Tumgik
#come perdere tanto peso in un mese
missrainworld · 1 year
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Per una piccola parte di me <3 0.1
La parte più difficile in ogni cosa è iniziare, come adesso. Non è facile trovare le parole giuste per aprire la strada alle milioni di cose che vorrei dirti. Ogni inizio è spaventoso, difficile. E me lo ricordo che qualche mese fa di paura ne avevo tanta, temevo tutte le cose che avremmo dovuto vivere.
Tu sei la prima volta in cui ho perso il controllo, in cui mi sono buttata nel vuoto e mi son detta 'Ora o mai più'. Perché in fondo te lo senti che alcune cose puoi farle solo in un determinato momento e che non c'è altro tempo per viverle.
Sei il mio momento giusto, su questo non ho dubbi, mi sei piombato addosso per caso e senza alcuna pretesa, nessuna forzatura e nessuna speranza, sei rimasto.
A volte mi chiedo perché, dopo aver visto tutto il casino che sono, tu sia rimasto. Non hai neanche dovuto lottare per entrarci nella mia vita, perché ti avevo lasciato ogni porta aperta, era troppo tempo che non davo così tanta fiducia a qualcuno ma stranamente con te mi sentivo al sicuro. E ci sono tutti gli ingredienti le farfalle, le palpitazioni, l'impazienza di essere tua.
Ci sono tutti gli ingredienti perché tu possa distruggermi e forse, per la prima volta, voglio correrne il rischio.
Probabilmente, anzi, sicuramente mi sono innamorata prima io ma come dovevo fare? Quando mi guardavi e mi parlavi di filosofia, di storia, cose che non mi hanno mai preso, ma che dette da te diventavano la cosa più interessante del mondo.
Non mi sono innamorata di te perché necessitavo di avere qualcuno al mio fianco, sono sempre stata bene da sola.
Non mi sono affezionata a te perché avevo bisogno di qualcuno che mi rendesse felice, ne perché stessi cercando qualcuno con cui stare.
In realtà, non cercavo proprio nessuno.
Mi sono innamorata di te perché mi sono sentita apprezzata, perché sei l'unica persona che mi restituisce tutto l'amore che do. Mi sono innamorata di te perché mi fai stare tranquilla, potremmo anche stare seduti senza dire nulla e guardare tik tok ed io non avrei ansia.
Siamo così simili ma in certi sensi così diversi, eppure sei esattamente quella parte che mi manca per essere come vorrei.
E' bastato un istante, uno sguardo e ti ho riconosciuto, come se in fondo ti avessi sempre aspettato. Delle volte sono istanti piccolissimi a cambiarci la vita, momenti così insignificanti da non rendercene nemmeno conto, ogni tanto mi chiedo cosa starei facendo ora se non ti avessi mai scritto, se tu non mi avessi mai baciata, se fossimo rimasti solo amici.
La maggior parte delle persone si limita al “mi piaci”, Kierkegaard invece scrisse: “Ti muovi costantemente sulle onde dell’intuizione; eppure, ogni singola somiglianza con te basta a rendermi felice. Perché? É a causa della ricca unità del tuo essere o della povera molteplicità del mio? Non é l’amare te, amare un mondo?”
D’altronde hai avuto tutto, prima ancora che te ne rendessi conto. Ti ho parlato di qualsiasi cosa, quando per me parlare di sentimenti o emozioni risulta essere complicato, tendo sempre a sopprimere qualsiasi cosa, penso perché da piccola venivo etichettata come “la bimba matura “e qualsiasi persona contava su di me ed io non avevo tempo di pensare a cosa realmente provassi.
Forse ho perso la testa, tu mi hai fatto perdere la testa, perché adesso non sento neanche di essere io, ho meno paura di tutto e provo cose talmente diverse che mi destabilizzano. Ti ho parlato di cose che non voglio ammettere nemmeno a me stessa, che portavo, e porto, come un peso, con vergogna, ma tu sei stato così paziente e mi hai ascoltato quando probabilmente quello che dicevo non aveva senso nemmeno per me.
Ti ho amata fin da subito ed ho avuto paura della velocità con cui un sentimento del genere sia cresciuto, d’altronde sono un overthinker e mi son chiesta, che vuoto lascerà una persona del genere nella mia vita? Come mi faccio domande, mi do anche risposte e Tu lasceresti un vuoto enorme, incolmabile.
Oramai occupi tutto, tutto lo spazio che c'è, sei ovunque e neanche me ne rendo conto.  Se conquisti la mia mente ci sarai sempre dentro.
Hai reso tutto pieno di significato, pieno d'amore e di timori. Per la prima volta ho davvero paura di perdere qualcuno, per la prima volta penso che non esista qualcosa che non farei per te, qualsiasi cosa pur di farti stare bene.
Non lo dico perché ti amo, ma lo dico perché sei una persona speciale. Meriti qualsiasi cosa di bello possa esserci, tutta la felicità che possa provare. Hai così tante cose dentro, che non dici e che non mi mostri. Ed io vorrei sapere tutto, conoscerti meglio di te stesso perché niente che ti riguarda mi è estraneo.
Ho capito che ero fottuta quando non mi sapevo dare una risposta al perché ti amassi, lo faccio e basta.
Ogni volta che dico di amarti significa che ti accetto per la persona che sei, e che non voglio trasformarti in qualcun altro. Significa che ti amerò e starò al tuo fianco anche nei momenti peggiori. Significa amarti anche quando sei giù di morale, non solo quando è divertente starti vicino. "Ti amo" significa che conosco la tua persona e non ti giudico. Significa che ci tengo abbastanza da lottare per quello che abbiamo e che ti amo abbastanza da lasciar perdere, se ciò significa vederti felice. Vuol dire pensarti, sognarti, volerti e aver bisogno costantemente di te, e sperare che tu provi lo stesso per me.
Mi stai donando qualcosa che non potrò che inscrivermi nel cuore, quelle cose che ti porti gelosamente dentro, che sai di poter vivere solo con una determinata persona.
Alla fine, ogni cosa mi riconduce a te. Sei nei libri che sottolineo e nella musica che ascolto, in ogni film che mi segno, in tutte le parole che scrivo, persino in quelle che non scrivo ma che custodisco gelosamente dentro di me, tra l’anima e il cuore, in quello spazio che solo tu riesci a raggiungere e che vorrei non abbandonassi mai. É come se dopo un viaggio molto lungo tu mi avessi finalmente riportato a casa.
Mi hai dato talmente tanto che adesso sono piena di te e non potrei dimenticarti mai, seppur volessi.
Mi hai riempita di un amore che non credevo avrei mai provato, così forte che adesso fatico nello scrivere senza commuovermi, senza sentire quelle stupide farfalle, perché pensarti mi fa questo effetto.
Esattamente come quando ti guardo troppo a lungo, penso a quanto sei stupenda, a quanto sai farmi stare bene e mi escono dagli occhi tutte le parole che mi rimangono bloccate in gola. Non riesco a dirtelo mentre ti ho davanti, ma hai dato alla mia vita un valore aggiunto e che avrei milioni di parole da dedicarti se solo riuscissi a concentrarmi mentre mi guardi con quegli occhioni da cui non riesco a fuggire.
Quando mi guardi dimentico tutti i miei difetti ma allo stesso tempo ho paura che guardandomi troppo o standomi troppo vicina tu mi veda come mi vedo io.
Vorrei rivivere ogni ora passata insieme, per rendermi conto di quanti dettagli mi son persa, ma poterli assaporare tutti, coglierli e conservarli. Sei un regalo grandissimo, per il quale sarò per sempre in debito verso il destino. Non so cosa succederà un domani, non importa se un ti amerò esattamente come adesso, probabilmente di più, ma sarai sempre e comunque tu, niente ti renderà diverso di fronte ai miei occhi, adesso non vedo altro che la tua essenza. Non vedo l'ora di poterti baciare, mi manchi da morire e niente mi rende felice come averti accanto e poter sentire il calore di un tuo abbraccio che tanto ho desiderato. Sei ciò di cui ho più bisogno e che non voglio lasciar andare per nulla al mondo.
Ti amo, come non amo altro.
Tua, A.
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gcorvetti · 11 months
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Due pesi due misure.
Ultimamente mi sono tenuto lontano dal commentare quel che sta accadendo in medio oriente, però leggendo oramai giornalmente post, e non giornaletti del cazzo che raccontano la storiella a loro piacimento sotto pagamento di questo e di quello viva la libertà di stampa, dicevo, post sul genocidio che israele sta oramai da un mese buono applicando alla popolazione palestinese mi viene il voltastomaco, ma non per le immagini o i video di persone morte o mutilate di cui la maggior parte bambini, per quello twitter ci aveva ben addestrati, ma per lo schifo che vedo attorno a tutto quello che succede. Lasciando perdere i politici europei che oramai sono dei galoppini al servizio degli yankee, i giornali sopra citati idem, ma l'opinione pubblica è oramai inutile. Si ripete il copione ma all'inverso della guerra in ucraina, se per 8 anni i nazisti ucraini hanno massacrato i bonbassesi ed è stato tutto messo a tacere in modo che una volta che la russia invadeva era colpa sua, infatti se non avesse invaso sai che risate, però ci sono caduti con tutti i colbacchi. Quindi i cattivoni di turno erano loro, bombardamenti sui civili, ospedali, convogli di aiuti, centrali elettriche e pericolo per la centrale nucleare, e tante altre magagne che ci hanno ben raccontato per dipingerci il nemico numero uno russo come il peggiore, adesso quella guerra come sta andando? Boh, adesso il fulcro mediatico è israele, non sto qua a raccontarvi la storiella di sti qua che venivano trattati male da tutti, un motivo ci sarà stato, e che non avevano dove andare non avendo una terra tutta loro, allora con aiuti e finanziamenti sono andati a derubare la terra altrui, leggetevi la storia e quante volte l'ONU ha cercato di farli raggionare, sempre sfanculizzati. Nell'ultimo mese di questo genocidio gli israelini hanno fatto peggio dei russi in meno di 2 anni di guerra, ma nessuno ha il coraggio di dirlo, se lo dico io non ha molto peso, se lo dicesse qualche nome grosso forse e ripeto forse qualcuno aprirebbe gli occhi. Ma poi siamo sempre al giochetto che si ripete in occasioni come queste, cerchi di spiegare cosa è successo e vieni additato, etichettato, lapidato come putiniano/antisemita/talebano ecc ecc, questo perché? Non tanto per me o per te che se apriamo bocca e ci sentono in 10 non cambia nulla, ma è una pratica per quelli che possono realmente dare una vera spiegazione ed esporre i fatti per quelli che sono e non per quelli che vogliono farvi credere. Ieri ho visto un video di Pubble che forse ha beccato il punto della situazione, praticamente sia israele che gaza hanno in mare due giacimenti di gas molto grossi, ma mentre israele li sta già dando in mano ad aziende straniere, tra cui la nostra ENI, per quello palestinese è un attimo più complicato perché da quando sono stati scoperti gli israeliani hanno iniziato il blocco su gaza, rinchiudendoli in quello che è a tutti gli effetti un lager, qua ci vuole la frase dello zio Giulio "Se non avessi scelta e fossi cresciuto in un lager, diventerei terrorista anche io". Anche i partigiani per i nazi-fascisti erano terroristi. Mi fermo qua, però ricordatevi che i cattivi sono i russi.
youtube
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firewalker · 2 years
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Di morti e menefreghismo - e buon anno
Non farò nomi, tanto li conoscete tutti e non è mia intenzione offendere nessuno (quindi spero che non tutti capiate tutti i riferimenti), ma è notizia recentissima che questo 2022 ci lascia con un'ultima morte celebre, che chiameremo PB, e quindi mi sono deciso a sfogarmi, perché se c'è una cosa a cui serve Tumblr è sfogarsi, dicendo cose che mi faranno perdere il 50% dei follower e disapprovare da chi rimarrà.
Ecco, cominciamo col dire che alcune morti non mi toccano. Molta gente è contenta, altre persone sono disperate, io sono tra quelli indifferenti. Ad esempio, della morte di PB avvenuta oggi non mi frega nulla, davvero, non ho alcun sentimento a riguardo.
Ovviamente ci sono morti che mi toccano di più, al di là di quelle personali (ciao nonna) e parlando solo di quelle che mi ricordo a memoria possiamo citare PA, che ci ha lasciati qualche mese fa e a cui io ero particolarmente affezionato, perché mi ha accompagnato per tutta la vita (spesso proprio insieme a nonna); a lui devo moltissimo di come sono oggi.
Poi c'è M, che è morto qualche settimana fa ed è stato incensato da tutti "oh quanto mi dispiace, oh quanto era bravo". Ecco, io M non l'ho mai potuto sopportare. Non sono stato contento della sua morte, ma sentirne parlare bene in giro mi ha dato un enorme fastidio. E se capirete chi è M - non è difficile - insultatemi pure, se vi va. Mi fa anche un'enorme rabbia il fatto che ogni volta che si parla di M si debba anche far riferimento a GV, che al momento è vivo, anche se in cura per un cancro.
Poi è morto P, proprio pochi giorni fa, e subito è partito - di nuovo, cribbio - il confronto con un altro personaggio dello stesso ambito, un altro M. Ecco, io questo secondo M lo detestavo ancor più del primo M, e tutte le volte che me lo incensano mi sale la rabbia. A mio parere, non c'è paragone con P, in nessun caso. Ovviamente M è stato nominato moltissimo anche alla luce degli ultimi eventi sportivi, di nuovo paragonandolo ad altri. Altri che non hanno nulla da invidiare a lui ma che, purtroppo, pagheranno il peso di essere semplicemente nati qualche anno dopo.
Un'altra persona di cui non mi interessava molto era EW. Non sono infastidito dal suo ricordo come per i due M, semplicemente ho accettato la sua dipartita abbastanza in fretta.
Un'attrice che pensavo fosse immortale invece è AL, e lei mi mancherà, probabilmente.
Bene, questo è tutto.
Buon 2023 a tutti.
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scrittoresolitario · 1 year
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Dovrei perdere almeno due chili in un mese per poter indossare comodamente un abito, dopo che in due anni ne ho rimessi su almeno cinque. Peccato che non dipenda soltanto dal cibo - non sarebbe un problema rinunciare a qualcosa e mangiare più sano, se tutto il resto gira bene - e poi sono abituato a fare tutti i giorni sport, ma come la mettiamo con il sonno (spesso poco), con la rabbia repressa, la bellezza inespressa, le emozioni imprigionate, e con lo stress mentale (spesso tanto)? I veri killer da affrontare sono questi ed il peso a questo punto è l’ultimo dei problemi.
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nanaena · 25 days
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♥ Carta de Ana ♥
Querida Amiga:
Déjame presentarme, Mi nombre, o como me llaman los que se dicen "doctores" es Anorexia. Anorexia Nerviosa es mi nombre completo, pero tú me puedes llamar Ana. Con un poco de suerte nos podemos volver grandes socias. En los próximos meses, invertiré mucho tiempo en ti, y esperaré que tú hagas lo mismo por mí.
En el pasado ya has escuchado a todos tus profesores y padres hablando sobre ti. Eres "tan madura", tienes "tanto potencial" e "inteligencia". ¿A donde te ha llevado todo eso, si se puede saber? A ningún lado!! No eres perfecta, y no estás tratando lo suficiente, en vez de eso pasas tu tiempo pensando y hablando con tus amigos! Esos actos de indulgencia no serán permitidos en el futuro.
Tus amigos no te entienden. No dicen la verdad, son mentirosos. En el pasado, cuando Inseguridad había ganado silenciosamente tu mente, preguntabas "¿Me veo....gorda?"Y ellos te respondían "no, claro que no" y tu sabías que mentían! Sólo yo digo la verdad. Tus padres, mejor ni empecemos! Tú sabes que te aman, y que se preocupan por ti, pero parte de eso es porque son tus padres y están obligados a hacerlo. Te voy a contar un secretito: en el fondo, están decepcionados de ti. Su hija, la misma
que tenía tanto potencial, se ha vuelto una vaca gorda y floja.
Pero yo voy a cambiar todo eso. Voy a esperar mucho de ti. No se te permitirá comer mucho. Empezará suave y lentamente: disminuyendo la cantidad de grasa, leyendo la información nutricional, deshaciéndote de la comida chatarra. Por un tiempo, el ejercicio será simple: Correr un poco, unos abdominales, unas ranitas. Nada muy fuerte. Tal vez perder unos kilitos, deshacerte de ese rollito en la barriga. Pero no pasará mucho tiempo hasta que no te empiece a decir que eso no es suficiente.
Te exigiré que bajes tu ingesta de calorías y subas el ejercicio. Te llevaré al límite. ¡Tú lo harás porque no me puedes desafiar! Estoy comenzando a unirme a ti. Dentro de pronto, estaré siempre contigo. Estoy ahí cuando te levantas en la mañana y corres a pesarte. Los números se vuelven amigos y enemigos, y tus pensamientos rogando que sean más bajos que ayer, que anoche, etc. Mirarás al espejo con ganas de desmayarte. Te darán ganas de vomitar cuando veas grasa, y sonreirás cuando veas hueso. Estoy ahí cuando calculas el plan del día: 400 calorías, 2 horas de ejercicio. 
Yo soy la que está calculando todo eso, porque ahora tus pensamientos y los míos se están volviendo uno solo.Yo te sigo durante el día en el colegio, cuando tu mente se pasea por ahí yo te doy algo en que pensar. Recuenta las calorías que has comido. Son demasiadas. Yo lleno tu mente con comida, calorías, peso, IMC, y cosas que son buenas. Porque ahora ya estoy dentro de ti. Estoy en tu cabeza, en tu corazón y en tu alma. 
Los rugidos de tu estómago que pretendes no escuchar en realidad son mis sonidos, adentro tuyo, muy pronto te estaré diciendo no sólo que hacer con la comida, si no que hacer todo el tiempo. Sonríe Preséntate bien. Mete la barriga! Puedo hacer que un plato de lechuga se vea como un festín digno de un rey. Ningún pedazo de nada....si comes, todo el control se romperá, quieres eso? Volver a ser la horrible vaca que eras? Te obligo a mirar a las modelos de las revistas, tan hermosas, tan perfectas, y te hago comprender que nunca podrás ser una de ellas. Siempre serás gorda. 
Cuando te mires al espejo, distorsionaré la imagen. Te mostraré un luchador de zumo cuando en realidad hay una niña hambrienta. Pero tú no debes enterarte, porque si sabes la verdad, comenzarás a comer otra vez y nuestra relación se caerá.A veces te rebelarás. Con suerte no lo suficientemente seguido. Reconocerás la fibra rebelde en tu cuerpo y te atreverás a bajar a la oscura cocina. La despensa se abrirá lentamente, rechinando. Tus ojos irán a la comida que yo he mantenida a una distancia segura. La comerás, mecánicamente, sin disfrutarlas realmente, simplemente acomodándote en el hecho de que estás yendo en mi contra. Irás por una caja de galletas, después otra. Tu barriga se hinchará y se vera grotesca, pero no te detendrás. Y todo ese tiempo yo te estará gritando para que pares, vaca gorda, no tienes auto control, te vas a poner gorda.
Cuando acabes, volverás corriendo hacia mí, pidiéndome consejo porque de verdad no quieres volver a estar gorda. Rompiste una regla cardinal y comiste, y ahora quieres que vuelva. Yo te obligaré a ir al baño, te pondré de rodillas. Tus dedos se insertarán en tu garganta, y no sin dolor, tu atracón saldrá. Esto se repetirá y se repetirá, hasta que botes sangre y agua y sepas que todo se ha ido. Cuando te pares, te sentirás mareada. No te desmayes Párate ahora mismo. Vaca gorda, mereces el dolor!
Tal vez la forma en la que elimines el sentimiento de culpa será diferente. Tal vez elija hacerte tomar laxantes, haciéndote sentar en el baño hasta las altas horas de la madrugada, sintiendo tus entrañas llorar. O tal vez se me ocurra que te tienes que hacer daño. Cortarte es efectivo. Quiero que veas tu sangre, verla correr por tu brazo, y entenderás que mereces cualquier dolor que yo te dé. Estás deprimida, obsesionada, adolorida, buscando ayuda pero no la encontrarás. A quién le importa? Tú te lo mereces, tu misma hiciste esto.
OH, es esto duro? No quieres que te ocurra? Soy injusta? Yo te ayudo. Yo hago posible que tu dejes de pensar cosas que te estresan. Pensamientos de rabia, tristeza, desesperación, y soledad cesan porque yo me los levo y lleno tu cabeza con la metódica cuenta de calorías. Yo me llevo tu lucha por encajar con los chicos de tu edad, tu lucha por complacer a tus padres, tu lucha por complacer a los demás. Porque ahora, yo soy tu amiga, y soy la única a la que debes complacer.Tengo un punto débil. Pero no debemos decírselo a nadie. Si tu decides luchar, contarle a alguien cómo te hago vivir, el infierno se liberará. Nadie debe enterarse, nadie debe romper esta máscara tas la cual te he escondido. Yo te he creado, esta niña perfecta, delgada, cumplidora. Tu eres mía y sólo mía. Sin mí, no eres nada. Así que no luches. Cuando otros hagan comentarios, ignóralos. Olvídate de ellos, olvídate de cualquiera que trate de llevarme. Yo soy tu más grande logro, y pretendo dejarlo así.
Sinceramente, Ana.
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ariannaniccoli · 5 months
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La parte più difficile in ogni cosa è iniziare, come adesso. Non è facile trovare le parole giuste per aprire la strada alle milioni di cose che vorrei dirti. Ogni inizio è spaventoso, difficile. E me lo ricordo che qualche mese fa di paura ne avevo tanta, temevo tutte le cose che avremmo dovuto vivere. Tu sei la prima volta in cui ho perso il controllo, in cui mi sono buttata nel vuoto e mi son detta Ora o mai più. Perché in fondo te lo senti che alcune cose puoi farle solo in un determinato momento e che non c'è altro tempo per viverle, sei il mio momento giusto, su questo non ho dubbi, mi sei piombato addosso per caso e senza alcuna pretesa, nessuna forzatura e nessuna speranza, sei rimasto. A volte mi chiedo perché, dopo aver visto tutto il casino che sono, tu sia rimasto, non hai neanche dovuto lottare per entrarci nella mia vita, perché ti avevo lasciato ogni porta aperta, era troppo tempo che non davo così tanta fiducia a qualcuno ma stranamente con te mi sentivo al sicuro, e ci sono tutti gli ingredienti le farfalle, le palpitazioni, l'impazienza di essere tua. Ci sono tutti gli ingredienti perché tu possa distruggermi e forse, per la prima volta, voglio correrne il rischio e probabilmente, sicuramente mi sono innamorata io ma come dovevo fare? Non mi sono innamorata di te perché necessitavo di avere qualcuno al mio fianco, sono stata bene anche sola in quei 3 anni, non mi sono affezionata a te perché avevo bisogno di qualcuno che mi rendesse felice, ne perché stessi cercando qualcuno con cui stare. In realtà, non cercavo proprio nessuno. Mi sono innamorata di te perché mi sono sentita apprezzata, perché sei l'unica persona che mi restituisce tutto l'amore che do. Mi sono innamorata di te perché mi fai stare tranquilla, potremmo anche stare seduti senza dire nulla e guardare tik tok ed io non avrei ansia. Siamo così simili ma in certi sensi così diversi, eppure sei esattamente quella parte che mi manca per essere come vorrei. E' bastato un istante, uno sguardo e ti ho riconosciuto, come se in fondo ti avessi sempre aspettato. Delle volte sono istanti piccolissimi a cambiarci la vita, momenti così insignificanti da non rendercene nemmeno conto, ogni tanto mi chiedo cosa staremo facendo se nessuno si avrebbe fatto avanti, se tu non mi avessi mai baciata, o non mi avessi mai abbracciata. D’altronde hai avuto tutto, prima ancora che te ne rendessi conto, ti ho parlato di qualsiasi cosa, quando per me parlare di sentimenti o emozioni risulta essere complicato, tendo sempre a sopprimere qualsiasi cosa, penso perché da piccola venivo etichettata come “la bimba immatura“ e qualsiasi persona non ha mai saputo contare su di me ed io non avevo tempo di pensare a cosa realmente provassi. Forse ho perso la testa, tu mi hai fatto perdere la testa, perché adesso non sento neanche di essere io, ho meno paura di tutto e provo cose talmente diverse che mi destabilizzano. Ti ho parlato di cose che non voglio ammettere nemmeno a me stessa, che portavo, e porto, come un peso, con vergogna, ma tu sei stato così paziente e mi hai ascoltato quando probabilmente quello che dicevo non aveva senso nemmeno per me. Ti ho amato fin da subito ed ho avuto paura della velocità con cui un sentimento del genere sia cresciuto, d’altronde sono un essere umano mi son chiesta, che vuoto lascerà una persona del genere nella mia vita? Come mi faccio domande, mi do anche risposte e Tu lasceresti un vuoto enorme, incolmabile. Oramai occupi tutto, tutto lo spazio che c'è, sei ovunque e neanche me ne rendo conto. 
Hai conquistato la mia mente e ci sarai sempre dentro, hai reso tutto pieno di significato, pieno d'amore e di timori, per la prima volta ho davvero paura di perdere qualcuno, per la prima volta penso che non esista qualcosa che non farei per te, qualsiasi cosa pur di farti stare bene. Non lo dico perché ti amo, ma lo dico perché sei una persona speciale ed meriti qualsiasi cosa di bello che possa esserci, tutta la felicità che possa provare. Ed io vorrei sapere tutto, conoscerti meglio di te stesso perché niente che ti riguarda mi è estraneo, ho capito che ero fottuta quando non mi sapevo dare una risposta al perché ti amassi, lo faccio e basta. Ogni volta che dico di amarti significa che ti accetto per la persona che sei, e che non voglio trasformarti in qualcun altro, significa che ti amerò e starò al tuo fianco anche nei momenti peggiori. Significa amarti anche quando sei giù di morale, non solo quando è divertente starti vicino. "Ti amo" significa che conosco la tua persona e non ti giudico. Significa che ci tengo abbastanza da lottare per quello che abbiamo e che ti amo abbastanza da lasciar perdere, se ciò significa vederti felice vuol dire pensarti, sognarti, volerti e aver bisogno costantemente di te, e sperare che tu provi lo stesso per me.
Mi stai donando qualcosa che non potrò che inscrivermi nel cuore, quelle cose che ti porti gelosamente dentro, che sai di poter vivere solo con una determinata persona. Alla fine, ogni cosa mi riconduce a te, sei nei libri che sottolineo e nella musica che ascolto, in ogni film che mi segno, in tutte le parole che scrivo, persino in quelle che non scrivo ma che custodisco gelosamente dentro di me, tra l’anima e il cuore, in quello spazio che solo tu riesci a raggiungere e che vorrei non abbandonassi mai. É come se dopo un viaggio molto lungo tu mi avessi finalmente riportato a casa. Mi hai dato talmente tanto che adesso sono piena di te e non potrei dimenticarti mai, seppur volessi, mi hai riempita di un amore che non credevo avrei mai provato, così forte che adesso fatico nello scrivere senza commuovermi, senza sentire quelle stupide farfalle, perché pensarti mi fa questo effetto. Esattamente come quando ti guardo troppo a lungo, penso a quanto sei stupendo, a quanto sai farmi stare bene e mi escono dagli occhi tutte le parole che mi rimangono bloccate in gola. Non riesco a dirtelo mentre ti ho davanti, ma hai dato alla mia vita un valore aggiunto e che avrei milioni di parole da dedicarti se solo riuscissi a concentrarmi mentre mi guardi con quegli occhioni da cui non riesco a fuggire. Quando mi guardi dimentico tutti i miei difetti ma allo stesso tempo ho paura che guardandomi troppo o standomi troppo vicino tu mi veda come mi vedo io. Vorrei rivivere ogni ora passata insieme, per rendermi conto di quanti dettagli mi son persa, ma poterli assaporare tutti, coglierli e conservarli. Sei un regalo grandissimo, per il quale sarò per sempre in debito verso il destino. Non so cosa succederà un domani, non importa se un ti amerò esattamente come adesso, probabilmente di più, ma sarai sempre e comunque tu, niente ti renderà diverso di fronte ai miei occhi, adesso non vedo altro che la tua essenza. Non vedo l'ora di poterti baciare, mi manchi da morire e niente mi rende felice come averti accanto e poter sentire il calore di un tuo abbraccio che tanto ho desiderato. Sei ciò di cui ho più bisogno e che non voglio lasciar andare per nulla al mondo.
Ti amo, come non amo nessun’altro ❤️
Auguri a noi per il nostro 11º mesiversario ❤️
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“Ti penso, non lo nego.
Ci siamo lasciati da ormai più di un mese, ma nella mia testa sei un pensiero fisso, costante
Provo a distrarmi a fare altro, ma in un modo o in un altro, tu sei quel ronzio nella mia testa che non mi lascia sola un secondo.
Ci siamo lasciati perché con te non ero felice, non riuscivi più a rendermi felice, ogni giorno trascorso con te era diventato pesante, ero costantemente arrabbiata o triste.
Non mi pento di averti lasciato, perché a causa del tuo carattere sempre così aggressivo nei miei confronti, ero arrivata a perdere interesse, a non amarti più.
Non te ne faccio una colpa, abbiamo sempre avuto due caratteri totalmente opposti, e nonostante ciò abbiamo deciso di provarci, all’inizio abbiamo fatto tanti sacrifici e sembrava funzionare, ma poi ci siamo stancati di fingere e accontentarci ed evidentemente il nostro amore non era più forte come una volta perché altrimenti avremmo continuato a lottare l’uno per l’altra.
Il solo pensiero di averti fatto soffrire e di farti soffrire ancora oggi mi uccide, perché sinceramente tu mi hai regalato tanto bene e io avrei voluto restituirtene anche solo metà
Allo stesso tempo però, mi hai negato di fare tutte le cose che mi rendevano felice, mi hai chiuso in una gabbia e mi hai costretta ad adattarmi alla tua vita monotona, triste e senza senso. Mi hai costretta a cambiare e a rinunciare alle cose che amavo fare.
Quando finalmente ho realizzato che con te non stavo più bene, che avevo bisogno di riappropriarmi della mia vita, quando finalmente ho trovato la forza di ammettere queste cose prima a me stessa e poi a te e quando finalmente ti ho lasciato, mi sono sentita di nuovo libera, di nuovo lèggerà, di nuovo viva.
E mi sono sentita cattiva per aver provato queste sensazioni mentre tu stavi male per la nostra rottura
Ma tu stai provando un dolore che io ho provato per anni accanto a te, e infondo il karma gira…
Non ci ho messo molto a voltare pagina, ma non perché non ti ho mai amato e non perché sono una Troia
Ma perché volevo recuperare gli anni perduti, io avevo già smesso di amarti per davvero da circa 1 anno, io stavo con te per paura di affrontare una vita da sola, per paura di non essere abbastanza forte
Fino ad ora però, sembra filare tutto liscio, si sono presentati dei problemi e sono riuscita ad affrontarli e mi sono resa conto che tu nella mia vita eri solo un peso, solo un problema in più, solo una persona in più a cui badare, perché tu non risolvevi i miei problemi, non mi facevi forza, tu pensavi solo a te stesso e io ero costretta a pensare per due, ero costretta a risolvere anche i tuoi di problemi.
Quindi ora non mi sento sola, perché mi sono resa conto che durante questi 3 anni lo sono sempre stata
Tu eri solo una persona in più nella mia vita e nient’altro
Ti ho voluto bene però, questo non posso negarlo
Ed è forse proprio a causa di ciò che non posso toglierti dalla testa
Scusami se ho subito voltato pagina, ma sentivo la necessità di assaporare di nuovo la mia vita, quella che tu mi avevi involontariamente, senza accorgertene, impedito di vivere.
Ora sono felice? Non lo so con certezza
Però sono sicuramente più felice rispetto a quando stavo con te
E questo mi basta
Questo è già la risposta alle mie domande
Quindi no, non voglio tornare indietro non voglio tornare da te
È vero, forse sto prendendo scelte sbagliate, forse mi sto lasciando troppo andare, ma mi va bene così
Voglio fare nuove esperienze e godermi la vita al 100% senza rimpianti
Quindi scusami se io sto andando avanti e tu continui a stare fermo immobile in un punto fisso
Se riuscivi ad andare avanti prima, era perché c’ero io dietro di te a spingerti
Ma avevo esaurito le energie
Non potevo tirare avanti per due
Non ce la facevo più.
Quindi si, ti voglio bene
Quindi si, mi manchi, mi manca la stabilità, mi mancano le sicurezze che mi davi, mi manca avere sempre qualcuno da chiamare quando sto male (anche se non mi ascoltavi mai), mi manca fare lunghe chiacchierate, mi manca avere una notifica fissa sul telefono
Ma non mi manchi tu…
E mi sento una merda ad ammetterlo
Ma senza di te sto meglio…
Ma allo stesso tempo ho paura
Ho paura perché sono sola, di nuovo
E ho paura di poter sbagliare
Ho paura di non poter rimediare ai miei sbagli
Ho paura di esagerare
Ho paura di stare male
Ho paura di cadere e non riuscire più ad alzarmi
Ho paura perché ho vissuto per 3 anni una vita “doppia”
E ora mi ritrovo a viverne una “singola”, all’improvviso
Ho paura di innamorarmi e di soffrire
Ho paura di affrontare da capo tutto ciò che ho affrontato con te, ma con qualcun altro
Ho paura di fidarmi delle persone sbagliate
Ho paura di annoiare
Ho paura di essere considerata una persona superficiale e vuota
Ho paura di essere presa in giro
Ho paura di essere usata
Ho paura di essere considerata una ragazza facile
Ho paura di tante cose, da quando ti ho lasciato andare via
Ma infondo la vita è questo
Avere la costante paura di sbagliare
Tutto ciò che posso fare è farmi forza da sola, come ho sempre fatto
Continuare a prendere i problemi di petto e affrontarli
E piano piano, potrò arrivare a provare la felicità che da tanto tempo cerco e desidero
Nonostante tutto, però…
Abbiamo passato bei momenti insieme, e ti ringrazio
Molto spesso passo nei luoghi in cui conserviamo bei ricordi
Nei luoghi delle “prime volte”
E penso a quanto eravamo felici
E mi domando come abbiamo fatto ad arrivare fin qui
Ma va bene così
Va bene così
Custodirò tutto con cura nel mio cuore
Grazie di tutto
Grazie per avermi fatto sperimentare cosa significa amare e sentirsi amati
E poi odiare e sentirsi odiati
Spero tu stia bene
E spero che tu possa riuscire a imparare a camminare, senza me al tuo fianco
Perdonami per il dolore
Ma sono stanca di pormi dei limiti a causa tua
La vita è una
È breve
E io non voglio sprecarne più neanche un secondo.”
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lasdietashoy · 2 years
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Nuevo Post: Maneras efectivas de perder peso en casa
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Maneras efectivas de perder peso en casa
Hay dos formas principales de perder peso. Son buena la actividad física y la dieta. Cuando se hacen juntos, ofrecen mejores resultados.
Actividad física
Una gran razón de la crisis actual de sobrepeso es la actividad física insuficiente. La principal causa de este es la naturaleza sedentaria de la mayoría de ocupaciones. Hacer suficiente actividad física, asegura que se quemen calorías y el peso queda bajo control. Puedes hacer diferentes tipos de actividades físicas para bajar de peso. Estos incluyen:
Yoga
Zumba
Entrenamiento con pesas
Movimientos de peso corporal
Trotar
Correr
Natación
Todas estas actividades físicas te ayudan a quemar calorías. Puede elegir cualquier forma de actividad física si su objetivo es perder peso rápidamente. Sin embargo, lo que importa es consistencia. Si realizas alguna de estas actividades físicas durante un período prolongado, los resultados llegarán.
Los mejores planes de dieta
Es posible perder peso simplemente haciendo algunas modificaciones a tu dieta. Si quieres perder peso, el juego se trata de las calorías que ingieres y las calorías que quemas. Cuando limitas la cantidad de calorías que ingieres, tu cuerpo tiene que buscar otras formas de producir energía.
Por lo tanto, si tiene un déficit de calorías o come menos calorías con una mejor nutrición balanceada de lo que solía, está en camino de perder peso. Su cuerpo ahora usará la grasa existente para liberar la energía necesaria para realizar las funciones diarias. Con el tiempo, esto te ayudará a deshacerte de la grasa corporal y a perder peso.
Planes de alimentación modificados para bajar de peso rápido
Aunque varios planes alimenticios pueden ayudarlo a perder peso, algunos de estos pueden ayudarlo a acelerar su proceso de pérdida de peso. Sin embargo, es mejor buscar la ayuda de un experto mientras sigue cualquiera de estos planes de alimentación modificados. Eso es porque todos son diferentes y sus cuerpos tienen diferentes demandas.
Planes que pueden ayudarte a perder peso.
Además, un plan de pérdida de peso saludable exige planes personalizados que se crean especialmente según varios factores, que incluyen su edad, sexo, tipo de cuerpo, necesidades, condiciones médicas, etc. A continuación se presentan algunas dietas comunes para bajar de peso.
Dietas Hipocalóricas Convencionales (Planes Alimenticios Déficit Calóricos)
Es una de las formas más comunes y eficientes de perder peso. Los estudios sugieren que las dietas hipocalóricas tradicionales suelen tener como objetivo reducir la ingesta diaria de energía entre 500 y 750 kcal. La ingesta calórica recomendada para la restricción energética pasa por dietas de 1200-1500 kcal/d para mujeres y 1500–1800 kcal/d para hombres. La idea es consumir menos calorías para que el cuerpo pueda utilizar el exceso de grasa y utilizarlo como una fuente alternativa de energía. En el proceso, comienza a quemar más grasa para obtener energía, lo que en última instancia conduce a la pérdida de peso.
Reducir la ingesta diaria de energía en 400 a 500 kcal puede conducir a una pérdida de peso modesta de aproximadamente 0,5 kg por semana o 2 kg por mes.
Sin embargo, la investigación muestra que tal pérdida de peso generalmente se ve solo en los primeros meses porque la tasa de pérdida de peso puede disminuir debido a las adaptaciones hormonales que se resisten a la pérdida de peso.
Por lo tanto, es esencial elegir un plan de alimentación personalizado en función de sus objetivos de pérdida de peso.
Ayuno intermitente
El ayuno intermitente es cuando ayuna y come en ciclos. Hay dos métodos populares de ayuno intermitente. Uno es usando la regla 16/8. Limita su ingesta de calorías a 8 horas por día en este escenario. Lo que quieras comer, debes comerlo en esas 8 horas solamente, las 16 horas restantes son para ayuno.
Otro método popular es el método 5:2. Debe tomar tan solo 500-600 calorías por día dos veces por semana según este método. En ambos métodos, las comidas saludables y la actividad moderada mejoran la pérdida de peso.
El ayuno intermitente es seguro. La mayoría de los adultos sanos pueden hacer eso. La evidencia sugiere que el ayuno intermitente puede reducir el peso entre un 0,8 y un 13 % cuando se realiza de manera constante y adecuada.
Otro estudio concluyente muestra que el ayuno intermitente podría mejorar la tasa de quema de grasa mientras se mantiene la masa muscular. Otros estudios en el campo sugieren que los beneficios del ayuno intermitente son inmenso. Estos incluyen aumento de sensibilidad a la insulina, reducción de la inflamación y efectos anti-envejecimiento.
Dietas a base de plantas
Implica limitar la ingesta de alimentos a solo productos de origen vegetal. El veganismo es una versión popular de este tipo. Elimina incluso los productos lácteos de la dieta.
Otros beneficios de una dieta basada en plantas incluyen la reducción del riesgo de enfermedades como enfermedades cardíacas y diabetes.
Sin embargo, las dietas basadas en plantas también tienen algunas desventajas. Lo más importante es que el cuerpo pierde la nutrición esencial de los productos animales. Hierro, vitamina B12, vitamina D, calcio, zinc y los ácidos grasos omega-3 son algunos importantes, por lo que los expertos pueden ayudar aquí a planificar una dieta sabiamente.
Dietas bajas en carbohidratos
Las dietas bajas en carbohidratos son las más populares adoptadas para perder peso. Son útiles porque limitan el consumo de carbohidratos. Al mismo tiempo, sustituyen los carbohidratos perdidos por proteínas. Cuando el carbohidrato contenido en la dieta es muy bajo, el cuerpo comienza a usar ácidos grasos para los requerimientos de energía. La grasa se convierten en cetonas.
La evidencia sugiere que una dieta baja en carbohidratos es aún más efectiva que una dieta baja en grasas para reducir el peso. Sin embargo, una posible desventaja es que puede causar problemas de digestión en algunas personas.
Dieta paleo
Una dieta paleo esencialmente aboga por comer alimentos integrales, frutas y verduras. Prohíbe el consumo de alimentos procesados, azúcares y granos. Los defensores de la dieta Paleo proponen el comer una dieta similar a la de nuestros antepasados ​​cazadores.
Diversos estudios demuestran que las dietas paleo pueden ayudar a reducir el peso. Además de reducir el peso y la circunferencia del vientre, una dieta paleo también puede tener otros beneficios. Estos incluyen la reducción de la presión arterial alta, los niveles de colesterol y los niveles de triglicéridos..
Dietas bajas en grasas
Una dieta baja en grasas esencialmente significa que debe reducir su consumo de grasas al 20-30% de su consumo total de calorías del día. Sin embargo, esto se debe a que las grasas tienen el doble de calorías por gramo en comparación con las proteínas y los carbohidratos. Por lo tanto, una dieta baja en grasas limita la ingesta de calorías y, por lo tanto ayuda a reducir el peso.
Una posible desventaja de una dieta baja en grasas es que restringir demasiadas grasas puede provocar muchos problemas de salud. Las grasas son responsables de la producción de hormona, salud celular y absorción de nutrientes en el cuerpo. Puede inhibir estos procesos si las grasas se reducen más allá de cierto nivel.
Conclusión:
Mantener un peso saludable es esencial por una variedad de razones. Le ayuda a funcionar bien en la vida cotidiana. Además, previene condiciones crónicas como el colesterol alto, la obesidad, la diabetes y así sucesivamente. Sin embargo, el sobrepeso es un problema y debe tratarlo con urgencia.
Al hacer estas modificaciones en tu rutina, el cuerpo empezará a perder peso y puedes ver cambios iniciales en tu peso rápidamente. Esto puede darle más confianza y motivarlo a continuar con sus objetivos de pérdida de peso de manera eficiente. Evitar el sedentarismo y hacer ejercicio al menos cuatro días a la semana puede dar buenos resultados. Complementar la actividad física con el tipo de alimentación adecuado es aún más útil. Tomar la dieta adecuada también lo ayudará a eliminar la grasa extra de su cuerpo.
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ketoblackrecensioni · 2 years
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Keto Black Recensioni Negative è un valido integratore dimagrante? Recensioni, Prezzo, Sito Ufficiale!
Keto Black Recensioni Negative : Una persona che segue la dieta cheto mira a bruciare il grasso indesiderato spingendo effettivamente il corpo a fare affidamento sui grassi, non sui carboidrati, per l'energia. Questo processo si verifica quando non c'è abbastanza glucosio disponibile da bruciare, quindi il corpo si rivolge invece ai grassi immagazzinati.I nutrizionisti hanno recentemente affermato a Insider che mettere bambini o adolescenti a dieta cheto – o qualsiasi dieta restrittiva – può portare a carenze nutrizionali e disturbi alimentari.
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Mentre la dieta cheto può portare a una rapida perdita di peso attraverso la chetosi, il piano comporta alcuni rischi per la salute, tra cui carenze nutrizionali, danni al cuore, problemi gastrointestinali come la stitichezza e altro ancora. Se stai cercando di perdere peso, un vantaggio che la dieta chetogenica può offrire è la capacità di sopprimere l'appetito.Mangia queste noci a basso contenuto di carboidrati come spuntino tra i pasti, tostale e condiscile in insalate e altri piatti, Keto Black Controindicazioni oppure macinale in burri di noci da spalmare su sedano, altre verdure o cracker a basso contenuto di carboidrati.
L'alcolismo colpisce persone di qualsiasi razza, sesso e background socioeconomico. Come regola generale, le donne dovrebbero limitarsi a un massimo di un drink al giorno, mentre gli uomini dovrebbero attenersi a due o meno.Scegliendo il grasso intero, quello normale è la strada da percorrere quando si tratta di attenersi alla tua dieta cheto ricca di grassi.
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Le opzioni di crema di formaggio ridotte o prive di grassi non avranno abbastanza grasso. Oltre a non avere così tanto grasso in ogni porzione, le opzioni ridotte o prive di grassi sono anche più ricche di carboidrati, che è ciò che stai cercando di limitare durante la dieta chetogenica. Il motivo per cui una dieta o un integratore cheto sono efficaci è dovuto al BHB (beta-idrossibutirrato). BHB è la sostanza chimica nel corpo che lo spinge in chetosi.
Keto Black in Farmacia Con una bottiglia, i consumatori ne avranno abbastanza per durare tutto il mese. Per impegnarsi in questo rimedio per alcuni mesi alla volta, gli utenti possono anche ottenere un pacchetto di tre bottiglie ($ 53,33 ciascuna) o cinque bottiglie ($ 39,99 ciascuna) a una tariffa scontata. "Durante un fatidico giro sulle montagne russe sette anni fa, la mia pancia ha impedito alla barra di sicurezza di scendere abbastanza lontano e mio figlio è quasi volato su una collina", ricorda Stephanie Laska, allora di 300 libbre.
Ottieni consigli pratici e di slancio perfettamente abbinati alla tua attuale fase di cheto.Inoltre, la dieta cheto previene il diabete riducendo il livello di zucchero nel corpo. KetoBlack Recensioni Quando segue una dieta chetogenica, la maggior parte delle persone inizia intrinsecamente con una fobia del grasso e ha paura di insaponarsi. Non importa quale sia stata la tua dieta prima d'ora, il cheto sarà un grande cambiamento. Se vieni da una dieta americana standard, i tuoi carboidrati andranno molto giù, le tue proteine ​​​​potranno aumentare o diminuire e il tuo grasso aumenterà.
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gcorvetti · 1 year
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Domenica.
Oggi è il primo giorno di riposo dei tre che ho settimanalmente consecutivi, beh sono part-time, ma negli ultimi due giorni ho lavorato con la head chef che è nel ristorante da quando hanno aperto, 20 anni fa, e che è così puntigliosa e cagacazzo che anche una patata la fa friggere perché il peso deve essere quello. Ora levando questo modus operandi da puntacazzo, anche perché se lavori da 20 anni le misure le fai ad occhio e dovresti farle precise, risultano a me spesso precise tipo "metti 150g di pasta", prendo un bel pugno di pasta e boom sono 150g, culo? forse, ma se capita 8 volte su 10 magari si evita di perdere tempo in un momento dove ci sono 9 comande, va bè. Inutile continuare arrivo al punto. Capisco che sei estone e la cultura culinaria è limitata a carne e patate, zuppe improponibili e pesce affumicato che puzza come i barboni, ma se pensi che fare una cotoletta di pollo con sopra 3 cucchiaini di salsa allo yogurt, capperi, insalata e una copiona pioggia di parmigiano sia cucinare all'italiana, hai sbagliato mestiere. Come ho sempre detto ognuno fa quel che vuole, ma onestamente la nostra cultura viene traviata da gente che forse in un ristorante italiano vero non ha mai mangiato oppure l'ha fatto in pseudo ristoranti come il suo; mi viene in mente un video (penso tratto da un film) di Zalone che mangia uno spaghetto fatto da un inglese e poi gli rimuove l'insegna "ristorante italiano", beh siamo più o meno la; chiudendo sto discorso dico che me ne frega una mazza non li ho fatti io i piatti e se i clienti nonostante tutto vengono a mangiare (qua ci sarebbe da aprire un capitolo a parte, ma saltiamo) vuol dire che nei 20 anni che siete aperti avete avuto culo oppure che le persone di questo luogo al confine del mondo non sappiano cosa sia la cucina è palese.
Cambiamo discorso, ieri ho notato che nonostante qualche mese fa un amico ha dichiarato la band metal in cui suona da una vita sciolta, la band in questione sono gli Schizo (abbastanza conosciuti ed apprezzati nell'ambiente), il chitarrista ha postato una nuova foto con la nuova formazione e l'arrivo di un nuovo lavoro; quindi la band in realtà non si è sciolta ha solo cambiato elementi, mi dispiace e sono sicuro che senza quelli vecchi non saranno più la stessa cosa, non per l'amicizia che ho, ma conosco Dario e so che come batterista è più che affidabile e creativo. Quello invece che ho notato è che nella foto le facce dei tizi hanno quella arrabbiatura classica che di solito hanno tutti gli elementi della band metal, ma perché? Cioè è uno stereotipo oramai consolidato? Come quello dei metallari che devono avere più toppe possibili sul giubbotto e una maglietta con il nome di una band incomprensibile? Poi però li senti dire "noi siamo diversi", diversi da chi? Forse vestite diversamente, ma avete comunque la stessa mentalità di appartenenza che hanno tutti gli altri, i punk, i gotici ecc ecc. Non critico chi va in giro pieno di nomi di band o quel che vuole cazzi suoi, ma il fatto di sentirsi differenti quando in realtà si è uguali a tutti quelli che si etichettano per appartenere ad un gruppo ben distinto di persone. Parentesi, conosco metallari che vanno vestiti normali senza borchie e toppe, ma anche persone che ascoltano altri tipi di musica e stili di vita. Ma è proprio questo che non mi cala, fare parte di una corrente che non ha nulla di diverso da quella di 30-40 anni fa, perché non c'è evoluzione nei generi ma fossilizzazione e chiusura mentale, il riff, l'assolo, il ritmo, tutte cose secondo me superate, perché l'assolo, per esempio, tranne che ti chiami Satriani o Steve Vai o Guthrie Govan, sarebbe meglio che non lo fai perché spesso, soprattutto dal vivo, si cerca di fare qualcosa che va oltre le proprie possibilità cadendo di fatto in un'accozzaglia di note fatte male e all'orecchio risultano ad cazzum. Va bè mi sono dilungato e tanto se fanno le foto con le facce incazzate o si vestono in un certo modo, fotte sega, fate quello che volete, ascoltate la musica che volete, restate incatenati a quello che volete, il problema è vostro.
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profumodialloro · 3 years
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Always You: l’analisi
Parto con il dire che per me AY non è una canzone sulla fine di una relazione e sul pentimento derivato dalla rottura. È mascherata bene, strutturata in modo che possa celare esattamente questo significato, ma scorrendo tra le parole, i richiami ad altre canzoni d’amore presenti in Walls sono tanti.
Come sempre con le canzoni di questi due matti, partirei con l’analizzare il titolo. Louis ci droppa queste due parole su twitter e IG e lascia a noi fans la possibilità di decodificare.
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Qua si apre un grande paragrafo sulla larry in Jamaica che trovate qui. Secondo alcuni, Louis ha scattato quella foto in Jamaica. La Jamaica occupa un posto importante nel nostro cuore probabilmente anche in quello di H vista l’influenza che sembra aver avuto su sunflower vol6!
A ogni anti piace tantissimo debunkare le cose larry. La domanda che mi sorge spontanea di fronte ai loro tentativi è “ma se sono solo cospirazioni perché darci tanto peso? Perché perdere tempo a cercare di smantellare ogni cosa che proviene dalla parte larrie del fandom?” Ecco appunto.
A ogni modo, in Agosto del 2017 Louis leaka un piccolo pezzo di canzone. Lo potete ascoltare qui. Secondo alcuni si trattava della macchina di H (anche qui ci sono stati tentativi di debunkare, ma onestamente li trovo inconsistenti, non approfondirò oltre per il momento quindi lascio a voi credere ciò che pensate sia più opportuno). Ah, Louis con le converse nere! Che bell’estetica. Occhio al cartellone di Dunkirk sullo sfondo. Pick someone who’s supportive SEMPRE.
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Più tardi abbiamo questa successione di tweets molto interessanti.
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Non conosco bene il contesto di questi tweets, ma posso ipotizzare che rilasciare (o il tentativo di rilasciare) la canzone nelle stories di instagram non sia stato accolto molto bene dal management. Infatti, qualche ora dopo Louis specifica che ha scritto la canzone 6 mesi prima (più o meno febbraio, quando ci ha dato una soffiata sul titolo).
Ogni anti che si rispetti userà questa delle tempistiche come la prova schiacciante che AY sia su Eleanor. Diranno che Louis e Eleanor sono stati insieme ad Amsterdam nel dicembre del 2017 (qui trovate il video) e che siccome la canzone a questo punto è stata scritta a febbraio è impossibile che faccia riferimento a questo episodio. La controproposta è che Louis parli di un viaggio ad Amsterdam magari durante i tempi della band lmao.
In questa intervista, Louis ci informa di essere stato in vacanza con Eleanor ad Amsterdam. L’intervista è del 9 agosto 2017, quindi fa riferimento all’estate di quell’anno.
In più Louis conferma in questo video che la canzone è su eleanormigirlfriend.
Ora consentitemi una riflessione: per quale ragione Louis dovrebbe rilasciare una canzone che comincia con le parole “I went to Amsterdam without you” appena un mese dopo essere stato nella suddetta città con la sua storica ragazza? Per quale ragione abbiamo più volte episodi in cui Louis menziona di essere stato lì ad Amsterdam con lei e poi rilascia questa canzone nel suo album di debutto? Ai posteri l’ardua sentenza.
Ora un po’ di contesto sulla canzone: AMSTERDAM. La Venezia del nord (non avete idea della mia ossessione sui continui richiami di Venezia nella musica e nell’arte di H, poi magari parlerò anche di questo), la città più all’avanguardia, dissoluta e storicamente associata al motto sesso, droga e rock & roll, LGBTQ+ friendly da decenni. Curiosa la scelta di inserire questa città come incipit della canzone. A proposito di queer community, qua vediamo un Louis selvaggio nel quartiere di Reguliersdwarsstraat ad Amsterdam, notoriamente gay friendly.
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QUELLA RAINBOW FLAG OMG. Si tratta di un gay club. WE LOVE TO SEE IT, LOUIS!
Ora uno sguardo rapido al testo.
I went to Amsterdam without you, all I could do was thinking about you. Oh, I should’ve known
Già dai primi versi, capiamo che il tema generale della canzone è una sorta di riflessione sul tempo impiegato a realizzare che questa persona è l’unica persona che conta (e che ha sempre contato). L’unica, non ce ne sono altre. È sempre stato così.
I went to Tokyo to let it go. Drink after drink, but I still felt alone, I should’ve known
Una interpretazione molto carina di AY considera questa parte di canzone come un dialogo tra Louis ad Amsterdam, e un’altra persona dall’altra parte del mondo, a Tokyo a riflettere e raggiungere la stessa conclusione: tu sei la mia persona e non avrei dovuto metterci così tanto tempo a capirlo. In alcuni momenti è come se Louis e quest’altra persona siano arrabbiati per aver sprecato tempo a inseguire consigli da persone sbagliate, che li hanno convinti a credere che una relazione così non sarebbe durata. Invece…
Chi sappiamo essere stato a Tokyo, in ogni caso? Senza fare nomi e cognomi vero? Co ha addirittura scritto un album in Giappone e poi è tornato con un sacco di regali <3
vabbè. Tornando a noi, questa sorta di duetto descrive la stessa situazione da due punti di vista, uno ad Amsterdam a fumare e bere sentendosi comunque solo, l’altro a Tokyo ad affogare la nostalgia con l’alcol senza grossi risultati. Questo tema ricorre molto spesso in Louis ed Harry:
i’m in my bed and you’re not here and there’s no one to blame but the drink in my wandering hands (falling)
Dont blame the drunk calling (TBSL)
Smoke something drink somethin (we made it)
Is it something there I am taking it? Just one more pint or five (miss you)
È un po’ il loro modo di descrivere il sentimento che provano. È qualcosa che li confonde, a volte nocivo come una sostanza tossica, ma è anche vero che è l’unico palliativo che riesce a farli andare avanti, che li aiuta ad affrontare ogni situazione difficile (loving you is the antidote, addictive heart, you can be the pill to ease the pain, you kill my mind).
I went to so many places, looking for you in their faces, i can feel it. Wasting my time but it was always you
Questo concetto della perdita di tempo ritorna in altre canzoni:
You gave me the time and the space (habit)
I took some time cause I ran out of energy (habit)
Louis si è preso il tempo di capire da solo quando questa persona fosse importante, insostituibile. La stessa persona a cui pensa scrivendo Always you, We made it, Too Young. È sempre e solo Harry.
It’s been ages… I’ll always need ya (habit)
Me and you is all I’ve ever known (too young)
You’re the habit that I can’t break
Never coming down with your hand in mine (we made it)
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eddietheforgotten · 2 years
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       𝐅𝐋𝐀𝐒𝐇𝐁𝐀𝐂𝐊 ╱ 𝘵𝘩𝘦 𝘯𝘪𝘨𝘩𝘵 𝘺𝘰𝘶 𝘭𝘦𝘧𝘵 𝘮𝘦
       https://youtu.be/wBuif8IAOKo          somewhere in 𝙃𝙖𝙬𝙠𝙞𝙣𝙨
             ・・・
era la sera del 4 Luglio del 1985, era già buio, si udivano le cicale, e faceva caldo, il cielo era limpido e potevi vedere persino le stelle dall'uscio della tua roulotte. si respirava la classica brezza estiva, chi cucinava al barbecue, e chi come te fumava un po' d'erba.
ti è sempre piaciuta quell'atmosfera.
è la sera in cui l'onda d'urto di un'esplosione, avrebbe frantumato il tuo cuore in mille, minuscoli pezzi, e avrebbe fatto perdere alle tue ossa la capacità di sorreggere te e il peso del tuo dolore, ma tu questo non lo sapevi ancora.
non sapevi che quella sera era la fine tragica di un capitolo importante per te, forse l'ultimo di quel libro, di cui stavate riempendo le pagine vuote.
era la notte tra il 4 e il 5 luglio che hai appreso la devastante notizia, che Billy Hargrove era morto in un'esplosione, che del suo corpo non ne era rimasta traccia, e che avresti solo avuto una tomba vuota a cui fare visita, su cui piangere.
silenzio da parte sua per oltre più di un mese, ricordi i pugni, i calci del vostro ultimo incontro, poi è scomparso, ed ora neanche la possibilità di dirgli addio.
era quella la notte in cui gli attacchi di panico sono diventati più frequenti, più forti, più distruttivi, lasciandoti inerme a tremare senza fiato, ed i polmoni a bruciare senza ossigeno, rannicchiato su quel letto vuoto che di tanto in tanto hai diviso con lui.
lo ricordi, è impresso a ferro e fuoco nella tua mente, sulla tua pelle, ricordi quella notte come se non fosse già passato un anno da allora. ricordi le voci ovattate, ricordi la vista offuscata dalle lacrime, le viscere dilaniarsi, i conati di vomito, ricordi le braccia di Laurence avvolgerti, stringerti, non ricordi le sue parole ma sai per certo che stessero cercando di donarti conforto, di alleggerire quel macigno, ma come poteva? quello non era un macigno, era l'intero mondo che ti stava crollando sulle spalle, e tu lo potevi sentire schiacciarti come fossi un piccolo, insignificante insetto.
una cellula di quel vasto e complesso universo.
ricordi la lotta per allontanare Laurence e correre a perdifiato su per quella collina, il desiderio di consumare ogni energia per arrivare lì e non aver neanche la forza di piangere, solo chiederti: perché?
una lotta che ha vinto, e ad oggi ti consideri fortunato che l'abbia fatto; ricordi il buio nel retro del van, il freddo che hai provato nonostante ci fosse caldo, il gelo nelle vene, il tremore alle ossa, la sensazione di un terreno instabile sotto ai piedi, pronto a crollare in qualsiasi momento.
potevi ancora inspirare l'odore del vostro ultimo spinello, sentire l'eco della sua voce, della sua risata, mentre gli occhi erano chiusi, le gambe strette al petto, e il volto nascosto nelle braccia.
𝐚𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐚𝐦𝐢 𝐪𝐮𝐢, 𝐭𝐢 𝐩𝐫𝐞𝐠𝐨.
le uniche parole che hai rivolto al tuo migliore amico, a tuo fratello, che è costretto ad assistere da lontano alla tua distruzione, al tuo decadimento, a vederti cadere, strisciare, e accasciarti al suolo.
osservi dall'alto quel centro commerciale le cui fiamme non si sono ancora placate, respiri l'odore di bruciato nell'aria, ne riempi i polmoni come se in qualche modo potessi riprenderti, respirare Billy ancora una volta, e conservarlo lì per sempre dentro di te.
ed il tuo corpo comincia ad essere scosso sempre di più dai singhiozzi di un pianto silenzioso, l'espressione contratta in una smorfia di puro dolore, il petto colpito, trafitto infinite volte, una più dolorosa dell'altra, da un coltello, e la schiena che accoglie frecce dalla punta affilata, ferite dolorose che ti portano a chinarti in avanti con il busto.
smetti di respirare per pochi, ma infiniti istanti, le dita che cercano di affondare nel petto come se potessero prendere il cuore e stringerlo per alleviarle il dolore, mentre le lacrime calde scendono lungo le tue guance, la bocca spalancata in un urlo che non osa uscire, gli occhi che adesso non vedono più nulla, né l'edificio divorato dal fuoco, né le stelle sopra di te.
𝑪𝒐𝒍𝒅 𝒔𝒉𝒆𝒆𝒕𝒔, 𝒃𝒖𝒕 𝒘𝒉𝒆𝒓𝒆'𝒔 𝒎𝒚 𝒍𝒐𝒗𝒆?
𝑰 𝒂𝒎 𝒔𝒆𝒂𝒓𝒄𝒉𝒊𝒏𝒈 𝒉𝒊𝒈𝒉
𝑰'𝒎 𝒔𝒆𝒂𝒓𝒄𝒉𝒊𝒏𝒈 𝒍𝒐𝒘 𝒊𝒏 𝒕𝒉𝒆 𝒏𝒊𝒈𝒉𝒕
dov'è il tuo amore? lo cerchi in alto, lo cerchi tra quei puntini bianchi, lo cerchi nell'aria, nel manto blu della notte, anche solo per vederne il fantasma, solo per qualche istante, ma non lo trovi.
lo cerchi, lo chiami, ma lui non ti risponde.
𝑰 𝒈𝒐𝒕 𝒂 𝒇𝒆𝒂𝒓, 𝒐𝒉, 𝒊𝒏 𝒎𝒚 𝒃𝒍𝒐𝒐𝒅
𝑯𝒆 𝒘𝒂𝒔 𝒄𝒂𝒓𝒓𝒊𝒆𝒅 𝒖𝒑 𝒊𝒏𝒕𝒐 𝒕𝒉𝒆 𝒄𝒍𝒐𝒖𝒅𝒔, 𝒉𝒊𝒈𝒉 𝒂𝒃𝒐𝒗𝒆
e una delle paure più stupide, più inutili che ci siano, diviene bruscamente realtà, strappandoti via la speranza di un suo ritorno.
aver paura di perdere la persona che si ama è normale, ma quante volte quella persona si perde davvero, ed in simili circostanze?
chi immagina che un momento fumi erba, e poche ore dopo piangi distrutto la morte dell'amore che hai perso?
che è stato portato lì su, in alto, tra le nuvole nel manto notturno, lasciandoti un senso di solitudine che non può esser lavato via con qualsiasi presenza, con una voce qualsiasi, con degli occhi che non siano i suoi.
e più ci pensi, più fa male.
pensi che non potrai mai più specchiarti in quegli occhi azzurri, parlare con lui a tarda notte su quella collina, stesi sull'erba o nel tuo van, coperti da un lenzuolo, abbracciati.
non potrai mai più vederlo ridere, fumare e sbuffarti il fumo sul volto. non potrai mai più farlo sorridere, osservare quella curvatura dell'angolo delle labbra, di un sorriso che ha poi smesso di nasconderti. non potrai più litigarci, farci pace, sentire quella nota dolce nel suo tono, né bearti, gioire di attenzioni e piccoli gesti che riservava a te, solo a te.
non potrai più vederlo e basta. né ascoltare più la sua voce.
dovrai confrontarti con il peso della sua assenza ora.
i polmoni bruciano e ti ricordano di prendere fiato, e lo fai, ti carichi di ossigeno, solo per lasciarti andare in un urlo disumano che squarcia la notte, un ringhio che raschia prepotentemente la tua gola, la graffia come stessi vomitando piccole lame affilate che ti tagliano dall'interno, facendoti maledettamente male.
stringi i fili d'erba, li spezzi, li strappi, ti lasci andare in un pianto disperato, vorresti strapparti via quella pelle, che brucia, fa male, ci avresti provato se adesso Laurence non ti abbracciasse da dietro e ti fermasse.
ti dimeni, ti sporgi verso quell'edificio distrutto, come se potessi raggiungerlo con una folata di vento, come fossi una foglia e poter viaggiare cavalcando le correnti d'aria; cerchi di liberarti, cerchi di raggiungere con la sola mano la sua tomba, tra i singhiozzi, tra il pianto, i gemiti di disperazione, ed infine ti accasci al suolo chinando il busto in avanti, nascondendo il volto contro il terreno.
senti il petto di Laurence sulla schiena, lo senti abbracciarti, farti da scudo, cercare di proteggerti, e lo senti che ti porta su, a sé; ti alzi con il busto e ricadi indietro, sul suo corpo, accasciandoti per l'ultima volta, e finendo per nasconderti, abbandonarti a lui, alle sue carezze, alla sua voce che ti chiama, che ti parla, ma non riesci a sentirla. una mano che ti viene tesa, ma che tu adesso non riesci ad afferrare, ti è più facile smettere di lottare e lasciarti andare, affondare, lasciare che l'oceano ti sovrasti, mentre volgi lo sguardo al cielo e trovare un senso di pace, di vuoto, di silenzio.
lo hai pianto tutta la notte su quella collina, lo hai pianto le notti dopo, hai consumato ogni lacrima, ogni soffio di voce, spento ogni spiraglio di luce.
quel che non si è mai spento, quel che è rimasto sempre vivo, persino quando chiuso in uno scrigno per provare ad andare avanti, è l'amore che notte dopo notte, sguardo dopo sguardo, spinello dopo spinello, bacio dopo bacio, verità dopo verità, confessione dopo confessione, hai cominciato a provare per lui.
era una persona completamente diversa ai tuoi occhi, fatto di carne, ossa, ferite, cicatrici, sentimenti, emozioni.
e forse sei davvero riuscito a conoscerlo davvero, a conoscere il vero William Hargrove. Non Billy, non il nuovo Re della Hawkins, ma William.
è per lui che hai pianto.
è lui che vuoi salvare.
𝐞̀ 𝐥𝐮𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐦𝐢.
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sciatu · 3 years
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Siracusa - Ristorante Macallè
Un amore in tre atti unici - Atto terzo
GIUGNO 2021 - CONOSCERSI
Per lei era stata, scusate l’espressione, una giornata di minchia. Al mattino nell’ufficio postale dove lavorava ecco che si presenta una che sembrava una “baraccota” una di quelle che vivono ancora nelle baracche di Messina, a cui la vita ha negato tutto e che affrontano ogni persona con le unghie pronte a graffiare e i denti abituati a strappare il cuore.
“Posso aiutarla?”
Aveva chiesto lei presentendo guai in arrivo
“Grazie no” rispose la belva guardando in cagnesco Concettina, la sua collega. Ti ho già detto nel racconto precedente che quest’ultima aveva una lista di spasimanti che occupava tutta la memoria del telefonino e che identificava i vari soggetti con nomi quali “Vittorio meno di 18” “Enrico più di 24” “Gianni quasi 30” dove il numero non era ovviamente legato all’età dell’individuo ma a particolari caratteristiche anatomiche prettamente maschili. Concettina, che grazie alle sue relazioni ed esperienza conosceva la vita e le figure umane che della vita sono il frutto o i relitti, non esitò e da dietro il bancone dei Pacchi e Raccomandate attaccò immediatamente
“Picchi lei i mia chi boli?”
“Io niente è lei chi non avi boliri nenti i me maritu”
“Mi su tinissi strittu e u sazziassi a so maritu e non vinissi chìù a sconcicari i personi pi beni”
“ A lei si a me maritu u sazziu o menu nun sunnu cosi ca ci ‘nteressanu! Lei pinsassi a fari chiddu chi ci veni megghiu fari stradi stradi e lassassi stari cu teni famigghia”
“È so maritu chi m’avi lassari in paci chi mu trovu sempri a rumpiri chiddu chi mancu iddu avi”
“ Nun mi pari chi nun navi vistu chi ci canusci boni i soi e chiddi i menzu paisi”
“ Cu canusciu o non canusciu, cu rispettu parrannu, su cazzi mei, mi pinsassi a so maritu chi chiuttostu i vidiri u so cuzzaru siccu si spariria, picchì cu jè vecchiu e laidu s’aviria mettiri u cori in paci! ”
A questo punto l’escalation di offese era ormai all’ultimo livello ed il rituale prevedeva che iniziasse la parte violenta dello scambio d’idee, così la parte offesa, cioè la moglie cornuta, partì alla carica per strappare gli occhi alla rivale. Per fortuna però, davanti allo sportello di Concettina vi era una fila di vecchi che dovevano ritirare la pensione; il gregge di capelli bianchi si frappose tra loro due cercando di calmare l’una e l’altra con la paura di perdere il posto in fila e ritardare così il prezioso pagamento della pensione e conseguente pagamento delle bollette arretrate. Lei aveva già chiamato i carabinieri e proprio in quel momento entrò l’appuntato Pino-25-con-gusto che incominciò ad urlare più delle due donne e si portò via la moglie tradita. Vi fu di nuovo calma e Concettina tornò a lavorare in silenzio ricevendo l’approvazione delle vecchie pensionate secondo cui la moglie doveva prendere a bastonate il marito traditore e non una brava ragazza come lei che dava la pensione anche in pezzi da 20 o da 10. Più tardi Simone-non-ne-vale-la-pena prese il posto di Concettina e quest’ultima se ne andò nello sgabuzzino sul retro dell’ufficio a fumare. Lei la raggiunse dopo qualche minuto e vide la sua gran massa di capelli ricci in un angolo, quasi nascosta che fumava guardando per terra.
Tra loro due vi era una forte complicità fin da quando si erano incontrate. Concettina sapeva della violenza che aveva subito da giovane e la rendeva complice di tutte le sue storie in cui trattava gli uomini come giocattoli, forse pensando che questo suo modo di disprezzare gli uomini usandoli, potesse darle un qualche vendicativo piacere.
“tutto bene?”
Le chiese preoccupata.
Concettina sollevò la testa e vedendola sorrise.
“Mariì Tutto bene, non ti preoccupare. Era una scena che quella doveva fare per rispetto a sé stessa.”
Lei la guardò preoccupata.
“Scusa se faccio la mamma, ma non è meglio se lasci stare questa tua collezione di maschietti in calore e ti trovi qualcuno che ti voglia bene veramente?”
Diventò seria
“Mariì, lo so che lo dici perché mi vuoi bene, ma per me va bene cosi”
“Ma alla fine sei sempre sola, nessuno ti dura più di tanto”
Alzo le spalle
“Tutti muoiono soli, nessuno prende mai la tua croce e ne divide il peso – disse di un fiato facendo oscillare i suoi riccioli - l’amore poi è solo un attimo e il sesso è l’unico modo per illudersi che esista qualcosa che ci unisca a qualcuno – restò in silenzio qualche secondo - Gli uomini poi sono i fratelli di Giuda e di San Pietro, tradire per loro è motivo di vanto, perché dovrei fare la santa se chi mi ama pensa solo a se stesso? Io sono così e resterò così: non farò la fine di mia madre maltrattata da suo marito e sfruttata dai suoi figli. Io credo solo all’inferno in cui sono cresciuta, tra botte e litigi e come vita familiare mi è bastata quella – tirò una boccata di fumo che fece uscire lentamente dalle labbra – Allora ero piccola, pensavo che i miei avessero sempre ragione ed avevo paura di tutto. Ora però non ho più paura di niente, faccio quello che voglio e ho capito che sfruttare la mia libertà, è l’unico modo che ho per esistere!”
Simone-non-ne-vale-la-pena apparve sulla porta dicendo che c’era l’appuntato Pino-25-con-gusto che voleva parlare con Concetta. Quest’ultima, buttò subito la sigaretta e si passò il lucidalabbra, che portava nei jeans aderentissimi, mostrando il suo sorriso più seducente. Mariì se ne tornò nel suo ufficetto concentrandosi sulla chiusura di fine mese per non pensare alle parole di Concetta, ed evitando di chiedersi se il suo Giuseppe fosse anche lui fratello di Giuda. Chiuso l’ufficio aveva diverse cose da fare, dall’andare dall’estetista che finalmente riapriva a passare dalla sarta e quindi dal centro commerciale anche lui riaperto di sabato dopo mesi di chiusura per covid. Finalmente si diresse verso il ristorante di Giuseppe che riapriva dopo la triste lunga serrata a causa del virus. Giuseppe aveva aumentato i tavoli fuori dal ristorante ma lei riconobbe subito il suo che aveva nel mezzo, in un piccolo vaso di cristallo, una rosa appena sbocciata. Andò a prendere possesso del suo posto da cui poteva osservare tutti gli altri tavoli, ed aspettò Giuseppe. Arrivò invece il nipote che era il secondo cameriere. La salutò contento e le riempi il bicchiere con in prosecco dell’Etna. Le disse che lo zio era occupato e scomparve a prendere un’ordinazione. Mentre beveva il prosecco vide Giuseppe aggirarsi tra i tavoli poi fermarsi a quello dove era seduta una bionda e mettersi a scherzare con lei mentre le versava l’acqua. Mariì sentì come una fitta nell’anima e l’osservò cercare di essere divertente, sorridere, parlare, cosi come aveva fatto con lei quando l’aveva conosciuto. Aveva ragione Concetta? Era un altro fratello di Giuda? La bionda lo ascoltava quasi indifferente e lui per reazione, cercava invece di interessarla, di farla ridere, perché una donna che ride è sempre più vulnerabile. Osservò la ragazza e la trovò giovane e carina, mentre lei era pure più vecchia di lui. Che futuro avrebbero avuto loro due? In aggiunta, il suo corpo, devastato dalle cicatrici, non sarebbe invecchiato ancora più velocemente? Non si sarebbe stancato di lei prima del dovuto? E se è vero quello che diceva Concetta, che l’amore dura finché dura il sesso, quanti anni avevano davanti a loro? Cinque? Otto? Dieci? E poi? Sarebbe andata anche lei a litigare con l’amante di allora? Era meglio fare come Concetta, vivendo alla giornata, del poco e subito? Ma Mariì dentro di se si diceva che lui non era così come stava vedendo e immaginando ! O forse non lo conosceva veramente perché nessun traditore si palesa per tale! Stava cadendo nella paranoia assoluta. Non sapeva se dovesse andare a prendere a sberle la bionda o prendersi la bottiglia di prosecco e andarsene a casa a piangere sul letto. Se lo ritrovò davanti con un piatto di antipasti misti
“Ciao amore come è andata oggi”
Le chiese tutto serio
“Ah – disse piccata – ti sei finalmente ricordato di me, quale onore…”
E lo guardò severa.
Giuseppe fece finta di niente e si giro a guardare la bionda che osservava fisso il bicchiere vuoto.
“È mia cugina Anto – fece sottovoce – il suo zito l’ha lasciata ieri con un SMS mentre lo aspettava a casa dei suoi per presentarglielo. Non ti dico come si sente…. È apparsa qui e non ha detto una parola. Io lo so che soffre…. Ma cosa le posso dire? Ho impiegato anni a superare quando quell’altra mi ha lasciato e ho trovato pace solo ora con te! Cosa le posso dire per tirarla su? La vita è questa? Pensa alla salute? Qualcuno prima poi lo trovi? A me queste cose mi snervano: vedi qualcuno che annega e non sai come salvarlo”
Lo guardò. Era veramente seccato. Lui per gli altri avrebbe dato l’anima ma quando si trattava di sentimenti si muoveva come un bradipo. Giuseppe Lasciò gli antipasti poi mise a posto il cestino del pane e la bottiglia d’acqua e lei capì che era turbato, che voleva stare con lei perché in lei trovava la sicurezza che gli serviva. Poi qualcuno lo chiamò e lui senza dire o fare scomparve. Lei mangiò lentamente pensando a lui, a come si era comportato e a quello che aveva fatto. Bevve un sorso e guardò la ragazza che fissava il nulla facendo palline di mollica di pane. Ebbe come un flashback e si ricordò che mentre i demoni la usavano sul velluto sporco e attaccaticcio del treno regionale in cui erano, qualcuno aveva aperto la porta che divideva le due carrozze, forse aveva visto, aveva capito, aveva sentito i mugolii con cui gridava aiuto, poi aveva richiuso velocemente la porta ed era scomparso. Non era questo quello che facevano in tanti? Voltarsi dall’altra parte, per non vedere, per non sentire, per stare tranquilli. Forse se qualcuno allora fosse intervenuto prendendo a moffe (sberle) quei tre, la sua vita sarebbe stata completamente diversa. Ripensò alla porta dello scompartimento che si chiudeva mentre diventava tutto buio.
Si alzò con il bicchiere in mano e si diresse verso la bionda. Fece due passi, si fermò e tornò indietro, prese la rosa e andò spedita verso il tavolo di Antonella dove si sedette di fronte a lei che la guardò meravigliata.
“Ciao sono la zita di Giuseppe, tu sei sua cugina Antonella non è vero?”
E dopo aver posato la rosa vicino a lei, allungò la mano per salutarla. Lei la guardò stupita e disorientata, guardandosi intorno per vedere se c’era suo cugino che potesse confermare quell’inaspettata intrusione. Alla fine, allungò la mano e strinse quella che era rimasta ferma e decisa ad aspettare il suo benvenuto.
A Mariì venne il panico? Che cosa aveva fatto? Perché era li?
La porta dello scompartimento si stava chiudendo….
“Non sono il tipo che si fa i fatti degli altri, ma ho capito che stai soffrendo. Una volta ho visto un cane investito per strada e un suo compagno correre tra le macchine e sdraiarsi su di lui per proteggerlo finché qualcuno non fermò la macchina e si occupò del suo compagno ferito. Allora mi sono detta che nessun uomo l’avrebbe fatto. Che a veder qualcuno per strada prima di andare ad aiutarlo si guarda il sesso, il colore, i vestiti, quanti followers ha e poi forse si decide…”
Antonella sorrise
“Per questo sono qui perché se un uomo vede soffrire una donna o scappa, o ne gode o fa finta di niente o resta disorientato e imponente. Giuseppe fa così perché il dolore degli altri lo sente suo e ne rimane prigioniero. È così che mi ha amato ed è per questo che lo amo. Lui, in questo momento non sa cosa dire perché sente che stai soffrendo e la cosa lo disorienta – osservò Giuseppe arrivare al tavolo dove era prima con un piatto di calamari ai ferri, guardò stupito la sedia vuota e si mise a cercarla nei tavoli intorno. Lei alzò una mano per dirgli dov’era e lui si avvio verso di loro sconcertato – Per questo sono venuta. Non perché sono un’esperta di problemi sentimentali ma perché ho sofferto e so cosa vuol dire soffrire da soli. Vivere con dentro l’anima un fuoco che nessuno vede ma che lentamente ti consuma”
Bevve un sorso sorpresa del discorso che aveva fatto. Sorrise a Giuseppe che arrivato al tavolo la guardava stupito
“Amore mi porti anche il vino? Io e Antonella stiamo facendo conoscenza”
Gli disse sorridendo. Lui la guardò e poi osservò lo sguardo incerto di sua cugina
“ Si vado… vado - disse alla fine , poi si voltò verso la cugina – è la mia zita: è una che parla poco ma dice le cose giuste! ”
e si allontanò felice di non dover affrontare il dolore di Antonella.
“Lo vedi… lui capisce quanto soffri e la cosa gli fa male perché ti vuole felice. Ecco, a me è capitato di soffrire moltissimo, di provare vergogna per quello che sentivo. Ma il dolore non è mai una fine, il permanere di una punizione immeritata, ma è uno stimolo, è un principio e l’ho capito quando Giuseppe mi ha chiesto di parlarne. Io gli ho raccontato tutto! Proprio tutto e nel dire, nel mettere una dietro l’altra tutte le lacrime che ho avuto ho capito il mio dolore, ho incominciato a fare due più due e ad avere la somma della mia vita, capire quello che ha senso e quello che era il riflesso di quanto avevo avuto e che non era vita, perché la vita è uno scorrere un continuo fluire cambiando giorno dopo giorno: fermarsi in una situazione passata, in un ricordo, non è vivere. Penso che se ti và, puoi fare lo stesso: rivedere quello che è successo insieme a qualcuno che non ti giudica ma semplicemente ti ascolta e che se può, ti consiglia.”
Antonella guardò davanti a sé il cimitero di palline di mollica che aveva fatto.
“Non c’è nulla da dire. Da che c’era a che non c’è più, senza un perché, una ragione… “
e continuò così a dire a descrivere, a parlare e ogni volta che si fermava, Mariì chiedeva, commentava, spiegava e Antonella riprendeva a fare lo stesso racconto in modo diverso. Giuseppe le osservava parlare in modo fitto e ogni tanto si avvicinava e portava la frutta, un dolcetto, il limoncello, i biscotti, un cioccolatino e loro ancora a parlare a dire ora quasi piangendo ora invece ridendo ora tutte serie, ora una stupita e incredula e l’altra che parlava con fare convincente. Giuseppe vide il ristorante svuotarsi ed incominciò a portare dentro tavoli e sedie, ma loro due restavano a parlarsi come se il tempo non passasse. Alla fine disse loro che per il coprifuoco dovevano andare e Mariì propose di accompagnare Antonella a casa e tutti e tre si avviarono verso la casa della cugina, le due donne avanti a parlare e lui dietro come un cane senza un padrone. Lasciata la cugina, Mariì si strinse a lui e camminarono in silenzio per qualche minuto.
“Allora tutto bene?”
Chiese lui per capire come era andata con la cugina
“Questa mattina avevo la sensazione che l’amore non poteva esistere. Ad inizio serata ne ero convinta. Poi però ho capito che non è così. Se non esiste perché ti fa soffrire? Perché ti fa morire e rinascere? E che cos’è alla fine l’amore?”
Restò in silenzio guardando il selciato
“e sei riuscita a darti una risposta?”
Lei sorrise, si fermò e lo baciò
“Si, l’ho capito con Antonella. L’amore è il domani, l’attesa del nuovo giorno che mi porterà a te. Il passato, il presente, sono la vita subita, la vita che scorre spesso travolgendoti e distruggendoti, ma l’amore è la certezza che domani troverai pace, avrai qualcuno che non scomparirà appena ti volti, dimenticherai il dolore di oggi, potrai creare, dare e avere felicità. Il sesso è adesso, un istante che viviamo e muore lasciandoci felici ma vuoti. Ma tutti abbiamo bisogno di un domani per continuare a vivere ed è questo che l’amore ci dona: sapere che ci sarà in altro domani in cui saremo felici come oggi. È l’assenza di questa certezza che ci umilia e ci fa morire.”
Lui la guardò tutto serio.
“avevo ragione a dire ad Anto che parli poco ma che dici le cose giuste…”
Ripresero a camminare verso il loro domani.
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girodivita · 2 years
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Ho aperto questo blog 3 anni fa con l’intenzione di pubblicare ciò che al tempo mi pareva di vitale importanza: perdere peso.
Il peso l’ho perso, ma non ho mai aggiornato per paura del giudizio o, in caso contrario, di passare inosservata. È forse questa la mia peggiore paura: essere invisibile. Mi capita spesso di dire cose ad alta voce, magari rivolgendomi ad una persona in particolare, e non ricevere nessuna risposta indietro. Ed è così che mi sento da una vita. Invisibile, trasparente, a tratti perfino inesistente.
Ad oggi, il mio obiettivo è semplicemente svuotare ciò che sento dentro, perché non ho mai avuto amici e, ad adesso, non penso che li avrò mai.
C’è chi aveva consigliato di crearsi un canale di Soul Talk; l’ho fatto e non è stato efficace, non mi piace esternare i problemi a voce alta.  Come non è stato efficace nemmeno comprarsi un taccuino e iniziare un journaling: sono troppo lenta e i miei pensieri corrono più veloci.
Ho sempre scritto da che ne ho memoria: storielle brevi, lunghi capitoli che poi rimanevano per me e finivano puntualmente in un cestino, cancellati per sempre dalla memoria digitale e in parte anche dalla mia.
Per il Covid ho smesso: alla sensazione di trasparenza, si è aggiunta la vuotezza dell’animo, un’incapacità a capire chi sono, dove sono e che sto facendo. Ogni tanto ho ripreso in mano qualche vecchio racconto o uno nuovo, ma il risultato è stato più che pessimo: un giorno di pura creatività, il mese successivo piattezza. 
Ho talmente poca fiducia in me che so già fallirò anche qui, eppure ci voglio provare, prima di gettare ufficialmente la spugna e sprecare gli anni che mi restano da vivere come un completo automa. 
Ho 23 anni e già una visione pessimistica della realtà. 
Non mi rimane che appigliarmi all’unica cosa che fino ai 21 anni mi ha reso felice: scrivere.
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chiamatemefla · 3 years
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wip 2021 pt. 2
C’è una strada in discesa di fronte alla scuola elementare, un lungo nastro di asfalto che si srotola giù per un fianco della collina, costeggiato da palazzi anni Settanta, squadracciati e non particolarmente alti, tra le quali si incastrano viuzze che salgono verso questo o quel cancello.
Gli hanno una volta rivelato che una larga parte di quei cancelli è solo decorativa, che la maggior parte delle persone che abitano in quella zona la usa come vezzo più che come deterrente dall’altrui compagnia: un cancello fa status, denota qualcosa da proteggere e delimitare, anche se questo qualcosa è un appartamente piuttosto stretto in un vecchio condominio dai muri dipinti di un arancione scuro ora cotto dal sole.
C’è una curva in quella strada, ed un palazzo che sembra un po’ più alto degli altri perché affonda le sue radici nella strada sottostante e guarda, con interesse, verso la parete scoscesa su cui il centro storico poggia, impassibile, come un gatto perennemente in bilico sul bordo di una credenza.
Proprio ai piedi di quel palazzo stranamente alto c’è un’officina, e ci sono due ragazzi, un motorino, una macchina parcheggiata in attesa del suo turno che osserva un’altra venir smontata e rimontata con cura, e il sole che bacia solo metà del piazzale oblungo. È bello quel posto, non è buio eppure la luce non lo bagna mai del tutto, c’è sempre una piccola pozza d’ombra in cui nascondersi quando l’estate si fa bollente ed anche lavorare dentro al garage diventa un’esperienza piuttosto asfittica.
Antonio non ha ancora vissuto un’intera estate lassù, e dubita fortemente che possa essere calda quanto gli altri dicono, eppure in quel pomeriggio di fine febbraio può forse capire cosa i più intendono, perché si lamentano: il sole è strano quando si è lontani dal mare, colpisce in modo diverso perché non te l’aspetti.
Ciò non toglie che stia tentando di prenderselo tutto in faccia, respirarlo quanto più possibile, lavarsi via dalla testa tutta la pioggia delle settimane precedenti.
Poi d’improvviso il rumore di qualcosa che cade a terra, probabilmente una chiave inglese lanciata, ed un’imprecazione piuttosto colorita, forse sono davvero fortunati che non ci sia nessun altro lì davanti a parte loro due.
«’Sto motorino ha fatto l’Unità d’Italia.»
Giacomo si passa le mani sui jeans con veemenza, li sporca di grasso e qualsiasi altra cosa ci sia dietro alla scocca del suo bolide, continuando a guardarlo con la stessa aria di sfida con cui lo fissa da quando, circa un’ora prima, è arrivato in officina trascinandoselo dietro come una bicicletta particolarmente pesante su per i sali e scendi del paese.
«Dottore, mi dica, si riprenderà?»
Giacomo storce il naso, non scolla gli occhi dalla scocca blu abbandonata a terra; a volte vorrebbe sapere cosa vede in quell’ammasso di ferraglia che a lui sfugge, cosa sta leggendo tra i tubi a vista di un motorino che ha avuto giorni migliori. Giacomo concentrato è qualcosa di nuovo a cui un po’ tutti faticano ad abituarsi, una sfumatura diversa di quel ragazzo sempre un po’ assente che è stato fino a qualche mese prima.
«A riprendere si riprende, per carità, ma secondo me è meglio se ti fai un asino: va sicuramente meglio di questo coso e consuma meno. Quanto ci spendi per st’accrocco? Tra manutenzione e benzina già t’eri fatto una macchina, arrivato a questo punto.»
«Certo, poi parcheggio me lo cerchi tu.»
«Tanto il motoschifo sta sempre parcheggiato qua da me, non è che cambierebbe un granché e te potresti muoverti.»
Glielo ha già ripetuto almeno tre volte, l’ha quasi pregato di buttare quel motorino che non ha certo visto l’unità d’Italia ma sicuramente ha vissuto il diploma di sua madre, e Antonio sa perfettamente che potrebbe farlo ma, al contempo, la sola idea di rottamare quel cimelio che sta già cercando di rottamarsi da solo, gli crea un senso di disagio, una paura strisciante che lo fa desistere ogni volta.
Paura di cosa non lo sa, sa solo che non vuole lasciar andare il macinino anche se dovrebbe.
«Capirai, le traversate oceaniche mi ci faccio: da casa mia alla stazione, da casa mia a casa di Flavio, da casa di Flavio alla stazione...potrei pure comprarmi una bicicletta.»
«Ah, ma Flavio è ancora vivo?»
«Dipende da cosa intendi per vivo: respira ancora? Sì. Fa qualcos'altro? Non saprei.»
«L’altro giorno ho visto suo nonno, m’ha detto che non esce di casa da tipo Capodanno, che poi è l'ultima volta che l'ho visto, e che non lo sopportano più.»  
«Due gennaio», si ritrova a rispondere di getto, lo corregge come ha corretto anche i nonni di Flavio, come si ripete ora che non ha più la pioggia e il cielo tetro come scusa per quel comportamento.
Tutto è solo quel che sembra, però se lo chiedi a chiunque giri loro intorno la risposta sarà sempre la stessa: no, non è vero, non funziona così, è solo un po’ di stanchezza.
Risultato: ora sono stanchi in due, in modi diversi, per motivi diversi, e comunque nessuno li ascolta.
Giacomo fischia e tira fuori una chiave inglese troppo lunga per essere davvero entrata nella tasca sinistra dei suoi jeans. Antonio però non si fa domande, lo osserva passarsela tra le dita come fosse una matita durante una lezione particolarmente noiosa mentre ammira una chiazza una a tre passi da lui. Si ritrova stranamente in apprensione per l’espressione impensierita che è sempre meno da Giacomo e sempre più da qualsiasi cosa questi diventerà in futuro, un mistero avvolto in quelle rughette che si formano sulla fronte quando corruccia le sopracciglia.      
«Eh, cazzo, è il ventisette di febbraio magari il naso fuori dovrebbe metterlo. Neanche risponde ai messaggi, Gabriele quasi chiama Chi L’Ha Visto, poi fortuna gli hai scritto tu e l’hai tranquillizzato.»
«Gabriele sta tutto ansiato, s’ha da calmà arrivati a sto punto.»
Prova a pulire la macchia che Giacomo sta guardando, grattarla via col piede, e alla fine si sporca solo la gomma bianca delle scarpe e il grasso rimane lì, viscido e scuro.
«E comunque Flavio aveva detto che oggi mi avrebbe accompagnato, poi si è ricordato di non so che cosa che doveva rivedere e l’ho lasciato sui libri. Che poi fosse quello…è che probabilmente lo ritroverò sui libri ora che torno, ancor più probabilmente sulla stessa pagina.»
Un’altra generosa manata unta si aggiunge accanto alle altre sulla gamba destra dei pantaloni di Giacomo che ora guarda lui, alza il braccio per grattarsi il naso con il polso, e sembra tentennare.
«Vabbè, se non altro avete fatto pace.»
«Non è una questione di fare pace.» *
Gli piaceva di più quando al piano di sotto abitava ancora Lucrezia, che era sorridente e simpatica e metteva sempre la musica la domenica mattina, e soprattutto gli piaceva di più quando c’erano ancora i suoi panni stesi sulla via e lei lo salutava sempre affacciandosi alla finestra quando lo vedeva passare.
Ora, se guarda in basso dal minuscolo balconcino della cucina, vede solo delle persiane ostinatamente chiuse e il cartello verde fosforescente con su scritto “AFFITTASI”.
Lucrezia è trasferita perché la casa era piccola, un tempo intesa solo per il vecchio portiere di quel minuscolo palazzo, e la strada era scomoda, e trascinarsi una carrozzina con due gemelli dentro su per le infinite scalinate che dal parcheggio più vicino portano al palazzo sarebbe stato troppo difficile.
Quand’era piccolo lui era più comodo, sosteneva sua nonna, soprattutto perché non avevano ancora chiuso la stradina appena duecento metri più in là, una delle poche vie che non contemplavano il salire o scendere dei gradini per raggiungere la propria destinazione.
O forse no, non è vero che gli piaceva di più quando c’era Lucrezia, ché quando lo salutava dalle finestre credeva sempre di doverle delle spiegazioni, ché salutava sempre Francesca con un sorriso troppo largo quando li vedeva salire sapendo che in casa sarebbero stati soli e, si dice, forse oggi quel peso non l’avrebbe sopportato.
Dare spiegazioni non gli piace particolarmente, mal sopporta il doversi giustificare, e vivendo lui per primo nella beata convinzione che chi si fa i cazzi propri campa cent’anni non riesce a comprendere come, e soprattutto perché, sia possibile che il mondo intero non sia addivenuto alla stessa conclusione.
Lucrezia non era, ed è convinto che ancora non lo sia, una cattiva persona ma questo non significa che, per quanto possa mancargli ascoltare l’intera compilation di Battisti rigorosamente in vinile ogni domenica che Dio manda su questa terra, una parte di lui non stia gioendo nel sapere che una persona in meno ha visto il ragazzo davanti alla porta salire le scale con uno zaino particolarmente pieno sulle spalle.
Lo stesso ragazzo che lo aspetta sul pianerottolo con le mani in tasca e lo sguardo di chi non si aspetta davvero di vedere quella tavola di legno spostarsi quel tanto che basta da permettergli di entrare — e gli dispiace davvero, quell’espressione è colpa sua e non sa proprio come riuscire a non vederla mai più, a cancellarla, a togliergli ogni dubbio.
La meccanica del corpo umano, si ritrova a pensare, è una cosa bizzarra, così perfetta da non permetterti dubitare neanche per un attimo che la corazza di pelle ed ossa che abiti continuerà a funzionare perfettamente per tutta la tua vita, senza mai perdere un colpo, in un silenzioso insieme di ingranaggi fino alla fine dei tempi.
Ed è proprio questa illusione di perfezione che ti inchioda a letto in una mattina qualsiasi, quando tutto sembra funzionare nel modo giusto a parte il fatto che, no, non funziona affatto e il ronzio nelle orecchie lo senti solo tu, e le fusa del tuo gatto ti sembrano ingestibili perché quasi ti perforano il cervello.
A casa non c’è nessuno, i suoi sono partiti presto direzione Veroli per il funerale di un cugino del nonno, un tipo smilzo e storto che Flavio ha visto forse due volte in tutta la sua vita e che si era trasferito laggiù per nessun motivo, spinto da un irrefrenabile bisogno di spostarsi dalla Capitale alla ricerca di chissà cosa. C’erano voluti vent’anni di vita solitaria prima che incontrasse quella che poi sarebbe diventata sua moglie, una signora alta ed imponente che non amava particolarmente fare le scale e che, un paio di sere prima, aveva chiamato per annunciare che il cugino del nonno s’era incamminato sull’unica scalinata in cui non avrebbe potuto seguirlo.
Una pentola con le arance cotte riposa sul piano cottura della cucina, piena di qualcosa che non è ancora marmellata ma non è più frutta, le serrande sono alzate solo a metà e tutto sembra rallentato ed imbevuto dell’odore stucchevole degli agrumi cotti che si stanno pian piano caramellando.
Sua nonna non è una persona molto affettuosa, non nel senso stretto del termine, e il suo amore lo dimostra con gesti rari e parole fraintendibili però gli prepara sempre la marmellata e tenta di farla bollire quando non è in casa perché sa che odia gli odori troppo dolci, proprio come suo nonno.
E soprattutto sa che, proprio come suo nonno, ha bisogno di sentirsi in qualche modo rassicurato circa il proprio status affettivo all'interno della famiglia.
La marmellata è uno di questi rari gesti e Flavio sa che, se non fosse dovuta partire, avrebbe finito la sua opera facendolo uscire con una scusa qualsiasi come mettere la benzina alla macchina col serbatoio ancora mezzo pieno, o andare a fare la spesa nel supermercato più lontano solo per prendere quella specifica cosa che esiste proprio lì.
E invece la marmellata non è marmellata, è solo una pentola contenente una poltiglia gelatinosa di un arancione scuro che assomiglia un po’ a come sente ora il suo cervello: sciolto e pronto ad uscire dalle orecchie.
E Antonio aspetta sulla porta, ancora con le mani ben affondate nelle tasche del giaccone, ancora con la stessa espressione mentre butta un’occhiata verso l’interno.
«I tuoi si sono portati via la belva?» chiede, mentre Flavio si fa da parte quel che serve per farlo entrare e chiudersi la porta alle spalle con un sospiro che gli scioglie la tensione all'altezza del collo ma non il nodo doloroso che gli stringe lo stomaco in una morsa da ormai tre settimane.
Lo zaino dell'altro viene appoggiato con cura, ed un sospetto rumore di vetri, a terra proprio sotto all'attaccapanni, può sentire quel paio d'occhi azzurri fargli domande che la bocca non pronuncia e che vanno ben oltre la presunta assenza del padrone di casa, ovvero Cicerone, tra quelle quattro mura.
«La belva dorme sul mio letto.»
«Aspetto il giorno in cui mi dirai che tu sei andato a dormire sul divano per non svegliarlo.»    
Flavio sorride e si sporge quel che basta per poterlo salutare per bene, lascia che si avvicini per poterlo baciare e sentire le labbra dell’altro rilassarsi contro le sue. Gli piace che quello sia ormai un gesto automatico, gli piace il fatto che la reazione di Antonio sia sempre la stessa e, soprattutto, gli piace che anche oggi il suo ragazzo abbia voglia baciarlo.
Non era scontato, così come non era assolutamente sicuro che l'altro si sarebbe presentato a casa sua, eppure eccoli lì, con la tuta per stare comodo, con un gran sorriso stampato in faccia perché ama quando i suoi piani vanno a buon fine, soprattutto quando danno come risultato il riuscire a stare insieme un po’ più del solito.
Vorrebbe evitare di sorprendersi ancora, dopo due anni sarebbe forse ora di acquisire un po' più di sicurezza in quel frangente, eppure si scopre totalmente incapace di farlo.
«Dici che ricominci a respirare o devo far valere il mio corso da bagnino?» domanda Antonio, accarezzandogli piano uno zigomo con la punta delle dita, proprio lì dove ieri ha sbattuto contro lo spigolo della finestra, nel disperato tentativo di separare Cicerone da un povero pettirosso che si era avventurato sul balcone, e dove si sta formando un alone violaceo.
Così sembra ancora più pesto, eppure Antonio lo guarda come se fosse qualcosa che vale la pena osservare.
«Sto respirando» replica, con poca forza, e le labbra di Antonio si stirano in un sorriso pallido, cauto, mentre sbottona il cappotto e sfila la sciarpa.
Improvvisamente è come se ogni tensione fosse sparita, ci sono solo loro due e la prospettiva di una serata ed una notte insieme, un risveglio che non implichi Giacomo o Gabriele che entrano in camera loro con una scusa qualsiasi e li trascinano fuori non appena aperti gli occhi. Chissà dov’è il problema, chissà se hanno davvero paura che il loro stare insieme possa in qualche modo minare la loro amicizia, lasciarli soli possa in qualche modo minare l’unità di un gruppo che già inizia a smembrarsi per le vicissitudini della vita.
«Peccato, niente respirazione bocca a bocca allora. Potevi anche fare finta.»
Scuote la testa, Antonio, e si allontana per appendere cappotto e sciarpa, aprire lo zaino per frugarci dentro probabilmente alla ricerca degli occhiali che ultimamente ha iniziato ad indossare quando ha mal di testa.      
Dopotutto devono studiare, non tutto il pomeriggio perché ha promesso che non sarebbe stato così, però devono se non altro provarci.
«Perché, mi serve una scusa?»
«Magari serve a me, che ne sai?» *
«Dopodomani sono esattamente due anni che devo smettere di fumare.»
La risata di Flavio è calda contro il suo orecchio, un’inaspettata ondata di tepore in quella serata altrimenti gelida in cui l’aria di febbraio rende la luce dei lampioni sulla via un po’ più aranciata e brillante, luminosa nel gelo che gli intirizzisce la punta del naso ed il dorso delle mani.
Della casa di Flavio gli piace particolarmente quell’apertura nel muro della cucina, piccola e quadrata e proprio all’altezza giusta per appoggiarci i gomiti, che si affaccia sul balconcino: c’è la porta finestra, lunga e sottile e con delle tendine arancioni, e poi subito accanto c’è quella finestrella da cui l’altro si affaccia per fargli compagnia quando Antonio viene spedito fuori a fumare.
Si appoggia con la schiena contro la persiana, facendo bene attenzione che il fumo non entri in casa, costringendo l’altro a sporgersi un po’ di più sul davanzale di marmo che, al momento, deve essere la seconda cosa più fredda e rigida dopo le sue dita.
Se resta fuori più di cinque minuti ha paura di vederle cadere.
Le osserva nella luce calda, le nocche un po’ arrossate, la sigaretta girata un po’ storta che, incastrata tra indice e medio, si sta consumando mentre lo ascolta pensare ad alta voce.
«Ah sì?»
Si decide a prendere una boccata, mandando al diavolo tutta l’opera di convincimento fatta fino ad allora, chiedendosi se vale davvero la pena buttare via una sigaretta ormai fumata a metà. Il danno è fatto, dopotutto, potrebbe smettere con la prossima o potrebbe essere l’ennesimo Zeno Cosini ma senza la grazia di un qualche tipo di supporto psicoterapeutico.
«Eh, sì.»
Un altro tiro, il fumo soffiato via che si alza e si confonde con la condensa del respiro contro il freddo della sera.
Può vedere con la coda dell’occhio Flavio fissarlo in attesa di una spiegazione più articolata, sul viso l’espressione appena divertita di chi non aspetta altro che avere una nuova verità da assaporare.
«Sto cercando di trovare un modo poco imbarazzante per dirlo, datti pace.»
«La fase dell’imbarazzante l’abbiamo già passata da un bel po’. Insomma, il pigiama del Napoli...»
«Non quel tipo di...Senti, non eri te quello che “parlare dei sentimenti è imbarazzante”?»
«Eh, appunto, sono io mica te.»        
Stavolta tocca a lui ridere piano, mentre fa precipitare un po’ di cenere giù dalla ringhiera.
«Quando t’ho baciato davanti al portone del comune tornando dal compleanno di Stefania, no? Avevo detto “se ci sta smetto di fumare”, anche perché so che ti dà fastidio.»
Si decide a rinunciare a quella sigaretta, la schiaccia dentro ad un posacenere di fortuna, uno di quelli che Flavio ripesca solo per lui dal fondo di una credenza in cui sua nonna stipa le chincaglierie figlie di viaggi vari ed eventuali.
Il souvenir dimenticato di oggi è gentilmente offerto da un viaggio che il fantomatico zio di Flavio ha fatto a Berlino durante l’ultimo anno del liceo, una roba di plastica trasparente un po’ sbeccata sul cui fondo si stagliano le silhouettes nere su fondo bianco di alcune attrazioni turistiche.
«Non avevi fumato tutta la sera.»
«Sì, vabbuò, è che magari...così non ti scansavi, no?»
«Tre mesi che aspettavo e secondo te me scansavo pure?»
Due anni prima era convinto che lo avrebbe fatto, che si sarebbe scansato, perché in quel periodo era tutto strano e leggere male i messaggi dell’altro era solo la degna conclusione di un nuovo capitolo della sua vita che sembrava non andare da nessuna parte da dodici lunghi mesi.
Era sicuro che l’avrebbe piantato in mezzo alla via, nascosto da quella curva che i palazzi fanno prima di aprirsi in un’altra piccola piazza abitata solo da una fontanella di pietra, con le labbra ancora calde di un bacio corrisposto ma non desiderato - perché succede quando si viene baciati, no? Il primo istinto è contraccambiare, poi si può decidere.
C’aveva pensato per una serata intera, giocando con il pacchetto di sigarette, cercando di resistere all’urgenza di accendersene una e continuando a ripetere come un mantra quella promessa a chissà chi: se la serata fosse andata bene lui avrebbe smesso di fumare.
Il giorno dopo, un Flavio piuttosto nervoso ed assonnato lo aveva chiamato per chiedergli se avesse voglia di farsi un giro, una chiacchierata, e ad Antonio era servito tutto l'autocontrollo di cui disponeva per rispondere un solo "A che ora?" a cui non aveva ricevuto una vera risposta.
Flavio era passato sotto casa sua appena dopo pranzo, insieme avevano comprato i biglietti dal tabaccaio ed avevano aspettato sotto alla pensilina rovinata l'arrivo del Cotral.
Avevano passato l'intero viaggio in autobus a far finta di pensare ad altro e si erano ritrovati a camminare lungo l'argine del fiume, l'acqua torbida, la stradina sterrata appiccicosa d'umidità sotto alle suole delle scarpe.
«Alle elementari ci portavano qui almeno una volta all'anno per fare birdwatching. Dicono che ci sono gli aironi ma io non li ho mai visti», aveva detto Flavio, riponendo il suo immancabile, quanto in quel momento inutile, paio di occhiali da sole nella tasca della giacca.
Poi non avevano più parlato, non davvero, c'erano state chiacchiere vuote e aneddoti idioti per riempire l'aria e il silenzio.
Si erano seduti sulle assi bagnaticce di uno dei moletti disseminati lungo l’argine, in quel nulla palustre solo loro, due barche tirate a secco e qualche uccello che sguazzava ignaro tra le acque del Tevere.
Flavio aveva sospirato, storcendo il naso come se fosse pensieroso e scontento della direzione che le sue riflessioni stavano prendendo. Una frazione di secondo dopo, lo stesso Flavio lo stava baciando con un trasporto che non avrebbe saputo cucirgli addosso, con le mani che si aggrappavano alle sue braccia e il viso bollente.
Non avevano fatto molto altro per l'ora seguente, ed avevano dovuto correre per prendere l'autobus prima che facesse buio, infreddoliti e con le guance accese, con gli occhi quasi febbricitanti.
Del viaggio di ritorno ricorda solo le risate sommesse, il modo in cui la mano dell'altro cercava la sua nella penombra di quel Cotral semivuoto mentre tentavano di toccarsi con ogni parte del corpo.
Flavio che si sporge e gli dice, come se fosse una sciocchezza, che spera di poter un giorno baciarlo su al Belvedere, davanti a tutti, sotto al sole o durante le feste, senza doversi nascondere.
Ché non ha senso nascondersi, ripeteva, ché non capisce dove sia il problema eppure deve far finta che sia così.
C'era voluto quasi un anno per fare avverare quella promessa, altri sei mesi perché diventassero uno parte della famiglia dell'altro in quel modo sottile e traballante e chiaro solo a loro che dà la stessa sensazione che precede un temporale.
E così la famiglia di Flavio lo tratta come hanno sempre trattato Gabriele, e così la sua famiglia tratta Flavio come tutt’ora farebbero con Vito se solo non abitasse a qualche centinaio di chilometri da lì - se qualcuno di loro ha capito qualcosa non è dato saperlo, quel che sanno è che per ora non piove e va bene così, anche se a volte pesa.
Anche se Antonio è costretto a dire una bugia, convincendo sua madre e sua sorella che in questo momento è a casa di Giacomo insieme a Flavio stesso, certo, ma anche a qualche altro amico per passare un sabato notte come tanti altri, qualche birra, una maratona di film.
Una mano tiepida si sporge dalla finestra per spostare una ciocca di capelli, un movimento leggero e delicato, e si volta quel che basta per poter guardare negli occhi il suo ragazzo e la cucina dietro di lui appena illuminata dalla luce sopra al lavello, il resto della casa avvolto nella stessa penombra che riveste la via silenziosa.
Che strana sensazione.
Che bella sensazione.
«Rientri?»
«Non lo so, forse voglio fare Capitan America.»
«Emblema di un paese capitalista e guerrafondaio?»
«Pensavo più figo e intirizzito. Calma il comizio, Lenin.»   *
La prima volta che hanno dormito insieme non erano quasi neanche amici, ché per diventare amici c’hanno messo un bel po’ e la colpa è di entrambi.
Si sono ritrovati a condividere un letto dopo una trasferta romana, quando Antonio era solo il ragazzo nuovo che andava in classe con Giacomo ed era bravo a calcetto, e lui era uno che era stato appena mollato dalla ragazza e  voleva solo una scusa per schifare chiunque. Ospiti a casa del cugino di Gabriele, un appartamento per studenti piuttosto stretto ma con un numero di letti improvvisati da far invidia ad un ospedale da campo, si era ritrovato a condividere un sottile materassino da campeggio con Antonio.
Schiena contro schiena, come consuetudine ed etichetta vuole quando due maschi sopra ai dieci anni condividono un giaciglio, e tentando di non toccarsi anche se lo spazio era quello che era e la coperta non permetteva loro di allontanarsi troppo, avevano trascorso le ultime ore della notte prima dell’arrivo di un’alba che li aveva colti quasi tutti svegli e veramente poco preparati.
Il telefono di Antonio non aveva fatto altro che vibrare, da qualche parte per terra, un ronzio profondo che era presto diventato un rumore bianco come quello delle macchine sotto alle finestre o del russare di Gabriele in corridoio. Lo aveva chiaramente sentito muoversi per prenderlo almeno un paio di volte, la luce fredda del display che per qualche istante illuminava la stanza prima di essere riposto di nuovo in compagnia di profondi sospiri e tentativi di trovare una posizione comoda per dormire.
E succede molte altre volte di dormire insieme, sempre per un motivo diverso, ed ogni volta rispondono entrambi con una scrollata di spalle perché ci sta, perché è plausibile, perché nessuno di loro è particolarmente infastidito dalla presenza dell’altro nello stesso letto. Flavio, inoltre, si è quasi abituato al fatto che spesso e volentieri Antonio si alza nel cuore della notte per andare a parlottare con qualcuno, con un tono di voce appena percettibile, prima di tornare a coricarsi e far finta di dormire per il tempo che resta.
A volte ripensa al coraggio che gli ci era voluto per sussurrargli, in uno di quei viaggi in solitaria verso l’angolo più recondito di qualsiasi spazio si trovassero a condividere, che il suo sonno valeva tanto quanto il bisogno dell’altra persona di sentirsi in diritto di chiamare a qualsiasi ora. E ricorda il modo in cui Antonio aveva risposto solo che c’era abituato, che comunque dorme poco di suo e alla fine ormai gli sembra quella la normalità.
C’erano voluti mesi per scoprire che, no, non è vero che Antonio dorme poco e, anzi, ama particolarmente poter evitare di mettere la sveglia quando possibile e che era Edoardo, che spesso e volentieri lavorava di notte, quello per cui il sonno arrivava con difficoltà e solo quando ormai era giorno.
Ma ormai quel capitolo è chiuso e Antonio ha imparato a mettere il telefono in modalità silenziosa quando finalmente si infila sotto alle coperte.
E va bene così.
Lo sente sbadigliare e stiracchiarsi al suo fianco, poi un braccio gli cinge il petto e può sentire il viso dell’altro appoggiarsi contro la sua clavicola, caldo e morbido come solo il sonno riesce a rendere i corpi delle persone.
Quella è la prima mattina in cui si svegliano completamente soli, nella luce soffusa che penetra dalle persiane serrate della sua camera, stretti nel letto in cui da vent’anni si sveglia ogni mattina e, si ritrova a pensare, sarà veramente difficile domani aprire gli occhi e doversi alzare completamente da solo.
Non che sia sicuro di volersi alzare in generale, ora come ora, deve ammettere.
«Flavio...»
«Mh?»
«Sei sveglio?»
«Insomma.»
Antonio posa un bacio sul suo petto, in un punto a caso da sopra alla maglietta, si stringe un po' di più a lui e, ancora una volta, Flavio si ritrova a pensare all'assurdità di quella situazione.
Un'assurdità bella, eh, solo piuttosto lontana da qualsiasi idea abbia mai avuto circa il suo futuro – e di idee balzane a proposito ne ha avute parecchie, tutte ovviamente mai rivelate ad anima viva, eppure nessuna prevedeva anche solo un momento di così pura e totale tranquillità.
«Volevo fare la colazione ma non so dove tieni la roba. Poi cominciavo ad aprire tutto e facevo casino.»
Nello strascinare delle parole ancora assonnate, inframmezzate da uno sbadiglio lungo e sonoro, Flavio può sentire una punta di quell'accento che Antonio cerca sempre, se non proprio di camuffare, almeno di tenere a bada.
Spesso esce fuori quando litigano, quando non pensa a quel che dice e vuole solo svuotarsi il cuore e lo stomaco, e spesso si chiede quanto gli costi tentare di essere un'altra faccia di se stesso ogni dì per tante, troppe ore al giorno.
E invece ora è solo Antonio che tenta di scoprirsi il meno possibile perché di mattina ha sempre freddo, non si stanno urlando contro come avevano fatto solo dieci giorni prima, e sente un fortissimo bisogno di iniziare a baciarlo in quel preciso istante per smettere forse tra due giorni.
Ma per baciarlo dovrebbe alzarsi e lavarsi i denti e non ne ha voglia, vuole restare in quella bolla di penombra e calore almeno un altro po'.
«Dammi cinque minuti per svegliarmi.»
«Ma pure di più, io non voglio alzarmi.»
«I termosifoni sono accesi.»
«So' contento per loro, fa comunque freddo.»
Con la coda dell'occhio può vedere Cicerone entrare in camera sua con non poca fatica, cercando di fare entrare il suo corpicino grassoccio nella stretta fessura lasciata aperta durante la notte.  Segue con gli occhi quella macchia arancione che si muove per la stanza con circospezione, bene attento a non avvicinarsi al letto, prima di salire con un tonfo sonoro sulla sua scrivania, spostando fogli e facendo cadere penne, per poi fermarsi, immobile come una statua, a fissarli.
Antonio sospira, lui ride, Cicerone per tutta risposta fa cadere un'altra penna.
Sarà un piacere riordinare la stanza più tardi, chissà se ritroverà metà della sua cancelleria o se dovrà, come al solito, comprarne di nuova.
Si sposta per lasciare un bacio appena sotto l'orecchio dell'altro, spostando i capelli con la punta del naso, mormorando un «Credo Cicerone ci stia osservando».
«Vorrà la colazione pure lui. Quel gatto pesa come un bambino.»
«O forse vuole noi per colazione.»
«Facesse di me quel che vuole, basta che fa da sé.»
«Mi mancherai quando diventerai trippa per gatti.»
«Il mio fantasma farà in modo di infestare i tuoi sogni.»
«Sei così premuroso.»
«Oh, pensavo si sapesse già! Ti porto pure i sassolini belli come fanno non mi ricordo quali uccelli. Sono un ragazzo da sposare, altro che premuroso.»
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paoloxl · 3 years
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In uno Stato di diritto, anche Cesare Battisti merita una carcerazione dignitosa ma così non è - Osservatorio Repressione
Lo scorso 26 giugno Cesare Battisti, ex membro dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo) che sta scontando l’ergastolo per quattro omicidi, è stato trasferito dal carcere di massima sicurezza di Rossano a quello di Ferrara, interrompendo uno sciopero della fame durato quasi un mese che lo aveva portato a non reggersi in piedi e a perdere più di dieci chili di peso.
Secondo alcune fonti interne all’amministrazione penitenziaria, il trasferimento è stato disposto a causa di alcune condizioni di potenziale rischio per la sua sicurezza. Nell’ultimo periodo, nella sezione in cui Battisti era recluso, si sarebbe infatti creato un “clima di possibile tensione”, dovuto anche alla particolare natura dell’istituto penitenziario di Rossano, dove sono detenuti quasi esclusivamente terroristi legati al radicalismo di matrice islamica, contro i quali Battisti ha spesso espresso durissime critiche. In una lettera dettata al telefono a sua figlia e pubblicata dal periodico francese L’Obs, Battisti ha palesato i trattamenti inumani a cui è stato sottoposto nell’ultimo anno di detenzione, spiegando che la struttura calabrese “è concepita con un fine esclusivamente punitivo”.“L’As 2 di Rossano è una tomba, lo sanno tutti,” ha dichiarato. “È l’unico reparto sprovvisto persino di mattonelle e servizi igienici decenti, dove nessun operatore sociale mette piede. Il famigerato portone ‘Antro Isis’ è tabù perfino per il cappellano, che finora ha regolarmente ignorato le mie richieste di colloquio”.
Battisti ha inoltre lamentato gravissimi problemi di integrazione e un’assoluta mancanza di socialità che lo hanno costretto, di fatto, all’isolamento sociale.
Anche l’avvocato Davide Steccanella ha denunciato a più riprese le infime condizioni in cui il proprio assistito era costretto a versare, evidenziando come Battisti fosse rinchiuso in una cella “minuscola” e “priva di luce solare” e sostenendo che nel carcere di Rossano fosse “privato della possibilità di svolgere attività alcuna, compresa l’ora d’aria per camminare”. Una situazione aggravata dal fatto che, dopo aver scontato i 6 mesi di isolamento previsti dalla legge, dal giugno del 2019 Battisti avrebbe dovuto essere detenuto in regime ordinario.
Nelle ultime settimane il dibattito sullo sciopero della fame intrapreso da Cesare Battisti – che avrebbe potuto stimolare una riflessione critica sui diritti, sistematicamente violati, dei detenuti – è stato quasi interamente fagocitato da alcuni giornali di destra, che si sono impegnati in tutti i modi per legittimare una narrazione totalmente distorta, secondo la quale l’ex terrorista “proprio non la smette di frignare” e il suo appello a una carcerazione più dignitosa non sarebbe altro che “un esercizio in bilico tra realtà e controsenso”. Queste prese di posizione non dovrebbero stupire più di tanto, dato che quella dell’incarcerazione di Battisti è stata una questione gestita nel peggiore dei modi sin dall’inizio. Basti pensare alla triste pantomima messa in scena da Matteo Salvini e Alfonso Bonafede in quel pomeriggio surreale del 14 gennaio del 2019: dopo l’arresto in Bolivia e la successiva estradizione in Italia, i due ex ministri andarono a ricevere Battisti a Ciampino – il primo vestito da poliziotto – con tanto di televisioni e organi di partito al seguito, esibendosi in cerimoniale giustizialista degno del peggiore tra i regimi illiberali e utilizzando espressioni che di istituzionale hanno ben poco (come quando l’ex ministro dell’Interno disse di sperare di “non incontrarlo da vicino”): un vero e proprio teatrino dell’assurdo, talmente grottesco da fare invidia alle parate militari in costume della Corea del Nord.
Nei mesi successivi Salvini ha fatto del giustizialismo il proprio marchio di fabbrica, non perdendo occasione per capitalizzare la cattura di Battisti e trattandolo come una specie di trofeo da sventolare a favore delle telecamere per irrobustire il suo potenziale elettorale. Questi atteggiamenti non hanno fatto altro che trasformare un dibattito essenziale – quello relativo alle condizioni di vita dei detenuti all’interno delle carceri, che dovrebbero essere sempre e comunque dignitose, a prescindere dai loro trascorsi penali – nel solito luogo comune da dare in pasto all’opinione pubblica per incattivirla, alimentando una retorica che uno Stato che si definisce “di diritto” dovrebbe disconoscere.
Al contrario, in Italia l’attenzione a questi temi dovrebbe essere massima, dato che negli ultimi anni il nostro Paese non si è certo distinto in positivo per il modo in cui tratta i propri detenuti: nel 2013, la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l’Italia per il trattamento inumano e degradante di sette carcerati, invitandoci a porre rimedio alla problematica del sovraffollamento carcerario. In quella sede i giudici constatarono come, in Italia, quello del sovraffollamento degli istituti di detenzione avesse assunto le proporzioni di un problema “di natura strutturale”, ricordando di aver ricevuto più di 550 ricorsi da altri detenuti che lamentavano di essere confinati in celle piccolissime, con poco più di tre metri quadrati a disposizione. Un approfondimento a parte meriterebbe, poi, il problema dei suicidi: secondo il dossier Morire di carcere, dall’inizio dell’anno sono morti 71 detenuti, di cui 21 hanno deciso di togliersi la vita. Inoltre, le rilevazioni di Ristretti Orizzonti dimostrano come, in appena tre anni, si è assistito a un trend preoccupante: mentre nel 2015 si è suicidato un detenuto ogni 1.200, nel 2018 il rapporto è diventato pari a un detenuto suicida ogni 900.
Queste evidenze dimostrano come derubricare le rimostranze dei detenuti a semplici perdite di tempo – o, peggio ancora, colpevolizzarli per il solo fatto di rivendicare una detenzione più dignitosa – rappresenti un atteggiamento pericoloso: il carcere vive nell’indifferenza o nell’ignoranza collettiva e, fatta qualche eccezione, anche la politica non riesce ad occuparsene come la Costituzione vorrebbe. Il tema rimane spesso circoscritto in una nicchia di addetti ai lavori o tra realtà che si spendono per il rispetto dei diritti umani dei detenuti, come ad esempio l’Associazione Antigone. Eppure, a dispetto di chi utilizza una carica pubblica per foraggiare gli istinti peggiori del popolo, il garantismo non può funzionare a macchia di leopardo, e queste problematiche andrebbero dibattute alla luce del sole: il grado di civiltà di uno Stato si misura, in primis, nella capacità delle istituzioni di garantire il rispetto dei diritti individuali, anche nei confronti di coloro che si sono macchiati dei delitti più atroci.
Privare una persona delle due ore d’aria quotidiane e costringerla in una condizione anti-igienica e di obbligata asocialità è un’autentica forzatura, inaccettabile anche per un ex terrorista come Battisti: un trattamento disumano che assume i contorni di una triste vendetta di Stato e che contrasta sia con l’articolo 27 della nostra Costituzione, secondo la quale “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”, che con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che vieta esplicitamente i trattamenti inumani e degradanti.
Negli ultimi giorni i tragici fatti del carcere di Santa Maria Capua Vetere hanno scoperchiato un vaso di Pandora, riportando al centro del dibattito pubblico il tema delle difficili condizioni di vita dei detenuti, spesso costretti a convivere con una quotidianità alienante e angosciosa, fatta di punizioni corporali, digiuni imposti e ghettizzazione forzata. Si tratta di una criticità sistemica che affligge il nostro sistema carcerario a una tale profondità da poter essere considerata, a tutti gli effetti, un tratto endemico dell’ordinamento penitenziario italiano. Se gli abusi a cui abbiamo assistito ci hanno insegnato qualcosa è che, in uno Stato di diritto, chiunque merita una carcerazione dignitosa: la vendetta di Stato non è la soluzione per nessuno, neanche per Cesare Battisti.
Giuseppe Luca Scaffidi
da The Vision
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