Archeologia industriale in provincia di Firenze
Nel comune di Signa verso il confine con il territorio di Carmignano e a alcune centinaia di metri da Comeana, in un folto bosco situato alla confluenza dell’Ombrone pistoiese con l’Arno si possono scorgere fra la vegetazione un centinaio di edifici di varia grandezza ormai in gran parte diroccati. Alcuni ruderi somigliano a edifici industriali,…
Nel maggio del 1945, quando nel mondo intero, nelle strade e nelle piazze di tutte le città liberate, si festeggiava la fine della guerra e si esultava per la Liberazione, ho vissuto i momenti più tragici e dolorosi della mia adolescenza. Avevo 14 anni.
Una cappa di terrore e di angoscia era calata sulla mia italianissima città e sulla sua italianissima gente. Ho visto colonne di finanzieri, carabinieri, soldati di tutte le armi, uomini e donne, transitare laceri, sporchi, affamati e assetati, avviati verso chissà quale destino. Erano scortati da soldataglia rozza e ignorante, con la stella rossa sul berretto e armata fino ai denti che sbraitava urlando in una lingua che non conoscevo, ma sapevo essere slava. Erano le avanguardie dell’esercito di Tito che, a marce forzate, avevano raggiunto Fiume combattendo. Tito aveva spinto le sue truppe a occupare il più presto possibile quanto più territorio italiano possibile, in quanto le sue mire espansionistiche ipotizzavano il confine tra l’Italia e la sua Jugoslavia, sull’Isonzo. Voleva Trieste, Udine, Gorizia e tutta quella parte di Venezia Giulia che lui definiva impropriamente “Slavia veneta”.
Ho saputo di “giudici popolari” semi-analfabeti che decidevano, a guerra finita, della vita e della morte di persone il cui unico delitto, molto spesso, era solo quello d’essere italiani. Condannati da tribunali del popolo costituiti in fretta e furia e composti da gente qualsiasi, purché di provata fede comunista.
I primi giorni dopo l’occupazione della mia città (il 2 maggio del 1945) con le liste di proscrizione già preparate, iniziava il calvario degli italiani. Arresti, deportazioni, infoibamenti. Anche nella mia famiglia si piange uno scomparso, prelevato la mattina del 4 maggio da casa e di cui non si è saputo più nulla. Probabilmente, come tanti altri infelici, avrà vissuto gli ultimi istanti della sua vita soffocato dall’angoscia sull’orlo di una foiba.
La guerra era finita, ma vivevamo ancora nella ristrettezza e nel terrore: parlare, lamentarsi era pericoloso, criticare il regime poteva costare la vita o la deportazione. Essere italiano era una colpa e molti, anche da me conosciuti, amici di mio padre, vicini di casa, ex questurini, impiegati pubblici, professionisti, insegnanti, vigili urbani, dipendenti comunali ecc., erano considerati èlite e quindi fascisti e nemici del popolo.
Il 1.mo maggio del 1948 mio padre decise di scendere al bar sotto casa, per trascorrere qualche momento di svago. Fu avvicinato da un individuo, palesemente ubriaco e conosciuto da tutti come uno sbandato, che gli infilò un garofano rosso nell’occhiello. Mio padre (che non volle mai iscriversi al partito fascista) non gradì il gesto di quell’individuo che fino a pochi giorni prima aveva scondinzolato dietro ai tedeschi, raccattando i loro avanzi e facendo il buffone, qual’era. Si tolse, quasi di nascosto il garofano e lo appoggiò sul tavolo. Questo gesto gli costò una denuncia e un mese di lavori forzati (denominati “lavoro rieducativo”) che scontò nel carcere cittadino, segando legna da ardere in coppia con un altro detenuto, muniti di un segaccio da boscaiolo di grandi dimensioni per dieci ore al giorno. Seppe dopo, da un vicino di casa, ufficiale della milizia popolare in quanto studente di scuola superiore, che il tribunale lo aveva accusato di “scarsa simpatia per il partito”. Se l’accusa fosse stata “nemico del popolo” avrebbe corso il rischio di finire in una foiba.
A settembre riaprirono le scuole. Avevo finito in modo fortunoso la terza d’avviamento commerciale e non potevo continuare la scuola in lingua croata. L’autorità cittadina escogitò, per noi italiani, una forma insolita: al mattino a scuola, al pomeriggio in fabbrica a lavorare. Fui mandato al Siluruficio Witheead, (vanto della mia città e del mio paese) al reparto meccanici, aggiustaggio, revisione motori, fonderia e torneria. Alla fine dell’anno 1947/48, non ebbi documento ufficiale. Solo un libro il cui retro di copertina riportava una semplice dichiarazione di frequenza.
Crisi delle batterie mica solo in Italia - riconversione stab. Stellantis di Termoli fermata (così come un'altra in Germania), ora tocca alla Svezia, si quelli vicini alla Norvegia dove tutti comprano elettrico - perché super-incentivato, coi proventi della rendita petrolifera. Northvolt eran quelli che btw volevano rilevare uno stabilimento abbandonato ex Olivetti a Ivrea ma dopo un po' di giri tra consulenti, ingegneri e pubbliche amministrazioni, se ne sono fuijti (*).
Vuoi sfruttare un mercato palesemente drogato? Basta una flessione degli incentivi più mezzo colpo di tosse cinese e vai fuori. Stessa cosa successa coi pannelli solari: dumping, manco enel riesce a starci dentro con la produzione a Catania. Niente, ha da restà tutto made in chaina.
(*) perché per andare avanti gli toccava svenarsi con la bonifica dell'ex fabbrica prima di poter posare la prima pietra e senza nemmeno poter sapere quanto gli sarebbe costato: in Italia lo decide un ente pubblico regionale ex post se hai pulito abbastanza, fin che non lo dice sei tenuto a continuare; contrariamente ad altrove, nessuna amministrazione può far sconti su questo, altrimenti rischia la galera. Per cui le fabbriche rimangono abbandonate: tanto la tossicità vale solo per gli extracomunitari che ci vanno a dormire. Almeno così credono.
Mentre continuano le ricerche della quinta vittima nel cantiere Esselunga, Dario Salvetti spiega a cosa servono gli appalti: «a disumanizzare, renderci irriconoscibili tra di noi»
Nel cantiere nell’ex Panificio Militare, a Firenze, si mettono in sicurezza le travi di cemento crollate, dal peso di tonnellate, e si cerca ancora il quinto cadavere dentro il cantiere di via Mariti a Firenze, il marocchino Bouzekri Rachimi, 56 anni, l’ultimo disperso, giorno e notte, oltre 48 ore dopo il cedimento strutturale nella costruzione del supermercato Esselunga in un’area già demaniale che gli abitanti avrebbero desiderato adibita a tutt’altro. I vigili del fuoco agiscono con le gru – ne è arrivata una terza- fanno alzare un drone, operano con le Usar (dalla definizione inglese Urban Search and Rescue traducibile in “ricerca e soccorso in ambiente urbano” e definisce l’insieme delle pratiche utilizzate per le operazioni di ricerca e soccorso di persone sepolte da macerie in caso di crolli di edifici e strutture, esplosioni o di eventi sismici), rimuovono il cemento crollato, avanti così finché sarà necessario.
L’Ansa parla di inchiesta per omicidio plurimo colposo, ne magnifica l’approccio multidisciplinare, dagli aspetti tecnici alle condizioni dei lavoratori. In queste ore l’inchiesta starebbe prendendo forma con la distribuzione delle deleghe alla polizia giudiziaria. Viene fatto il censimento delle decine di ditte nel groviglio di subappalti che riportano al vertice della Aep di Pavia, l’impresa capofila, la stessa responsabile di un cantiere gemello, a Genova, nel quartiere di San Benigno teatro di incidenti avvenuti lo scorso anno. Aep, Attività Edilizie Pavesi, lavora per conto di La Villata Spa, immobiliare partecipata al 100% da Esselunga, presieduta – grazie ai buoni rapporti con Marina Sylvia Caprotti, la figlia del fondatore di Esselunga – dall’ex ministro Angelino Alfano. Esselunga ha acquisito l’intera società pochi mesi fa acquistando il 32,5% che era posseduto da Unicredit al prezzo di 435 milioni. Ex delfino di Silvio Berlusconi, Alfano è stato ministro della Giustizia nel governo Berlusconi IV e ministro dell’Interno dei governi Letta e Renzi.
Ma è davvero colposo un delitto che avviene nell’intrico di subappalti, contratti e lavoro nero? Ne scrive Dario Salvetti, del collettivo di fabbrica dei lavoratori ex Gkn, che è anche Rsu della Fiom:
31 dicembre, perché sia un anno nuovo, non solo il nuovo anno
Sono loro a dover temere l'ora x, non noi.
PROGRAMMA IN DEFINIZIONE, EVENTO FACEBOOK: https://fb.me/e/4FICkBye7
1. L'ora x è quella dei licenziamenti definitivi, quando Gkn verrà trasformata in una pura operazione immobiliare. E' il completamento della delocalizzazione.
2. L'ora x ad oggi arriva il primo gennaio 2024. Sono così cinici da licenziare il primo gennaio. Questo ci obbliga all'ennesimo miracolo: un atto di lotta, veglia, analisi, raduno di fronte ai cancelli della fabbrica il 31 dicembre. Per affermare che: siamo tutti Gkn e che l'ora più buia e più fredda va passata insieme.
Il contesto è proibitivo: stupiamoli. Continuiamo a scrivere la storia
3. Faremo di tutto per respingere i licenziamenti, ma comunque il 31 dicembre sarà un crocevia fondamentale. Perché - licenziamenti o no - il nostro tempo sta scadendo. O la lotta per Gkn diventa una lotta per la fabbrica socialmente integrata, per la reindustrializzazione dal basso, o presto o tardi la speculazione finirà per avere il sopravvento.
4. Un territorio esondato e alluvionato non può permettersi di non sapere cosa sarà di 80mila metri quadri. Contro la cementificazione e il cambiamento climatico, per una fabbrica che sia polo delle rinnovabili e della mobilità leggera.
5. Da anni gli operai sono gli unici a tenere la discussione sulla progettualità industriale. Probabilmente perchè da anni le diverse proprietà hanno avuto ben chiaro che lì vogliono distruggere una storia industriale, sindacale, territoriale. Abbiamo un progetto industriale, ma senza intervento pubblico questo progetto rischia di rimanere sulla carta. Chiediamo che Regione e Comune intervengano sullo stabilimento.
6. Il Governo ha dato soldi pubblici a un'azienda in liquidazione, senza fare ritirare la liquidazione e senza nemmeno dire una parola sui licenziamenti. Il Governo ha chiarito da che parte sta.
7. Portate tutto, voce, gazebi, robe da bere e mangiare da distribuire, chiedete alle vostre realtà organizzate di concentrare la propria presenza il 31, aiutateci con il servizio di volontariato, diffondete la voce. Che l'ora x ci faccia trovare insieme come una barricata festosa, come "geniali dilettanti in selvaggia parata".
Form volontari. https://forms.gle/Ubp54M8FYYXAtjTc7
8. 13 dicembre, h 19, presso presidio ex Gkn, riunione operativa delle realtà solidali, gruppo di supporto verso i successivi giorni di lotta e verso il 31 dicembre.
Da una parte c'è il desiderio di azzerare tutto e guardarsi finalmente intorno. Se ne fossi capace, aprirei la mia scatola cranica, ne tirerei fuori il contenuto che, a volte, penso sia totalmente avariato e bacato, e lo infilerei sotto un rubinetto per sciacquarlo per bene e tirare via pensieri, ricordi, desideri inappagati (anche questo lo è) e quelle macchie infelici e indelebili di amori perduti. Se fosse un cellulare, cercherei la combinazione di hard reset per tornare ai valori di fabbrica e azzerare tutti quegli aggiornamenti e file temporanei della cache che la vita ti affibbia e che si accumulano intasando la memoria.
C'è un mio caro amico che vuol prendersi cura di me e insiste per farmi conoscere qualcuna con cui relazionarmi ex novo. Ce la mette tutta (lui) a spronarmi, ma io sono totalmente e disperatamente refrattario a queste cose: nella mia totale imbranataggine e timidezza innata (nessuno lo direbbe, ma mi vergogno a volte anche della mia ombra) mi sono pentito immediatamente di essermi lasciato convincere a mandare un messaggio a una sua conoscente per una (pseudo) proposta di appuntamento. L'ho scritta così male e controvoglia da risultare (credo) totalmente ridicolo e da cestinare.
Ma d'altra parte vorrei conservare tutto di me: sono incapace di cancellare e/o accantonare ricordi ed emozioni. Mi hanno accompagnato per talmente tanto tempo che è come se fossero una mia seconda pelle. Questo concetto di "lascialo andare" non mi appartiene per niente. Provo rigetto solo a pensarlo. Sarebbe rinnegare parte di me. Se non mi libero da questa situazione di stallo, se non esco dal cul-de-sac in cui mi sono infilato da solo, non avrò vita, quanto meno decente, sempre con questo senso incombente di tristezza che mi trascino dietro.
Devo uscirne assolutamente.
Un evento che intende onorare un momento storico decisivo per l'evoluzione economico-sociale del nostro paese
"...un novello stabilimento mosso dalle acque dell'Olona si vide sorgere in Solbiate, e tosto crebbe in guisa che fu il maggiore della Lombardia. E con la nuova del filare, aumentarono ancora l'avita arte del tessere, agli antichi telai a mano aggiungendone molti e molti meccanici" (Pasolini P.D., Memorie storiche della famiglia Ponti, Galeati, Imola 1876)
Il Comune di Solbiate Olona e la Commissione Biblioteca organizzano in collaborazione con il Gruppo Anziani Solbiatesi
...C'ERA UNA VOLTA IL COTONIFICIO...
23 Agosto 1823: inizia la storia di un avventura cotoniera che trasformerà la vita di un paese
21-22 ottobre 2023: Solbiate olona celebra il Bicentenario di fondazione del Cotonificio "Andrea Ponti"
PROGRAMMA
Sabato 21 Ottobre ore 16 presso il Centro Anziani di Solbiate Olona
Inaugurazione della mostra documentaria allestita da Aldo Tronconi
Presentazione del percorso narrativo "Storia di una industria e di un Paese"
a cura di Ivan vaghi, Antonello Colombo, Annamaria Tomasini
Domenica 22 Ottobre presso il Centro Socio-culturale di Solbiate Olona
Vernissage della collettiva di pittori locali "Spazi e uomini di una industria cotoniera"
Proiezione Video "Il Cotonificio di Solbiate 1823-2023" di Filippo D'Angelo con le interviste agli ex lavoratori
ORARI DI APERTURA DELLA MOSTRA
Domenica 22 ottobre dalle ore 10:00 alle ore 12:00 - dalle ore 15:00 alle ore 18:00
da Lunedì 23 a Venerdì 26 ottobre dalle ore 15:00 alle ore 18:00
Sabato 28 e domenica 29 ottobre dalle ore 10:00 alle ore 12:00 - dalle ore 15:00 alle ore 18:00
NOTE
Il 23 agosto 1823 è una data importante per Solbiate Olona: "Si è principiato a lavorare il Cottone a Solbiate" scriveva il contabile della sede di Gallarate del Cotonificio di Solbiate. L'opificio sorse sull'area dei due mulini ad opera di Andrea Ponti, già industriale a Gallarate. La fabbrica occupò sin dall'inizio 153 operai di cui 12 donne.
Ben presto la filatura si sviluppò: Cesare Cantù in "Illustrazione italiana del Lombardo-Veneto" del 1854 all'art. Solbiate Olona scrive: "Rimarchevole è la filatura della ditta Ponti, la più vasta che esista in lombardia e che occupa oltre 400 persone. Essa è illuminata a gas e contiene molti telai meccanici ed una vasta tintoria".
Nel 1890 per interessamento di Andrea Ponti, la popolazione aumentata a 620 abitanti ebbe i primi servizi sociali: l'asilo e la scuola elementare fino alla terza classe.
La lenta trasformazione del paese da eminentemente agricolo ad agricolo-industriale continuò. La popolazione aumentò sensibilmente tanto che nel 1913 a Solbiate gli abitanti erano 2350.
Nel 2014 alla guida del Cotonificio ci furono uomini di grande valore come Federico ed Alfredo Tobler che sostituirono ettore Ponti, divenuto Senatore del regno: già da quel periodo i prodotti marca Gallo furono molto apprezzati.
"In occasione del Centenario del Cotonificio fu iniziata la costruzione delle case operaie e donato al Comune il terreno per un nuovo e più grande Cimitero. Fu l'inizio di un periodo d'oro per il paese che, unico nella zona, aveva strade asfaltate, un centro sportivo ricreativo (il dopo-lavoro) con campi da tennis, gioco delle bocce, pista per corse, sala da ballo".
(tratto da "Socio-Storia di Solbiate Olona", a cura delle insegnanti Sandra Sartori Colombo e Gianna Limido Bellancini delle classi 3^B e 3^C, Anno scolastico 1975/76)
Al Pd serve un amministratore delegato, non un altro amministratore di condominio, dice il direttore del Foglio Claudio Cerasa a In Onda su La7. "Non si parla dell'unico vero problema: perché il Pd ha reso il carisma incompatibile con la leadership. Servono persone che possano fare vivere più l'emozione e un po' meno l'algebra". È di tutta evidenza che nel risultato non ha inciso il destino cinico e baro, hanno inciso le scelte sbagliate – sì, non dimentico il tradimento di Calenda, ma ricordo anche la disponibilità di Italia Viva, mai raccolta – ed una campagna elettorale ondivaga e povera di proposte attrattive. Ondivaga perché, con un’alleanza e con un Pd così sbilanciati a sinistra, si è conclusa con la messa in guardia dal pericolo Meloni, tema coltivato a intermittenza e intensificato nell’ultima settimana. Bene, ma se Fratelli d’Italia costituiva un pericolo per la democrazia, allora conveniva mettere in campo un “fronte repubblicano” fin dai giorni successivi alla crisi di governo. Letta non solo non ha imboccato questa strada ma ha addirittura cancellato gli alleati ospitati sotto il suo simbolo per andare allo scontro diretto, in perfetta solitudine, con Giorgia Meloni. Un errore fatale. Quel che è peggio una campagna elettorale povera di proposte. Non riesco a ricordare un solo argomento che abbia catturato l’attenzione degli elettori. Il clima? No. Il salario minimo? Nemmeno. La lotta alle superbollette del gas? Neanche.
Quasi nessuno dei capi-cordata è intervenuto in Direzione: un tatticismo «doroteo»? «I capicorrente hanno già iniziato le grandi manovre tattiche, che non servono al partito. Se è vero che la prima cosa a cui pensare è la ridefinizione di una identità più complessiva, fino ad oggi la cosa più sbagliata è stata quella di concepire il Pd come soggetto isolato. Da una ventina d’anni abbiamo un’Italia divisa in due come una mela ma il confine tra destra e sinistra non si è più spostato». Per Occhetto, «Il Pd si porta dietro un vizio di fabbrica, quello che non mi consentì di iscrivermi al nuovo partito e mi fece dire allora: è una fusione a freddo di apparati e non, come dovrebbe essere, una felice contaminazione di ideali, culture diverse, ex comuniste, socialiste, cattoliche, laiche. Invece c’è stata una sovrapposizione. Risultato: il Pd non ha un’anima».
Verrebbe da chiedersi cosa sarebbe accaduto, nel Partito Democratico, se Enrico Letta avesse deciso di seguire i primi istinti dopo la debacle alle urne e si fosse dimesso direttamente da segretario. Perché è bastato semplicemente che il leader annunciasse l’intenzione di non ricandidarsi al prossimo congresso, pur restando alla guida del partito fino a quella data, per scatenare contro di lui il più classico tiro al piccione. «La rottura con il Movimento 5 Stelle è stata frettolosa» gridano in coro le «vedove» di Giuseppe Conte, cui dà voce il solito Goffredo Bettini. Ed è superfluo ricordare come, nella Direzione in cui Letta annunciò l’esclusione dei grillini da ogni tipo di alleanza, non ci fu un piddino che fosse uno a esprimersi in dissenso. «Non si poteva far passare un messaggio di divisione all’esterno» è la giustificazione ufficiale. «C’erano le liste da comporre e nessuno voleva rischiare il posto» è invece la verità. La transizione, si diceva. Letta resterà segretario ancora per qualche mese. Un periodo nel quale andranno scelti i capigruppo di Camera e Senato oltre che altri ruoli «istituzionali» (vicepresidenze delle Camere, presidenti di commissioni eccetera). Quindi ai big non conviene ancora andare allo scontro frontale. Chi invece non ha più nulla da perdere la lingua non se la morde, anzi. «Se il segretario mi ha chiamata durante questa campagna elettorale? Non l’ho sentito e mai più lo sentirò» chiosa gelida Monica Cirinnà, sconfitta pesantemente nell’uninominale, prima di rivendicare che «non ho perso io, ma il partito».
Con la festa del 7 settembre si sono chiusi i 4 intesi anni di attività connesse al progetto europeo Stronger Peripheries. Ci tengo a pubblicare per chi non c'era il discorso di ringraziamento rivolto a tutta la comunità che ho presentato durante la serata del 6 settembre in teatro.
Io purtroppo domani per impegni pregressi non sarò presente alla festa di chiusura Mondaino gioca in Europa ma sarò in residenza a Rubiera con un gruppo di giovani spettatori e spettatrici, quindi ci terrei a ringraziare stasera, visto che molte e molti di voi siete presenti, chi in questi anni è stato con noi, e ci ha affiancato nella costruzione e realizzazione di questi processi di cura e accompagnamento degli artisti in residenza.
Perdonatemi se leggerò questo breve discorso ma data l’emozione e forse la commozione per la fine di un progetto così inteso non vorrei rischiare di dimenticarmi qualcosa di importante.
L’arboreto ha avuto come partner di questo progetto europeo l’onere - perché è stato difficile - ma anche l’onore – perché è stato per noi fonte di crescita e consapevolezza - di accogliere in residenza 7 degli 11 artisti selezionati da Stronger Peripheries.
All’inizio ricordo eravamo molto impauriti: il progetto è iniziato nel frangente della pandemia nel momento in cui i teatri si riaprivano con tutte le difficoltà del caso, mascherine, vaccini, polemiche. Noi avremmo dovuto lavorare a stretto contatto con la comunità perché questo richiedevano i progetti degli artisti ma avevamo davanti una comunità che non c’era, che si era dispersa, una comunità impaurita.
Con questi dubbi siamo partiti per costruire gli incontri della prima artista ospite: Neja, un’artista slovena, che lavorava sul tema lavoro e felicità. Lei voleva incontrare e intervistare degli anziani del territorio le cui storie si legassero a questa tematica.
Ora non mi vorrei dilungare troppo però in questo caso io devo assolutamente ringraziare Sandra Roselli e Alberto Giorgi che soprattutto all’inizio sono stati i miei occhi aperti sul paese. Sandra ci ha messo il cuore e il suo amore per la comunità; Alberto la sua passione per la storia di Mondaino e il suo legame forte con il paese.
Mi hanno introdotta alla comunità, insieme abbiamo riflettuto sugli spazi di lavoro da osservare, e mi hanno suggerito e accompagnato dalle persone che potevano essere disponibili ad incontrare l’artista. Ed è stata una prima esperienza meravigliosa: alcuni signori ex lavoratori della fabbrica di fisarmoniche Galanti e della miniera di Mondaino sono arrivati in teatro con Sandra e quello che hanno portato a Neja non sono state solo le loro storie personali, ma quelle di un paese intero e le hanno donato fotografie, buste paga, pezzi del loro archivio personale. Mondo, Virgilio, Luciano e Vittorio sono i loro nomi.
Poi c’è stata Giulia Betti che ringrazio per come si è donata alla gran parte degli artisti e delle artiste in residenza in questi anni, mettendo a disposizione le sue capacità artistiche e relazionali, una cura speciale nell’ascoltare i desideri e le necessità di ognuna e ognuno di loro.
Poi ci sono stati gli amici, le amiche, i nuovi abitanti e quelli che a Mondaino ci vivono da anni o da sempre, i vicini di casa e i vicini di altri paesi, portatori ognuno e ognuna a modo loro di storie, di utopie realizzate. Non ce n’è stata una tra le persone che ho chiamato per coinvolgerla che mi abbia detto no: e questo per me è incredibile! Si è rivelato ogni volta come un dono inaspettato!
Quindi ringraziare desidero, per citare Mariangela Gualtieri che è una delle presenze e voci che per anni hanno abitato questo teatro, ringraziare desidero ognuna e ognuno di voi, molti presenti stasera – non posso fare tutti i nomi ovviamente ma siete qui - che ci avete accolto nelle vostre case, raccontato le vostre storie personali, le sfide e le difficoltà, a cuore aperto e con una fiducia estrema.
E ringraziare desidero anche tutti i bambini e le bambine delle scuole del territorio e le loro insegnanti che hanno avuto il coraggio di far entrare le loro classi dentro a percorsi di ricerca fragili, spesso rischiosi, che in alcuni casi affrontavano tematiche anche complesse.
E ovviamente ringrazio anche se non sono tutte e tutti qui presenti gli artisti e le artiste perché senza di loro tutto questo non sarebbe possibile.
Io ho dei bagliori, delle immagini che mi resteranno per sempre nel cuore e di questo vi ringrazio infinitamente. Per raccontarvene alcuni.
La dolcezza e delicatezza dei bambini della primaria di Montelabbate che sono scesi sul palco e hanno lavorato a stretto contatto con Chiara Bersani, un’artista disabile per chi non la conoscesse, accoccolandosi intorno a lei, esplorando con lei il suo sottobosco.
I primi ricordi, le lacrime e i sorrisi dei bambini di Schieti che insieme a Kepler, collettivo bolognese, hanno trattato il tema della memoria e dei ricordi che se ne vanno.
Il palco del Teatro Dimora pieno di donne che inaspettatamente hanno risposto alla chiamata di Eva, artista greca, interessata a conoscere i rituali legati alla festa di Santa Lucia e più in generale legati all’acqua.
Il racconto divertentissimo del bar dei fuchi che aspettano “come tonti” il passaggio dell’ape regina.
E poi sì tante le storie, i racconti delle vite degli altri che, così come è proprio del teatro, ci fanno riflessivamente mettere in discussione le nostre, ci pongono nuove domande e ci aprono nuovi orizzonti di senso.
Queste occasioni di incontro, questi differenti e molteplici modi di stare insieme e di abitare ogni interstizio del teatro ci hanno arricchito tantissimo e hanno accresciuto negli anni un sentimento di fiducia di cui sono grata; hanno fatto emergere penso quella comunità che il sociologo Appadurai definisce "comunità di sentimento": cioè un gruppo che inizia a immaginare e sentire le cose collettivamente. E, rubo ancora qualche parola ad Appadurai prima di chiudere, "l'immaginazione, soprattutto quando è collettiva, può diventare l'impulso per l'azione. È l'immaginazione, nelle sue forme collettive, che crea le idee di quartiere e di nazione”, e aggiungo io di cittadinanza che è un po’ il senso del mio e del nostro lavoro qui, e di questo ringrazio ancora tutte e tutti voi.
Global Pharmaceutical Contract Development and Manufacturing Market to Reach $261.57 Billion by 2031, Driven by Advancements in Biologics and Generic Drug Demand
[Redding, California] – Meticulous Research®, a leading global market research firm, has unveiled its latest comprehensive analysis titled “Pharmaceutical Contract Development & Manufacturing Market Size, Share, Forecast, & Trends Analysis by Service(Manufacturing [API, FDF {Parenteral, Injectable, Tablet, Capsule, Oral Liquid, Biologics}], Drug Development) End User - Global Forecast to 2031.” According to the report, the pharmaceutical contract development and manufacturing market is poised to reach a significant milestone of $261.57 billion by 2031, registering a compound annual growth rate (CAGR) of 7.4% from 2024 to 2031.
1. Market Growth Catalysts
The growth trajectory of the pharmaceutical contract development and manufacturing market is primarily fueled by the pharmaceutical industry's increasing complexity, alongside a growing reliance on cutting-edge manufacturing technologies. The surge in pharmaceutical R&D investments, the expiration of critical patents, and the escalating demand for generic medicines and biologics are additional key drivers. However, challenges such as supply chain disruptions and stringent regulatory frameworks are creating headwinds for the market.
Download Sample Report Here : https://www.meticulousresearch.com/download-samplereport/cp_id=5171
2. Emerging Opportunities and Challenges
As the market evolves, it presents notable opportunities, particularly in the burgeoning sectors of cell therapies, gene therapies, and personalized medicine. The growth in high-potency active pharmaceutical ingredients (HPAPI) and antibody-drug conjugates (ADC) markets further underscores the potential for expansion. However, the market also faces significant challenges, including intellectual property risks and a shortage of skilled professionals required to navigate the complexities of pharmaceutical manufacturing.
3. Key Industry Players
The pharmaceutical contract development and manufacturing landscape is dominated by several key players, including:
• Lonza Group Ltd. (Switzerland)
• Catalent Inc. (U.S.)
• Patheon (a subsidiary of Thermo Fisher Scientific Inc., U.S.)
• Recipharm AB (Sweden)
• C.H. Boehringer Sohn AG & CO. KG. (Germany)
• Aurobindo Pharma Ltd. (India)
• Jubilant Pharmova Limited (India)
• Fareva SA (Luxembourg)
• Vetter Pharma International GmbH (Germany)
• Aenova Group (Germany)
• WuXi Biologics Inc. (China)
• Piramal Enterprises Limited (India)
• Almac Group (U.K.)
• Fabbrica Italiana Sintetici S.p.A. (F.I.S., Italy)
The report categorizes the pharmaceutical contract development and manufacturing market by type, end user, and geography. Notably, the biologics manufacturing services segment is expected to experience a higher CAGR of 11.1% during the forecast period. This segment is further subdivided into finished dosage form (FDF) manufacturing services and active pharmaceutical ingredient (API) manufacturing services. The FDF category, driven by the rising importance of biologics and their intricate manufacturing processes, is anticipated to lead the growth.
Among end users, large pharmaceutical companies are projected to dominate the market, accounting for 42.3% of the market share by 2024. The increasing complexity of drug research and the high costs associated with facility maintenance have made contract manufacturers indispensable to large biotech and pharmaceutical companies. Additionally, with the expiration of many drug patents, these companies increasingly rely on contract development firms to bring generic versions of their drugs to market.
5 Regional Insights
Geographically, North America is poised to maintain its leadership in the pharmaceutical contract development and manufacturing market, with an estimated 44.3% market share by 2024. This dominance is supported by a diversified product pipeline, emerging therapies, shifting customer demands, and an increasing focus on biologics and generic drugs. North America also benefits from a large production base for APIs, advanced manufacturing capabilities, and the presence of major pharmaceutical companies.
Seregno, blitz in un ex fabbrica: arresti e denunce
Seregno (Monza), blitz in un ex fabbrica: arresti e denunce
Lo scorso 21 giugno, a Seregno, i Carabinieri della locale Compagnia hanno arrestato in flagranza del delitto di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti due cittadini egiziani, rispettivamente
di 19 e 21 anni, entrambi irregolari sul territorio nazionale e già noti alle forze dell’ordine....
Leggi articolo completo su La Milano
Read the full article