La dolce vita: Il punto più alto il punto più fragile.
Oui, Je suis content! È il 1960, Marcello vive uno dei momenti più belli della sua vita di attore e di uomo, inizia cosi, la sua "dolce vita". Tutto scorre veloce, il successo gli piomba addosso e d'improvviso, si ritrova ad essere riconosciuto come il latin lover di fama mondiale, l'attore simbolo italiano da mettere in vetrina. In questo vortice di successo, l'uomo viveva il punto più alto e il punto più fragile della sua vita, Marcello riscopre le sue più tangibili inettitudini e debolezze, ritrovandosi per un momento smarrito, in uno status di felicità incosciente. Vive lo spericolato viaggio di una crisi personale che mette alla prova, la conoscenza il perdono e l'accettazione del suo essere uomo virtuoso, inetto, umano, fragile. Lui, fino ad allora, sentiva di essere in qualche modo sbagliato. Eppure, quella dolce vita la accoglie, complice in causa Federico, che riscopre amico, confidente, complice, anima affine. Fino a quel momento, Marcello non sapeva che nome dare alla filia, alla felice libertà di sentirsi se stesso, senza quel retrogusto amaro del senso di colpa. Federico lo guida, lo ascolta e lo comprende. Gli dice che guardarsi come dentro uno specchio può far certamente paura ma, può essere capace di raccontarti bellezza. Marcello lo ascolta, cresce, evolve, si conosce. È il 1960 e per lui, è un nuovo battesimo. Dal punto più alto lui, ha capito che tanto valeva essere, e che il giusto rifugio dal punto più fragile sarebbe stata la cura della comprensione. Da quel momento tutto ha avuto un sapore diverso, sebbene un uomo non possa conoscersi mai abbastanza, Marcello ha capito di essere solo un uomo libero alla ricerca di se stesso, con la giusta cinica comprensione, con il piu adeguato spirito critico che lo contraddistingueva.
Some fan-fiction
Making a get-away
“Where are you going?”
Elbert’s voice sounded in the hallway as Courtney was about to make her escape. Quickly, she thought of an excuse on the fly. It couldn’t be the same as her last alibi, that was for sure.
“Bonnie’s dog died, and she needs some comforting. Don’t wait up for me. I may not be back until late.”
“OK,” he sighed, giving her a distrustful…
Quando gli domandano, cosa ha dovuto imparare dal suo lavoro, risponde sornione: "la pazienza, in questo mestiere si aspetta sempre, è un mestiere fatto di attese il resto non è difficile". La sua propensione alla semplificazione non è una nota a margine. Nella pazienza c'è quel confine di resa che Marcello doveva allenarsi ad adoperare, quella saggezza sottile, che che ha alimentato con l'instancabile perseveranza di chi ha sempre osservato, intrapreso, voluto e sentito di essere nel posto giusto, nel giusto momento. La pazienza, era quel laconico confine da dover imparare a tracciare, quell' estensione del tempo in cui la tolleranza doveva respirare, il giusto peso del tempo da sopportare, lo spazio per l'accoglienza alla lucida lotta alla noia, per lui, che fermo e paziente proprio non ci sapeva stare e per questo Marcello, paradossalmente era il suo stesso contrapposto della sua ben più nota pigrizia. Paziente non lo era affatto, con il tempo lo è diventato, ci si è piegato, ha accolto questa virtù nel bene e nel male allenandosi alla pazienza, imparando il gusto di un'attesa voluta, subita, distillata, mutata in un tempo scandito, certamente più opportuno che non avrebbe mai saputo cedere alla noia, solo per il semplice diletto di farlo. Nella pazienza, c'è la ricerca dell'attesa, la resa alla solitudine, così detestabile per lui, tanto quanto un saggio confine fatuo. Nell'allenamento alla pazienza, c'è la forza motrice morale che gli permette di fare pace con quella solitudine, con quel confine.