Tumgik
#Baron Amato
tuportamiviareturn · 1 year
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E' meglio aver amato, e perso / Che non aver mai amato.
Alfred Tennyson, primo Barone Tennyson (Somersby, 6 agosto 1809 – Haslemere, 6 ottobre 1892)
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alephsblog · 4 months
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D’altra parte il Canfora pensiero è stato anche l’olio di ricino con cui la sinistra comunista, prima maggioritaria, poi minoritaria e ora ubiquitaria nel mainstream demo-populista, ha cercato di purgare le colpe delle compromissioni liberali e riformiste, con cui la sinistra post-comunista, dopo la caduta del Muro, ha provato a riconvertire il suo scopo sociale e la sua identità politica in quella di una forza più o meno modernamente progressista.
Viene da chiedersi perché un professionista dell’apologetica staliniana e uno spregiatore della democrazia borghese sia tuttora così amato, riverito e vezzeggiato e venerato come sacra icona di un antifascismo eterno e eternamente equivoco e nostalgico, anche da parte di chi dovrebbe avere laicizzato quella memoria e preso congedo dalle sue iconografie.
Viene cioè da chiedersi perché élite politiche e intellettuali progressiste ormai biograficamente estranee e ideologicamente distanti dal mondo che Canfora rappresenta e dall’oltremondo da cui scaglia i suoi anatemi continuino a farsi impartire «meravigliose lezioni di democrazia» da un barone a cui la democrazia, diciamolo, ha sempre fatto schifo.
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stevesstranger · 8 months
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Profile
SAMARA A. BARONE
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book: w: time catcher love interest: shen path: sun emissary + high status + high presence face claim: nicola peltz published state: ongoing
full name: samara angelica barone aliases: sam, samie, the catcher, sarah armacci, francesca amato age: twenty-eight species: witch sexuality: bisexual occupation: member of the incineration alliance, spy
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enkeynetwork · 11 months
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drheinreichvolmer · 1 year
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Capitolo 1
Era una fredda e nebbiosa giornata di metà Aprile, la meridiana del paese di Hartmann batteva mezzogiorno in punto. Hans Schmidt tentava di evitare le raffiche di vento col mento nascosto dentro la sciarpa grigia di cotone, varcò di fretta il gigantesco portone del castello: non così in fretta, tuttavia, da impedire che una folata di vento entrasse con lui.
Si tolse il cappotto lungo nero e lo appese, assieme alla sciarpa, all'attaccapanni vicino all'entrata. Sostituì poi il cappotto con un camice medico bianco, dalla cui tasca sinistra tirò fuori un piccolo panno beige per lucidare i suoi occhiali da vista. In quel momento, pensò che la sua giornata fosse già iniziata male.
Di primo mattino era uscito per sbrigare alcune “faccende importanti”, così il suo titolare chiamava la pratica che gli aveva commissionato la sera prima. Per questo, già alle cinque del mattino, quando ancora tutto il paese di Hartmann dormiva profondamente, egli era uscito.
Poco dopo era partito un leggero temporale, tipico di quel periodo dell'anno, tipico quanto gli automobilisti che sfrecciano di proposito a tutta velocità sulle pozzanghere, vicino ai poveri individui che viaggiano a piedi. Quella mattina Hans aveva fatto una doccia non richiesta.
Fortunatamente, l'ombrello era riuscito a ripararlo abbastanza e adesso si stava sistemando i capelli davanti allo specchio dell'ingresso principale.
Col suo pettine di legno spostò a sinistra della riga in parte i capelli biondissimi, caratteristici di ogni persona nordica.
Hans Schmidt era un uomo di quasi cinquantanove anni – li avrebbe compiuti fra un mese – e da ormai ventidue anni viveva e lavorava nel castello di Reichmerl.
Era un castello non lontano dalla città di Hartmann, sulle Alpi svizzere, ad una altitudine di 855 metri, al di sopra del centro abitato.
In passato era stato proprietà di una nobile famiglia prussiana, che visse lì dall'alto Medioevo fino alla prima guerra mondiale.
Alla fine del 1945 venne acquistato e rimesso a nuovo dalla casata dei Von Reichmerl, dopo che la guerra lo aveva in parte danneggiato.
Ad oggi, è tutt'ora proprietà della famiglia; e dal 1992 il castello, come i molti ricordi della casa Reale, vengono gestiti dal barone Heinreich Aloysius Volmer Von Reichmerl, il titolare di Hans.
Il signor Schmidt aveva conosciuto il barone alla fine degli anni Ottanta, quando dopo anni di onesto lavoro, presso una fabbrica orafa di Zurigo, era stato licenziato senza troppe spiegazioni.
Quello stesso giorno perse non soltanto il lavoro, ma anche l'amore della sua ormai ex fidanzata Agnes, la quale ritenendolo un inetto, non esitò tre secondi a piantarlo in asso. Abbandonato a sé stesso, Hans si ritrovò a vivere per strada da mendicante, aveva perso tutto, compresa la speranza che le cose si sarebbero mai potute sistemare.
Avvenne allora il provvidenziale incontro con Heinreich Volmer. Il barone non era molto amato dalla gente che viveva nel paese sotto al suo maniero. Il motivo all'epoca dei fatti era ignaro pure a lui stesso, tutto ciò che sapeva era che la gente del borgo lo faceva da sempre sentire come un reietto.
Quel giorno di oltre trent’anni prima, Heinreich era sceso in paese per alcuni acquisti, quando di colpo si trovò davanti una particolare scena. Un gruppo di persone che umiliava e pestava un povero uomo, la cui vita era già di suo abbastanza dura. Quel povero uomo era proprio Hans Schmidt.
Alla vista del barone, i tre delinquenti si diedero alla fuga.
Hans si era sentito immensamente riconoscente, ma il suo benefattore non aveva ancora finito di aiutarlo, poiché quando il barone venne a sapere tutto quello che gli era successo, gli fece una proposta impensabile.
Lavorare per lui in cambio di vitto e alloggio. Hans, in principio, rimase stranito dall'offerta, essendo anche lui a conoscenza di come Heinreich Volmer era descritto dal popolo.
Lo stesso popolo che però lo aveva umiliato per mesi. Quindi, alla fine chi era il vero mostro? Un popolo becero e ignorante, oppure un uomo che ti ha salvato la vita? Questo pensiero portò Hans Schmidt ad accettare l'offerta fatta.
Il suono del timer del forno fece riemergere l'uomo dai suoi pensieri. Si diresse verso l’enorme cucina, e attraversandola, osservava i cuochi alle prese con le varie preparazioni. Tutto filava liscio, così raggiunse il piano cottura dove stava bollendo un bricco in coccio contenente del latte.
Spense il fornello prima che il latte fuoriuscisse, prese un termometro e lo mise all'interno del bricco per verificare la temperatura.
Il latte era perfettamente tiepido, né troppo caldo da dover attendere a lungo per bere, né troppo freddo, per poter apprezzare la sensazione di tepore mentre stringi la tazza fra le mani.
Hans faceva questa verifica ogni mattina che veniva preparata la colazione per Heinreich, sapeva quanto fosse esigente sulla temperatura del suo latte macchiato.
Ricevuta l'approvazione di Schmidt, una degli aiuto cuochi iniziò a versare il latte in una tazza di ceramica bianca, aggiungendo successivamente una piccola quantità di caffè d'orzo.
Hans osservò la scena e un piccolo sorriso divertito comparve sul suo viso. Sapeva quanto il barone odiasse il suo continuo sostituire il caffè espresso con quello d'orzo, e sicuramente anche quella mattina ne sarebbe nata una divertente discussione.
Hans mise la tazza su un piattino e al fianco di essa un cucchiaio di acciaio, lasciando la cucina. Attraversò il lungo corridoio che lo avrebbe condotto alla camera da letto, preparandosi psicologicamente ad andare a svegliare Heinreich.
Teoricamente quel compito apparteneva alle cameriste, ma serviva molto coraggio ad entrare nella camera da letto del barone, specialmente se a tarda mattina non si era ancora svegliato.
Heinreich Volmer era un tipo mattiniero, ogni giorno alle sei in punto di mattina lasciava il castello per andare a correre e molti del suo personale invidiavano la sua volontà, perché per loro personalmente già fare avanti e indietro per l'ampia discesa che conduceva al cancello infondo alla strada, era da considerare sport olimpico.
L'uomo dai capelli biondi bussò sei colpì con le nocche sulla porta di legno, dalla parte opposta non giunse alcuna risposta. A quel punto, Hans sapeva che c'erano tre ipotetici scenari ad attenderlo.
Il primo: quello più banale, il barone stava ancora dormendo, ciò era possibile solo se aveva trascorso la notte in bianco.
Secondo: era alle prese con una sessione di sesso mattiniero; oppure terzo e peggiore dei casi: un esaurimento nervoso di quelli che perfino Heidi e suo nonno in cima alle Alpi svizzere avrebbero sentito.
Decise di fare un secondo tentativo, e nuovamente bussò alla porta della camera per sei volte, ancora una volta non arrivò alcun responso.
Hans prese un respiro e infilò la chiave del suo passepartout nella serratura, la fece girare e spinse lentamente la porta in avanti.
Al castello di Reichmerl solo quattro persone disponevano del passepartout per entrare ovunque nella dimora. La prima era senza dubbio Hanna, la figlia quasi ventiduenne del barone. C’era poi Olga Keller, la quale come Hans, viveva e lavorava lì da prima della nascita di Hanna. Infine Edith Berger, che insieme ad Hanna era il membro più giovane a vivere al castello.
Edith aveva ventitre anni e abitava lì da quando ne aveva sedici. I genitori della ragazza erano molto bigotti e conservatori, così quando lei aveva dichiarato al padre e alla madre madre di essere lesbica successe il peggio.
Non si era certo aspettata il massimo dell'incoraggiamento, ma non di certo di essere sbattuta fuori di casa. Aveva poi conosciuto per caso Hanna in un giorno qualunque di dicembre. Le due si erano trovate in una caffetteria a Zurigo, mentre Hanna aspettava che il padre facesse benzina alla pompa dall'altra parte della strada. Tra le ragazze nacque una conversazione, e quando l'uomo dai capelli neri fece ritorno nella caffetteria, la figlia gli raccontò quanto era capitato alla povera Edith.
Heinreich ne rimase profondamente disgustato. Come poteva un genitore macchiarsi di una colpa così grave? Edith Berger venne di seguito assunta come camerista, e col passare dei mesi il barone si era profondamente affezionato alla ragazza, ormai da considerala come una seconda figlia. Dal canto suo, Edith aveva finalmente trovato quel calore familiare e quel supporto paterno che le era sempre mancato. Col tempo iniziò a chiamare il barone affettuosamente “zio Heinz” o semplicemente “zio”.
Hans Schmidt spinse in avanti la porta di legno di fronte a sé, e lentamente entrò nella camera da letto, domandandosi quale dei tre scenari lo stava attendendo. Camminò gradualmente verso il letto a baldacchino e alzò lo sguardo sulla scena di fronte ai suoi occhi.
Heinreich Volmer dormiva in un stato di beatitudine col capo rivolto verso l'entrata e, a giudicare dal corpo lucido per il sudore, coperto solo leggermente dal lenzuolo azzurro chiaro di lino, l'uomo aveva da poco fatto “il suo dovere”. Se l’essere sudato e semi nudo non bastasse a rendere chiaro il contesto, la figura di Hanna coricata nuda sul petto di Heinreich, col viso nascosto sotto al mento dell'uomo, le loro mani intrecciate, lo rendevano sicuramente palese. Un altro essere umano sarebbe probabilmente rimasto turbato dalla visione, non tanto dovuta alla notevole differenza di età, essendo Heinreich ormai vicino ai sessanta anni.
La sensazione di disagio poteva nascere dalla consapevolezza che un padre avesse appena soddisfatto sessualmente la giovane figlia, e a giudicare dal sorriso della ragazza, ella era stata decisamente appagata dalla prestazione. Hans ci aveva fatto da tempo l'abitudine, in fondo era ormai dal diciottesimo anno della ragazza che i due avevano iniziato a intrattenere regolarmente rapporti sessuali, e a stimarsi come una qualunque coppia di comuni fidanzati.
Per i due era una situazione assolutamente normale, talmente normale che non si erano mai fatti problemi a dichiararlo pubblicamente in giro e nel mondo.
Heinreich Volmer era infatti un illustre dottore e considerato nel mondo un medico lungimirante, grazie alla sua cura rivoluzionaria.
Da quasi ventidue anni aveva infatti trasformato metà del castello di Reichmerl in un centro benessere con spa, e da ormai ventidue anni ricchi e facoltosi uomini venivano regolarmente lì per ricevere la sua cura.
Il centro benessere disponeva di ogni tipo di comfort: una sauna, una vasca con acqua termale, una piscina, ecc..
Per non parlare dei vari servizi dedicati alla cura della propria bellezza, come un salone parrucchiere, oppure il centro estetico per farsi fare la manicure e pedicure all'ultima moda del momento. Il dottor Volmer aveva però una specifica filosofia: diceva sempre ai suoi dipendenti e ai suoi pazienti “Mens sana in corpore sano”, tradotto dal latino “mente sana in un corpo sano”.
Per questa ragione, oltre a garantire il massimo dei servizi riguardo il benessere del corpo, ci teneva che i suoi pazienti potessero usufruire anche di un servizio di supporto psicologico. Heinreich Volmer era infatti un uomo molto empatico e sensibile ai problemi del prossimo, ciò lo portava a dedicare
gran parte della sua giornata a migliorare l'esistenza dei suoi ospiti. Inoltre, quando non era impegnato in qualche seduta in presenza, lo si poteva trovare di fronte al suo computer, con le sue cuffie, pronto ad ascoltare ogni richiesta di supporto emotivo su una piattaforma online chiamata Seven Cups.
Si trattava di un sito che permetteva la possibilità di cercare supporto emotivo e psicologico,
ma anche fornirlo. Heinreich era iscritto da diversi anni come ascoltatore, e ogni volta, le persone da lui aiutate esprimevano quanto fossero rimaste colpite dalla sua forte empatia e capacità di mettersi nei panni altrui.
Hanna era sempre stata fiera dell'uomo che era suo padre. Era molto stimato in Svizzera, come in altri paesi, e recentemente aveva persino tenuto un seminario sulla sua cura a Toronto.
Questo l'aveva portata costantemente a domandarsi, per quale motivo suo padre era stimato e rispettato ovunque tranne che ad Hartmann? Per quale motivo dovunque era visto quasi come un dio capace di curare e capire tutti, mentre nel borgo sotto al suo castello come un mostro da bandire?
Una minima spiegazione che si era data era sicuramente il fatto che la gente del paese non vedesse di buon occhio la loro relazione. Da sempre era vista infatti come una povera ragazza plagiata, manipolata dal perfido e perverso padre. Nessuno fuori da quelle mura credeva che lei volesse davvero vivere in quel modo, segregata dalla nascita in quell'enorme castello, per uscire solo ed esclusivamente per accompagnare il padre nelle sue uscite.
Hanna non ci aveva mai trovato nulla di strano. Suo padre l'aveva costantemente messa in guardia dal mondo esterno, in particolar modo dalla gente del paese. Semplicemente, pensava che stesse solo cercando di proteggerla.
Hans suonò leggermente un campanellino per richiamare l'attenzione del barone su di sé; e l'uomo aprì lentamente gli occhi azzurri, quasi di ghiaccio, osservando il suo uomo di fiducia e migliore amico in assoluto.
Hanna si alzò su col busto, imbarazzata, coprendosi d'istinto il seno e scappando poi a rivestirsi nella propria camera da letto. Heinreich osservò la figlia darsi alla fuga e sorrise divertito dalla scena, poi allungò la mano per afferrare la tazza bianca di ceramica.
Esaminò il latte macchiato al suo interno e lentamente portò il bordo della tazza verso le sue labbra. Di colpo tuttavia si fermò, e tornò con lo sguardo su Hans.
<< Mi auguro fortemente per te che questa volta tu non abbia fatto usare di nuovo il caffè d'orzo. >> disse Heinreich seriamente mentre socchiuse gli occhi, avvicinando nuovamente il bordo della tazza alle proprie labbra.
<< Sa perfettamente, signore, che il caffè espresso non è consigliato visto la notevole quantità di pillole che manda giù ogni giorno. >> rispose con un sospiro di amarezza Hans.
<< Beh, scusami tanto dottore se sono nato schizofrenico, pensi che l'abbia voluto io? >> ribatté subito il suo titolare, quasi infastidito dalle sue continue ramanzine. Hans Schmidt non si scompose, e come da copione iniziò anche quella mattina ad elencare i motivi per cui il suo datore di lavoro doveva pensare di più alla sua salute, e sopratutto abbandonare quelle cattive abitudini in suo possesso, come fumare un pacchetto di sigarette al giorno.
Come da sceneggiatura, la risposta alla predica non richiesta, era quella di buttare giù il suo latte macchiato, guardare Hans con evidente disgusto per la sua insoddisfazione causata dal caffè d'orzo, per poi abbandonare il letto a baldacchino per iniziare a vestirsi.
<< Quali sono i miei impegni giornalieri, Hans? >> domandò Heinreich mentre si abbottonava la camicia azzurrino chiaro che aveva addosso.
<< Dunque.. Secondo la sua agenda personale, oggi sarebbe dovuto andare a correre alle sei del mattino. >> Hans si fermò per alcuni secondi ad osservare il suo titolare. << Guardando però quanto le lenzuola siano bagnate e suoi capelli siano scompigliati , credo che abbia lo stesso fatto sufficiente attività fisica mattutina. >> Hans si trattenne a stento dal ridere della sua stessa battuta, mentre l'altro si trattenne probabilmente dallo strangolarlo.
<< Tornando seri.. ha una consulenza di supporto col signor Werner tra mezz'ora, a seguire la sua presenza è richiesta in sala per pranzare insieme ai suoi illustri pazienti oligarchi. Infine, alle ore 15:00 ha promesso alla signorina Olga di farle la tinta. >> Hans accennò un leggero sorriso. << Anche parrucchiere? C'è qualcosa che quest'uomo non sappia fare? >> domandò con reale curiosità il biondo.
<< Si. Perdonare, Hans. >> rispose quasi suonando come una minaccia Heinreich, per poi indossare il suo camice medico, prendere la cartella clinica e lasciare la propria stanza da letto.
Heinreich a volte aveva la sensazione che quel corridoio non terminasse mai. Sostò davanti all'ingresso del proprio studio, la porta semichiusa lasciava un leggero spazio, che permetteva al medico di vedere che il proprio paziente era già lì ad aspettarlo.
Heinreich oltrepassò la soglia della porta. Il signor Werner era un uomo di corporatura robusta, sui settanta anni. Alla vista del dottore, diventò di colpo quasi pallido.
Heinreich fece finta di non essersi accorto del cambio improvviso d'umore del suo ospite, e si mise immediatamente ad analizzare il quadro clinico del suo paziente. Il dottore indossò un paio di occhiali da vista e attentamente osservò ogni documento presente nella cartella clinica del signor Werner.
<< La situazione è più complicata di quanto pensassi, signor Werner. >> cominciò il discorso Heinreich, con la sua contraddistinta calma e pacatezza.
<< Cosa non va dottore?.. Mi dica. >> rispose l'uomo passandosi una mano fra i capelli bianchi non molto curati.
<< Vedo problemi alle articolazioni, alle spalle.. lei che lavoro ha svolto nella sua vita? Se posso chiedere. >>
Werner raccontò che fino a quando non era andato in pensione, aveva svolto la professione di commerciante in una piccola bottega del paese.
Il medico apparve quasi sorpreso: solitamente nessuno, o quasi nessuno, del borgo ricorreva alle sue cure.
<< Oh, certo. Credo di aver capito di quale bottega mi sta parlando, adesso è gestita da suo figlio, vero? Com'è che si chiama? Sa, sono un suo cliente abituale. >> aggiunse il medico senza scomporsi minimamente.
<< Arthur... Arthur Werner. >> rispose con un po' di esitazione l'uomo. << Davvero? Non lo sapevo, mi fa piacere sapere che è un cliente affezionato del mio caro ragazzo. >> aggiunse subito dopo il signor Werner.
<< Sì, in verità sono un cliente storico, la mia famiglia fa i suoi acquisti di carne e salumi da quando era ancora lei il proprietario. >> ribatté Heinreich, accennando un sorriso.
<< In ogni caso, mi permetta di consigliarle uno dei nostri trattamenti. Credo che dopo una sessione di fisioterapia si sentirà molto meglio. >> aggiunse mentre si alzò dalla sedia e accompagnò il signor Werner all'uscita.
Fuori dallo studio ad attendere c'era Hans, il quale fece sistemare l'uomo sul lettino e lo trasportò fino all'uscita d'emergenza del castello. Arrivati alla porta, Hans iniettò una dose di anestetico all'ospite, che poco dopo perse conoscenza.
Una volta risvegliato, il signor Werner, si guardò attorno, confuso, non riconoscendo il luogo in cui si trovava.
Al posto del soffitto pieno di affreschi di arte sacra e delle finestre decorate da mosaici, c'era soltanto un ambiente sinistro che sembrava abbandonato da tempo, e un soffitto che perdeva calcinacci.
Werner non poteva immaginare di trovarsi nei sotterranei del castello di Reichmerl, come non poteva ideare la causa che lo avesse portato lì.
Werner aprì lentamente gli occhi, la testa gli girava, e probabilmente l'aveva anche sbattuta. Di fronte a sé, vide l'immagine leggermente sfocata di un medico, e si sforzò per mettere a fuoco la figura. Riconobbe poco dopo che quella sagoma apparteneva al signor Schmidt. Il medico si mobilitò per immobilizzare il paziente, legandone braccia e gambe al lettino.
Il signor Werner era confuso, ma sopratutto terrorizzato, cercava di agitarsi mentre Hans gli tappò la bocca con un vecchio straccio. Successivamente, comparve anche Heinreich con uno strano e sinistro sorriso sul volto pallido.
<< Lo credo che è sbiancato al mio arrivo in studio, signor Werner, mi ha riconosciuto subito, non è vero? >> domandò Heinreich mentre indossava dei guanti bianchi di lattice.
<< Non pensava che avrei ricordato il suo volto a distanza di più di ventidue anni, non ho forse ragione signor Werner? >> dichiarò finendo di indossare i suoi guanti da chirurgo.
Il paziente farfugliò qualcosa, ma lo straccio in bocca non permetteva una chiara comunicazione fra lui e il medico.
<< Come? Mi sta forse dicendo che si era dimenticato di me? Beh, io no, non potrei mai. >> ribattette all'istante il dottore. << Così come non ho dimenticato quello che avete fatto alla mia adorata sorella. >> La mano di Heinreich accarezzava lentamente la guancia del suo degente, che cominciò a tremare
nell'immediato. Il medico dagli occhi di ghiaccio intanto osservava l'uomo immobilizzato, e nella sua mente riaffiorò il ricordo di quella notte maledetta.
Trent'anni prima la sorella di tre anni più piccola, Emma Ingrid, era solita prendersi cura di lui, amorevolmente; e lo era da sempre, come ogni sorella farebbe per il proprio fratello. Un giorno tuttavia Emma confessò all'uomo di non provare per lui un semplice affetto fraterno, ma di esserne profondamente innamorata, ormai da diverso tempo.
Inizialmente Heinreich gli aveva resistito, ripetendo a sé stesso che un fratello non dovrebbe provare assolutamente certe cose per la propria sorella.
Dopo essere stato tradito dalla sua fidanzata italiana Ambra, il barone andò in una profonda crisi di depressione, e la sorella gli restò accanto fino a quando non si riprese totalmente.
Il barone capì allora che l'unica donna degna di sposarlo e dargli un erede era proprio Emma. I due ben presto diventarono amanti, all'oscuro dei genitori e del fratello maggiore Frederik.
Questo fino al giorno in cui Heinreich, stanco di non poter vivere quel rapporto alla luce del sole, dichiarò ai genitori e al fratello la sua relazione con la sorella Emma. Alla notizia il fratello Frederik rinunciò al titolo, ai suoi privilegi e si trasferì negli Stati Uniti, non volendo più sapere nulla di Heinreich e di Emma. Determinati a sposarsi nonostante il disappunto genitoriale, Heinreich ordinò al prete del paese di celebrare le loro nozze, nella cappella presente all'interno del castello di Reichmerl. Il sacerdote condannò categoricamente quell'unione, così il barone lo impiccò nel giardino del maniero, per poi bandire il padre e la madre dalla loro stessa dimora. Per diversi anni tentarono di concepire “qualcosa di puro”, come lo definiva Heinreich, ma dopo sei aborti spontanei, il barone si rese conto che il corpo della sorella rifiutava il feto deforme.
Ma non si fermò lì. Attraverso i suoi studi, scoprì che l'acqua della falda acquifera sotto al castello, tossica per l'uomo, aveva delle proprietà uniche di rigenerazione della vita per le anguille che la abitavano. Essendo da sempre contrario alla sperimentazione sugli animali, fece rapire da Hans diversi contadini che lavoravano nella sua terra, ed iniziò ad eseguire su di loro esperimenti infernali distillando l'acqua e filtrandola attraverso i loro corpi.
Creò in questo modo un’acqua miracolosa in grado di curare l'infertilità della baronessa, che finalmente rimase incinta e riuscì a portare a termine la gravidanza.
Hans Schmidt all'epoca dei fatti viveva e lavorava al castello come giardiniere e uomo tutto fare. In quel periodo, poco prima che la baronessa restasse incinta, al castello di Reichmerl venne assunta anche la signorina Olga Keller. Olga aveva conosciuto il barone quando questo prestava servizio di supporto psicologico presso l'ospedale di Zurigo.
La donna si era rivolta allo sportello gratuito di ascolto, perchè vittima di un compagno violento. L'uomo da tempo abusava di lei fisicamente e psicologicamente, Olga era ormai allo stremo e non sapeva più come vivere con una tale croce.
Anche per lei, come per Hans, l'incontro con Heinreich si rivelò provvidenziale. Il terapista di Olga si era preso qualche giorno di malattia, così era stato sostituito proprio dal barone. Venuto a conoscenza dello stato in cui la donna viveva, le propose la possibilità di iniziare una nuova vita.
Lui le avrebbe dato una casa e un lavoro, dandole finalmente quella esistenza serena che tanto aveva cercato. Olga Keller, in cuor suo, avrebbe anche accettato ad occhi chiusi, ma temeva troppo per la sua vita. Sapeva di non potersi permettere un simile azzardo.
Heinreich Volmer immaginava perfettamente quali fossero le paure della donna. Il compagno avrebbe potuto farle pagare il torto subito, addirittura con la vita.
Il suo eccentrico terapista però la rassicurò che non aveva assolutamente nulla da temere, garantendole protezione. Heinreich non scherzava quando le diceva che l'avrebbe resa una donna libera. Il cadavere dell’ex compago della signorina Keller non venne mai ritrovato. Infatti, poco dopo l'omicidio, il barone aveva dato in pasto il corpo alle sue voraci anguille.
Olga da allora principiò a occuparsi delle pulizie del castello. Quando però la baronessa rimase incinta, si prese cura di lei giorno e notte, come anche del nascituro.
Olga ed Hans erano vicini alla coppia da otto mesi, circa un mese dopo Emma avrebbe finalmente dato alla luce il suo bambino. Paranoico per la salute della sorella e del figlio, il barone l'aveva segregata nella sua stanza per mesi. Gli unici contatti con l'esterno erano le visite di suo fratello e quelle di Hans e Olga.
Heinreich non poteva permettersi che potesse succedere qualcosa a Emma o al loro bambino, questo lei lo sapeva bene. Perciò non si era mai opposta alle cure o ai metodi usati dal fratello.
Ogni sera, nella camera da letto della baronessa, Hans suonava il suo ukulele mentre Olga intonava una ninna nanna tedesca. La soave e materna voce di Olga aveva la capacità di calmare Emma dalle sue crisi di panico. La donna infatti aveva fin dalla più tenera età un disturbo che la rendeva irrequieta, agitata e incapace di stare perfino seduta composta quando era strettamente necessario.
I suoi genitori non si erano mai preoccupati di trattare la sua situazione, secondo loro erano solo sciocchi capricci.
Olga era l'unica persona, oltre ovviamente ad Heinreich, che riusciva a tenere a freno quel suo disturbo.
Così, mentre Olga principiava un canto e Hans pizzicava le corde del suo ukulele, i due futuri genitori si coccolavano nel loro letto matrimoniale. Heinreich era sdraiato di fianco a Emma, la testa era leggermente posata sul grembo della sorella e ogni tanto smetteva di osservare Olga e Hans,
per baciare il ventre di Emma. La donna sorrideva dolcemente alla scena, accarezzando amorevolmente i capelli del fratello.
Heinreich era in un stato di beatitudine, al pensiero che a breve si sarebbe celebrato il matrimonio fra lui e la sua amata sorella.
Infatti, da giorni Hans e Olga, assieme al resto del personale che lavorava al castello di Reichmerl, si stavano occupando dell'organizzazione delle nozze dei due. Tutto scorreva bene, al castello c'era aria di festa e di impazienza per la nascita del futuro erede. Quella felicità però era destinata a durare poco. La notte in cui Hans stava celebrando l'unione fra il barone e la sorella, un gruppo di paesani fece irruzione al maniero, catturando i due novelli sposi, vano ogni tentativo di Hans di aiutare la coppia di amici.
La baronessa incinta di otto mesi venne data alle fiamme assieme al castello, mentre il fratello picchiato a sangue costretto a godersi il macabro spettacolo. Le fiamme misero in fuga anche i vigliacchi paesani, permettendo ad Hans e Olga di portare i due in ospedale, viste le gravi condizioni della donna.
Emma aveva riportato gravi ustioni, il suo corpo era terribilmente sfigurato; e i cuori di Hans e Olga erano colmi di dolore nel vedere la povera donna soffrire in quel modo, mentre si dannava per dare alla luce la sua creatura.
Quella maledetta notte di Aprile avvenne una disgrazia enorme, seguita dal più meraviglioso dei miracoli.
Olga Keller posò sul petto della donna morente quella piccola creatura, mentre lacrime amare scorrevano sul viso di Emma, lacrime di preoccupazioni per la sopravvivenza della sua bambina.
Poco dopo Olga fece entrare Heinreich nella stanza della clinica. Avvicinatosi alla sorella, l'uomo era colmo di rabbia, ma nonostante ciò sorrideva dolcemente alla sua sposa e alla loro creatura.
Emma sapeva che non si sarebbe salvata, che le restavano ormai pochi istanti di vita, per questo con le sue ultime forze strinse la mano del marito.
<< Promettimi che la terrai sempre al sicuro.. >> sospirò la donna chiudendo lentamente gli occhi, mentre una lacrime cadde sulla testolina della sua neonata, che cominciò a piangere.
Il barone sollevò delicatamente la piccola, stringendola al suo petto e baciandole la testa.
Udendo la voce del padre la bambina lentamente si calmò, addormentandosi. L'uomo osservò la neonata e i suoi di ghiaccio si abbandonarono ad un pianto liberatorio.
Quella maledetta notte in cui la baronessa perse la vita, nacque Hanna Chiara Volmer Von Reichmerl, la figlia di Heinreich.
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jacopocioni · 1 year
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Ugo di Toscana
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Era figlio del marchese Uberto e di Willa, figlia di Bonifacio duca di Spoleto e Marchese di Camerino. Nato tra il 951 e il 953, muore nel 1001. Alla madre era attribuita la fondazione del complesso della Badia Fiorentina e del convento di San Ponziano a Lucca. L’importanza del personaggio deriva anche dalle sue nobili origini che risalgono addirittura a Carlo Magno. Suo nonno era Ugo di Provenza re d’Italia e la madre di questi, Berta di Lotaringia, aveva come trisavolo Ludovico il Pio. Il padre di Ugo, Uberto, era anche lui marchese di Toscana e per un breve periodo duca di Spoleto e marchese di Camerino, titoli che saranno acquisiti anche dal figlio. Suo zio Lotario sposerà Adelaide di Borgogna che rimasta vedova divenne la moglie di Ottone I; sua zia Alda era invece la consorte di Alberico II figlio di Marozia. Dalla loro unione nascerà Ottaviano che sarà papa con il nome di Giovanni XII. Sua sorella Waldrada convolerà a nozze con il doge Pietro IV Candiano; tutti personaggi appartenenti alle classi dominanti nell’Italia del X secolo e che avranno enorme influenza sulla vita di Ugo, che godrà della fiducia dei reggenti, acquisendo sempre più potere e consolidando il governo della Toscana, assumendo quello del ducato di Spoleto e della marca di Camerino.
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Ugo da giovane fu uno scapestrato, alla morte del padre avvenuta intorno al 970, divenne Marchese di Toscana e si trasferì con la madre a Firenze facendola diventare nuovamente la capitale del Marchesato di Toscana, che sotto il dominio Longobardo era stata spostata a Lucca, ritenuta una città più sicura. Essendo distante dal mare, Lucca era al riparo da eventuali attacchi bizantini e facilmente collegata ad altre città grazie alla via Francigena, una strada molto usata all'epoca sia dai Longobardi che per gli scambi commerciali. Ugo divenne un valente uomo d’armi, ma soprattutto un ottimo diplomatico saggio e ponderato. A lui viene attribuita la costruzione di ben sette abbazie, anche se le fonti storiche ritrovate ne attestano al marchese solo tre:  San Michele a Marturi, San Gennaro a Capolona e il santuario della Verruca. Degli altri non ci sono conferme storiche documentate. Ugo è ricordato per il bene fatto alla città di Firenze, amato e stimato dai fiorentini per come aveva gestione cittadina e per averla fatta ritornare la città più importante del marchesato. Firenze allora era ancora un piccolo centro, arrivava più o meno a tremila abitanti racchiusi nella cerchia muraria, ma aveva un popoloso contado sparso nella sua periferia.
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Badia fiorentina stemma Ugo di Toscana Lo stemma araldico di Ugo era composto da strisce rosse e bianche, o di rosso e d’argento (nell’araldica spesso il bianco è associato all’argento e il giallo all’oro), che sono diventati i colori di Firenze: del Comune, del Popolo della Repubblica, anche se con piccole variazioni. Questi colori ricordati anche da Dante nel Paradiso definiti “La bella insegna”. Il poeta cita Ugo con l’appellativo di “Gran Barone”. Giovanni Villani invece parla dei suoi colori “dogati” rossi e bianchi, mentre due secoli dopo Vincenzo Borghini si riferisce allo stemma araldico descrivendolo composto da sette doghe vermiglie e bianche. I colori di Firenze insomma.
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Il ricordo di Ugo e delle sue gesta vennero immolate nel 1345 in una biografia dedicata al marchese  scritta da un certo notaio Andrea Abate, ma che riporta nella sua opera anche avvenimenti fantasiosi della vita dell’uomo.
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Monumento al Marchese Ugo di Toscana, 1481, Badia fiorentina Mino da Fiesole Nel 1481  Mino da Fiesole lo immortala in un suo monumento funebre presente ancora nella Badia Fiorentina, nel 1590 Cristoforo Allori invece lo raffigurò in un dipinto che si trova attualmente nella galleria degli Uffizi. Mentre Raffaele Petrucci nel 1618 eseguì una statua con le sue fattezze collocandola nel chiostro grande della Badia Fiorentina. Padre Placido Puccinelli, un monaco della Badia Fiorentina nel 1643 scriverà la “Historia d’Ugo principe della Toscana” e poi ancora nel 1664 la “Historia dell’Eroiche Attioni di Ugo il Grande”.
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Ancora oggi nella Badia tutti gli anni viene celebrato l’anniversario della sua morte avvenuta il 21 dicembre del 1001, giorno per altro dedicato a San Tommaso. La celebrazione della messa solenne avviene con la partecipazione delle autorità, del Gonfalone della città e di molti fiorentini. Sul sepolcro di Ugo vengono deposti ovviamente fiori bianchi e rossi ed una corazza con un elmo che la tradizione ritiene siano stati da lui indossati. Ovviamente si tratta di una leggenda, perché dalle fattezze delle armi da difesa, si capisce che i pezzi sono posteriori alla sua epoca. Fino a qualche decennio fa venivano aggiunti sul sepolcro un bastone di comando ed un pugnale di cui però oggi se ne sono perse le tracce.
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Francesco Morandini, il Poppi, Visione di Ugo a Buosollazzo, 1568, Palazzo Pitti Nonostante sia passato molto tempo dalla sua morte, la commemorazione è ancora molto sentita dai fiorentini, che ancora oggi gli sono grati, consapevoli che grazie a lui Firenze oggi è il capoluogo della Toscana. Viene raccontato un aneddoto per cui Il Marchese Ugo morì vicino Pistoia, ma per non essere sepolto in quella città, venne rivestito velocemente con la sua armatura messo nuovamente a cavallo e fatto rientrare a Firenze grazie alla complicità di un servitore che sorreggeva la salma mentre cavalcava. Non sappiamo però se si tratta di un fatto storico o di una semplice leggenda. La salma fu deposta in una cassa di ferro con inciso il suo nome e l’anno di morte “Hugo Marchio Mi” ed inserita in un prezioso sarcofago di porfido. Il dominio di Ugo si estenderà su buona parte dell’Italia centrale, dal Tirreno all’Adriatico, che il marchese governerà con ampia autonomia amministrativa, spesso sostituendosi all’autorità imperiale.
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Riccardo Massaro Read the full article
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Il Volo - Tutti per uno, due serate evento a maggio su Canale 5
(ANSA) – ROMA, 30 APR – A maggio, in esclusiva e in prima serata su Canale 5, arrivano due serate evento con Il Volo – Tutti per Uno, con la partecipazione di Federica Panicucci. Uno spettacolo in cui il trio amato in tutto il mondo, formato da Piero Barone, Gianluca Ginoble e Ignazio Boschetto regalerà al pubblico momenti inediti ed emozioni dall’Arena di Verona.    Tra gli ospiti, Irama,…
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lamilanomagazine · 2 years
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Canale 5, per la vigilia di Natale il Volo da Gerusalemme
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Canale 5, per la vigilia di Natale il Volo da Gerusalemme. Sabato 24 dicembre, in esclusiva e in prima serata su Canale 5, imperdibile appuntamento con "Il Volo – Natale a Gerusalemme". Una serata unica nel suo genere che unisce l’inconfondibile voce del trio formato da Piero Barone, Gianluca Ginoble e Ignazio Boschetto e la suggestiva atmosfera della Terra Santa che fa da sfondo all’emozionate concerto proprio nel periodo delle festività natalizie. Sul palco, situato alle porte di Gerusalemme sotto la Torre di Davide, il Volo si esibirà, accompagnato dall’Orchestra Filarmonica della Franciacorta, nei tradizionali brani natalizi, senza dimenticare i classici pezzi che hanno reso il gruppo celebre e amato in tutto il mondo. Tra questi, anche la cover del celebre brano “Happy Xmas (War is over)” di John Lennon e Yoko Ono, ultimo regalo del trio ai fan. Il pubblico di Canale 5 potrà vivere insieme ai protagonisti un’esperienza incredibile che tocca il cuore di tutti, nel segno della musica de Il Volo. Il concerto in onda su Canale 5 è prodotto da Michele Torpedine.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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😍 Poe + Lacombe accoppiata vincente. 👉🏻 #raccontimacabri vol II Sono sei i racconti contenuti in questa raccolta. #metzengerstein parla di due famiglie in contrasto tra loro da secoli. Dopo aver appiccato fuoco alle scuderie del rivale, il giovane Barone si incanta a guardare un arazzo che sembra prendere vita … #eleonora parla di un uomo che perde la sua amata. Quando lei è in punto di morte lui le promette eterna fedeltà e lei giura che tornerà a trovarlo… #ilgiocatorediscacchidimaelzel parla di un automa in grado di giocare a scacchi. Si dibatte se sia vero o un trucco. #repeste racconta di due marinai che scappano in un quartiere proibito per via della peste. Lì, finiscono in un’impresa funebre dove è riunito un gruppo capeggiato da Re Peste Primo… #quattrochiacchiereconunamummia Un professore viene invitato ad assistere a un esame su una mummia. Decidono di fare un esperimento: elettrizzare la mummia ma questa torna in vita … #manoscrittotrovatoinunabottiglia Due uomini sono bloccati su una nave che sta affondando ma ecco passarne un’altra… fantasma … 👍🏻 Le illustrazioni sono meravigliose, soprattutto le luci che allontanano l’oscurità. 👍🏻 In alcuni racconti, l’ambientazione è descritta in modo molto approfondito, tanto che pare di poterla vedere. In altri invece è solo abbozzata. 👍🏻 I miei racconti preferito sono Re Peste e Quattro chiacchiere con una mummia, sono i più elaborati. Non ho amato invece il racconto sull’automa, troppo tecnico e puntiglioso. 👍🏻 I personaggi in generale sono descritti bene, alcuni più degli altri. 👍🏻 Cosa curiosa, il colore delle pagine si alterna con i racconti. Uno bianco, l’altro nero e via così. 👍🏻 Alla fine dei racconti ci sono anche le note firmate da #baudelaire e le biografie di quest’ultimo, di Poe e Lacombe. 👍🏻 Se amate #edgarallanpoe non potete perdere questa raccolta da collezione. ❓A voi piace Poe? Avete già dei libri illustrati da Lacombe? https://www.instagram.com/p/Cku8rk_Ine9/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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444names · 2 years
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spanish forenames + ancient greek names - "ju"
Aachelos Aarbea Abruy Abutia Actimon Adinis Adislao Aenebo Aesseia Afacia Afyang Agard Agazzle Agelisimo Aggra Agoodor Agreutila Agualixo Agualo Aillagos Ailticiada Aimmead Aimon Aireilan Aittia Alagemion Alber Aledaro Aledo Aleduade Aleia Aleksalber Aleon Aleste Aletedan Aleterper Alica Alilope Alkyo Aluilibene Alviran Amato Amodia Anaki Ancing Andena Andis Andre Andro Anicto Anighth Anopio Antes Antos Anuthe Arcell Aricoveta Auria Azuciseeni Baron Beaste Begood Begoto Belana Belia Bellisto Benasis Bencen Benlyke Beralvana Beris Bernata Bernemos Bersalio Bertoria Biana Blexius Blophe Bribenita Caiantersa Calbe Calfo Caliana Callia Calota Cancia Caria Cenza Cesousan Chaliane Chamortan Cheka Chemele Cheria Chianda Chilalky Chria Cladio Clatike Clawn Clayet Clorde Clowierit Corger Crikearis Crion Cunita Cyantheron Dadiseilio Dadne Damicia Damphaine Dampos Danoe Defina Deirdor Deniakar Desta Deudidor Dikia Disces Dolosana Domel Dorideran Eadmo Ectio Ectonia Efactanila Eilberis Elaza Eleis Elfora Elilyxerto Emeldoxang Emenzal Encalena Eneaver Ennescelp Entorsund Eoffer Ercelyx Erectober Esall Estra Eucin Eudavida Eulria Eumbne Eupenite Euphataner Eupra Euprotis Euridey Euros Euseo Euses Euteo Evgenna Fabia Faegarcia Faegon Farkena Faronifen Faronit Fearon Fechea Felingo Femelpe Ferro Fersunced Fertore Fiaro Fileimo Flalowlet Flausto Flazuca Floweseft Folasa Foloruz Forife Frutriker Fulcad Fulcora Fuliang Fulis Fulising Gaila Garta Geres Gerna Gingo Godalixess Gonatons Goomaess Gophalia Goryssanto Gotinge Granthe Grata Grenicia Gretrindia Gundron Haine Hapos Harkertop Harne Hayando Hearaider Heate Hecti Hekleta Helay Herieli Heris Hilagodo Hilli Hoina Horcen Horiguis Horosencon Horyss Hotia Hyginaxi Idesta Ierpe Igena Iliandrona Ionesto Ippolisdon Ippyross Irgellia Ishorgo Isolga Jacator Jaiter Javesta Joaquela Jorgaia Josera Josmaytime Jospielia Josul Joyfulia Kadria Kalicess Karki Kartinta Kearis Keria Klesa Klethais Kloriana Klyxestruy Konat Leaga Lecato Lekly Leragon Lesta Litorto Lodola Loper Loriseury Lucene Luiter Lundrian Lysimmos Macian Macio Maide Maidona Maleio Malous Malyte Manchess Manta Manto Maraia Marceacruz Mateos Mathea Mayana Mearionata Meled Meming Menthearis Milline Monermy Moomelow Morila Myrro Nander Neracul Nicarcelia Nited Noelth Nurgairata Okrafarce Olene Opina Orilta Ovenather Paelia Paloy Panth Paqued Pardon Paria Pascatro Pascuante Pasimoneto Patana Patikephry Patilvios Patraines Paudawn Pelixtore Peone Pherting Phirter Phrisla Plario Plecor Polas Posta Pralfria Prato Precti Presmatria Prideat Ptorieve Puron Quelp Quine Raficia Rafro Ramanthil Ramarios Rampaba Ranata Raqueloodo Rasalf Rastos Rector Relistia Renarit Renathe Retakinia Rheacianna Rherna Rinad Rique Riquel Roelesmay Rotos Ruiloyful Ruita Rulianida Rulria Saacana Sabriceste Safaelia Salious Sandranoe Sanoina Santrad Santsea Sanuraya Sapos Seagdady Seenka Seido Selectoria Selyssona Senificen Sertio Sestied Shandios Sharcia Shrigne Sidrit Simois Skene Skenjaia Smoria Sokra Solowle Sonaxanat Sonto Sotia Sounda Spoiceaso Sporpe Stalisa Sternaca Sthero Sticios Stina Stito Strioncis Swato Swatrakis Tebon Tergona Thapha Thecher Thectop Thedgele Themegena Therthigus Thipe Thipus Thiteon Thonis Tinesa Tinica Tolomestra Trinbowis Trine Ulayancea Urdey Vetrutiana Vicana Vicark Vicome Vieto Vitos Watilias Weaudo Weaulrias Wessart Whilde Whipharto Wiethert Wineste Wisafate Wordes Xendricios Xenza Xesia Yerto Zonato Zuciden Zulate
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emozparole-blog · 3 years
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Quanto ti ho amato..
Ho creduto così tanto alle parole che alcune le ho temute tra le mani
in principio cantavano da sole ma poi si addormentavano nel domani, cosi le ho raccolte come dei fiori le ho messe tra i cespugli del mio cuore ed oggi che le osservo da lontano mi dicono quanto ti ho amato, tanto ma invano..!!
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*Roberta Barone*
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abr · 3 years
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Parole da incidere sul bronzo, parole memorabili cadute esattamente dove erano attese da anni. Tomaso Montanari, (...) professore e agit-prop, si potrebbe dire che le polemiche se le va a cercare (...). Di lui si dice che parli bene dei Beni culturali solo quando vi collabora (...) e ne parli male quando è trascurato (...); ma sono malignità. È amato dai grillini, dai campioni del benecomunismo, questo sì, e da qualche tempo è molto invitato nei talk in quota «anti-Draghi», da lui paragonato a Bolsonaro; ma questa è ordinaria commedia tv. (...) Per un certo periodo voleva salvare la sinistra, pretendendo che imparasse qualcosa dall' antipolitica del M5S. Si piace e si compiace. Come riporta Linkiesta , quando Massimo D' Alema voleva convincerlo a collaborare con Virginia Raggi, declinò l' invito, non prima di regalarci le fatali parole che vorremmo ora incise sul bronzo: «I Cinquestelle hanno costruito una parte importante del programma sulla cultura partendo dai miei libri». Si vede.
Aldo Grasso infiocina un impresentabile spocchioso barone tra i tanti e risponde indirettamente sul  perché mantengo la mente aperta col Draghi: senza credere ai Salvatori della Patria, per via di imbarazzanti kompagni di strada come codesto, avversi al SuperMario in quanto nostalgici del nulla cosmico recente, essendo scoregge nello spazio pure loro. 
Via  https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/aldo-grasso-infiocina-rsquo-ego-latrina-tomaso-montanari-269577.htm
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weirdesplinder · 4 years
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ANGELICA
Oggi voglio parlarvi di una saga storico romantica indimenticabile, quella di Angelica, scritta dai coniugi Anne e Serge Golon.
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Questa serie di libri, ambientata nella Francia del XVII secolo, racconta le vicende della bella Angelica (Anne Golon si ispirò alla sua stessa avventurosa vita per scriverle) figlia di un barone decaduto.
Sintesi della trama (che sarebbe lunghissima): In gioventù Angelica scopre una boccetta di veleno destinata al re e sventa l' attentato. Scopre anche l'identità dei congiurati: ciò la metterà in pericolo per tutta la vita. Sposa controvoglia il ricco Joffrey de Peyrac, conte di Tolosa, ricchissimo e dotato di una voce incredibile, ma sfigurato e zoppo. Quando Angelica viene conquistata dalle virtù del marito, il destino li divide: accusato di stregoneria, Joffrey de Peyrac è condannato a morte. Lei si ritrova reietta a Parigi senza un soldo, ma non si da per vinta e prima grazie alle sue doti di ostessa, poi grazie a un matrimonio d’interesse, e a molte altre peripezie (e uomini) risale la scala sociale per infine cogliere l’interesse dello stesso Re Sole, che quando capisce di non potere ottenere mai il cuore, le confessa che Peyrac non è morto sul rogo. Quetsa scoperta stravolge Angelica che fugge da Versailles e parte in cerca del primo marito, finendo in altre mille avventure.
Secondo me questa serie ha influenzato pesantemente la serie su Jamie Fraser di Diane Gabaldon, voi non credete?
Io vedo diversi punti in comune alla due serie:
1- I protagonisti sono molto attraenti e durante tuutta la saga quasi tutti gli altri personaggi vogliono portarseli a letto
2- Angelica, così come Claire viene tacciata di stregoneria
3- Le vicende di Angelica si intrecciano con quelle di personaggi storici reali, vedi Re di Francia. E lo stesso accade a Jamie e Claire
4- Angelica si ritrova coinvolta in una rivolta contro il re, come Jamie
5- Angelica si accompagna ad altre persone ma rimane sempre innamorata del suo vero amore, proprio come Jamie e Claire
6- I figli hanno un ruolo marginale all'interno della storia, almeno fino agli ultimi libri
7- Angelica fugge dalla Francia e va verso le Americhe col marito per iniziare una nuova vita, ma ben presto i guai la seguono, come accade a Jamie e Claire
8- Angelica e Goffredo sono molto moderni, come Jamie e Claire. E le similitudini pottebbero continuare.........
Comunque sia, la serie di Angelica nella sua edizione italiana più recente, edita da Tea, conta ben 21 libri (e anche in una precedente edizione Garzanti), così tanti perchè alcuni romanzi originali (non tutti) sono stati divisi in due. Io invece posseggo l’edizione Villardi che mantiene credo la divisione originale dei romanzi e che vede ogni volume molto voluminoso. Ne esistono comunque anche altre edizioni in commercio nell’usato perciò prendete il mio elenco sottostante con le pinze e controllate le trame per capire quali e quanti romanzi eventualmente vi mancano e dovete acquistare:
Ecco i libri che compongono la serie:
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1. Angelica Marchesa degli angeli
Trama: Figlia di un nobile decaduto del Poitou, Angelica, ancora adolescente, è costretta a sposare Goffredo di Peyrac, un misterioso gentiluomo di Tolosa. Sfigurato e zoppo, Goffredo è in realtà un uomo di scienza, dall'animo generoso e nobile, che saprà conquistare il cuore di Angelica
2. Angelica e il giustiziato di Notre-dame
Trama: Angelica e il marito Goffredo partono alla conquista di Parigi ma, alla corte di Luigi XIV, la felicità e il successo degli sposi suscitano invidie e ostilità e Goffredo è ben presto accusato di stregoneria. Sola e abbandonata da tutti, la Marchesa degli Angeli trova rifugio nei bassifondi di Parigi, in mezzo a ladri e assassini. Anche nelle avversità, Angelica rifiuta di abbattersi...
3. Angelica alla corte dei miracoli
Trama: Costretta a vivere nei bassifondi di Parigi, Angelica riesce a ricostruire la sua fortuna, dividendo i suoi sentimenti tra un feroce bandito e un giovane poeta prima di intraprendere la conquista dell'elegante quartiere del Marais, tappa importante sulla via che la riporterà alla corte di Versailles.
4. Angelica alla corte del Re
Prostrata dalle avversità, ma fedele al suo sogno di fama e ricchezza, Angelica è risalita con coraggio dall'abisso di miseria e disperazione in cui era precipitata. Ha riconquistato Parigi diffondendo una sconosciuta bevanda esotica, la cioccolata, e ora i salotti della nobiltà si parono di nuovo alla sua ammaliante bellezza: il momento del trionfale ritorno a Versailles è giunto.
5. Angelica e le notti di Versailles
Sposa in seconde nozze del marchese Filippo du Plessis-Bellière, Angelica viene riaccolta a corte, tra la gelosia delle favorite di Luigi XIV e l'ostilità dei gentiluomini del seguito reale. L'ambiente fastoso di Versailles nasconde, però, altre insidie per la fiera Marchesa degli Angeli, altri pericoli e nuove sofferenze, ma anche la gioia più inattesa e sconvolgente: l'amore del re.
6. Angelica e l'amore del Re
Trama: La Marchesa degli Angeli è di nuovo al culmine. Tra le molte favorite, lei sola ha conquistato il cuore di Luigi XIV, che la vorrebbe con sé per sempre. Ma la speranza che Angelica ha sempre custodito rinasce: forse Goffredo di Peyrac, l'unico vero amore della sua vita, l'uomo che il Re Sole aveva mandato al rogo, è ancora vivo...
7. Angelica l'indomabile
Trama: Certa, in cuor suo, che Goffredo è ancora vivo, Angelica decide di partire, di lasciare Parigi e la Francia rinunciando a tutto quello che ha faticosamente conquistato. Le tracce del marito la spingono verso l'Africa, ma il viaggio nel Mediterraneo è pieno di insidie che la Marchesa degli Angeli non sospetta nemmeno.
8. Angelica schiava d'oriente
Trama: Caduta in mano ai pirati nel suo viaggio verso Tunisi, Angelica viene ceduta al feroce sovrano arabo Mulay Ismail, che la vuole per il suo harem. Ma il Grande Eunuco, che vuol farne la più potente favorita del suo signore, la tiene nascosta, fino a quando un aiuto inaspettato non le aprirà la strada verso una fuga rocambolesca...
9. Angelica si ribella
Trama: Sfuggita alla schiavitù grazie a una memorabile fuga organizzata da un coraggioso normanno, Angelica trova riparo al Plessis. Ma quando il re le impone una pubblica ammenda per essere riammessa a corte, il suo spirito indomabile si ribella, trascinandola in una nuova avventura al fianco dei protestanti perseguitati... Bella e orgogliosa, audace e sensuale, Angelica de Sancé de Monteloup, contessa di Peyrac e marchesa du Plessis-Bellière è la donna più affascinante, amata e desiderata della Francia del Re Sole. L'accurata ricostruzione storica, l'intreccio ricco di azione e di colpi di scena, le centinaia di personaggi, gli intrighi, le passioni travolgenti, il fasto e la corruzione della corte sono gli ingredienti di questa serie di romanzi che hanno entusiasmato milioni di lettori in tutto il mondo e che sono stati oggetto di fortunate trasposizioni cinematografiche.
10. Angelica alla guerra
Trama: Accanto ai protestanti perseguitati, l'indomabile Angelica affronta le truppe del Re Sole, incurante della sua stessa vita pur di difendere i più nobile dei principi: la libertà di pensiero. Vinta, Angelica si rifugia a La Rochelle, dove riesce a salvare i protestanti dalla morte sul rogo, organizzandone la fuga e facendoli imbarcare su una nave comandata dal pirata Rescator. E' l'inizio di una nuova avventura...
11. Angelica e il pirata
Trama: La vita a bordo della nave su cui la bella Angelica si è imbarcata per sfuggire alle truppe del re Sole, non è per nulla facile anche per una donna coraggiosa come lei. Nonostante le numerose difficoltà la nostra eroina riesce tuttavia a far breccia nel cuore dell'affascinante capitano il "Rescator". Ma quando un marinaio si accorge che la nave si sta dirigendo verso nord, anziché verso l'America, dà l'allarme. Gli uomini della ciurma organizzano una sanguinosa ribellione e prendono prigioniero il "Rescator", dopo che questi ha trascorso una notte d'amore con Angelica. Ma il capitano riesce a fuggire e si rinchiude nella stiva con i suoi uomini.
12. Angelica e il nuovo mondo
Trama: Il Rescator prigioniero nella stiva, la nave in balia delle correnti, gli uomini furiosi e senza una guida capace: la vita sul veliero che porta Angelica oltre oceano è sempre più dura. Ma finalmente le coste della Florida appaiono all?orizzonte. Per la bella Marchesa degli Angeli è il segno di una nuova speranza, dopo le avventure e le sofferenze e i pericoli trascorsi. Una nuova vita l’attende, al fianco dell?uomo che ha sempre amato.
Qui si concludevano i film dedicati ad Angelica negli anni ‘60, ma i libri proseguono:
13. Angelica alla frontiera
Trama: Negli sconfinati territori dei Grandi Laghi nordamericani, Angelica cavalca sicura tra enormi aceri secolari, illuminata dalla luce scarlatta dell'autunno. Ha con sé i figli e il marito, il fiero Goffredo di Peyrac, al quale, dopo innumerevoli vicissitudini, si è riunita, per affrontare assieme le difficoltà e i pericoli di una nuova vita in una terra sconosciuta. Tra montagne selvagge e fiumi impetuosi, tra efferate tribù irochesi e fanatici gesuiti, nuove sfide e avventure stanno attendendo la Marchesa degli Angeli
14. La tentazione di Angelica
Trama: Angelica si è finalmente riunita al marito, il fiero Goffredo de Peyrac, e ai figli, quando un incontro inatteso sopraggiunge a turbare la serenità faticosamente ritrovata. L'uomo che crede essere il terribile pirata Barbadoro è in realtà Colin, il compagno, l'amico, l'amante di un tempo. Saprà Goffredo capire il dramma che tormenta la sua amata? E riuscirà Angelica a non cedere alla passione che il ricordo di Colin riaccende in lei? Ancora una volta sarà il cuore a guidarla verso una scelta senz'altro degna della donna splendida, audace e imprevedibile quale è la nostra eroina.
15. Angelica e la diavolessa
Trama: La serenità faticosamente conquistata da Angelica è turbata dall'arrivo a Gouldsbouro, la libera colonia creata da Goffredo di Peyrac, di una donna dal fascino magnetico e dirompente. Lo stesso Goffredo sembra essere ammaliato da quella strepitosa bellezza. Come se non bastasse un succedersi di avvenimenti inattesi e sinistri minaccia la pace e la fresca vitalità della colonia: gli abitanti di Gouldsbouro diffondono la voce che in città si aggiri una "diavolessa", una donna perversa e affascinante come il male stesso.
16. Angelica e il complotto delle ombre
Trama: Scampata alle malvagità della duchessa di Maudribourg, la terribile "diavolessa", Angelica e il suo sposo, Goffredo di Peyrac, lasciano la colonia di Gouldsboro per recarsi nel territorio francese del Québec. Ma mentre si fa più vicina la meta, alla mente della Marchesa degli Angeli riaffiorano le ombre di un passato quanto mai lontano e doloroso, e con esse volti ed episodi da tempo dimenticati. E non solo... Entrati nelle terre di un Paese che li aveva banditi, Angelica e Goffredo dovranno superare ostacoli e avversità, pregiudizi e diffidenze, prima di godere della serenità tanto cercata.
17. Angelica a Quèbec
Trama: Angelica e il suo sposo Goffredo stanno per approdare a Québec, un piccolo gioiello architettonico affacciato sulle rive del San Lorenzo, in Canada. Ma mentre si fa più prossima la meta, un sentimento di angoscia e di timore li assale: che cosa li attenderà in quello sterminato e gelido Paese, suddito della corona di Francia, di quello stesso Luigi XIV che li ha banditi per sempre dalla madrepatria? E come verranno accolti dalla gente del posto? Ad attenderli saranno nuove ed emozionanti avventure
18. La sfida di Angelica
Trama: Angelica e il suo sposo, finalmente sereni, hanno trovato una seconda patria nello sconfinato Canada, un mondo giovane e avventuroso. Ma la felicità appena conquistata viene messa subito in pericolo dall'invasione, da parte dei feroci irochesi, della città di Québec. Soltanto il coraggio di Angelica, che affronta il capo degli irochesi, riuscirà a salvare la vita dei suoi concittadini. Intanto dalla Francia giunge un messaggero: porterà notizie sull'esilio?
19. Angelica, la strada della speranza
La felicità della bella Angelica, incinta del Conte di Peyrac, è in pericolo. Il parto è drammatico, due gemelli prematuri nascono a Salem, la città delle streghe... E poi l'orribile notizia della morte di Padre d'Orgeval, il nemico di Angelica, e le accuse da cui deve difendersi, con tutte le sue forze...
20. Angelica, la fortezza del cuore
Angelica e suo maroto sono riusciti ad uscire indenni dalla caccia alle streghe ma nuovi pericoki sono in afgguato.
21. La vittoria d'Angelica
La figlia di Angelica è stata rapita, Goffredo è dovuto tornare in Francia, ma Angelica non intende certo arrendersi. E con l'aiuto inaspettato di suo figlio....
Non vi svelo il finale di questa serie, ma l'ultima frase è molto Rossella di Via col Vento
L'accurata ricostruzione storica, l'intreccio ricco di azione e di colpi di scena, le centinaia di personaggi, gli intrighi, le passioni travolgenti, il fasto e la corruzione della corte sono gli ingredienti di questa serie di romanzi che hanno entusiasmato milioni di lettori in tutto il mondo e che hanno spinto anche diversi registi a terna delle trasposizioni cinematografiche.
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La più famosa e riuscita è certamente la serie di film degli anni ‘60 con protagonisti gli indimenticabili e supersexy Michèle Mercier e Robert Hossein, che furono ben 5 e le cui trame coprono le trame dei romanzi solo fino al dodicesimo, come vi accennavo sopra :
1. Angelica (1964)
2. Angelica alla corte del re (1965)
3. La meravigliosa Angelica  (1965)
4. L'indomabile Angelica  (1967)
5. Angelica e il gran sultano (1968)
Se vi interessa comprarli ho visto che sono in vendita su LA FELTRINELLI a questo Link.
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ateatino · 4 years
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Il 31 gennaio si è conclusa per noi un'avventura davvero emozionante!
Così emozionante che vogliamo dare i numeri:
6.166 euro raccolti
259 donatori e donatrici
4.186 visite uniche alla pagina del nostro progetto sulla piattaforma di Produzioni dal Basso.
Abbiamo tanti grazie da dire: a Produzioni Dal Basso e Banca Etica per averci dato l'opportunità con il bando "Impatto +" di poter rendere concreta un'idea progettuale su cui lavoriamo da mesi con O2italia, Il cartolaio del bosco e la Libreria L'Incanta Storie; ad Editoriale Scienza per il sostegno e per gli infiniti stimoli che ci sono venuti dal loro catalogo; alle scuole che riceveranno in dono le scatole per l'entusiasmo e la fiducia.
E, ovviamente, a tutte e tutti voi per aver reso possibile il passaggio alla "fase 2" del progetto.
GRAZIE a: Antonio Mamì, Agata Samperi, Alberto Musco, Aldo Lenzo, Alessandra Rigano De Gaetano, Alessandro Milone, Alessia Barone, Ambrogio Isgrò, Andrea Corno, Andrea Inzerillo, Andrea Scilipoti, Serena Leotta, Angela Costantino, Anita Magno, Anna Fazio, Anna Gallerani, Annalisa Gualtieri, Anna Maria Vaccarino, Antonella Correnti, Antonella Saja, Antonia Sidoti, Antonio Cicero, Antonio Carcione, Elena Bagnoli, Antonio Bellinvia, Anna Bucca, Carmen Papaianni, Carla Cozzolino, Carmelo Catalano, Carmelo Recupero, Carmen Barca, Carolyn Berger, Caterina Abbriano, Marilia Costa, Cettina Pitrone, Chiara Pepe, Chiara Scuteri, Cleopatra Cortese, Claudia Mangano, Stefano Clerici, Carmela Panella, Cristina Grande, Daniela Munafò, Daniela Bersano, Marco Giorgianni, Dario De Pasquale, Diego Zucchelli, Domenica Piazzo, Donato Barbato, Daniela Pappalardo, Elena Poma, Emanuele La Rosa, Enrica Pellegrino, Enza Galluzzo, Enza Zumbo, Erika Bucca, Eva Buttà, Fabio Calabrò, Fabio Genovese, Francesco Caizzone, Federica Correnti, Federica Maio, Federico Mangano, Filippo Nicosia, Matteo Finco, Francesca Rinaldi, Francesca Mirabella, Francesca Petruzzella, Francesca Pitrone, Marco Pandolfo, Francesco Calabrò, Gabriele Sidoti, Lucia Gentile, Giuseppe Geraci, Gian Marras, Garis Giovanna, Giovanna Caravello, Giovanna Rappazzo, Giulia D’Alessio, Giuseppe Aliquò, Agnese Calabrò, Giuseppe Motta, Giuseppe Pampanini, Giusi Caliri, Giusy Caravello, Giusy Russo, Glenda Spiller, Grazia Costantino, Grazia Salamone, Graziella Rao, Antonino Il Grande, Aias Onlus Sezione di Barcellona Pozzo di Gotto, Marcela Salvador, Irene Faranda, Isidora Scaglione, Carmen Italico, Ivan Bertolami, Katia Crifò, Roberto Cervi, Pietro Rossello, Laura Alessandra Bonaceto, Laura Casu, Laura D’Amico, Laura Recupero, Condotta Slow Food Peloritani Tirrenici, Luca Faenzi, Lucia Isgrò, Luciano Aliquò, Luigina Roselli, Lydia Oliva, Margherita Dotti, Maria Assunta De Fazio, Maria Bucca, Maria Sciotto, Mariateresa Carbone, Maria Teresa Collica, Mariella Chiaramonte, Mario Scardino, Marta Mocchetti, Marzia Sindoni, Marco Mattiuzzo, Maura Macchi, Maria Grazia De Pasquale, Mimì Pino, Mimma Pitrola, Associazione culturale La cicale e la formica, Maurizio Calabrò, Monica Guerra, Giovanni Avitabile, Antonio Bonuccelli, Raffaella Campo, Antonino Amato, Nino Calabrò, Nino Sottile, Lucia Vento – Opuntia, Ornella Privitera, Maria Cristina Falcaro, Paola Belardo, Pasquale Rosania, Patrizia Donato, Patrizia Verde, Dario Piccolo, Piera Mannuccia, Pietro Centineo, Riccardo D’Urso, Riccardo Italiano, Riccardo Neri, Rita Ponzo, Rita Sedda, Roberto Iraci, Rossella Alessandrini Iocum-Scuola diffusa, Sara Rucci, Salvatore Alosi, Salvatore e Antonella D’Arrigo, Salvatore Bonaceto, Sara Loddo, Scheggia Sara, Serena Salmeri, Sergio Amato, Sergio Bonvegna, Silvia Geroldi, Sofia Capizzi, Sonia Sgrò, Stefano Giunta, Stefano Nucera, Neotenia LTD, Caterina Martinazzoli, Barbara Todaro, Valeria Bonina, Vera Genovese, Veruska Bagnoli, Veronica Vannelli, Viviana Isgrò, Maria Rotuletti, Mariagrazia Milioti, Annalina Perdichizzi, Felice Spinella, Anna Genovese, Rosalba Caliri, Francesca Floramo, Carmelina De Pasquale, Andrea Biondo, Serena Perdichizzi, Vera Bilardo, Francesco Aricò, Rossana Bilardo, Alessia Ragno, Rizzo Lucia, Mimma Naselli, Graziano Genovese, Giuseppe Ravidà, Alessandro Campo, Mariella Bonomo, Cinzia Catanzaro , Marco Motta, Giusy Scardino, Nicla Ruggeri, Patrizia Cirino, Diego Pirri, Danila Ruvolo, Danilo Calandra, Franco Calabrò, Mariagrazia Caliri, Teresa Sottile, Fabio Alosi, Antonella Bucalo, Ada Trifirò, Hernan Colombo Habot, Zina Giglio, Rosangela David, Rita Martino, Progetto Uomo Nero Racconta, Mariapia Coppolino, Renata Lo Iacono, Rossana Chillemi, Patrizia Mastroeni, Kanö Sartoria Sociale, Scuola dell’Infanzia Corriolo – Maestra Dora Crisafulli, Valeria De Pasquale, Andrea Cristelli, Renata Pettineo, Moravia Paratore
Vi aspettiamo da domani sulla nuova pagina del progetto: https://www.facebook.com/La-Scatola-incantanta-102227571737051
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Storia di Jin I Il villaggio 1
STORIA DI JIN E DELLA BARONIA DI MORPURG CAPITOLO I Il villaggio 1 Jin si sollevò da tavola, il pasto era finito. Non rivolse nessuno sguardo alla moglie che cominciava a sparecchiare. Uscì. Il freddo mattutino lo costrinse ad arricciarsi nel giubbone, le nuvole del giorno prima, ancora presenti, iniziavano a diradarsi. La terra bagnata e dura, calpestata per secoli, gli trasmetteva l’umidità su per i piedi e da lì risaliva le gambe, fino alla schiena. Il villaggio cominciava a svegliarsi. Lui, sempre primo, sentiva le voci dei compaesani levarsi dalle abitazioni. Voci secche, che davano ordini alle mogli, e le risposte insolenti delle stesse, che reagivano. Le donne! Tanto necessarie, quanto fastidiose. Le trovava eccitanti, ma riconosceva che imbruttivano presto. Scherzava con le giovinette del villaggio, ma sapeva di non potere andare oltre lo scherzo, pena gli sguardi torvi e gli atti ostili dei padri delle stesse e le maldicenze dei suoi compaesani. Non che, sotto sotto, tutti non pensassero la stessa cosa, ma gli obblighi della tradizione gli impedivano di fare il filo alle giovani nubili. Per quelle appena sposate, c’era il coltello del marito a frenare gli impeti più incontrollabili. Se voleva sfogarsi c’era il bordello in paese, e Jin lo usava non appena poteva. Venti soldi erano tanti per lui, che faticava sotto il sole e al freddo della pioggia, ma la Natura chiamava e la moglie non bastava: per questo esistono le donne, per Balthur! si diceva, e che, allora, gli uomini si dessero da fare a prendersi le proprie soddisfazioni! Col pensiero aveva conosciuto tutte le giovinette del villaggio, mentre lo faceva con Alixi, anche se lo trovava un difficile esercizio perché i mugolii e i sospiri di lei lo riportavano alla cruda realtà, ma se lo faceva bastare: conosceva tutte le loro preferenze sotto le lenzuola e sapeva che, alla fin fine, erano tutte disponibili. Bastava solo insistere. Peccato ci fossero i padri, i fratelli e i mariti… Se non fosse stato così, perché sarebbero esistite le puttane? Non erano forse delle donne troppo esigenti in fatto di sesso, da non poter resistere con un solo uomo? Eh, sì, ne parlava spesso dopo la zappatura o mentre si dava da fare… Da dietro il monte Fernon, si intuiva il sole fare il suo corso e il tempo passare. Non poteva indugiare oltre e smise di attardarsi con simil pensieri: aprì la porta di rami intrecciati che chiudeva gli attrezzi in un vano ricavato nel muro della capanna, prese la zappa, e si avviò ai campi. Percorse il vecchio sentiero che passava accanto al bosco e sul sentiero cominciò a pensare: “Il barone sta per morire, che ne sarà di noi? Il figlio non è adatto al compito.” Guardò a est verso le montagne lontane e inalò una bella boccata d’aria. Questa era immobile, perché il vento mattutino, proveniente dal mare, non riusciva a penetrare la querceta e il sottobosco. Affrettò il passo e arrivò al ruscello. Questo scorreva, in quel punto, frizzante e brioso, verso nord, ma poi piegava a est per ricongiungersi al fiume, che bagnava Morpurg prima di gettarsi nel mare. Si chinò e si sciacquò la faccia. Poi bevve. “Acqua fresca,” pensò. Si diresse a nord, lungo il ruscello, per raggiungerne il gomito, dove avrebbe attraversato senza bagnarsi i piedi. Suo cugino, Alem, aveva abbattuto un albero, avendo l’abilità di farlo cadere nella giusta posizione, a fare da ponte. Sul tronco si mantenne in equilibrio e attraversò. Arrivò ai campi del barone, che si estendevano lungo tutta la piana fino al Reeve, da dove cominciavano i terreni della contea. Cominciò a zappare. Gli piaceva muoversi e darsi da fare, ma, quel giorno, era preoccupato per le sorti della baronia: se il barone fosse morto anzitempo – aveva solo trentasette anni – il figlio diciassettenne sarebbe riuscito a contrastare le mire del conte? Il barone era un uomo forte e amato dai suoi contadini, se fosse successo qualcosa lo avrebbero seguito fino alla morte e così il conte avrebbe perso molti dei suoi cavalieri, in caso di battaglia. Per questo, finora, si era trattenuto. Il re era lontano e, quassù, non contava nulla. I nobili! Pretendevano sempre dal contadino che lavorasse, sulla terra e nelle opere pubbliche: la costruzione di un ponte o migliorie stradali, che di tanto in tanto si facevano, e che poi andasse in guerra per fare la fortuna de’ Signori, che erano gli unici a guadagnarci. Si soffermò a pensare: questa era ribellione, il solo pensiero lo era. Voleva essere un ribelle? E a cosa gli sarebbe giovato se non a finire nel pozzo o ricevere qualche frustata o, peggio, finire alla gogna, dove tutti facevano quel che credevano? Smise di pensare. Era questa una cosa riservata ai nobili e ai religiosi e a qualche borghese, giù in città. Ma lui, un povero contadino, che ne voleva sapere? Che pensasse a muovere le braccia per zappare, dunque. Quando il sole arrivò a spuntare da dietro il monte Fernon, arrivarono gli altri. “Alla buon’ora!” li rimproverò scherzoso. “Ti svegli troppo presto, Jin. Prenditela comoda… Di avena ce ne spetta solo il quarto. E siamo più del triplo dei Signori, che non lavorano.” Jin non rispose e tornò a faticare. Gli uomini piegarono le schiene e cominciarono a dissodare il terreno, lasciato incolto per qualche anno. E su e giù, e su e giù, in continuazione. Ripetitivamente. Gli zoccoli immersi nel terreno nero, ricco, fertile. Quando il sole fu alto nel cielo, gli uomini si alzarono, stanchi ma consapevoli che avevano faticato per vivere, e arrivarono le mogli col pasto di medio giorno. Avanzavano festanti in gruppo e chiacchieravano ad alta voce, spesso ridendo. Jin le guardò con secchezza perché, a lui, il riso delle donne infastidiva. Quando arrivarono vicine agli uomini, Alixi disse: “Jin, ecco il pane e le rape. Mangia.” “Tu hai già fatto?” “Io ho fatto. Ti lascio il cesto, ché vado in paese.” “No, aspetta!” disse con la bocca piena. “Prendo tutto e ti riporti il cesto.” “Non ti va proprio di fare niente, uomo!” “Non mi va di girare con il cesto, donna!” “Tu e le tue fissazioni!” Alixi mise i pugni sui fianchi e lo guardò con aria di finto rimprovero. “Che te ne stai a fare piantata, lì, rigida come uno stoccafisso?” “Io me ne sto piantata dove mi pare.” “Ah, le donne! Solo guai! Sempre a cercare la polemica.” “E tu?” “Aah, taci!” Alixi tacque e lasciò correre. “Quando vai in paese, chiedi notizia del barone. Voglio sapere tutto: se ha cacato, mangiato, se si è alzato e si è affacciato… Tutto.” “Vado, vado, chiedo, chiedo, riferisco, riferisco.” Prese il cestino, fece una mossa col culo rivolto verso il marito e se ne andò. “Donna stupida,” pensò Jin. “Ho preso una donna stupida, come moglie.” Finito di mangiare, ricominciarono a zappare e Jin pensò alla moglie. Stava cominciando a invecchiare e non gli aveva dato dei figli: che fosse sterile? Le sue sorelle avevano tutte figliato e sapeva che questa della sterilità era una faccenda di famiglie, perciò non sapeva che dire. La forza di lasciarla non l’aveva, perché, in fondo, ci si trovava bene, ma l’aveva tradita spesso. Con prostitute. ‘Ma quelle non contano’, si disse. Avrebbe voluto farlo con qualcuna di città: una di quelle borghesi, insoddisfatte dalla fiacchezza del marito cittadino, ben vestita e bella in carne, come piacevano a lui. Una di quelle che si mettevano profumi e si imbellettavano il viso per piacere agli uomini. Si immaginava di diventare padre di un bastardo, allevato da un cornuto. E s’immaginava vederlo giocare nella piazza di Morpurg, ignaro che il vero padre, vero in tutti i sensi, lo guardava compiaciuto dei suoi progressi e consapevole che, con la genia del contadino e i soldi e la cultura del borghese, avrebbe sicuramente fatto strada. Inspirò e si compiacque di tutto ciò. Poi si fece prendere dalla fatica, fino a quando fu il momento di rincasare. La sera, quando il sole cominciò a scomparire all’orizzonte, Jin e gli altri tornarono al villaggio. Il tramonto durava abbastanza a lungo prima di nascondersi dietro gli alberi e, quindi, nel mare, e gli dava il tempo di tornare ai focolari prima che scurisse del tutto. “Speriamo che anche quest’anno il raccolto vada bene,” disse Alem sulla via del ritorno. “Speriamo di sì, cugino di madre,” rispose Jin. Restarono in silenzio per il resto del tragitto, le orecchie cullate dalla brezza serale che passava le fronde. Alem camminava con la zappa in spalla e aveva un sorriso tranquillo, il sorriso proprio di coloro che tornano a casa stanchi ma soddisfatti del lavoro, mentre avanzava al fianco di Jin. Jin pensò che al cugino piaceva la vita del contadino. “È un sempliciotto,” si disse. Mentre a lui piaceva sempre meno… Si faticava troppo in cambio di nulla, in estate come in inverno, e si stava soli seppur in compagnia: quando si lavorava, lo sforzo era tale che solo qualcuno riusciva ad accompagnarlo con un mesto e ritmico canto e gli altri appresso. Questa era compagnia? Forse, ma a lui non piaceva. Avrebbe preferito stare in una casa borghese davanti al focolare e parlare con gli amici, o al caldo del letto, con un bel pellicciotto a scaldargli le spalle, a parlare con una bella, raffinata donna cittadina. Questo voleva, per Balthur!, e lo voleva da sempre. Arrivati al villaggio, si alzò un vento più forte. ‘Minaccia pioggia’, dissero. E rientrarono nelle capanne. Al freddo – poiché il focolare era spento - Jin aspettò la moglie, che non era tornata, e la rabbia cominciò a montare. Stava seduto sulla sedia, davanti al tavolo, e stringeva i pugni e digrignava i denti, senza muover muscoli per accendere il fuoco. Quando, quattro clessidre dopo, Alixi tornò, Jin l’accolse con urla e improperi: “Dove sei stata fino a adesso? Non hai lasciato da mangiare e io muoio di fame! Stupida donna!” La moglie non seppe reagire di fronte alla sfuriata e l’unica cosa che le riuscì fu il pianto. “Che ti succede?” urlò Jin, calmandosi un pochino, tuttavia. “Il barone è morto da una settimana e il figlio ha fatto atto di sottomissione al conte. Dipendiamo dalle leggi della contea, da adesso in poi.” Jin si calmò, perché cose più importanti del suo stomaco e della sua rabbia premevano la mente. “Ne vado a parlare con gli altri.” Uscì e cominciò a gridare: “Concilio, concilio!” Prese una torcia dal vano degli attrezzi, rientrò nella capanna e l’accese. Poi riuscì. Gli altri uomini stavano facendo lo stesso. “Che c’è, Jin?” dissero, assonnati. “Il barone è morto, siamo nelle mani del conte.” “Ma no, il baroncino ci difenderà…” “Il baroncino si è già accordato col conte. Dipenderemo dalle leggi della contea.” “Chi te l’ha detto?” fece qualcuno. “Mia moglie: è stata in paese, oggi.” “E cosa possiamo fare?” “Nulla,” disse Jin, stupendosene. Gli uomini abbassarono il capo. “Fa freddo, stasera,” dissero. “Bisogna coprirsi, io vado.” “Anch’io.” “Perché ci hai chiamati, Jin? Non possiamo nulla contro il conte.” Jin ci pensò. “Era per darvi la notizia.” “Grazie. Andiamo a dormire, ché siamo stanchi.” Il vento continuò a soffiare, e una leggera pioggerellina cominciò a bagnare il terreno. Si sarebbe calmata tardi, nella notte. Tutti tornarono alle capanne e anche Jin rincasò. Alixi aveva acceso il fuoco. “Che hanno detto?” gli chiese inquieta. “Non possiamo far nulla, moglie. Fammi mangiare e andiamo a dormire.” Jin mangiò il suo pasto a base di avena e ceci e andò a letto. Tutta la notte un gufo bubulò, e questo era un cattivo presagio.
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Viaggiatori tedeschi nel Sud Italia
di Paolo Vincenti
L’interesse dei tedeschi per il sud Italia parte da lontano. Già nel Cinquecento, Paul Schede detto Melissus (1539-1602) parlò di Rudiae negli Epigrammata in urbes Italiae del 1585 (1). Johann Heinrich Bartels (1761-1850) visita il Sud ma solo la Calabria e la Sicilia, verso la fine del Settecento, e documenta il suo viaggio nell’opera Briefe über Kalabrien und Sizilien. Dieterich, Göttingen 1787–1792 (2). Nel Settecento, arrivano in Italia il Barone von Riedesel  e il pittore Jacob Philipp Hackert. Abbiamo già detto del tedesco Johann Hermann von Riedesel, barone di Eisenbach (1740-1785) e del suo libro, Un viaggiatore tedesco in Puglia nella seconda metà del sec. XVIII. Lettere di J.H.Riedesel a J.J.Winckelmann, che è, come dice il titolo, un’opera epistolare, diretta al famoso archeologo Winckelmann (3).
Diplomatico e ministro prussiano, Riedesel aveva conosciuto a Roma e frequentato il Winckelmann, il quale gli aveva fatto da guida nella esplorazione dei monumenti della città. Il suo libro divenne un punto di riferimento in Germania e fu molto letto, anche da Goethe, che lo elogia nella sua opera “Viaggio in Italia”, in cui sostiene di portarlo sempre con sé, come un breviario o un talismano, tale l’influenza che quel volume, per la puntigliosità e l’esattezza delle notizie, esercitava sugli intellettuali (4).
Jacob Philipp Hackert (1737-1807), nella sua opera pittorica I porti delle Due Sicilie (Napoli 1792) inserì i porti di Gallipoli e di Otranto. Il grande artista divenne pittore di corte del re Ferdinando IV di Napoli e in questa veste fu in Italia con molti incarichi come quello di supervisionare il trasferimento della collezione Farnese da Roma a Napoli. Fu amico di Goethe che scrisse di lui nella sua opera “Viaggio in Italia”. Ma l’incarico più prestigioso che il pittore ricevette dal re Ferdinando IV fu la commissione del famoso ciclo di dipinti raffiguranti i porti del Regno di Napoli.
Le numerose vedute dei porti si articolano in tre gruppi suddivisi tra le vedute campane, pugliesi, calabresi e siciliane. Per eseguire i disegni preparatori si recò così in Puglia e in Campania. La serie comprende 17 quadri e si trova ancora oggi custodita alla Reggia di Caserta; vi sono raffigurati esattamente i porti di Taranto, Brindisi, Manfredonia, Barletta, Trani, Bisceglie, Monopoli, Gallipoli, Otranto.
La serie è stata in mostra, dal 20 giugno al 5 novembre 2017, presso la Sala Ennagonale del Castello di Gallipoli (Lecce).  L’esposizione intitolata “I porti del Re”, a cura di Luigi Orione Amato e Raffaela Zizzari, prodotta dal Castello in collaborazione con la Reggia di Caserta e il Comune di Gallipoli, ha visto all’inaugurazione l’intervento dello storico dell’arte Philippe Daverio e del direttore generale della Reggia di Caserta, Mauro Felicori (5). Nel giugno 2018, si è tenuta a Brindisi la grande mostra: “Brindisi: Porto d’Oriente”, a  Palazzo Nervegna, dove è stato possibile “ammirare per la prima volta  il celebre quadro ‘Baia e Porto di Brindisi’ che il vedutista prussiano Jakob Philipp Hackert realizzò nella seconda metà del ‘700 su incarico del re Ferdinando IV di Borbone. L’esposizione è stata organizzata nell’ambito del progetto ‘La Via Traiana’ e comprendeva una serie di opere che raccontano la storia della città attraverso alcune vedute del porto, fatte dai viaggiatori del ‘700” (6). Anche lo scrittore Johann Wilhelm von Archenholtz (1741-1813), famoso politologo, era stato in Italia ma egli, pur essendo tedesco, aveva pubblicato un’opera intitolata England und Italien, nel 1785, nella quale contrapponeva i due paesi, appunto il Regno Unito e l’Italia, con due sistemi politici diversi, propendendo decisamente per l’Inghilterra. Tuttavia nelle critiche feroci che Wilhelm fa a Genova, Venezia, allo Stato della Chiesa e al Regno di Napoli, è facile scorgere una larvata accusa alla sua Germania (7). Il poeta Friedrich Leopold Stolberg (1750-1819) nella sua opera Reise in Deutschland, der Schweiz, Italien und Sicilien in den Jahren 1791 und 1792, 4 voll., 1794, documenta il suo viaggio nel sud Italia dove però manifesta una posizione anticlassica e irrazionalistica, che provocò la sdegnata reazione di Goethe.
L’opera è stata recentemente tradotta in italiano da Laura A. Colaci, che scrive: “Dopo il viaggio nel Sud della Germania e della Svizzera col fratello e con Goethe, Stolberg ne intraprese uno più lungo in compagnia della moglie Sophie von Redern, del figlioletto, di G.A. Jacobi e G.H.L. Nicolovius attraverso la Germania, la Svizzera e l’Italia.
Frutto di questo viaggio è il volume Reise in Deutschland, der Schweiz, Italien und Sicilien in den Jahren 1791 und 1792. Viaggiò in Puglia dal 3 al 17 maggio del 1792”(9).  Si tratta di un’opera epistolare, composta cioè delle lettere che egli aveva inviato durante il suo soggiorno nel nostro Paese a vari corrispondenti tedeschi. Queste lettere però vennero rielaborate per la loro pubblicazione e ciò portò ad una certa stilizzazione, soprattutto in quelle che hanno un maggiore contenuto politico religioso. Egli visitò Brindisi, Lecce, Otranto, Gallipoli.
Il compagno di viaggio di Stolberg, Georg Arnold Jacobi (1768-1845), al ritorno dal suo viaggio pubblica Briefe aus der Schweiz und Italien nel 1796-7, ossia una raccolta delle sue lettere inviate da Brindisi, Lecce e Gallipoli.  Sempre di un’opera epistolare dunque si tratta, ma le lettere dello Jacobi sembrano essere più in presa diretta, ovverosia meno stilizzate, di quelle del suo compagno di viaggio Stolberg, e soprattutto si nota in lui una minore componete polemica, pur essendo protestante e classicista anch’egli. È molto più critico però nei confronti del governo di Napoli e del malcostume che in quella città allignava. Mentre la prosa dello Stolberg è più accattivante, controllata e in qualche modo romantica, avendo egli rimaneggiato le lettere, quella dello Jacobi è invece più scarna e realistica. Entrambi i viaggiatori comunque sono attratti dai resti dell’antichità classica, per cui, specie quando giungono in Puglia, a partire da Taranto, la loro attenzione si sofferma sulle influenze greche della nostra civiltà. Stolberg sente tutta la civiltà europea tributaria della cultura classica. Il suo classicismo però è filtrato dal cristianesimo. Questo lo porta a vedere l’Italia, e in particolare il Sud, in quanto più diretta emanazione di quella cultura, come una sorta di paradiso perduto che, con antesignano gusto romantico, egli idealizza, dandone una visione edenica, certo lontana dalla realtà. “Pur vivendo nel clima del classicismo winckelmaniano, lo Stolberg è distante dall’dea di classico alla Winckelmann”, scrive Scamardi (10).  Dunque egli ripudia ogni idea dell’arte che non sia classica, per esempio il barocco leccese. “l ruderi classici evocano, sì, l’idea della caducità della vita umana, un elemento, questo, certo presente in tanta poesia sulle rovine della fine del Settecento, solo che lo Stolberg oppone la certezza della fede cristiana[…] In questo lo Stolberg anticipa non solo taluni stilemi di un certo romanticismo, ma anche un certo kitsh romantico. Si può concordare, in definitiva, col giudizio di Helga Schutte Watt secondo la quale lo Stolberg in Italia ritorna ai fondamenti classici della cultura europea e della sua stessa formazione intellettuale e non solo non scorge alcun conflitto tra classicismo e cristianesimo, ma vede in quest’ultimo una forma di coronamento, di inveramento del primo” (11).
A Taranto sono ricevuti dal Vescovo Giuseppe Capecelatro, uomo di vastissima cultura, lo stesso che accompagnò il viaggiatore svizzero Carlo Ulisse De Salis Marschlins (1728-1800 ) nel suo viaggio in Puglia. Come già Eberhard August Zimmermann (1743-1815), naturalista e geografo, che venne in Puglia su incarico del Regno di Napoli per studiare la nitriera naturale di Molfetta (12),  anche il conte svizzero era accompagnato dall’Abate Fortis e i suoi interessi principali erano volti all’agricoltura e all’allevamento. Abbiamo già detto del De Salis Marschlins, che pubblica per la prima volta le sue impressioni di viaggio in tedesco in due volumi a Zurigo nel 1790 e nel 1793.  La prima pubblicazione del libro in lingua italiana viene fatta nel 1906 (13),  con la traduzione di Ida Capriati De Nicolò (ottima traduttrice anche delle memorie di Janet Ross)(14), e poi viene più volte ripubblicato (15).
Lo storico Ferdinand Gregorovius (1821-1891) visse più di vent’anni in Italia, soprattutto a Roma. Pubblicò i suoi resoconti di viaggio in Italia nell’opera  Wanderjahre in Italien tra il 1856 e il 1877,  in cui fa una descrizione analitica, davvero minuziosa delle condizioni di vita del nostro popolo in quegli anni. Il suo è un interesse erudito, per cui alle note naturalistiche, si accompagnano le descrizioni artistiche e letterarie e soprattutto sociologiche. L’opera si compone di cinque volumi ed è nell’ultimo volume, con il titolo Apulische Landschaften, (Lipsia, F. A. Brockhaus, 1877) che si occupa del nostro territorio. Gregorovius venne in Puglia due volte, nel 1874 e 1875. La prima traduzione della sua opera è di Raffaele Mariano nel 1882 (16).  L’itinerario si snoda attraverso le città di Lucera , Manfredonia, Monte Sant’Angelo, Andria, Castel del Monte, Lecce e Taranto.
“Il Gregorovius seguiva con interesse la ricezione della cultura tedesca in Italia e intratteneva rapporti cordiali con chiunque in qualche modo se ne occupasse. Ma è soprattutto la scuola filosofica hegeliana che attrae l’attenzione dello storico tedesco che, come è noto, aveva egli stesso studiato filosofia all’Università di Konigsberg. Fu proprio attraverso il Rosenkranz, suo maestro a Konisberg, che conobbe lo storico del cristianesimo e filosofo Raffaele Mariano, con cui oltre a compiere i viaggi in Puglia intrattenne sempre rapporti di amicizia. Il Mariano tradusse in italiano le  Apulische Landschaften. Nell’introduzione alla sua traduzione, nella quale il Mariano ricostruiva, attingendo alla pubblicistica meridionalistica di Pasquale Villari e Raffaele De Cesare, la situazione politico-sociale della Puglia, l’autore non nascondeva una certa animosità nei confronti dei pugliesi, che suscitò le forti proteste di Niccolò Brunetti…”. Così scrive Scamardi (17), che pubblica nel suo libro anche i Diari inediti di Gregorovius del secondo viaggio in Puglia (1875)(18).  Si rimproverava cioè al traduttore e quindi all’autore un punto di vista troppo “tedescocentrico”.
In realtà, Gregorovius dimostra grande interesse nei confronti dell’Italia meridionale, dei suoi punti di forza ma anche delle sue mancanze. Si appassiona della questione meridionale, si rammarica dell’arretratezza delle infrastrutture, si intrattiene sulla rete viaria e quella ferroviaria, sul porto di Brindisi, parla della mafia e della lotta dello stato contro la criminalità, ecc. Da storico non può non essere attratto dal fascino della storia millenaria, soprattutto a Roma, sua città elettiva. “In una pagina delle Wanderjahre in Italien fa una digressione sui paesaggi storici italiani dove si avverte, più che altrove, il respiro del passato. Dai monumenti emana come una forza elettrica per la quale il Gregorovius conia l’espressione ‘magnetismo della storia’”(19).  A lui si deve la definizione di Lecce come  “Firenze del Sud”. Gregorovius non amava il romanico e prediligeva il gotico. Il tedesco Gustavo Meyer Graz (1850-1900), corrispondente del Sclesische Zeitung di Breslavia arriva nel 1890 per raccogliere i canti della Grecia Salentina. I suoi articoli di viaggio vennero poi tradotti da Cosimo De Giorgi (che lo accompagnò nel viaggio) nel 1895 per “Il Popolo Meridionale”, rivista leccese, e poi successivamente in volume (20).   Gli articoli si intitolano: “Da Brindisi a Lecce”; “Lecce-San Nicola e Cataldo”; “Da Lecce a Calimera”; “Taranto”.  Il Meyer è molto preoccupato dal fatto che la lingua greganica vada persa a causa dell’incuranza dei governi.
Taranto nel 1789, Incis. da Hackert
Venne in Italia anche lo storico dell’arte Paul Schubring (1869-1935) corrispondente del giornale “Frankfurter Zeitung”, il quale mandava i suoi reportage di viaggio descrivendo minuziosamente la nostra regione. I suoi articoli vennero poi raccolti in volume da Giuseppe Petraglione (21).  Secondo il traduttore, gli articoli di Schubring  potrebbero essere considerati un ampliamento del libro del Gregorovius in quanto vi sono menzionati alcuni monumenti lì assenti, come la Chiesa di Santo Stefano in Soleto, e approfonditi altri di cui era stato fatto solo un fugace cenno, come la chiesa di Santa Caterina e la Cattedrale di Troia.
Note
[1]Raffaele Semeraro, Viaggiatori in Puglia dall’antichità alla fine dell’Ottocento: rassegna bibliografica ragionata, Schena, 1991, p.73.
[2] Johann Heinrich Bartels, Lettere sulla Calabria Viaggio in Calabria Vol III, Catanzaro, Rubettino, 2007.
[3] Johann Hermann von Riedesel ,Un viaggiatore tedesco in Puglia nella seconda metà del sec. XVIII. Lettere di J.H.Riedesel a J.J.Winckelmann, Prefazione e note di Luigi Correra, Martina Franca, Editrice Apulia, 1913, poi ristampata in Tommaso Pedio, Nella Puglia del 700 (Lettera a J.J. Winckelmann), Cavallino, Capone, 1979.
[4] Teodoro Scamardi, La Puglia nella letteratura di viaggio tedesca. Riedesel Stolberg Greborovius, Lecce, Milella, 1987, pp.35-58.
[5] http: www.famedisud.it/il-sud-settecentesco-di-philipp-hackert-in-mostra-a-gallipoli-i-porti-…
[6] http:www.brundarte.it/2018/03/23/baia-porto-brindisi-jakob-philipp-hackert/
[7] Teodoro Scamardi, op. cit., p.64.
[8] Friedrich Leopold Graf Zu Stolberg, Reise In Deutschland, Der Schweiz, Italien Und Sizilien In Den Jahren 1791 Und 1792 1794 Con traduzione italiana a cura di Laura A. Colaci, Edizioni Digitali Del Cisva, 2010.
[9] Carlo Stasi, Dizionario Enciclopedico dei Salentini, 2 voll, Lecce, Grifo, 2018, p.1128.
[10] Teodoro Sacamardi, op. cit., p.76 .
[11] Idem, p.77.
[12] Idem, p.24.
[13] Carlo Ulisse De Salis Marschlins, Nel Regno di Napoli : viaggi attraverso varie province nel 1789, Trani, Vecchi, 1906.
[14] Janet Ross, La terra di Manfredi, traduzione dall’inglese di Ida De Nicolo Capriati, illustrazioni di Carlo Orsi, Trani, Vecchi, 1899, poi ripubblicato in Eadem, La Puglia nell’Ottocento : la terra di Manfredi, a cura di Maria Teresa Ciccarese, Lecce, Capone, 1997.
[15] Fra gli altri, in Carlo Ulisse De Salis Marschlins, Viaggio nel Regno di Napoli, Galatina, Congedo, 1979, con Introduzione di Tommaso Pedio, e in Idem, Viaggio nel Regno di Napoli – che riproduce la prima traduzione italiana di Ida Capriati De Nicolò -, a cura di Giacinto Donno, Lecce, Capone, 1979 e 1999, e ancora in Idem, Nel Regno di Napoli Viaggi attraverso varie provincie nel 1789, Avezzano, Edizioni Kirke, 2017.
[16] Ferdinand Gregorovius, Nelle Puglie (1877), versione dal tedesco di Raffaele Mariano con noterelle di viaggio del traduttore, Firenze, G. Barbera, 1882.
[17] Teodoro Scamardi, op.cit., p.97.
[18] Idem, pp.137-147.
[19] Idem, p.127.
[20] Gustavo Meyer-Graz, Apulische Reisetage, a cura di Cosimo De Giorgi, Martina Franca, 1915. Poi ristampato in Idem, Puglia . Sud (1890), a cura di Gianni Custodero, traduzione di Cosimo De Giorgi, Cavallino, Capone Editore, 1980.
[21] Paul Schubring ,La Puglia: impressioni di viaggio (1900), traduzione e introduzione di Giuseppe Petraglione, Trani, Vecchi, 1901.
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