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#assassinio kennedy
abr · 2 months
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“L’attentato non mi ha sorpreso: avete fatto di Trump l’immagine del male, era facile che qualcuno portasse il suo odio a tentare di sparagli”. (Nigel Farage, UK).
Additare il mostro e trovare poi qualcuno disposto a eliminarlo è un sistema vecchio come il mondo che è andato di moda nei secoli fino a Gandhi, ai Kennedy, più recentemente per il leader slovacco Robert Fico e ora per Trump. È un meccanismo che tutti condannano e fanno finta di detestare, ma che in fondo è comodo per eliminare qualsiasi pericoloso avversario. Immaginatevi che la pallottola contro Trump, sparata da 137 metri di distanza, fosse passata un centimetro più a destra (...).
(L)’ordine di far fuoco non è certo arrivato dalla Casa Bianca (anche se è logico ammettere che un assassinio avrebbe fatto molto comodo), ma è anche ammissibile qualche sospetto sulle consuete “devianze dei Servizi”, soprattutto se fossero vere le testimonianze che l’attentatore (...) sarebbe stato segnalato da alcuni partecipanti al comizio alle forze dell’ordine che però non sarebbero intervenute.
Imperizia, superficialità, dolo?
Resterà un dubbio, come quello che mi sono sempre posto anche a proposito del cosiddetto “assalto” al Campidoglio USA del 6 gennaio 2021. Come mai, pur ben sapendo che da tutta la nazione sarebbero convenuti a Washington quel giorno decine di migliaia di supporter di Trump imbufaliti (...), in quella piazza non era stata schierata che un’esigua presenza di agenti e le porte del palazzo erano aperte senza nessuno che le presidiasse? Anche allora quell’assalto sarebbe servito a demonizzare e criminalizzare Trump (...).
Più in generale il richiamo alla calma, al rispetto, alla pacificazione nazionale sembra scontato e assolutamente condivisibile, ma appare ora anche estremamente ipocrita. Da anni Trump è additato come il genio del male, mai come contro di lui si sono schierati giudici, giornali, tv e media in tutto il mondo. (...) Non vale solo per Trump (...).
via https://www.ilsussidiario.net/news/attentato-a-trump-il-meccanismo-molto-semplice-che-ha-portato-thomas-crooks-a-premere-il-grilletto/2731252/?utm_source=newsshowcase&utm_medium=gnews&utm_campaign=CDAqEAgAKgcICjDMoYALMP2hjAMww-KzAg&utm_content=rundown
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kawamurayutaka · 4 months
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CAPITOLO 3 - 1
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Arma dell' assassinio
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Collasso toracico
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Autogedon
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Googolplex
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Jackie Kennedy, ti bruciano le palpebre
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Ziaro
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Domanda, domanda sempre
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Stanza impossibile
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Stanchezza Da Spiaggia
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Capo stella pontiac
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micro961 · 4 months
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Noema - Il nuovo singolo “L’uomo con l’ombrello nero”
Torna il rock esplosivo della band sugli stores digitali e nelle radio
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“L’uomo con l’ombrello nero” è il nuovo singolo della poliedrica rock band dei Noema, primo estratto dal nuovo progetto discografico di prossima uscita, che dall’11 aprile si può ascoltare sui principali stores digitali e dal 26 aprile nelle radio in promozione nazionale. La band composta da Francesco Mastrapasqua, Roberto Gagliardi, Marco Perego, Luca Reale ed Andrea Castellaneta, ritorna nella discografia italiana dopo la pubblicazione degli album “Punto di Equilibrio” e “Voi siete qui”, contenente il brano “45°28'0"N 9°12'8"E” dedicato alla loro città natale, Milano.
Il genere suonato è figlio della grande quantità e varietà di musica che, per osmosi, le loro orecchie hanno più o meno digerito dalla pubertà in poi: un rock al fosforo, insolubile in acqua e che al contatto con l'aria brucia spontaneamente.
“Essere nel posto sbagliato al momento sbagliato... Uno degli eventi di cronaca che più hanno segnato il XX secolo... Cosa ci fa un uomo in abito scuro, con un ombrello nero aperto in una giornata di sole, ai bordi della strada, mentre il presidente Kennedy sfila, il giorno del suo assassinio?  Il brano parla proprio di come la casualità possa generare verità di comodo e di come la forza delle idee sia la strada verso il migliore dei mondi possibili.” Noema
Ascolta il brano
La scelta di pubblicare “L’uomo con l'ombrello nero” il giorno 11.04.2024 è un omaggio al brano “11 Aprile 1954”, contenuto in “Voi siete qui” ... Quel dì viene definito come il più noioso del XX secolo. Un po’ di sano rock italiano targato Noema lo avrebbe sicuramente reso meno monotono, più interessante e piacevole.
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struckbywords · 7 years
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Uno sparo. Si sente uno sparo. Hanno sparato a Oswald. Hanno sparato a Oswald. C’è stato uno sparo. Una confusione tremenda. Tutte le porte sono state chiuse. Porca miseria. C’è stato uno sparo mentre lo portavano alla macchina. Uno sparo. Una confusione pazzesca. Agitazione e risse. Mentre lo portavano fuori. Adesso lo riportano dentro. Oswald colpito. La polizia ha isolato tutta la zona. Tutti indietro è il grido, il grido. Un uomo robusto con il cappello. Oswald piegato in due. Una scena selvaggia. Luci rosse che ululano. Un uomo con il cappello grigio. Come avrà fatto a entrare. La protezione della polizia e i cordoni di polizia. La gente. I poliziotti. Ecco il giovane Oswald. Lo portano via di fretta. Lungo disteso. Ferita d’arma da fuoco al basso ventre. E’ bianco. Oswald è tutto bianco. Disteso nell’ambulanza. Ha la testa rovesciata. Ha perso conoscenza. Penzola. La mano penzola giù dalla barella. Ora l’ambulanza sta uscendo. Luci rosse lampeggianti. Potano via di corsa il giovane Oswald. E’ bianco, è tutto bianco.
Ricordi l’ambulanza di Atsugi, verde mimetico, tremolante sulla pista per la calura, e il pilota che scendeva?
Lee non si sentiva bene per niente. Prima gli avevano sparato, poi avevano tentato di praticargli la respirazione artificiale. Durante l’addestramento nei Marines aveva imparato che quella è l’ultima cosa da fare a un uomo con lesioni addominali. 
Si vedeva immortalato dalla telecamera mentre lo sparo lo colpiva. Attraverso il velo del dolore guardava la televisione. La sirena faceva quel suono spaventoso di quando l’ambulanza correva all’impazzata nelle strade, anche se Lee non aveva nessuna sensazione di movimento. Vicino a lui un uomo parlò, dicendo che se aveva qualcosa da dichiarare doveva farlo adesso. Attraverso il dolore, attraverso il torpore diffuso, con l’unica sensazione del dolore alla ferita, Lee guardava se stesso reagire alla vampa perforante del proiettile.
Te lo ricordi quel pilota, sembrava un astronauta con il casco e la tuta di gomma.
Tutto se ne andava, le sensazioni periferiche si frantumavano nello spazio. Sapeva di essere ancora in ambulanza, ma non sentiva più né la sirena né l’uomo che gli aveva detto di parlare, il classico texano cordiale a giudicare dal tono della voce. L’unica cosa che gli rimaneva era quel dolore beffardo, l’immagine del proprio volto contratto alla televisione. Muori e inferno nel nome Hidell. Guardava la televisione in una stanza in penombra, il soggiorno di qualcuno.
Il lento svanire delle cose che ci portiamo dietro, crepuscolo e fumo di comignoli. Cosa sta facendo il metallo dentro il suo corpo?
Soffriva. Sapeva cosa significava soffrire. Tutto quello che bisognava fare era guardare la televisione. Le braccia sul petto, la bocca aperta in un oh consapevole. Il dolore annientava le parole, poi il pensiero. Non gli restava altro che il varco aperto dal proiettile. Penetrazione della milza, dello stomaco, dell’aorta, del rene, del fegato e del diaframma. Non gli restava altro che la vaga coscienza del proiettile. Poi il proiettile stesso, rame, piombo e antimonio. Avevano introdotto metallo nel suo corpo. Era questa la causa del dolore.
Ma ricordi gli uomini che guardavano decollare il jet? Incredibile la velocità con cui si perdeva nella foschia.
Alle 11:42 lo ricoverarono al Parkland. Patologia primaria, ferita da arma da fuoco.
Il cuore risultò debole e privo di pulsazioni. nessuna pulsazione cardiaca in risposta alle stimolazioni. Le pupille erano fisse e dilatate. Nessun flusso di sangue alla retina. Nessuna attività respiratoria. Nessuna possibilità di ripristinare le pulsazioni. Decesso: 13:07. Due tamponi di garza mancanti dopo la sutura.
Aerospazio.
E’ l’incubo bianco del mezzogiorno, alto nel cielo sopra la Russia. U-2. Me-too e you-too. Anch’io e anche tu. E’ uno straniero, con la maschera, che precipita.
Libra (1988) - Don DeLillo
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francescocalderoni · 4 years
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Assassinio JFK, il mistero di Lady Babushka | La pagina mancante
Assassinio JFK, il mistero di Lady Babushka | La pagina mancante
La morte del presidente John Firzgerald Kennedy è ancora un giallo irrisolto. Cosa nascondono i file tenuti segreti da CIA e FBI? Chi era la donna col foulard? — Leggi su lapaginamancante.tgcom24.it/2019/12/04/assassinio-jfk-chi-e-lady-babushka-un-mistero-ancora-aperto/amp/
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paoloxl · 4 years
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4 aprile 1968: un proietille calibro 30-60 sparato da un fucile di precisione colpisce alla testa il leader nero Martin Luther King, uccidendolo sul colpo.
Nella stanza dell'albergo Lorrain Motel di Menphis, Tenessee, veniva così ucciso uno dei leader storici del movimento contro la segregazione e per i diritti dei neri.
King ,attivista e pastore protestante, dedicò la sua intera vita alla causa dei diritti civili della popolazione di colorei. Rappresentò e fu di fatto la guida di tutta quella l'area del movimento nero che abbracciava il metodo della non violenza e del riformismo, che da sempre si era opposta al resto del movimento che si poneva l'obbiettivo di una rivoluzione armata per la liberazione del popolo afro-americano contro il razzismo.
Nonostante la sua apparteneza all'area più moderata e istituzionale del movimento, collaborò con le organizzazioni comuniste giovanili statunitensi, e con il resto del movimento afro-americano.
Di fatto king e tutta l'area pacifista rappresentarono e furono una sponda per le istituzioni bianche del governo degli Stati Uniti: l'appoggio dei Kennedy e dei riformisti bianchi consacravano l'appartenenza di king alla piccola borghesia nera e tutta qualla parte di afroamericani che non avevano interessi in un'insurrezione armata dei neri e delle altre minoranze.
Il rifiuto della violenza, contestualizzato nel movimento di quegli anni, fu uno strumento uitilizzato dai riformisti per arginare la lotta messa in atto dalla stragrande maggioranza dei neri. Infatti negli anni '50, '60 e '70 furono numerosissime le esperienze di difesa armata dei ghetti neri, di attacco ai commissariati e alla polizia, il saccheggio dei negozi dei bianchi e gli attacchi ai quartieri benstanti.
 
Criticare la scelta storica della nonviolenza da parte di King, vuol dire restituire la giusta dignità spesso rubata dal revisionismo storico, alla lotta dei rivoluzionari neri che si offrirono in prima persona per riscattare la loro gente da più di quattrocento anni di sfruttamento e violenze da parte della borghesia bianca statunitense. Il governo americano, in particolare l'amministrazione Kennedy, sfruttarono King e l'area pacifista del movimento per controllare indirettamente il movimento insurrezionale nero.
 
Nei giorni seguiti all'assassinio il presidente degli Stati Uniti si appellò al buon senso delle persone di colore, perchè non fosse la violenza la risposta all'omicidio compiuto dal razzista James Earl Ray. Di tutta risposta il movimento afro rispose con duri scontri nei ghetti, assalti ai quartieri benestanti bianchi, e attacchi alla polizia.
 
La rielaborazione storica della figura di King è stata strumentale a far apparire tutta la lotta afro-americana come pacifica e fatta di marce e sit-in, per cercare di relegare l'uso diffuso dello scontro e della violenza ad un'area minoritaria e "deviata" del movimento. Aldilà delle rivisitazioni di comodo di chi è rimasto di fatto al potere e della borghesia nera che negli anni si è integrata bene nel sistema capitalista e consumista degli USA, quello che è sicuro è che il movimento nero e l'insurrezione degli afroamericani sono stati attraversati da una potente scossa di violenza manifestatasi in varie forme, e molte volte capace di essere strumento fondamentale per la lotta.
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besthomegymdiy-blog · 8 years
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Assassinio Kennedy: chi c'è dietro al foulard di Lady Babushka?
Assassinio Kennedy: chi c’è dietro al foulard di Lady Babushka?
Assassinio Kennedy: chi c’è dietro al foulard di Lady Babushka? Sono passati ben 54 anni da quel 22 novembre 1963, una data che ha lasciato il segno nella storia americana e mondiale per l’assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy, in visita insieme alla moglie Jacqueline a Dallas. Non si tratta di un semplice omicidio ma di un vero e proprio caso irrisolto che si regge ancora in piedi su…
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giallofever2 · 5 years
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1978
Il GIALLO dei GIALLI , un CulT Internazionale
Assassinio sul Nilo
Prima data di uscita: 29 settembre 1978 (Stati Uniti)
Regista: John Guillermin
Musiche: Nino Rota 🇮🇹
Scritto da: Agatha Christie
Candidature: British Academy Film Award al miglior attore protagonista
Poirot sul Nilo (Death on the Nile) è uno tra i più celebri romanzi della giallista inglese Agatha Christie. Pubblicato nel 1937, è il quindicesimo romanzo in ordine cronologico ad avere come protagonista il detective belga Hercule Poirot, e può essere considerato il secondo capitolo di una “TRILOGIA” che comprende anche “La domatrice” (1938) e “Non c'è più scampo” (1936) e che vede Hercule Poirot impegnato in viaggio dapprima in Egitto e poi nell'Europa orientale.
Il medesimo titolo Death on the Nile lo porta anche un racconto scritto nel 1934 dalla Christie, incluso nella raccolta Parker Pyne indaga
“ NEL FILM le Differenze dal libro “
I personaggi di Tim Allerton e sua madre, di Cornelia Robson, di Guido Richetti e di James Fanthorp, presenti nel libro, in questo film sono del tutto assenti.
Nel romanzo è Cornelia Robson (e non Rosalie Otterbourne) ad assistere al ferimento di Simon per opera di Jacqueline.
La scena del film in cui Poirot trova un serpente nella toilette della propria cabina non è presente nel romanzo.
Nel romanzo Rosalie Otterbourne sposerà Tim Allerton e non James Ferguson, il quale avrebbe voluto sposare Cornelia Robson.
Nel romanzo il colonnello Race compare dopo la gita a Wadi Halfa, nel film invece è presente da subito.
La faccenda delle perle rubate nel romanzo è molto più argomentata, nel film è soltanto una questione marginale.
Jacqueline De Bellefort, nel romanzo, è presente sul Karnak fin dal primo giorno, nel film invece sale successivamente alla partenza.
Gli interrogatori nel romanzo sono più dettagliati rispetto al film e Poirot prende appunti dopo ogni deposizione.
Nel romanzo Poirot aveva già incontrato Simon e Jacqueline in un ristorante a Londra, prima della partenza per l'Egitto.
La scena in cui Simon e Linnet salgono sulla piramide è presente solo nel film.
Louise Bourget viene trovata morta da Poirot e Race dopo pranzo, e non da un cameriere come avviene nel film.
Nel film Poirot da la soluzione del caso riunendo tutti nel salone, nel libro questa scena non avviene, ma parla singolarmente con i due sospettati.
Jacqueline, nel romanzo, spara a Simon mentre questo viene trasportato in barella giù dal Karnak una volta giunti a Shellâl, e non in sala da pranzo come nel film.
Nel romanzo Jacqueline si suicida sparandosi al cuore, nel film invece si spara alla tempia.
Il primo colloquio tra Jacqueline e Poirot non avviene al mercato di giorno, come nel film, ma nel giardino dell'albergo alla sera.
Nel romanzo Race è sul Karnak per cercare una spia nemica, nel film invece si trova in incognito per conto dei legali inglesi di Linnet.
Interpreti e personaggi
Peter Ustinov: Hercule Poirot
David Niven: Colonnello Johnny Race
Mia Farrow: Jacqueline De Bellefort
Simon MacCorkindale: Simon Doyle
Lois Chiles: Linnet Ridgeway Doyle
Bette Davis: Marie Van Schuyler
Angela Lansbury: Salomè Otterbourne
Olivia Hussey: Rosalie Otterbourne
Jane Birkin: Louise Bourget
Maggie Smith: Miss Bowers
George Kennedy: Andrew Pennington
Jon Finch: James Ferguson
Jack Warden: Dr. Ludwig Bessner
Harry Andrews: maggiordomo di casa Doyle
Sam Wanamaker: Rockford
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defcon1979 · 6 years
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Un’assassina che l’ha passata liscia, ma l’ho beccata io!
Grazie ad anni di crolli onirici durante "Chi l'ha visto?" ho sviluppato la parte investigativa che era già insita in me grazie ad un passato di letture di settore quali Topolino, Dylan Dog, Agata Christie e Sherlock Holmes. Per non parlare di un'adolescenza condizionata dalla signora in giallo. Ed ecco che tutto ciò mi ha portata a individuare una Killer spietata ma mai incriminata, che è svolazzata su quotidiani, rotocalchi, televisione e nei salotti bene internazionali. Parliamo della famigerata Jacqueline Lee Bouvier Kennedy Onassis, detta Jackie, Jackie O. per gli amici. Jackie O era irlandese da parte di madre (e ben conosciamo l'indole rissosa degli irlandesi) e ha vissuto in Francia la cui storia reale è costellata da omicidi misteriosi, tanto che i re avevano l'assaggiatore ufficiale Congetture? no, fatti. Vediamoli. John Fitzgerald Kennedy è stato uno dei presidenti degli Stati Uniti più amati della storia. Ma non solo dal popolo americano, ma pure da diverse donne che sono state sue amanti. E qui abbiamo il movente, il movente più classico, banale ma potente di tutti: la gelosia. John è stato ammazzato e attorno al suo assassinio sappiamo esserci un velo di mistero: oltre a Oswald pare che abbia sparato anche un cecchino... assoldato da chi? Anche dietro l'omicidio di Robert ci sono tanti fatti strani che fanno pensare che ci sia qualcosa che va oltre la politica ma non entriamo troppo nel dettaglio, se no dovrei scrivere un libro. Quello che non tutti sanno è che tra Jackie e Bobby c'era più di un rapporto tra cognati: Dal 1963 al 1968 i due, secondo fascicoli su fascicoli dell’FBI, sarebbero stati amanti. Marilyn Monroe è stata amante sia di John che del fratello Robert (quando la madre le diceva "fatti una famiglia" la bella bionda ha esteso un po' il senso della cosa evidentemente) Marilyn Monroe è stata trovata morta nella sua camera da letto...inizialmente si parla di suicidio ma un ex agente della cia, in punto di morte, afferma di essere stato egli stesso ad eseguire l’omicidio su ordine dei servizi segreti (dietro richiesta di chi??). E infine, perchè non mi sono addentrata TROPPO nella storia dei risentimenti della spietata Jackie abbiamo Mary Pinchot Meyer: altra amante di JFK. Fu trovata morta un anno dopo l'omicidio di John Kennedy, uccisa con due colpi di pistola lungo un sentiero tra il fiume Potomac. L'assassino non fu mai individuato e nemmeno il movente. Non vi basta? guardate la foto di Jackie da bambina, quando ancora non era in grado di simulare...non vi sembra una futura assassina??
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thenightreview · 6 years
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"The arc of the moral universe is long, but it bends toward justice" - Martin Luther King Jr. assassinato 50 anni fa
Sono pochi i casi in cui decidiamo di realizzare una speciale selezione di letture. Ma uno di questi pochi casi è per ricordare Martin Luther King Jr., il senso della sua vita e della sua morte e la sua eredità politica e morale, a distanza di 50 anni dal suo assassinio.
To many millions of American Negroes, the Rev. Dr. Martin Luther King Jr. was the prophet of their crusade for racial equality. He was their voice of anguish, their eloquence in humiliation, their battle cry for human dignity. Inizia così il necrologio ufficiale, firmato da Murray Schumach, pubblicato il giorno successivo sulle pagine del New York Times
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L'ultimo discorso di Martin Luther King Jr., il 3 aprile del 1968 a Memphis, Tennessee (testo completo e video), era pieno di insegnamenti senza tempo. Un'analisi di James Hohmann sul Washington Post
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So I shall ask you tonight to return home, to say a prayer for the family of Martin Luther King, that's true, but more importantly to say a prayer for our own country, which all of us love--a prayer for understanding and that compassion of which I spoke. Il difficile e meraviglioso discorso a braccio con cui il senatore Robert F. Kennedy annunciò a Indianapolis, Indiana, la morte di MLK (testo completo e video). Un retroscena di quel discorso lo racconta oggi Jeff Shesol sul New Yorker Circa due mesi dopo, il 5 giugno, a Los Angeles, anche Robert F. Kennedy fu ucciso.
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MLK aveva solo 26 anni quando guidò un boicottaggio degli autobus a Montgomery, Alabama, e divenne famoso. E ne aveva solo 39 anni quando fu ucciso. In 13 anni ebbe la forza di cambiare la storia di una nazione per sempre. Una timeline sul The Atlantic
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La storia di cosa successe prima, durante e dopo il giorno in cui il più importante leader afroamericano di sempre fu ucciso a Memphis. Su Il Post
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Il racconto di quando la notizia dell'omicidio arrivò ai giornalisti della Associated Press che erano in servizio quel giorno e come la diffusero a tutto il resto del mondo. Su Associated Press
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La televisione amava MLK. E lui era un maestro nella gestione di quel mezzo di comunicazione. E la sua rivoluzione la portò avanti anche grazie alla televisione, nonostante i network di quegli anni non capissero la forza della lotta per i diritti civili. Un pezzo bellissimo di Alexis C. Madrigal sul The Atlantic
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In che modo la morte di MLK ha aiutato a porre le fondamenta del controllo delle armi negli Stati Uniti. Sul New York Times E l'anniversario del suo assassinio cade proprio mentre è in corso la più grande mobilitazione contro le armi degli ultimi 50 anni. Jelani Cobb sul New Yorker
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Una conversazione con John Lewis, attuale deputato per lo stato della Georgia e storico leader del movimento per i diritti civili, sul modo in cui MLK lo convinse a diventare un attivista e ad affiancarlo, e in che modo la sua eredità ha plasmato il mondo di oggi. Vann R. Newkirk II sul The Atlantic
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LUTTO: Jackie Kennedy Onassis (1929 - 1994) usò l'ipnosi vera e professionale per affrontare il dolore e il dolore provati durante e dopo il tragico assassinio di suo marito, il presidente John F. Kennedy.
LUTTO: Jackie Kennedy Onassis (1929 – 1994) usò l'ipnosi vera e professionale per affrontare il dolore e il dolore provati durante e dopo il tragico assassinio di suo marito, il presidente John F. Kennedy.
LUTTO: Jackie Kennedy Onassis (1929 – 1994) usò l’ipnosi vera e professionale per affrontare il dolore e il dolore provati durante e dopo il tragico assassinio di suo marito, il presidente John F. Kennedy. Autoipnosi DCS da SOLO…📀
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struckbywords · 7 years
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Le ore passavano. Facce insespressive schierate lungo i muri dei corridoi. Uomini accovacciati vicino agli ascensori, ad aspettare. Percepivano l’incompletezza là fuori, lacune, spazi, sedili vuoti, anticamere deserte, sconnessioni, città buie, vite interrotte. La solitudine della mancanza di notizie. Soltanto le notizie potevano restituire loro integrità, sensibilità. Trecento giornalisti in uno spazio compatto, e tutti a insistere per strappare una parola. Una parola è un desiderio magico. Una parola da chiunque. Con una parola avrebbero potuto cominciare a ridefinire il mondo,a creare una superficie istantanea alla quale il pubblico avrebbe dato coerenza visiva e tattile. Telefoni che squillavano, principi di risse, fumo negli occhi, un senso di morte, un dolore sospeso. Connally è vivo? Johnson è al sicuro? Il SAC è in stati di allerta? Cominciavano a sentirsi isolati in quel vecchio edificio pubblico di granito grigio del Texas. Ascoltavano i loro stessi servizi alle radio e ai televisori portatili. Ma che cosa sapevano veramente? Le notizie erano altrove, al Parkland Hospital o a bordo dell’Air Force One, nella mente del prigioniero al quarto piano.
Libra (1988) - Don DeLillo
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fazdeotto · 7 years
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Da Morselli a Means: il nostro bisogno di ucronie
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Nel 1931 a John Collings Squire viene un’idea bizzarra: vuole radunare alcuni dei più importanti scrittori e storici della sua epoca e chiedere loro di scrivere racconti in cui immaginino come sarebbe stata la storia del proprio paese se alcuni eventi cruciali avessero avuto esito differente. E siccome è uno abituato a ragionare in grande, l’autore inglese non ci pensa due volte a bussare alla porta dell’ex Ministro delle Finanze Winston Churchill. Dalla fine degli anni ’30, Churchill è in una fase buia della sua carriera politica: dopo essersi allontanato dal partito Conservatore si sta dedicando perlopiù alla scrittura, così, quando Squire gli chiede di partecipare alla raccolta If it had happened otherwise, lui senza esitare impugna la penna e scrive un racconto intitolato If Lee had NOT won the Battle of Gettysburg, in cui immagina un’America dove gli Stati Confederati hanno vinto la Guerra di Secessione. Si tratta del primo caso in cui a riscrivere la Storia è uno dei suoi stessi protagonisti.
Perché sarà anche vero, come recita il proverbio, che con i se e con i ma la Storia non si fa, ma è altrettanto vero che con i se si sono scritte alcune delle storie più belle a memoria d’uomo. Tecnicamente, quello di Squire e soci era un’opera di storia controfattuale, un esercizio di speculazione storiografica che risale almeno al 1 secolo a.C., quando nell’Ab Urbe condita Tito Livio immaginò cosa sarebbe potuto accadere se Alessandro Magno avesse deciso di espandere il regno macedone a Ovest anziché a Est (spoiler: i romani se lo sarebbero mangiato a colazione). Nel momento in cui però questa distorsione degli avvenimenti viene messa al servizio di una storia di finzione, non abbiamo più a che fare con un esercizio controfattuale, ma con un’ucronia (dal greco οὐ = "non" e χρόνος = "tempo").
Considerando l’infinità di bivi che scandiscono il tortuoso andamento della Storia, viene da pensare che si possano scrivere ucronie a partire da qualunque biforcazione, eppure la maggior parte delle opere di questo tipo si coagula attorno a una manciata di eventi: per gli autori italiani è il ventennio fascista (L’inattesa piega degli eventi di Enrico Brizzi); gli autori europei si sono concentrati sulla figura di Napoleone (Napoleon Apochryphe di Louis Geoffroy) e ancora oggi continuano ad attingere all’inesauribile serbatoio del nazismo (Fatherland di  Robert Harris); negli Stati Uniti, invece, il grosso delle ucronie orbita attorno alla Guerra Civile e allo schiavismo, agli attentati dell’11 settembre, ma soprattutto, attorno alla figura di John Fitzgerald Kennedy.
Oggi, a più di cinquant’anni di distanza da quel 22 novembre, l’assassinio di JFK funge ancora da sponda privilegiata per storie capaci di raggiungere il grande pubblico. Basti pensare al successo che sta riscuotendo negli ultimi mesi la serie TV 22/11/63 (tratta dall’omonimo romanzo di Stephen King), in cui un uomo trova il modo di tornare indietro nel tempo e decide di sfruttarlo per impedire l’assassinio di Kennedy. O anche solo al fatto che un autore letterario come David Means, più volte paragonato a mostri sacri del racconto come Alice Munro e Raymond Carver, abbia scelto, per il suo primo attesissimo romanzo (Hystopia, FSG 2016), una cornice così poco considerata dalla critica quanto quella ucronica: il romanzo è ambientato in una versione alternativa degli anni ’70, in cui la Guerra in Vietnam continua, Kennedy ha ottenuto un terzo mandato da presidente e ha creato una nuova agenzia federale che si occupa di eliminare i traumi psicologici nei reduci di guerra.
Niente di così nuovo sotto il sole, intendiamoci, da cinquant’anni a questa parte, negli Stati Uniti, ipotizzare cosa sarebbe successo se Kennedy fosse sopravvissuto all’attentato di Dallas è diventato una specie di sport nazionale. In If Kennedy Lived il giornalista Jeff Greenfield, a suo tempo autore dei discorsi di Bob Kennedy, ha immaginato che senza la morte di JFK sarebbe mancata la leva emotiva necessaria a fare passare il Civil Rights Act del 1964, che decretò ufficialmente illegale la segregazione razziale; il giornalista britannico Peter Hitchens è invece convinto che se JFK fosse sopravvissuto sarebbe diventato il presidente più odiato della storia americana, condannando i democratici a trent’anni di sconfitte elettorali.
Se l’assassinio di JFK ha ispirato tante storie e speculazioni non è solo per via dei misteri che ancora oggi si raggrumano attorno a quell’episodio: innanzitutto è stato il primo evento di questo tipo ad essere diffuso attraverso la TV, e rappresenta tuttora per gli Stati Uniti uno dei rari momenti di vulnerabilità interna; inoltre si incastona in un periodo storico in cui molte cose stavano per cambiare, perciò quel particolare assassinio viene percepito come qualcosa di traumatico, quasi un intervento estraneo al normale flusso della Storia, che ne ha deviato bruscamente il corso.
 C’è un’altra serie TV che in questo periodo sta catalizzando l’attenzione di milioni di spettatori statunitensi (in Italia deve ancora arrivare), si tratta di The Man in the High Castle ed è tratta dall’omonimo romanzo che nel 1963 fruttò a Philip Kindred Dick il primo e unico Premio Hugo della sua Carriera. Il romanzo racconta una realtà alternativa in cui Roosvelt è stato assassinato nel 1933, gli Stati Uniti si sono chiusi a riccio nella prolungata crisi economica e di conseguenza la Germania e il Giappone hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale, spartendosi il continente nordamericano. Il colpo di genio di Dick consiste nell’aver introdotto all’interno della storia un autore di ucronie di nome Hawtorne Abendsen (chiaro qui riferimento a Nathaniel Hawthorne, autore de La Corrispondenza di P., considerata la prima opera ucronica in lingua inglese) che a sua volta ha scritto un romanzo in cui a vincere la Guerra sono stati gli Alleati.
Ma chi va predicando che l’obiettivo di Dick fosse architettare una sorta di parabola metaletteraria sul concetto di ucronia si illude. Come racconta bene Emmanuel Carrère in Io sono vivo, voi siete morti (recentemente ripubblicato da Adelphi) all’epoca lo scrittore californiano aveva sì deciso di scrivere il suo “primo libro serio”, ma non era esattamente al massimo della lucidità: da qualche tempo aveva una nuova ossessione, l’I Ching, e si affidò ciecamente all’oracolo cinese per decidere che direzione dare alla narrazione. Certo è però che ne L’Uomo nell’alto castello confluiscono alcune delle tematiche più caratteristiche dell’universo dickiano, una su tutte l’ossessione per gli universi paralleli e, in particolare, per quelli “creati” in terra dai regimi dittatoriali. “Nel leggere Hanna Arendt era stato molto colpito da un’idea” scrive Carrère “Che lo scopo degli stati totalitari fosse tagliare fuori le persone dalla realtà, di farle vivere in un mondo fittizio”.
Quando nel 1962 Dick pubblica L’Uomo nell’alto castello l’ucronia è ormai un genere letterario ben definito, anche se ancora non ha raggiunto la maturità necessaria a sottrarsi dal dispersivo recinto della fantascienza. Le opere ucroniche del passato del resto avevano spesso un intento pedagogico: l’esplorazione narrativa di mondi alternativi poteva servire da contraltare per dimostrare come il nostro fosse, per dirla con Leibniz, il “migliore dei mondi possibili”, frutto di un lungimirante disegno divino (è il caso di Hands Off di Edward E. Hale); oppure fungere da laboratorio narrativo per individuare una strada possibile, sebbene non percorsa, che avrebbe condotto a un presente migliore (si pensi a Contro-passato prossimo di Guido Morselli).
Dalla seconda metà del ‘900 si assiste a una vera e propria esplosione del genere ucronico, innescata in parte dalla diffusione della teoria della meccanica quantistica e del concetto di “multiverso”. Bisognerà aspettare però gli anni ’60 perché questo genere assuma i connotati che lo contraddistinguono oggi. Non è un caso se serie TV come 22/11/63 e da The Man in the High Castle stiano riscuotendo tanto successo. In un’epoca in cui la crisi economica ha lasciato uno strascico di precarietà esistenziale, diventa sempre più difficile spingere lo sguardo oltre l’orizzonte: dove un tempo si allungavano infiniti sentieri possibili, ora si allarga un baratro nebuloso, di fronte al quale la reazione più naturale è la paralisi. Così, piuttosto che dedicarsi a esplorare il baratro, la tendenza è quella di voltarsi indietro e concentrarsi su qualcosa di molto più tangibile e comprensibile: ossia il passato. Non si tratta necessariamente di un mero esercizio speculativo: vivisezionare la Storia può essere un modo per comprendere meglio il presente, e ritrovare, volendo, una direzione per il futuro.
Arrivato alle ultime pagine de L’Uomo nell’Alto Castello, Philip Dick interrogò per l’ultima volta l’I Ching, e l’oracolo, sorprendentemente, gli diede esattamente la risposta che cercava: “Soltanto un cuore esente da pregiudizi è capace di accogliere la verità”. Qualcosa di simile la scriveva Primo Levi nell’antologia La ricerca delle radici, riferendosi a un racconto dell’autore di fantascienza Fredric Brown: “I pittori sanno bene che in un quadro messo a testa in giù si mettono in evidenza virtù e difetti che prima non si erano osservati.” L’arte di capovolgere la realtà, arrivando a mettere in discussione anche ciò che è senza dubbio accaduto, può essere la soluzione estrema per liberarsi dai pregiudizi, e per avere uno sguardo incontaminato sulla realtà. Forse è proprio questo che oggi spinge tanti autori letterari a dedicarsi alle ucronie.
(Pubblicato in origine su Pagina 99)
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viaggiatricepigra · 7 years
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Opinione: In Fondo Al Pozzo, di Marie Sexton
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Vent’anni dopo il brutale assassinio della reginetta del ballo Cassie Kennedy, sei adolescenti s’intrufolano nella casa in cui è stata uccisa per tenere una seduta spiritica. Haven sa che sua cugina Elise vuole solo spaventare a morte lui e i suoi amici, ma è pronto a sopportare un altro dei suoi scherzi, pur di avere la possibilità di trascorrere qualche ora con Pierce Hunter, il ragazzo arrivato in città da poco. Ma la mattina seguente, Elise è scomparsa senza lasciare traccia. Dodici anni più tardi, Pierce e suo fratello gemello Jordan sono diventati investigatori professionisti del paranormale e conducono una trasmissione televisiva in cui vanno a caccia di fantasmi. Quando Pierce chiama Haven per convincerlo a tornare un’ultima volta nella casa apparentemente infestata, Haven accetta la sua proposta con riluttanza. È agitato al pensiero di incontrare di nuovo Pierce, ma è determinato a ottenere delle risposte. Quella lontana notte, durante la seduta spiritica, hanno parlato davvero con il fantasma di Cassie? Che cosa è successo a Elise? E il mistero più grande di tutti: come faceva sua cugina a sapere del segreto celato nel pozzo?
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Finalmente un bel thriller/horror che mette qualche brivido durante la lettura!
Esce oggi, quindi prestate attenzione se vi piace il genere.
Elise è la più grande della comitiva di un anno e adora spaventare gli amici, specialmente suo cugino Haven verso il quale, fin da piccola, inventava storie e misteri, per terrorizzarlo. L'ultima sua idea è fare una seduta spiritica in una vecchia casa abbandonata. Haven non ne vuole sapere, fino a che non scopre che lei ha invitato i gemelli Hunter, Jordan e Pierce, per cui ha una cotta. Arrivano presto e si dividono le stanze: Linsey (la sorella di Elise) con il fidanzato Craig, Elise con Jordan che la segue come un cagnolino, e...Haven e Pierce che decidono di non dividersi e stare nella stessa stanza, anche perché il luogo è spettrale e nessuno si sente di stare solo. Durante la notte Elise racconta loro una storia: vent'anni prima una ragazza venne uccisa in quella casa, sventrata proprio dove stanno seduti in cerchio loro, pronti ad iniziare la seduta spiritica. L'unico sospettato di quel crimine si suicidò pochi giorni dopo il fatto, impiccandosi alla balaustra dietro di loro. In molti hanno visto i due fantasmi per la casa, per questo nessuno l'ha più comprata ed è ancora disabitata. Ed Elise vuole contattarli per poterci parlare e capire cosa sia accaduto.... A dodici anni di distanza Haven viene contattato da Pierce per parlare di quella notte e dei giorni seguenti. Lui ed il fratello sono diventati investigatori del paranormale e hanno deciso di tornare per girare un episodio nella loro vecchia città, sia per dare pepe allo show, sia per cercare di mettere chiarezza alla questione dopo tutti quegli anni, perché: Elise quella notte è scomparsa nel nulla e nessuno ha idea di che fine possa aver fatto. Haven inizialmente è combattuto: vuole rivedere Pierce, ricorda ancora quella notte e prova un rimpianto per quello che gli è scivolato fra le dita; ma prova ancora odio verso Jordan, convinto che sia stato lui ad aver ucciso la cugina anni prima. Eppure alla fine accetta. Se questo chiarirà la faccenda, è disposto a tentare, ma non ha idea di cosa accadrà in quei giorni... Una storia davvero bella e, anche se breve (un 200 paginette) porta dentro di se qualcosa di completo ed interessante; un racconto originale che tiene il lettore incollato perché deve sapere cosa sia successo. Anche in questo caso abbiamo il passato che si scontra con il presente, alternandoli nella lettura, permettendo di capire solo pochi dettagli alla volta. Infatti non sapremo subito cosa è accaduto durante la seduta spiritica e poi durante la notte, fino al mattino dopo quando tutti si resero conto della scomparsa. Oltre al cosa accadrà nel presente della vicenda, perché molte piste vengono analizzate e portate avanti con una nuova prospettiva e l'intraprendenza che solo da adulti si può acquisire. Una lettura che mi ha conquistato e che ho divorato in poche orette, lasciandomi un po' frastornata ma felice; un mistero che si muove fra thriller e horror (con un pizzico di romance), dando qualche piccolo spavento al lettore. A me qualche brivido mi è venuto (e ce ne vuole), quindi se non vi spaventate facilmente segnatelo: potrebbe piacervi e potreste trovarlo interessante nel complesso, perché la trama è ben scritta e non prevedibile. Spero vengano portate altre storie di quest'autrice in Italia, non è affatto male. Consigliatissimo! PS. Mi rendo conto che è assurdo doverlo scrivere nel 2018, ma preciso un dettaglio che potrebbe portare alcuni a distruggere questo romanzo per una sciocchezza: Haven e Pierce sono due maschi, quindi se questo potrebbe darvi fastidio evitate la lettura! from Blogger http://ift.tt/2Gy1TyD via IFTTT
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problemapc · 7 years
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Omicidio Kennedy cosa c’è nei document diffusi da Trump
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Omicidio Kennedy cosa c’è nei document diffusi da Trump Il presidente Donald Trump, ha reso pubblici oltre 2.800 documenti legati all’uccisione di John F. Kennedy un assassinio che da oltre 50 anni interessa l’opinione pubblica statunitense e che è stato alla base di innumerevoli teorie su complotti e cospirazioni.
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purpleavenuecupcake · 7 years
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Assassinio Kennedy, Trump deciderà se svelare i segreti di Stato
Assassinio di Kennedy, Trump vuole svelare i segreti di stato Il piu' grande mistero nell'immaginario popolare della storia recente degli Stati Uniti e' sul vero colpevole dell'assassinio di John F. Kennedy: una incognita intorno alla quale ci sono innumerevoli teorie che migliaia di pagine di archivi segreti potrebbero chiarire, e che ora sono nella mani del presidente Donald Trump. Negli Archivi nazionali sono infatti contenuti circa 3.100 documenti classificati sul delitto del 35mo presidente americano (1961-1963) che gli storici e gli esperti della materia credono credono possano cambiare la storia. E i responsabili degli archivi hanno tempo fino al 26 ottobre per decidere quali di questi documenti (in gran parte appartenenti all'Fbi e alla Cia) potrano venire alla luce e quali dovranno restare segreti. Ma l'ultima parola spettera' proprio a Trump, che ha l'autorita' per decidere se pubblicare gli archivi o tenerli segreti per altri 25 anni. La divulgazione di questi documenti rispondono alla "JFK Records Act", una legge approvata nel 1992 a causa del rinnovato interesse suscitato intorno al caso dal film "JFK", nel quale il regista Oliver Stone ha fornito la sua versione sull'assassinio del 22 novembre 1963 a Dallas (Texas). Nella pellicola, Stones propose l'ipotesi difesa dagli investigatori Jim Garrison e Jim Marrs nei rispettivi libri, "On the Trail of the Assassins" e "Crossfire: The Plot That Killed Kennedy", che alimentava le vecchie teroie cospirative e scartava il rapporto ufficiale della famosa Commissione Warren, secondo il quale il responsabile era un solo uomo: Lee Harvey Oswald. Gerald Ford, presidente all'epoca di quella commissione, bollo' il film come "ingannevole". Ventisei anni piu' tardi altri due studiosi, Roger Stone e Gerald Posner, entrambi del The New York Times, aspettano con ansia la divulgazione dei nuovi documenti, ma le loro teorie sono totalmente contrapposte, perche' nel libro pubblicato nel 2013, "The Man Who Killed Kennedy: The Case Against LBJ", Stone assicura che fu il vicepresidente di Kennedy, Lyndon B. Jonhson, poi divenuto presidente, la mente del delitto. Oltre a Jhonson, Stone coinvolge anche l'industria petrolifera texana, che a suo dire finanzio' il delitto, eseguito dalla mafia con l'aiuto di elementi della Cia, mentre piu' tardi l'Fbi di Edgar Hoover lo insabbio'. Stone, che fu consigliere di Richard Nixon, considera "inestricabilmente connessi" l'assassinio di Kennedy, l'invasione della Baia dei Porci per rovesciare il leader cubano Fidel Castro e lo scandalo Watergate. Da parte sua Posner, nel 1993 finalista Pulitzer con il suo libro "Case Closed: Lee Harvey Oswald and the Assassination of JFK", ritiene invece che le conclusioni della Comisione Warren siano corrette. Dopo la tragedia, con il Paese ancora commosso e sconvolto, fu istituita una commissione di inchiesta guidata dal presidente della Corte Suprema Earl Warren, la quale stabili' che Oswald fu l'autore del delitto, agi' da solo e senza alcun aiuto. Nonostante le conclusioni contrapposte a cui sono giunti, Stone e Posner hanno unito le loro voci, chiedendo che si possano conoscere i documenti segreti.  Read the full article
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