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#Canto fiorito
thinkingimages · 6 months
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Frank Lepold, ["Canto fiorito", kugelschreiber], n.d. [published online on March 3, 2022]. Source: andyamholst.com · #art #music score #visual writing #drawing 
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garadinervi · 7 months
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Frank Lepold, ["Canto fiorito", kugelschreiber], n.d. [published online on March 3, 2022]
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diceriadelluntore · 1 year
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Paljaimmitanu
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Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni? Brillano tra le foglie cupe le arance d’oro, Una brezza lieve dal cielo azzurro spira, Il mirto è immobile, alto è l’alloro! Lo conosci tu? Laggiù! Laggiù! O amato mio, con te vorrei andare!
Questo breve canto contenuto nel romanzo di formazione Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister viene fatto pronunciare da Goethe a Mignon, la ragazzina che Wilhelm incontra in un gruppo di danzatori di strada e decide di prendere sotto la sua protezione. Mignon, di origini italiane, ricorda con nostalgia il suo Paese e diventa personificazione del desiderio del Sud.
Io voglio partire per raccontare la mia breve visita palermitana dalla foto sopra: il treno che da Cefalù mi ha riportato a Palermo era pienissimo di turisti, pulitissimo, dove un bengalese ha richiamato un maghrebino che guardava i video di Tik Tok troppo alti (te le vendo io le cuffiette) ma la cosa sorprendente è che è arrivato alla Stazione Centrale con 10 minuti di anticipo, alle 13.22. 
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In 100 metri o poco più c’è tutto questo, mi permetto di dire uno degli angoli più suggestivi del mondo. E chiedo ai palermitani che mi leggeranno perchè la chiesa dei Teatini, che ha l’entrata principale dal Corso e quella laterale da Via Maqueda è chiusa.
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la Chiesta di Santa Caterina di Alessandria, con annesso convento, ospitava le figlie non primigenie delle famiglie nobili, anche per questo il suo barocco fiorito siciliano è qualcosa di abbagliante. 
Una cooperativa di ragazzi ha ripristinato la leggendaria dolceria
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Che riprende le ricette originali delle Monache, riproponendo anche dolci che quasi nessuno faceva più, come il leggendario Trionfo di Gola, descritto anche ne Il Gattopardo, che è così bello che quasi commuove
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Ne avevo parlato in un Vero O Falso, ecco la Chiesa del Santissimo Salvatore, altro gioiello barocco
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Questa foto l’ho fatta dalle Torri del Duomo di Cefalù, in un lunedi piovosissimo
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Ma è sempre una meraviglia
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«Tra dieci giorni, se non hai niente in contrario, potremmo andare a Palermo» le disse. «Preferisco Ginevra» rispose lei. Stava in piedi davanti al cavalletto ed esaminava una tela iniziata. «Come puoi vivere senza conoscere Palermo?»
Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere.
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Per € 2.50 non credo esistano tante cose più buone
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Andateci, ne vale la pena
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pfalztexter · 6 months
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Al canto, al canto
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Girolamo Frescobaldi (1619)
"Girolamo Alessandro Frescobaldi (getauft im September 1583 in Ferrara; † 1. März 1643 in Rom) war ein italienischer Komponist, Organist und Cembalist des Frühbarock. Er war einer der bedeutendsten Tastenmusiker Italiens, und komponierte auch Werke für Instrumentalensemble sowie weltliche und geistliche Vokalmusik." (Quelle)
Wie sich der Wind der Grausamkeit verjagen lässt:
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'Se l'aura spira tutta vezzosa La fresca rosa ridente sta La siepe ombrosa di bei smeraldi D'estivi caldi timor non ha A balli, a balli liete venite Ninfe gradite, fior di beltà Or, che sì chiaro il vago fonte Dall'alto monte al mar s'en va Suoi dolci versi spiega l'augello E l'arboscello fiorito sta Un volto bello al l'ombra accanto Sol si dia vanto d'haver pietà Al canto, al canto, ninfe ridenti Scacciate i venti di crudeltà'
(Wenn die Brise alles Anmutige aushaucht Die frische lachende Rose steht Die schattige Hecke aus schönen Smaragden Vor warmen Sommern hat keine Angst Zu Tänzen, zu Tänzen glücklich kommen Angenehme Nymphen, Blumen der Schönheit Jetzt, wo so klar die vage Quelle Vom hohen Berg zum Meer fließt Spricht der Vogel seine süßen Verse Und der blühende Busch steht Ein liebliches Gesicht im Schatten daneben Nur soll er sich rühmen, Mitleid zu haben Zum Gesang, zum Gesang, lachende Nymphen Verjagen die Winde der Grausamkeit) [Mit Deepl übersetzt]
Al canto, al canto, wie bei Ezra Pound, dessen Lyrik auch darauf wartet, von mehr als nur ein paar Eingeweihten entdeckt und wieder zum Leben erweckt zu werden.
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mjljmj · 11 months
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L'irreale
Lascia dormire fra le mie mani la tua dolce testa:Giugno delle rovine arde nei tuoi capelli biondi,Liane, vecchio sole sul luppolo.La tua bocca è un papavero sul muro che prestaLa sua vecchia ombra ammuffita ai vagabondi. Un canto di pescatori nel malva dei mariÈ per me la tua voce assopita,La voce tua, amica invisibile e pensosa.Il tuo cuore è il letto fiorito dei dolci ieri,La campana mite e…
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Alla scoperta di Vivienne
Vivienne è la protagonista della puntata odierna di Sommessamente, il podcast di Cinque Colonne Magazine. Con lei andremo a parlare del suo ultimo brano dal titolo “Noi“. Ascolta il nostro podcast Il brano “Noi” racconta una storia d'amore e l'evolversi di un sentimento che cambia come le quattro stagioni dell'anno: primavera, estate, autunno e inverno. Da una luce solare che riscalda l'anima e rassicura come in estate, ad un campo fiorito di girasoli e fiori colorati e profumati come in primavera, a delle piccole nuvole sopra di noi che offuscano e rendono grigio e confuso il nostro cammino come in autunno, ad una pioggia che benda i nostri occhi e congela l'anima come in inverno. Il videoclip di “Noi” è stato girato in Sicilia dove vive la cantautrice, che ha scelto 4 luoghi incantevoli della provincia di Catania, per effettuare le riprese e descrivere al meglio le quattro stagioni dell'anno; Aci Castello per l’estate, La Pineta di Nicolosi per l’autunno, La villa di Acireale per la primavera e San Giovanni La Punta alle pendici dell'Etna per l’inverno. Attraverso questi posti diversi tra loro, nel video viene descritto così come nel testo del brano il susseguirsi delle quattro stagioni paragonandole ad un amore in continua evoluzione. https://www.youtube.com/watch?v=XFhkVXy_hPw&feature=youtu.be L’ospite di oggi, Vivienne Vivienne aveva solo sei anni quando manifestò la sua passione per la musica. Viviana Cifal��, in arte Vivienne, elabora così, in maniera quasi del tutto autodidatta una capacità comunemente detta “ad orecchio”, attraverso la quale riesce a suonare al pianoforte qualsiasi canzone ascoltata alla radio. Adolescente, partecipa a diversi eventi, fino all'età di 16 anni quando inizia a scrivere e musicare le sue rime liriche. Durante lo stesso periodo scopre le sue capacità vocali e le sviluppa attraverso lo studio. Maggiorenne, partecipa come cantautrice a diversi spettacoli, presentando Al pubblico italiano i suoi primi due singoli: "Non sarà" e " Parole d'amore". Subito dopo si trasferisce in Inghilterra, dove approfondisce la lingua e prende lezioni di canto classico. Read the full article
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sciatu · 4 years
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MOMENTI DI FELICITA'
Prese il suo piccolo quaderno nero e aprì la prima pagina. Aveva riportato con attenzione quello che aveva visto.
Felicità N°1 – Una spiaggia vuota nel caldo pomeriggio d’Agosto, il mare quieto, poche nuvole, il rumore del vento tra le felci e i cardi gialli, il canto dei cardellini, lo sciacquio delle onde. Il silenzio pieno di ricordi e di sogni.
Felicità N°2 – Campo di grano smosso dal vento. Il fruscio costante del grano, l’ondeggiare degli alberi, l’esplosione dei papaveri rossi in grandi macchie perse all’infinito. Il sole dominante, il canto delle cicale continuo, vento leggero dal sapore africano.
Felicità N°3 – Il bosco silenzioso, coperto di neve e senza foglie, il gracchiare delle cornacchie, il rumore lontano dei campanacci di un gregge, la nera signora imbiancata di neve che il tramonto colora di rosa. Il silenzio è come il cielo puro. Il sole accarezza la montagna e lentamente scivola via, portandosene con se la grandezza.
Felicità N°4 – L’odore del prezzemolo appena tagliato sulla pasta, il senso di mare delle cozze fresche, il profumo intenso del pomodoro, l’odore che sale lentamente e spargendosi nella cucina porta ovunque un senso di pace e piacere.
Felicità N°5 – Un balcone antico tutto fiorito, un fuoco nella natura del deserto della città, una macchia di gioia che riempie il cuore e a tutti ricorda che quelle mura e quei palazzi fatti dagli uomini, non possono essere la felicità degli uomini stessi se non sono vestiti dalla natura stessa.
Felicità N°6 – Il volo di uno stormo di merli prima del tramonto, il loro volare liberi nel cielo, oscillare, salire, scendere, scartare di lato e risalire, senza limiti e pericoli, tutti insieme; una danza infinita che continua felice nel cielo finchè la luce non muore.
Felicità N°7 – L’erba nuova dal verde intenso, piccoli fiori gialli che a volte appaiono solitari, i roveti che riprendono vita, i rami degli alberi da frutta in fiore, l’infinito chiuso dai muretti di pietra bianca e le nuvole nel cielo che si inseguono preannunciando la prossima pioggia.
Felicità N°8 – Il sole che entra nella grotta sottomarina e illumina l’acqua trasparenze. Il rumore delle onde contro le rocce, il calore dell’acqua, la sua trasparenza turchese, il sapore di sale, il silenzio che rende quella grotta magica e protettiva.
Felicità N°9 – Il suo sorriso quando arrivano le granite, la sofficità della panna che si piega e si adagia nella soffice brioscia. Il sottile gusto di vaniglia, il gusto intenso e forte del caffè, le voci intorno della gente, il rumore delle macchine lontane, i passeri che si avvicinano per raccogliere le briciole e muovendo la testa ci guardano, ora con un occhio, ora con l’altro.
Felicità N°10 – Il mare infinito che si perde nell’orizzonte, il suo azzurro che muta lungo la costa o vicino agli scogli, le onde e la loro bianca schiuma, il vento che porta voci lontane, il giallo delle ginestre, il verde delle felci, il silenzio che riempie tutto il mondo che vedi.
Chiuse il libretto e sorrise.
Felice.
She took her little black notebook and opened the first page.  Happiness N ° 1 - An empty beach in the hot August afternoon, the calm sea, few clouds, the sound of the wind between the ferns and the yellow thistles, the singing of the goldfinches, the rinsing of the waves. The silence full of memories and dreams. Happiness N ° 2 - Wheat field moved by the wind. The constant rustling of wheat, the swaying of trees, the explosion of red poppies in large spots lost to infinity. The dominant sun, the song of the cicadas continuous, a light wind with an African flavor. Happiness N ° 3 - The silent forest, covered with snow and without leaves, the croaking of crows, the distant noise of the bells of a flock, the black lady whitewashed with snow that the sunset turns pink. Silence is like pure sky. The sun caresses the mountain and slowly slips away, taking the size with it. Happiness No. 4 - The smell of freshly cut parsley on pasta, the sense of sea of ​​fresh mussels, the intense aroma of tomato, the smell that rises slowly and spreading in the kitchen brings a sense of peace and pleasure everywhere. Happiness N ° 5 - An ancient balcony full of flowers, a fire in the nature of the desert of the city, a stain of joy that fills the heart and everyone remembers that those walls and those buildings made by men, cannot be the happiness of men themselves if they are not dressed by nature itself. Happiness N ° 6 - The flight of a flock of blackbirds before sunset, their free flight in the sky, swinging, going up, down, discarding sideways and going up, without limits and dangers, all together; an infinite dance that continues happily in the sky until the light dies. Happiness N ° 7 - The new grass with intense green, small yellow flowers that sometimes appear solitary, the bushes that come back to life, the branches of fruit trees in bloom, the infinite closed by the white stone walls and the clouds in the heaven chasing each other announcing the next rain. Happiness N ° 8 - The sun entering the underwater cave and illuminating the water transparencies. The sound of the waves against the rocks, the heat of the water, its turquoise transparency, the taste of salt, the silence that makes that cave magical and protective. Happiness N ° 9 - His smile when slushes arrive, the softness of the cream that folds and lays down in the soft brioche. The subtle vanilla flavor, the intense and strong taste of coffee, the voices of people around, the noise of distant machines, the sparrows who come to pick up the crumbs and moving their heads look at us, now with one eye, now with the ‘other. Happiness N ° 10 - The infinite sea that is lost in the horizon, its blue that changes along the coast or near the rocks, the waves and their white foam, the wind that brings distant voices, the yellow of the gorse, the green ferns, the silence that fills the whole world you see. She closed the book and smiled. Happy.
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Perché mi sono innamorata di lui?
Continuavo a chiedere a quelle disgraziate delle mie amiche e più lo chiedevo più le domande in testa vagavano.. quando mi sono innamorata di te? Quando questa cosa si è trasformata da cotta estiva ad una persona che porterò sempre con me? É successo prima o dopo il nostro primo incontro? Forse subito dopo o forse ero già talmente cotta, che ti avrei portato comunque nei ricordi belli da non cancellare e custodire. È successo sei successo e basta. Mi sono innamorata all’improvviso con quella tua camminata strana che arrivavi da in mezzo agli alberi, all’epoca era tutto fiorito tutto magico, il canto degli uccellini e tu, faceva caldo ricordo che eravamo vestiti di poche stoffe, ma nonostante i 40 gradi avevo le mani fredde ero in ansia ad incontrarti, cosa che non mi era mai successa avevo paura poi ti ho guardato e ho pensato alla mia migliore amica che non sentivo più, quanto avrei voluto raccontarle tutto questo, volevo dirle che le persone belle esistono anche a pochi passi. Il nostro primo bacio me lo ricordo ancora tu hai iniziato a baciarmi sulla guancia, la tua barba mi faceva il solletico, di solito non amo la barba sui ragazzi, ma cavolo su te l’adoro. Come amo il tuo viso d’angelo, e di quei ricciolini, del tuo modo di fare sicuro che hai quando mi abbracci da dietro, quegli abbracci me li porterò sempre dietro se mai qualcuno mi riabbraccerà da dietro probabilmente mi si gelerà il sangue perché é una cosa nostra e mi darebbe fastidio solo l’idea che qualcuno ci provi. Mi piace la tua voce quel tono basso e melodico mi ci potrei addormentare cullata. Mi piace il tuo fare distaccato ma che mi mandi frecciatine. Mi piace il modo in cui siamo uniti quando siamo solo noi e nessuno può toglierci quel momento, sei il primo che riesco a vivere affondo senza pensare ‘cosa mi devo togliere prima?’ Non lo so quale indumento vola per primo con te ma saprei dirti dove si sono posate le tue labbra a memoria. Quindi a questa domanda ci sono troppi perché ma una cosa te la posso dire e se mi fossi innamorata di te molto prima di quest’anno? E se tutto mi mandava a te ma non volevo ascoltare il mio destino... ma il destino prima o poi ti riporta sulla strada giusta, per me sei tu la mia strada giusta, anche se ho tanta paura.
Mi sono innamorata perché é semplicemente lui.
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collectorscorner · 3 years
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davidzolfopoetry · 4 years
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Cuore d’autunno
Salda catena disegna le spire stretta sicura dintorno al mio cuore. Ogni anello ricordi, parole son come fumo da mille pire. Fumo di pipa che sale nell'aria danza e si perde nel vento d'autunno. Brace feconda di fiori di prugno, scaldano l'anima lì solitaria. Danza con me, ultimo sole prima che il ghiaccio mi arrivi al cuore. Scivola dentro le crepe e riscalda ciò che lì giace fra le ferite. Pietra in cui scorre vita di vite tazza fumante di passione avvolta. Dal gusto d'amore fiorito infine Color del canto delle cicale. Ora lo sento, lo vedo, risale nel mio cuore d'autunno febbrile.
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paoloxl · 4 years
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Uno stralcio meraviglioso di una lettera che Rosa Luxemburg scrisse alla sua amica Sonja Liebknecht, dal carcere di Breslavia, poco prima di essere trucidata insieme al marito di Sonja, Karl Liebknecht.
15 Gennaio 1919: Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht Assassinati
“E’ il mio terzo natale in gattabuia, ma non fatene una tragedia. Sono calma e serena come sempre.
 Ieri dunque pensavo: quanto è strano che, senza alcun motivo particolare, io viva sempre un’ebbrezza gioiosa. Me ne sto qui, ad esempio, in questa cella oscura, sopra un materasso duro come la pietra, intorno a me nell’edificio regna come di regola un silenzio di tomba, sembra di essere rinchiusi in un sepolcro: attraverso la finestra si disegna sul soffitto il riflesso della lanterna accesa l’intera notte davanti al carcere. Di tanto in tanto si sente, cupo, lo sferragliare di un treno che passa in lontananza: oppure, più vicina, proprio sotto la finestra, la guardia che si schiarisce la voce e per sgranchirsi le gambe fa lentamente qualche passo con i suoi stivaloni. La sabbia stride in modo così disperato, sotto quei passi, che nella notte scura e umida si sente risuonare tutta la desolazione e lo sconforto dell’esistenza.
Me ne sto qui distesa, sola, in silenzio, avvolta in queste molteplici e nere lenzuola dell’oscurità, della noia, della prigione invernale – e intanto il mio cuore pulsa di una gioia interiore incomprensibile e sconosciuta, come se andassi camminando nel sole radioso su un prato fiorito. E nel buio sorrido alla vita, quasi fossi a conoscenza di un qualche segreto incanto in grado di sbugiardare ogni cosa triste e malvagia e volgerla in splendore e felicità. E cerco allora il motivo di tanta gioia, ma non ne trovo alcuno e non posso che sorridere di me. Credo che il segreto altro non sia che la vita stessa; la profonda oscurità della notte è bella e soffice come il velluto, a saperci guardare. E anche nello stridere della sabbia umida sotto i passi lenti e pesanti della guardia risuona un canto di vita piccolo e bello, se solo ci si presta orecchio.
(…) Ahimè, Sonicka, qui ho provato un dolore molto intenso. Nel cortile dove vado a passeggiare arrivano di frequente carri dell’esercito zeppi di sacchi o di vecchie giubbe e casacche militari, spesso con macchie di sangue. Vengono scaricate, distribuite nelle celle per i rattoppi e quindi di nuovo caricate e rispedite all’esercito. Qualche tempo fa è arrivato un carro tirato da bufali anziché da cavalli. Per la prima volta ho visto questi animali da vicino. Di struttura sono più robusti e più grandi rispetto ai nostri buoi, hanno teste piatte e corna ricurve verso il basso, il cranio è più simile a quello delle nostre pecore, completamente nero e con grandi occhi mansueti. Vengono dalla Romania, sono trofei di guerra… I soldati che conducono il carro raccontano quanto sia difficile catturare questi animali bradi, e ancor più difficile farne bestie da soma, abituati com’erano alla libertà. Furono presi a bastonate in modo spaventoso, finché valse anche per loro il detto «vae victis»… Soltanto a Breslavia, di questi animali, dovrebbe esservene un centinaio; avezzi ai grassi pascoli della Romania, ora ricevono cibo misero e scarso. Vengono sfruttati senza pietà, per trainare tutti i carichi possibili, e assai presto si sfiancano.
Qualche giorno fa arrivò dunque un carro pieno di sacchi, accatastati a una tale altezza che i bufali non riuscivano a varcare la soglia della porta carraia. Il soldato che li accompagnava, un tipo brutale, prese allora a batterli con il grosso manico della frusta in modo così violento che la guardiana, indignata, lo investì chiedendogli se non avesse un po’ di compassione per gli animali. «Neanche per noi uomini c’è compassione» rispose quello con un sorriso maligno e battè ancora più forte… Gli animali infine si mossero e superarono l’ostacolo, ma uno di loro sanguinava… Sonicka, la pelle del bufalo è famosa per essere assai dura e resistente, ma quella era lacerata. Durante le operazioni di scarico gli animali se ne stavano esausti, completamente in silenzio, e uno, quello che sanguinava, guardava davanti a sé e aveva nel viso nero, negli occhi scuri e mansueti, un’espressione simile a quella di un bambino che abbia pianto a lungo. Era davvero l’espressione di un bambino che è stato punito duramente e non sa per cosa né perché, non sa come sottrarsi al tormento e alla violenza bruta… gli stavo davanti e l’animale mi guardava, mi scesero le lacrime – erano le sue lacrime; per il fratello più amato non si potrebbe fremere più dolorosamente di quanto non fremessi io, inerme davanti a quella silenziosa sofferenza. Quanto erano lontani, quanto irraggiungibili e perduti i verdi pascoli, liberi e rigogliosi, della Romania! Quanto erano diversi, laggiù, lo splendore del sole, il soffio del vento, quanto era diverso il canto armonioso degli uccelli o il melodico richiamo dei pastori! E qui… questa città ignota e abominevole, la stalla cupa, il fieno nauseabondo e muffito, frammisto di paglia putrida, gli uomini estranei e terribili e… le percosse, il sangue che scorre giù dalla ferita aperta. Oh mio povero bufalo, mio povero, amato fratello, ce ne stiamo qui entrambi così impotenti e torpidi e siamo tutt’uno nel dolore, nella debolezza, nella nostalgia. Intanto i carcerati correvano operosi qua e là intorno al carro, scaricavano i pesanti sacchi e li trascinavano dentro l’edificio; il soldato invece ficcò le mani nelle tasche dei pantaloni, se ne andò in giro per il cortile ad ampie falcate, sorrise e fischiettò tra sé una canzonaccia. E tutta questa grandiosa guerra mi passò davanti agli occhi…
Vi abbraccio, Sonicka
La vostra R.
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t-annhauser · 5 years
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L’Elisir d’amore I: quanto è bella, quanto è cara
[Ma nel declino oramai inesorabile della civiltà occidentale noi continuiamo imperterriti a occuparci di opera lirica, la cosa più occidentale che ci sia, tanto per predisporre un riparo contro l’angustia del mondo]
L’Elisir d’Amore (ovvero “il giardino fiorito”, come scriveva Savinio), primo grande successo di Gaetano Donizetti da Bergamo, quest’uomo grande che ha avuto una vita segnata dalla tragedie familiari proprio nei momenti di maggior successo, spesso trattato con sufficienza dai colleghi più acclamati che lo ritenevano un operista “commerciale”.
Scritto in due settimane per rispettare le consegne, una settimana solo per adattare il libretto, l’altra per comporre la musica, alla prima dell’Elisir al Teatro della Cannobiana in Milano seguirono 32 repliche consecutive. Si tratta di una commedia romantica che ha per oggetto un filtro d’amore (l’elisir): lasciate ogni tristezza o voi ch’entrate.
Si parte:
Paesaggio campestre. Entrano in scena dei contadini che intonano un canto festoso mentre la fittavola Adina legge in disparte un libro d’amore su Tristano e Isotta (la fittavola era una specie di padroncina alle cui dipendenze lavoravano i braccianti). Fra i contadini c’è Nemorino, un giovane un po’ ingenuo ma sinceramente innamorato della sua padroncina, innamorato di lei e della sua estrazione, della sua istruzione, della sua ipostasi platonica.
Nemorino Quanto è bella, quanto è cara! Più la vedo, e più mi piace... ma in quel cor non son capace lieve affetto ad inspirar. Essa legge, studia, impara... non vi ha cosa ad essa ignota... Io son sempre un idiota, io non so che sospirar. Chi la mente mi rischiara? Chi m'insegna a farmi amar? 
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Lei dal canto suo non lo fila di striscio ed esortata dai contadini racconta rapita la storia d’amore fra Tristano e la regina Isotta, da lui concupita grazie a un filtro d’amore.
Adina «Della crudele Isotta il bel Tristano ardea, né fil di speme avea di possederla un dì. Quando si trasse al piede di saggio incantatore, che in un vasel gli diede certo elisir d'amore, per cui la bella Isotta da lui più non fuggì.» 
(Elisir di sì perfetta, di sì rara qualità, ne sapessi la ricetta, conoscessi chi ti fa!)
«Appena ei bebbe un sorso del magico vasello che tosto il cor rubello d'Isotta intenerì.  Cambiata in un istante,  quella beltà crudele  fu di Tristano amante,  visse a Tristan fedele;  e quel primiero sorso  per sempre ei benedì.»
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[L’aria di Adina di rara bellezza con quei violini che si alzano leggeri come venticelli di primavera, rendiamo grazie a Donizetti]
Ma mentre Nemorino è ancora rapito dal racconto e già una lampadina sembra accedersi nella sua mente con bagliore di tungsteno, ecco che entra una fanfara militare capeggiata dallo spocchioso Belcore che si mette a fare la corte alla civettuola signorina...
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con-una-lettera · 5 years
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Rosa Luxemburg a Sonja Liebknecht
Breslavia, dicembre 1917   E’ ormai un anno che Karl è rinchiuso a Luckau … E’ il mio terzo Natale in gattabuia, ma non fartene una tragedia. Sono calma e serena come sempre. Ieri sono rimasta a lungo sveglia – adesso non riesco ad addormentarmi prima dell’una, però devo essere a letto già alle dieci -, così, al buio, i miei pensieri vagano come in sogno. Ieri dunque pensavo: quanto è strano che, senza alcun motivo particolare, io viva sempre in un’ebbrezza gioiosa. Me ne sto qui, ad esempio, in questa cella oscura, sopra un materasso duro come la pietra, intorno a me nell’edificio regna come di regola un silenzio di tomba, sembra di essere rinchiusi in un sepolcro: attraverso la finestra si disegna sul soffitto il riflesso della lanterna accesa l’intera notte davanti al carcere. Di tanto in tanto si sente, cupo, lo sferragliare di un treno che passa in lontananza: oppure, più vicina, proprio sotto la finestra, la guardia che si schiarisce la voce e per sgranchirsi le gambe fa lentamente qualche passo con i suoi stivaloni. La sabbia stride in modo così disperato, sotto quei passi, che nella notte scura e umida si sente risuonare tutta la desolazione e lo sconforto dell’esistenza. Me ne sto qui distesa, sola, in silenzio, avvolta in queste molteplici e nere lenzuola dell’oscurità, della noia, della prigione invernale – e intanto il mio cuore pulsa di una gioia interiore incomprensibile e sconosciuta, come se andassi camminando nel sole radioso su un prato fiorito. E nel buio sorrido alla vita, quasi fossi a conoscenza di un qualche segreto incanto in grado di sbugiardare ogni cosa triste e malvagia e volgerla in splendore e felicità. E cerco allora il motivo di tanta gioia, ma non ne trovo alcuno e non posso che sorridere di me. Credo che il segreto altro non sia che la vita stessa; la profonda oscurità della notte è bella e soffice come il velluto, a saperci guardare. E anche nello stridere della sabbia umida sotto i passi lenti e pesanti della guardia risuona un canto di vita piccolo e bello, se solo ci si presta orecchio. […] Tuttavia, Sonicka, qui ho provato un dolore molto intenso. Nel cortile dove vado a passeggiare arrivano di frequente carri dell'esercito, zeppi di sacchi o vecchie giubbe e casacche militari... qualche tempo fa è arrivato un carro tirato da bufali anziché da cavalli. Per la prima volta ho visto questi animali da vicino (...) vengono dalla Romania, sono trofei di guerra (...) vengono sfruttati senza pietà, per trainare tutti i carichi possibili, e assai presto si sfiancano. Qualche giorno fa arrivò dunque un carro pieno di sacchi, accatastati a una tale altezza che i bufali non riuscivano a varcare la soglia della porta carraia. Il soldato che li accompagnava, un tipo brutale, prese allora a batterli con il grosso manico della frusta in modo così violento che la guardiana indignata lo investì chiedendogli se non avesse un po' di compassione per gli animali. "Neanche per noi uomini c'è compassione" rispose quello con un sorriso maligno e batté ancora più forte... Gli animali infine si mossero ma uno di loro sanguinava ... guardava davanti a sé e aveva nel viso nero, negli occhi scuri e mansueti, un'espressione simile a quella di un bambino che abbia pianto a lungo. Era davvero l'espressione di un bambino che è stato punito duramente e non sa per cosa né perché, non sa come sottrarsi al tormento e alla violenza bruta (...) gli stavo davanti e l'animale mi guardava, mi scesero le lacrime, erano le sue lacrime; per il fratello più amato non si potrebbe fremere più dolorosamente di quanto non fremessi io, inerme davanti a quella silenziosa sofferenza. Nel dicembre 1917 Rosa Luxemburg scriveva questa lettera a Sonja, moglie di Karl Liebknecht dal carcere femminile di Breslavia. Eccone un prezioso estratto, indicativo della sua  personalità rivoluzionaria e piena di gioia di vivere, in ogni circostanza. Le lettere che dal carcere ha indirizzato a compagni e compagne, amici e amori, ne rappresentano le testimonianze più dirette. Fedele alle sue idee,  scelte, coerenza,  era anche una donna anche capace di esprimere la profonda sincerità del suo amore per la vita e per le persone. Ricorda ancora una volta a Lenin e a Trotsky, nel documento sulla rivoluzione russa: “La libertà solo per i sostenitori del governo, solo per i membri di un partito – numerosi quanto si vuole – non è libertà. La libertà è sempre e soltanto la libertà di chi la pensa diversamente”.  
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goodbearblind · 5 years
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Il 15 gennaio 1919 moriva assassinata Rosa Luxemburg.
Nel carcere di Breslavia, pochi mesi prima di venire trucidata, Rosa Luxemburg assiste a una scena di inusitata violenza nei confronti di un bufalo, e la descrive in una lettera alla sua amica Sonja Liebknecht.
“E’ il mio terzo natale in gattabuia, ma non fatene una tragedia. Sono calma e serena come sempre. [...]
Ieri dunque pensavo: quanto è strano che, senza alcun motivo particolare, io viva sempre un’ebbrezza gioiosa. Me ne sto qui, ad esempio, in questa cella oscura, sopra un materasso duro come la pietra, intorno a me nell’edificio regna come di regola un silenzio di tomba, sembra di essere rinchiusi in un sepolcro: attraverso la finestra si disegna sul soffitto il riflesso della lanterna accesa l’intera notte davanti al carcere. Di tanto in tanto si sente, cupo, lo sferragliare di un treno che passa in lontananza: oppure, più vicina, proprio sotto la finestra, la guardia che si schiarisce la voce e per sgranchirsi le gambe fa lentamente qualche passo con i suoi stivaloni. La sabbia stride in modo così disperato, sotto quei passi, che nella notte scura e umida si sente risuonare tutta la desolazione e lo sconforto dell’esistenza.
Me ne sto qui distesa, sola, in silenzio, avvolta in queste molteplici e nere lenzuola dell’oscurità, della noia, della prigione invernale – e intanto il mio cuore pulsa di una gioia interiore incomprensibile e sconosciuta, come se andassi camminando nel sole radioso su un prato fiorito. E nel buio sorrido alla vita, quasi fossi a conoscenza di un qualche segreto incanto in grado di sbugiardare ogni cosa triste e malvagia e volgerla in splendore e felicità. E cerco allora il motivo di tanta gioia, ma non ne trovo alcuno e non posso che sorridere di me. Credo che il segreto altro non sia che la vita stessa; la profonda oscurità della notte è bella e soffice come il velluto, a saperci guardare. E anche nello stridere della sabbia umida sotto i passi lenti e pesanti della guardia risuona un canto di vita piccolo e bello, se solo ci si presta orecchio.
(…) Ahimè, Sonicka, qui ho provato un dolore molto intenso. Nel cortile dove vado a passeggiare arrivano di frequente carri dell’esercito zeppi di sacchi o di vecchie giubbe e casacche militari, spesso con macchie di sangue. Vengono scaricate, distribuite nelle celle per i rattoppi e quindi di nuovo caricate e rispedite all’esercito. Qualche tempo fa è arrivato un carro tirato da bufali anziché da cavalli. Per la prima volta ho visto questi animali da vicino. Di struttura sono più robusti e più grandi rispetto ai nostri buoi, hanno teste piatte e corna ricurve verso il basso, il cranio è più simile a quello delle nostre pecore, completamente nero e con grandi occhi mansueti. Vengono dalla Romania, sono trofei di guerra… I soldati che conducono il carro raccontano quanto sia difficile catturare questi animali bradi, e ancor più difficile farne bestie da soma, abituati com’erano alla libertà. Furono presi a bastonate in modo spaventoso, finché valse anche per loro il detto «vae victis»… Soltanto a Breslavia, di questi animali, dovrebbe esservene un centinaio; avezzi ai grassi pascoli della Romania, ora ricevono cibo misero e scarso. Vengono sfruttati senza pietà, per trainare tutti i carichi possibili, e assai presto si sfiancano.
Qualche giorno fa arrivò dunque un carro pieno di sacchi, accatastati a una tale altezza che i bufali non riuscivano a varcare la soglia della porta carraia. Il soldato che li accompagnava, un tipo brutale, prese allora a batterli con il grosso manico della frusta in modo così violento che la guardiana, indignata, lo investì chiedendogli se non avesse un po’ di compassione per gli animali. «Neanche per noi uomini c’è compassione» rispose quello con un sorriso maligno e battè ancora più forte… Gli animali infine si mossero e superarono l’ostacolo, ma uno di loro sanguinava… Sonicka, la pelle del bufalo è famosa per essere assai dura e resistente, ma quella era lacerata. Durante le operazioni di scarico gli animali se ne stavano esausti, completamente in silenzio, e uno, quello che sanguinava, guardava davanti a sé e aveva nel viso nero, negli occhi scuri e mansueti, un’espressione simile a quella di un bambino che abbia pianto a lungo. Era davvero l’espressione di un bambino che è stato punito duramente e non sa per cosa né perché, non sa come sottrarsi al tormento e alla violenza bruta… gli stavo davanti e l’animale mi guardava, mi scesero le lacrime – erano le sue lacrime; per il fratello più amato non si potrebbe fremere più dolorosamente di quanto non fremessi io, inerme davanti a quella silenziosa sofferenza. Quanto erano lontani, quanto irraggiungibili e perduti i verdi pascoli, liberi e rigogliosi, della Romania! Quanto erano diversi, laggiù, lo splendore del sole, il soffio del vento, quanto era diverso il canto armonioso degli uccelli o il melodico richiamo dei pastori! E qui… questa città ignota e abominevole, la stalla cupa, il fieno nauseabondo e muffito, frammisto di paglia putrida, gli uomini estranei e terribili e… le percosse, il sangue che scorre giù dalla ferita aperta. Oh mio povero bufalo, mio povero, amato fratello, ce ne stiamo qui entrambi così impotenti e torpidi e siamo tutt’uno nel dolore, nella debolezza, nella nostalgia. Intanto i carcerati correvano operosi qua e là intorno al carro, scaricavano i pesanti sacchi e li trascinavano dentro l’edificio; il soldato invece ficcò le mani nelle tasche dei pantaloni, se ne andò in giro per il cortile ad ampie falcate, sorrise e fischiettò tra sé una canzonaccia. E tutta questa grandiosa guerra mi passò davanti agli occhi…
ROSA LUXEMBURG "Un pò di compassione" Adelphi
https://www.adelphi.it/libro/9788845922213
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Nuovo post su http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/01/02/la-poesia-popolare-del-salento-parte-i/
La poesia popolare del Salento (parte I)
C’è l’influenza del mare nei canti e nelle poesie popolari del Salento
di Cristina Manzo
Quandu nascìì ièu foi spenturata,
parse te l’ura la spentura mia,
stese tre giurni lu mare quagghiatu, lu sule scìa te fore e nu’ paria.
Me purtara alla chiesa a battiscìare,
me morse la mammàna pè la via,
se persera le chiài te l’egghiu Santu
e puru quidde te la sacrestia,
catìu la fonte e ‘ccise la cummàre,
rimasi turchicèdda, mara mie.
(Mala sorte, trad. nelle note)1
Il rombante salire delle maree, il flusso delle correnti, il frangersi dei flutti schiumosi, sono le più spettacolari testimonianze del perpetuo movimento delle acque. Una grande orchestra di flauti, arpe, trombe e archetti, diretta dal grande maestro che è la natura, una rappresentazione in cui mai, in nessun caso, le note seguono uno spartito, il mare è passione che si improvvisa colonna sonora della vita. Un’onda è energia propagata attraverso l’acqua. Quando si avvicina alla spiaggia, urta contro il fondale basso e altera la sua forma, increspandosi in un ricciolo spumeggiante, esse arrivano da lontano e galoppano sul mare come cavalli selvaggi con le criniere al vento. Quando si spalmano sulla battigia, sciogliendo le gesta nervose, diventa, talvolta, un incontro di strumenti musicali.
le zone interessate dallo studio e dalla ricerca sui canti popolari salentini
  “Se tutta l’Italia è un paese mediterraneo, il Salento, che è l’estrema punta della Puglia, è un paese più particolarmente marino, proteso com’è, in stretta lingua, tra l’Adriatico e lo Jonio; in più, appare come un ponte avanzato verso l’Oriente. Questa particolare posizione ha determinato la storia e la cultura di questa regione, così come ne ha determinato via via, di era in era, i caratteri etnografici, linguistici, folklorici. Sicché essa appare oggi anche all’occhio del profano viaggiatore un caratteristico paese che si distacca nettamente dal resto della Puglia, con un che di grazia e di gentilezza, di acume e di indolenza, di progredito e di antichissimo sia nella popolazione, sia nell’atmosfera, nella cultura dei campi, nell’architettura, in quell’essenza, insomma, che spira da ciascun paese”2.
Salento o Terra D’Otranto è quella regione che si estende in forma di penisola tra il mare Jonio e l’Adriatico. I confini settentrionali di essa, sino ai primi dell’ottocento, si estendevano da Egnazia, Ostuni, Martina Franca, Mottola, Castellaneta, La Taverna del Viglione, sino alla foce del Bradano, si allargavano fino a racchiudere Matera e terminavano alle foci del Basento. Noi col nome di Salento, designiamo quella regione che, sino ad alcuni decenni fa, costituiva un’unica provincia, cioè la provincia di Lecce e che si è poi scissa nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto. Questa regione ha caratteri geografici, storici, etnici, linguistici, e pertanto folkloristici, peculiari ed unitari che ne fanno una regione a sé, entro la Puglia stessa.
Chi ben guardi la popolazione di questa regione e il suo essere e il suo manifestarsi, la trova antichissima e attuale, con una vitalità remota e complessa, con una civiltà progreditissima ed intima, disincantata e sognante, scettica e raffinata, consapevole ed aperta, quale solo un popolo antico, mediterraneo, cioè esposto da millenni agli influssi più vari e profondi che hanno solcato questo mare può essere. Proteso com’è il Salento nel mare, lingua di terra ultima del tallone d’Italia, trampolino di lancio verso l’oriente, ma parimenti partecipe dell’occidente, vicinissimo alle coste dell’Asia e dell’Africa, non può non essere uno dei paesi più mediterranei d’Italia. È mediterranea per la lingua, cultura e civiltà; nell’architettura e nella scultura, nell’arte, nella poesia e pertanto nell’etnografia e nel folklore. Fascino di un popolo le cui origini sono ancora inviolate – giacciono pietre mute e misteriose le iscrizioni messapiche ancora indecifrate: che cosa mai diranno a chi riuscirà a farle parlare? – ; di un popolo che è stato profondamente greco, romano, bizantino, che ha ancora l’isola linguistica, la «Grecìa», dove si parla il greco, e conserva usi, tradizioni, canti che si ricollegano alla Grecia. Un popolo che ha lottato contro i turchi, che ha scritto la pagina immortale degli ottocento martiri di Otranto; un popolo che partecipa dell’occidente e dell’Oriente, che parla una lingua pura e differente da quella delle altre regioni pugliesi3.
Narrano di queste gesta e di questa influenza straniera nelle vicissitudini e nella cultura dei luoghi storie e leggende numerose e diffuse intorno a castelli, fortezze, punte e insenature, scogli e isolotti lungo le coste.
Una storia in particolare, raccolta a Castro, narra di una scorreria dei Turchi, forse della presa di Castro, perchè dice:
“La pìjàta che fìcera li Turchi una de quelle roba caricàu, una caricàu più de tutti ‘nu grande tesoru nde purtàu. A manu ‘na donna turca ricapitàu era ‘rrivata ‘lli dudici mesi e nu’ sgravidàva. Addài se truvàva ‘na scava cristiana: «’Sta pupa allu paese ne devi mannàre». La donna che sintìa dòje crudeli antru ‘nu grande vascellu la ulìa mannàre ma pìja ‘na barchetta sconsolàta la mina ‘n mare cu l’aria brunita. La sira se parte de Turchia, antra ‘na notte fice tanta via. La gente utrantina hannu vista ‘na lumèra se minàra a mare li marinari la Madonna indietru se tiràu. Sona Capitulu e scise Bonsignòre la Madonna ‘nterra se tiràu.Ca mò se scivi a quellu Santu Papa che s’ha truvàta una gentile rosa.Lu Papa lu giupilèu ci ha dispinsàtu cu’ parduna e cu’ sarva ogni peccatu”4.
        Allude quindi ad un avvenimento noto e ben determinato, non ad una qualsiasi presa dei Turchi. In questa presa i Turchi caricarono sulle loro navi molta roba, specialmente una nave caricò “un gran tesoro” — dice la storia — cioè una statua della Madonna. Questa statua capitò nelle mani di una donna turca, la quale, essendo sul punto di dare alla luce un figlio, non riusciva a partorire. Lì si trovava una schiava cristiana (notevole l’elemento schiavitù di cristiani presso i Turchi, fatto evidentemente comune e noto al popolo che appare adusato a questo fatto, se ne parla senza dare spiegazioni). La quale, spiega la recitatrice, ha capito che la turca non avrebbe potuto partorire se non avesse rimandato in patria, cioè in terra cristiana, la statuetta della Madonna, negletta nella casa di infedeli, anzi, precisa la recitatrice, abbandonata come cosa vile sotto il letto. “Dovresti mandare questa pupa al suo paese”, dice la schiava cristiana alla turca. La quale, poiché sentiva doglie così crudeli, senza esitare, prende la statuetta e la mette in mare su di una barca verso l’imbrunire. La barca, senza guida, in una notte, fece tanta strada che dalla Turchia giunse presso le coste italiane. I pescatori che erano sulla spiaggia al mattino, vedono avvicinarsi la barca con la statua della Madonna e si gettano in mare per portare la statua a terra. Ma la statua arretra, mostrando così di voler essere accolta con tutti gli onori. Infatti suona la campana che riunisce il Capitolo e scende il Vescovo: la statuetta allora da sé scende a terra. Perciò la Madonna dispensa un Giubileo per perdonare e assolvere ogni peccato.
Se risaliamo all’epoca del viaggio di Enea, quando Enea stesso ed altri eroi troiani approdarono alle coste salentine e si installarono in vari luoghi, dando origine a città e civiltà nuove; e poi al tempo della Magna Grecia in cui i legami con la civiltà greca d’oltre mare furono più forti che con la civiltà della penisola, terrestre. Nel periodo della decadenza dell’Impero Romano d’Occidente, la penisola salentina rimase strettamente legata all’ Impero d’Oriente cioè a Bisanzio, particolarmente per opera del Monachesimo Orientale che vi era fiorito.
(continua)
Note
1 Mala sorte (fa parte dei canti raccolti in Lecce), canto recitato da Addolorata Potì, detta Pillàlla, nata in Lecce nell’anno 1858, venditrice di uova, già contadina, non scrive e non legge. Trad.: Quando nacqui io, fui sventurata, si vide da subito la sventura mia, rimase per tre giorni il mare immobile, e il sole usciva fuori ma non si vedeva, mi portarono in chiesa per battezzarmi, mi mori la mamma per la strada, si perdettero le chiavi dell’olio Santo e anche quelle della sacrestia, cadde la fonte (battesimale) e uccise la comare (la madrina), rimasi offesa (fisicamente) povera me, p.282 in Irene Maria Malecore, La poesia popolare nel Salento, Leo S. Olschki Editore MCMLXVII, Firenze, 1967. Biblioteca di «Larès» Organo della società di etnografia italiana e dell’Istituto di Storia delle Tradizioni Popolari Dell’università di Roma. Vol. XXIV.
2 Il mare nel folklore del Salento, di I. M. Malecore, Provincia di Lecce – Mediateca – Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina)         a cura di IMAGO – Lecce. http://www.culturaservizi.it/vrd/files/ZG1959_mare_folklore_Salento.pdf
3 Irene Maria Malecore, La poesia popolare nel Salento, Leo S. Olschki Editore MCMLXVII, Firenze, 1967. Biblioteca di «Larès», Vol. XXIV.
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iltempoimmobile · 2 years
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#iltempoimmobile . . . Piovoso il giorno - e nere van le chiocciole Ma, quando penetra la notte nei Giardini, ecco fiorito il lilla bianco E greve pender sopra tutti i muri. E lievi gocciano su tutti i muri Da viti pallide gran perle chiare E c'è un profumo intorno, a cui il canto Dell'usignol come oro s'è intessuto. (Börries Von Münchhausen - Weisser Flieder) #urbanexploring #kings_abandoned #abandoned_excellence #abandon_seekers #abandonedplaces #renegade_abandoned #total_abandoned #abandonedshots #ig_abandoned #urbandecay #urbexphotography #urbexworld #urbex_supreme #urbexpeople #urbex_kings #ig_urbex #jj_urbex #urbex_utopia #grime_lords #grime_nation #lostplaces #g_s_i #abandonedafterdark #discarded_butnot_forgotten #urbex #decay #urbexplaces #urbexitalia #explore https://www.instagram.com/p/CbdYWeCg9VZ/?utm_medium=tumblr
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