Capitolo Bonus La Corte Di Fiamme E Argento Feysand
Avviso: Partendo dal presupposto che non ho studiato per diventare traduttrice, quindi ci saranno SICURAMENTE dei possibili errori di traduzione, grammatica, punteggiatura e/o ortografia, questa è la mia versione tradotta in italiano dei capitoli bonus dei libri di Sarah J. Maas.
«Beh, è andata meglio del previsto» ammise Rhys una volta che tutti se n’erano andati, reclinando la testa contro il braccio dell’ampio divano dello studio. Nesta e Cassian erano tornati alla Casa del Vento, dove mia sorella aveva promesso di trovare un modo per iniziare la ricerca del Forziere della Paura. Il mio compagno aggiunse ironicamente “Nonostante il disastro tra Elain e Nesta.”
Ero tornata dalla chiacchierata con mia sorella sul piccolo, il bambino, trovando Rhys sdraiato sul divano, un braccio posato sugli occhi, probabilmente per trovare un momento di pace dopo aver sopportato l’esuberante euforia di Cassian ed Azriel.
Mi sedetti sul divano di fianco a Rhys, alzando le sue gambe muscolose sistemandomi sotto di esse. «Elain ha mostrato un po’ i denti» osservai. «Non me lo sarei aspettato.» O ciò che aveva detto riguardo al suo trauma persistente. Avevo intenzione di parlarne con Nesta, quante volte mi ero concentrata solamente sul mio terrore durante la sofferenza di Elain?
Rhys mi guardò con occhi semi aperti, il ritratto della grazia oziosa. Ma disse lentamente «Come ti fa sentire?» scrollai le spalle, reclinando la testa contro i cuscini «In colpa. Ha addossato tutta la sua rabbia contro Nesta, ma me la merito anche io.»
Elain ed io ci eravamo avvicinate molto dopo la fine della guerra con Hybern. È vero, potrei non essere mai andata a bere qualcosa con lei nello stesso modo in cui lo facevo con Mor e a volte Amren, ma… beh, con un bambino in arrivo, non potevo comunque più bere. E anche se non sono mai corsa prima da Elain con dei problemi o per consigli, avevamo una pacifica, amichevole comprensione. La trovavo una piacevole compagnia.
Mi chiesi se si sarebbe offesa per quel giudizio. Io sicuramente l’avrei fatto.
Rhys chiese «Hai mai visto Elain così?»
«No.» mi morsi il labbro inferiore. Lo sguardo di Rhys seguì il movimento. «Voglio dire, è stata coraggiosa quando serviva, ma non è mai stata polemica.»
«Forse non le è mai stata data la possibilità di esserla.»
Girai la testa verso di lui. «Credi che la stia soffocando?»
Rhys alzò le mani. «Non da sola.» Osservò lo studio mentre pensava. «Ma mi chiedo se tutti hanno costantemente creduto Elain dolce ed innocente, al punto da spingerla a comportarsi così, per non deludere tutti quanti.» Sospirò verso il soffitto. «Con il tempo e la sicurezza, magari vedremo emergere un altro suo lato.»
«Suona pericolosamente simile a quello che Nesta ha detto sul fatto che Elain stia finalmente diventando interessante.»
«Forse Nesta non ha torto.»
Guardai Rhys in cagnesco. «Credi che Elain sia noiosa?»
«Credo sia gentile, e sceglierei sempre la gentilezza alla cattiveria. Ma credo anche che non abbiamo visto tutto ciò che ha da offrire.» Un angolo della sua bocca si alzò. «Non dimenticare che il giardinaggio spesso risulta in qualcosa di bello, ma serve che le mani di qualcuno si sporchino nel frattempo.»
«E che vengano punte da spine» riflettei, ricordandomi di un mattino dell’estate precedente, quando Elain arrivò a casa, il palmo destro sanguinante a causa di diverse ferite causate da un roseto testardo che le aveva bucato i guanti. Le spine le si erano infilate sotto la pelle, lasciando schegge appuntite che dovetti rimuovere.
Non osai menzionare il fatto che se avesse usato i guanti incantati che Lucien le aveva preso per lo scorso Solstizio, niente gli avrebbe forati.
Sospirai, accarezzandomi distrattamente la pancia ancora piatta. «Concentriamoci sull’aiutare una sorella prima di iniziare con l’altra.»
«Concordo.» biascicò Rhys.
Lo fissai. «Dovevi per forza guardare Nesta come se la volessi uccidere, prima?»
Si mise seduto, l’anima dell’innocenza. «Non so di cosa tu stia parlando, Feyre cara.» Si sporse in avanti, l’aria luccicò brevemente quando lo scudo attorno a me venne abbassato. Le sue labbra mi accarezzarono la guancia. «Non farei mai una cosa simile. Devi pensare al tuo altro compagno.»
«Sì. Quello crudele, iperprotettivo, mezzo fuori di testa.» Sorrisi mentre mi baciava la mascella, poi il collo. Mi si piegarono le dita dei piedi.
«Crudele?» mormorò Rhys contro la mia pelle. «Mi ferisci.»
Gli permisi di adagiarmi sui cuscini, assaporando il suo peso mentre si sistemava sui gomiti. «Sembri felice» disse, il suo sorriso dolce e tenero in un modo che in pochi nel mondo fuori Velaris avevano mai visto.
«Sono felice» dissi. «Sono felice che la nostra famiglia possa condividere la nostra gioia.» A prescindere da quanto fosse diventato difficile il rapporto tra me e Nesta, aveva rischiarato qualcosa nel mio petto quando ci aveva fatto le sue congratulazioni.
«Se credi che sono iperprotettivo» disse Rhys, i capelli scuri che gli scivolarono in faccia «allora aspetta solo che Mor torni da Vallahan. Non lascerai mai la casa senza qualcuno che ti accompagni.»
«Credevo che Azriel e Cassian sarebbero stati quelli di cui preoccuparsi.»
«Oh, saranno tremendi. Ma Mor probabilmente aggiungerà un secondo scudo attorno a te e verrà a controllare sei volte al giorno per assicurarsi che mangi e dormi abbastanza.»
Gemetti. «Che la Madre abbia pietà.»
«Hmmm» disse Rhys, gli occhi luminosi mentre giochicchiava con la fine della mia treccia.
Per un lungo minuto, ci sorridemmo a vicenda. Osservai ogni elegante parte del suo volto, ogni punto che risplendeva di calore e felicità che radiavano da lui. «Cassian ha detto che sei stato lunatico. Perché?»
Credevo a Cassian, ma Rhys non era stato affatto lunatico attorno a me. Ogni volta che il mio compagno mi guardava negli ultimi tempi, solo puro amore risplendeva nei suoi occhi.
Non mi sarei mai scordata il momento in cui avevamo scoperto che portavo in grembo nostro figlio, quel bellissimo bambino che l’Intagliaossa mi aveva mostrato. Ero seduta davanti ad un cavalletto nella galleria, durante la tarda serata, dipingendo un incubo che avevo avuto il giorno prima.
I bambini erano tornati a casa, ed ero restata da sola, il che era inusuale in quei giorni, e mi era rimasta qualche rara energia in eccesso dopo le lezioni. Le cose che i bambini dipingevano spesso mi facevano piangere, anche se ero sempre attenta a nascondere le lacrime. Ma nonostante la quantità di emozioni complesse che quella giornata di lavoro mi aveva scatenato, si era dimostrato gratificante in un modo che non avrei mai potuto immaginare. In un modo che tutta la mia considerevole magia non mi aveva mai fatto provare.
E l’unica cosa da fare con quelle emozioni era dipingerle.
L’incubo mi aveva lasciata sbilanciata tutto il giorno, restando nella mia mente come una specie di livido. Ero tornata Sotto la Montagna, ad affrontare nuovamente la mia seconda sfida, quegli spuntoni irregolari che scendevano per impalarmi se non avessi tirato la giusta leva in tempo. In qualche modo ero tornata analfabeta, incapace di decifrare i segni sul muro, costretta a scegliere a caso la mia salvezza o la mia fine. Rhys mi aveva salvata, allora, ma nel sogno, lui non c’era.
Solo Amarantha era presente, il re di Hybern un’ombra dietro di lei, ed in qualche modo nessuno sapeva dove fossi, che ero stata riportata lì perché lei aveva capito che la prima volta ne ero uscita imbrogliando, e non sarei mai uscita, mai uscita, mai uscita…
Quello era stato l’ultimo pensiero che ho avuto prima di costringermi a svegliarmi, madida di sudore, il cuore che mi martellava nel petto. Rhys si mosse, mettendomi al suo fianco, la sua ala che copriva entrambi, e nonostante mi accoccolai al suo calore ed alla sua forza, il sonno non mi ritrovò.
Quindi attesi finché i bambini non avevano lasciato lo studio quel giorno, prima di prendere una tela nera e la mia tavolozza. Mi preparai una tazza di the alla menta piperita e radice di liquerizia, poi presi il pennello.
Avevo dipinto quell’incubo per quasi due ore, la schiena rivolta alla porta, quando Rhys entrò. Rimase completamente in silenzio. Non era l’appagato silenzio in cui rimaneva a volte mentre mi osservava dipingere. Era puro silenzio scioccato.
Mi girai verso di lui in tempo per vederlo crollare sulle ginocchia.
E poi si mise a piangere e a ridere e l’unica cosa che riuscii a capire dal suo balbettare estatico fu una parola: bambino. Mi alzai dallo sgabello. Stavo piangendo anche io quando mi lanciai tra le sue braccia, buttandoci a terra entrambi, e mi appoggiò una mano sulla pancia, in meraviglia.
Qualcosa era cambiato nel mio odore da quando l’avevo lasciato quella mattina, forse anche da quando se n’erano andati i bambini. Alla fine la vita si era radicata dentro di me.
Restammo stesi sul pavimento, le nostre risate e le lacrime mischiate assieme e, una volta che ci calmammo, lo baciai. I nostri vestiti svanirono subito dopo e lo cavalcai sul pavimento dello studio, lasciando che la luce dentro di me brillò sufficientemente forte da proiettare ombre nella stanza.
Ricominciò a piangere guardandomi muovere, lacrime silenziose che scivolavano lungo la notte stellata da lui emanata, e quando mi inclinai per leccarle via, venne così intensamente da far raggiungere anche a me l’apice del piacere.
Ed ora, proprio come aveva fatto quella volta nello studio, le sue dita iniziarono a tracciare pigri cerchi sul mio ventre, sui seni, già pesanti e doloranti in un modo che non aveva niente a che fare con il desiderio che stava crescendo tra le mie gambe. Era stato uno dei primi segni, oltre il vomito che nell’ultimo periodo era continuativo: i miei seni si erano gonfiati e facevano male.
Rhys fece un cerchio attorno ad uno dei miei capezzoli, che divenne turgido sotto il suo tocco. Lo osservò diventare un rilievo sotto la maglia, come un gatto osserva un topo.
«Rhys» dissi quando la mia domanda rimase senza risposta. «Perché Cassian ha detto che sei stato lunatico?»
Chiuse la bocca attorno ad un mio seno, i denti che mi graffiavano attraverso la maglia. «Non c’è un motivo.»
«Bugiardo.» gli tirai i capelli, costringendolo a tirare su la testa. «Dimmelo.»
Si liberò dalla mia presa e mise il viso contro il lato del mio collo, abbassando il proprio corpo abbastanza da mostrarmi come sarebbe andata a finire. Non riuscii a fermare i miei fianchi dallo scontrarsi con i suoi. Un altro segno: Ero stata tremendamente affamata. E non solo di cibo.
C’erano state notti in cui avevo a malapena aspettato che Rhys entrasse in camera da letto prima di strappargli i vestiti di dosso, prima di crollare sulle ginocchia per prendere in profondità nella mia bocca il suo membro, o chiedergli di scoparmi contro il muro. C’erano giorni interi in cui scoprivo di avere bisogno di averlo dentro di me, che usai i miei poteri da daemati per chiedergli di incontrarmi alla casa di città per pranzo, dato che era più vicino allo studio, rispetto alla nostra nuova casa.
Quella adorabile, perfetta casa che avevamo costruito, con una camera per bambini che, volesse il Calderone, sarebbe stata occupata verso la fine della primavera.
Rhys fece combaciare la mia interminabile fame con la sua. A volte lo facevamo lentamente, assaporando ogni centimetro dell’altro, l’incarnazione di quello che significa fare l’amore. Altre volte, solitamente, erano pure, rudi scopate. Solo quella mattina, ero stata così assalita dal desiderio che eravamo a malapena riusciti a fare colazione in privato nella nostra stanza, prima che gli andassi sopra cavalcandolo fino a che non restammo entrambi privi di sensi dal piacere.
Chiesi a Madja a riguardo il giorno precedente, se fosse una cosa… normale volerlo così tanto.
«Sì» aveva risposto, con gli occhi che luccicavano. «Molte gestanti non ne parlano, ma ha a che fare con l’essenza alterante del tuo corpo. Non so dirti perché succede, ma è normale. Goditi ogni momento.»
Rhys disse contro il mio collo «Sono stato lunatico perché non ho dormito.» Mi leccò lungo la gola e la sua mano si fece strada nei miei pantaloni. Non lo fermai, non quando le sue dita trovarono l’umidità che lo attendeva. Emise un ringhio soddisfatto. «Visto?»
Sapevo che stava cercando una copertura e lo lasciai fare. Avevo imparato che Rhys mi avrebbe detto cosa lo preoccupava quando sarebbe stato pronto a farlo. Forse Cassian aveva interpretato male il suo comportamento, forse era rivolto verso mia sorella.
Sapevo che era improbabile.
Ma mentre Rhys fece scivolare le sue dita dentro di me, seguendo un perfido ritmo lento, lasciai stare. Era sempre stata una parte della nostra amicizia: darci a vicenda il tempo di decidere quando eravamo pronti a parlare.
E poi c’era il nostro accordo finale, marchiato con l’inchiostro su di noi da quando avevamo sconfitto Hybern… Gli diedi un bacio profondo, la lingua che si aggrovigliava alla sua. Non avremmo passato un momento in questo mondo senza l’altro. Potevo solo pregare che il nostro bambino, un giorno, trovasse un amore del genere.
Rhys mi portò sull’orlo dell’orgasmo e poi la sua mano ed i miei vestiti sparirono. Si sbottonò i pantaloni con tremenda lentezza, guardandomi in faccia mentre liberava la sua considerabile lunghezza. Continuò a guardarmi per tutto il tempo mentre scivolava dentro di me in un’unica, potente spinta, sembrava assaporare ogni mio gemito e supplica senza fiato mentre si muoveva dentro di me.
Come se lo stesse memorizzando, tutto quanto.
Quando fummo entrambi ansimanti, il viso di Rhys ancora affossato contro il mio collo, le mie dita che si aggrovigliavano pigramente nella sua maglia madida di sudore, dissi «Sembra reale ora che anche gli altri lo sanno.»
Rhys sapeva a cosa mi riferivo. «C’è ancora una persona de informare.»
Sorrisi, tirandogli i capelli per costringerlo a guardarmi. Rhys obbedì, guardandomi in faccia. «Vuoi essere te a dirlo a Mor o posso farlo io?»
Lui la conosceva da più tempo, ma io la consideravo la mia più cara amica.
Una sorella, forse anche più di quelle che avevo già.
«Credo che dovremmo lasciare che glielo dica lui» disse Rhys, indicando la mia pancia.
Alzai un sopracciglio. «Come?»
Sorrise ironicamente. «La prossima volta che Mor sarà a casa, lasceremo scendere lo scudo attorno a te. Vediamo quanto ci vuole prima che ti senta. E che senta lui.»
Ricambiai il sorriso. «Mi piace.» Già desideravo avere modo di catturare la faccia di Mor in quel momento. Feci scorrere una mano lungo i capelli setosi di Rhys. «Hai qualche nome in mente?»
Rhys fece un sorrisino. «Oh, sì.»
«Non mi fido affatto di quel sorriso.»
«Perché?» si tirò indietro e con un’ondata della sua magia, ci trovammo entrambi puliti. Repressi la crescente fame che mi si era scatenata guardandolo risistemarsi nei pantaloni. «Non gli darei mai un nome ridicolo.»
«Non ti credo.» Gli toccai il naso. «Il tuo cognome…»
«Non parliamo del mio cognome» disse, mordicchiandomi la punta del dito.
Risi. «Va bene.»
Ma i suoi occhi si oscurarono «E se lo chiamassimo come tuo padre?»
Il mio cuore si tese. «Ti andrebbe davvero bene?»
«Ma certo.»
Dovetti inghiottire il nodo che mi si era formato in gola mentre mi tirai su per sedermi, fronte a fronte con lui. «Magari come secondo nome, ma… no. Voglio che nostro figlio abbia un nome suo.»
Nostro figlio. Le parole erano strane, ma splendide sulla mia lingua.
Rhys annuì, il viso si addolcì, come se le parole avessero commosso anche lui.
Potevo già vedere il padre che sarebbe diventato, lo vedevo ridere mentre lanciava il nostro bambino per aria, lo vedevo sonnecchiare con il bimbo su quel divano, un libro aperto sulle gambe. Nostro figlio non avrebbe mai, neanche per un istante, dubitato di essere amato ed apprezzato. E Rhys sarebbe andato fino alla fine del mondo per proteggerlo.
Sorrisi a quel sogno ad occhi aperti, le mani che già volevano disegnare quelle scene.
Rhys emise un mormorio di contemplazione. «Che ne dici di Nyx?»
Sbattei le palpebre. «Nyx?»
Rhys indicò una delle pareti di libri nello studio. Un tomo rilegato in pelle fluttuò verso le sue dita aperte. Senza dire una parola aprì su una pagina e me lo passò.
Lessi il testo all’interno. «Un’antica dea della notte?»
«Più o meno dei tempi del Forziere, in realtà» disse Rhys. «È per lo più dimenticata, ora, ma mi piace come suona il suo nome. Perché non usarlo per un maschietto?»
«Nyx» riflettei ancora, il nome che riecheggiava nel silenzio dello studio. Mi passai un dito tatuato sulla pancia. La mano di Rhys si sovrappose alla mia ed entrambi sorridemmo alla piccola vita che si stava formando nel mio corpo.
«Nyx» dissi un’ultima volta, e avrei potuto giurare che un potere baciato dalla notte emerse in risposta.
Rhys trattenne il respiro, come se avesse sentito anche lui quel nucleo di potere.
Insieme, guardammo le nostre mani congiunte, il mio ventre sotto di esse.
Insieme, guardammo nostro figlio, ed offrii i miei silenziosi ringraziamenti alla Madre per il bellissimo futuro che era sbocciato di fronte a noi.
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