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#chianina
nickysfacts · 1 month
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Some mouth watering history for y’all!
🥩😋🥩
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vegehana-food · 4 months
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✿ キアニーナ牛 | Chianina ・キアーナ牛は、トスカーナ州東部からウンブリア州方面に広がるキアーナ渓谷に由来している。イタリアを代表する最高級ブランド「キアニーナ牛」は、大昔から存在するイタリアの在来種で、世界中の牛の祖先と言われている。古代エトルリア時代でも飼育されており、古代ローマ時代にはキアニーナの白さや大きさが神聖なものとして崇められ、生贄に捧げられたといわれている。 ・キアニーナ牛は、もともと肉質が柔らかく、たんぱく質が豊富で、コレステロール値が他の牛と比べても低い。また風味の良さだけでなく、肉質は繊細さをもっている通常の牛肉は、25%のコレステロール値に対して、キアニーナ牛は5%以下といわれているほど、圧倒的に低い。
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manifestocarnivoro · 8 months
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LA CHIANINA IN VASETTO
Tra le varie proposte della Macelleria Fracassi relative alla Chianina troviamo anche una gamma di preparati in vasetto di vetro pronti per essere consumati, comodi e pratici ma con tutta la qualità e la bontà garantite dalla selezione effettuata da Simone. Lo Spezzatino di Chianina, ad esempio, preparato semplicemente cucinando la carne con ortaggi, pomodoro, olio di oliva, sale, spezie e nulla più, è un gustoso e profumato secondo piatto tipico della tradizione toscana. È sufficiente scaldare il vasetto a bagnomaria. Il prodotto, insieme agli altri della gamma, è disponibili su l’e-commerce foodoteka.com
Fonte: “La chianina del Fracassi”, Eurocarni 11/23
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2t2r · 3 years
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La Chianina - la race des plus grandes vaches du monde
Nouvel article publié sur https://www.2tout2rien.fr/la-chianina-la-race-des-plus-grandes-vaches-du-monde/
La Chianina - la race des plus grandes vaches du monde
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bovineblogger · 6 months
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I just discovered that Chianina cattle exist. They’re very pretty.
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THEYRE SOOO CUTEEEEEEEEEEEE very aerodynamic!!
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eminsunnytoons123 · 2 months
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Heres what species would the characters be for "class of 3000 animal AU":
Sunny - lion 🦁
Lil' D - a tiger 🐯
Madison - a humanoid butterfly 🦋
Tamika - an Elephant 🐘
Philly Phil - either a racoon 🦝 or a dog 🐶
Eddie - a humanoid KING bee 🐝
Kim and Kam - rabbits 🐰
Salieri - a Cheetah 🐆
Lil' G - a panther 🐈‍⬛
Addison - a humanoid spider 🕷️ or a humanoid Shark 🦈
Bambi - a Rhino 🦏
Brooklyn Bill - a Wolf 🐺
Freddie - a humanoid wasp 🐝
Jim and Jam - skunks 🦨
Mila - a lynx 🐆
Big D - a chianina 🐃
Cheddar man - a crocodile 🐊
Bianca - a humanoid rosy maple moth 🩷🦋
Kaylie - a burmuse cat 🐱
Mackenzie - a blue russian cat 🐱
Tanya - a puma 🐆
Mr Yin and Mr Min - cobras 🐍
Principal luna - a lemur 🦝 (I know this aint an lemur emoji but oh well ^///^;)
Petunia Squattinchowder - a pig 🐷
~~~~~~Extras~~~~~
Lucius - a flamingo 🦩
Jan the janitor - a horse 🐎
-------------------------
I'll even make a "class of 3000 Candy AU", "class of 3000 agent AU" And "class of 3000 haunted School AU" characters species/occupations list =^_^=
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filorunsultra · 7 months
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Syrah quel che Syrah
Cortona è nota per un codice musicale del Duecento conosciuto come Laudario di Cortona Ms. 91 e conservato all'Accademia Etrusca. È un laudario, cioè un libro che contiene delle laude, canzoni a tema sacro con testo in volgare e di uso non liturgico. Il repertorio laudistico del Duecento ci è arrivato principalmente grazie a due codici: il Magliabechiano Banco Rari 18 di Firenze, che ha delle bellissime miniature ma è pieno di errori di notazione, e il Laudario di Cortona. Mi trovo con Raffaele in un'auto a noleggio sulla Modena-Brennero quando chiamo la bibliotecaria dell'Accademia Etrusca per vedere il codice: mi dice che non è visionabile, cioè, non oggi, forse se arrivassimo prima dell'una, d'altronde ogni giorno qualcuno chiede di vederlo, poi c'è il figlio da prendere a scuola, magari scrivendo per e-mail, o presentandoci come piccolo gruppo... comunque sarebbe meglio rimandare. Dopo quindici minuti di conversazione circolare riaggancio il telefono. Stiamo andando in Toscana per un convegno sul Syrah coordinato da Raffaele, a cui mi ha chiesto di accompagnarlo non so bene perché. La scusa del Laudario era stata buona fino all'uscita dell’autostrada di Affi, poi anche quella era crollata e di lì in poi mi sarebbero aspettati soltanto tre giorni di chilometri di corsa, vino biodinamico e cene a base di chianina (oltre a essere vegetariano, Chiani è il cognome di mia mamma e solo l'idea di mangiare una così bella mucca, che per di più porta il nome di mia madre, mi provoca orribili dolori enterici).
Cortona si trova su una collina affacciata sulla Val di Chiana, più o meno ad equa distanza tra Siena, Arezzo e Perugia. È un classico borgo medievale da "Borgo più bello d'Italia" (ogni borgo italiano è "il più bello d'Italia"). Una rocca sulla cima, qualche chiesa, dei cipressi, un grazioso cimitero e tutte quelle cose inequivocabilmente italiane: l'alimentari, l'enoteca, il bar (da leggersi i' barre, con raddoppiamento sintattico). Turismo, a marzo, poco, e comunque tutto anglofono e interessato solo a due cose: Cortona DOP (principalmente Syrah e Merlot, e in minor parte Sangiovese) e tagliata di chianina. La campagna sotto alla città e la strada regionale che porta in Umbria sono misurate dalle insegne delle centinaia di cantine e dai cartelli con gli orari delle degustazioni. Da Trento a Cortona si impiegano circa quattro ore e così, svincolati anche da quell'unica incombenza presso la Biblioteca Etrusca, a circa metà strada usciamo a Castiglione dei Pepoli, sull'Appennino Bolognese, in cerca di un piatto di fettuccine.
Il lago Brasimone è un bacino artificiale costruito nel 1911. Dal lago attinge acqua una delle uniche due centrali nucleari attive in Italia. Leggendo dal sito ufficiale dell'ENEA: "Il Centro del Brasimone è uno dei maggiori centri di ricerca a livello nazionale e internazionale dedicato allo studio e allo sviluppo delle tecnologie nei settori della fissione di quarta generazione e fusione nucleare a confinamento magnetico. Rilevanti sono le competenze disponibili sulla tecnologia dei metalli liquidi, sui materiali innovativi per applicazioni in ambienti severi, sulla prototipazione di sistemi e componenti per applicazioni ai sistemi energetici anche nucleari." Attraversando in auto la diga, verso la trattoria, Raffaele mi racconta che il referendum sul nucleare del 1987 bloccò la produzione di energia nucleare ma non la ricerca. La centrale nucleare del Brasimone (anche se non è una vera centrale) ricorda vagamente Chernobyl: il camino bianco e rosso, la cupola di cemento del reattore e i boschi tutto attorno, non ci sono invece i classici camini di raffreddamento, dandole un'aria più domestica. Accanto al lago c'è una trattoria sgarrupata per gli operai della centrale. Come in tutte le bettole per operai e camionisti, si mangia divinamente ma non leggero, segno premonitore dell'imminente cena.
L'albergo a Cortona è un quattro stelle e per aperitivo ci offrono cantucci e Vin Santo. Le quattro sciure che ci lavorano sono fin troppo disponibili e ci ammorbano parlandoci dei biscotti. Una volta arrivati in albergo io e il Raffa facciamo una corsa di acclimatamento attorno al paese che mi apre una voragine in pancia, rendendomi sempre più insofferente per quella cena. Restiamo per un po' nella hall dell'albergo ad aspettare Giorgia, una delle relatrici del convegno. Ho l'impressione di essere lì da delle mezzore quando finalmente Giorgia scende dalla camera.
La cena è alla Marelli, una cascina in mattoni rossi di proprietà della famiglia Marelli della famosa Magneti Marelli, e per metà affidata a Stefano Amerighi Vignaiolo in Cortona (da leggersi tutto insieme, di fila, senza virgola), amico e cliente di Raffaele e organizzatore del convegno. Mi aspetto una cena formale in cui mantenere un contegno istituzionale ma si tratta di tutt'altro. La tavola non è apparecchiata e anzi la stanza è alta e semivuota. Ci sono un grande caminetto al centro, un divano, due poltrone, una grande credenza piena di bottiglie vuote di Syrah francese e nient'altro. Siamo in dodici a cena ma arriviamo presto e ci sono ancora solo tre vignaioli francesi già piuttosto avanti col vino e coi trigliceridi, un broker di borsa collezionista di bottiglie d'annata e Francesco, un dipendente di Stefano. Come me, neanche Giorgia conosce nessuno e mi sento meno solo, inoltre lei è un'ingegnere: di vino ne sa più di me ma è comunque fuori contesto. Così ci mettiamo in fondo alla tavola, separati dagli altri commensali da Raffaele, che emana sapienza anche per noi. Il broker stappa una magnum di Champagne e così inizia una serata destinata a durare ore e inframmezzata da un'innumerabile sequela di portate e bottiglie di vino (in realtà, per scopi puramente antropologici, le ho contate: undici, di cui una magnum). L’ospite arriva solo al terzo bicchiere di Champagne: Stefano è sulla cinquantina, capelli e barba brizzolati e occhiali da vista Celine con montatura nera. Neri anche il maglione, i pantaloni e le scarpe. Sulla credenza ci sono dischi di Paolo Conte e qualche cd generico di musica classica, di quelli che si trovavano una volta in edicola e che contenevano qualche grande classico come Tchaikovsky e Beethoven, più qualche russo un po' più ricercato ma meno sofisticato, che ne so, Mussorgsky. Stefano è un melomane, ha scoperto l’opera da adolescente col Così Fan Tutte e poi da Mozart è arrivato a Verdi. Da giovane frequentava il Regio di Parma, che dice fosse il suo teatro preferito (mah), apprezzava anche l’orchestra del Maggio mentre non trovava nulla di eccezionale nella Scala (ancora: mah). Era talmente appassionato d’opera che chiese a sua moglie di sposarlo durante una Boheme, che però raccontandolo attribuisce erroneamente a Verdi. Io mi irrigidisco ma evito di farlo notare, i lapsus capitano a tutti e io non voglio fare quello che alza il ditino per correggere il padrone di casa, così annuisco e continuo ad ascoltarlo. Insieme a lui arrivano anche altri tre vignaioli biodinamici siciliani. Il più anziano, un distinto signore sulla settantina (che avrei scoperto essere l'unico altro vegetariano nella stanza) e i suoi due collaboratori, non molto raffinati in realtà. Alla terza bottiglia di bianco sono iniziati i rossi e, insieme ad essi, un simpatico giochetto in cui gli ospiti dovevano indovinare il vino. Raffale sembrava particolarmente bravo a questo gioco e per un po' ho avuto l'impressione che i due siciliani non facessero che ripetere quello che diceva lui. Anche il broker sapeva il fatto suo e la cosa aveva iniziato a prendere una piega deliziosa. In queste cene, mi ha spiegato Raffaele, ognuno porta qualche bottiglia e il cibo diventa più che altro un modo per continuare a bere. Dividendo una bottiglia in tanti, nessuno riesce a bere più di un paio di dita di ogni bottiglia, per cui il tasso alcolemico, una volta raggiunta una certa soglia, non si alza ulteriormente ma resta più che altro stazionario per tutta la durata della cena, facendo più che altro i suoi peggiori effetti il giorno dopo.
Quando chiedo a Raffaele se in quell'ambiente ci siano problemi di alcolismo, lui mi risponde che "da un punto di vista patologico, probabilmente no, o almeno non diffusamente, ma in una forma latente sì. Tra cene, presentazioni e fiere, i vignaioli bevono tutti i giorni. Inoltre, durante le cene come questa, si è diffusa sempre di più l'abitudine di aprire la bottiglia tanto per aprirla, spesso finendola in fretta per passare a quella dopo, o buttandone via metà, nella sputacchiera, passata di mano in mano con la scusa di gettare i fondi, e per far spazio alla bottiglia appena aperta. Così non ci si prende il tempo per lasciar evolvere il vino e per vedere come cambia nel corso della sera. È un atteggiamento bulimico e anche poco rispettoso nei confronti di una bottiglia che un povero vignaiolo ha impiegato un anno per produrre. Ogni volta che qualcuno prova a parlare di alcolismo in questo ambiente il gelo tronca ogni possibile discorso, e d'altronde nessuno è interessato a farlo, perché vorrebbe dire mettere in discussione l'intera economia del settore: quando dieci anni fa crollò definitivamente l'idea del vino come alimento centrale per la dieta mediterranea e si capì finalmente che berlo fa male, la comunicazione dell'industria vitivinicola si spostò sul suo valore culturale. Cosa di per sé anche vera, se non che la cultura del vino non sta nella bottiglia ma nel territorio; mentre l'esperienza enologica si ferma sempre alla degustazione e non si spinge mai alla vera scoperta del territorio e della sua storia, soprattutto in Italia." Insomma, quello che dovrebbe essere il pretesto diventa lo scopo.
Durante la cena apriamo una bottiglia di Cornas del 2006, l'ultima annata del vignaiolo che l’ha prodotta, un tale Robert Michel, prima che andasse in pensione. Raffaele mostrandomi la bottiglia mi fa notare che la parola più grande sull'etichetta non è il nome del vignaiolo, che invece è scritto piccolo in un angolo, né dell'uva, Syrah, anche questa scritta in piccolo, ma il nome del vitigno, cioè il posto in cui è stato fatto. Ed è scritto al centro, a caratteri cubitali: Cornas. In Francia il brand non è il nome di fantasia dato al vino dal vignaiolo, ma il nome del posto. Questo fa sì che le denominazioni siano molto più piccole e controllate che in Italia, e che attorno a queste denominazioni si costruisca un'identità più profonda. Lungo il Rodano francese, ad esempio, si trova questo paese, Cornas, dove si coltiva solo Syrah. Il cliente finale sa in partenza che non sta comprando tanto una cantina, ma un territorio, e una storia. Dopo il Cornas, aprono una bottiglia di Pinot Nero del 1959 (puoi avere il palato di una pecora come il sottoscritto, ma l'idea di bere un intruglio fermo in una cantina da 65 anni esalterebbe chiunque). Beviamo qualche altra bottiglia di Syrah di Stefano e in fine un Marsala perpetuo prodotto secondo il metodo tradizionale di produzione del Marsala, prima che gli inglesi lo trasformassero in una specie di liquore aggiungendoci alcol e zucchero per farlo arrivare sano in patria, e che viene prodotto con un sistema che ricorda quello del lievito madre.
Sopravvissuti alla cena, verso le 2 rientriamo in albergo per cercare di dormire prima del giorno successivo. Come accade le rare volte che bevo, il sabato mi alzo prima della sveglia. Devo rendermi presentabile per il convegno, a cui Raffaele mi ha incaricato di registrare gli accrediti per giustificare la mia presenza in albergo. Il convegno si tiene in una bella sala del Museo Etrusco di Cortona in cui sono conservate cose random: sarcofagi egizi, spade rinascimentali, accrocchi di porcellana settecenteschi di rara inutilità, collezioni numismatiche, mappamondi e altre cose. Una volta assolto il mio unico dovere, ritorno in albergo e mi cambio, metto le scarpe da corsa e imbocco la provinciale che porta al Lago Trasimeno.
Micky mi ha programmato un weekend di carico con un lungo lento il sabato e una gara la domenica (vero motivo della trasferta) che farò con Raffaele a Reggio Emilia. Si chiama Mimosa Cross ma non si tratta di un vero cross, è più che altro una 10 chilometri su asfalto, seguita da una salita sterrata sui colli di 500 metri di dislivello e da un'ultima discesa in picchiata stile Passatore. 23 chilometri scarsi e 500 metri di dislivello. Tornando da Cortona, il pomeriggio del sabato, passiamo per Firenze ad accompagnare un’oratrice del convegno, e per uno sperduto paesino sui colli bolognesi per accompagnare Giorgia, che sospettiamo ancora in hangover dalla sera prima. Infine: Reggio nell'Emilia. A cena io e Raffaele riusciamo comunque a bere una birra.
La mattina dopo diluvia, a Reggio fa freddo e tira vento. Albinea, da cui parte la gara, è invasa di persone e dimostra l'indomito podismo di queste lande. Dopo aver tergiversato per qualche quarto d'ora in macchina, per cercare di digerire una brioches troppo dolce, decidiamo finalmente di scaldarci. Poi partiamo: primo chilometro 3'41'', secondo chilometro 3'40''. Passo al quinto chilometro 40 secondi più lento del mio personale sulla distanza, ma non sto malaccio. Poi la strada gira e inizia a salire. La pendenza è impercettibile alla vista ma il passo crolla di 30'' al chilometro. Sono isolato e quelli davanti a me prendono qualche metro, sono attorno alla quindicesima posizione. Inizio a cercare scuse: sono alla fine di una settimana di carico, ho il lungo del giorno prima sulle gambe e il Cornas del 2006 sullo stomaco, poi inizia la salita. Quando inizia lo sterrato cambio gesto e inizio a rosicchiare metri a quelli davanti: via uno, via un altro, come saltano gli altarini, bastardi. In salita un tale dietro di me inizia a urlare grida di dolore, la prima volta fa ridere ma poi inizia a diventare fastidioso, così lo stacco per non sentirlo più. Il maledetto in discesa mi riprende e rinizio a raccontarmi scuse. Valuto seriamente di fermarmi al ristoro per aspettare Raffaele e penso ad altre cose ridicole a cui generalmente mi aggrappo quando mi trovo in una zona di effort in cui non sono abituato a stare. Ragiono sul fatto che è la prima volta che faccio una gara sull'ora e mezza: le campestri sono simili come tipo di sforzo ma sono molto più corte. Nel frattempo i chilometri passano e finalmente inizio a vedere il paese. Sull'ultimo strappo riprendo un tipo e lo stacco sul rettilineo finale. Traguardo, fine, casa.
Quando racconto al Micky che un paio di persone mi hanno superato in discesa mi dice che dobbiamo diminuire il volume e aumentare la forza: mi dimostro poco interessato alla cosa. Cerco di spiegargli che la priorità non sempre è migliorare e che non a tutti i problemi bisogna cercare delle soluzioni, e che preferisco divertirmi e godermi il processo senza chiedere di più alla corsa. Roby allora mi ha chiesto a cosa serva un allenatore: a migliorare, certo, ma non significa che questa sia la priorità. Non sono disposto a togliere tempo alla cosa che mi piace fare di più, e cioè correre, per fare degli esercizi orribili solo per non farmi superare da due stronzi in discesa o per correre in un'ora in meno la 100 miglia "X". Cerco di fare del mio meglio ma senza bruciare il percorso. Ho sentito spesso amici fare frasi del tipo "quest'anno voglio dare tutto quello che riesco a dare". No, non me ne potrebbe fregare di meno; preferisco arrivare tra 20 anni ancora con la voglia di correre e con qualcosa da scoprire. Non vincerò mai una 100 miglia e non sarò mai un campione, e questo è uno dei più grandi regali che il destino potesse farmi. Non devo impegnarmi a vincere niente perché semplicemente non posso farlo, così posso godermi il processo senza riempirmi la testa di aspettative e di puttanate, senza fare un wannabe e senza dover attendere le aspettative di nessuno. Posso semplicemente dare quello che ho voglia di dare nel momento in cui voglio darlo. Al 13 marzo 2024, nel TRC, sono quello che ha corso più chilometri di tutti, e forse sono l'unico che non ha ancora deciso che gara fare quest'anno. Perché non ha importanza, l'unica cosa che conta è uscire a correre, per il resto, Syrah quel che Syrah.
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paraextant · 7 months
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STATUS: Open (1/5) LOCATION: The Bastion @ Ballroom Gala
A sense of tentative civilization garlands the gala. The narrowed, drifting sweep of his sight intuitively acquaints and dismisses the meticulously considered fixtures and tinsels of this event; like the sensibly curated menu – no overbearing cygnets carved out of ice stiffly bowing their necks or cuts of Chianina arranged into tender terraces to be seen – white table cloths figurative and literal straightened over to obscure obscene associations like 'swan-song' or 'slaughter'. It wouldn't do, after a speech about memory and a dictum for the future. He passes by a waiter setting down a wide, shallow crystal bowl of Fine de Claire oysters arranged in an unfurling whorl on a bed of ice– the slender morsels sure to pragmatize appetites, and still appease with its distinctive flavor. A selection made by an enterprising hospitality always accounting for taste.
Appropriate. Kristian supposes, with a twitch of his lip, as he walks on, the flute of champagne pinched between his fingers (barely sipped, flat by now). He isn't persuaded– doesn't care to be, beyond the tenuously mutual deference constituting the hotel's architecture. A murder in a room elusively renders the interior, after all (despite industrial cleaners and a recarpeting). The way an abattoir can never be truly clean, only sterile. As he languidly weaves his way to the balcony, he catches snatches of conversation – static and innocuous jaw-talk – the low string-hum of the live band's double bass unintentionally conspiring to intone what can't be said in a chesty refrain. Condolences elude him. He's decided he doesn't want to talk to anyone.
Loosed from the mutely shimmering cavalcade of the crowd, he sets the champagne flute on an abandoned drink trolley parked by the balcony door. He stands behind the balustrades, hands in his pockets, London's landscape unfurling in smears, conversation and music coalescing into nonsensical murmurs vibrating against his back. The feeling of plateau's consolation a lukewarm and unsmiling voice in his head: someone's dead and you're not. He should smoke now, he supposes. Fishing out a crumpled pack of Dunhills, he slots a cigarette in the corner of his lips, stalled, when someone else joins him by the balcony. He blinks, and it's a thoughtless formality when he offers the pack to the other person. "Smoke?" singular, 'want to' discounted from the invitation, a slight hike of his lips into a smile. Amiable in just the way everything here is supposed to be: sensibly so.
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tumbluca · 5 months
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Sono sempre stato uno specista capriccioso. Mi nutro di fassona, chianina ed angus, alla faccia di questi mentecatti che pensano di salvare il mondo imbrattandolo.
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bluiex · 2 years
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since we have scarian calf out and about causing mischief what about zedpulse baby? zed was practically a balloon his entire pregnancy, being a valais blacknose hybrid vs his chianina bull mate. they almost lost him and baby during lambing, with cub there to stop hemorrhaging and mumbo to check over baby at the same time luckily both pull through. impulse is a rightful mess, panting heavily beneath scar and pearl as the two lay across his massive lower half, grian petting through his hair to help soothe the bull. it works enough that impulse is no longer trying to gore them in an attempt to get to zed and his child. while baby came out massive they were surprised to see most features resembled lambs more than anything, fuzzy black ears flickering around at the sound of zed’s distressed noises, bawling back in reply. after a few very intense and stressful hours zed is stable enough to meet his lamb properly, mumbo is still too nervous to let him nurse alone though. imp still has to wait a few days until they can safely introduce him to the mix, poor boy.
OMG YEAH Zed would've been off far worse than Gri was asajkfgd
NOOO not almost losing him *grips the bars of my cage* Zed would definitely be out of commission for awhile. Deffo being doted on by everybody (mostly imp) AWEH the little calf is freakin cute as hell. Poor bab tho going through all that (and Zed) and imp having to wait quq
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crossroad1960 · 10 months
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Il ministro Francesco Lollobrigida è inebriato dall’imminente approvazione della legge che proibirà in Italia la produzione e il commercio della carne coltivata, o sintetica, come ama dire lui. Qui s’era provato a sottolineare la bizzarria di vietare qualcosa che nell’Unione europea non è permesso, ma se un giorno sarà permesso toccherà permetterlo pure a noi: è già successo con le farine d’insetto. Non si coltiva carne né io coltivavo speranze, già venute meno quando la senatrice Elena Cattaneo illustrò il paradosso al ministro: vietate quello che ancora stiamo studiando, e se stiamo studiando è perché non sappiamo, e se non sappiamo come facciamo a decidere di non volere? Niente da fare. Il ministro ha già deciso: la carne coltivata è una porcheria, la qualità va difesa: vuoi mettere la frisona? Vuoi mettere la chianina? E ieri ha dettagliato sul millenario rapporto fra terra e cibo, e nessuna provetta oserà soppiantarlo. Ma soprattutto non intende arrendersi all’idea di un mondo nel quale un’élite mangia pezzi di prima qualità e miliardi di persone saranno costrette a ingurgitare una sorta di “carburante”. In effetti oggi nei paesi sviluppati ognuno di noi consuma 76 chilogrammi di carne all’anno (in Italia 79); nei paesi in via di sviluppo se ne consuma meno della metà, 34 chilogrammi; e poi ci sono i paesi poveri, dove se ne consumano dieci chili scarsi e, siccome è una media, c’è chi vede sì e no un arrosticino ogni sei mesi. Ecco, sembra brutto prospettare a costoro l’ipotesi di rimediare una bistecca coltivata un paio di volte la settimana. È robaccia. In attesa della frisona, meglio star leggeri. (Mattia Feltri)
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cucinaecuore · 1 year
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Sua maestà :L’hamburger
Hamburger di carne chianina con scamorza senza lattosio, zucchine e cipolla rossa grigliata e maionese vegetale
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emz26 · 1 year
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veicoli leggeri
Imbocco la corsia di decelerazione per entrare in autogrill, una scritta minacciosa mi sorprende, “veicoli leggeri”...mmmhhh, la mia moto pesa quanto un cubo di ghisa ed è carica quanto uno sherpa, un filo di preoccupazione mi assale,
” colpa della nana (anatra) a pranzo”
“che poi è un animale che vola quindi è leggero”
“comunque il filetto di chianina lo potevi evitare”
“filetto, mica bistecca, è una roba che si da ai bambini malati”
“coglione, hai sterminato un piccolo allevamento ed ora ti preoccupi che la strada non frani?”
“se tiene divento vegetariano!”
“immagino anche astemio”
“speriamo a bene”
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proudtobechubby · 2 years
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Lunch date | [homemade] | Rome
Hamburger fatti in casa con hamburger di chianina, sottilette cheddar, bacon, funghi e uovo.
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2t2r · 3 years
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La Chianina - la race des plus grandes vaches du monde
Nouvel article publié sur 2tout2rien: https://www.2tout2rien.fr/la-chianina-la-race-des-plus-grandes-vaches-du-monde/
La Chianina - la race des plus grandes vaches du monde
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bovineblogger · 10 months
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VIDEOGAMECOWS ULTIMATE COW BREED SHOWDOWN: ROUND 1 POLL 7
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BRAHMAN
a type of zebuine cattle from india, carrying their family's distinctive fatty hump and long ears! theyre super heat resistant and are popular in tropical regions!
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CHIANINA
a massive, white breed of cattle from italy! they are absolutely HUGE, some even reaching over 2000 lbs!
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