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#Il racconto dei racconti
fabulaobscura · 1 year
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Every new life calls for a life to be lost. The equilibrium of the world must be maintained. TALE OF TALES (2015) dir. Matteo Garrone
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spellfuls · 4 months
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TALE OF TALES (2015) dir.: Matteo Garrone
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snowbairdd · 2 months
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Every new life calls for a life to be lost. The equilibrium of the world must be maintained. Are you willing to accept the risk?
TALE OF TALES (Il racconto dei racconti, 2015) dir. Matteo Garrone
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wedgeantill · 7 months
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2023 Halloween Marathon ↳ Il racconto dei racconti - Tale of Tales (2015) dir. Matteo Garrone
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perioddramapolls · 4 months
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Period dramas dresses tournament: Black dresses Round 1- Group B: Queen of Longtrellis, Tale of tales (pics set) vs Queen Ravenna, Snow White and the huntsman (gifset)
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Tale of Tales (Il racconto dei racconti, 2015)
Directed by Matteo Garrone Written by Matteo Garrone, Ugo Chiti, Edoardo Albinati and Massimo Gaudioso
Based on Pentamerone, written by Giambattista Basile
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fairytalemovies · 6 months
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maimoncat · 7 months
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Another old sketch for #orctober
Back then I wanted to draw the ogre from the first story of Basile‘s “Tale of Tales” in this pose: “… where, at the entrance of a pumice cave, sitting on the root of a poplar tree, he found an ogre, and goodness gracious. Was he ugly! His head was larger than an Indian gourd, his forehead full of bumps, his eyebrows united, his eyes crooked, his nose flat, with nostrils like a forge, his mouth like an oven, from which protruded two tusks like unto a boar's ; a hairy breast had he, and arms like reels ; and bandy-legged was he, and flat-footed like a goose; briefly he was an hideous monster, frightful to behold, who would have made a Roland smile, and would have frightened a Scannarebecco ;” -Giambattista Basile, “The Tale of Tales”, translation based on that of sir Richard Francis Burton
Allora volevo provare a disegnare in questa posizione con la descrizione dell‘orco nella prima fiaba de “Lo cunto de li cunti” di Basile:
“Colà, sulla radice di un pioppo, presso una grotta lavorata di pietra pomice, era seduto un orco: o mamma mia, quanto era brutto! Era nano e sconcio di corpo, aveva il capo più grosso d’una zucca d’india, la fronte bernoccoluta, le soprac- ciglia congiunte, gli occhi stravolti, il naso schiacciato, con due narici che parevano due chiaviche maestre; una bocca quanto un palmento, dalla quale uscivano due zanne che gli giungevano ai malleoli; il petto peloso, le braccia di aspo, le gambe piegate a vòlta, e i piedi larghi di papera. Insomma, pareva un diavolo, un parasacco, un brutto pezzente e una mal’ombra spiccicata, che avrebbe sbigottito un Orlando, atterrito uno Scannarebecco, e fatto cadere in deliquio il più abile schermitore.”             -Giambattista Basile, “Il Pentamerone ossia La Fiaba delle Fiabe”, traduzione di Benedetto Croce
Damals wollte ich versuchen, den Wilden Mann aus Basiles „Märchen der Märchen“ in dieser Position zu zeichnen: „Hier sah er auf dem Stumpf einer Pappel neben einer Grotte aus Bimsstein einen wilden Mann sitzen. O steh mir bei, wie häßlich sah der aus! Er war ein ganz kleiner Knirps und nicht größer als ein Zwerg; er hatte aber einen Kopf, dicker als ein indischer Kürbis, eine blättrige Stirn, die Augenbrauen zusammengewachsen, verdrehte Augen, eine platte Nase mit zwei Nasenlöchern, die zwei Kloaken schienen, einen Mund so groß wie eine Kelter, aus welchem zwei Hauer hervorragten, die ihm bis an die Fußspitzen gingen, eine zottige Brust, Arme wie eine Garnwinde, Beine wie eine Bogenwölbung und Füße so flach wie die einer Gans; mit einem Wort, er schien ein Popanz, ein Teufel, ein häßliches Fratzengesicht und ein wahres Schreckgespenst, das selbst einen Roland hätte in Angst setzen, einem Achilles den Mut rauben und einen Bettelbruder abschrecken können.„ - Giambattista Basile, „Das Pentameron”, übersetzt von Felix Liebrecht
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nickmikeoneshot · 2 years
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And if you want another kind of love / I'll wear a mask for you
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lovely-v · 2 months
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love the italian language
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diceriadelluntore · 1 month
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Farine
Ogni anno, quando ci sono gli sconti Adelphi (tra Fine Gennaio e Fine Febbraio), compro un libro che sta in una ormai ingiallita lista di titoli, alcuni irrecuperabili, altri fuori catalogo e altri non ancora presi per vari motivi (disponibilità, tempo, anche a volte economiche).
Tra questi c'era questo libro
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Nella presentazione sinottica di Adelphi, c'è scritto: Il libro che finalmente ci ha fatto capire che cosa vedessero gli antichi nel cielo.
Giorgio De Santillana è stato un fisico italiano, nato a Roma nel 1901, e costretto dalle leggi razziali a fuggire dal nostro Paese nel 1938 verso gli Stati Uniti. Lì insegnò a lungo al MIT di Boston, occupandosi soprattutto di Storia del Pensiero Scientifico.
E quando nel 1969 l'uomo sbarca sulla luna pubblica un saggio, insieme alla etnologa tedesca Hertha von Dechen, dal titolo suggestivo: Il Mulino Di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo.
La tesi di fondo degli autori è affascinante: la mitologia antica non è solo un racconto epico, ma è il modo in cui dei saggi arcani hanno trasmesso le loro idee e conoscenze sul cosmo e sulla misurazione del tempo. Un pensiero come quello antico non poteva che esprimere in termini mitici quelle che sono verità razionali, matematiche: in una parola, scientifiche. Per questo lo fa attraverso animali nei cieli, storie di Giganti, maghi, fiumi, oceani. Per dimostrare ciò, De Santillana e von Dechen si prodigano in un colossale, erudito e sorprendentemente ricco tesoro di miti, storie, brani che vanno dai miti Norreni a quelli Greci e Romani, da quelli babilonesi a quelli Indiani, dalla Cina fino ai miti Polinesiani e delle grandi civiltà sudamericane, alla ricerca di un fattore comune, una "tragedia cosmologica" che gli antichi erano stati capaci di individuare: la lenta ma inesorabile trasformazione del cielo delle stelle fisse causata dalla precessione degli equinozi. Questa capacità secondo gli autori era già presente in "arcaici saggi" circa 5 mila anni fa, e la saggezza del mito simbolico è stata una pratica che si è perpetuata almeno fino a Platone, secondo loro ultimo "discendente" di questi saggi astronomi.
Invito chiunque sia arrivato a leggere fino a qui a vedere i commenti che il libro ha sui siti sia di lettori che di vendita dei libri. Nella quasi totalità dei casi è considerato un libro capolavoro, un geniale saggio che scardina gli studi del settore, un classico di mitologia comparata.
Quello che invece ho sentito io è che, nonostante lo studio francamente gigantesco e ammirevole delle fonti (che farà aumentare la ingiallita lista di almeno una cinquina di raccolte di racconti mitologici) la tesi del libro (che è di 420 pagine, più 120 di Appendice e 100 di bibliografia) non solo non è dimostrata, ma non è affatto dimostrabile. Detto che è dal punto di vista filologico molto discutibile la qualità e la scelta delle traduzioni e gli autori che sono stati usati per rafforzare l'ipotesi di base, ci sono almeno tre punti storico-critici incontrovertibili:
non è mai stato dimostrato che la precessione degli equinozi sia stata scoperta prima di Ipparco, nel 127 A.C., cosa che invece il saggio pone almeno due millenni prima;
la divisione dello zodiaco in dodici segni da trenta gradi ciascuno, altro punto centrale di tutto il discorso astronomico del saggio, è quasi certamente una convenzione che inizia soltanto nel V secolo a.C. a Babilonia, e non ci sono a 60 anni di distanza dalla pubblicazione di questo libro ipotesi che sia stata architettata 3 mila anni prima;
l’ipotesi di un unico Ur-mito di migliaia di anni fa di natura astronomica è essa stessa un mito, nato nell’Ottocento e ormai improponibile in ambito accademico.
Credo sia la prima volta che parlo di un libro che, per quanto mi abbia stuzzicato e in molti punti anche provocato ammirazione, è davvero complicato, in molti punti intellegibile sotto la cascata infinita di citazioni in lingue più o meno morte, e di rimandi che molto spesso è palese fossero prese per i capelli, e niente affatto evidenti le corrispondenze. A tale riprova, va detto che il libro non uscì mai in ambito accademico, che di per sé non è un male, ma che alla fine è diventato il testo "culto" di un certo fanatismo occultista.
Non mi resta che spiegare il titolo. Amleto prima di essere il protagonista indimenticabile della tragedia di William Shakespeare, è stato uno dei miti fondativi delle popolazioni scandinave. Il racconto più bello è quello che fa Saxo Grammaticus nel De Gesta Danorum (XIII secolo), ma probabilmente si rifà a miti molto più antichi: infatti è possibile risalire da Amleth a Amblothæ, Amladhe ed Amlaighe fino alle saghe islandesi di Amlóði il quale, secondo quanto si racconta nel medievale discorso sull’arte scaldica, “fuori dall’orlo terrestre” possedeva un crudele “mulino di scogli”, mosso da nove fanciulle: per questo una delle kenning – le avviluppate metafore della lirica norrena – per significare il mare è Amlóða kvren, il mulino di Amleto.
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spellfuls · 4 months
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Salma Hayek as Queen of Longtrellis TALE OF TALES (2015)
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soldan56 · 11 months
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Dal racconto dei testimoni l’ipotesi che sta emergendo è che il naufragio sia avvenuto dopo l’intervento della Guardia Costiera greca, che voleva tenere lontano il peschereccio, pare (dai racconti dei superstiti) che la guardia costiera greca non li abbia solo ignorati. Pare sia andata lì a TRAINARE un barcone con 700+ persone per farlo USCIRE dalle acque greche, e che trainandolo troppo velocemente lo abbia fatto cappottare.
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perioddramapolls · 4 months
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Period dramas dresses tournament: Black dresses Round 2- Group B: Elizabeth I, Elizabeth R (pics set) vs Queen of Longtrellis, Tale of tales (pics set)
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libriaco · 4 months
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L'🐘 Bianco
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Nel BURrino di Mark Twain che ho letto qualche settimana fa, c'è un racconto che si intitola My Late Senatorial Secretaryship [ca. 1867], tradotto in italiano come: Il mio ex-impiego di segretario di un senatore [Quello che è nel titolo della raccolta a qualche cinéphile potrebbe ricordare un episodio del film "Il fantasma della libertà" di Luis Buñuel]. A un certo punto del racconto si trova una poesiuola di poche righe:
Cecco Bilecco infilzò in uno stecco: lo stecco si rompe e Cecco va sul ponte; il ponte va in rovina e Cecco s'infarina: la farina si staccia e Cecco si sculaccia
Canzoncina per bambini che mi recitavano (nonno? mamma? nonna?) tenendomi seduto sulle gambe e facendomi sobbalzare. La prima frase però era: "Cecco Bilecco infilato in uno stecco"; da quanto ho cercato rapidamente sembra essere una cantilena toscana.
Controllando l'originale di Mark Twain si legge invece:
Jack and Gill went up the hill To draw a pail of water; Jack fell down and broke his crown, And Gill came tumbling after.
La traduttrice dei racconti, nel 1952, era Oriana Previtali neé Gui (1912-1997), figlia di Vittorio, direttore d’orchestra e fondatore del Maggio musicale fiorentino e moglie di Ferdinando Previtali, come il suocero direttore d'orchestra e compositore.
Ho decisamente apprezzato che la Previtali non si limitasse a volgere in italiano l'originale ma lo sostituisse con un'omologa nursery rhyme nostrana!
Mark Twain, Il furto dell'elefante bianco e altri racconti, Milano, Rizzoli, 1952 [Trad. O. Previtali]
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fairytalemovies · 2 months
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Vincent Cassel as the King of Roccaforte / Strongcliff in Il racconto dei racconti (2015).
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