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Elezioni Regione Basilicata e i Bonus Lucani (gas e acqua)
Ad un mese dalle elezione delle regionali della Basilicata dove si è confermato il presidente Vito Bardi, in questo post parliamo del bonus gas lucano elargito dalla Regione Basilicata circa un paio di anni fa, più o meno un mese prima delle elezioni politiche del settembre 2022!
Diciamo che l’idea del bonus gas non è stata una brutta idea per un territorio che ha giacimenti fossili, ma come per il reddito di cittadinanza non è stata fatta a dovere ed equamente. Inoltre se il reddito di cittadinanza è stato etichettato come una misura per accalappiare voti, lo stesso si può dire per il bonus gas, unica differenza è che mentre il reddito di cittadinanza era rivolto solo ad una parte della popolazione, i più bisognosi, il bonus gas è stata un’idea più furba perché rivolta a tutti i lucani ricchi e poveri quindi l’intera platea di elettori.
Ma vediamo il perché il bonus gas è stata ed è una misura iniqua o meglio una misura non equa per tutti, semplicemente perché è rivolta a tutti senza limite di reddito. Non ci sarebbe nemmeno bisogno scriverlo, penso chiunque lo capirebbe, lucano o non…lo spero!
Perché, come si dice… la domanda nasce spontanea… Secondo voi chi ha consumato più gas, quindi ha avuto o continua ad avere un contributo maggiore in termine di bonus gas? Chi ha una casa piccola o chi ha una casa grande o villa? Secondo voi chi possiede una casa grande o villa?
Ma comunque bisogna perdonarli, perché probabilmente sia la parte politica che amministrativa non ci hanno pensato che alla fine il contributo non sarebbe stato uguale per tutti, anzi chi ha consumato di più ha avuto di più e chi ha consumato di meno ha avuto di meno, cioè l’anomalia è stata <più consumi ed inquini e più ti premio> dal famoso film <Chi più spende… più guadagna>!
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m2024a · 2 months
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"Toti sottoposto a un ricatto: se non ti dimetti, non esci. È una forzatura inaccettabile" Carlo Calenda, lei ha definito «una brutta pagina per la democrazia» le dimissioni del governatore Giovanni Toti. Perchè? «Toti è un mio avversario, politicamente. Ma non si può non vedere quel che è successo. É stato sottoposto a un chiarissimo ricatto: se non ti dimetti non esci. Mi sembra una forzatura del tutto inaccettabile, indegna di uno Stato di diritto: per la Costituzione, Toti come tutti i cittadini, eletti o meno, è solo un indagato, innocente fino a condanna definitiva. Dovrà andare a processo, quando ci sarà, ma è anche stato eletto dai cittadini per governare la Liguria, e tenerlo agli arresti glielo ha impedito. Si è dovuto dimettere perchè non aveva altra scelta, a questo punto». Non è certo la prima volta che accade, in Italia. «Purtroppo no. Ho visto la vita di tanti governatori rovinata dalla stessa trafila: accuse, arresti, dimissioni. Poi magari vengono assolti in primo e secondo grado, come è successo in Basilicata a Pittella, e nessuno paga per il danno subito dalle istituzioni e dai cittadini. Mai. Abbiamo compilato un dossier alto così, con i casi di 150 sindaci indagati per abuso d’ufficio e spesso per questo costretti a farsi da parte: 150 inchieste che poi sono finite nel nulla cosmico, ma intanto sono state utilizzate per fini politici. Di fronte a questo non è accettabile che destra e sinistra non difendano i principi cardine dello Stato di diritto, se non saltuariamente e solo per i loro». Che idea si è fatto del caso Toti? «Dalla vicenda ligure sembrano emergere profili di conflitti di interessi che sono quanto di più estraneo alle scelte di Azione: noi non accettiamo contributi elettorali da nessun ente o concessionario pubblico, io come parlamentare rifiuto compensi per consulenze o simili. Ma un conto sono etica e opportunità nei comportamenti, un altro le inchieste penali». Toti doveva rimanere? «Avrebbe dovuto poter governare fino alla eventuale condanna. Possiamo considerare esecrabile accettare soldi da coop o concessionari, ma è consentito dalla legge. E li prendono tutti, a destra come a sinistra: provate a leggere gli elenchi di contributi ricevuti da ogni candidato governatore. Invece si decide arbitrariamente chi indagare e chino, e questo è inaccettabile. E poi che succede, se come penso Toti verrà assolto? Chi spiegherà ai cittadini che lo hanno eletto che il loro diritto è stato violato? Chi pagherà per la sua vita rovinata?». Il centrosinistra è andato fino in piazza a Genova a reclamare le dimissioni. «Quello del centrosinistra è solo tatticismo elettorale senza prospettive. Non capiscono che così segano il ramo dello Stato di diritto su cui sono seduti anche loro. Mi rifiuto di accettare questo imbarbarimento per cui si usano le inchieste come fondamento del confronto politico». Ora si andrà a nuove elezioni in Regione: voi come vi muoverete? «Noi siamo stati all’opposizione di Toti. Ma non accetteremo candidati imposti, né programmi che non siano estremamente seri, a cominciare dal completamento dei progetti di infrastrutture indispensabili alla Liguria che Toti e il sindaco di Genova Bucci hanno portato avanti. Nessuna ipoteca grillina». Vi unirete al campo largo? «Il “campo largo” non esiste: non ha posizioni comuni su nulla, dall’Ucraina alla Ue, come si è visto sul voto a Ursula von der Leyen, né su ambiente, lavoro, infrastrutture, investimenti. L’unico trait d’union è il “no alla destra ladra e fascista”: ma questo non può essere un programma di governo. C’è un vuoto di consapevolezza della gravità del momento, da entrambe le parti». Cosa intende? «Non si può andare avanti così: serve un’area repubblicana e europeista di governo che affronti pragmaticamente i problemi su cui l’Italia rischia di saltare per aria. Dalla questione siccità, che si ripropone da anni ma intanto restano 2500 società-poltronificio pubbliche che gestiscono una rete che perde il 42% del flusso idrico. Alle pensioni, per pagare le quali tra poco serviranno 20 miliardi l’anno. Mentre nessuno ne parla, e destra e sinistra pensano solo a urlarsi addosso. Basta».
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lamilanomagazine · 5 months
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Elezioni in Basilicata, Vito Bardi verso la riconferma
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Elezioni in Basilicata, Vito Bardi verso la riconferma. Vito Bardi va verso la riconferma a presidente della Regione Basilicata. Lo scrutinio è ancora in corso, ma il divario con Piero Marrese, candidato del centrosinistra, è di circa 15 punti percentuali. Si ferma intorno all’1%, invece, Eustachio Follia. Fratelli d'Italia, con una "forchetta" di consensi fra il 23 e il 27 per cento, sarebbe il primo partito in Basilicata: è il dato che emerge dall'instant-poll di "Yoodata", commissionato da Telenorba e realizzato con 2.020 interviste a elettori lucani ieri e oggi. Dopo FdI, vi sarebbero Pd, (fra il 15 e il 19%), M5S (14-18%) e FI (12-16%). Nel centrodestra, la Lega otterrebbe fra il 4 e l'8% dei voti. Nel centrosinistra, Basilicata Casa Comune sarebbe fra il 4 e il 6%. Volt, il movimento politico europeo che esprimeva il terzo candidato alla alla presidenza della Regione, Eustachio Follia, raccoglierebbe fra l'1 e il 3% dei voti. La ministra per le riforme istituzionali, Maria Elisabetta Alberti Casellati, sta seguendo lo spoglio delle elezioni regionali a Potenza insieme allo stato generale di Forza Italia Basilicata. L'ex presidente del Senato è coordinatrice regionale del partito. È stata del 49,80% degli aventi diritto al voto l'affluenza definitiva alle urne per le elezioni regionali in Basilicata. Nel 2019, quando si votò solo la domenica, era stata del 53,52%. In provincia di Potenza l'affluenza è stata del 47,92% (52,40 nel 2019), in provincia di Matera del 54,08% (56,03 nel 2019). Per quanto riguarda i due capoluoghi, a Potenza affluenza al 63,28% (rispetto al 68,79% del 2019), a Matera al 55,60% (rispetto al 59,89% del 2019). Nessuno ha ancora voluto parlare con i giornalisti, ma nel comitato elettorale del candidato governatore del centrosinistra, Piero Marrese, è evidente la delusione per l'instant poll divulgato da Telenorba.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Elezioni regionali in Basilicata, alle urne 570 mila lucani
Sono aperte nei 131 comuni della Basilicata le 682 sezioni che accoglieranno i 567.959 aventi diritto al voto per eleggere il presidente della Regione e 20 componenti del consiglio regionale (13 per la provincia di Potenza e sette per quella di Matera)Oggi si potrà votare fino alle ore 23; i seggi (vi sono quattro sezioni ospedaliere) riapriranno domani mattina alle ore 7 e chiuderanno…
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Elezioni politiche 2022: come sarà composto il nuovo parlamento?
Il risultato della notte elettorale vede il centrodestra (con in testa Fratelli d'Italia) conquistare una netta maggioranza sia alla Camera dei Deputati che al Senato. Dopo le elezioni politiche 2022, quindi, come sarà composto il nuovo parlamento? Elezioni politiche 2022: considerazioni preliminari Questa tornata elettorale porta due novità che si sono andate (e si andranno) a ripercuotere sulla composizione delle due camere parlamentari italiane: - La platea dei votanti: per la prima volta, infatti, non c'è stata la differenza per età sia per il Senato che per la Camera dei Deputati. Infatti, tutti gli aventi diritto al voto (dai 18 anni in su) hanno potuto votare per entrambe le camere. Differenza netta rispetto alle politiche del 2018 dove ancora vigeva la regola che per il Senato potevano votare solo coloro i quali avevano compiuto i 25 anni di età - Il taglio dei parlamentari: la nuova legislazione (e le nuove camere) sarà la prima con l'effettivo taglio del numero dei parlamentari. Il Senato sarà comporto da 200 poltrone mentre la Camera dei Deputati da 400. Come sarà composto il nuovo Senato? Dopo la tornata elettorale è tempo, quindi, di dare uno sguardo a quello che sarà il futuro Senato. La vittoria del Centrodestra permette alla coalizione Meloni-Salvini-Berlusconi di avere una comoda maggioranza. Dei 200 posti a disposizione, infatti, la disposizione sarà (in attesa di come il proporzionale distribuirà i restanti seggi) questa: - 113-126 alla coalizione di centrodestra tra Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia (Noi Moderati, quarto partito della coalizione, non superato la quota di sbarramento fissata all'1%) - 24-36 alla centrosinistra tra PD, Verdi e +Europa (Impegno Civico di Luigi Di Maio si è fermato allo 0,6% quindi non supera la quota di sbarramento) - 21-23 al Movimento Cinque Stelle di Giuseppe Conte - 6-12 ad Azione-Italia Viva di Calenda e Renzi - 3-5 ad altre liste che accedono grazie alle vittorie nei collegi uninominali Collegi uninominali al Senato: chi ha vinto e chi ha perso? Proprio i collegi uninominali hanno dato le sorprese maggiori. Una vittoria netta per il centrodestra che si è trasportata su tutto il territorio nazionale. Solo il Movimento 5 Stelle al Sud è riuscita a "strappare" l'egemonia nei voti per la colazione di centrodestra. Andando più nel dettaglio, il centrodestra segna importanti vittorie in Basilicata dove la ormai ex presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati conquista il seggio di Potenza. La Lombardia, come da pronostico, è terreno fertile per il centrodestra che si "accaparra" praticamente tutti i collegi. Nella regione lombarda si registrano, infatti, le conferme di Daniela Santanché, Gian Marco Centinaio, Stefano Borghesi ed Ignazio La Russa. Anche nel Lazio si registra la conferma a senatore di Claudio Durigon che a Viterbo ha la meglio su Alessandro Mazzoli del centrosinistra. Inoltre, entra al Senato il presidente della Lazio Claudio Lotito che in Molise vince il suo collegio dove era il candidato di centrodestra. Torna al Senato anche Silvio Berlusconi trionfante nel collegio di Monza. Il centrosinistra per i collegi uninominali del Senato rimane praticamente a bocca asciutta. Dei 67 collegi a disposizione solo cinque sono stati vinti da candidati della coalizione guidata dal PD. Antonio Misiani è l'unico candidato di centrosinistra a vincere in Lombardia. Altre due vittorie arrivano prima a Firenze con Ilaria Cucchi che viene eletta senatrice conquistando il suo collegio toscano poi con Pier Ferdinando Casini che a Bologna batte Vittorio Sgarbi del centrodestra. Una grande sconfitta arriva nel collegio di Lazio 2 dove la candidata Emma Bonino non batte la candidata del centrodestra Lavinia Mennuni (nello stesso collegio era candidato anche il leader di Azione, Carlo Calenda arrivato poi terzo) Il Movimento 5 Stelle, invece, conquista 4 collegi e tutti in Campania. Maria Domenica Castellone a Giugliano, Raffaele De Rosa ad Acerra, Ada Lopreiato a Fuorigrotta ed Orfeo Mazzella a Torre del Greco sono i quattro pentastellati vincenti alle urne nei loro rispettivi collegi uninominali. Risultato "fuori dagli schemi" al collegio uninominale di Messina dove Dafne Musolino del partito Sud chiama Nord vince con poco meno di duemila voti di scarto rispetto alla candidata di centrodestra Carmela Bucalo. Come sarà composto la nuova Camera dei Deputati dopo le elezioni politiche 2022? Dal nuovo Senato passiamo alla nuova Camera dei Deputati. Quattrocento posti a disposizione suddivisi in questa maniera: - 232-252 al centrodestra - 77-97 al centrosinistra - 40-54 al Movimento Cinque Stelle - 15-25 ad Azione-Italia Viva - 3-5 alle altre liste entrati tramite i collegi uninominali Partiamo dal centrodestra dove oltre 100 i collegi uninominali vinti. Vittoria per Giorgia Meloni nel collegio della Camera de L'Aquila. Contro di lei il centrosinistra schierava Rita Innocenzi. Importanti vittorie si registrano su tutto il territorio nazionale. Nonostante il deludente risultato del voto, ci sono state vittorie del centrosinistra in due dei tre collegi milanesi della Camera: Benedetto Della Vedova ha battuto Giulio Tremonti, Bruno Tabacci ha superato Andrea Mandelli. Gli altri collegi uninominali assegnati al centrosinistra alla Camera sono quelli di Genova Centro-Est (l’unico in Liguria, è stato eletto Luca Pastorino), di Bologna, Reggio Emilia, Carpi e Imola in Emilia, di Firenze e Scandicci in Toscana. Sono arrivate delle vittorie anche per Paolo Ciani e Roberto Morassut nei Municipi I e VII di Roma. Alla Camera il Movimento si è imposto anche nel collegio di Foggia (Marco Pellegrini), a Palermo (Davide Aiello) e a Cosenza (Anna Laura Orrico). A Palermo, per quel che riguarda il Senato, Dolores Bevilacqua ha vinto contro Mario Barbuto della destra. Foto di Gianni Crestani da Pixabay Read the full article
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blogitalianissimo · 5 years
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Risultati elezioni europee per regione ( fonte: ilsole24ore )
Italia - Nord Occidentale
Valle D’Aosta
Lega Salvini Premier 37,17% Partito Democratico 16,22% Autonomie per l’Europa 13,85%
Piemonte
Lega Salvini Premier 37,14% Partito Democratico 23,94% Movimento 5 Stelle 13,26%
Liguria
Lega Salvini Premier 33,88% Partito Democratico 24,94% Movimento 5 Stelle 16,49%
Lombardia
Lega Salvini Premier 43,38% Partito Democratico 23,08% Movimento 5 Stelle 9,34%
Italia - Nord Orientale
Trentino-Alto Adige
Lega Salvini Premier 27,78% SVP 26,18% Partito Democratico 16,00%
Veneto
Lega Salvini Premier 49,88% Partito Democratico 18,94% Movimento 5 Stelle 8,91% 
Friuli-Venezia Giulia
Lega Salvini Premier 42,56% Partito Democratico 22,23% Movimento 5 Stelle 9,62% 
Emilia-Romagna
Lega Salvini Premier 33,77% Partito Democratico 31,24% Movimento 5 Stelle 12,89%   
Italia - Centrale
Toscana
Partito Democratico 33,31% Lega Salvini Premier 31,48% Movimento 5 Stelle 12,68% 
Marche
Lega Salvini Premier 37,98% Partito Democratico 22,26% Movimento 5 Stelle 18,43%
Umbria
Lega Salvini Premier 38,18% Partito Democratico 23,98% Movimento 5 Stelle 14,63%
Lazio
Lega Salvini Premier 32,66% Partito Democratico 23,79% Movimento 5 Stelle 17,94%
Italia - Meridionale
Abruzzo
Lega Salvini Premier 35,31% Movimento 5 Stelle 22,44% Partito Democratico 16,96%
Molise
Movimento 5 Stelle 28,76% Lega Salvini Premier 24,96% Forza Italia 15,31%
Campania
Movimento 5 Stelle 33,85% Lega Salvini Premier 19,21% Partito Democratico 19,11%
Puglia
Movimento 5 Stelle 26,29% Lega Salvini Premier 25,29% Partito Democratico 16,64% 
Basilicata
Movimento 5 Stelle 29,67% Lega Salvini Premier 23,32% Partito Democratico 17,37%   
Calabria
Movimento 5 Stelle 26,69% Lega Salvini Premier 22,61% Partito Democratico 18,25% 
Italia - Isole  
Sardegna
Lega Salvini Premier 27,57% Movimento 5 Stelle 25,70% Partito Democratico 24,27%
Sicilia
Movimento 5 Stelle 31,18% Lega Salvini Premier 20,77% Forza Italia 16,99%
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paoloxl · 5 years
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Salvini, le chiacchiere stanno a zero: buffone da nord a sud!
11 AGOSTO 2019 |IN PRECARIATO SOCIALE.
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 Matteo Salvini all’indomani della decisione di far cadere il governo è partito in tour per le spiagge del centro e del sud Italia. Dall’Abruzzo alla Sicilia è un continuo di passeggiate sui lungomare, selfie in spiaggia e bagni tra la gente comune. All’apice della sua popolarità e alla vigilia delle nuove elezioni politiche, Salvini sceglie di ritornare al sud e non per caso, sa bene infatti che a queste latitudini si gioca una partita importante. La vocazione nazionale della Lega si misura sul consenso che è capace di ottenere in questi territori. Nelle ultime consultazioni europee il partito del Ministro dell’interno ha ottenuto in Calabria il 22% guadagnando circa 170mila voti. Un risultato elettorale importantissimo che si deve soprattutto alla migrazione da Forza Italia verso la Lega di noti e storici potentati della malapolitica calabrese.
soverato non si lega
Ieri il “Beach Tour” salviniano ha fatto tappa in Basilicata ed è poi arrivato in Calabria, prima Isola di Capo Rizzuto (Kr) e in serata Soverato (Cz), due delle più note cittadine turistiche della regione. L'accoglienza nei confronti del ministro ha dimostrato, per l’ennesima volta da queste parti, che c'è poco da festeggiare. A Policoro, in provincia di Matera, sono comparsi tre striscioni in cui si ricorda a Salvini che il "Sud non dimentica". Durante il comizio il ministro ha detto, dimostrando ancora una volta la sua gran faccia tosta, che la regione Basilicata deve festeggiare la propria ricchezza e che l'estrazione petrolifera, la tutela dell'ambiente e dei posti di lavoro siano assolutamente compatibili. In risposta ha ottenuto cori, insulti e un reale moto di indignazione. Passando per isola di Capo Rizzuto Salvini si è preso del buffone ed è poi arrivato a Soverato, dopo la gaffe diffusa sui social che mostra come nemmeno la geografia del Sud sia molto chiara al ministro.
In centinaia hanno risposto all’appello delle realtà catanzarese rendendo immediata una partecipata e dura contestazione che ha praticamente reso impossibile il comizio di Salvini, che aveva radunato davanti a se poche decine di simpatizzanti. Una piazza composita e varia mossa da rabbia e reale indignazione ha sollevato i veri problemi del Sud perché stanca delle chiacchiere. Tra i deliri del ministro, innervosito dalla contestazione, la polizia carica a pochi metri dal palco e l’impianto da cui parla il capitano viene fatto saltare.
Una serata caldissima di pieno agosto che manda un segnale importante e non scontato a Salvini e tutti coloro i quali vorrebbero fare del sud terreno di conquista a suon di chiacchiere, promesse e passerelle lavorando di notte a oscenità come l’autonomia differenziata, mannaia che pende sulla testa di migliaia di meridionali. Anche in questo tour il solito mantra di Salvini si riassume in chiudiamo i porti, chiudiamo i campi rom, chiudiamo i centri sociali appellando tutti indistintamente "figli di papà". Alla gente forse non importa più di queste buffonate, importa ottenere soluzioni per migliorare le proprie condizioni. Chissà quanto ancora riuscirà a raccontarla ai "suoi italiani" questa storia che l'Italia non sarà a due velocità e che non ci saranno cittadini di serie A e di serie B. Intanto, ciò che è accaduto ieri ci dà un'indicazione da cogliere per inserirsi nelle contraddizioni che si aprono con questa crisi di governo.
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italian-malmostoso · 6 years
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«Come finirà con la Tav? Conte si prenderà la responsabilità di far partire i bandi, visto che domani scadono i termini, nascondendosi dietro una serie di pareri e accordi internazionali. Poi apparecchierà un voto parlamentare, visto che la decisione originaria nasceva dalle camere. In questo modo potrà far votare contro i grillini, che manterranno il punto, ma una ampia maggioranza dalla Lega a LeU, passando per Pd e Forza Italia, voterà a favore. Quando si farà questo voto? Non è chiaro. Se Salvini forza, anche prima delle Europee.
Zingaretti non ha scelto per caso il ''buco'' della Val Susa come prima tappa dopo l'elezione a segretario. Insieme alle Europee si vota per il Piemonte, e il Pd ha di nuovo qualche chance di tenere la Regione in mano a Chiamparino (in salita nei sondaggi), uno che fino a pochi mesi fa manco voleva ricandidarsi (annusando la sconfitta probabile) ma che ora ha messo la faccia e il cuore sulla battaglia pro-Tav, anche per sedurre l'elettorato moderato e di destra che pensava di votare Salvini.
Per il Capitone la regione è fondamentale: gli permetterebbe di sdraiare il suo corpaccione su tutto il Nord Italia, dalla Savoia a Trieste, come una Paolina Borghese sovranista che per la prima volta mette tutta la Padania e dintorni sotto le bandiere del Centrodestra. Tra i vari Chiamparino, Bresso, Illy, Burlando e Serracchiani, mancava sempre qualche tassello. Questa è la volta buona, non può farsela scappare. Perciò non molla sulla Tav: Di Maio gli ha più volte chiesto di far scivolare la decisione finale a dopo le elezioni, ma lui non può permettere a Chiampa di scippargli la vittoria.
Salvini al momento non ha alcuna intenzione di rompere con Di Maio prima del voto. Questa ideuzza invece ce l'ha ancora Grillo, che sogna di far cascare tutto, proprio sulla Tav, verso la fine di marzo, quando comunque sarebbe troppo tardi per indire elezioni anticipate e non ci sarebbe forse neanche la possibilità di provare a fare un altro governo col centrodestra. L'esecutivo Conte andrebbe avanti a gestire gli affari correnti.
Questo, nella testa di Beppone, servirebbe come shock per non perdere troppi voti alle Europee: una campagna dura e pura per riprendere i mano i temi cari agli elettori e togliersi di dosso l'immagine di succubi della vecchia politica.
Nel Movimento sono molti quelli che pensano a una ribellione. La lista delle doglianze è sempre più lunga:
1. Le nomine. Di Maio aveva promesso un cambiamento a 360 gradi in Bankitalia, coi ''risparmiatori truffati'' grande cavallo di battaglia elettorale, ed è finito a esprimere ''fiducia'' e a farsi maltrattare da Visco mentre apparecchia la riconferma di Signorini. Per non parlare delle avventure di Buffagni nelle controllate: aveva promesso la rinnovazione in Fincantieri con la rimozione del 75enne Bono e invece ha dovuto ingoiare il via libera sia a lui che al presidente Massolo. Che dire di Consob, dove il povero Minenna è stato bruciato e poi sostituito da un ottantenne Savona?
2. Subito dopo il voto in Sardegna, Luigino aveva promesso grandi riforme all'interno delle regole del M5S, dal vincolo dei due mandati per i consiglieri comunali all'apertura alle liste civiche, ma finora non si è visto nulla. E siccome tra due mesi si rivota in Basilicata e Piemonte, sul territorio sono tutti imbambolati.
3. Molti iniziano a dubitare della piattaforma Rousseau: è solo un modo per controllare come votano e cosa pensano attivisti e parlamentari? È manovrabile? Chi la controlla? E poi: ma perché devo versare 300 euro al mese…?
4. Gran parte dei parlamentari quando torna a casa si ritrova il plotone di attivisti e ''constituency'': la base non ha affatto gradito il voto su Salvini-Diciotti né ovviamente le mosse da cacadubbi sulla Tav.
5. Giulia Sarti. Come mai ancora non è stata espulsa? Come può vantare sicurezza pur essendo in un casino che fa impallidire certe espulsioni lampo degli ultimi mesi (vedi Gregorio De Falco). La domanda che più si mormora è: a chi fanno paura i suoi video?»
È da un pezzo che il móna (veneto per tonto, sprovveduto, sempliciotto) del sottoscritto fa presente come le sinistre stiano alacremente e inconsapevolmente lavorando per favorire la Lega e Matteo Salvini; adesso è evidente che lo stanno facendo anche i 5 stelle.
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toscanoirriverente · 6 years
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Elenco di tutte vergognose balle di Di Maio
Questo articolo va in stampa in forma ridotta per venire incontro alle capacità mentali dei grillini, ma soprattutto perché - in una pagina - tutte le promesse tradite da Di Maio proprio non ci stanno.(...)
1) Di Maio disse: «Mai alleanze con la Lega Ma vi pare possibile che un meridionale come me possa fare un' alleanza con uno che canta "Vesuvio lavali col fuoco?"». Sì.
2) Di Maio disse: «Basta premier non eletti. Il sottoscritto è stato votato da 11 milioni di italiani». Era il 30 marzo scorso. Giuseppe Conte non era stato votato da nessuno. È premier.
3) Di Maio disse: rimetteremo l' articolo 18. Meglio: «Noi il Jobs Act lo vogliamo abolire, crediamo che sotto i 15 dipendenti non serva l' articolo 18». Data: 17 dicembre 2017. Ricordiamo che l' articolo vietava alle aziende sopra i quindici dipendenti di licenziare i lavoratori senza giusta causa. E ricordiamo che ai grillini non mancò l' occasione per reintrodurlo: alla fine di luglio Liberi e Uguali presentò un emendamento proprio per questo e Roberto Speranza disse a Di Maio: «Ministro, questa è la grande occasione». La proposta ottenne 13 sì, 191 astenuti e 317 contrari, cioè Lega e grillini.
4) Di Maio disse: mai condoni edilizi. Meglio: «Cercate una mia proposta di legge di condono che riguarda Ischia o qualche altra regione: se la trovate mi iscrivo al Pd». L' ha detto il 23 agosto 2017. Ancora prima, all' indomani del terremoto di agosto 2017 che colpì l' isola campana, fu implacabile: «Forza Italia e Pd sono la causa di tutti gli abusi e sanatorie in Italia Per l' abusivismo edilizio noi non abbiamo nessuna tolleranza». Morale: i grillini hanno inserito il condono per Ischia nel decreto per Genova. Per il resto la storia dei condoni edilizi di cui ha beneficiato l' intera famiglia di Maio ormai la conoscono anche i sassi. sanatoria in famiglia
5) Di Maio e compagnia: «No ai vaccini obbligatori». Poi il governo ha cambiato idea più volte: prima cancellando il rinvio dell' obbligo, poi confermando la circolare del ministro della Salute Giulia Grillo che consente ai bambini di poter iniziare l' anno scolastico grazie a un' autocertificazione che varrà fino al 10 marzo. Le proteste dei No Vax non si sono contate.
6) Di Maio, da anni, parlava di una Taranto senza Ilva e pienamente bonificata dal punto di vista ambientale. Disse: «La nostra posizione è chiara, la riconversione economica passa dalla chiusura delle fonti inquinanti senza le quali le bonifiche sarebbero inutili». Un accidente: l' Ilva c' è ancora ed è più forte di prima, anche se questa morale ha fatto seguito a settimane di annunci estivi, stop, pareri dell' avvocatura e atti secretati. Il contratto con il colosso dell' acciaio Arcelor Mittal è ancora lì, perfetto. Rispetto all' accordo del precedente governo, i sindacati sono riusciti a tenersi 300 lavoratori in più. Di Maio allora ha commentato: «È il risultato migliore possibile nelle peggiori condizioni possibili». Magra consolazione per una città che aveva votato i grillini portandoli al 44 per cento.
7) Di Maio diceva e ridiceva e stradiceva: reddito di cittadinanza. Probabilmente ci ha vinto le elezioni, e si vantava pure di avere le coperture. Dopodiché - è noto - gli aggiornamenti sul tema cambiano ogni 12 secondi. Doveva essere un sussidio di 780 euro al mese per ogni persona in condizione di povertà, anzi, poteva arrivare a 1680 euro al mese in caso di due figli a carico. Faceva una platea potenziale da 5 milioni di persone. Poi? Poi si è arrivati a uno stanziamento netto di 5,8 miliardi di euro a cui va aggiunto quanto stanziato dai governi precedenti (il «Rei») e insomma a una cifra che, divisa per tutta la platea annunciata, fa circa 133 euro al mese per persona.
ECOLOGISTI DELUSI 8) Di Maio, in stereofonia con Alessandro Di Battista, diceva a proposito del Tap, il gasdotto trans-adriatico che attraverserà Grecia e Albania per approdare in Italia, nella provincia di Lecce: «Con il governo a 5 stelle, in due settimane non si farà più». Morale: si farà. Notare che a Lecce i grillini hanno conquistato il 67 per cento, stesso luogo dove, a fine ottobre scorso, alcuni grillini hanno bruciato le bandiere del Movimento dopo la decisione di dare il via libera all' opera.
9) Di Maio e i grillini hanno sempre sostenuto che avrebbero bloccato ogni trivellazione petrolifera nell' Adriatico. Il Movimento, in particolare, nel 2016 aveva ampiamente sostenuto il cosiddetto referendum sulle trivelle. Bene: ora il governo, dopo non averne bloccata nessuna, ha autorizzato altre tre trivellazioni nel mar Ionio, che in effetti non è l' Adriatico. Il via libera è contenuto in tre decreti di fine dicembre con cui il dicastero guidato da Luigi Di Maio accorda a una compagnia americana trivellazioni per 2.200 km quadrati da Leuca a Isola Capo Rizzuto, fra Puglia, Basilicata e Calabria. Notare che sono tutte zone dove i grillini hanno ottenuto consensi facendo gli ecologisti integerrimi. In tutta la Puglia i «No-Triv» hanno preso quasi il 43 per cento.
10) Di Maio diceva, assieme ai due amigos di governo: «Deficit al 2,4 per cento». Nel dettaglio, Di Maio ha detto: «Il 2,4 per cento non si tocca, primo perché siamo uno stato sovrano, secondo perché manteniamo le promesse». Realtà: il premier Conte ha chiuso faticosamente un accordo con l' Europa portando il deficit al 2,04 per cento.
11) Di Maio diceva, sostenendo il tentennante Danilo Toninelli: «Il Terzo Valico va messo da parte e va preferito il potenziamento della linea ferroviaria esistente». Di Maio lo disse in campagna elettorale. Poi Toninelli, in una delle sue sgangherate uscite, ha recentemente concluso: «L' analisi costi-benefici, insieme all' analisi giuridica, ha previsto che il totale dei costi del recesso ammonterebbe a circa 1 miliardo e 200 milioni di euro. Di conseguenza il Terzo Valico non può che andare avanti». Cioè si farà.
TRANVATA AD ALTA VELOCITÀ 12) Di Maio ha sempre detto che avrebbe bloccato l' acquisto dei costosissimi jet militari F35. Poi ora, cioè il mese scorso, il sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo ha detto che «non si può rinunciare a questa tecnologia che è la migliore al mondo». Panico nel web. Di Maio si è poi detto «perplesso» ma ha lasciato intendere che il programma d' acquisto andrà comunque avanti, magari, ecco, acquistando otto aerei in meno. Se possibile. Otto.
13) Di Maio e i grillini (soprattutto siciliani) hanno sempre detto che avrebbero bloccato l' ultimazione del Muos, il sistema satellitare americano realizzato all' interno della riserva della Sughereta in provincia di Caltanissetta. «Smantelleremo il Muos» era la partola d'ordine dei vari comitati grillini. Sino a un annuncio di Claudio Fava, presidente della Commissione antimafia siciliana: «Da oggi è una certezza: il governo è favorevole al Muos.
All'udienza di oggi l' avvocatura dello Stato non si è presentata, mantenendo la posizione ufficiale del governo che esprime un chiaro "sì" all'impianto. Sono quindi smentiti in modo evidente gli annunci fatti da Di Maio e dai suoi portavoce».
14) Di Maio e compagnia hanno sempre detto peste e corna contro il Tav, il treno ad alta velocità che dovrebbe passare dalla Val di Susa. Si farà? Tutto depone ampiamente per il sì, compreso il tomentato ministro Toninelli secondo il quale «l' opera è stata concepita male ma ora si può rimediare rendendola più sostenibile». L' unico a scommettere che non se ne farà nulla è rimasto Beppe Grillo. Sta di fatto che in Val di Susa i Cinque Stelle hanno ottenuto percentuali da capogiro: a Venaus, uno dei centri simbolo della lotta, il 60 per cento; a Mompantero, negli scorsi anni teatro di scontri, quasi il 46; a Bussoleno, il 44 per cento.
In tutta la valle i grillini hanno superato abbondantemente il 30 per cento. Ora gli elettori, come per molte altre promesse, si preparano a una tranvata ad altissima velocità.
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abr · 7 years
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hanno fatto un’analisi su 2 milioni di contenuti social legati alle elezioni. Messaggi verso i candidati, i partiti o verso altri elettori. Ne hanno ricavato che il 38% di messaggi (750.000) è connotato da negatività e ben 135.000 contengono volgarità o insulti espliciti. I messaggi che augurano la morte (o minacciano di uccidere) sono più di 15.000, quelli che contengono riferimenti alla violenza quasi 19.000. Soltanto l’11% dei contenuti mostra un approccio positivo. Dettagli: il leader più insultato è Berlusconi, seguito da Renzi e Salvini (con differenze regionali). Il partito più menato è il Pd (ma va’?). La regione dove sono le donne ad insultare di più è la Basilicata, 71% (sarà per Matera capitale della cultura). Grazie del prezioso lavoro: così evitiamo di sproloquiare sempre a occhio (...). Infine, en passant, possiamo rassicurare Zuckerberg: nessuno, da noi, è interessato a usare Facebook per la politica. Al massimo, per farsi dei nemici.
https://www.ilfoglio.it/contro-mastro-ciliegia/2018/02/24/news/facebook-elezioni-insulti-180562/
bene. Sono grato che la stragrande maggioranza dei webbaroli sia sinistra o sinistra abissalmente ignorante (grillina): l’essenza dell’essere auto-inculante è darsi un gran daffare per costruirsi nemici, non consenso. 
Come dice, e i miei “insulti”? Naaa, è solo per farsi capire velocemente in un mondo incapace di prestare attenzione, noi libemerde (copy di una zecca) siam qui per dar testimonianza. 
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Giorgia Meloni la prima donna e le altre non sono nulla!
Oltre alle anomalie viste nel post precedente (Le anomalie e le bugie del governo Meloni) del governo di Giorgia Meloni, un'altra anomalia da segnalare è che con Giorgia Meloni lo spazio per le donne lo prende tutto per se e poco per altre.
Infatti nel Governo Meloni su 24 Ministri sono solo 6 le donne, e su 31 sottosegretari sono solo 13 donne.
Ma anche se facciamo un giro sulle elezioni regionali dal governo Meloni in poi, vinte dalla sua coalizione, vediamo che lo spazio per le donne è diminuito. Per esempio la Regione Basilicata su 20 eletti sono solo 3 le donne consiglieri di cui 2 del Movimento 5s, ma anche come direttori generali nominati una decina di giorni fa sempre in Basilicata troviamo zero donne nominate.
Meloni non lo fa per mascolinità  e nemmeno perché odia le donne, ma lo fa per far vedere che l’unica donna capace è lei e le altre non sono nulla.
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italianaradio · 6 years
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Brignone: «Una lista femminista per connettere la politica al mondo reale»
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Brignone: «Una lista femminista per connettere la politica al mondo reale»
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Brignone: «Una lista femminista per connettere la politica al mondo reale»
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Beatrice Brignone parte dall’analisi del voto in Basilicata per arrivare a discutere dello stimolante progetto della sinistra in vista delle elezioni europee 2019: proporre una lista femminista, ambientalista e progressista che possa unire le diverse anime disperse che non riescono a riconoscersi nell’esperienza del Partito Democratico. Nella regione del sud, la lista Basilicata Possibile ha ottenuto un buon risultato: un 4% abbondante che ha evidenziato la presenza di uno spazio da riempire.
Beatrice Brignone analizza il voto in Basilicata
«Il risultato di Valerio Tramutoli – dice Beatrice Brignone – che noi sostenevamo è buono ed è basato su dei temi che sentiamo nostri. C’era una proposta ambientalista molto forte e il candidato della lista Basilicata Possibile fa parte di quella società civile che si sta muovendo. E che cerca di far capire al Partito Democratico che c’è ancora tanto lavoro da fare per ricostituire l’unità del centrosinistra. Forse, la direzione presa in queste elezioni regionali non era quella giusta. Bisogna impostare una seria riflessione».
Ovviamente, per le elezioni europee di maggio 2019, il discorso è diverso. C’è la forte componente europeista che bisogna considerare. Ci sono alcune forze che puntano a dialogare per trovare una quadra comune. Non soltanto Possibile, ma le altre sigle della sinistra che non condividono in questo momento il percorso del Partito Democratico, con l’allargamento alla componente ambientalista dei Verdi italiani ed europei.
Beatrice Brignone lancia la proposta femminista ed ecologista per le Europee 2019
«Lo spunto per questa nostra proposta femminista, ambientalista e progressista è arrivato da due piazze in modo particolare – dice Beatrice Brignone -: quella dell’8 marzo per lo sciopero globale delle donne e quella del 15 marzo, quando migliaia di ragazzi hanno manifestato per denunciare i cambiamenti climatici. Io ho vissuto con molto disagio quest’ultima piazza: i ragazzi ci stavano dicendo a voce alta che noi adulti nelle istituzioni non siamo riusciti a trovare una soluzione ai problemi che loro denunciavano».
Ecco dunque la proposta da cui partire. Beatrice Brignone guarda però anche ad altre piazze italiane: quella che chiede una risposta forte sul tema del lavoro (e allora è impossibile non fare riferimento alla manifestazione unitaria dei sindacati del 9 febbraio scorso), così come quella che chiederà chiarezza sui dirtti civili e sociali. A questo proposito si annunciano cruciali i giorni del prossimo finesettimana, quando a Verona si svolgerà il Congresso mondiale delle Famiglie tradizionali.
Il contrasto al Congresso delle Famiglie di Verona e al ddl Pillon
«Noi saremo lì – ha detto Beatrice Brignone -, monitoreremo la manifestazione con dei sit-in e presenteremo il libro I nostri corpi come anticorpi (scritto insieme a Francesca Druetti, ndr) e che parla di quanto sia ingiusto il ddl Pillon. Nei fatti, si tratta di un provvedimento che punta a rendere impraticabile la legge sul divorzio e che punta a mettere a tacere le denunce delle violenze familiari. In nome del concetto di famiglia si cerca di silenziare i diritti dei singoli componenti di questa stessa famiglia».
Inoltre, si mette in evidenza la forte contraddizione del governo su questo Congresso della Famiglia. Già la questione del patrocinio del governo dato, poi tolto e poi rimesso in altra forma rappresenta al meglio il disorientamento del Movimento 5 Stelle nei confronti di una manifestazione che avrà nel ministro leghista Lorenzo Fontana uno dei suoi promotori e nel ministro dell’Interno Matteo Salvini il suo ospite principale. «Il Movimento 5 Stelle è molto ipocrita sul tema – dice Brignone -: il ddl Pillon è stato firmato anche da due senatori del M5S. I pentastellati sbraitano solo, vedi le frasi di Luigi Di Maio qualche giorno fa, ma in realtà sembrano molto a loro agio con il concetto di famiglia che ha questo governo».
[FOTO da account Twitter di Beatrice Brignone]
L’articolo Brignone: «Una lista femminista per connettere la politica al mondo reale» proviene da Giornalettismo.
Sulle elezioni in Basilicata: «Bene la nostra lista, segnale che nel Pd qualcosa deve cambiare»
L’articolo Brignone: «Una lista femminista per connettere la politica al mondo reale» proviene da Giornalettismo.
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Gianmichele Laino
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lamilanomagazine · 7 months
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Regionali in Abruzzo, vince la destra: Marsilio riconfermato
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Regionali in Abruzzo, vince la destra: Marsilio riconfermato. Marco Marsilio ha vinto le elezioni regionali in Abruzzo con il 53,52% dei consensi, confermandosi alla guida della Regione con la destra. Lo sfidante del campo largo del centrosinistra, Luciano D'Amico, invece, si è fermato al 46,48%. Questo il risultato definitivo dopo che sono state scrutinate tutte le 1.634 sezioni. Interessanti i dati sui voti di lista: Fratelli d'Italia chiude al 24,12%, FI al 13,41%, la Lega al 7,58%, la lista Marsilio al 5,72%, Noi Moderati al 2,69% e l'Udc al 1,17%. Sul fronte opposto, il Pd tiene al 20,3%, Abruzzo Insieme al 7,67%, M5S al 6,96%, Azione al 4,01%, AVS al 3,57%, Riformisti e Civici al 2,8%. L'affluenza in Abruzzo è calata rispetto alle precedenti regionali. Se nel 2019 si erano recati al voto il 53,1% degli aventi diritto, stavolta il dato si è fermato a 52,19%. La provincia nella quale si è votato di più è L'Aquila con il 55,4%, poi Pescara 53,3%, Teramo 53,01% e Chieti 48,46%. “Marco Marsilio è il primo presidente nella storia dell'Abruzzo a essere riconfermato dagli elettori per un secondo mandato. Ed è per noi motivo di grande orgoglio che i cittadini abruzzesi abbiano voluto continuare a dargli fiducia, e con lui a dare fiducia al centrodestra, che si conferma maggioritario. È una fiducia che, come sempre, non tradiremo. Continueremo a lavorare per restituire all'Abruzzo e all'Italia il posto che meritano. Grazie». Lo ha scritto sui social la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, commentando il risultato delle elezioni. Anche se lo scrutinio non era ancora terminato, il presidente uscente dell'Abruzzo, Marco Marsilio, nelle scorse ore, aveva già rivendicato la vittoria: «Il popolo abruzzese ha scelto di conferirmi l'onore di guidare la Regione per altri 5 anni - aveva detto -. Mai nei 30 anni precedenti una amministrazione uscente era stata riconfermata per un secondo mandato: è stata scritta una pagina di storia e abbattuto un altro muro». Parlando dello schieramento avversario, il candidato della destra ha detto che «un testa a testa non è mai esistito. Il campo largo non è il futuro dell'Abruzzo, perché era il suo triste passato. Il campo largo non sarà il futuro dell’Italia». «Il successo di Forza Italia in Abruzzo conferma definitivamente la centralità di un movimento che sta occupando lo spazio politico tra Giorgia Meloni e il Partito Democratico. L'Italia ha bisogno di una forza seria, credibile, affidabile e responsabile che dia tranquillità ai cittadini. L'ottimo risultato di Forza Italia è la vera novità del voto di ieri in Abruzzo. Ora lavoriamo per vincere in Basilicata, in Piemonte e superare il 10% alle elezioni europee». Lo afferma ad affaritaliani.it il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Esulta anche la Lega: "Netta vittoria del centrodestra, con un buon risultato per la Lega. Grazie Abruzzo, avanti col buon governo per altri cinque anni!", si legge in una nota.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Aperti i seggi per le elezioni regionali in Basilicata
Sono aperte nei 131 comuni della Basilicata le 682 sezioni che accoglieranno i 567.959 aventi diritto al voto per eleggere il presidente della Regione e 20 componenti del consiglio regionale (13 per la provincia di Potenza e sette per quella di Matera). Oggi si potrà votare fino alle ore 23; i seggi (vi sono quattro sezioni ospedaliere) riapriranno domani mattina alle ore 7 e chiuderanno…
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uldericodl · 6 years
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Basilicata. Urso a Di Maio: fattene una ragione, italiani chiedono altro governo "Caro Di Maio, non si tratta di una delle tante elezioni né di un piccolo Comune, ma di ogni elezioni in ogni Regione o Comune, appunto persino in Basilicata, roccaforte elettorale di Cinque Stelle.
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samdelpapa · 5 years
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{Pd, non c'è soltanto lo scandalo Umbria: ormai cinque regioni traballano sotto il peso delle inchieste giudiziarie. Eccole - Il Fatto Quotidiano
Salgono a cinque le regioni travolte da inchieste a carico di dirigenti locali e governatori daem. Mentre i sondaggi rianimano il partito e il tempo restituisce all'ex sindaco Marino la sua innocenza, nel Pd tornano la questione morale e il no giustizia. Il nuovo segretario marca la linea della "fiducia nella magistratura", ma sotto le ceneri cova l'anatema berlusconiano
In Umbria lo scandalo sanità fa saltare la testa del partito, con l’arresto dell’assessore Luca Barberini e del segretario regionale Gianpiero Bocci, ai domiciliari. Indagata la governatrice Catiuscia Marini. Nicola Zingaretti commissaria, Salvini chiama elezioni subito. Nel fianco del Pd ci sono però anche Abruzzo, Basilicata, Puglia, Calabria. Macigni sulla campagna elettorale di un partito uscito un anno fa con le ossa rotte e che ora sta cercando di ricomporsi. Zingaretti tutto poteva aspettarsi, tranne che il banco di prova della sua reggenza delle europee iniziasse a traballare sotto il peso delle inchieste giudiziarie. Proprio ora che i sondaggi sono in ripresa e il tempo ha restituito a Ignazio Marino, l’ex sindaco di Roma, la patente di estraneità al malaffare degli scontrini  cavalcato dalla corrente capitolina e renziana in ascesa. L’ultima tegola travolge l’Umbria, affare di assunzioni pilotate in sanità che riempie ancora i giornali di episodi e ricostruzioni che – oltre al possibile criminale in senso tecnico – illuminano consuetudini clientelari e dinamiche di potere difficilmente compatibili con il passo che il neosegretario vorrebbe imprimere al partito. Il rapporto con la giustizia, al di là del caso locale, è una variabile importante del suo mandato. Nel Pd che ha eredito cova da tempo una spaccatura profonda sul tema, emersa con più evidenza in occasione dell’indagine a carico dei genitori dell’ex segretario Matteo Renzi, quando qualcuno – ricorda oggi Repubblica – ha rispolverato la formula berlusconiana della “giustizia a orologeria”. Il segretario-governatore sembra indisponibile a seguire questa linea, avendo limitato il suo commento ai fatti di Perugia alla “piena fiducianella magistratura”.
Basilicata, la débâcle dopo un quarto di secolo
Appena due settimane fa, il Pd aveva subito un storica sconfitta in Basilicata, regione che governava da 25 anni. Determinante l’inchiesta giudiziaria che a luglio aveva portato all’arresto del governatore Marcello Pittella. Sempre storiaccia di concorsi truccati, raccomandazioni e sanità usata come ascensore per ricchezza e potere dei notabili locali del partito e loro amici e parenti. A fine marzo si è votato per il rinnovo del consiglio regionale, Pittella disarcionato dall’inchiesta sulla sanità lucana è tornato in consiglio  forte di oltre 8mila preferenze e la sua lista “batte” quella del Pd. E i suoi ex assessori, indagati, siedono insieme al lui in consiglio.
Puglia, Emiliano e le primarie
In Puglia è finito sotto inchiesta Michele Emiliano per una vicenda legata al finanziamento delle primarie del Pd, quando il governatore sfidava Renzi e Orlando. Per la procura di Bari due imprenditori con interessi diretti sugli appalti della Regione pagarono la campagna elettorale dell’ex magistrato. Da qui l’accusa di abuso d’ufficio e traffico illecito di influenze alle quali Emiliano si dichiara estraneo.
Calabria, Oliverio tentato dal ritorno
Guai per il Pd anche in Calabria dove è indagine anche il presidente della Regione, Mario Oliverio. Per lui era stato disposto l’obbligo di dimora, misura però annullata a marzo dalla Cassazione. L’indagine riguarda presunte irregolarità in due appalti gestiti dalla Regione e per i quali la guardia di finanza, oltre ai presunti reati contestati a Oliverio, per gli altri indagati aveva riscontrato quelli di falso, corruzione e frode in pubbliche forniture. Dopo più di tre mesi, il presidente Oliverio torna libero con un provvedimento della Cassazione che, a questo punto, potrà sfruttare anche in chiave politica: siamo agli sgoccioli della legislatura, presto si tornerà a votare per le regionali e ha intenzione di ricandidarsi nonostante le perplessità di parte del Pd calabrese.
Il terremoto delle inchieste in Abruzzo
In Abruzzo proprio due giorni fa il tribunale dell’Aquila ha disposto l’archiviazione della posizione dell’ex presidente regionale Luciano D’Alfonso, oggi senatore dem. L’inchiesta era uno dei filoni seguiti dalla procura della Repubblica dell’Aquila sugli appalti della Regione: tra i principali, la gara per l’affidamento dei lavori di ricostruzione di palazzo Centi, sede della giunta regionale all’Aquila. Il primo di ottobre però si terrà l’udienza preliminare per un’altra vicenda in cui rischia il processo, quella della Procura di Pescara su una delibera di giunta del 2016, avente come oggetto la riqualificazione e la realizzazione del parco pubblico Villa delle Rose di Lanciano (Chieti) con le accuse di falso ideologico, per aver falsamente attestato, stando all’accusa, la presenza del governatore in giunta.
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