persa-tra-i-miei-pensieri · 1 month ago
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🍎Cercando sul sito della Melevisione🍎
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innoia · 2 years ago
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Bella e tutto … #italia #italia90 #mondiali #cocomeri #ricordi #chiosco #moana #moanapozzièunadinoi #pallone #calcio #seinellanima https://www.instagram.com/p/CpmaFHhjiyT8HvTLh2iH3aDj80OBBI7oLCawhM0/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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forgottenbones · 3 months ago
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Jack Daniel’s special #shorts #cocktail
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eleonoramartis · 2 years ago
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Dalla piazza del piccolo 𝒃𝒐𝒓𝒈𝒐 𝒕𝒖𝒓𝒊𝒔𝒕𝒊𝒄𝒐 𝒅𝒊 𝑷𝒐𝒓𝒕𝒊𝒙𝒆𝒅𝒅𝒖 si può ammirare la distesa di spiaggia, lunga circa 2 km. 👀
🏖️ La 𝒔𝒑𝒊𝒂𝒈𝒈𝒊𝒂 𝒅𝒊 𝑷𝒐𝒓𝒕𝒊𝒙𝒆𝒅𝒅𝒖 o “piccolo porto”si trova nel 𝑺𝒖𝒅 𝑶𝒗𝒆𝒔𝒕 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝑺𝒂𝒓𝒅𝒆𝒈𝒏𝒂, a metà strada tra il 𝑺𝒖𝒍𝒄𝒊𝒔 e la bellissima 𝑪𝒐𝒔𝒕𝒂 𝒗𝒆𝒓𝒅𝒆.
📌 La 𝒍𝒐𝒄𝒂𝒍𝒊𝒕à 𝒅𝒊 𝑷𝒐𝒓𝒕𝒊𝒙𝒆𝒅𝒅𝒖, pur essendo un po’ isolato 𝒐𝒇𝒇𝒓𝒆 𝒅𝒊𝒗𝒆𝒓𝒔𝒊 𝒔𝒆𝒓𝒗𝒊𝒛𝒊.
😋 Qua è possibile fermarsi per pasto di terra o di mare oppure divertirvi e rilassarvi nei vari chioschi, come ad esempio al 𝑪𝒉𝒊𝒐𝒔𝒄𝒐 𝒁𝒆𝒍𝒊𝒈 🍻
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fatticurare · 5 months ago
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I miei figli di 8 anni non sono ancora in grado di decidere che gelato prendere al chiosco, ma un bimbo di 4 anni sa scegliere a quale tra i 159 gender appartiene per farsi tagliare il pisello.
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falcemartello · 5 months ago
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Adesso gli USA sanzioneranno anche la Corte penale internazionale? Vorrei ricordare agli USA che non hanno ancora sanzionato il Bhutan ed il chiosco di piadine sul lungo mare di Riccione.
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orotrasparente · 5 months ago
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se mi va male con la legge posso sempre comprare un chiosco di hotdog e pizze fritte e fare video su tiktok sempre uguali in cui metto insieme ingredienti a cazzo di cane tipo wurstel, crocchette, kebab, salame e maionese, che vedo va di moda come attività
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armandoandrea2 · 5 months ago
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Bologna, via Ugo Bassi angolo via dell'Indipendenza, chiosco di fiori (particolare)
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pollicinor · 3 months ago
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Un chiosco a Biała Podlaska, in Polonia
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kon-igi · 1 year ago
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QUEL POST CON CUI EMPATIZZERANNO IN TRE (ME COMPRESO) Parte 1
Non è una storia triste, non ci sono plot twist né morali strazianti per cui togliete pure il secchio da sotto la sedia ché i testicoli rimarranno al loro posto (figura retorica gender-inclusiva).
L’altro giorno @der-papero ha rebloggato un mio post in cui c’era l’immagine di una mazza ferrata per ‘resettare’ un pc dicendo ‘Non fare male ai computer che sono stati i miei unici amici per tanti anni! (o qualcosa del genere) ed è a quel punto che io ho pensato la stessa cosa, anche se in modo più specifico e meno informatico del suo.
Dal 1979 a oggi ci sono stati degli ‘amici’ che sono diventati una sorta di pietra miliare temporale a cui posso tornare con la memoria in modo microscopico e con una precisione quasi eidetica, al punto che li posso usare come una personalissima radiodatazione al carbonio per conoscere gli eventi contestuali occorsi in un dato periodo.
Quando ero piccolo ho sempre creduto che tutti giocassero ai videogames, sia con la propria console a casa che nei bar o nelle sale giochi e invece ho lentamente scoperto che non solo quasi nessuno aveva un console per videogames a casa ma che anche i cabinati che erano nelle sale giochi o nei bar per molti non erano affatto un’attrattiva.
Beh... per il sottoscritto le cose andavano in modo molto differente.
Alle console che ho posseduto dedicherò la seconda parte di questo post ma ora vi dico che sul viale pedonale principale di Viareggio (quello del carnevale, per intenderci) c’erano due sale giochi ENORMI (posso confermarlo a distanza di anni che non era solo lo sguardo di bimbo) e mio nonno paterno lavorava li vicino, ragion per cui mi bastava mendicargli mille o duemila lire, cambiare tutto in monete da 200 lire (i gettoni dovevano ancora arrivare) e giocare come se non ci fosse un domani.
Io non so se la seguente descrizione possa avere un senso per la maggior parte di voi ma dovete considerare quanto fosse ENORME il trip sinestesico nell’entrare in uno di quei luoghi: prima di tutto passavi dalla luce del sole a una penombra che assomigliava molto a un buio luminoso, poi le tue orecchie venivano sopraffatte da parecchi decibel di musichette a 8 bit che si mescolavano a formare un meraviglioso cachinno eustordente e infine l’odore di sigaretta che permeava ogni centimetro cubo dell’ambiente con una coltre di fumo in cui lampeggiavano gli schermi dei cabinati come finestre su altri mondi.
(in effetti a posteriori posso capire perché la mia passione non fosse così condivisa)
Ho parlato del 1979 perché quello fu l’anno in cui da flipper, biliardini e altri giochi analogici (che io schifavo) si passò al primo videogame completamente elettronico a grafica vettoriale: ASTEROIDS.
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Ora, siccome sono ben consapevole che la maggior parte di voi non ha la minima idea di cosa io stia parlando, sappiate che quando parlavo di finestre su altri mondi era proprio quella la sensazione che allora si provava: dalla visione passiva di un programma televisivo su tubo catodico passavi a poter FARE COSE SULLO SCHERMO, un qualcosa che pochi fra voi possono capire quanto fosse pazzesco.
E quello per me segnò un altro modo di considerare lo scorrere del tempo.
Per esempio, nell’Agosto del 1983 giocai per quindici giorni a Moon Patrol nel piccolo bar dell’Isola del Giglio dove andai in vacanza coi miei genitori 
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mentre al Bar Sombrero del mio quartiere nell’inverno del 1984 a Mag Max e Kung Fu Master, quest’ultimo a scrocco perché avevo imparato come accedere al sensore che veniva toccato dalla monetina e dava 1 credito
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la stessa estate, nella sala giochi in pineta, scoprii e finii Bubble Bobble (l’intro musicale mi dà ancora i brividi) mentre il Juke Box mandava in loop una canzone che dopo ho scoperto essere Sweet Dreams degli Eurythmics. 
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Trojan nel bar Moreno sotto a una tenda minuscola, R Type al chiosco sul viale dei tigli, Tiger Road al bagno Aretusa, Circus Charlie nel bar della stazione vecchia vicino al biliardo dal panno verde consumato e segnato dalle sigarette, Knuckle Joe in un hotel in Val d’Aosta per la gita di terza media, Wiz nel bar vicino casa di mia nonna materna, Bomb Jack al maneggio dove Diego con 200 lire giocava tutto il giorno e regalava crediti, Bank Panic al bar del cinema all’aperto e New Zeland Story in quello del palazzetto dello sport mentre mangiavo un Paciugo all’amarena, prima Green Beret e poi Iron Horse nella pasticceria sotto casa di mia nonna paterna con l’odore di sfoglie alla crema, Robocop e Xain’d Sleena al bar del liceo, finiti entrambi a memoria prima che suonasse la campanella, i tornei di Dark Stalker con i miei amici al bar della stazione nuova e poi ancora X-Men e Avengers.
Centinaia di giochi che meriterebbero decine di post perché con mille lire potevo andare in un mondo dove non ero più il ciccione sfigato che non sapeva giocare a pallone... ero quello che poteva sconfiggere i nemici e alla fine vincere, sempre.
L’ultimo arcade cabinato a cui giocai - e poi dopo quella data praticamente scomparvero per essere sostituiti dalle Slot Machine - fu Metal Slug, in data 1997, dopo aver lasciato Figlia Grande all’asilo nido nel piccolo ritaglio di tempo prima di andare nello studio medico dove avevo appena cominciato a lavorare.
Naturalmente lo finii ma finì anche col chiudersi quella parentesi durata appena vent’anni ma lunga una vita intera.
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Chi di voi è abbastanza vecchio da capirmi?
@axeman72​? @renatoram​? @ilnonnodiinternet​​? 
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italiasparita · 3 months ago
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Catania. Chiosco Inserra
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t-annhauser · 3 months ago
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(Tragicommedia dell'infanzia). In pieni anni ottanta a Rivabella di Rimini si smarrivano i bambini sulla spiaggia, ammucchiati come ombrelli venivano raggruppati presso il chiosco dei bambini smarriti e se ne dava contezza attraverso accorati appelli trasmessi dagli altoparlanti, la maggior parte di loro veniva recuperata in giornata, le giacenze venivano tradotte mestamente all'orfanotrofio e qui dimenticate per sempre. Io non volevo finire all'orfanotrofio, sicché rimanevo sempre attaccato alle gambe della nonna, avevo il terrore di essere smarrito, io che ero già stato smarrito dai miei genitori, la possibilità di perdermi apriva nella mia mente impressionabile di bambino scenari sconcertanti alla Dickens, già mi vedevo spedito in paesi lontani dove venivo scambiato con una Mercedes, io che ero bello e biondo come il figlio dei ricchi e sicuramente valevo il prezzo di una berlina di grossa cilindrata. Le paure che avevo quando ero piccolo non si possono spiegare, percepivo le presenze, intuivo gli spettri, mi sembravano oggetti reali come reale è l'occhio che vede il sole, la mano che tocca la terra, e insomma, per farla breve, ero un fifone di prima categoria, il non plus ultra dei paurosi, e ancora oggi che mi nascondo dietro a quello che scrivo non mi sento tanto al sicuro, nella vita come in spiaggia. Dei bambini dimenticati all'orfanotrofio poi non ho saputo più niente, spero solo che abbiano trovato una famiglia che abbia dato loro da mangiare.
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oramicurcu · 4 months ago
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io in macchina per andare a lavoro, passo davanti al chiosco sotto casa e uno dei due tizi seduti lì davanti mi fischia.
Esco il dito medio dal finestrino.
Ma se non fossi stata in ritardo mi sarei fermata.
Poi vedi che succede a prendersela con una che alza pesi. (scherzo, niente violenza raga però porca miseria dai, ancora con ste cose. Avrà avuto almeno 50 anni per dire. che palle.)
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ma-pi-ma · 1 year ago
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È raro che tu oda un suono di corni.
Anche espressioni come rinuncia,
voluttà, beatitudine
non ti giungono quasi più all’orecchio.
Sono andati perduti
stilo, polizzino di confessione, lacca per sigilli.
Le donne di una volta
Lentamente si dissolvono,
sempre più pallide
nell’emulsione degli anni.
Che la tristezza diventa bianca
E nel bianco si dilegua,
che la vendetta scolora
e la voglia si squaglia –
e fosse solo questo,
o anima bella!
Anche la stanchezza
ti diventerà indolore,
anche il dolore.
Hans Magnus Enzensberger, Polaroid che sbiadisce, da Chiosco, 1999
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ross-nekochan · 1 year ago
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9-10 Settembre 2023
Ho scalato il monte Fuji.
C'era chi ce lo ha raccontato come niente di che e normale e chi con strazio e difficoltà.
Beh, i primi hanno chiaramente mentito.
Non ho mai scalato una montagna, sono solo andata sul Vesuvio e un'altra volta sono stata sul monte Takao qui in Giappone, ma non sapevo chiaramente cosa aspettarmi dallo scalare una montagna. Ero in parte preoccupata e in parte pronta perché mi aspettavo una passeggiata terribile di ben 8 ore, ma comunque una passeggiata. E invece non è stato niente di tutto questo.
Il monte Fuji è alto quasi 3800 metri e le stazioni totali per raggiungere la cima sono 9. Il bus ti lascia alla quinta stazione e da quel momento in poi inizia la vera scalata. La sesta stazione era abbastanza vicina e per raggiungerla si è trattato di una passeggiata in pendenza. Il bello è arrivato dopo.
Infatti dalla sesta in poi le stazioni sono divise da 1h o 1h30min di scalata, non passeggiata. Più si sale e più quello che ti trovi sotto i piedi sono rocce, non terreno. Rocce ovviamente enormi quindi devi capire dove mettere i piedi e le mani per poter andare avanti, essere coordinato e stare attento. Alla settima stazione io e un mio amico italiano abbiamo lasciato la coppia indiana indietro perché oggettivamente molto lenta e affaticata. Il progetto era di arrivare in cima per vedere l'alba che era intorno alle 5:00 del mattino e alle 22:00 eravamo già a metà strada. Così abbiamo deciso di prenderci una pausa di un'oretta.
Peccato che la montagna giapponese non è come quella italiana. Non esistono baite, ma solo luoghi per sostare a dormire (e che noi abbiamo deciso di non fare per risparmiare) e qualche sorta di chiosco con lo sportello per poter mangiare qualcosa. I prezzi al limite della denuncia: un caffè sporco o qualsiasi altra bevanda 4€ e un ramen istantaneo che in un supermercato normale costerebbe tra 1-2€ lì ne costava 8€. Per non parlare dei bagni: in Giappone i bagni non si pagano mai eppure lì 2€. L'ho trovato un comportamento schifoso e approfittatore a livelli estremi.
Quindi io e il mio amico abbiamo aspettato circa 1h al freddo con la sola fortuna di esserci messi in un angolino dell'entrata dei bagni dove il vento arrivava meno forte. A un certo punto, abbiamo cominciato a tremare con foglie e siamo stati costretti a continuare.
L'ottava stazione non era migliore. C'era una sorta di piazzale e i luoghi per ripararsi almeno un pizzico dal vento, che si faceva sempre più forte e freddo, erano quasi nulli. Lì mi sono lasciata tentare da un caffè latte caldo che mi ha aiutata un pochino a scaldarmi.
L'ultimo pezzo è stato quello più duro. Le rocce erano leggermente meno ma il sentiero era più stretto, il vento era fortissimo ma gelato e non smetteva nemmeno un secondo. Sapevo che sarebbe stato molto freddo, ma quando sei a 30°C non riesci a immaginare quanto freddo possa essere stare sotto lo zero. Non sentivo più nessuna parte del mio corpo, avevo addosso 2 maglie, un maglione, 2 felpe pesanti e non erano abbastanza nonostante mi stessi muovendo scalando, anche perché ci si fermava ogni minuto perché le persone continuavano a farsi foto ricordo bloccando la fila. Dato il poco ossigeno si faceva sempre più fatica, la testa faceva male anche perché era esausta e io ogni volta che ci fermavo mi appoggiavo la testa al braccio del mio amico pregando che finisse tutto il prima possibile. Continuavo solo perché non avevo altra scelta, non potevo rimanere lì in mezzo alle rocce quando già morivo di freddo muovendomi.
Quando siamo arrivati in cima non ci potevamo credere. Ci siamo messi un attimo dentro un edificio che vendeva souvenir per riprendere un po' di calore. L'alba stava già iniziando quindi siamo usciti fuori e di nuovo ci siamo messi a tremare perché il vento continuava a soffiare freddo e forte.
Siamo riusciti a vedere il sole che, al contrario di quanto ho visto spesso, invece di scendere, saliva minuto dopo minuto. Di nuovo faceva talmente freddo che cominciare a scendere era impossibile. Ci siamo riuniti con la coppia indiana e ci siamo rintanati prima in un angolo nel negozio di souvenir (che poi ci ha cacciato) e poi siamo stati nel ristorante a porte aperte dove abbiamo preso giusto dei caffè latte per poter restare finché ci sarebbe stato meno freddo.
La discesa non è stata meno complicata. Non era la stessa strada e non c'erano rocce ma era un percorso sdrucciolevole dove era difficile non scivolare e in continua pendenza. Era un percorso che durava la metà del tempo ma sembrava comunque infinito. Il sole ha cominciato a battere forte e mi sono anche bruciata la faccia nonostante il berretto. Le ginocchia mi hanno fatto male tutto il tempo e i piedi non stavano meglio. Quando finalmente siamo arrivati a destinazione io e il mio amico italiano non ci potevamo credere (la coppia indiana era rimasta di nuovo indietro).
Nel complesso è stata un'esperienza tremenda, che non penso rifarò mai più. È stato bellissimo vedere il cielo pulito e pieno di stelle, non l'avevo mai visto così. Come non avevo mai visto un paesaggio notturno da così in alto, ad un'altezza tale che la luna pareva starmi di fronte. Stare sopra le nuvole e poter vedere mezza regione del Kantō è stato bellissimo... ma nonostante tutto questo, la fatica messa non vale tutto quello che ho visto.
Quello che rimane è la soddisfazione di avercela fatta, di aver sfidato te stesso, il tuo corpo e il monte più alto di tutto il Giappone e di aver vinto. Per il resto: mai più.
一昨年と昨日は富士山を登りました。
ほぼ半ばの関東の夜景色も中日景色、そしてご来光を見れるなんてとても嬉しかったんたげど、非常に辛くて、二度としない経験だと思う。
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apettaa · 6 months ago
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Oggi nel paesino dove vivevo ci sarà una festa bellissima a cui gli altri anni partecipavo lavorando nel chiosco. Ma quest'anno al posto di stare dieci+ ore in piedi a spinare birra, preparare spritz, sgolarmi per farmi sentire sopra la musica dei vari concerti rock e parlare il mio amatissimo dialetto con tutti, sto andando a lavoro, dove non spinerò nessuna birra, non parlerò dialetto, non ascolterò concerti rock dal vivo e semplicemente maledirò il mio ritorno nella ristorazione 🥹
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