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#Michele Smargiassi
drrestlesshate · 28 days
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apropositodime · 2 months
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Siamo nel periodo dell'anno in cui milioni di persone pisciano in mare guardando poeticamente l'orizzonte.
Michele Smargiassi
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ussignur · 1 year
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Lo spazio fotografico è uno spazio ludico, di rifugio e di sogno.
- Michele Smargiassi
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lamilanomagazine · 2 years
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Modena, in uscita l'ebook Carezze al mondo
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Modena, in uscita l'ebook Carezze al mondo. È on line il nuovo ebook del Dondolo "Carezze al mondo", il testo inedito che Michele Smargiassi, giornalista e studioso della fotografia, dedica all’amicizia poetica e intellettuale del fotografo Luigi Ghirri, di cui ricorre il trentennale della morte, con lo scrittore Gianni Celati. Il nuovo ebook, come gli altri pubblicati dalla casa editrice digitale del Comune di Modena diretta da Beppe Cottafavi, si può scaricare gratuitamente dalla piattaforma digitale Mlol. Luigi Ghirri, il più importante fotografo italiano della nostra epoca, nasce il 5 gennaio 1943 a Scandiano, vicino a Reggio Emilia e muore improvvisamente nella sua casa di Roncocesi il 14 febbraio 1992. A conferma che la fotografia entra a far parte di una nuova narrazione del paesaggio italiano insieme ad altre "scritture", per la mostra "Viaggio in Italia" nel libro con il testo critico di Arturo Carlo Quintavalle appare lo scritto di Gianni Celati, uno dei maggiori scrittori della nostra epoca, "Verso la foce. Reportage per un amico fotografo". Di questa amicizia dà conto il testo di Smargiassi. Luigi Ghirri ha vissuto e lavorato per molto tempo a Modena dove conosce l’artista concettuale Franco Vaccari e con lui approfondisce alcune fondamentali riflessioni intorno al ruolo della fotografia nell’ambito dell’arte contemporanea. Nel 1972 a Modena, presso la hall del Canalgrande Hotel – circolo Sette Arti Club, presenta la sua prima mostra personale intitolata "Luigi Ghirri. Fotografie 1970-71", frutto di una selezione realizzata insieme a Franco Vaccari, autore dell’introduzione al catalogo. Realizza poi Km 0.250, la riduzione fotografica in scala 1:10 del muro perimetrale dell’autodromo di Modena ricoperto di manifesti pubblicitari. A metà degli anni 70 va a vivere con Paola Borgonzoni in un appartamento del centro storico di Modena. Nella penombra della nuova casa inizia un nuovo lavoro, "Identikit". Fotografando in luce naturale i propri oggetti, i dischi, i libri della sua libreria, realizza una dichiarazione di identità ma al tempo stesso un diario intimista di quei giorni e di quel luogo. Uscendo appena di casa e girando tra le bancarelle del mercatino dell’antiquariato di piazza Grande, intraprende un percorso ancora nuovo nel mondo delle immagini e dei segni, concependo così la serie Still-Life. Pitture, fotografie incorniciate, cataloghi, manoscritti, vecchie cose affastellate, si propongono al suo sguardo trasformandosi in “luoghi” in cui cogliere possibili stratificazioni: anche gli oggetti che sembrano essere interamente descritti dalla vista possono essere, nella loro rappresentazione, come le pagine bianche di un libro non ancora scritto. Nel 1978 fonda la casa editrice Punto e Virgola e pubblica il suo primo libro, "Kodachrome". Qui pubblica anche il saggio di Franco Vaccari "Fotografia e Inconscio Tecnologico".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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raucci · 3 years
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Strada senza uscita.
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fotopadova · 6 years
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Templi, Santuari, Cappelle e capitelli della Fotografia: 2.
Casa dei Tre Oci a Venezia, "Esposizione" di WillY Ronis
di Carlo Maccà
 --- Santuari della Fotografia: non mete costanti di folti pellegrinaggi di fedeli, come il Santo di Padova; né occasionali come certe mostre d' arte che richiamano frotte su frotte di innocenti membri di generazioni in via di estinzione o di nocenti quanto distratti studenti in gita scolastica, frotte alquanto ingombranti per gli intimamente devoti di fedi religiose o artistiche. Provato a seguire una messa domenicale al Santo in mezzo ai girovaganti pellegrini? o a vedere Van Gogh alla Basilica Palladiana di Vicenza in un fine settimana? [Nota 1]. Per fortuna i veri santuari della fotografia sono visitati da piccolissimi gruppi, coppie o singole persone, consapevoli e (più o meno) informati, che si comportano da veri devoti, talvolta incuranti di difficoltà d'ogni genere, disposti a salire scalzi e in ginocchio gli scalini della Scala Santa. Come ad affrontare almeno due volte l'anno con qualsiasi tempo, indifferenti alle proprie condizioni fisiche, la lunga traversata della laguna da Piazzale Roma o dalla stazione ferroviaria fino alla Casa dei Tre Oci nell'Isola della Giudecca. Traversata che oltretutto costa il doppio dell'ingresso alla mostra. Dove attualmente e fino al 6 gennaio 2019, c'è Willy Ronis, Fotografie 1934-1998.  
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Non consumerò righe per inquadrare la fotografia di Willy Ronis (1910-2009), dopo tutte le volte che in fotopadova.org si è parlato di fotografia umanista, soprattutto di quella originaria, la Photographie Humaniste francese. Difficile che un appassionato di questa "arte" non conservi nella memoria immagini come Il nudo provenzale, o Vincent aeromodellista o Le cavallerizze dello Zoo Circus Zavatta, o la passeggiata dei pinguini durante L'intervallo al Circo Pinder, oppure Una domenica al Louvre. anche se non ne ricorda l'autore (che da noi non ha avuto, come avrebbe meritato, pubblicità pari a Cartier Bresson o Doisneau). 
Una presentazione del fotografo e della mostra, (al di là dei soliti arrangiamenti incompetenti, se non addirittura disinformativi, di comunicati stampa) basata su un'intervista al curatore della mostra sorella francese del 2017 dalla quale provengono le stampe presentate a Venezia, si può trovare in rete]. Il Direttore Artistico della Casa dei Tre Oci , Denis Curti, attribuisce a Ronis anche la qualifica di anticipatore della fotografia di strada, ma è riduttiva e gli va molto, ma molto stretta. Immagini che, con un loro particolare "réalisme poétique", rappresentano Parigi sono state ovviamente riprese anche in istrada; quelle a Venezia, in calli e fondamente. Tanto varrebbe chiamare fotografi di strada i due umanisti citati sopra. o, come è sembra diventato chic, associare alla photo humaniste Henry Lartigue, alto-borghese nella vita e nei soggetti, fra cui elegantissime demi-mondaines a passeggio o in carrozza nei viali del Bois-de-Boulogne: pure lui fotografo di strada? Se è vero che Ronis fu "protagonista della corrente umanista francese" che "dimostrava il suo interesse verso la condizione umana e la quotidianità più semplice e umile" non lo fu certo "insieme a maestri quali ...Jacques-Henri Lartigue" il quale di quotidianità più semplice e umile non interessava neppure quella della servitù di casa.
E’ un reato contro la buona fede dei visitatori e la cultura fotografica) che comunicati stampa e notiziari vari diffondano e riprendano informazioni peregrine. A proposito dei Tre Oci si trova detto "immagini vintage (tutte stampate da lui in persona)". La madre di tutte le retrospettive, quella di Parigi del 2010, dalla quale provengono le stampe presenti a Venezia, fu concepita da Ronis stesso negli ultimi anni di vita, ma poté essere presentata soltanto l'anno successivo alla sua morte. La freschezza degli ingrandimenti in mostra non dà l'idea di vintage, per lo meno in senso stretto, e d'altronde non è credibile che siano stati tardivamente realizzati da una persona vicina ai cent'anni. E infatti la mostra francese del 2017 specificava "stampate personalmente o sotto il suo diretto controllo".
Subito dopo si trova scritto: "tra cui una decina inedite dedicate a Venezia (scoperta e immortalata con la sua Rolleiflex in un viaggio nel 1938)". Ma le immagini veneziane esposte, non più di una diecina, sono quasi tutte note, alcune famose, come quella della bambina (La petite fille de Venise) che cammina in precario equilibrio su una stretta passerella appoggiata alla massicciata delle Fondamente Nove, pubblicata perfino sulla copertina d'una importante monografia. Se poi è vero che il primo incontro di Ronis con Venezia avvenne nel 1938, fu durante una breve tappa d'una crociera in cui lavorava come foto-ricordografo per i turisti imbarcati. Gli ingrandimenti veneziani sono tratti da scatti del 1959, durante una frenetica  incursione patrocinata da Romeo Martinez [Nota 2] nel corso di un'escursione in Italia assieme alla moglie. 
Le reali stampe vintage mai viste prima sono piuttosto i provini a contatto di suoi scatti veneziani, esposti insieme ad altra documentazione - lettere, libri, riviste ed altro - in bacheche orizzontali. I formati dei negativi sono il 6x6 (circa) della Rollei e il 24x36 della Leica (ma per il formato minore a Venezia usava, a quel che risulta dal suo commento ad una delle immagini, il modello a ottica intercambiabile dell'originale reflex francese Foca). "Furono sei giorni meravigliosi! Io e Marie Anne abbiamo vissuto in un'altra dimensione" dice in una lettera inviata ad un amico alla fine del viaggio, nella quale evoca anche una serata di fronte al Canal Grande assieme, fra gli altri, a Romeo Martinez e alla coppia Berengo Gardin. 
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Quei provini dicono molto sulla sua maniera di inquadrare allo scatto, selezionare e riquadrare per la stampa, soprattutto quelli nel formato minore, disposti nella sequenza delle strisce originali (mente i 6x6 sono ritagliati uno ad uno, senza gli "scarti"). Quei provini, assieme agli ingrandimenti, il cui formato permette di studiare le foto molto più "da vicino" che le stampe tipografiche, anche le migliori, e alle parole dell'Autore accostate ad alcune delle immagini più significative, costituiscono una vera lezione di fotografia. In effetti Ronis ha svolto anche un'intensa e proficua attività didattica con articoli, volumetti e scritti vari, lezioni, workshop, corsi d'insegnamento anche accademici, e infine nei contatti personali. Anche Gianni Berengo Gardin, in un suo intervento nel filmato con cui il Direttore Artistico della Casa dei Tre Oci , Denis Curti, presenta l'autore e la mostra, parla di Willy Ronis come d'un amico-e-maestro. Le didascalie spiegano come il Maestro ottenesse la perfezione formale che s'impone nelle sue opere: la maestria nella composizione; il perfetto equilibrio fra le parti significative (che definirei, piuttosto che il momento decisivo, l'istante magico in cui tutto va al suo posto, tout se tient); l'accordo in stampa fra ombre e luci, fra neri e bianchi.
Nella didascalia d'una delle foto scattate in Fondamente Nove (Giovani madri, Venezia, Fondamenta Nuove) Ronis fa una cronaca puntuale del come ("28 mm, f:16, quasi certamente, 1/50"), del quando e del perché: praticamente un'esegesi con finalità didattica. L'ingrandimento rivela, diversamente dalle frequenti riproduzioni tipografiche, che nulla nell'immagine è perfettamente nitido (forse 1/50 non era sufficiente, o non era nemmeno). Ma ciò insegna a chi, come noi, è fiero di poter congelare con i nostri sensori supersensibili e super-definiti tutto ciò che si inquadra a partire dal proprio naso fino all'infinito, che certe pretese di perfezione tecnica possono diventare insignificanti: provate  a immaginare l'immagine di cui sopra a 1/1000. Si può perdonare a Ronis, inesperto di laguna, l'aver denominato cimitero "di Murano" quella che è l'isola di San Michele (che, sempre nell'immagine suddetta, si vede sfuocatella sullo sfondo). 
Quello a cui non si può passar sopra è il tradimento dell'intenzione dell'autore operato nella traduzione d'una delle citazioni più significative in un altro dei cartelloni. Nel testo inglese, certamente più fedele all'originale francese, Ronis dice che essere un bravo fotografo vuol dire avere fiuto e riflessi: fiuto per prevedere quello che ruò succedere e "the reflex to shoot exactly at the right moment", i riflessi per scattare esattamente al momento giusto (il momento magico di cui sopra, che oltre alla rapidità esige coordinazione mentale); mentre il traduttore italiano gli fa dire "i riflessi per scattare all'improvviso". 
Tutto qui!. Ci voleva tanto a fare una traduzione letterale? Per concludere il tema del Santuario: la Casa dei Tre Oci non è solo fotografia. Anche per un tifoso in visita al Santuario dedicato alla preferita fra le tante Madonne in reciproca concorrenza è lecito, e talvolta doveroso, sostare in una cappelletta appartata per porgere una giaculatoria ad un piccolo Santo locale. Qui alcune salette defilate ospitavano fino all'11 novembre Fabio Visintin, Farfalle Marsilio,Vent'anni di illustrazioni. In particolare veniva documentata la collaborazione del grafico veneziano coll'editore pure veneziano per le copertine della collana di narrativa Farfalle.
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Nota 1. Mostra che assieme a 4-5 lavori ad olio della maturità presentava un'importante selezione di opere del periodo di formazione raramente documentate,  che si sarebbero dovute meditare con tranquillità.
Nota 2. Romeo Martinez (1911-1990), dal 1953 al 1964 direttore della famosa e autorevole rivista Camera, dal '57 al '65 diresse anche la Biennale Internazionale di Fotografia di Venezia. Nell'edizione del 1957 Ronis fu il vincitore della medaglia d'oro. 
Non esiste catalogo dalla mostra. Le monografie in vendita all'ingresso riguardano temi specifici dell'opera di Ronis, oppure hanno immagini di dimensioni insignificanti. Meriterebbe di essere ristampata la bella monografia edita da Taschen nel 2005 e curata dall'ottimo esperto Jean-Claude Gautrand, che ora si può acquistare soltanto in rete, usata e a prezzi al minimo tripli rispetto a quello di copertina. Interessante anche Fotocrazia di Michele Smargiassi dell'1 ottobre c.a., soprattutto per il commento di Claudio Marcozzi che con Ronis fu in rapporto di amicizia.
Chi ritiene utile, qualunque sia il proprio livello d'esperienza, prendere Lezioni di Fotografia da Willy Ronis, può farlo con Le regole del caso, uscito nel 2011 col titolo Derrière l'objectif de Willy Ronis, traduzione italiana del 2011, ristampata nel 2017. Molte delle immagini iconiche (che includono 4 delle presunte "inedite veneziane") sono confrontate colle sequenze di scatti da cui è sortito il risultato.
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gravantes · 3 years
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Le strade
Nella presentazione del catalogo della mostra ” La Strada, la Lotta , l’Amore ” con le fotografie di Uliano Lucas, Tano D’Amico e Letizia Battaglia, Michele Smargiassi; noto Giornalista, divulgatore e critico fotografico, definisce la strada il luogo ove Amore e lotta s’intersecano e convivono. Non potrei essere più d’accordo con lui, anche quando afferma che le strade, non le fanno gli urbanisti…
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pangeanews · 4 years
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In superficie. La fotografia dell’assurdo e del ridicolo, la collusione, l’allusione, l’attimo irripetibile. “Sorridere” di Michele Smargiassi
Una foto d’antan in un elegante bianco e nero ritrae un uomo seduto con il mento appoggiato sulla mano mentre guarda davanti a sé e sorride di un sorriso a fior di labbra. Accanto a lui, una coppia di novelli sposi seduti lo sta osservando perplessa e interrogativa. Il suo sguardo indagatore è anche il nostro, sedotti dalla posa spontanea del giovane uomo, tanto concentrata quanto leggera. La luce dello scatto fa il resto. Il titolo del libro, posto sotto la foto, ne costituisce quasi la didascalia, stampata in un simpatico giallo ocra: Sorridere. Mentre il sottotitolo didascalico, in nero, presenta il contenuto del libro: «La fotografia comica e quella ridicola».
Creare una fotografia comica, di cui Elliott Erwitt è stato l’indiscusso papà, richiede tecniche precise, come quella del contrasto, dell’assurdo, la sproporzione, l’allusione, l’artificio della collusione, l’attimo irripetibile. E da bravo giornalista l’autore del volume Michele Smargiassi ne esplora le potenzialità attraverso gli scatti spassosi collezionati, puntando a una riflessione sulla fotografia come documento a suo modo antropologico che riflette su due sorrisi differenti, ben sintetizzati da Stefano Bartezzaghi nell’introduzione: «quello richiesto dalla fotografia da fare e quello stimolato dalla fotografia mostrata». Che, volendo, possono anche sovrapporsi «perché una foto in cui uno ha sorriso può farci sorridere».
Muovendosi con disinvoltura fra sorrisi richiesti e sorrisi donati, Smargiassi si diverte e ci fa divertire, attraversando il confine che separa il comico dal ridicolo: «Il ridicolo – scrive l’autore – è un’aggressiva sanzione sociale, che isola il ridicolizzato e lo riduce a oggetto. Il comico è il play del bambino che ride assieme alla madre perché da lei si attende protezione. Il ridicolo è il game dell’adulto nella spietata competizione sociale».
L’interessante disamina storico-visiva offerta dal libro è presentata da un’immagine poco chiassosa in copertina, piuttosto enigmatica, sommessa, persino malinconica. Oppure anche un po’ maliziosa. L’ambivalenza di un mezzo sorriso colto in un momento di pausa dalle pose obbligatorie richieste dalla cerimonia conquista la scena, mentre gli sposi protagonisti si fanno spettatori insieme a noi.
È «la coda dell’occhio», lo sguardo vincente di Smargiassi, che funziona sempre, e anche in questo caso non delude. Viene in mente la copertina dell’autobiografia di Groucho Marx, Groucho e io, uscita in seconda edizione nel 2017 per Adelphi: anche qui, per rappresentare la comicità debordante e irresistibile di Groucho, era stato scelto non un suo ritratto ilare, ma uno pensoso, serissimo, tratto dalla pellicola del 1946 “Una notte a Casablanca”. Si gioca per contrasti, lì come qui, e l’altra faccia del comico in copertina piace. D’altra parte, lo scriveva anche Alberto Moravia, che la comicità implica l’esperienza indispensabile della serietà. O no?
Elena Paparelli
L'articolo In superficie. La fotografia dell’assurdo e del ridicolo, la collusione, l’allusione, l’attimo irripetibile. “Sorridere” di Michele Smargiassi proviene da Pangea.
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womanbride · 7 years
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A CAMERA Torino "Arrivano i paparazzi!"
A CAMERA Torino “Arrivano i paparazzi!”
“Arrivano i Paparazzi! – Fotografi e divi dalla Dolce Vita a oggi” a CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, in mostra dal 13 settembre al 7 gennaio, annuncia il Presidente di CAMERA, Emanuele Chieli.
“Roma, l’Italia e il mondo, da La Dolce Vitaa oggi, una mostra che intende documentare, con un taglio originale e con molte immagini mai esposte in precedenza, la lunga, vitale stagione dei…
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myborderland · 6 years
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La risonanza emotiva di una parola è diversa per ciascuno di noi.
Le associazioni di idee, di immagini che una parola accende nel cinema privato del nostro cervello non sono prevedibili, né prescrivibili. Perché le parole non sono neutri mattoncini del Lego con cui costruire qualsiasi cosa. Sono caldi pezzi di vissuto. Soprattutto i verbi, che sono parole efficienti, attive, che mettono in relazione un soggetto con un oggetto. Non basta imparare una lingua, per capire cosa si portano dietro le parole. I verbi  sono gli stessi per tutti: le azioni reali che descrivono, no. Possono essere buone, o cattive. Come le persone che le “dicono”. Vale anche per le fotografie.
(Michele Smargiassi)
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paoloferrario · 2 years
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LETIZIA BATTAGLIA commentata da Michele Smargiassi, La Repubblica, 2022
LETIZIA BATTAGLIA commentata da Michele Smargiassi, La Repubblica, 2022
vai a queste schede: https://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2022/05/24/letizia-battaglia-maestri-fotografia-repubblica/ https://www.repubblica.it/cultura/2022/05/28/news/letizia_battaglia_non_chiamatela_fotografa_di_mafia_un_libro_per_ricordarla-351038005/
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ussignur · 1 year
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(…) Non ce ne siamo bene accorti, ma le immagini fabbricate dall’AI ci sembrano così realistiche non perché somiglino alla realtà, ma perché somigliano a delle fotografie.
E in questo modo rendono un perfido e interessato omaggio alla presunzione di veridicità della benedetta invenzione di Daguerre, che invece andrebbe una buona volta rimessa al suo posto, quello di macchina per condividere una visione semilavorata da una opinione.”
Michele Smargiassi - Fotocrazia
https://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2023/04/26/boris-eldagsen-sony-ai-fotografia-sintografia/
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rassegnaflp · 3 years
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La verità nascosta nelle bugie fotografiche (2018)
La verità nascosta nelle bugie fotografiche (2018)
“Senza interruzione ci aggrediscono, penetrando la mente e depositandovi parassiti non richiesti che le impediscono di dar forma naturale a se stessa” di Michele Smargiassi, smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it, 19 settembre 2018 Sono le immagini, guarda un po’, il soggetto di questo pauroso, angosciato allarme contro una epidemia devastante, definita nientemeno che “uno strupro…
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raucci · 4 years
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fotopadova · 5 years
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Tre storie d’amore. AV di Massimiliano Falsetto
di Massimo Santinello
 -- Che cos’è l’amor? S’interrogava così Vinicio Capossela (e non solo lui….) chiedendo al vento una risposta. Un tema complesso affrontato in molti modi dall’arte e dalla fotografia. Michele Smargiassi nella sua introduzione al catalogo della mostra “La strada, la lotta, l’amore” (edizioni ETS, il libro fotografico che ho amato di più in questa estate) si chiede se l’amore si veda, se sia fotografabile; Smargiassi la risposta la trova in Wim Wenders: “ L’amore non si può fotografare. Non può essere un soggetto: può stare solo nell’occhio.” Nell’occhio di chi osserva, nell’occhio di chi scatta. Se qualcuno sfoglierà quel libro, nel quale gran parte delle foto sono degli anni ’70 e ’80, non avrà dubbi. Ma quello che emerge è l’occhio empatico di chi scatta, di chi sa cogliere le emozioni del momento, di chi le condivide perché le partecipa, le sente; sono le stesse quelle del fotografo e quelle del fotografato. C’è una sorta di complicità, di condivisione che traspare.
Solo così, forse, si può spiegare il successo ottenuto dall’A.V. fotografico di Massimiliano Falsetto nel 13° circuito nazionale per audiovisivi del DIAF, convincendo 7 giurie su 13 ad assegnargli il primo posto tra le 63 opere in gara e collezionando anche 2 secondi posti.
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© Massimiliano Falsetto, da “Tre storie d’amore”
L’audiovisivo racconta tre storie d’amore dei nostri giorni, ambientate nelle periferie. Come nel catalogo anche qui le foto sono in bianco e nero, e le tre storie forse documentano anche come siano cambiati costumi e “famiglie” rispetto agli anni ‘70 e ‘80. La prima parte dell’A.V. ci presenta una mamma con la sua bambina, felici ma sole (il sottotitolo di questa sezione è: via della solitudine); la seconda coppia è costituita da Alessandra e Claudia (via dell’incertezza), due donne, forse anche due generazioni diverse nella loro casa ed, infine, l’ultima coppia, Marco e Luca (via dell’inquietudine). C’è molta partecipazione, empatia, intimità raccontata e condivisa in quegli scatti, con delle foto che ti portano dentro le relazioni interpersonali, dentro gli appartamenti, le classi sociali e ci parlano forse dei nostri vicini di casa. Le dissolvenze sono semplici, niente effetti speciali, la colonna sonora è un brano di pianoforte.
E ci parlano dell’amore in questi tempi così carichi di odio.
Tornando al catalogo nell’introduzione di Alessio Giannanti e Simona Mussini, si legge tra l’altro che “l’amore è presente in tutte le lotte vere, quelle che vale davvero la pena di affrontare”. Nell’A.V. l’autore ci racconta dell’amore di questi tempi di chi non ha avuto e non ha paura di raccontare le proprie scelte di vita diverse da quelle della famiglia tradizionale o semplicemente eterosessuale. Ma niente di più diverso dal mondo e l’atmosfera sfavillante e divertente del gay pride. Oppure, forse è quello che resta dopo che si è festeggiato, quello che riserva la vita quotidiana: le difficoltà di qualsiasi coppia che sceglie di condividere un periodo assieme. Materiale interessante per chi avversa la “teoria del gender” e il supposto “ordine naturale eterosessuale”.
Paolo Conte in una delle sue canzoni diceva: “C'era tra noi un gioco d'azzardo, gioco di vita, duro e bugiardo… Perchè volersi e desiderarsi, facendo finta di essersi persi… Adesso è tardi e dico soltanto che si trattava d'amore, e non sai quanto “; le foto non sono rubate, e l’autore trova la giusta chiave andando oltre il banale, azzardando delle letture di famiglie non convenzionali o che forse dovremmo semplicemente smettere di considerare ancora tali. Non è tardi e non è poco.
Per vedere …e sentire “Tre storie d’amore” eccovi il link
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ercjspr · 8 years
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