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#Dover tram
old-transport · 1 year
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Dover tram No. 11 @ Buckland Depot in colour by Frederick McLean Via Flickr: My hand *colourised (if you want to use it please credit me and link to this description) version of an old photograph of Dover Corporation Tramways (DCT) car No. 11 outside Buckland Depot. The original BnW photo is here:- flic.kr/p/2nLCGik The photo reverse is stamped with the photographer and/or negative owner name M. J. O'Connor, and the year 1932. Modern day google maps street view:- www.google.com/maps/@51.1375894,1.2954004,3a,75y,20.11h,8... National Library of Scotland old/new overhead maps view:- maps.nls.uk/geo/explore/side-by-side/#zoom=18.0&lat=5... No. 11 was originally Birmingham and Midland Tramways Joint Committee car No. 15, built by them in 1915 at its Tividale Works seating 22/26 and running on a 'Tividale' 8" 6' truck. In 1928 it was purchased by DCT and continued in service for them until their tramways closed, it was then scrapped The parts of the Dover tramways system that had not already been withdrawn or transferred to bus operation closed on 31 Dec 1936. * My coloured images are more sketch or watercolour like than colour transparency or print like. They are an impression of that subject and period, rather than an accurate representation of how the image/subject actually looked when the photo was taken. If there are any errors in the above description please let me know. Thanks. 📷 Any photograph I post on Flickr is an original in my possession, nothing is ever copied/downloaded from another location. 📷 -------------------------------------------------
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elenascrive · 9 months
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Stavo pensando che
oggi è il Tuo Compleanno
e quest’anno
arriva nel momento sbagliato
In un giorno della settimana
che Tu odi tanto, tanto
poiché sa di un sapore amaro
come quello del dovere,
del tram tram che riprende
con la quotidianità che s’impone
prepotentemente
Ma oggi è diverso
l’unica cosa che devi fare
è mettere tutto questo all’angolo
È la Tua festa
c’è solo spazio per il divertimento,
per la spensieratezza
ed Io Te ne auguro un sacco
perché lo meriti
Nonostante ci si conosca
da una vita intera
ancora mi tieni in considerazione,
il solo pensarlo mi commuove
La Nostra Amicizia persiste, resiste
L’affetto che proviamo non si sgualcisce!
Grazie allora per continuare ad esserci
nonostante le strade diverse
Spero un giorno non troppo lontano
di riuscire a realizzare il Nostro desiderio
visitare le Città che amiamo
per condividere nuovi numerosi
bei momenti spensierati
da ricordare per sempre,
insieme a tutti quelli che già abbiamo
legati alla Nostra eterna giovinezza
perché anche se stiamo crescendo
rimaniamo pressoché le stesse
di un tempo,
quando tra i banchi di scuola
studiavamo il Nostro domani
tra sogni, risate e lacrime
Che pazze che eravamo,
soprattutto Tu!
È bello poter sentenziare quest’oggi
che lo siamo ancora,
soprattutto Tu!
Allora, buon compleanno
Marzietta Cara,
anche da parte della Mia famiglia
Ti voglio bene!
Tua Ele
@elenascrive
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gcorvetti · 1 year
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Il senso della vita.
Qualche anno fa in un bar nel momento di alcolismo alto un pò per tutti un tizio iniziò a chiedere a tutti uno alla volta quale fosse il senso della vita, solo perché era ubriaco, qualcuno rispondeva "non lo so" bypassando di fatto la domanda, qualcuno diceva la sua. Arrivato a me gli dissi :"Ognuno di noi ha il suo senso della vita, non ne esiste uno generico", al che il tipo rimase un pò a pensare (lo immaginavo come Homer Simpson con la scimmietta che batte i piatti) e rispose :"Non male, ma cerco una risposta precisa", allora rinforzai con :"La risposta è dentro di te ed è unica come ognuno di noi", risposta :"Belle parole, ma inutili". Questo solo perché come ho sempre detto le persone qua hanno un modus sociale stupido, cioè quello di parlare solo dopo qualche bicchiere in più, perché se socializzi e parli con gli altri solo quando sei ubriaco e la mattina dopo o quando ci si rivede non saluti e ti volti dall'altra parte sei asociale comunque. Lo psicologo della ditta per cui lavoravo un giorno ci raccontò che ai tempi dei tempi, diciamo più o meno 500 anni fa, quando una famiglia voleva costruire una casa, qua in Estonia, sceglieva il posto, se a vista c'era il fumo di un camino, che può essere anche a 5km, dicevano che erano troppo vicini, allontaniamoci. Questo la dice lunga sull'interazione di un popolo chiuso nel loro piccolo mondo, di merda aggiungo io.
Ma tralasciando questo aspetto, che ha comunque il suo peso, torno alla domanda del tipo :"Qual'é il senso della vita?" In molti nei secoli si sono fatti questa domanda ma pochi hanno trovato la risposta, stando però fermo alla mia prima affermazione di quella sera aggiungo anche 'che dipende dal periodo che stai vivendo', il mio SDV (lo abbrevio così che mi rompe a scriverlo :D) a 16 anni era uno, quello di suonare, diventare famoso e girare il mondo; a 20, pochi anni dopo, era cambiato, non mi interessava diventare famoso, solo suonare; a 25 non era cambiato molto ma non vedevo prospettive di futuro a Catania, infatti a 26 sono partito. Tu dirai ma suonare non è un SDV, ma una cosa che vuoi fare, beh, per me suonare ha un senso diverso da quello che gli danno gli altri ed è la cosa che da un senso alla mia vita. Negli anni poi ho dovuto fare fronte a svariati problemi quali il lavoro, l'affitto, le bollette, tutte cose della vita comune di tutti, ma questo mi portò lontano dalla musica, ero triste, stressato e non stavo bene. Quando mi sono trasferito a Londra
solo per togliermi lo sfizio di suonare in quella che per me è stata sempre la mecca della musica e ci sono riuscito, ho iniziato a vedere le cose in maniera diversa. Per prima cosa la musica stessa scoprendo tutto un sottobosco che è fuori dal mainstream, ma non perché chi suona ha un'attitudine indipendente (non indie come lo intendono in Italia), era un pò come a cavallo tra gli 80 e i 90 a CT, dove ci si conosceva più o meno tutti e ci si scambiavano opinioni e spesso il palco, certo Londra è decisamente più grande di Catania, ma diciamo che nella nicchia che frequentavo era così. Quindi una visione diversa del solito tram tram che "fare i brani in modo che poi magari troviamo un produttore e chissà...", come spesso mi è capitato di dover affrontare musicisti che pensano al prodotto e non a suonare. In tutto questo e per tutta la mia vita ho sempre avuto ragazze, donne, che mi hanno allietato l'esistenza, alcune più altre meno, più che normale come cosa, ma ho sempre visto la situazione della complicità come un vero e proprio momento di libertà e spensieratezza, come dovrebbe essere, senza dare troppo peso agl'estetismi o a cercare a tutti i costi la gran scopata, la figa è libertà.
Adesso vivo un periodo dove nulla ha più senso, la ricerca del lavoro, la musica (aimè), la mia vita sessuale e affettiva; che senso ha cercare un lavoro dove non ti rispondono neanche, cuoco italiano con esperienza, si lo so sono un musicista ma ho lavorato molto nella ristorazione; suonare e cercare come sempre di essere unico sia nella scrittura che nel proporre qualcosa di nuovo per il luogo dove mi trovo; vivere con la propria compagna da 24 anni e non poter avere un minimo di piacere perché lei è impegnata a fare altro e non ha tempo per me. Che senso ha vivere così? Ogni volta che mi parte questa domanda mi ritorna in mente sempre la storiella della bottiglietta d'acqua, ma sempre più penso che non è solo il luogo dove mi trovo ma il tipo di società in cui vivo, una società asociale, culturalmente retrograde, con forti pregiudizi verso chi non è del posto, ecc ecc. Perché non vado via? C'ho pensato tanto e spesso mi viene l'impeto di prendere tutto e partire, ma per andare dove? Mi sono accollato di comprare la casa malgrado penso che le banche siano degli strozzini autorizzati e che stiamo ancora pagando, levando dalla visuale lei, ci sono i ragazzi, i nostri figli, e si sa che i figli so pezz e cor, più per mio figlio che ha il suo bel problemino, anche se Spock mi ha detto che quando suo padre, come il mio, andò via di casa lui si sentì più libero anche nella preoccupazione di essere l'unico uomo di casa, quindi acquisendo più consapevolezza di se stesso e poi mi disse che il rapporto con suo padre migliorò tanto, infatti mi ricordo che ci venne a trovare a Venezia ed erano pappa e ciccia, a differenza del mio che scomparì e ci tagliò fuori come se non fossimo mai esistiti.
Dulcis in fundo posso dire che il mio senso della vita in questo periodo è...nullo, almeno per ora.
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solobrividiecoraggio · 9 months
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【Adoと吉乃と弱酸性】Ready Steady 歌いました
Stamattina non è andata come pensavo. Mi sono passati davanti 4 o 5 tram stracolmi prima di decidermi a correre verso Firenze invece di aspettare che la tramvia offrisse un servizio regolare. In sostanza mentre a Firenze la corsa iniziava io ero ancora fermo alla fermata, ho pure incontrato la sorella e la mamma di un mio amico. Valeva la pena partire, tanto comunque correvo da solo. Sono arrivato in 28 minuti/mezz'ora all'inizio del percorso, correndo senza mai fermarmi, sopportando un dislivello appena prima del confine con il comune di Firenze, e beccando almeno 2 semafori rossi. Sarebbe stato bello fare una foto al paesaggio fiorentino dal ponte della tramvia, come ricordo della corsa partita dal mio comune. Da lì in poi era tutto oltre i miei allenamenti. 
Ho incominciato a dover schivare e sorpassare le persone che camminavano finché non sono rimasto imbottigliato più volte. Quando mi sono reso conto che non avrei potuto correre a quelle condizioni, ho deciso di lasciar perdere definitivamente l’evento e correre invece verso casa. Dopo un po’ è comparso un fastidio al ginocchio destro quindi raggiunti i 45 minuti di corsa ho interrotto la sessione, tornando a casa a piedi. Avrei preso la tramvia solo zoppicando. 
Con l’aiuto di Google Maps ho sommato in modo approssimativo i vari segmenti e in totale ho camminato per 7km e corso per 7/8km.
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eltanguerowsm · 1 year
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Le undici delusioni della Primeira Liga
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PORTOGALLO | articolo di Mikalic - 26 gennaio 2023 Prima dell'inizio del campionato ci aspettavamo molto da loro. Pochi mesi dopo, mentre il girone d'andata volge al termine, alcune stelle del campionato portoghese non sono ancora riuscite ad accendersi. Abbiamo quindi stilato la formazione degli undici giocatori che hanno deluso le aspettative in questa prima parte di stagione. * * * PORTIERE: JULIO NUNEZ (UNIAO DE LEIRIA) Una sorpresa in negativo di questo inizio di stagione dell'União de Leiria è stata Julio Núñez; il club rossoblù ha avuto un avvio complicato in campionato, dovuto anche a qualche errore banale da parte dell'estremo difensore uruguaiano, apparso incapace di garantire la giusta sicurezza all’intera squadra in più di qualche occasione. Nunez è il secondo portiere più battuto del campionato dopo Rafael Joje del Braga (bot). TERZINO DESTRO: DANKO BABIC (UNIAO DE LEIRIA) Arrivato dal Dundee United per risolvere i problemi difensivi della squadra di Gervasoni, ha decisamente fallito la missione; Danko Babic, infatti, è uno dei principali problemi della squadra. Chiusure in ritardo, letture difensive sbagliate e la necessità di ritrovare un minimo di fiducia per provare a dare sicurezza a un reparto in seria difficoltà. DIFENSORE CENTRALE: EDD CHINA (BENFICA) Il difensore statunitense rappresenta come nessun altro la pessima stagione vissuta dal Benfica, soprattutto a livello difensivo. Alla sua dodicesima stagione consecutiva con la maglia delle aquile di Lisbona, China ha collezionato una serie di prestazioni negative in Taça de Portugal evidenziando tutti i limiti tecnici che ne hanno condizionato il suo mancato impiego in campionato. Nessuno poteva immaginare una stagione del genere per uno dei beniamini della tifoseria. DIFENSORE CENTRALE: RODOLFO MARQUINHOS (GIL VICENTE) Il secondo centrale di cui dobbiamo parlare è Rodolfo Marquinhos; il brasiliano ex Ado, oltre ad aver disputato alcune pessime partite, si è anche reso protagonista di una stagione a dir poco complicata dal punto di vista automobilistico: ha distrutto la sua Ferrari schiantandosi contro un tram di linea nel centro di Barcelos. La sua squadra si sta giocando i sedicesimi di Champions League ma lui viaggia su binari paralleli. TERZINO SINISTRO: SAAED LABBAD (GIL VICENTE) Dopo aver vinto tutto con gli arabi dell'Al-Qadisiya, Labbad non ha avuto un impatto favorevole con i nuovi colori del Gil Vicente, mostrando qualche insicurezza di troppo. Nel corso della stagione ha alternato alcune buone prestazioni a clamorose amnesie difensive che ne hanno determinato l'ingresso in questa speciale classifica. Sarà meglio tornare sull'italo-giapponese Misugi per il ruolo di terzino sinistro? INTERDITORE: ALESSIO PAGLIACCIA (BOAVISTA) Diventato imprescindibile nel centrocampo bianconero non si sa bene per quale motivo, scalzando dalla titolarità il granitico Wallace, l'ex Goias Alessio Pagliaccia non riesce proprio a mettere a disposizione la sua qualità ad una squadra che sulla carta rimane una delle più forti del panorama lusitano. Deludente in quasi tutte le sue prestazioni, sembra un pesce fuor d'acqua nel contesto Boavista. REGISTA: SULJO PECUR (BENFICA) Partito sulla carta come uno degli uomini chiave del centrocampo biancorosso, il serbo Suljo Pecur ha perso progressivamente la sua titolarità nel corso del campionato a discapito del più giovane (e anche più convincente) Fowkes, dimostrando di dover migliorare dal punto di vista qualitativo. Sebbene il campionato sia ancora lungo, anche il livello di gioco mostrato dal talento ex Metalurh non è stato all'altezza di quello che ci si aspetta da un giocatore tecnico come lui. ALA DESTRA: TOMEE EDINHO (SPORTING LISBONA) Rientrato in patria dopo cinque stagioni in Svezia con la maglia del Djurgårdens, Edinho, non è riuscito a imporsi nelle gerarchie del centrocampo dei leoni di Lisbona, apparendo lento e piuttosto impacciato nelle 4 presenze collezionate fin'ora in campionato. Forse l'anno prossimo, con il rinnovamento che la rosa sembra attraversare, Edinho troverà un ecosistema più favorevole per prendere in mano la corsia laterale. ALA SINISTRA: ESTEVAM COUTO (GIL VICENTE) Il Gil Vicente, di per sé, è stato una delle grandi delusioni di questo inizio di stagione. Una squadra configurata per lottare per i vertici della classifica, si è ritrovata qualche gradino più in basso. Couto è stato nelle ultime stagioni il timone della squadra. Un ragazzo a cui si potrebbe chiedere di organizzare il gioco, sfornare assist e anche segnare partendo dal centrocampo. Ma la stagione 36 non è stata la sua stagione, almeno fin'ora. Ben al di sotto del suo abituale livello fisico, ha accumulato problemi con gli infortuni e, quando è entrato in squadra, non è mai riuscito a incidere fornendo prestazioni al di sotto della media. ATTACCANTE: ALONZO CASALDELIGA (UNIAO DE LEIRIA) Sbarcato in Portogallo dopo aver trascinato a suon di gol il West Ham alla vittoria della Championship inglese, il peruviano Casaldeliga, sembra aver smarrito la bussola dei giorni migliori. Svogliato, a volte un pò goffo e ormai in evidente sovrappeso, ha collezionato 9 presenze con la maglia degli "Os Lis" senza mai andare a segno. Un lento declino per l'ex bomber di Sampdoria, Blackburn e Borussia Dortmund, che a 37 anni, sembra ormai essere vicino al viale del tramonto. ATTACCANTE: EUGENIJUS PANAVAS (NACIONAL) Arrivato dal Paris Saint Germain con tanto hype attorno a se, il lituano Eugenijus Panavas è sicuramente una delle delusioni più importanti del Nacional. Impiegato con il contagocce a causa della forma altalenante, ha fornito prestazioni al di sotto delle aspettative, almeno per quanto riguarda i termini realizzativi. A peggiorare le cose sono state poi alcune foto apparse su alcuni giornali scandalistici, che ritraevano il giocatore lituano nei locali della movida locale in compagnia di diverse donne. Una bella grana per il club di Madeira, che ha dovuto giustificare alla stampa i fatti con non poca difficoltà. Per Panavas solo 2 i gettoni di presenza in campionato e nuovi rumors di mercato. Addio vicino già nel mercato di gennaio? ALLENATORE: ALESSANDRO MONSIGNORE (BOAVISTA) Bagna la sua stagione d'esordio come peggio non poteva: -14 punti di penalizzazione per errori durante le sostituzioni (bug using). Una gestione confusa dovuta anche agli innumerevoli problemi tecnici di WSM, che complica notevolmente il prosieguo del Boavista in Primeira Liga. ALLEGATO SPECIALE: scarica il poster della flop 11 ---> FLOP 11. __________
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captainmartinisblog · 2 years
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History and Architecture….
Monday 12th December 2022 Rotterdam, Netherlands
Returning to Queen Mary 2 in time for lunch, I then joined Andrew & Gerry on an afternoon city tour, while Angie went off to learn all about Dutch Cheese farming!
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The city of Rotterdam was heavily bombed during World War II but crossing the Erasmus Bridge (called locally ‘the swan’) into the city, we explored some of the original 16th century architecture of the district of Delfshaven which still survives, including the church that was the starting point of the Pilgrim Fathers’ journey (aboard the Speedwell) towards the New World in 1620. Delfshaven was originally built as the port for the inland town of Delft and was connected to it by this canal.
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The Speedwell didn’t make it all the way to the New World however; having joined the Mayflower in Southampton, Speedwell sprang a leak and as a result, it was the Mayflower that (as the song goes) “landed on Plymouth Rock”. Nevertheless, there’s the Rotterdam equivalent of a ‘blue plaque’ on the wall of the church!
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Rotterdam being the major port of the Netherlands, I had expected the city to be fairly ‘industrial’ but our tour revealed a city of spacious roads, modern trams and an eclectic range of architectural styles.
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Not the least of these architectural eye-openers are near the main Metro-station. This block of flats is called ‘the Pencil’ and next to it are the Cubic Houses designed by Piet Blom in the 1980s – try hanging your curtains in one of those!
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Tonight’s Queens Grill dinner featured a starter of Grilled Octopus (not the entire thing, just a bit of a tentacle!), then another ‘special order’ – Dover Sole a la Meunière, prepared table-side by our Assistant Maitre d’.
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That was followed by a Bitter Chocolate Soufflé with chocolate sauce and white chocolate ice-cream. It was all rather good!
After dinner, in the theatre, there was a Liverpudlian comedian called John Martin (who I’ve seen before) who made Angie & I chuckle quite a bit. Meanwhile, Andrew was on form, winning another $100 in the casino! Tomorrow, we are in Zeebrugge, the port for Bruges…..
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lost-on-t-umblr · 2 years
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Oggi è stata la giornata più faticosa, ma è stata anche molto divertente e varia.
Siamo andati a Buda, la parte di città a ovest del Danubio. Abbiamo attraversato il ponte più vicino all'hotel: era bello, anche se soffro di vertigini a volte, e c'erano due ragazze che facevano picnic su uno dei bracci come se niente fosse. Appena arrivati a Buda, abbiamo trovato un museo sulla 1ª guerra mondiale, e mi è dispiaciuto non entrare. Abbiamo proseguito per un bel pezzo di lungo fiume, per poi salire verso il Castello. Era molto in alto, quindi ci siamo goduti il panorama di praticamente tutta la città; io mi sono fatta fare qualche foto. Poi siamo scesi con la funicolare, è stato molto breve ma mi piace avere il biglietto per ricordo.
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C'era molto caldo e per un po' la mia pressione si rifiutava di collaborare, al solito. Abbiamo proseguito fino al Bastione dei Pescatori, che a me è piaciuto molto di più. C'erano edifici davvero stupendi, in forme e colori, e un panorama anche migliore, con vista sul Parlamento (e anche una mongolfiera:)). Un ragazzo cantava Bob Dylan in un tono molto molto basso, in piazza. Dalla parte opposta un signore disegnava tram ungheresi e cantava Pavarotti con tutti gli accenti sbagliati. Alla fine, ho comprato da lui tre cartoline per €1. Parlava un po' di spagnolo ed ha finito per fare un mix incomprensibile con anche italiano, inglese e ungherese. Però è stato simpatico, mi piace prendere souvenir che siano anche legati a persone.
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Siamo andati poi verso un posto che ci aveva consigliato proprio lui, fermandoci da Starbucks prima per pranzo. In questo caffè sono stati gentilissimi, altro che quelli del primo giorno, e la roba era molto più buona e abbondante. La donna che ha scritto il mio nome sul drink (dopo che mi ha visto disperata perché stava scrivendo quello di mio padre) mi ha messo anche un cuoricino.
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Giunti alla porta del bastione consigliata (che non era poi un gran che), ho fatto una foto sovrapponendo la cartolina. Una tipa rumena ci ha sentito parlare e ci ha chiesto di fare delle foto con lei (risiede a Cagliari, dice). Poi siamo scesi per un parco verso uno dei ponti sul Danubio. Sulla strada c'erano due mini sculture di cani sui bordi delle aiuole, senza nessun contesto, però molto carini.
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Quindi siamo arrivati nell'isola che si trova sul fiume, tra le due parti di città. Dopo una buona mezz'ora passata a riposare, abbiamo affittato due risciò. E niente, praticamente mi sono ritrovata a guidare con quello in strada tra bus e macchine. Dopo che mia sorella ha sbandato e ci ha mandate sopra marciapiede in 5 secondi dopo aver preso la guida, mi sono convinta di essere stata anche brava. È stato super stancante ma alla fine divertentissimo. Prima di andare, siamo rimasti un po' a guardare la fontana principale dell'isola attivarsi a tempo di musica.
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Per finire, almeno le cose interessanti, siamo andati in crociera sul Danubio per un'oretta. Ci hanno offerto un bicchiere di champagne di benvenuto, e la vista era davvero bella. Mia sorella mi ha fatto foto, ma aveva talmente poco spazio che non le sono rimaste, e mi dispiace un po'.
Magari mi sono ritrovata a dover recuperare gli occhiali di mia sorella dalla griglia di una fontana, e magari ho dovuto interrompere la scrittura di questo post perché è suonato l'allarme antincendio e sto ancora cercando di rilassarmi, però è stato bello oggi. Mi spiace solo non averti potuto parlare.
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gregor-samsung · 3 years
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“ L'operaio Arturo Massolari faceva il turno della notte, quello che finisce alle sei. Per rincasare aveva un lungo tragitto, che compiva in bicicletta nella bella stagione, in tram nei mesi piovosi e invernali. Arrivava a casa tra le sei e tre quarti e le sette, cioè alle volte un po' prima alle volte un po' dopo che suonasse la sveglia della moglie, Elide. Spesso i due rumori: il suono della sveglia e il passo di lui che entrava si sovrapponevano nella mente di Elide, raggiungendola in fondo al sonno, il sonno compatto della mattina presto che lei cercava di spremere ancora per qualche secondo col viso affondato nel guanciale. Poi si tirava su dal letto di strappo e già infilava le braccia alla cieca nella vestaglia, coi capelli sugli occhi. Gli appariva così, in cucina, dove Arturo stava tirando fuori i recipienti vuoti dalla borsa che si portava con sé sul lavoro: il portavivande, il termos, e li posava sull'acquaio. Aveva già acceso il fornello e aveva messo su il caffè. Appena lui la guardava, a Elide veniva da passarsi una mano sui capelli, da spalancare a forza gli occhi, come se ogni volta si vergognasse un po' di questa prima immagine che il marito aveva di lei entrando in casa, sempre così in disordine, con la faccia mezz'addormentata. Quando due hanno dormito insieme è un'altra cosa, ci si ritrova al mattino a riaffiorare entrambi dallo stesso sonno, si è pari. Alle volte invece era lui che entrava in camera a destarla, con la tazzina del caffè, un minuto prima che la sveglia suonasse; allora tutto era più naturale, la smorfia per uscire dal sonno prendeva una specie di dolcezza pigra, le braccia che s'alzavano per stirarsi, nude, finivano per cingere il collo di lui. S'abbracciavano. Arturo aveva indosso il giaccone impermeabile; a sentirselo vicino lei capiva il tempo che faceva: se pioveva o faceva nebbia o c'era neve, a secondo di com'era umido e freddo. Ma gli diceva lo stesso: - Che tempo fa? - e lui attaccava il suo solito brontolamento mezzo ironico, passando in rassegna gli inconvenienti che gli erano occorsi, cominciando dalla fine: il percorso in bici, il tempo trovato uscendo di fabbrica, diverso da quello di quando c'era entrato la sera prima, e le grane sul lavoro, le voci che correvano nel reparto, e così via. A quell'ora, la casa era sempre poco scaldata, ma Elide s'era tutta spogliata, un po' rabbrividendo, e si lavava, nello stanzino da bagno. Dietro veniva lui, più con calma, si spogliava e si lavava anche lui, lentamente, si toglieva di dosso la polvere e l'unto dell'officina. Così stando tutti e due intorno allo stesso lavabo, mezzo nudi, un po' intirizziti, ogni tanto dandosi delle spinte, togliendosi di mano il sapone, il dentifricio, e continuando a dire le cose che avevano da dirsi, veniva il momento della confidenza, e alle volte, magari aiutandosi a vicenda a strofinarsi la schiena, s'insinuava una carezza, e si trovavano abbracciati. Ma tutt'a un tratto Elide: - Dio! Che ora è già! - e correva ad infilarsi il reggicalze, la gonna, tutto in fretta, in piedi, e con la spazzola già andava su e giù per i capelli, e sporgeva il viso allo specchio del comò, con le mollette strette tra le labbra. Arturo le veniva dietro, aveva acceso una sigaretta, e la guardava stando in piedi, fumando, e ogni volta pareva un po' impacciato, di dover stare lì senza poter fare nulla. Elide era pronta, infilava il cappotto nel corridoio, si davano un bacio, apriva la porta e già la si sentiva correre giù per le scale. Arturo restava solo. Seguiva il rumore dei tacchi di Elide giù per i gradini, e quando non la sentiva più continuava a seguirla col pensiero, quel trotterellare veloce per il cortile, il portone, il marciapiede, fino alla fermata del tram. Il tram lo sentiva bene, invece: stridere, fermarsi, e lo sbattere della pedana ad ogni persona che saliva. «Ecco, l'ha preso», pensava, e vedeva sua moglie aggrappata in mezzo alla folla d'operai e operaie sull' "undici", che la portava in fabbrica come tutti i giorni. Spegneva la cicca, chiudeva gli sportelli alla finestra, faceva buio, entrava in letto. Il letto era come l'aveva lasciato Elide alzandosi, ma dalla parte sua, di Arturo, era quasi intatto, come fosse stato rifatto allora. Lui si coricava dalla propria parte, per bene, ma dopo allungava una gamba in là, dov'era rimasto il calore di sua moglie, poi ci allungava anche l'altra gamba, e così a poco a poco si spostava tutto dalla parte di Elide, in quella nicchia di tepore che conservava ancora la forma del corpo di lei, e affondava il viso nel suo guanciale, nel suo profumo, e s'addormentava. “
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Tratto dal racconto L'avventura di due sposi (1958), raccolto in:
Italo Calvino, I Racconti; prima edizione: Einaudi, novembre 1958.
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antoka · 3 years
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Credevo di far tanto per me stessa. Ero una di quelle persone ossessionate dall’idea di volersi migliorare,di dover imparare ad amarsi. uscivo sola, ristoranti, viaggi, cinema sempre per farmi carezze che altri non mi davano, tutto per imparare a “bastarmi” . anni e anni di percorsi di crescita personale e di terapia per ritrovarsi sempre punto e a capo, con un forte vuoto dentro e insoddisfatta di sé e della propria vita.
Poi ho capito il Perché: provavo ad amarmi odiando chi ero. Guardavo infiniti video su you tube di chi ti voleva dimostrare che non sapevi usare le regole d’amore e quindi potevi attaccarti al tram perché non eri una brava seduttrice. un controsenso se ci penso! Voglio imparare ad amarmi e migliorarmi ma per farlo devo odiare, cancellare e sopprimere chi sono. Quindi mi sentivo sempre più soffocata. Sempre meno sicura.
Poi ho sentito dentro un “ basta così” che mi ha fatto fermare e ascoltare il mio dolore di donna “ non vista”. Ho iniziato ad accogliere la mia fragilità.Ho scoperto che la tenerezza che tanto rifiutavo perché la vedevo come debolezza era parte di me, la bimba che c era in me la desiderava dopo esser stata in un angolino con la mano tesa chiedendola a chiunque, finalmente potevo darla io agli altri perché ero adulta.
Oggi so che mi amo ogni giorno non solo quando vado a farmi un nuovo taglio di capelli ma quando vado a letto la sera, mi sorrido e sento di aver fatto tutto quello che sentivo di dover fare, anche non ottenendo ciò che desideravo. “ vai bene anche così tesoro, fai bei sogni.”
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Lo senti durante una camminata, quando prendi un treno, la metro o il tram. Lo senti quando viaggi e visiti nuovi posti quel richiamo. E' il richiamo del viaggiatore.
Chi non ha mai sentito il bisogno di dover fuggire almeno per un attimo da tutto? Chi non ha mai sentito il bisogno di accantonare la quotidianità per cercare di crearsi una realtà tutta a misura per sè stesso? Chi non ha mai ceduto, o è arrivato sul punto di cedere alla tentazione di partire verso una destinazione ignota?
Certe volte la forza del pensiero non basta a staccarsi dal mondo che ci circonda. Certe volte abbiamo bisogno di passare all'azione veramente e diventare davvero artefici del nostro destino
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corallorosso · 3 years
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"Povera Italia, tra stranieri e fin*cchi che je piace pigliarla in c***” "Pederasta incul*** di m****". “Zitto puttan****” "Fai l'uomo o la donna? Che schifo che mi fai”. E via così, giù, più, sempre più giù, verso l’abisso. Eppure c’è una frase ancora più agghiacciante nei quasi tre minuti di violenza verbale con cui un individuo - uomo è troppo - investe un ragazzo omosessuale di nome Tommaso sul tram numero 3 di Roma. E quella frase è quella che nessuno ha pronunciato. Il silenzio. L’indifferenza. L’idea, sconvolgente, che nessuno, su un mezzo pubblico, nel 2021, si senta in dovere di intervenire di fronte a un tale sopruso, a una tale forma d’odio, violenza e discriminazione. Anzi, nei volti, nelle voci in sottofondo, si coglie persino una sottile partecipazione, un sostegno all’omofobo, perché, in fondo, suvvia, dai, non ha mica tutti i torti... In questi quasi tre minuti c’è lo specchio di un Paese malato di omofobia. In quello che si sente e anche, e soprattutto, in quello che non si sente. Perché l’indifferenza, a volte, fa più male di qualsiasi parola. Con Tommaso, con tutte le ragazze e i ragazzi, le donne e gli uomini che da 30 anni attendono una legge di civiltà. Lorenzo Tosa
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i-am-a-polpetta · 4 years
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"Ti dicevo che sei il mio sorriso" dice una canzone di Lelio Morra che, nonostante sia triste come poche, ci divertiamo a metterci in testa a vicenda perché cose allegre mai nella vita.
Ho scritto e disfatto questo post almeno una decina di volte.
Probabilmente perché sono un' incapace e non sono in grado di dirti tutto quello che mi fai sentire, se non in modo sconfusionato e senza senso e non so nemmeno se avrò mai il coraggio di dirti davvero tutto questo quando ti ho accanto piuttosto che tramite un telefono quando siamo a 170 km di distanza.
La prima cosa che mi chiedo ogni volta che ti rivedo è "ma cosa ho fatto per meritarti?" consapevole del fatto che le persone belle vadano meritate e cazzo, tu sei quanto di più bello io abbia conosciuto negli ultimi 9 mesi...
"sono brtt te lo dico", mi hai scritto mentre salivo le scale, "ANCHE IO TRANQUI" ti ho risposto mentre cercavo di stemperare quell'ansietta che mi sale ogni volta che fatti i 5 piani a piedi ti vedo aprire la porta. Ma la verità è che tu sei bellissima sempre e ogni volta che arrivo a casa tua e mi rispondi al citofono dicendo "weeeh" i pensieri nella mia testa tornano al loro posto e capisco che le successive 36 ore saranno uno di quei momenti da godersi e basta, senza dover pensare ad altro se non a quanto sia bello vederti dopo che sono passati non so quanti giorni o a quanto sia confortante sentirti parlare, ascoltarti mentre mi racconti dei tuoi amici e della tesi o vederti mentre lavi i piatti o fai il bagno o canti canzoni che tenti di mettermi in testa e spoilert alert: ci riesci benissimo.
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Lunedì è stato un insieme di momenti: una Milano deserta, un caldo incredibile, i tuoi occhi eterocromi di cui sono innamorata persa, il tram che non avevo mai preso, parchetti tattici, fermate della metro, 25mila passi, le tue storie, bagni cercati in tutti i locali, il tramonto in Darsena e tu che guidi la mia macchina mentre io canto alla gente l'anima non conta fuori dal finestrino.
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Cosa avrei dato per fare in modo che questi momenti non finissero mai.
Così come avrei voluto che il tempo si bloccasse in quell'istante in cui ti sei messa vicino a me e abbiamo cominciato a parlare di talmente tante cose che nemmeno mi sono accorta che erano già le 3 e qualcosa. Un po' come la prima volta che ti ho vista che sembravano passati 5 minuti e in realtà erano passate due ore.
È proprio vero che certe cose non cambiano mai.
"Vedi, questo è il tuo spazio" ti ho detto disegnando un confine con la mano che percorreva le linee del tuo corpo seduto vicino a me sul letto. "Qui è dove sei tu, con all'interno tutte le tue fragilità, le tue paure, i tuoi momenti no, ma anche tutte le cose positive che ti rendono ciò che sei. Ci sono certi giorni in cui sento che tu vuoi parlarmi di qualcosa, ma poi alla fine non lo fai mai perché probabilmente farlo ti mette di fronte ad una difficoltà che non sei pronta ad affrontare e, per quanto io possa sentire tutto questo, non ti obbligheró mai a parlarmene. Non varcherò mai questo spazio a meno che non sia tu a dirmi di farlo. Al massimo mi metterò accanto a te, come sono adesso e dove mi ritroverai sempre: ti farò le coccoline e ti accarezzeró la testolina per tentare di tenere lontana qualsiasi cosa ti faccia sentire cosi, conservando quella delicatezza che tu hai nei miei confronti e che ti porta a farmi stare così bene da non rendertene nemmeno conto."
Ho pensato che fossi bellissima anche in quel momento, con gli occhi lucidi che stavano virando verso il rosso e la mano che non tremava più perché la accarezzavo con la mia.
Se ci ripenso adesso mi viene da piangere malissimo perché boh, non lo so perché, anzi sì, forse lo so il perché ma non so se riesco a dirlo ad alta voce.
Mi viene da piangere perché io sinceramente non riesco a credere a tutto questo. Non riesco a credere a quanto la tua presenza nella mia vita sia davvero una luce che illumina queste cazzo di giornate in cui la cosa più eroica che io riesca a fare sia alzarmi dal letto. Io proprio non lo so cosa abbia fatto per meritarti, per meritarmi il tuo bene, la tua presenza, le tue parole, il tuo conforto quando sono spezzata in due e i tuoi "ti sto guardando male" quando ti offro qualcosa perché non vuoi che lo faccia. Che poi mi guardassero tutti male come mi guardi tu...
"Tu, quella sera del Lavandino, mi hai detto che volevi bene alla tua vita, mi insegni come si fa?" E mi rendo conto solo adesso di quanto questa sia una domanda altamente stupida, perché tu me lo insegni ogni giorno come voler bene alla mia vita e me lo trasmetti fin da quando la prima cosa che fai alla mattina è mandarmi il buongiorno con un micetto o con qualche stickers carino: "Ma tu lo stai già imparando, semplicemente perché sei qui con me oggi. Pensa che se non le volessi bene, non ci sarebbero nemmeno questi momenti, pensa a quante cose ti perderesti..."
E avevi ragione anche stavolta.
Ed è stato lì che ho realizzato cosa siamo davvero noi due: Attimi in eterno divenire e questi momenti, in cui mi fai rendere conto di quanto tutto valga la pena, sono la dimostrazione d'amore più grande che qualcuno mi possa fare. E anche se adesso sto ricominciando a piangere malissimo, ho in testa i ricordi di un lunedì di fine luglio, di quando ti ho guardata negli occhi e ti ho detto che ti volevo bene dopo che mi avevi inconsciamente salvato da me stessa anche in quel momento.
Come si dice quando una persona è in grado di farti amare ciò che per anni hai passato il tempo ad odiare? Non lo so, come non ho saputo rispondere a tante cose quella notte ma non mi hai lasciata sola nemmeno in questo: "Quante cose che non sappiamo. Ma che storia". Che poi se ci ripenso tu sei proprio una bella storia e più andiamo avanti più mi rendo conto che io e te siamo davvero simili per tantissimi aspetti.
Un'ora (?) di sonno, tua mamma che ci saluta dando un bacino ad entrambe, tu che ti alzi per andare in bagno facendomi prendere un crepo incredibile, io che rido mentre dico "buongioonno", (sì detto esattamente così) e ti dico di aver sognato Appino degli zen che mi diceva cose tanto che comincio a cantare il mondo come lo vorrei così, senza un senso preciso.
Ahh che storia anche questa.
Io che dovevo tornare a casa e non volevo. Tu che mi offri asilo e io che sinceramente non so cosa risponderti perché se fosse stato per me da lì non ne ne sarei mai andata. Perché è così fottutamente difficile lasciarti andare? E soprattutto perché devo piangere ogni santa Volta? Non so nemmeno questo. Tutto ciò che so è che mi sarà sempre impossibile staccarmi da te come se nulla fosse ed è colpa tua perché cristo santo, io solitamente ti abbraccio, ti accarezzo, ti do un bacino e ti dico di fare a modo e tu non puoi guardami con quegli occhi così belli, abbracciarmi e dirmi per prima di fare a modo perché io impazzisco e piango male ok? Ma tanto ormai piango e impazzisco esattamente come ogni volta che ti rivedo.
Che poi nel mondo come lo vorrei probabilmente nemmeno ci saremmo conosciute, perché io mi sento una persona incredibilmente tossica nei tuoi confronti, come fossi un peso incredibile mentre tu sei così delicata, leggera, pronta a farti carico, come se nulla fosse, di tante cose che mi distruggono e sei così carinamente tutto e io non so se ti merito in questo mondo, figurati in uno come lo vorrei io...
Fatto sta che martedì a casa c'era questo tramonto, l'ho guardato e ho pensato che ti avrei voluta qui a vederlo insieme mentre nella mia testa in cui tutto era tornato un caos risuonava forte "il giornale locale ha scritto che non moriremo più...." E una cosa so di per certo, quando sono con te, vorrei, più di ogni altra cosa, che il giornale locale avesse davvero ragione.
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Che poi fondamentalmente io di amore non so un cazzo se non che ne esistono di tante tipologie e credo che quello che mi fai sentire tu, sia uno dei più veri, confortanti e dolci che io abbia mai provato in vita mia.
Riesci a rendere semplice anche respirare soprattutto quando io mi sento annegare andando alla deriva.
Credo che non mi sentirò mai grata abbastanza per tutto questo e forse dovrei ringraziare qualsiasi dio esista ma mi limiterò a ringraziare te, che mi rimetti al mondo tutte le volte che mi guardi male che poi, poteste vedere quanto sia bella nel complesso, vi potreste rendere conto di quanto quel "male" sia, in realtà, pieno di un amore così grande che mi fa sentire come se nella mia testa non avessi tutto questo casino.
"Che storia che sei" e che fortunata sono ad avere la possibilità di viverti in questo modo?
Immensamente.
Sono immensamente fortunata.
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Quando sono arrivato in aula S. mi ha chiesto riguardo il taglio radicale. Le ho risposto che mi tocca farlo ogni tanto, volendo intendere che se avessi più capelli li terrei più lunghi.
Alla fine delle lezioni mi ha chiamato per chiedermi conferma sulla mia direzione, pensavo fosse davanti a me ed ero già pronto a raggiungerla, invece era dietro. Quindi abbiamo preso insieme la tramvia. Stamattina l'avevo sentita parlare di un lavoretto quindi le ho chiesto di più. L'ha ottenuto tramite la borsa di studio, la stessa di mia sorella. Parlando mi ha anche detto che si è comprata una chitarra, magari "per sbaglio" impara a suonarla. (il mio cuore.. quelle parole insicure) Mi ha chiesto se io suoni il piano, visto il mio muovere le dita sui banchi al Dini, mesi fa. Le ho detto che ho suonato il basso. Se di base effettivamente muovo le dita per tenerle in movimento, per esercizio, non le ho detto che lo faccio anche per rilassarmi, per concentrarmi su altro in momenti di attesa. Continuo a desiderare di essere più chiacchierone quando sono con questa piccoletta, invece credo di dover prendere queste situazioni con più leggerezza; la guardo negli occhi ma ogni 3 secondi distolgo lo sguardo non sia mai le dessi fastidio.
Una volta scesa S. alla sua fermata ho incominciato a recuperare sul gruppo del corso i messaggi riguardo la lezione di analisi 2 appena avuta. Mi veniva da sorridere, da solo sul tram guardando il cellulare, non riuscivo a trattenermi. Cose del tipo "ragazzi voi in quale linea temporale siete?" o "giuro altri 10 minuti e faccio arrivare qui deliveroo".
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intotheclash · 3 years
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In alcune situazioni, il rispondere: "niente" a una domanda circa la natura dei propri pensieri, può essere, nell'uomo, una finta. Lo sanno bene le persone amate. Ma se questa risposta è sincera, se rappresenta quel particolare stato d’animo in cui il vuoto diviene eloquente, in cui la catena dei gesti quotidiani viene interrotta e il cuore cerca invano l'anello che la ricongiunga, è allora come il primo segno dell'assurdo.E avviene così che la scena si sfasci. La levata, il tram, le quattro ore di ufficio o di officina, la colazione, il tram, le quattro ore di lavoro, la cena, il sonno e lo svolgersi del lunedì martedì mercoledì giovedì venerdì e sabato sullo stesso ritmo… questo cammino viene seguito senza difficoltà la maggior parte del tempo. Soltanto, un giorno, sorge il "perché" e tutto comincia in una stanchezza colorata di stupore. "Comincia", questo è importante. La stanchezza sta al termine degli atti di una vita automatica, ma inaugura al tempo stesso il movimento della coscienza, lo desta e provoca il seguito, che consiste nel ritorno incosciente alla catena o nel risveglio definitivo. Dopo il risveglio viene, col tempo, la conseguenza: suicidio o ristabilimento. In sé, la stanchezza ha qualche cosa di disgustoso, ma, in questo caso, devo concludere che è vantaggiosa. Infatti, tutto comincia con la coscienza e nulla ha valore se non per mezzo di questa. […] La semplice "inquietudine", come dice Heidegger, è all'origine di tutto. Medesimamente, e per tutti i giorni di una vita senza splendore, siamo portati dal tempo; ma viene sempre il momento in cui noi dobbiamo portarlo. Di solito, viviamo facendo assegnamento sull'avvenire: "domani", "più tardi", "quando avrai una posizione", "con l’età comprenderai". Queste incoerenze sono straordinarie, dato che, alla fine dei conti, si tratta di morire. Con tutto ciò, giunge il giorno in cui l'uomo si accorge o dice di aver trent'anni, affermando, così, la propria giovinezza. Ma, nello stesso momento, egli si pone in rapporto con il tempo, vi prende posto, riconosce che si trova a un certo punto di una curva, che confessa di dover percorrere. Egli appartiene al tempo e, dall'orrore che lo afferra, lo riconosce come il suo peggior nemico. Il domani: egli desiderava il domani, quando tutto il suo essere avrebbe dovuto ribellarvisi. Questa rivolta della carne è l’assurdo.
Albert Camus - Il mito di Sisifo
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vefa321 · 4 years
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Avere più anni che Domeniche...
Sembra una cosa impossibile, lo so vanno di pari passo, almeno credo.
Anzi la matematica del calendario mi regala la legge del fuori tempi massimi.
Ma sono nata di mercoledì, così ricordo,senza ricordare.
Ed i giorni hanno il sapore di come gli spendi.
La domenica è sempre cara.
La domenica si aspetta come una vacanza meritata, una pausa, una fermata di tram nel tempo che scorre.
Ci sono state domeniche in chiesa come i cani che porti a spasso.
Ci sono state domeniche al parco come un'ora d'aria di un carcerato.
Ci sono stata domeniche silenziose di case addormentate.
Ci sono state domeniche rimaste al letto a parlare d'amore.
Ci sono ora domeniche come un rifugio di poche ore tra il volere ed il dover fare.
È domenica... Divano,caffè, libro e silenzio.
Ho il mondo che mi guarda dal fuori la finestra...
Forse fuori è già Lunedì.
@vefa321
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isfjmel-phleg · 4 years
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Unlike Mike and Psmith, whose settings are fictional and vague, Psmith in the City features numerous locations that really existed, many of which can still be visited.
When I went to the UK two years ago, I wanted to see as many Psmith-related places as I could. We were on a rigidish schedule visiting locations selected by professors most of the time, as well as often staying rather far from London, but we had a free Sunday one week and took an excursion. Our main plans were to see a Monet exhibit at the National Gallery and go to the Sherlock Holmes Museum; when our group narrowed down to just me and another student, he patiently agreed to let me work Psmith locations into our itinerary.
This is the route we took for Psmith locations (the Savoy isn’t marked on the map but is right next to Simpson’s), walking the entire way. These spots aren’t very far from each other; Psmith’s flat would have been an easy distance from his club and many restaurants and theatres. Just off the Strand is the perfect location for his flat, sufficiently upscale and right in the middle of the excitement.
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I’ve shared most of these pictures before, but here, have them all in one comprehensive post.
This one we stumbled across without meaning to, on the way from Dover Street to the National Gallery. The Haymarket Theatre is the place Psmith is intending to call from work about tickets when Mike interrupts him to announce he’s leaving for Lord’s. Unlike many of the theatres that were around in Psmith’s time, this one is still standing and operational. I can easily picture Psmith entering some evening in a top hat and cape, Mike in tow.
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The Turkish Baths are now a spa, which is only fitting. If I had had time and money, it would have been fascinating to go inside and get a sense of the layout (do they still have saunas in the basement?), but that wasn’t feasible.
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The Turkish Baths had a Moorish theme, and you can still see that in the tile and windows visible in the alley on the left, near what would have been the entrance to the women’s part of the baths. Apparently there’s also a glass dome somewhere on the roof, but the facade hides it and I couldn’t even catch a glimpse.
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The Constitutional Club that Wodehouse fictionalized as the Senior Conservative was located in Northumberland Avenue, very near the baths (as Psmith in the City indicates), but the building is no longer standing. Instead, I took pictures of the general vicinity to get a feel for the area. The trees give the street a pleasantly enclosed atmosphere but would not have been around in 1908. Note the bus! The closest you could get to the tram that Psmith was so embarrassed to be seen on.
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From there we strolled onto the Strand and saw a “quaint old-world eating house called the Savoy,” the grand hotel owned by the family of Psmith’s real-life inspiration/namesake. It’s surrounded by fancy clothing/hat shops nowadays (not sure if those or their equivalents would have been a thing in 1908). I didn’t dare try to go inside, where, if the pictures I’ve seen online are to be believed, it is quite elegant.
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Practically next door is Simpson’s-in-the-Strand, where Psmith takes Mike after his victory at Lord’s. Wodehouse portrays this restaurant as informal, almost the equivalent of an all-you-can-eat place, but our having lunch there was out of the question. They have a dress code, for one thing (and my Sunday dress worn with practical tennis shoes wasn’t going to cut it), and besides, it’s another one of those too-grand-for-the-likes-of-us establishments. Maybe next time.
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Clement’s Inn, the street where Psmith’s flat would have been, is closed off to the general public because of--I don’t know, proximity to legal places or something. The building where the flats were no longer stands, but the name is still on the gate, if you look closely.
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This is the surrounding architecture. Perfect place to put one in the mood to pursue a career as a barrister.
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Nearby is a church, with a very audible bell.
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And this is across the street. Again, the trees wouldn’t have been there. (Although Mike would have much preferred this taste of nature, I’m sure.)
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From here, we had hoped to catch a bus toward Lombard Street, where the bank was, but apparently (unless we misunderstood something) one does not simply get on a London bus without certain specific methods of payment that were not convenient for us. So we called it a day and headed back to Paddington, site of Psmith’s name-spelling epiphany.
This is the route to the bank we would have taken. It’s not excessively far from Psmith’s flat, although I’m sure the boys took cabs to work as often as possible. The Mansion House, where Psmith meets up with his father after walking out of work, is very near Lombard Street.
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Other places I wasn’t able to visit:
Mike’s route on his first day in London. He arrives at Paddington (which Google chose to label “The Kiosk”?), takes a cab through Hyde Park to get to Victoria Station, and goes from there to Dulwich. Acacia Grove is where he takes his miserable room, and the school is very near. Completely different part of town from Psmith’s flat!
Our study tour had hoped to visit Dulwich College and its Wodehouse Archive (and I was planning to recreate Mike’s walk of woe if I could), but according to our professor, the area wasn’t safe for some reason while we were there, so we couldn’t go.
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Clapham Common was also too out of the way to visit. It’s quite a distance from Psmith’s flat!
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Lord’s is also quite a distance from the bank, and Mike has to take a cab there.
(If I had gone there, I would have been maybe the only literary tourist in a crowd of cricket fans. Forget your match, guys, I want to see where Mike Jackson played!)
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Do I want to go back someday and do a more comprehensive tour while better-dressed and maybe go inside some of these locations? Absolutely. If you’re ever in London and interested in immersing yourself in what’s left of Mike and Psmith’s world, here are your routes. Have fun. Take pictures. Say hi for me if you run into a couple of Edwardian young men on their way to the theatre.
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