Tumgik
#Linea Pelle
sneekpeekinspired · 1 year
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Catherine Malandrino Leopard Faux Wrap Top - $24.99
Ann Taylor The Faux Leather Seamed Side Zip Legging - $7.95
Linea Pelle Drape Waist Chain - $14.97
PrettyLittleThing Silver Diamante Large Heart Hoop Earrings
Open Edit Penni Platform Slide Sandal (Women)- $47.98
0 notes
ilgiardinodivagante · 21 days
Text
Tumblr media
Cos'è davvero l'uguaglianza? È come una chimera, un ideale che sfugge, un concetto che ognuno interpreta a modo suo. Da una parte, c'è chi grida al merito, alla gerarchia, a una sorta di legge della giungla dove vince il più forte. Ma il merito è davvero così oggettivo? Non è che spesso è il frutto di un gioco di carte truccato, dove alcuni nascono già con un asso nella manica? E poi, c'è chi, all'opposto, sostiene che siamo tutti uguali, punto e basta. Ma se siamo tutti uguali, che senso ha valorizzare le differenze? È come dire che un Picasso e un bambino di tre anni che scarabocchia un foglio sono sullo stesso piano.
Io credo che l'uguaglianza sia il fondamento di una società sana, ma non nell'accezione di un livellamento che annulla le individualità. È il diritto di ogni essere umano a partire da una linea di partenza equa, a poter sviluppare i propri talenti, a non essere giudicato per l'origine, il colore della pelle o le preferenze sessuali. Ma questo non significa che tutti debbano fare lo stesso lavoro o raggiungere gli stessi traguardi. Un medico e un poeta hanno ruoli diversi, ma entrambi sono essenziali per la nostra società.
Il problema nasce quando confondiamo l'uguaglianza con l'uniformità. È come se volessimo tutti indossare la stessa taglia di scarpe, senza renderci conto che ognuno ha un piede diverso. Certo, possiamo creare delle scarpe standard, ma poi ci saranno sempre quelli a cui stringono e quelli a cui sono larghe.
La meritocrazia, se intesa nel modo giusto, può essere un motore di crescita. Ma deve essere una meritocrazia inclusiva, che non lasci indietro nessuno. È illogico pensare che un bambino cresciuto in un ambiente privo delle risorse fondamentali possa, senza alcun supporto, raggiungere gli stessi risultati di un suo coetaneo cresciuto in un contesto privilegiato. Dobbiamo creare delle reti di sostegno, delle rampe di lancio per chi parte svantaggiato.
Tumblr media
E poi c'è la questione della libertà di espressione. Certo, ognuno ha diritto a dire la sua, ma non tutte le opinioni hanno lo stesso valore. Un'idea ben argomentata, frutto di una profonda riflessione, è diversa da un'opinione buttata lì tanto per dire. E non dimentichiamo che la libertà di espressione ha dei limiti. Non possiamo gridare al fuoco in un cinema, né diffondere notizie false che possano danneggiare gli altri.
Per costruire una società più giusta ed equa, dobbiamo prima di tutto affrontare le contraddizioni e le sfide che ci troviamo ad affrontare. Come possiamo conciliare il principio di uguaglianza con quello di meritocrazia? Viviamo in un'epoca contraddittoria, dove si invocano i valori di pace e fratellanza, ma si perpetuano le disuguaglianze. Più parliamo di uguaglianza, più il divario tra ricchi e poveri sembra allargarsi.
Ci chiediamo allora: vogliamo davvero una società più equa? E se sì, perché le nostre azioni non corrispondono a questo desiderio? Siamo disposti a mettere in discussione i nostri privilegi per costruire un futuro più giusto? Le risposte a queste domande sono fondamentali per definire le azioni concrete che dobbiamo intraprendere.
Insomma, la strada verso l'uguaglianza è lunga e tortuosa. È un percorso che richiede impegno, dialogo e soprattutto onestà intellettuale. Dobbiamo essere disposti a mettere in discussione le nostre convinzioni, a uscire dalla nostra comfort zone e ad ascoltare le ragioni degli altri. Solo così potremo costruire una società più giusta e più equa, dove ognuno possa realizzarsi e trovare il proprio posto.
Questo blog è il mio piccolo angolo creativo. Ogni parola e ogni immagine presente in questo post è frutto della mia immaginazione. Se ti piace qualcosa, condividi il link, non copiare.
13 notes · View notes
anchesetuttinoino · 3 months
Text
La pallavolista si era sentita offesa da «Il mondo al contrario». Il giudice: «Frase forse impropria, ma non denigra nessuno». L'aitante Roberto Vannacci mura anche Paola Egonu. La pallavolista della nazionale italiana aveva denunciato per diffamazione il neo eurodeputato della Lega perché si sentiva offesa da un passaggio del suo bestseller, ma il gip di Lucca, accogliendo la richiesta della Procura, ha archiviato l'accusa. Nessun insulto e nessuna denigrazione da parte del generale, si legge nella sentenza, ma al massimo una frase che «può ben essere valutata come impropria e inopportuna». Insomma, per una volta vince la libertà di pensiero, al di là del fatto che un concetto possa essere valutato più o meno elegante, raffinato o in linea con mode e contesti. I reati penali sono altra cosa, ma le denunce infondate per diffamazione sono ormai una forma di intimidazione. La pallavolista si era sentita offesa per un paio di passaggi del Mondo al contrario, dedicati direttamente a lei, che al festival di Sanremo dell'anno scorso aveva accusato l'Italia di essere un Paese razzista. «Anche se è italiana di cittadinanza, è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l'italianità», regola i conti Vannacci. Fattuale, ma non esattamente Il tipo di sottolineatura che a una cena verrebbe ritenuto educato. Al generale tuttavia non manca il coraggio e sempre nel suo pamphlet spiega: «Quando vedo una persona che ha la pelle scura non la identifico immediatamente come appartenente all'etnia italiana non perché sono razzista, ma perché da 8.000 anni l'italiano stereotipato è bianco». E qui davvero ce ne voleva per vedere un insulto, anche perché Vannacci al massimo ha detto una banalità sul riconoscere «immediatamente» un italiano e poi perché ‘aggettivo «stereotipato» non è esattamente né un complimento né un richiamo a presunte superiorità.
----
Già, come se io andassi a vivere in Senegal e vi prendessi la cittadinanza, mai potrei essere identificato come originario del luogo.
Mi pare ovvio.
11 notes · View notes
susieporta · 5 months
Text
Tumblr media
“Non mollerò finché non l’avrò trovata”.
La voce è quella di Giovanni Soldini, in quel momento ha 33 anni e sta correndo la Around Alone, la più dura regata intorno al mondo in solitaria mai concepita. Un uomo, una barca a vela, tre Oceani. Giovanni è terzo, dietro a Marc Thiercelin e Isabelle Autissier. È il 16 febbraio del 1999 e dalla radio di bordo arriva un Sos: l’imbarcazione Prb di Autissier, la prima classificata, si è cappottata e ora si trova alla deriva da qualche parte in mezzo al Pacifico, tra Auckland e Punta del Este, a 2000 miglia in linea d’aria circa da Capo Horn.
Giovanni non ci pensa due volte. Abbandona la propria rotta sicura a nord e si dirige a sud con la sua “Fila”, dritto contro l’Oceano in tempesta. Un solo pensiero in testa: salvare Isabelle, l’amica Isabelle, l’avversaria di decine di regate. Giovanni ha solo un vago segnale di soccorso e un’area di 5 miglia quadrate da setacciare palmo a palmo. Trovare uno scafo rovesciato in un tratto di mare di quelle dimensioni, in balia di cavalloni alti 4 metri, tra i chiaroscuri di un’alba che non arriva mai, è un po’ come cercare una pallina da flipper in un campo da football. Ma Giovanni non si dà per vinto. Non può farlo. Ha deciso. “Non mollerò finché non l’avrò trovata”.
Prima di essere un velista di fama mondiale, Giovanni è un marinaio, conosce le leggi del mare e i codici della navigazione. Giovanni non crede in Dio, ma sa che la vita là in mezzo è sacra. Dopo quasi un’ora di furibonda ricerca, alle 5.55 ora locale (le 15.25 in Italia), Giovanni trova la Prb, porta in salvo Isabelle e invia un succinto comunicato al centro operativo di gara: “Salve, qui Fila. Isa è a bordo con me. Stiamo tornando in gara.”
Giovanni fa sul serio. Riprende la rotta a nord, recupera il tempo perso, rimonta chi nel frattempo l’ha superato, scavalca Thiercelin e, meno di due mesi più tardi, il 9 maggio dello stesso anno trionfa sul traguardo di Charleston (South Carolina). È il primo italiano ad aver vinto un giro del mondo in solitaria, il primo uomo ad averlo fatto dopo aver salvato una donna, una concorrente, un’amica. Un essere umano.
Sono passati 25 anni esatti da allora e cinque dal post a cui sono in assoluto più legato. Giovanni tra pochi giorni compierà 58 anni, nel frattempo ha stabilito un’altra decina di primati e infranto ogni record in infinite specialità diverse. Al suo fianco, in ogni vittoria e nelle rare sconfitte, per cinque anni c’è stato un marinaio che di nome fa Tommaso Stella, 7 anni meno di Giovanni e una vita passata al timone.
A un certo punto Tommaso ha salutato Giovanni ed è partito volontario per una nuova missione: salvare vite in mare con una ong nel Mediterraneo. Niente più gare, niente più record, nessun avversario da battere. Soltanto silenzio e acqua a perdita d’occhio, per miglia e miglia. E poi la disperazione umana che ti arriva addosso all’improvviso, insieme a 60 migranti a bordo di un gommone non più lungo di un pulmino e non più largo di una Panda, perso da qualche parte alla deriva, a mollo sopra un cimitero senza croci né lapidi, inseguito da una motovedetta libica carica di uomini armati.
Tommaso carica i migranti a bordo della sua barca a vela, che si chiama Alex e curiosamente ricorda quella di Giovanni, e fa rotta verso l’Europa a tutta velocità, seminando i libici e il terrore e l’inferno dei lager, anche se quello non se ne va mai per davvero. A un certo punto sembra quasi una gara, come ai vecchi tempi con Giovanni, ma in palio ora non c’è un trofeo, e il cronometro segna solo il tempo che separa le persone dal limite di sopportazione umana. E gli arbitri non sono più giudici di gara, come un tempo, ma leggi disumane, governi spietati e ministri che giocano sulla pelle dei migranti, sulla pelle di tutti loro. E in quel momento Tommaso forse si ricorda di Isabella e di quella regata nel Pacifico di vent’anni anni prima e si chiede cosa avrebbe fatto Giovanni al suo posto. È un attimo, prima di puntare la prua verso il porto sicuro più vicino, senza chiedere il permesso a nessuno, senza chiedersi i rischi che corre, le multe che dovrà pagare, le leggi che violerà. In mare è tutta questione di tempo, e qui è scaduto da un pezzo, ogni attimo potrebbe essere decisivo. Tommaso attracca al molo di Lampedusa alle 5 di pomeriggio di un sabato di luglio di cinque anni fa, insieme ai 46 migranti rimasti e agli altri dieci uomini dell’equipaggio. Rimedia 16mila euro di multa e un’indagine per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma non è mai stato così felice nella sua vita. Si sente pieno, realizzato. Un uomo. Come mai gli era capitato prima di allora.
Giovanni in quel momento è a casa, in attesa di preparare una nuova sfida, quando apprende, come tutti, dell’impresa del suo vecchio skipper e compagno di tante traversate. E, quando un giornalista gli chiede cosa ne pensa, lui che da quarant’anni solca i mari di tutto il globo e ha visto passare più acqua sotto lo scafo che tutti i leghisti, i razzisti e gli hater di Italia messi insieme, Giovanni dice solo due cose. Dice: “Bravo Tommaso, hai fatto il marinaio”. E poi spiega meglio: “Da migliaia di anni queste cose esistono. I romani e i greci tiravano su la gente, mica la lasciavano in mare. Quando trovi uno che galleggia per miracolo, intanto lo tiri su. I distinguo, per quanto mi riguarda, si fanno a terra. Cinquanta persone su una barca da 18 metri sono una situazione di sopravvivenza. E, credetemi, se trascorri 48 ore in mare, i dubbi ti passano.”
Uno di cognome fa Soldini, l’altro Stella. Sono capitani, sono marinai, sono italiani. Sono colleghi, sono vecchi amici che avresti voglia di abbracciare. Sono vita vissuta controvento, sono alberi maestri che non si piegano, sono pelle scottata al sole, sono storie di mare. Sono Storia di un Paese che vogliono cancellare, nascondere, censurare, infangare, incriminare, e che abbiamo il dovere di raccontare.
Lorenzo Tosa
17 notes · View notes
sara-saragej · 1 year
Text
Tumblr media
Il cavallo possedeva al massimo una qualità che faceva dimenticare tutti i suoi difetti; aveva il “sangue”, sangue “che si fa sentire”, come dicono gli inglesi.
I muscoli fortemente rilevati al di sotto della rete delle vene, distesi sotto la pelle sottile, mobile e liscia come raso, sembravano duri come ossa. La testa asciutta, con gli occhi in rilievo, luminosi e vivi, si allargava verso le froge prominenti dalle membrane iniettate di sangue all’interno.
In tutta la linea della cavalla, e in particolare nella testa, c’era qualcosa di volitivo e nello stesso tempo di dolce. Era una di quelle bestie che sembra non parlino solo perché la conformazione della loro bocca non lo permette.
(Lev Tolstoj)
Tumblr media
Buon Pomeriggio ☕
123 notes · View notes
mynameis-gloria · 1 year
Text
Tumblr media Tumblr media
Durante il periodo del covid (ben due anni fa) causa mascherine e la loro composizione, lavoro, stress e chissà forse proprio per il periodo in sè, la mia pelle del viso aveva subito cambiamenti, negativi. Non avevo mai sofferto di acne, brufoli, cisti e segni, e questo mi ha creato disagi più estetici e mentali che di salute, ricorrendo a visite dermatologiche per comunque capirne la causa (dette sopra) e soprattutto come rimediare. Devo dire che ho trovato subito la pareri competenti e la giusta cura e da qui a due anni, pian piano e con la dovuta pazienza e accuratezza, ho notato grandi miglioramenti. Ho iniziato a prendermi cura in maniera diversa della mia pelle, tra skincare, routine e nuove abitudini. E i risultati li ho visti!
Da qualche mese però ho voluto provare questa linea di integratori alimentari completamente naturali, un pò per curiosità (ed il mio buon lato cinico) ed un pò perché era la prima volta nel magico mondo degli integratori, dato che non ne ho mai assunti!Posso dire che mi ha stupito e sorpreso e che sicuramente questi mesi hanno contributo al miglioramento della mia pelle delicata e sensibileee. Oltre alla cura di per sé, mi piace com'è organizzata e gestita, il loro packaging, il servizio ma soprattutto i principi attivi che usano, e no non mi sta pagando nessuno, sto scrivendo un papiro così perché mi va, che stamattina mi sono svegliata ispirata per condividere questo mio aspetto ed esperienza, e mannaggia a loro che nemmeno vedranno questa mia dote, non sarei male come loro Ambassador eh? Si dice così no? nel mondo social :)
Battute e ironia a parte, in tre mesi ho visto miglioramenti più rapidi ma soprattutto una luminosità che prima non avevo! E ne sono felice. Per tutti questi piccoli traguardi che sto raggiungendo sul mio corpo e sulla mia persona.
Non è facile e ci vuole pazienza, ed è bello perciò ogni tanto soffermarsi, tornare sui passi fatti, guardarsi ed essere orgogliosi.
Tumblr media Tumblr media
Inutile scrivere quale sia il prima :)
57 notes · View notes
Text
Loro dicono che hanno paura delle cose brutte.
La voce alta. Il dito puntato contro come una minaccia. Lo sportello dell’auto o la porta di casa chiusa talmente forte da rimbombarti nelle orecchie e nelle ossa. Uno schiaffo. O una bugia a cui avevi creduto ciecamente.
Ma alle cose brutte ti ci abitui. Le lacrime finiscono e i brividi si sciolgono in sudore freddo. Le labbra si tendono in una linea sottile e le spalle si incurvano sotto a un peso che abbiamo smesso di sperare che smetta di aumentare. Perché non accadrà.
E la voce alta diventa lontana, e la pelle dopo essere percossa smetterà di bruciare e l’ansia non ci stringerà più la gola così forte.
A me spaventano le cose belle.
Il sorriso che si forma quando pronuncia il tuo nome. Il modo in cui ti sfila dalle dita gli scontrini che stai strappando nervosamente, per poi prenderti le mani tra le sue, e stringerle un po’ più forte, qundo la voce ti trema. Le parole che dici distratta, ma che lui si ricorda talmente bene da inserirle nei vostri discorsi, e attendere silenzioso che anche tu te ne accorga. Tutti i dettagli più piccoli e insignificanti che lui conserva e valorizza. Perché sono anch’essi parte di te.
Sono quelle piccole attenzioni che gridano “mi sto prendendo cura di te” ciò a cui non ti abituerai mai. E che più a fondo ti feriranno. Portandoti a chiudere i pugni dentro le tasche, e a distogliere lo sguardo mentre parli, e a fuggire le carezze, e a stringerti nelle spalle, achiacciarti nel silenzio, al posto che fantasticare su un ipotetico futuro, o sui progetti che vorrete realizzare assieme.
Alle cose brutte ci si può abituare. A quelle belle no. E quando finiscono, tu finisci con loro.
81 notes · View notes
vuotipienidite · 1 year
Text
quante volte ci siamo detti che avremo scalato il cielo mano nella mano
e superato anche il gelo solo restando un po’ più vicino
ogni stella ha chiesto il tuo nome per brillare come te
perché sei oltre quello che tu sai vedere.
tu sei
oltre il mare e le sue alte maree
tu sei
oltre le città ed il rumore assordante della gente
tu sai
cascarmi addosso come pioggia e superare quella linea sottile che c’è tra scivolarmi sulla pelle ed entrarmi dentro
tu sai
danzare nella mia testa mille mila ancora volte senza stancare mai i passi miei.
sei nei miei pensieri così tanto tempo che ho capito che non hai fine
sei l’universo intero e anche il viaggio che mi ci porterà per tutta la vita
15 notes · View notes
princessofmistake · 2 months
Text
Con casto cuore, con occhi puri, ti celebro, bellezza, trattenendo il sangue perché sorga e segua la linea, il tuo contorno, perché tu entri nella mia ode come in terra di boschi o in schiuma: in aroma terrestre o in musica marina. Bella nuda, uguali i tuoi piedi arcuati per un antico colpo di vento e del suono che tu origliasti, chiocciole minime dello splendido mare americano. Uguali sono i tuoi petti di parallela pienezza, ripieni delle luce della vita, uguali volano le tue palpebre di frumento che scoprono e nascondono due paesi profondi nei tuoi occhi. La linea che la tua schiena ha diviso in pallide regioni si perde e sorge in due limpide metà di mela e continua separando la tua bellezza in due colonne di oro bruciato, di alabastro fino, a perdersi nei tuoi piedi come in due uve, da dove nuovamente arde e si eleva l'albero doppio della tua simmetria, fuoco florido, candelabro aperto, turgida frutta alzata sopra il patto del mare e della terra. Il tuo corpo, in quale materia, agata, quarzo, frumento, si plasmò, crebbe come del pane si alza la temperatura, e segnalò colline argentate, valli di un solo petalo, dolcezze di profondo velluto, fino a rimanere cagliata la fine e ferma forma femminile? Non soltanto è luce che cade sopra il mondo quella che allunga sul tuo corpo la sua neve soffocata, finché si stacca da te la chiarezza come se fosse incendiata da dentro. Sotto la tua pelle vive la luna.
2 notes · View notes
ilgiardinodivagante · 23 days
Text
Tumblr media
Io credo che la vera politica sia un'eco profonda, un'onda che si propaga non per imposizione, ma per risonanza. Tutti siamo attori di questa commedia, ma spesso ci dimentichiamo che il nostro ruolo va ben oltre l'essere semplici spettatori. La politica che ci viene propinata oggi è un gioco di potere sterile, un tentativo di modellare gli altri come argilla, ignorando che ogni individuo è un universo a sé.
Ci vorrebbe una politica che sia un faro, che indichi una direzione non con l'imperativo, ma con l'esempio. Una politica che nasca da un'esperienza personale, da una trasformazione interiore. Chi ha sperimentato sulla propria pelle il potere della crescita, chi ha afferrato la bellezza di un'armonia interiore, dovrebbe sentire il bisogno di condividere questa scoperta, non per imporla, ma per offrirla come un dono. Un dono che si riceve, si assapora e, se lo si desidera, si rigenera.
Finché la politica continuerà a essere un gioco di forza, un tentativo di manipolare dall'esterno, non potremo mai conoscere la vera evoluzione. Non capiremo che il potere più grande è quello che abbiamo su noi stessi. Possiamo tentare di controllare il mondo esterno, ma è come cercare di afferrare l'acqua con le mani: più stringiamo, più ci sfugge.
Cerchiamo soluzioni ai mali del mondo, ma non le troveremo mai in leggi e regolamenti. Possiamo costringere le persone a rispettare delle norme, ma non possiamo costringerle a cambiare cuore. Le leggi possono impedire che si commettano reati, ma non possono far nascere un senso di responsabilità e di rispetto per gli altri.
Il problema è che viviamo in un mondo sempre più frammentato, dove l'anonimato regna sovrano e l'indifferenza è diventata la norma. Siamo come atomi che si scontrano senza mai toccarsi veramente. Anche nel mondo virtuale, dove la distanza fisica è annullata, ci nascondiamo dietro maschere e filtri, costruendo identità false e cercando l'approvazione degli altri.
È fondamentale ritrovare il senso di comunità, riallacciare i fili di un dialogo autentico. Dobbiamo imparare a confrontarci con le opinioni degli altri, a rispettare la diversità, a coltivare un pensiero critico. Dobbiamo smettere di cercare risposte preconfezionate e iniziare a porci delle domande.
Io credo che la soluzione passi da ognuno di noi. Dobbiamo essere coerenti tra ciò che pensiamo e ciò che facciamo. Dobbiamo essere i primi a mettere in pratica i valori che predichiamo. Dobbiamo diventare noi stessi il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo.
Tumblr media
Ma torniamo a noi: perché ricerchiamo così tanto il riconoscimento degli altri? Chi siamo veramente al di là delle etichette e dei ruoli che la società ci impone? Perché troviamo più facile seguire la massa, anche quando sappiamo che non è la strada giusta? Cosa ci impedisce di ascoltare la nostra voce interiore e di seguire il nostro cuore? Ognuno di noi dovrebbe porsi queste domande e cercare una risposta sincera.
Io cerco di vivere in armonia con i miei valori. Cerco di essere autentica, di ascoltare gli altri, di imparare dagli errori. Vedo gli altri non come avversari, ma come specchi in cui riflettermi. Osservo le mie reazioni, le mie emozioni, e cerco di comprenderle. Non cerco di cambiare il mondo esterno, ma di trasformare me stessa.
E tu, ti sei mai chiesto se le tue azioni sono in linea con i tuoi valori? Se le tue parole corrispondono davvero a ciò che pensi? Iniziamo da noi stessi, per poi estendere questo cambiamento al mondo che ci circonda.
So che questa è una strada lunga e difficile, ma sono convinta che sia l'unica possibile. Se ognuno di noi facesse un piccolo passo in questa direzione, potremmo creare un mondo migliore, un mondo più giusto, un mondo più umano.
Questo blog è il mio piccolo angolo creativo. Ogni parola e ogni immagine presente in questo post è frutto della mia immaginazione. Se ti piace qualcosa, condividi il link, non copiare.
2 notes · View notes
vogliediprimavera · 1 year
Text
Bagnarsi
Si trovò completamente fradicia, in mezzo ad un bel temporale fuori stagione. Tornò a casa e decise di fare un bagno caldo, sicuramente fuori orario, ma di cui sentiva l'impellenza.
Mentre preparava la vasca lo videochiamò per rassicurarlo di essere a casa e per evitare di essere disturbata nella mezz'ora successiva così da godersi la pace e il tepore che ora voleva.
Ma lui le disse di non chiudere la chiamata. Le chiese di posare il telefono con la videocamera accesa, disse che l'avrebbe seguita nel suo rito in silenzio e di fare tutto ciò che doveva sentendosi sola, ma osservata. Lei rimase un attimo a pensare se assecondarlo, forse a pensare anche a tutti gli uomini, oltre a lui, dai quali avrebbe voluto farsi osservare mentre faceva il bagno. La sua fica era già bagnata ed iniziò a pulsare di quel desiderio che da qualche giorno non era soddisfatto.
Tumblr media
Cominciò a spogliarsi. Gesti lenti e più accentuati del normale, movimenti sinuosi come le sue misure, quelle delle attrici degli anni settanta. I pantaloni scesero lentamente mostrando il sedere sodo e il piccolo perizoma che lo incorniciava. La maglietta, che prima stringeva il seno, si sollevò liberandolo e facendolo sobbalzare.
Si avvicinò al telefono mostrando bene il seno ed accese la playlist che sentivano sempre quando facevano il bagno insieme. Poi si girò di spalle e si abbassò per sentire la temperatura dell'acqua. Nuda, con il suo splendido fondoschiena sodo in primo piano e le gambe lunghe e affusolate.
Tumblr media
Si voltò a guardare lo schermo, si passò una mano tra i capelli per spostarli di lato, poi scese accarezzando i capezzoli in tiro e sfiorandosi il corpo. Le piaceva la sua pelle, morbida e liscia. La mano scese sfiorando il corpo solo con i polpastrelli fino ai fianchi per poi girare sulla linea delle natiche. Quel movimento ed il contrasto tra il corpo nudo e il calore che usciva dalla vasca le fece venire la pelle d'oca. Appoggiò le mani sul bordo della vasca e alzò una gamba per entrarvi. Si allargò esattamente davanti al telefono mostrando tutta la sua nudità intima, la sua fica ben rasata e già pronta a quel momento.
Tumblr media
Dall'altra parte del telefono si sentì un primo sospiro, un segno che lui stava apprezzando.
Era appena entrata nell'acqua calda, il vapore saliva nell'aria, si girò verso il telefono con quello sguardo, quello sguardo che senza parlare stava dicendo: ho appena cominciato, mettiti comodo.
22 notes · View notes
Text
Un'erezione, un'erezione, un'erezione, un'erezione triste
Per un coito molesto, per un coito modesto, per un coito molesto
Spermi, spermi, spermi, spermi indifferenti
Per ingoi indigesti, per ingoi indigesti, per ingoi indigesti
Io attendo allucinato la situazione estrema
Un grande sogno nitido chiedendo alla tua pelle
Con dita di barbiere un'amorosa quiete, un'amorosa quiete
Sfiorarti come a caso con aria imbarazzata
Atmosfera pesante, elogio alla tensione
Tranquillità assoluta, tranquillità assoluta, tranquillità assoluta
Un rapimento, un'estasi
Sul punto delicato, questa non è una replica
Facile e leggera, non è una mossa tattica
Mi ami?
Mi ami?
Mi ami?
L'affinità elettiva è orfana di futuro
Disturba i progetti, rapisce la quiete
Svela i conti in sospeso
Accarezzati in sogno in un tempo spezzato che gira, rigira
Ritorna all'inizio, non vuole finire
Mi ami?
Mi ami?
Mi ami?
Smettila di parlare, avvicinati un po'
Smettila di parlare, avvicinati un po'
Smettila di parlare, avvicinati un po'
Smettila di parlare, avvicinati un po'
3 notes · View notes
schizografia · 8 months
Text
Tumblr media
Le ho inviato ieri, tramite il mio amico dott. Pagel, un’immagine a grandezza naturale della mia amata,  che la prego di imitare fedelmente e di trasformare in realtà con l’impiego di tutta la sua pazienza e sensualità. Presti molta attenzione alle dimensioni della testa rispetto a quelle del collo, del petto, del tronco e alle misure degli arti.
E si prenda davvero a cuore il profilo del corpo.
Ad esempio la linea del collo verso la schiena, la curva del ventre. ...
La prego di rendere possibilmente godibili al tatto quelle zone in cui gli strati di grasso e i fasci muscolari lasciano improvvisamente il posto ad uno strato di pelle e tendini da cui poi viene in superficie un qualche osso, ad esempio la tibia, le ossa del bacino e del ginocchio, le estremità della scapola, della clavicola e dell’omero. ...
Vorrei che il ventre e i muscoli più grossi della gamba, della schiena ecc. avessero una certa consistenza e corposità. ...
La pelle sarà fatta della stoffa più sottile che ci sia, seta morbida o lino sottilissimo e dovrà essere modellata a piccole superfici.
Sto cercando di sapere da un chimico (forse il dott. Pagel scriverà al Consigliere Segreto prof. dott. Wilhelm Oswald di Grossbothen vicino a Lipsia) se la seta potrà essere trattata chimicamente in modo che aderisca all’ovatta senza che struttura e aspetto vengano alterati.
Si tratta per me di qualcosa che devo abbracciare!
Lettera di Kokoschka a Hermine Moos
7 notes · View notes
la-scigghiu · 1 year
Text
Tumblr media
Mattine allo specchio, con un filo di voce ricami l’istante nella sospensione della sorte, sull'orlo che congiunge labbra e pelle. il bocciolo si dilata come resa di foglie. Scivoliamo nella coincidenza di lingua che diventa pioggia, occhi dipinti, piedi nudi, il respiro si fa goccia, il ventre, le scapole, il cuore un mare puro come una camelia, sulla linea del giorno che chiude la porta.
.🦋.
🔸Stefano Carter
10 notes · View notes
libero-de-mente · 7 months
Text
LINEE
Ci sono linee e linee.
Quelle che sono confini, quelle che segnano la pelle, cicatrici di sofferenza. Tagli.
Io vedo gli esseri umani come linee.
Quelli che sono linee simmetriche, per loro la perfezione.
Quelli che sono linee asimmetriche, sentendosi delle imperfezioni.
Esistono molte linee.
Da quelle rette, formate da tanti punti (obiettivi) che vengono raggiunti uno dopo l'altro.
Le linee rette possono non incontrarsi mai. Al massimo si possono incrociare, una volta, con altre linee rette.
Sto parlando di persone, di vite vissute.
E come la vita esistono linee spezzate. Che cambiano bruscamente direzione.
Io amo le linee curve, quelle che si muovono cambiando spesso direzione. Non per incostanza o indecisione, ma perché vogliono raggiungere obiettivi disparati. Anche diversi e non allineati.
Amo le curve. Come quelle nei corpi di chi si crede imperfetto per questo. Perché l'imperfezione è per me la perfezione.
Ciò che è stereotipato e convenzionalmente perfetto, stanca. Diventa monotono.
Amo le linee curve nei pensieri. Come i miei ragionamenti.
Quelli che pensano e ragionano facendo le curve percorrono più strada nei loro cervelli.
Quando arrivano comunque a destinazione, hanno pensieri con più soluzioni, esperienza e visto paesaggi magnifici.
Ci sono linee nel cielo, ci sono linee sulla terra. Le più affascinanti sono le linee delle anime.
Persone che ti impongono delle linee, da non oltrepassare, per supponenza o per difesa. Quando una persona cancella un pezzettino di linea, per farti passare, ritieniti al settimo cielo.
Esiste chi la sera si addormenta tra righe vuote e lacrime represse, non sapendo che esiste qualcuno che vorrebbe riempire le sue righe, quelle righe, con parole che farebbero sorridere.
Linee. A molti interessa quella fisica, ad altri quella di connessione, c'è chi aspetta alla fermata di una linea un autobus per partire. O tornare a casa.
Chi segue una cattiva linea, chi la linea la scavalca perché protesta.
La linea può essere una direzione che prendiamo, giusta o sbagliata, la si segue perché convinti. Per via di un pensiero lineare. In alcuni casi troppo.
Si tracciano linee con dei programmi rispettando dei punti fissi, ma c'è chi invece le traccia a mano libera. Con armonia.
Trovate la vostra linea, seguitela danzando, non abbiate paura se si allontana dalle altre linee parallele, quelle ben definite da dei punti fissi.
Avrete più occasioni di incontrare altre linee, di seguirle in parallelo sempre più vicini e con tantissimi incroci di traiettoria. Intrecciandosi.
Senza punti fissi, decisi da qualcuno o imposti.
Una linea ti può ingannare, un'altra linea ti può segnare il percorso giusto.
Siamo linee, siamo fatti per incontrarci e intersecarsi sempre più spesso.
Diversamente si vivrà come una linea solitaria, fino al giorno in cui si raggiungerà un certo punto.
Il punto che sta alla fine.
Punto.
5 notes · View notes
gregor-samsung · 1 year
Text
“ Seduta sul letto, con la camicia da notte scomposta sul corpo e le gambe nude fino al biancore dei fianchi, lasciavo che la brezza della notte arrivasse dal balcone aperto sulla strada silenziosa. Stava esplodendo l’estate, benché si fosse ancora in maggio, e l’odore passo e carnale di certe rose gialle che fioriscono in quel mese giungeva fino a dentro la stanza, e si mescolava all’odore stralunato del mio corpo. A tratti, quand’anche non sudassi, sentivo giungere gli effluvi delle mie ascelle, laddove una tenue peluria bionda era cresciuta a proteggere l’incavo che, dalle braccia, sale fino alla morbidezza dei seni. Se infilavo le mani in quel punto segreto e pudico della mia femminilità, scoprivo di non sapere quand’era accaduto che avessi dismesso le sembianze fanciulle per divenire una donna. Mi annusavo lentamente, con una voluttà senza memoria, scoprendomi a me stessa per la prima volta; mi cullavo dolcemente, come si culla un bambino stretto fra le braccia, e ripetevo piano il mio nome, come se a chiamarmi fosse lui: “Chiara!” sussurravo, “Chiara! ” E nel sentire il suono del mio nome, immaginavo che lui tremasse intenerito. “Chiara! Moglie mia!” ripetevo, mentre le braccia incrociate attorno al corpo, mi stringevano con forza dolorosa. Sentivo aggiungersi, all’odore della pelle, un aroma pungente di succhi segreti che il corpo, languidamente, scioglieva. Dondolavo profondamente cullandomi nell’abbraccio, e l’aria della notte mi accarezzava con un brivido meraviglioso. Oh! Mi sarei amata anch’io: ero bella, e la bellezza mia non era muta. Un piacere sottile si irradiava per tutto il cammino dei nervi, e le tempie, mano a mano, battevano un ritmo denso e convulso. Le mani, sciolto l’abbraccio con cui mi cingevo, corsero al cuscino che ristava abbandonato sul letto. Con un gesto impetuoso, lo abbracciai come fosse stato il mio amato, e mi volsi a esso affamata d’amore. Lo accarezzavo come se, sotto le mie mani, ci fosse non il grezzo lino, ma la sua cara pelle sconosciuta ai miei sensi; chiudevo gli occhi e lo cercavo con la punta sensibile delle dita: qua c’era l’incavo leggero del naso, proprio dove la fronte diritta e breve inizia correndo fino all’attaccatura dei capelli riccetti e lucidi che gli coronano il capo, come un’aureola cupa. Qua ci sono le orecchie grandi e attaccate alla testa, con i lobi carnosi e tondi che si arrossano lievemente per l’eccitazione; se li sfioro per caso, mi giunge l’ondata del loro calore. Qua, seguendo a occhi chiusi la linea degli zigomi, si giunge fino alla mascella dura, da zingaro e, accarezzando con un brivido la barba che cresce ruvida e insieme tenera, si tocca la fossetta sul mento; un ammicco lievissimo di quella più aperta che ha sulla guancia. No! Non gli tocco le labbra carnose e sanguigne che si chiudono sui denti bianchi e aguzzi da animale carnivoro. Lentamente, inghiottendo saliva arida, percorro la linea struggente degli occhi; quel richiamo doloroso al mio sangue che fiammeggia sotto la sua fronte. Questi occhi catturanti dei D’Auria: così belli e così malinconici; così appassionati e così vuoti; così avveduti e così folli. In questi occhi vorrei perdermi per sempre, anima mia! Così sussurro, mentre cerco la bocca che intanto si è schiusa sui denti che illuminano la notte. Poso le mie labbra sulle sue in un bacio casto come il primo suggimento di un neonato. “Vita mia!” lo imploro, e sento che non vivrò senza di lui. “
Mariateresa Di Lascia, Passaggio in ombra, Feltrinelli (collana I Narratori), 1995¹; pp. 241-242.
12 notes · View notes