Emanuele Cavalli (1904-1981) pittore vicino alla Scuola romana e figura centrale nella crescita artistica di Giuseppe.
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Lotto 195 – EMANUELE CAVALLI, Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento, Firenze 1950-51. Timbro Eredi Cavalli al verso. cm 17 x 23. Bibliografia/Literature Valeriana Rizzuti, “Emanuele Cavalli fotografo”, Quaderni di AFT, Prato, 2008, pag. 54. Venduto € 3.750. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Le fotografie di Emanuele, decisamente più graffianti, presentano una carica grottesca e ironica estranea ai lavori più formali del fratello. La rivalità che lega i due e la complessità degli scatti di questi autori, a volte attribuiti all’uno a volte all’altro, restano un’affascinante pagina della fotografia italiana ancora tutta da studiare.
“La Bussola” era un piccolo feudo di pochi eletti su cui regnava incontrastato Giuseppe Cavalli che nel 1953, auspicando un ricambio generazionale,  decise di creare l’Associazione Fotografica Misa.
Tra i nuovi soci c’erano giovani fotografi come Mario Giacomelli, Piergiorgio Branzi e Alfredo Camisa che, insieme a Pietro Donzelli, rinnovarono la fotografia alla fine degli anni Cinquanta con stile e raffinatezza ponendo fine alla disputa tra forma e contenuto che aveva contrapposto tanti autori del dopoguerra.
Mario Giacomelli il poeta
   Mario Giacomelli (1925-2000) è un ‘gigante’ della fotografia italiana e non solo. Nato in provincia, di umili origini e con una modesta educazione, ha saputo rivoluzionare dal basso il modo di fare fotografia. Legato alla terra, al mondo rurale e ai suoi abitanti, il suo sguardo è molto lontano da quello dei neorealisti. Egli piega, plasma e modella il mezzo fotografico per dare voce al suo sentire.
Il mondo per Giacomelli non è da documentare, la sua è un’operazione di stravolgimento, nulla è meno verosimile di un suo scatto. La realtà diventa il tassello – aggiunto, sovrapposto o annerito – che gli permette di dar forma al suo mondo interiore fatto di sogni e incubi, di luci e ombre “ogni immagine è il ritratto mio, come se avessi fotografato me stesso”.
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Lotto 101 – MARIO GIACOMELLI, Paesaggio,  1980 ca. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento. Valutazione € 2.000 – 2.500. Venduto € 3.500. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
La fotografia diventa un materiale malleabile nelle mani di Giacomelli, da incidere in camera oscura. I paesaggi marchigiani si trasformano in un’inchiostrata calligrafia fatta di segni; gli anziani dell’ospizio diventano fantasmi evanescenti, fragili e poetici; i pretini sono dervisci danzanti senza tempo.
«Prima di ogni scatto c’è uno scambio silenzioso tra oggetto e anima, c’è un accordo perché la realtà non esca come da una fotocopiatrice, ma venga bloccata in un tempo senza tempo per sviluppare all’infinito la poesia dello sguardo che è per me forma e segno dell’inconscio».
Gli anni Sessanta e la decostruzione del mezzo fotografico
   L’intero paese, il mondo dell’arte in particolare, ebbe in Italia tra gli anni Sessanta e Settanta una spinta innovativa straordinaria. Oggi, infatti, artisti italiani di allora sono tra i più ammirati nei musei di tutto il mondo e i loro nomi risultano ai primi posti nelle classifiche di vendita.
Autori come Ugo Mulas, Paolo Gioli, Franco Vaccari, Mario Cresci restano ai più sconosciuti tanto che le loro opere si possono acquistare con poche centinaia di euro. Come si è già verificato in altri contesti, sono i migliori studiosi stranieri a ricordarci il valore artistico dei nostri autori.
Quentin Bajac, già direttore del dipartimento di Fotografia del MOMA, sottolinea come i fotografi italiani abbiano un primato: «La grande decostruzione del mezzo fotografico attuata negli anni Sessanta e di cui il contesto italiano è stato in Europa l’attore principale con i lavori di Pistoletto, Paolini, Jodice, Mulas, Di Sarro o Gioli. In nessun’altra scena artistica europea è stata condotta – con la stessa costanza, e nello stesso periodo – un’azione simile di indagine del mezzo fotografico».
Le riflessioni sui linguaggi, che serpeggiavano nel mondo dell’arte concettuale, trovarono risposta nei lavori fotografici con forme e contenuti innovativi.
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Lotto n° 455 – UGO MULAS, Alberto Burri, 1960 ca. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento. Timbro dell’autore al verso. Opera accompagnata dall’autentica dell’archivio Ugo Mulas. Opera in cornice cm 32 x 42 (cm 26 x 37). Venduto € 3.500. Courtesy: Casa d’Aste Il Ponte
Ugo Mulas (1928-1973), già noto per il memorabile reportage sugli artisti di New York, pubblica poco prima della sua giovane dipartita le Verifiche “nel 1970 ho cominciato a fare delle foto che hanno per tema la fotografia stessa, una specie di analisi dell’operazione fotografica per individuarne gli elementi costitutivi e il loro valore in sé”.
Lotto n° 123 – FRANCO VACCARI, 700 Km di esposizione Modena Graz, 1972. Opera composta da venti stampe vintage a colori procedimento cromogeno applicate su cartone con testi manoscritti ad inchiostro. Testo, firma dell’autore, data e 46/60 al recto. Opera in cornice. cm 99 x 69 (cm 103 x 73). Venduto € 5.625. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Franco Vaccari (1936) utilizza il mezzo fotografico in relazione alle sue riflessioni connesse allo spazio e al tempo, organizzando delle performance che chiamerà Esposizioni in tempo reale. Nel 1972 partecipa alla Biennale di Venezia e scrive: “ho esposto una cabina Photomatic (una di quelle che si trovano nelle grandi città per realizzare le fototessere) ed una scritta in quattro lingue che incitava il visitatore a lasciare una traccia fotografica del proprio passaggio. Io mi sono limitato ad innescare il processo facendo la prima photostrip, il giorno dell’inaugurazione; poi non sono più intervenuto. Alla fine dell’esposizione le strip accumulate erano oltre 6000”.
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Lotto n° 130 – PAOLO GIOLI, Film finish – ritmo figura, 1979. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento. Firma dell’autore, titolo e data la verso. cm 24 x 17,5 Bibliografia/Literature Roberta Valtorta, “Paolo Gioli”, Art&, Udine, 1996, pag.19 (variante). Venduto € 1.875 Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Paolo Gioli (1942) si dedica allo studio dell’immagine e della visione nel cinema e nella fotografia, affascinato dai principi dell’ottica. Azzera il fare fotografia ripartendo dalle origini, il foro stenoeco ma anche la spiracolografia: un omaggio a Leonardo dove l’immagine è ottenuta utilizzando il pugno della mano come macchina fotografica. Gioli esplora le diverse tecniche fotografiche manipolando e ricostruendo le immagini come nelle polaroid trasferite in omaggio ai proto-fotografi.
Mario Cresci (1942) usa la fotografia ad ampio raggio mischiando generi e linguaggi: installazioni, grafica, urbanistica e antropologia. Nel 1968 crea uno striscione antimilitarista, composto da immagini note e “trouvè” che srotola dalla finestra di un palazzo romano; nel 1969 crea un’installazione di mille scatole trasparenti con all’interno uno spezzone di pellicola con riproduzione di oggetti di consumo. L’interesse sociale di Cresci lo spinge a Tricarico e Matera dove lavora utilizzando in chiave concettuale gli studi di antropologia.
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Lotto n° 146 – MICHELE ZAZA, Mimesi, 1975. Opera composta da dodici stampe fotografiche vintage alla gelatina sali d’argento. Firma dell’autore sul cartoncino di montaggio delle singole fotografie. Opera in cornice. Opera accompagnata da autentica. (cm 18 x24 cad.). Venduto € 15.000. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Il Sud, la terra, le origini sono temi che si ritrovano in questa nuova lettura delle relazioni famigliari nei lavori di Michele Zaza (1948). Il padre, la madre e il pane sono gli elementi di una “primordialità” ricorrente che si misura con l’espressione del corpo e del tempo. Essere stato un artista-fotografo e non un artista-artista ha certamente penalizzato il lavoro di Zaza malgrado avesse, come altri colleghi, esposto a New York da Leo Castelli e partecipato alla Biennale di Venezia.
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Silvia Berselli
Laureata in Storia dell’Arte, si occupa da molti anni di conservazione, restauro e valorizzazione della fotografia. La sua formazione è avvenuta presso l’International Museum of Photography di Rochester New York e l’Atelier de Restauration des Photographies del Comune di Parigi. Accanto alla docenza universitaria presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e l’Università di Udine ha diretto i dipartimenti di Fotografia per le case d’aste Bloomsbury, Minerva e Bolaffi: attualmente ricopre questo incarico per la Casa d’Aste Il Ponte. E’ perito per il settore fotografico di Axa Assicurazioni, ha collaborato con numerose istituzioni del Ministero dei Beni Culturali.
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fanzinehey · 7 years
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Adelantos del Nº4 de ¡Hey! - Día 1
¡Buenas otra vez! Hoy entramos ya en la gran semana del lanzamiento del Hey nº4, así que desde hoy hasta el viernes os vamos a ir mostrando ya fragmentos de todas las colaboraciones que van en su interior, tal y como hicimos con el número anterior. Así pues, haciendo clic en cada imagen podréis ver el nombre de la colaboración y el de su autor junto a sus páginas web o publicaciones :D
Y así pues, empezamos con los adelantos de las historietas de Eryel ♌ Holmes, Sara Soler, Desmadrado y Pato, Cosmhe, Joan Paolini, Duendeverde Blake, Alberto Seoane, Suby Subaru y Diego C. (@dcpdibujante). ¡Mañana, otra tanda!
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Corso runs 100 meters faster than Bolt
The world of track cycling is full of intrigue, intrigue, and more intrigue. This year, the race for the gold medals is especially intense, with the top favorites of the season, such as Lance Armstrong, Alberto Contador, and so on.
The main contender for the victory is the Italian, Giro d'Italia champion and current world champion, Gino Bartali. His rivals include the American, Cadel Evans, and the British, Chris Froome.
Bartali has a long history of victories in the Giro. In the first stage of the race, he won by a comfortable margin. He then went on to win the next stage, but this time he had to fight for the win.
In the next part of the Gira, Bartali was able to get a slight advantage. However, the American managed to get the first place in the general classification, and then he was able not to lose it.
At the finish line, Bartalis won the Gino's jersey. The Italian is now the leader of the team, and he is expected to continue his winning streak.
However, the main goal of the Italian is to win a third Giro D'Itale. He has already managed to do this, so it is not a question of whether he will be able to win another one.
In order to follow the results of the world of cycling, you can use the reliable website of sports statistics. Here, you will find the latest information from the world's best athletes, which will allow you to keep abreast of the latest news and https://livescores.biz/live be the first to learn about the changes in the standings.
3.5.21.
Italy is the country that has the most number of victories of all the world. The last time the country had such a record was in the 1990s.
This year, it is the Italians who are the favorites of all competitions. In addition to Bartali, the Italian team includes:
• Gino Brugnara;
• Gianluca Brambilla;
· Luca Paolini.
These three athletes have won the most Giro victories, and they are the main favorites of this year's race.
It is also worth highlighting the fact that the Italian national team is one of the strongest in the world, and it is capable of winning the gold medal.
You can always follow the latest results of Italy on the sports statistics website.
Team's chances of winning Giro
The Italian team has a good chance of winning this year’s Giro, because the main competitors include the German team, the Spanish team, as well as the British and American teams.
For Bartali and his team, it’ll be a really difficult race, because they have to fight against the strong Italian and Spanish teams. The main goal for the team is to finish the Giralet in the first position, and this will allow them to get into the next season of the Tour de France.
If you want to keep up with the latest changes in cycling, then you can always use the sports analytics service. It will allow to learn the latest data from the best athletes in the entire world.
Main Favorites of Giro in 2021
The Giro is one the most prestigious competitions in the cycling world. It is held every year, and many of the top athletes from all over the world participate in it. This is the most important race for them, because it will help them to show their maximum.
Among the main contenders for the victories of the next year, there are several athletes who are capable of achieving the goal. Among them are:
1. Bartali;
2. Giambattista De Lorenzo;
3 Cadel;
4 Evans;
5 Froome;
6 Alexander;
7 Lautenschläger;
8 Nairo Quintana.
All of these athletes have already won the race. However they have not managed to win it all, so they are still capable of getting the gold.
Giro D’Italia is also another race that will be very important for the favorites. They will have to show the maximum in this race, and if they do, they will be the main favourites of the coming season.
To follow the Girdol results, you need to use the website of the sports analysts. Here you will always find the most reliable information, which is updated in real time.
What to expect from the Giresse D�
This season, the Girese D is a race of the best cyclists from all parts of the globe. It’ s the first time when the race is held in the same season, and you can expect to see the best riders from all corners of the planet in the race that is held on the same day.
Of course, the most famous athletes who participate in the event are:
• Gino Beccalli;
* Cadel, Evans, Froome, Lauten, Nairo;
• Alexander;
* De Lorenzo.
They are the most likely to win this race.
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marcogiovenale · 3 years
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the feuilleton: i will bear witness, rome, july 6-8, 2021 / jo melvin
The artists interventions representedare: Alighiero Boetti, Daniel Buren,Victor Cavalló, Anne-James Chaton, Fortunato Depero, Alberto Di Fabio, IsabellaDucrot,Emilio Isgrò,Yves Klein, Richard Long, Renato Mambor, Piero Manzoni, Cristiana Marcinelli, Fabio Mauri, Gastone Novelli, Roman Opalka, Giulio Paolini, Andrea Pazienza, Lamberto Pignotti, Beniamino Placido, Cloti Ricciardi, Mimmo Rotella,…
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garadinervi · 5 years
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Emily Dickinson, Poems, Collection of 130 poems, Edited and prefaced by Barbara Lanati, Alberto Tallone Editore, Torino, 2017. Volume in 8vo format (cm17,5x27) of 180 pages entirely typeset by hand in the exclusive Italic Tallone® type, designed by Alberto Tallone, cut by Charles Malin in Paris and cast by Radiguer / The introductory study by Professor Barbara Lanati has been set by hand in 9 and 10-point Garamond, cut on steel punches by Henri Parmentier in 1914 and cast by Deberny / Copies from 1 to 40 include a lithograph print by Giulio Paolini, expressly made for this book, signed and numbered
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lamilanomagazine · 3 months
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Livorno, si inaugura la rinnovata Sezione Arte Contemporanea del Museo
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Livorno, si inaugura la rinnovata Sezione Arte Contemporanea del Museo Conto alla rovescia per l'apertura della rinnovata Sezione Arte Contemporanea del Museo della Città di Livorno. Domenica 28 gennaio alle ore 11.30 alla presenza del sindaco Luca Salvetti e dell'assessore Simone Lenzi al Polo Culturale Bottini dell'Olio, piazza del Luogo Pio, nel corso di una cerimonia-evento intitolata "Verso il nuovo Museo della Città" sarà reso disponibile al pubblico il nuovo allestimento dedicato alla collezione civica di arte contemporanea, a cura del direttore scientifico Paolo Cova. Il lungo lavoro che rappresenta la prima fondamentale tappa del progetto di riapertura delle sezioni permanenti del Museo della Città è cominciato a giugno 2023, e ha visto il complessivo ristudio dell'intera collezione contemporanea del Comune di Livorno con una selezione di circa 100 opere d'arte dei più prestigiosi artisti italiani attivi dal 1945 ad oggi. Renato Guttuso, Lucio Fontana, Emilio Vedova, Mario Schifano, Titina Maselli, Alberto Burri, Arnaldo Pomodoro, Mario Nigro, Piero Manzoni, Enrico Castellani, Giulia Napoleone, Giulio Paolini, Pino Pascali e tanti altri, sono i grandi protagonisti che i visitatori potranno scoprire grazie a nuove didascalie, timelines e pannelli, rigorosamente bilingui, negli affascinanti spazi dell'ex Chiesa del Luogo Pio. Diverse rilevanti opere d'arte, anche dei più significativi maestri livornesi, non erano più esposte permanentemente dalla chiusura del Museo Progressivo d'Arte Contemporanea negli anni Ottanta e rinascono in un percorso pensato per essere pienamente comprensibile alle molteplici tipologie di pubblico. La riapertura con ingresso libero e gratuito, avverrà in ricordo del grande artista livornese Gianfranco Baruchello, un vero e proprio protagonista del panorama artistico italiano ed internazionale, ad un anno dalla scomparsa e per l'occasione, e in concomitanza con la definitiva esposizione di cinque opere dell'artista, sarà presente la professoressa Carla Subrizi, presidente della Fondazione Baruchello. IN OCCASIONE DELLA CERIMONIA DI INAUGURAZIONE L'ACCESSO ALLA SEZIONE ARTE CONTEMPORANEA SARA' LIBERO E GRATUITO Sarà aperta (secondo la tariffazione consueta) la mostra "Leonardo da Vinci. Bellezza e invenzione" Museo della Città (Piazza del Luogo Pio, Livorno). Giorni e orari di apertura: - dal lunedì al venerdì 10.00-19.00 - sabato, domenica e festivi 10.00-21.00 - 24 dicembre e 31 dicembre chiusura ore 20.00 Biglietti • Intero € 15,00 • Ridotto € 10,00 ( sotto 18 anni, sopra 65 anni, studenti di ogni ordine e grado, gruppi sopra le 20 persone ) E' possibile acquistare i biglietti sia in modalità online sul sito ufficiale sia fisicamente alla biglietteria del Museo della Città. I biglietti sono disponibili sia con prenotazione in una data fissa, sia in modalità open. Ed è possibile acquistare biglietti per altri. Il percorso di visita a partire dal 28 gennaio 2024 comprenderà la nuova sezione di Arte Contemporanea del Museo della Città. • Scuole per ogni bambino €5,00 • Visite guidate € 75,00 ( max 25 persone ) • Audioguide € 3,00 • Visita guidata per le scuole € 2,00 a bimbo • Visita guidata + laboratorio didattico € 5,00 a bimbo • Cumulativo con Museo Fattori € 18,00 Contatti Telefono 0586/ 824551 Email: [email protected] Per didattica e visite guidate: [email protected] Sito internet al link ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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paoloferrario · 3 years
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"I miei 42 anni in un manicomio perchè ero un bambino silenzioso". La storia di Alberto Paolini, di Walter Veltroni, in Corriere della Sera 14 febbraio 2021
“I miei 42 anni in un manicomio perchè ero un bambino silenzioso”. La storia di Alberto Paolini, di Walter Veltroni, in Corriere della Sera 14 febbraio 2021
letto in edizione cartacea cerca in: https://www.corriere.it/cronache/21_febbraio_13/alberto-paolini-miei-42-anni-un-manicomio-perche-ero-bimbo-silenzioso-332cec6a-6e34-11eb-a923-8177dd174962.shtml
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plurilinguismo · 7 years
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Italian TV: some personal recs
I would like to recommend you guys some TV shows/series/whatever that I personally like. These are all personal recs, so feel free to disagree or to recommend something else.
TV
Quante Storie: TV program directed by Corrado Augias. Every day the program turns around a book and the author, invited to discuss about it and Italian society, history and culture. 
Il testimone + Caro Marziano: I’ve already talked about Il Testimone and Caro Marziano is very similar to it. They’re both a sort of reportage talking about some aspects of Italy (but also other countries, especially Il Testimone), but in a very funny way. 
Ulisse - Il piacere della scoperta: TV program about history starring the wonderful Alberto Angela. All Italians love him (especially girls ifyouknowwhatimean) but how can you not love the passion this man puts into spreading knowledge?
Nero Wolfe: a great TV series about the detective stories with the same name. Unfortunately there are only 8 episodes :(
Blu notte: show about real crimes, investigated through the reconstruction of the author Carlo Lucarelli
Theatre
Marco Paolini
Vajont: the relate of the disaster of the Vajont (October 9, 1963) when a huge rock slide fell inside the reservoir of the dam of Vajont, raising a wave that killed more than 1900 people. Here’s more info
Ausmerzen: Paolini narrates the history of the Nazi program Aktion T4, aimed at killing all disabled and mentally ill people in Germany, a mass murder that is often not well known
I-Tigi: this is the story of the plane who fell (was destroyed?) in 1980 in Ustica, whose true story will probably never be told
Ascanio Celestini - Radio clandestina: this is a wonderful retelling of the history of the Fosse Ardeatine massacre. It’s a bit difficult to follow as he speaks really fast and using the Roman dialect.
Roberto Benigni - Tutto Dante: the famous actor tells the story of several canti of Dante’s Divina Commedia. Here are some x - x - x
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giuliocavalli · 6 years
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È la cultura l'antitodo alla dissoluzione civile
È la cultura l'antitodo alla dissoluzione civile Oggi su Il Messaggero è uscito un appello che condivido completamente e che ritengo sia uno degli aspetti più urgenti nei prossimi anni. L'hanno sottoscritto molti personaggi della cultura italiana (quelli che ultimamente dalle parti del Parlamento vengono trattati con uno sbuffo) e centra in pieno la crisi culturale italiana. Le bufale, l'odio, la disperazione incontrollata, le reazioni violente e tutto quello che a cui stiamo assistendo in questi bassissimi giorni di bassa propaganda sono figli di un vuoto culturale che va curato con uno sguardo lungo non condizionato dalle prossime elezioni, dal prossimo congresso o dalle beghe delle correnti di partito ed è uno sforzo che dobbiamo a noi ma soprattutto ai nostri figli.  Ieri iscrivevo del piano nazionale per la lettura (qui) proprio per questo: è tempo di seminare cultura anche se non porta voti immediati. È tempo di prendersi la responsabilità di una funzione pedagogica della politica senza tentennamenti. Ecco l'articolo di Huffington Post: La cultura è la "grande assente della campagna elettorale, proprio quando servirebbe un "impegno a tutto campo per puntare sulla cultura" che è "il motore della crescita civile", per questo dopo il 4 marzo i partiti "fra i primi compiti" devono darsi quello di "puntare sulla cultura" con l'obiettivo di restituire all'Italia "il suo ruolo di culla della cultura e della civiltà", attingendo "anche alla competenza e all'energia delle migliori risorse del paese". Lo chiedono, in un appello-manifesto pubblicato dal quotidiano 'Il Messaggero', 50 appunto fra le "migliori risorse del paese", cinquanta intellettuali e artisti capitanati da Marina Valensise, fondatrice di Vale, ovvero Valorizziamo aziende artisti lavoro esperienze. Tra i firmatari anche la psicoterapeuta Vera Slepoj, lo scrittore Raffaele La Capria, il regista Carlo Verdone, l'antichista Maurizio Bettini, il musicista Paolo Fresu e lo storico della lingua italiana Luca Serianni.  "A scuola - inizia il testo dell'appello, cui si può aderire all'indirizzo mail [email protected] - gli allievi prendono a coltellate i professori e i loro genitori li prendono a calci. Nei musei, si oscurano i nudi di Schiele e le bambine di Balthus. Nelle università si riscrive la storia, e nei teatri si riadattano i classici ai pregiudizi contemporanei. Per le strade, il pestaggio sostituisce il confronto delle idee, mentre sul web spopolano l'insulto e la condanna preventiva. In tutto il mondo, negare la cultura genera nuova violenza, ma in Italia si aggiunge il rischio della dissoluzione civile". "Urge perciò - prosegue il testo - un impegno a tutto campo per puntare sulla cultura, purtroppo grande assente della campagna elettorale. Restituiamo all'Italia il suo ruolo di culla della cultura e della civiltà. Rilanceremo l'Europa guidandone la rifondazione, restituendo non solo dignità ai cittadini, ma futuro a chi sente di esserne privo. Cultura è aver cura, è il motore della crescita civile, è coscienza del patrimonio inestimabile di cui siamo depositari, a cominciare dalla lingua che parliamo, dai monumenti fra i quali viviamo, dai centri storici e dal paesaggio che ci circondano". E ancora: "Puntare sulla cultura significa valorizzare i tesori ricevuti in dono dal passato e farli rivivere per consegnarli alle nuove generazioni, col senso pieno di comunità che accompagna chi ne è consapevole. Ritornare alla cultura vuol dire, dunque, pensare nuove strategie per educare e ispirare i più deboli, grazie ai prodigiosi strumenti che abbiamo a disposizione. E' questo uno fra i primi compiti che spettano a chiunque, dopo il 4 marzo, avrà responsabilità al governo o all'opposizione. Abbia cura della cultura e dei diritti dei cittadini, attinga anche alla competenza e all'energia delle migliori risorse del paese, e valorizzi nell'interesse di tutti un immenso capitale da preservare con passione", conclude il manifesto. Ecco l'elenco completo dei firmatari, insieme a Marina Valensise: Vera Slepoj, psicoterapeuta; Raffaele La Capria, scrittore; Carlo Verdone, regista; Maurizio Bettini, antichista; Paolo Fresu, musicista, compositore; Luca Serianni, storico della lingua italiana; Quirino Principe, filosofo della musica; Toto Bergamo Rossi, restauratore; Patrizia Asproni, Presidente Confcultura; Pina Amarelli Mengano, imprenditrice; Paolo Portoghesi, architetto; Enrico Vanzina, sceneggiatore e scrittore; Carlo Olmo, storico dell'architettura; Massimo Bottura, cuoco; Enrico Rava, musicista; Eva Cantarella, grecista; Elio Pecora, poeta; Raffaele Casarano, musicista, compositore; Marco Filoni, filosofo; Marco Giammona, ingegnere; Emanuele Trevi, scrittore; Stefano Gervasoni, musicista, compositore; Paola Gribaudo, editore; Vittorio Montalti, musicista, compositore; Marco Tullio Giordana, regista; Daria Galateria, saggista; E, ancora, Dino Rubino, musicista, compositore; Marcello Smarrelli, storico dell'arte e curatore; Paolo Gori, editore; Alessandro Campi, storico e politologo; Alberto Saravalle, professore, avvocato; Elena Loewenthal, traduttrice; Antonio Forcellino, restauratore; Emanuele Torquati, pianista; Massimo Alvisi, architetto; Giuseppe Caccavale, artista; William Greco, musicista, compositore; Luca Campigotto, fotografo; Francesco Filidei, musicista, compositore; Giorgio Sasso, violinista; Enzo Restagno, saggista; Francesco Mario Corrao, arabista; Cristian Comencini, scrittrice e regista; Brunello Tirozzi, fisico; Noemi Paolini Giachery, saggista; Emerico Giacheri, italianista; Roberto Deidier, comparatista; Bianca Maria Frabotta, italianista; Silvia Ronchey, bizantinista; Massimo Di Gesu, compositore; Ennio Pouchard, critico d'arte.
Oggi su Il Messaggero è uscito un appello che condivido completamente e che ritengo sia uno degli aspetti più urgenti nei prossimi anni. L’hanno sottoscritto molti personaggi della cultura italiana (quelli che ultimamente dalle parti del Parlamento vengono trattati con uno sbuffo) e centra in pieno la crisi culturale italiana. Le bufale, l’odio, la disperazione incontrollata, le reazioni violente…
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