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#bomboniere su misura
bombonierecerimonia · 2 years
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Bomboniere artigianali
Bomboniere artigianali
Le bomboniere di tipo artigianale sono una scelta sempre più popolare per gli eventi speciali, come matrimoni, battesimi, o comunioni. Realizzate a mano da artigiani talentuosi, queste bomboniere sono uniche e personalizzate, e possono essere un modo perfetto per sorprendere gli ospiti e per far sì che possano portare con sé un ricordo indimenticabile dell’evento.
  Uno dei vantaggi delle bomboniere artigianali è che possono essere realizzate in molti stili diversi, a seconda delle preferenze e del tema dell’evento. Ad esempio, per un matrimonio rustico, le bomboniere potrebbero essere realizzate con materiali naturali come il legno o la stoffa, e decorate con fiori essiccati o piccole conchiglie. Per un matrimonio più elegante, invece, le bomboniere potrebbero essere realizzate in porcellana o in vetro, e decorate  magari a mano con dettagli preziosi come perle o cristalli.
  Oltre al loro aspetto estetico, le bomboniere artigianali possono anche essere utili o pratiche. Ad esempio, potrebbero essere piccoli portachiavi, o portafoto, o piccole scatole per gioielli. In questo modo, gli ospiti non solo avranno un bel ricordo dell’evento, ma potranno anche utilizzare l’oggetto nel quotidiano.
  Le bomboniere artigianali possono anche essere un modo per sostenere l’economia locale e per promuovere l’artigianato. Molti artigiani infatti lavorano in piccole botteghe o a domicilio, e vendere le loro creazioni attraverso le bomboniere può essere un modo per far conoscere il loro lavoro e per sostenerli. Inoltre, acquistando le bomboniere da artigiani locali, si può essere certi di avere un prodotto unico e di qualità, che sarà apprezzato dagli ospiti.
  Tuttavia, scegliere le bomboniere può richiedere un po’ di tempo e di organizzazione. Innanzitutto, è importante decidere il tema e lo stile dell’evento, in modo da poter scegliere le bomboniere che meglio si adattano. In seguito, bisognerà trovare gli artigiani che realizzano le bomboniere desiderate, e contattarli per concordare i dettagli dell’ordine.
  Un altro vantaggio delle bomboniere artigianali è che possono essere personalizzate in base alle preferenze degli sposi o dei genitori. Ad esempio, le bomboniere potrebbero essere decorate con il nome degli sposi o dei bambini, o con una data significativa, o con un motto o una citazione che li rappresenti. In questo modo, le bomboniere diventano ancora più uniche e speciali, e rappresentano un vero e proprio omaggio agli ospiti.
  Alcuni esempi di bomboniere artigianali che possono essere personalizzate sono i seguenti:
  Un piccolo portachiavi realizzato in legno e decorato con il nome degli sposi e la data del matrimonio.
Una scatola per gioielli realizzata in porcellana e decorata con fiori essiccati e una citazione d’amore.
Un portafoto realizzato in stoffa e ricamato con il nome del bambino e la data della comunione.
Una candela profumata realizzata con ingredienti naturali e decorata con perle e cristalli.
  Questa tipologia di bomboniere può anche essere un modo per aiutare gli ospiti a ricordare l’evento. Ad esempio, le bomboniere potrebbero essere accompagnate da un biglietto o da una cartolina con una foto dell’evento, o con un messaggio di ringraziamento degli sposi o dei genitori. In questo modo, gli ospiti potranno leggere il biglietto ogni volta che utilizzeranno la bomboniera, e saranno ricordati della giornata speciale.
  In conclusione, le bomboniere artigianali sono una scelta originale e unica per gli eventi speciali. Inoltre, scegliendo le bomboniere da artigiani locali si può sostenere l’economia locale e l’artigianato e avere un prodotto di qualità che sarà apprezzato dagli ospiti.
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cosedimya-blog · 6 months
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Bomboniere Palloncini in ceramica personalizzati
Palloncini in ceramica artigianale misura 5x7cm Per informazioni scrivimi 👇🏻 su WhatsApp 3495474969 [email protected] Palloncini in ceramica personalizzati Palloncini in ceramica Palloncini in ceramica Palloncini in ceramica Palloncini in ceramica Palloncini in ceramica Palloncini in ceramica Palloncini in ceramica
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mgvideo · 2 years
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Bomboniere ecologiche: belle, creative, green friendly.
Il seme appartiene alla terra, ma per poter sbocciare intreccia un intenso e silenzioso dialogo con la luce del cielo. L’Amore, come la pianta, cresce da un piccolo seme: è nella trama delle potenzialità ancora inespresse, nella paziente attesa e nella costante dedizione che avviene il compimento di ogni unione e di ogni tappa fondamentale che porta ad un nuovo inizio.
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Diventa quindi importante condividere questi valori attraverso un ricordo che non si esaurisca nel solo oggetto donato, ma che rappresenti anche lo specchio simbolico di ogni ricorrenza. Momenti Eventi ha il piacere di proporvi una soluzione originale per le vostre bomboniere: i semi di fiori e di erbe aromatiche. Un dono che racconta di voi: il vostro messaggio d’amore che germoglia e fiorisce. Momenti Eventi mette a disposizione di tutti i suoi clienti la possibilità di progettare e realizzare una bomboniera su misura, unica a personalizzata, per tutte le occasioni speciali (matrimonio/battesimo/laurea/compleanno/nascita).
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Creare la bomboniera è facile:
- scegliete un seme in base alla stagione e al significato cromatico;
- scegliete il contenitore, il supporto, il materiale e le rifiniture.
Qualche info utile:
Costi: prezzi a partire da 3,00€. Per ricevere un preventivo gratuito un punto di riferimento nel settore è Momenti Eventi. Propone tante idee per un matrimonio in chiave eco chic che include anche l'allestimento floreale, le partecipazioni, gli inviti e molto altro. Info allo 0961 292129 o www.momentieventi.com
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giancarlonicoli · 4 years
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29 set 2020 16:00
LO SFOGO DI ANTONELLO PIROSO: “ODIO FABIO FAZIO, SANTINO DELLA SINISTRA DA SALOTTO. SE DIETRO LE TELECAMERE NON È SEMPRE BUONO, DAVANTI ALLA LUCE ROSSA È BUONISTA” - “DA SEMPRE INDICATO COME UN WALTER VELTRONI BOY, FU TRATTENUTO IN RAI GRAZIE AL RENZIANO DG ORFEO, E AL PRESIDENTE MAGGIONI - A DAR RETTA A DANIELE LUTTAZZI, CHE NEL 2007 TIRÒ FUORI LA CONFIDENZA RICEVUTA, FAZIO EVITÒ IL SERVIZIO MILITARE GRAZIE A UNA RACCOMANDAZIONE DI CRAXI. FAZIO HA SOSTENUTO CHE IN FINIVEST (DAL 1993 MEDIASET) GLI OFFRIRONO PONTI D'ORO PER INGAGGIARLO, PECCATO CHE…”
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Antonello Piroso per “la Verità”
Io odio Fabio Fazio. Come - si parva licet - Antonio Gramsci odiava le persone «cosiddette serie, che cercano - abusando di questo loro carattere da commedia - di truffare la nostra buona fede». Come odia, in realtà, lo stesso Fazio. Arcano svelato da Nino Frassica, presenza gradita nella sua trasmissione: «È un uomo che ama e odia in maniera netta: se gli piaci è per sempre, altrimenti con lui scatta il "mai". Niente grigi».
Fazio, insomma, non è un santo. Semmai un santino della sinistra da salotto televisivo, memori del giudizio che ammiccava a un certo qual suo conformismo di convenienza, emesso da Antonio Ricci, che non lo ama: «Noi siamo diventati di sinistra perché avevamo professori di destra. Fazio è diventato di sinistra perché aveva professori di sinistra».
Per tacere dello scomparso Edmondo Berselli (direttore della rivista Il Mulino ed editorialista di Repubblica e Espresso, quindi non certo un populista-sovranista rancoroso e con la bava alla bocca) che prese posizione «contro il conformismo pensoso di Fazio, contro le modeste volgarità della madamìn Luciana Littizzetto, contro tutti gli idola tribus - gli idoli della tribù - che riempiono continuamente di applausi lo studio di Che tempo che fa, santuario e cenacolo dei ceti medi riflessivi».
Fazio è umano, proprio come tutti noi (solo, sia detto con somma invidia, pagato decisamente un po' meglio). E se almeno dietro le telecamere non è sempre buono, davanti alla luce rossa, invece, o nelle interviste ai giornali, Fazio è un uomo a una dimensione, marcusianamente parlando: quella buonista.
È successo ancora una volta sabato scorso, nell' intervista alla Stampa per il suo ritorno in video (e sarà stato poi un caso ma, domenica sera al debutto, il quotidiano torinese è stato ampiamente inquadrato durante l' intervista a Luigi Di Maio - proprio lui, quello che nel dicembre 2018 sentenziava: «Esiste un caso Fazio in Rai», il che conferma la nota coerenza di Di Maio, ma si sa, come si canta a Napoli e dintorni: «Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato»; il tutto per 2.280.000 telespettatori nella prima parte, un milione in meno nella seconda).
Prima c'è stata una timida domanda sui suoi compensi, che ha consentito a Fazio di vestire i panni del martire, dopo aver scritto in passato su Twitter addirittura di «anni di linciaggio»: «C' è stata una campagna diffamatoria, frutto del populismo » (e te pareva), per poi aggiungere: «La Corte dei Conti ha sentenziato che Che tempo che fa costa la metà di qualunque altro varietà».
E qui si potrebbe opinare che «programmi d' intrattenimento» tipo la fiction Il commissario Montalbano o tipo Ballando con le stelle sono più replicabili e più vendibili all' estero di un talk show, tanto più se gli ospiti sono autoctoni, vedi alla voce Gigi Marzullo e Orietta Berti, e non personaggi internazionali (che peraltro da Fazio non vanno sempre e solo perché sta loro simpatico: il campione del mondo di Formula Uno Lewis Hamilton avrebbe raggranellato 150.000 euro per 25 minuti, cifra mai rettificata).
Tornando alla conversazione con La Stampa, è stato il passaggio successiva a innescare la mia idiosincrasia. Perché esso disvelava, a parer mio, la solita pulsione all'esibizionismo etico - stante la definizione di buonismo della Treccani: «L'ostentazione di buoni sentimenti, tolleranza e benevolenza».
Per Fazio, infatti, mala tempora currunt: «Il populismo non mi sembra, né da noi né all'estero, un fenomeno destinato a un rapido fallimento» (e qui io avrei gentilmente interloquito: «D'accordo, ma non sarà che oggi abbiamo questi qua perché prima c'erano quelli là? E visto che celebriamo i 18 anni del programma, in tutto questo tempo lei non s'era accorto di nulla? E come incalzava i suoi ospiti, magari di sinistra, a fare di più e meglio per scongiurare l'arrivo dei barbari?").
Non basta: «Manca completamente la capacità di analisi, manca il pensiero, l'unica cosa che facciamo è consumare. Ha prevalso ancora una volta l'egoismo e la bulimia». E qui il Franti che è in me ha avuto un sobbalzo. Perché è davvero cosa buona e giusta preoccuparsi di come il mondo sia un luogo brutto, sporco e cattivo, non meritocratico, tracimante di aberranti sperequazioni e virus generati dalla nostra incontinenza, magari invocando la «decrescita felice», ma com'è che ce ne accorgiamo tutti non prima o durante, ma sempre dopo, quando cioè grazie alle rapaci leggi di mercato siamo diventati economicamente più ricchi?
In fondo è quello che deve ritenere intimamente lo stesso Fazio, se parlando con Di Maio della proposta di «tagliare» gli emolumenti dei parlamentari, se n'è uscito così: «Una cosa sono gli sprechi, una cosa sono i costi, e in una società di mercato il denaro misura il valore delle persone». Et voilà. Forse intendeva «la competenza», ma in ogni caso l'assioma dice tutto (siamo dalle parti del «profitto come segno della grazia divina», evocando Max Weber e il suo L' etica protestante e lo spirito del capitalismo; sì: l'etica e la cotica).
Ergo: se è riuscito a strappare un accordo quadriennale per un programma che costa complessivamente 18 milioni e rotti all' anno (cifre del Sole24Ore nel 2019: 2.240.000 a lui, 10.644.000 alla società che produce il talk e di cui lui detiene il 50%, il resto sono costi industriali), è perché è bravo. Il più bravo.
Di certo a farsi strapagare, beato lui. Da chi? Dalla tv pubblica, appunto. Dove fu trattenuto grazie al renziano - almeno all'epoca - direttore generale Mario Orfeo, e al presidente Monica Maggioni che chiosò (titolo di Repubblica): «Non so se la Rai avrebbe retto senza Fazio. Possibile impatto sistemico, occupazione a rischio». Nientemeno. E perché il pericolo di un trasloco in un'altra azienda fu scampato? Da chi era stata messa in forse la firma? Da Fazio stesso. E perché?
Perché nel 2017 aveva scoperto che, toh, la Rai - dove aveva debuttato nel 1982 alla radio - era lottizzata, lui da sempre indicato come un Walter Veltroni boy, e «colpita al cuore» dalla partitocrazia: «Intrusioni senza precedenti, vulnus forse insuperabile». Forse, appunto. Visto che poi è intervenuto il sontuoso rinnovo. Che poi i partiti a qualcosa sono pure serviti, nella storia della Repubblica e anche in quella sua personale.
Almeno a dar retta a Daniele Luttazzi, che nel 2007 tirò fuori la confidenza che Fazio gli fece nel 1992, quando lavoravano insieme a Tmc: aver evitato il servizio militare grazie a una raccomandazione di Bettino Craxi. Apriti cielo! Tuoni, fulmini e saette, smentite che non smentivano, il Tapiro di Striscia la notizia, Luttazzi che giustificava il tardivo resoconto con il fatto che qualcuno doveva pur affrontare la «paraculaggine infinita» di Fazio (nonché, andrebbe aggiunto, il fatto che Luttazzi non stima Fazio perché «non si fece scrupolo di approfittare della mia defenestrazione politica per rubarmi l' idea del mio talk in blocco», delizioso cortocircuito in cui uno accusato successivamente di plagio accusa un altro di furto intellettuale).
Quanto poi all' attaccamento alla maglia di viale Mazzini, anche qui si potrebbe inzigare. Fazio ha sostenuto che in Finivest (dal 1993 Mediaset) gli offrirono ponti d' oro per ingaggiarlo, ma la cosa non si fece per il suo no. Ottimo. Peccato che a incrinare l' oleografico amarcord sia arrivato quel guastafeste di Roberto D'Agostino, che su Dagospia scrisse: «Sotto raccomandazione del Psi, Fazio incontrò Silvio Berlusconi in via Rovani a Milano. Il Berlusca gli propose di entrare a far parte del cast di Premiatissima, show della rete ammiraglia del gruppo. Si racconta che Fazio - forte della sua «copertura» - pretendeva però di avere addirittura la conduzione, ma dopo averlo sperimentato ad una soirée di Capodanno tenutasi a Campione d' Italia, il progetto fu abbandonato».
Per non tirarla troppo in lungo, accantoniamo i rilievi sullo stile avanzati anche da chi da Fazio è andato e pure ritornato. Come Nanni Moretti, che davanti al conduttore in piena estasi adorante, «Tu sei il mio mito», lo ha canzonato: «Lo dici a tutti quelli che vengono qui, sei volte a settimana».
Come Ornella Vanoni, che richiesta di confermare i gossip sul suo incontro con Gino Paoli, ha sospirato rassegnata: «Di nuovo? È la 500esima volta che lo racconto, lo faccio giusto perché mi stai simpatico», e chissà cosa le sarebbe uscito di bocca se il Nostro le fosse stato sugli zebedei. Come Francesco Vezzoli, artista cui Vanity Fair ha deciso di affidare la direzione di un numero del settimanale e che invece a Che tempo che fa non è mai andato (né mai ci andrà, se ha ragione Frassica): «Si è mai alzato qualcuno per andarsene da Fazio? No. Ed è un peccato. Magari venisse fuori un alito di vita, uno scazzo, una contrapposizione. La vita, l'editoria e il giornalismo non dovrebbero essere soltanto inchini e bomboniere».
Tornando a Gramsci, che ai sepolcri imbiancati preferiva «l'impudenza sfacciata, la monelleria più scrosciante di allegria, anche l'abiezione che non ha vergogna di sé stessa e si mostra trionfante alla luce del sole», devo ai lettori una confessione finale. Non odio Fazio. Diciamo che non lo amo. Perché il mio cuore televisivo batte per Maria De Filippi. Che una volta, a chi la sfruculiava ancora sugli aspetti disdicevoli dei suoi programmi fatti con la gente comune, ritenendoli offensivi per il pubblico, confessò quello che per me è un pregio: «Ho rispetto per i telespettatori perché non mi ritengo migliore di loro».
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Tendenze nel mondo delle bomboniere
Tendenze nel mondo delle bomboniere
Le ultime tendenze nel settore delle bomboniere da matrimonio in Italia vedono una crescente preferenza per soluzioni eco-sostenibili e personalizzate. Sempre più coppie di sposi desiderano celebrare il loro matrimonio in modo responsabile e sostenibile, scegliendo bomboniere che rispettino l’ambiente e che riflettano il loro stile e le loro preferenze.
  Un’altra tendenza più popolare è quella delle bomboniere solidali. Queste bomboniere permettono agli sposi di fare una donazione a un’organizzazione benefica invece di offrire ai loro invitati dei piccoli doni simbolici. Gli sposi possono scegliere l’organizzazione a cui fare una donazione in base ai loro valori e alle loro preferenze, e possono anche coinvolgere gli invitati nella scelta dell’organizzazione beneficiaria.
  Un’altra tendenza in crescita nel settore delle bomboniere da matrimonio è quella delle bomboniere artigianali e personalizzate. Molti artigiani e designer creano bomboniere da matrimonio su misura per le coppie di sposi, utilizzando materiali eco-sostenibili e tecniche di lavorazione artigianale. Queste bomboniere rappresentano un modo unico e originale per celebrare il proprio matrimonio, e per offrire ai loro invitati un dono simbolico unico e speciale.
  Ci sono anche altri trend che comprendono una maggiore attenzione all’impatto ambientale della produzione e dello smaltimento delle bomboniere. Molte coppie di sposi scelgono bomboniere realizzate con materiali eco-sostenibili, come carta riciclata o materiali naturali, e si assicurano che le bomboniere possano essere smaltite in modo responsabile una volta utilizzate.
  Infine, un’ultima tendenza nel settore delle bomboniere da matrimonio è quella di offrire ai loro invitati dei doni utili e pratici, invece di piccoli oggetti simbolici. Ad esempio, alcune coppie di sposi offrono ai loro invitati dei semi di fiori o di piante, da piantare e far crescere come simbolo della loro amicizia e del loro legame e che potranno nel tempo ricordare quel giorno di gioia e aggregazione in nome dell’amore.
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cosedimya-blog · 4 years
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Bomboniere LIBELLULE in ceramica
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Bomboniere Libellule in ceramica Le libellule in ceramica misurano 5x5cm
Mix di libellule in ceramica dolce realizzate e decorate interamente a mano in calde tonalità pastello. Ogni libellula misura 5×5 cm; si applica su un cuscino in cotone lavorato a mano 10×10 cm arricchito con molte ortensie in tessuto negli stessi colori. Le libellule saranno fornite tutte diverse nelle decorazioni…
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nuvoleverticali · 4 years
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11/11
L’ultima vita, meravigliosa La sera, tornato a New York, sono andato a Broadway per ascoltare Bruce Springsteen in teatro. Il Walter Kerr è una delle bomboniere intorno a Times Square. Il pubblico aveva, più o meno, l’età dell’artista: quasi tutti sopra i sessanta. Molti erano spettatori seriali, avevano visto decine, addirittura centinaia, di concerti nel mondo. Non so che cosa facessero nel tempo libero. Il mio vicino era a quota 287 e aveva una delle chitarre di Springsteen tatuata sul braccio. Non era un teatro, piuttosto una chiesa. Non un pubblico, un’adunata di fedeli. E non un concerto, nemmeno una messa, ma un incontro tra due anime, una individuale e l’altra collettiva, una lunga confessione a tratti accompagnata dalla musica, inevitabile prodotto – molto più che colonna sonora – del racconto. L’artista ha parlato a lungo dei suoi genitori e del loro amore sbilenco: lui sempre furioso con il destino, lei sempre pronta per il prossimo ballo. Ha raccontato la sua irresistibile voglia di correre lontano dalla trappola dov’era nato per poi finire a vivere a dieci chilometri da lì. Ha ricordato tutti quelli che ha perduto, con slanci d’affetto. In sostanza: la vita e la morte. Ogni raccolta di canzoni, ogni dipinto, ogni libro, ha questo per tema di fondo. Un libro di viaggi è un libro sulla vita e la morte. Un libro di cucina è un libro sulla vita e la morte. Questo è un libro sulla vita e la morte. A essere più precisi, un libro sull’ultima vita prima della morte. Siccome non puoi sapere quando morirai, tocca a te decidere quando sei entrato nella fase finale, poi può durare un anno o trenta, non è quello il punto. È la fase in cui superi le incertezze, cancelli dal retrovisore il rimpianto, sei a posto. Se non ci arrivi, vuol dire che sei morto prima e hai continuato a camminare come uno zombie in una serie televisiva registrata, che ti sei dimenticato di guardare. Tempo sprecato. Hai vissuto invano, confessalo pure. L’ultima vita è quella in cui non hai più tempo da perdere, non importa quanto te ne resti. Nel film di Paolo Sorrentino La grande bellezza, il protagonista Jep Gambardella, interpretato da Toni Servillo, lascia anzitempo la casa di una futile conquista e declama tra sé: “La più consistente scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare”. Ci ha messo molto, ma ci è arrivato. È come arrivare all’ultimo amore: smetti finalmente di perdere tempo, trovi un senso, non ti tormenti più. Non è una questione di età, ma di consapevolezza. Non ogni amore produce questo effetto, esiste una differenza tra un grande amore e un amore definitivo. Così come tra il picco più alto di un’esistenza e quello in cui ci si assesta e, alleluia, si sa chi si è. Si tende a credere, perché te lo fanno credere, che la vita abbia un percorso “morale” predefinito, un po’ come quello fisico. Il più diffuso dei luoghi comuni è quello per cui “si nasce incendiari, si finisce pompieri”, tradotto politicamente con “se hai vent’anni e non sei rivoluzionario non hai cuore, se ne hai quaranta e non sei conservatore non hai cervello”. Perché non il contrario, perché non morire rivoluzionari e rivoluzionati? E perché sprecare sessantacinque anni a fare cose che non ci andava di fare, con il rischio di continuare a cambiare senza mai diventare noi stessi, ma soltanto proiezioni e brutte copie? Proprio perché ho cambiato molto, ho anche cominciato a diffidare di chi non smette di farlo. A un certo punto subentrano svolte che sanno più di matrimoni d’interesse che d’amore. A cinquant’anni diventi un liberista moderato perché hai la seconda casa, o viceversa un contestatore furioso perché hai perso il posto di lavoro a causa di una crisi di mercato. Ti scopri una fede politica in cambio di un incarico di sottogoverno o un posto nella pubblica amministrazione. A settant’anni ti converti perché hai paura di morire, a venti perché hai paura di vivere. È vero: solo gli idioti non cambiano mai idea, ma lo sono altrettanto quelli che la cambiano sempre. A un approdo devi arrivare. Come? Come in tutte le scelte della vita: intanto, procedi per esclusione. Nel romanzo di Dave Eggers Eroi della frontiera ho sottolineato questo passaggio: “Le si svelò una verità: gli uomini anziani non sono confusi. Non vanno in sette direzioni diverse. Un pensionato sa che cosa non vuole, e per chi di noi è stato ridotto in polvere una, o anche più volte, e ha trovato comunque il modo di tirare avanti, sapere che cosa non vuoi è molto più importante che sapere che cosa vuoi”. Sottolineato due volte: Sapere che cosa non vuoi è molto più importante che sapere che cosa vuoi. Occorre davvero diventare anziani, andare addirittura in pensione, per riuscirci? Come occorre il trauma (essere ridotto in polvere una o più volte) per capire che cosa è importante? Non possiamo fare uno sforzo d’immaginazione e smettere molto prima di andare “in sette direzioni diverse”? Smetti di provare nuove droghe, hanno un effetto comune: ti rendono schiavo. Smetti di cercare un’altra religione: vedi sopra. Dopo due incontri al buio con persone conosciute su internet, il terzo che incroci ti ammazza o vorresti ammazzarlo tu. Stai bene con il bianco, con il blu, con i due colori abbinati, lascia perdere i pantaloni rossi, le giacche verdi, i maglioni grigi e, soprattutto, i calzini fantasia, la fantasia non si calpesta mai. Se non sopporti più la metropoli vai a vivere in campagna. Se la campagna ti ha estenuato di grilli, non uccidere l’usignolo, trasferisciti in città, ma lascia perdere l’andirivieni selvaggio e i ripensamenti notturni alla luce dei fari. Fermati, prima di diventare un Barigazzi in servizio permanente. Se, come elettore, hai votato per tre partiti diversi, non dare la colpa a loro, e soprattutto non dire che i politici sono tutti uguali – lo sono per te. La storia delle dottrine politiche, come quella degli individui, propone un numero limitato di modelli tra cui scegliere. Se continui a sperimentare e non ti accorgi di essere ripassato dal via, il problema sei tu. Non inventeranno un nuovo modello di individuo o di società apposta per te, dovrai scegliere tra quelli esistenti, con le opportune variazioni di colore, interni e qualche optional. Se pensi che il punto sia fartela piacere, sei fuori strada. Il punto è: piacerti, riconoscerti in quello che sei diventato, proporre una versione evoluta di te stesso, dando un senso a tutti i tuoi errori, senza mai giustificarli. Se non hai sprecato gli anni arriverai all’ultima vita (il più in fretta possibile) e la farai durare (il più a lungo possibile), accanto al tuo ultimo amore. Indecisione e illusione sono avversarie della felicità. Mi affiora un ricordo lontano, che con l’amore ha a che fare poco, un po’ sì, ma molto poco. Ero in Germania per seguire i Mondiali di calcio del 2006 e mi trovavo per qualche giorno a Francoforte. Nella strada parallela al mio albergo sorgevano quattro palazzi di cinque o sei piani completamente adibiti a bordelli. Per curiosità una sera entrai nel primo, accodandomi a una rumorosa comitiva di tifosi olandesi. L’edificio era scarno, come fosse incompleto o in corso di abbandono. I pianerottoli erano nella semioscurità e su ciascuno si affacciavano una decina di porte. Su quelle aperte sostava una prostituta retroilluminata che invitava a entrare. Primo palazzo, primo piano, tutti proseguivano per vedere che cosa poteva riservare il secondo piano, il terzo, l’ultimo, il palazzo seguente, dal basso all’alto, il terzo, il quarto. Le gambe si stancavano. Le facce e i corpi visti si confondevano. Come in quei giochi di memoria in cui si sparpagliano sul tavolo le carte coperte e devi accoppiarle alzandone due alla volta, ognuno cercava infine di ricordare dove avesse visto la maliziosa malese o la procace bulgara con cui avrebbe voluto congiungersi, ma era impossibile riuscirci. Terzo piano del secondo palazzo o secondo piano del terzo? Bisognava prendere un appunto, come quando si lascia l’automobile nel garage multipiano di un centro commerciale. Potevano fare le strisce colorate sui muri almeno, no? Tornare indietro era una dannazione, perché magari s’indovinavano palazzo e piano, ma la porta nel frattempo si era chiusa per l’arrivo di un indigeno esperto e deciso. Gli olandesi continuarono a vagare, avanti e indietro, su e giù, cercando la perduta dea della perfezione o qualcuna che le somigliasse. Invano. Non ritrovandola, finirono per uscire, sedersi all’esterno di un bar tristemente essenziale, sotto ombrelloni colorati nella notte tedesca, e ordinare un giro di birre. Ci sono tre pericoli sulla strada: fermarsi prima di partire immaginando che il percorso riserverà amarezze, modello Kierkegaard; fermarsi alla prima stazione per paura del dopo, della solitudine o di James Dean; non fermarsi mai e morire vagando in un bordello multipiano di Francoforte inseguendo una divinità su misura, un movimento politico di duri e, soprattutto, puri – la porta aperta oltre la quale sta la perfezione altrui, miraggio per non riconoscere il deserto in se stessi. Bruce Springsteen racconta: “Sono stato laggiù nel deserto, cercando nella polvere, aspettando un segnale. Inseguendo un miraggio, guidando tutta notte molto presto prenderò il controllo della situazione”. E a quel segnale, sulle note di Promised Land, la terra promessa, entra silenziosamente sul palco Patti Scialfa, la donna promessa, seconda moglie, ultimo amore. Si conobbero giovanissimi. Lui la respinse a un provino, ma più tardi la accolse nella band. Mentre si esibivano insieme era evidente a tutti, da subito, la chimica che li univa. Eppure lui sposò un’altra. Impiegò otto anni per disamorarsene e correre, finalmente, da Patti. Hanno avuto i loro alti e bassi, come è normale che sia, ma ora è acqua passata, appaiono inseparabili e perfetti mentre, ancora insieme, suonano la stessa musica. Niente potrebbe essere più simbolico, alla fine di un percorso: avere imparato a suonare la stessa musica. Ho detto all’inizio che l’amore non si può racchiudere in una definizione, ma soltanto in una storia, forse. O in una serie di storie. Per l’ultimo amore esiste una possibilità. La trovai nella primavera del 2003, in una libreria di Beirut, sfogliando il libro più venduto in una lingua che conoscessi, un testo in inglese dal titolo: The Last Migration, l’ultima migrazione. Autore: un tal Jad El Hage. Era un romanzo autobiografico. Il protagonista lasciava il Libano durante la guerra civile e iniziava un lungo esodo a tappe che lo portava in vari Paesi, in una prigione, in un ospedale dove si curava il cancro. Francia, Canada, Svezia, Australia. Attentati falliti, vendette sfiorate, nostalgia. Si sposava, aveva un figlio, si separava. Emigrava, lottava, soffriva. Infine tornava in Libano e conosceva la donna con cui fermarsi, in una casa di pietra fra le montagne, vicino a quella che fu la residenza del poeta Khalil Gibran. Pacificato infine, Jad El Hage scriveva: “Love is the end of waiting”, l’amore è la fine dell’attesa. Quando lessi quella frase mi fermai, come accade di fronte alla possibile soluzione di un enigma. Ecco. Forse ci siamo. Basta aggiungere un aggettivo: l’ultimo amore è la fine dell’attesa. Tu vivi aspettando qualcosa che ti tolga l’affanno, ti faccia smettere di cercare, di pensare che esista un’altra, migliore possibilità. Di stare alla fermata della metropolitana e guardare le porte chiudersi, i vagoni affollati, i volti ai finestrini, con un misterioso rimpianto, come se tra quelli che irrimediabilmente fuggono via potesse esserci quello giusto, soave, definitivo, quello che aspettavi da una vita, la fine dell’attesa. Smetti di aspettare non quando perdi la speranza, ma quando l’hai trovata. Quando non ti giri più a guardare chi va nell’altra direzione sulla scala mobile. Quando non invochi più il domani perché domani è adesso. Quando non hai più paura di morire perché hai vissuto. A pacificarti possono essere soltanto l’amore o la morte. Meglio l’amore, no? Per un’altra persona, per una causa, per gli altri, alla fine per te stesso, ma in un modo nobile e duraturo. Ho poi conosciuto Jad El Hage: aveva baffetti inaffidabili e si rivelò corrispondente alla fisiognomica. Tuttavia, lasciando Beirut lo abbracciai: non serbavo rancore, non avrei avuto nostalgia. Anch’io migravo un’altra volta. Non avevo idea se e quando l’attesa sarebbe finita. Me ne andai che era notte, pensando che in volo l’alba sarebbe arrivata prima, che in un certo senso le stavo andando incontro, che stavo accorciando la notte. Amo la notte, soprattutto se è estate alle Isole Lofoten, in Norvegia, e non devi aspettare che arrivi la luce: è sempre con te. Le Lofoten d’estate, il luogo della luce permanente. È sempre la stessa storia, è sempre lo stesso viaggio, non a caso diciamo di quando nasciamo che veniamo alla luce. Poi camminiamo a zigzag, inciampiamo, prendiamo scorciatoie sbagliate e finiamo in vicoli oscuri, dove proviamo a innamorarci del buio. Ci agitiamo, non stiamo fermi un attimo, procedendo verso quella che abbiamo immaginato come l’oscurità definitiva, la perenne notte nera. E se avessimo sbagliato proiezione? Una sera al tramonto mi trovavo su una spiaggia della Virginia, a Cape Charles. Decine di persone intorno a me erano sedute sulla sabbia e guardavano l’orizzonte cambiare colore: un altro teatro-chiesa, un altro spettacolo-cerimonia. A pochi passi da me una madre stringeva il suo bambinetto, gli indicò la luce rosa che invadeva il cielo mentre il sole sprofondava nell’acqua e gli disse: “Vedi, è lì che sono tutti, è lì che andremo tutti, non saremo persone, ma faremo parte di quello...”. Il figlio la guardava incantato. Sarebbe meraviglioso se anche finire fosse un altro modo di venire alla luce. Al termine del concerto Bruce Springsteen non saluta con una canzone. Fa una cosa inattesa. Dice a tutti di evocare le persone che hanno perduto, garantisce che sono lì, intorno a noi, la loro energia come luce. China lo sguardo e invita a seguirlo, non in un ritornello familiare ma in una preghiera. Credo che tutta la nostra esistenza sia una preghiera, che tocca a noi esaudire. L’ultimo amore è una grazia che non viene concessa, ma conquistata. L’ho vista negli occhi di Alvin e Gertrud, in quelli dei miei genitori, in quelli di Lana, ma soprattutto in quelli di Carlo, che stavano entrando nell’oscurità, per andare incontro alla luce. Senza affanno, senza paura, senza fine.
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manufattincuoio · 4 years
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Portachiavi Personalizzati in cuoio Copia
Portachiavi personalizzati in cuoio
Portachiavi personalizzati in cuoio naturale realizzati a mano. Di varie forme e dimensioni, i nostri portachiavi personalizzati in cuoio sono predisposti per essere adattati ad ogni tipo di esigenza. Infatti oltre ad essere semplicemente utili, possono essere utilizzati come regali, gadgets, bomboniere per cerimonie, … proprio per la loro facilità di personalizzazione.
Tecniche di decorazione
Le tecniche di decorazione  principali sono: a pirografo, quindi bruciate a fuoco; ad intaglio, o meglio con traforo; a rilievo con la tecnica del bassorilievo.  I portachiavi sono suddivisi in base alle forme e per stile di decorazione. Tutti i modelli sono realizzabili su misura anche nelle dimensioni, per soddisfare al massimo le esigenze del cliente.
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  Personalizzazione
I portachiavi cuoio possono essere personalizzati, oltre che per il colore di base: una decorazione scelta tra le nostre proposte o su vostro disegno; aggiunta di testo, frasi o iniziali; con una combinazione tra decorazione e testo.
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Personalizzare i nostri portachiavi è semplicissimo: clicca sul pulsante “Personalizza” presente in ogni pagina prodotto, per creare e comporre i tuoi portachiavi personalizzati in cuoio.
  Puoi partire da un modello base, cioè neutro, quindi dalla forma, oppure da un portachiavi già con una decorazione.
Nel primo caso potrai decidere tutto: inizia con il colore di fondo dei portachiavi personalizzati; la decorazione la puoi scegliere tra le nostre numerose proposte oppure proporne una tu; decidi se aggiungere delle iniziali, un nome, una frase. I portachiavi sono personalizzabili sia sul fronte che sul retro, cioè decidere, ad esempio, di realizzare una decorazione sul davanti e mettere delle iniziali sul retro.
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colospaola · 6 years
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Nel weekend del 17 e 18 novembre, presso il rinnovato Palazzo Esposizioni di Pavia, si terrà la 24esima edizione di Gli Sposi e la Casa, una manifestazione che è un luogo d’incontro per i futuri sposi, che vogliono organizzare e definire con cura e attenzione a ogni dettaglio il fatidico giorno del sì.
Le coppie saranno così protagoniste, libere di sognare davanti ad un abito da sposa perfetto o a una meta incantata di un viaggio di nozze.
Nei due giorni della manifestazione ci saranno ben 100 espositori che, con una completa e diversificata offerta, metteranno la loro esperienza e creatività alle esigenze delle singole coppie. Tra abbigliamento e accessori sposa, sposo e cerimonia per un total look di tendenza, bomboniere creative, location suggestive, catering, ristoranti d’eccellenza, fotografi qualificati, make up artist e hair stylist, flower design, fedi nuziali uniche, wedding planner professionisti e agenzie viaggi, saranno due giorni davvero da non dimenticare.
E il settore della casa proporrà per tutti oggettistica e artigianato, complementi di design, illuminazione, casa sana, arredo bagno, arredo verde, tendaggi, biancheria per la casa, condizionamento, pavimentazioni, serramenti, camini e piscine.
La fiera terrà anche consulenze su misura e soluzioni per tutti i gusti, non solo per i futuri sposi ma anche per chi desidera rinnovare la propria casa, sotto il segno di una rassegna unica dove, ancora una volta, artigianalità e qualità saranno il filo conduttore di tutte le proposte.
Ma Gli Sposi e la Casa non sarà solo esposizione, sabato sera alle 21.30 i visitatori parteciperanno al Wedding Saturday Night Show by Angelo Maroi, un talkshow con una performance live di artisti, musica, sfilate, brindisi per far vivere l’atmosfera della cerimonia perfetta,  e domenica pomeriggio alle 16.30 è prevista l’immancabile sfilata di abiti da sposa degli atelier presenti in fiera.
Tra infinite idee, tante soluzioni, le migliori aziende in un’unica vetrina espositiva daranno un’atmosfera romantica per realizzare il sogno di nozze indimenticabili.
L’ingresso alla manifestazione sarà gratuito, inoltre ci saranno un punto ristoro e un ampio parcheggio.
La fiera sarà aperta sabato dalle 14.30 alle 23.30 e domenica dalle 11 alle 20.
Maggiori info si possono avere telefonando al numero 0382483430 – 3489719961, scrivendo a [email protected] o sul sito www.glisposielacasa.it
Gli Sposi e la Casa 2018 Nel weekend del 17 e 18 novembre, presso il rinnovato Palazzo Esposizioni di Pavia, si terrà la…
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stampanewsit-blog · 7 years
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Bomboniere per matrimoni ed eventi: scopri lo shop on line su misura per te
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bombonierecerimonia · 2 years
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