#fatica di salire scala
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cesarecitypilgrim · 10 months ago
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Salire (o scendere) una scala. Allenare lo spirito 8/Climbing (or descending) a ladder. Spiritual training 8.
Giacobbe fece questo sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo e i messaggeri divini vi salivano e vi scendevano. (Genesi, 28,12) He had a dream in which he saw a stairway resting on the earth, with its top reaching to heaven, and the angels of God were ascending and descending on it. (Genesis, 28,12) William Blake: Jacob’s Ladder. © Trustees of the British…
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libero-de-mente · 2 years ago
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Salire
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E quando pensi che sia finita è proprio allora che comincia la salita. Che fantastica storia è la vita. Così recita una canzone di Antonello Venditti, uscì nel 2003. Mi piacque tanto.
Salire, arrampicarsi o impegnare una scala sono metafore della vita di un uomo. Prendiamo ad esempio una scala. Ogni gradino è una fatica, un impegno ma ogni volta che si sale su uno di essi è anche un traguardo che si raggiunge. Oppure un ostacolo che si supera.
Dall'alto di quel gradino si vede meglio e più lontano, quindi non ci si deve fermare. Se il panorama è bello si è stimolati a salire più velocemente, se si sta uscendo da un pozzo le pareti scure non ti fanno capire di quanto ti stia elevando.
Ho il fiato corto io, troppe scale di corsa in vita. Così allungare la gamba, con un piccolo saltello, per evitare una pozzanghera mentre salgo sul marciapiede diventa un salto in alto. Mi sento pronto per le Olimpiadi, Gianmarco Tamberi trema sto arrivando.
Salire. In questo sabato mattina sto cercando di convincere il buon umore a salire da me, nel mio cervello.
L'ultima volta che ho chiesto a qualcuno di salire da me era una tizia, conosciuta in un bar durante quelli che oggi chiamano "apericena", le avevo chiesto se voleva salire da me per vedere la mia collezione di delusioni nella vita. Pensavo di farla sorridere, invece seria mi rispose che aveva finito due album di delusioni, che aveva delle doppie; che se fossi interessato allo scambio delle doppie mi avrebbe chiamato lei. Tratteneva a stento le lacrime, l'aveva presa sul serio. Non la sentii più, una delusione.
La prossima volta mi giocherò la collezione dei disturbi della personalità, magari funzionerà.
Ci sono anche scale mai prese, come quella volta che una tizia mi disse: "Vuoi salire a vedere la mia collezione di farfalle? Ne ho solo una ma è molto bella". Pensavo scherzasse. Dopo qualche settimana un mio amico salì a vedere quella farfalla, mi disse che era molto bella. Anzi bellissima. Si frequentano ancora, non pensavo che lui fosse un entomologo. Mah.
Quando mi giocherò anche io la carta delle scale dirò "Vuoi scendere da me? Farai anche meno fatica che salire", crederanno che io abiti in un seminterrato. In realtà ho molti complessi d'inferiorità.
Forse dovremmo un po' tutti avere meno frenesia nel salire i gradini della vita, a ogni gradino dovremmo sostarci sopra un attimo per goderci il panorama, oppure la soddisfazione di esserci riusciti. Prendere un pochino di fiato prima di ricominciare la salita.
Più corri, più sali e prima finirà la scala. Finirà anche il significato di salire nella vita. Non ci sarà più nulla. Forse la vita stessa cesserà.
Comunque se avessi saputo che la vita era tutto un salire, sarei nato scala mobile.
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osservatoriosubliminale · 1 year ago
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il problema delle 3 scelte ~ microstorie
Il mio essere è stato abbastanza privo di etichette, ma è da quando prendo la metro che ho addosso più parole e ruoli di quel che vorrei. Non sono stato mai avvezzo all'attività fisica, ma è da quando ho iniziato a lavorare in quel posto che sono diventato uno che corre, all'impazzata, per arrivare in tempo al lavoro, agli appuntamenti, ai meeting, ai colloqui, agli incontri informali con i colleghi sempre un po' antipatici, senza nulla da dire, senza nulla da darmi e dar loro. Da quando mi si è rotta la macchina sono diventato sia un pendolare che un pensatore, ma mi spiego meglio: ogni mattina, quando mi sveglio, il mio orologio segna le 7:30. Mai un minuto in più, mai un minuto in meno. Alle 8 sono alla stazione sotto casa mia, alle 8:05 prendo la metro, alle 8:45 sono alla stazione vicina al lavoro e, da lì, mancano soltanto 15 minuti a piedi. Entrerei a lavoro alle 9 e sarei in orario, se solo non fosse per una scelta assurda, irrisolvibile, che devo fare ogni santo giorno: quale scala mobile prendere? Dopo aver salito la rampa di scale all'uscita della metro ci sono 3 scale mobili: la 1°, quella più vicina alla scala, è quella che prendono tutti poiché più comoda ma è quella più affollata. La 2° scala mobile, quella centrale, non è così lontana dalla 1° ma ha bisogno di un po' più d'impegno per essere raggiunta rispetto alla 1°; inoltre è anche meno affollata, per quanto comunque sia più affollata della 3° scala mobile, quella più lontana. È evidente il fatto che quest'ultima sia praticamente deserta rispetto alle altre, visto l'impegno fisico che ha bisogno per essere raggiunta. Ma ogni volta che esco dalla metro mi fermo e rifletto a quello che potrei fare: è obbligatorio passare davanti alla 1° scala mobile, poiché è sulla strada per raggiungere tutte le altre, quindi la prima cosa che faccio è arrivare all'inizio di quella scala. La guardo, ma solitamente vado avanti e raggiungo la 2° scala, quella di mezzo. Non è una scelta che faccio io però, perché se mi ritrovo in mezzo a delle persone le seguo, perché se più persone fanno una determinata scelta allora potrebbe essere la scelta corretta, per quanto ci possa essere sempre spazio di manovra. Davanti alla 2° scala mobile, però, mi fermo perché qui cosa dovrei fare? Potrei andare avanti, fare un piccolo sforzo e non avere nessuno attorno, potendomi permettere anche di camminare e arrivare in cima più velocemente, ma se restassi qui potrei fare meno fatica e raggiungere, con un ritardo discreto, il lavoro. Questa scelta sembra banale lo so, ma quelle 3 scale mobili sono per me una scelta. Una scelta, un qualcosa che mi spaventa così tanto da immobilizzarmi e tenermi fermo, aspettando che qualcuno scelga per me, per il meglio. Non voglio ragionare, voglio solo stare tranquillo senza pensare, cercando di vivere una vita senza etichette che è sì banale, ma tranquilla, serena, senza alcun grattacapo, preoccupazione, rischio. Ecco perché sono un pensatore, perché non voglio scegliere, affatto. Scegliere mi fa paura, scegliere mi immobilizza perché, di fronte a numerose possibilità, io voglio solo essere in grado di sopravvivere, senza fare alcunché. A un certo punto, però, ho notato dei lavori in corso nella metro. Lì per lì non capivo ma, dopo poche settimane, ho visto che avevano installato un ascensore, per permettere alle persone in difficoltà di salire più comodamente. C'ho pensato a lungo, ma la mia difficoltà è proprio scegliere e, senza pensarci due volte, ho deciso che da quel momento in poi avrei preso l'ascensore.
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corallorosso · 4 years ago
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I modi in cui i nazisti uccidevano i prigionieri nei campi di concentramento di Saverio Tommasi In un campo di concentramento era più facile essere ammazzati che sopravvivere, ma i modi in cui i nazisti procuravano la morte ai prigionieri erano molti e diversi fra loro. Conoscerli significa avvicinarsi alla comprensione dell'orrore, perché ciò che è stato mai più accada, neanche in altre forme e in altri luoghi. I prigionieri nei campi di concentramento arrivavano in treno, o a piedi. Più precisamente i prigionieri nei campi di concentramento arrivavano stipati in carri bestiame, oppure obbligati con lunghe marce, e qualcuno moriva già prima dell’arrivo. A Mathausen quando i prigionieri erano troppi e dentro non ci stavano, quelli nuovi che arrivavano non li facevano entrare, li lasciavano la notte fuori a meno dieci gradi. Nudi, e li bagnavano continuamente con idranti che sparavano acqua gelata. Questi massacri erano così utilizzati che avevano anche un nome: Totbadeaktionen, cioè bagni della morte. La mattina i prigionieri venivano ritrovati come statue di ghiaccio, in terra accuciati, o anche in piedi, completamente congelati. Nel campo di concentramento di Auscwitz, quando nasceva un bambino, veniva affogato in un barile pieno d’acqua, di fronte alla madre. Ai prigionieri più grandi, per lievi mancanze come ad esempio quando non si toglievano velocemente il berretto a richiesta, oppure il berretto gli scivolava in terra per un momento, veniva spinta la testa dentro un secchio d’acqua fino ad affogarli. Risparmiavano così le munizioni. Le munizioni fino alla scoperta delle camere a gas erano molto usate. Ad esempio nella finta “raccolta di lamponi”, fuori dai reticolati di filo elettrico. Ai detenuti veniva dato un cestino, venivano fatti uscire, e poi gli sparavano per “tentata fuga”. Si divertivano così i nazisti. Nelle fucilazioni di massa i neonati venivano spesso lanciati in aria e usati come bersaglio. Perché la carne degli infanti, troppo tenera, non era in grado di fermare la pallottola, dicevano, che perciò sarebbe potuta entrare nel corpicino, uscire dal corpicino, rimbalzare sul terreno e colpire magari di striscio un nazista. Per questo pensavano fosse meglio lanciare i bambini in aria e sparargli al volo. Nei campi di concentramento si poteva morire di fame, il regime alimentare era appositamente studiato per essere insufficiente, non era solo una questione di risparmio, a liberazione avvenuta si scopriranno infatti magazzini ricolmi di viveri e scorte immense di patate. Il regime alimentare era studiato in modo minuzioso per far vivere il deportato pochi mesi, 2 o 3 al massimo. Si poteva morire per dissanguamento, diverse centinaia di prigionieri morirono così, dissanguati dai prelievi a cui i nazisti li obbligavano, inviando poi quel sangue per trasfusioni ai soldati tedeschi feriti in guerra. Nei campi di concentramento si poteva morire per un colpo di rivoltella alla nuca durante false misurazioni dell'altezza dei deportati. "Ecco, bravo, in piedi, stendi bene la schiena", si mettevano dietro e gli sparavano alla nuca. Questi venivano chiamati "prigionieri K", da Kugel che significa "pallottola". Poi con le camere a gas i nazisti si accorsero che potevano fare prima e risparmare. La scusa con cui li convincevano era quella di andare a fare la doccia, e così che li rinchiudevano e poi calavano dentro dei barattoli di Zyklon B., il nome commerciale di questo gas cianidrico. Erano capsule di colore azzurrino che al contatto con l'aria si disperdevano diventavano aeriformi e determinavano la morte per asfissia. La morte sopraggiungeva ma lentamente, 15 o 20 minuti. Quando le SS non sentivano più le grida indossavano le maschere antigas e portavano fuori i corpi, per prendere loro i denti d'oro, ma anche i capelli per l'imbottitura degli stivali della Luftwaffe. Esistevano pure le camere a gas mobili, lo sapete? Sostanzialmente era un camion con il tubo di scappamento rivolto all'interno del vano posteriore del veicolo. Prima di accendere il camion venivano fatte salire dietro una trentina di persone, poi veniva chiuso il portellone e messo in moto il veicolo. Il camion percorreva i cinque chilometri di tragitto che separava i forni crematori di Mauthausen e quelli di Gusen. Bastava questo tragitto per uccidere le persone dietro con gli scarichi. Tolti i cadaveri dei gasati all'arrivo, si caricavano allora i nuovi prigionieri destinati a giungere morti all'altro crematorio, e così via, scambiandosi, in modo da risparmiare viaggi e benzina. Sopravvissuti di Mathausen testimoniarono nei processi ai nazisti nel dopoguerra di aver udito, dalle loro celle, grida strazianti provenienti dal sotterraneo, in concomitanza del rumore delle saracinesche dei forni che si aprivano e chiudevano, a testimonianza che molte persone venivano gettate nei forni ancora vive. Si poteva morire appesi per il mento a dei ganci da macellaio. Certi corpi di bambini erano così leggeri, che per fare entrare il gancio sotto il mento, dovevano tirarli per le gambe. Mengele era il non-dottore di Auschwitz, ed era particolarmente interessato ai bambini gemelli omozigoti, che poi con i suoi esperimenti ammazzava. Ad esempio iniettava loro nell'iride il metilene blu per far divenare i loro occhi azzurri, come la razza ariana. I bambini urlavano dal dolore, diventavano ciechi e quando poi alla fine si addormentavano, Mengele li soffocava nel sonno. Si poteva essere uccisi con un’iniezione a base di benzina o fenolo. Veniva effettuata nella latrina del blocco a Gusen. Il prigioniero veniva fatto sedere e gli venivano coperti gli occhi. L'avambraccio sinistro veniva tenuto da un inserviente alle sue spalle, mentre il medico effettuava l'iniezione con una siringa con un ago grosso e molto lungo, la siringa è ancora oggi esposta nel Museo di Mauthausen. Subito dopo l’iniezione, nei pochi secondi prima che il veleno facesse effetto, la vittima veniva fatta correre il più possibile, letteralmente veniva trascinata dall'inserviente fuori dalla latrina, fino al mucchio degli altri cadaveri fuori. In questo modo i nazisti si risparmiavano la fatica di trascinare il morto, perché era il "morto" stesso che veniva fatto correre nei pochi secondi che gli restavano prima di morire. Certi Kapò si divertivano con lo strangolamento, altri aizzando i cani contro i prigionieri facendoli sbranare. Georg Bachmayer possedeva due mastini addestrati a sbranare i prigionieri al suo comando, questa morte era chiamata dagli aguzzini "il bacio del cane". Si moriva anche impiccati a nodo di canapo lento, oppure per i piedi, così da procurare una morte più dolorosa. A Mathausen si poteva morire sfracellati dalle pietre mentre quelle stesse pietre si trascinavano verso quella che veniva appunto chiamata "Scala della Morte". A Mathausen si poteva anche morire spinti già da una rupe, che i nazisti chiamavano a spregio “parete dei paracadutisti”, dalla quale gettavano le persone vive. Alcuni prigionieri si gettarono prendendo loro stessi la rincorsa, per disperazione. Ad Auscwitz altri si suicidarono correndo e gettandosi contro il reticolato di filo spinato ad alta tensione. Finisco con una citazione, è di Primo Levi: “Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell'aria. La peste si è spenta, ma l'infezione serpeggia: sarebbe sciocco negarlo”.
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lacrime-di-gioia · 5 years ago
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Quando fai rumore, e qualcuno se ne accorge
Parole: 1429
Beta: server di Discord (credo)
Fandom: Sanremo RPF (Cenone di Natale AU/Sanremo Family AU)
Ship: background (neanche tanto) Levodie, Jdato (è inutile negare ancora)
Avvertimenti: misgendering (inconsapevole) e cugini troppo impiccioni. E le pippe mentali di Cally.
Note autore: devo tutto a @giulia-liddell, che ha creato questi personaggi. Avviene tutto la sera stessa dell’uscita IN AMICIZIA di Cally e Anita
(X). Sembra passata una vita, da quando l'ho scritta
La serata era iniziata in maniera relativamente tranquilla, se non si considerava la discesa rocambolesca dalla sua stanza, per evitare sguardi indiscreti e il fatto i tacchi nuovi erano decisamente scivolosi.
Le dispiaceva dover sgattaiolare fuori casa come una tredicenne in punizione, ma non voleva neanche dover rispondere alle domande di tutti i cugini.
Insomma, è normale cercare un po’ di privacy, in questo bordello pensò, mentre chiamava un taxi.
Il locale che avevano scelto era davvero carino, anche se a quell’ora era già decisamente pieno.
Era anche abbastanza fuori zona, così non avrebbero dovuto avere nessuno tra i piedi.
Amava i suoi cugini, e tutta la famiglia allargata, ma le era anche mancato passare del tempo con la sua fidanzata, senza uscite di gruppo.
A questo proposito, la vide avvicinarsi, fasciata nel suo abito di tulle rosso svolazzante.
Sussultò, quando se la ritrovò davanti con due bicchieri in mano. Era una dea.
La ragazza, però, sembrava concentrata a fissare un punto dall’altra parte della pista da ballo.
“Tesoro, cosa guardi?” le urlò , appoggiandole una mano sul braccio per attirare la sua attenzione.
“Niente, mi era sembrato di vedere…” sospirò l’altra: “Non importa, siamo qui per divertirci, no?”
La fidanzata annuì, trascinandola verso la pista da ballo.
Ma Claudia non riusciva non pensare a che cosa ci facesse Antonio in quel locale, soprattutto vestito e truccato in quel modo.
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Cally è distrutto: durante il viaggio di ritorno ha addirittura fatto fatica a mantenere lo sguardo sulla strada. Ed anche in quel momento, buttato sul letto ancora vestito, non riesce a togliersela dalla mente. Cazzo, mi ha dato un bacino da scuola materna, ed io sto già fottuto, bene..
Era stato un normalissimo bacio sulla guancia, da amica, prima di rientrare in camera sua. Anche lui ne aveva dati di simili a decine di ragazze, quindi perché quello gli brucia sulla pelle come un marchio infernale?
Dannata Anita.
Ma il pensiero più assurdo lo colpisce mentre sta facendo la doccia: e se andasse davvero a trovarla?
Cally si accorge di aver fatto la scelta più cretina della sua vita, quando a metà della scala di legno appoggiata contro alla sua finestra (o, almeno, spera che sia la sua finestra, perché non vuole di certo ritrovarsi nel mezzo di una hotline tra Riccardo ed Eugenio, dato che il primo si trova nella stanza di fianco) si sporge per guardare giù. Che modo stupido di morire, cadendo da una scala. Fa un respiro profondo, prima di riprendere a salire. Ormai sono qui, devo farcela.
E meno male che la finestra è aperta, perché dubita che Anita abbia voglia di spiegarne l’eventuale distruzione.
È quasi alla fine della scala, quando la vede: è in mezzo alla stanza, struccata e vestita con un semplice abitino di cotone azzurro, che immagina essere il suo pigiama, mentre piega diligentemente la gonna e la camicetta che aveva indossato quella sera.
Cally realizza che non lo stava aspettando, quando lei sposta lo sguardo verso la finestra e sussulta, accorgendosi di non essere più sola.
Arrossisce subito, dandogli le spalle e cercando di coprirsi il viso con le mani.
Con una mossa degna della pubblicità dell’olio Cuore, Cally scavalca il davanzale, fino a raggiungerla in pochi passi. Anita è ormai di uno strano colorito a metà tra le orecchie di zia Ama, e un peperone maturo:“Non dicevo veramente, sul venirmi a trovare,” mormora la ragazza, senza accennare a togliere le mani dal volto: “volevo lasciarti una buona idea di me, così sono orribile, ti farò sicuramente schifo”.
Cally non sa cosa fare, ma rimanere imbambolato dopo ad una confessione del genere sembra bruttissimo anche per i suoi standard, quindi le si avvicina e la cinge da dietro in un abbraccio, appoggiando la testa sulla sua spalla: “Ti dà fastidio?” sussurra, per essere sicuro di non forzarla. Anita sembra trattenere un singhiozzo, mentre gli risponde: “No, anzi, va bene”. Non sa quanto stiano così, ma lei sembra essere quasi a proprio agio, quando Cally si stacca, e le propone di tirare davvero fuori caramelle e computer.
Si accoccolano sotto alle coperte, nelle lenzuola a fiorellini di Anita, e fanno partire una commedia romantica. E nella penombra rischiarata solo dallo schermo del PC, tutto diventa lecito: anche quando le loro mani si sfiorano, per poi stringersi, anche quando Cally le sposta un ciuffo di capelli dal viso con la mano libera, anche quando, poco prima di cadere tra le braccia di Morfeo, lei lo sente sussurrare un “Ani, sei bellissima”.
Pensa che potrebbe benissimo rimanere lì per sempre, con Anita addormentata sul petto e gli orsetti gommosi. Non che al momento scappare sia una possibilità concreta, dato che non può fare movimenti improvvisi senza rischiare di svegliare la sua bella addormentata, ma non si lamenta.
Un po’ la invidia, perché ora, per colpa della sua insonnia si ritrova a guardare le travi a vista del soffitto della sua camera, e non capisce come possa essere successo tutto così in fretta: fino a qualche mese prima non sopportava neanche l’idea di starci di fronte ai pranzi di famiglia, ed ora era nel suo letto. Si sente anche un po’ imbecille, in realtà: insomma, Anita aveva accettato di uscire insieme “in amicizia”, di certo non sente quelle dannate farfalle che attanagliano invece il suo stomaco.
Okay, gli aveva tenuto la mano, ma è un comportamento normale tra amiche, no?
Era stato un normale pigiama party tra ragazze, con il film romantico e le caramelle gommose. Accidenti, non sono come Tarek o Marco, che neanche si accorgono di essere ad un appuntamento, senza che qualcuno glielo faccia notare.
Non era un appuntamento. E gli ci vuole davvero tanta forza di volontà (e di negazione) per non ammettere che, sì, vorrebbe che lo fosse stato.
D’altro canto, però, sa bene come ci si senta a trovarsi a fare i conti con la propria identità di genere, e non vuole assolutamente forzarla a dover affrontare altri casini, in quel periodo già delicato. Soprattutto, non davanti a tutta la famiglia.
E, in fin dei conti, neanche Cally muore dalla voglia di esporsi così.
Esporre cosa? Neanche l’hai baciata.
Anzi, neanche sai quale sia il suo tipo, in fondo. Certo, ha avuto una storia con Claudia,che  è decisamente diversa da te. Ma magari faceva parte della recita, in cui interpretava un ruolo:“Antonio, il cugino perfetto, cis ed eterosessuale, con una fidanzata perfetta”.
È strano, constata, in fondo non la conosco neanche così tanto.
Ecco, a questo punto potrebbe anche avere un fetish strano, tipo i piedi.
Sorride, scuotendo la testa. Beh, magari questo no.
Non si riesce ad impedirsi di lasciarle un bacio sulla fronte, prima di chiudere gli occhi e lasciarsi sopraffare dalla stanchezza.
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Elodie è un po’ preoccupata. Non è sicuramente gelosa, ma non ha ancora metabolizzato a fondo quello che Claudia le ha detto in taxi, al ritorno.
Non è possibile che fosse davvero Diodato, nel locale, vero?
Ha bisogno di schiarirsi le idee, tutto qui. Una passeggiata nel giardino dietro alla casa sembra una prospettiva davvero allettante. Si districa lentamente da Claudia, che nella notte si era mossa fino ad intrecciare le gambe con le sue, e l’aveva stretta in un dolce abbraccio.  
La bionda si alza pigramente, per poi afferrare al volo qualcosa da mettersi (probabilmente, quella felpa è anche della fidanzata, ma ormai non ci fa neanche più caso). Lancia un’ultima occhiata a Claudia, che dorme ancora beatamente, prima di uscire dalla stanza, cercando di non fare troppo rumore con la porta.
È così immersa nei suoi pensieri, che non la nota subito. E anche quando la vede, rimane un attimo perplessa. Cosa ci fa quella scala, lì?
Sicuramente, il giorno prima non c’era. Si massaggia le tempie, cercando di ricordare di chi sia quella finestra.
Riccardo dovrebbe avere la stanza in quella parte del corridoio, si ricorda, è possibile che Eugenio sia venuto a trovarlo, e gli abbia fatto una sorpresa?
Oh, no. Realizza, paralizzata dall’orrore. La camera di Riccardo è quella di fianco.
Lì c’è Diodato. Cazzo, perché questa sera porta tutto a lui?
Elodie non si considera un’impicciona, ma ormai ci è dentro fino al collo, quindi tanto vale arrivare alla fine del tunnel. Quello che vede una volta arrivata in cima, però, la lascia ancora più confusa e con più domande di prima: Perché diamine Cally è nel letto di Diodato, e lo sta abbracciando?
È stato lui a mettere lì quella scala?
Oh, Cally, spero che tu abbia una buon spiegazione, pensa, scendendo dalla scala per ritornare nella sua stanza, perché non ne uscirai facilmente .
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cdprocaccini · 2 years ago
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Werther von Witten conquista la Polonia
Dopo una lunga esposizione alla droga miscelata nell’acqua non dormiva né di giorno né di notte, non mangiava più.  Ad un certo punto, perse la pazienza, e, dopo aver fatto delle operazioni bancarie, prendendo dei soldi, che erano in comune al fratello e alla madre, e versandoli sul proprio conto, fece le valige e andò alla stazione centrale.
Dopo un lungo vagare avanti e indietro, senza sapere cosa fare, prese un pullman per Malpensa. Una volta arrivato, passò la notte nell’aeroporto, dove c’erano centinaia di barboni che dormivano al caldo, tutti accomodati a terra. Aspettò l’alba e si chiese: “Dove vado?”, “Parto col primo aereo per dove mi capita.”.
 Infatti, apparve sul tabellone un check-in con un volo per Varsavia: “Beh, non ci sono mai stato, facciamoci un salto!”. Pagò 250 euro per il volo, tutto sommato una buona cifra per usufruire del servizio all’ultimo! Salì sull’aereo, mangiò quello che gli portavano, un panino, e dopo un breve tempo era arrivato all’aeroporto di Varsavia.
Ora, pensò, “Il Polacco è incomprensibile!”. Dall’aeroporto, prese un bus per il centro città alla stazione. Poi in stazione, disse: “Dove vado?”. Andò alla biglietteria e vide sullo schermo delle partenze un treno per Vienna, e, arrivato il proprio turno, gli fecero capire che il treno per Vienna stava per partire, e che poteva fare il biglietto a bordo, poi gli dissero: “Corri!”.
Con la sua valigia, si mise a correre sul binario. Il treno era stracolmo e lui stava in piedi, ma tanto, con tutta la roba che aveva in corpo, la stanchezza non era un problema. Continuando a non stare in piedi come un cammello, andò nel vagone ristorante e si sedette, e per 6 euro prese un’acqua minerale gasata. Poi, arrivato il cassiere, fece il biglietto, e pian pianino si fece notte. Il treno si svuotava sempre di più e, ad un certo punto, si alzò, andò verso la porta del treno e, come una scimmia, si sporse fuori. Il treno andava piano, ma pur sempre troppo veloce per saltare giù. Qualche barlume in testa, lo fece desistere e, il treno arrivò in stazione, poco prima della frontiera. Si disse: “non c’è più bisogno di saltare”. L’unica cosa, che si rimproverò, fu che lasciò la borsa con tutte le sue cose sul treno.
Scese al sottopassaggio per andare in biglietteria, e chiedere un biglietto per Varsavia. Questo, per disorientare i suoi inseguitori immaginari. Poi tornò verso i binai e nascose il biglietto sotto una lastra di ferro. Andava avanti e indietro sui binari, poi nascose la sua giacca con le chiavi sotto un camioncino. Poi, attraversando i binari, gli passò davanti un treno merci, che andava molto piano, allora si disse: “potrei saltare”. Allora fece un salto, si aggrappò con tutte le sue forze, e la forza centrifuga che veniva dalla presa della barra di salita insieme alla mano di Dio lo appoggiarono pianissimamente sull’alta scala. Era seduto, sano e salvo. Il treno merci, dopo un po’, si fermò e lui scese dall’altra parte. Passò attraverso una boscaglia, vide una macchina parcheggiata, con della gente lì presente, di notte. Allora esclamò: “Polizia! Chiamate la polizia!” e loro gridarono: “Via! Via!”.
Andò allora verso una casa, suonò. Ormai era ridotto in camicia e pantaloni, visto che aveva buttato la giacca e i documenti, e aveva perso la borsa sul treno. Gli aprì un ragazzo sui vent’anni, gli offrì di sedersi sulla poltrona, e lui si accomodò e osservò le persone nella casa: gli sembravano molto strane. Le persone dicevano a una bambina di avvicinarsi a lui, allora egli si alzò e uscì dalla casa ed esclamò: “Sono un ebreo ortodosso e non posso toccare nessuno!”.
Allora disse loro di chiamare alla polizia, e loro, dopo un po’ di resistenza, la chiamarono. La polizia lo fece salire in macchina, ma egli si dimenava, si tolse la camicia e i pantaloni, e rimase in mutande. Così capirono che era meglio chiamare l’ambulanza, che dopo un po’ arrivò. Dopo tanta fatica per tirarlo fuori dalla macchina, arrivò al reparto psichiatrico dell’ospedale, al secondo piano.
Una volta arrivato all’ospedale, gli fecero la solita routine di check-up, una TAC realizzata con un macchinario rotto, dicendo che tutto andava bene alla testa.
Poi tentarono di fargli un prelievo del sangue, ma Werter si rifiutò, così dieci operatori lo agguantarono, cercando di trovargli la vena. Tuttavia, lui si divincolò, e si mosse freneticamente. Insomma, non riuscivano a fargli il prelievo!
La prima notte, dormì in corridoio, e il mattino dopo lo chiamarono per fare colazione insieme a tutti i pazienti. La colazione non era male.
Werter si guardò un po’ in giro, e fece amicizia con un tizio che parlava tedesco, anche perché era finito in un angolo del mondo in cui non si parlava né inglese né tedesco, ma solo polacco.
Capì che “no” in polacco vuol dire “sì”, così si spiegavano alcuni malintesi che si erano creati fin qui! Gli consigliarono di dire “Niet”, che in russo vuol dire “no”, e pare che anche i polacchi lo interpretino come un “no”. Poi gli insegnarono come dire “grazie”, una parola impronunciabile!
Nel frattempo, si svolse il pranzo, che, con sua grande sorpresa, era un ottimo hamburger impanato e altre cose buone. Del resto, sembrava ritornasse la sua solita fame. Poté avere del te, ma solo senza zucchero. Allora chiese all’infermiera di portargli dello zucchero. Lei gli prese quindi in cucina un sacchetto pieno di zucchero.
Aveva a disposizione solo 18 euro, da spendere per un mese, che, tradotto in soldi polacchi, erano in realtà una bella somma, anche perché c’era stato un improvviso calo di inflazione, e i prezzi alla vendita della merce erano bassi, quindi 18 euro gli bastavano.
Aveva un buffo pantalone da pinocchio, che gli fungeva da pigiama. Comunque, la gente era incuriosita, e, in ogni caso, solitamente gentile.
Dopo un mese di ricovero, lo vennero a prendere in ospedale suo fratello e i suoi due figli, e lo riportarono in Italia. Vide per la prima volta un I Pad, era di suo fratello. Fare delle foto, vedendole così in grande, lo affascinava!
Da lì, seguì una lunga catena di TSO, e non si esagera se si dice che erano stati almeno dieci! Ma questa è un’altra storia…
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robinson-team-blog · 7 years ago
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Persona di successo = scala in salita = difficolta' e fatica per salire Persona destinata al fallimento = scala in discesa = molto piu' facile E tu .... chi vuoi essere ? #successo #valori #amicizia #insieme #forever #uniti #campioni #sondaggio #lealta #unione #cambiamenti #generations #amoilmiolavoro #gruppo #sogni #solidarietà #divertimento
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paroleedincantesimi · 8 years ago
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Una notte come le altre...
Era accasciata contro il cancello di un'anonima casa di periferia, probabilmente abitata da una famiglia felice e per bene, padre impiegato, madre casalinga, due o tre figli sotto i dieci anni; la testa reclinata, a occhi chiusi, come un pensionato addormentato davanti alla TV, quello scricciolo di ragazza, ubriaca, stanca, disillusa, aspettava di essere salvata. “Portami a casa, portami a casa” borbottò piano con urgenza all'assenza in strada. Il ramo di un annoso pino, costretto nell'angusto cortile della casa, accarezzava con la sua ombra sottile e pungente la sagoma della ragazza, illuminata dalla luce malaticcia del lampione, che regalava bagliori di dignità al triste abitino di paillettes nere che scopriva una squallida nudità, più volte generosamente offerta e saccheggiata. I residui del trucco, messo a dura prova da lacrime e liquidi sulla cui natura era meglio non indagare -forse alcool, vomito o peggio- le macchiavano la faccia, facendola sembrare un clown desolato rimasto solo al centro di un circo senza più pubblico. Teneva nella destra una collanina d'argento rotta, unico elemento di un qualche valore su quel marciapiede, languidamente, senza stringerla e muoveva lievemente la mano in un insensato su e giù che solo manteneva una parvenza di vita in quel corpo spento. L'altro braccio era appoggiato al pilastro di cemento grigio del cancello, un vano sostegno per la sua irrimediabile, ebbra instabilità. Aveva mollato le scarpe di fianco a sé e, a giudicare dallo stato dei collant, le aveva tolte molto prima di lasciarsi cadere lì; in grembo teneva una minuscola borsetta, che probabilmente conteneva l'infinito -come tutte le borsette-, della cui esistenza si era già scordata, e i suoi capelli, accuratamente piastrati e tinti di un biondo che urlava la sua artificiosità, le coprivano malamente la spalla destra, deturpata da un grosso ematoma di un appariscente color viola porpora, sulla cui origine non si potevano fare che vaghe ipotesi. L'uomo che passò di lì in quel momento, chiuso nella sua auto nera, la scambiò per un angelo caduto, forse con le ali spezzate; stava per fermarsi, quando si accorse che era solo una ragazza ubriaca e proseguì, un po’ sconvolto. Dopo un po’, passarono altre due macchine, a poca distanza l'una dall'altra; nella prima c'era una coppia troppo impegnata per guardarsi intorno, e non la videro; nella seconda c'era una famiglia con due bambini, un maschio e una femmina, proprio come quella che forse viveva alle spalle della ragazza. La madre, osservandola, commentò pietosamente: “Povera bambina…”; il marito borbottò un assenso, i bambini continuarono a dormire e l'unico bagliore di compassione nato nella voce della donna, annegò miseramente nel sonno che allagava l'auto, come lo stoppino naufraga nel lago di cera sciolta di un mozzicone di candela. Passarono due ore, e con loro un ragazzo in moto, palesemente fatto, che urlò qualcosa di incomprensibile e rombò oltre come un calabrone. Passò un uomo a piedi, dall'altra parte della strada, troppo assorto per fermarsi: stava progettando una rapina in un supermercato e non riusciva a trovare un compagno di furto. Passò un ragazzo in vespa che stava portando le pizze ad una famiglia appena tornata dal funerale della nonna, tenuto in una città lontana centinaia di chilometri; lui ovviamente era ignaro di tutto e pensava tristemente al nuovo cellulare che neanche la paga supplementare in pizzeria gli avrebbe permesso di comprare. La vide e -almeno lui- si chiese se fermarsi o no, ma l'appetitoso effluvio delle pizze che emanava, seppur debolmente, da dietro, gli ricordò che il suo prezioso carico si stava raffreddando rapidamente, quindi decise di evitare sgradevoli discussioni e di consegnarle al più presto. Arrivarono i minuti prossimi all'alba e portarono con loro una giovane universitaria cinica della facoltà di giurisprudenza, reduce da una lunga notte in strada, tornando in città da casa, la sua casa lontana, con i genitori ormai vecchi e i fratelli, uno disoccupato e l'altro ossessionato dall'incombente esame di maturità. La ragazza si fermò e osservò a lungo quella persona che sarebbe potuta essere lei, un po’ più sfortunata e ignorante, un po’ più bella e sfacciata. Poi aprì la portiera e le si avvicinò con sicurezza. La prese sotto le braccia e cercò di sollevarla; “Portami a casa, portami a casa!” Mormorò lei con un pigolio di pulcino caduto dal nido. “Su, su, alzati, che andiamo a casa!” Le rispose e sorprendentemente funzionò: la ragazza tentò maldestramente di alzarsi sui piedi appena velati dai collant a brandelli; era ridotta troppo male per riuscirci da sola, ma il suo debole tentativo aiutò almeno l'altra a sollevarla, a guidarla verso la macchina, e ad adagiarla sul sedile anteriore, dopo aver spolverato il vestito pieno di sassolini e aver recuperato le delicate scarpette negligentemente dimenticate vicino al cancello. Una volta in macchina, le allacciò premurosamente la cintura e le sistemò i capelli con gesto materno, poi si sedette al volante e mise in moto. Non sapeva dove abitasse quella sbandata, ma era sicura che, se glie lo avesse chiesto, non sarebbe stata in grado di rispondere, quindi puntò direttamente verso il proprio appartamento, in un palazzo dall'altra parte della città. Ogni tanto la guardava, in tralice, e si chiedeva, incerta, cosa ne avrebbe fatto, rimandando sempre la decisione all'arrivo. La ragazza, intanto, rimaneva immobile: forse dormiva, forse era svenuta, forse era meglio passare dall'ospedale, forse era morta… In quel momento, russò rumorosamente, svelando una congestione di lunga data e contraddicendo la propria femminilità, ostentata, denunciata, quasi urlata dalle unghie laccate di rosa, dai residui di rossetto e dalla profonda scollatura; l'altra sorrise e scosse la testa. Erano quasi arrivate: mise la freccia e svoltò cautamente a sinistra, nella vecchia stradina buia dove viveva; cominciò a piovere lievemente, sul parabrezza, cimitero di piccole vite; sulle pozzanghere mai asciutte del vicoletto, sul dispiacere di una bimba che aveva appena trovato morto l'amato pesciolino rosso, sulla nuova compassione della sobria verso l'ebbra, della savia verso la folle, della sveglia verso l'incosciente. Sotto un largo ombrello di seta nera, da maggiordomo di classe, le due, appoggiate l'una all'altra, si incamminarono verso il portone di legno graffiato e scolorito. Impacciata dall'ombrello, dalla pioggia, dall'ubriaca che le sonnechiava sulla spalla, dalla pietà per l'altra, dalla nostalgia per la famiglia appena lasciata, dalla borsa piena di inutili foglietti prudentemente conservati, fazzoletti usati, biglietti indistinguibili l'uno dall'altro e - forse - chiavi di casa, la giovane universitaria sopraffatta dal mondo aprì la porta e si trascinò all'interno del minuscolo ingresso, insieme a tutto quello che aveva addosso, rischiando di finire contro i bidoni della raccolta differenziata di tutto il condominio. Si accasciò sulla cassapanca impolverata vicino alla scala, tra un orribile vaso di fiori finti e uno scatolone sfondato; rimase lì qualche minuto a insultarsi mentalmente per essersi presa la briga di raccogliere quel povero cucciolo, figlio del consumismo e della cultura del suo tempo, ponderando nel frattempo se la fatica necessaria a salire i due piani di scale con il pesante fardello valesse il divano che l'aspettava - dato che avrebbe dovuto cedere il letto alla sconosciuta -, o se invece non fosse più conveniente restare lì, tra la polvere di decenni e i miseri resti di un'umanità di periferia. Si alzò faticosamente con un sospiro che svegliò il gatto del condominio, pacificamente acciambellato su un vecchio cuscino - con ormai più peli che imbottitura -, e salì le scale con passo pesante, tanto che più di una luce si accese nel palazzo, e più di una voce si levò a protestare, assonnata. Arrivata all'appartamento, depose la ragazza su una delle sedie impagliate della cucina, e iniziò a pulirle pazientemente le gambe a cui rimanevano ancora attaccati polvere e sassolini; le lavò i piedi in una bacinella, sentendosi in parte Euriclea, in parte Gesù, poi la svestì, le mise un pigiama e finalmente la guidò verso il letto, quel letto per cui lei aveva sospirato per ore, sulla via del ritorno da casa, e che ora si lasciava sottrarre, in un afflato di compassione per quel povero relitto umano. Dato che tutti i suoi libri e i suoi appunti erano lì, sulla scrivania, decise di rimanere e di schermare la lampada da tavolo con un canovaccio. Si mise a studiare su un quaderno disordinato, guardando di tanto in tanto quel corpo inerte nel suo letto che lasciava sporadicamente uscire una sonora ronfata, e si chiedeva che ne sarebbe stato, se avrebbe mai saputo il suo nome, se avrebbe dovuto lasciarla dove si trovava… Una rondine mattiniera passò stridendo vicino al sottotetto, dove un altro studente dormiva, sognando la ragazza del secondo piano, che a lui non aveva mai pensato; in quel momento, due neonati gemelli strillavano all'unisono nella stessa culla e il gatto della vecchia sarta al terzo piano balzò sul morbido piumone della sua padrona, sostituendo lo scaldino ormai freddo. E la vita continuava…
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La Vergine Maria: Quando aspettai con gli apostoli nel Cenacolo la discesa dello Spirito Santo, ci vollero dieci giorni di preparazione.
Figlia Mia, il deserto in cui i Miei figli si trovano nel mondo di oggi è perché essi non sanno come ricevere lo Spirito Santo. Proprio come ti ho insegnato, ci vuole molto tempo prima che questo Dono sia concesso. Prima che uno qualsiasi dei figli di Dio possa essere reso degno di ricevere questo Dono speciale, deve compiere un viaggio molto duro [...]
Io, la loro amata Madre, dovetti aiutarli a preparare le loro anime.
Ciò significò insegnare loro l’importanza di un totale abbandono del loro libero arbitrio. Per diventare degni, essi dovevano capire la profondità dell’umiltà, a cui hanno dovuto soccombere, prima di essere pronti [...]
Quando attesi la discesa dello Spirito Santo nel Cenacolo con gli apostoli, ci vollero dieci giorni di preparazione. Ricordatevi, figli Miei, di venire da Me, la vostra Madre, affinché vi aiuti ad aprire la vostra anima per ricevere questo dono meraviglioso. Quando riceverete questo Dono, vi condurrò davanti a Mio Figlio. Poiché solo allora sarete veramente pronti a salire il gradino successivo nella scala che porta alla perfezione spirituale.
22 agosto 2012 – La Vergine Maria: Quando aspettai con gli apostoli nel Cenacolo la discesa dello Spirito Santo, ci vollero dieci giorni di preparazione.
Figlia Mia, il deserto in cui i Miei figli si trovano nel mondo di oggi è perché essi  non sanno come ricevere lo Spirito Santo.
Proprio come ti ho insegnato, ci vuole molto tempo prima che questo Dono sia concesso.
Prima che uno qualsiasi dei figli di Dio possa essere reso degno di ricevere questo Dono speciale, deve compiere un viaggio molto duro.
Quando attesi la discesa dello Spirito Santo nel Cenacolo con gli apostoli, ci vollero dieci giorni di preparazione.
Benché questo Dono fosse stato promesso a questi santi, devoti e leali servitori di Mio Figlio, essi non erano ancora pienamente preparati spiritualmente a riceverlo.
Io, la loro amata Madre, dovetti aiutarli a preparare le loro anime.
Ciò significò insegnare loro l’importanza di un totale abbandono del loro libero arbitrio. Per diventare degni, essi dovevano capire la profondità dell’umiltà, a cui hanno dovuto soccombere, prima di essere pronti.
Alcuni pensavano di avere imparato tutto da Mio Figlio.
Tuttavia questo era ancora un segno di orgoglio, e se esiste orgoglio in voi, non potete ricevere il Santo Dono dello Spirito Santo.
Per ricevere il Dono dello Spirito Santo dovete diventare piccoli davanti a Mio Figlio, come un bambino piccolo.
Non ci può essere spazio per l’orgoglio o l’arroganza. Eppure oggi le persone che pretendono di parlare con autorità in merito al modo di parlare di Mio Figlio, cadono in trappola.
Pretendendo di essere sapienti in materia spirituale, parlano con un’arroganza che non riflette le grazie accordate a coloro che possiedono sinceramente questo grande Dono del Cielo.
Quelli che sono stati dotati del Dono dello Spirito Santo sono sottomessi ai desideri di Mio Figlio.
Non se ne vantano.
Non sono aggressivi.
Non criticano gli altri utilizzando il Nome di Mio Figlio per farlo.
Non deridono gli altri mentre proclamano la loro interpretazione della Sua Santa Parola.
Non predicano l’odio.
Quando preparai i discepoli di Mio Figlio, ci furono molte discussioni.
Ci volle del tempo prima che essi accettassero finalmente cosa ci si aspettava da loro.
Solo allora, dopo aver capito che solo l’umiltà dell’anima poteva lasciar entrare lo Spirito Santo, furono finalmente preparati.
Esorto tutti figli di Dio, specialmente coloro che credono in Mio Figlio, a chiedere a Me, la loro Madre, di lasciare che Io li prepari a questo grande Dono.
Figlia Mia, c’è voluto un intero anno per prepararti, e non è stata una cosa facile. Ti ricordi come è stato difficile per te la recita del Mio Santo Rosario? Quanta fatica hai fatto perché la tua volontà si arrendesse e per dimostrare la tua umiltà?
Ora che hai ricevuto questo Dono, non significa che puoi darlo per scontato.
Devi continuare a pregare, a restare umile di cuore e a cercare la redenzione ogni singolo giorno. Poiché così come è stato dato, così può essere tolto.
Chiedo a tutti coloro che seguono questi Messaggi di pregare per il Dono dello Spirito Santo.
Non basta pregare una volta sola e dire che avete ricevuto il discernimento da voi richiesto, e poi criticare questi divini Messaggi. Se fate questo allora non avete ricevuto il Dono.
Per favore, invocate Me, la vostra Benedetta Madre, per aiutare a prepararvi con questa Crociata di Preghiera.
Crociata di preghiera (74) per il Dono del discernimento.
O Madre di Dio, aiutami a preparare la mia anima al dono dello Spirito Santo.
Prendimi come un bimbo e guidami sulla via verso il Dono del discernimento per il potere dello Spirito Santo.
Apri il mio cuore e insegnami ad abbandonarmi in corpo, spirito e anima.
Liberami dal peccato di orgoglio e prega perché io sia perdonato per tutti i peccati passati affinché la mia anima sia purificata e che io sia guarito per poter ricevere il Dono dello Spirito Santo.
Ti ringrazio, Madre della Salvezza, per la tua intercessione e aspetto con l’amore nel cuore questo Dono che desidero con gioia.
Amen.
Ricordatevi, figli Miei, di venire da Me, la vostra Madre, affinché vi aiuti ad aprire la vostra anima per ricevere questo dono meraviglioso.
Quando riceverete questo Dono, vi condurrò davanti a Mio Figlio.
Poiché solo allora sarete veramente pronti a salire il gradino successivo nella scala che porta alla perfezione spirituale.
La Madre della Salvezza.
http://gesuallumanita.blogspot.it/2012/08/22-agosto-2012-la-vergine-maria-quando.html
Promemoria
- Novena allo Spirito Santo, dal 6 fino al 14 maggio, qua
-L’esercito rimanente di Cristo trionferà , qua
-"Esse paventeranno una minaccia alla ‘Bestia a dieci corna “, l’Europa, che li porterà vittoriosi ad introdurre il comunismo.
Il ‘Dragone Rosso’, la Cina, ha già guadagnato una solida posizione nel mondo per via del controllo che esercita sul mondo della finanza. Il Dragone Rosso e “L’Orso”, che è la Russia, non amano il Signore. Essi sono stati guidati dall’Anticristo che viene dall’ Oriente e che si nasconde dietro porte chiuse", qua.
- I falsi profeti vi trasmetteranno delle nuove preghiere, attraverso le quali Mi insulteranno e bestemmieranno contro la Mia Divinità. Così come saranno milioni coloro che si leveranno a recitare le nuove preghiere , nello stesso modo faranno anche i falsi profeti: essi insegneranno ai figli di Dio come idolatrare la bestia, attraverso una nuova forma di cerimonia religiosa. Questa nuova cerimonia guiderà tutti coloro che si leveranno per seguire i falsi profeti in un’unica chiesa mondiale, la quale onorerà la bestia, qua.
- Come se un miracolo fosse accaduto, il falso profeta sembrerà resuscitare dalla morte, qua
-  Le nostre pagine, qua  (in particolare vi aspettiamo per pregare insieme su questa pagina dove ci sono appuntamenti di preghiera ) Vi aspettiamo per pregare intensamente su questa nostra pagina, dove, in orari stabiliti, si pubblicano posts che propongo orazioni da recitare con tutto il cuore. Facebook permette di ricevere una notifica ogni volta che la pagina pubblica un nuovo contenuto. Basta passare il cursore sul tasto “ti piace” e cliccare su “Notifiche” e mettere il baffo su "Si, tutte" Sempre uniti in preghiera !
-Preghiera per l'immunità data da Dio Padre, da recitarsi per un mese, qua
- Preparatevi sempre, ogni giorno, come se l’Avvertimento fosse domani, perché scenderà su di voi improvvisamente, qua
- Libro della Verità- Mini webcast parte 9-  ,Lotta al male, qua
- "Il Mio amato Papa Benedetto XVI è stato perseguitato ed è fuggito, come era stato predetto. Io non ho designato questa persona che sostiene di venire nel Mio Nome.Egli, Papa Benedetto, guiderà i Miei seguaci verso la Verità. Io non l’ho abbandonato e lo tengo vicino al Mio Cuore e gli offro il conforto di cui ha bisogno in questo momento terribile. Il suo Trono è stato rubato. Ma non il suo potere", qua
- L’anticristo verrà da Oriente, non da Occidente , qua
- Come assicurarvi che la vostra famiglia e i vostri amici possano entrare in Paradiso, qua
- Dice Gesù: Pregate, pregate la Mia Divina Misericordia alle 15 di tutti i giorni e potrete salvare il mondo. (Libro delle Verità, 30 aprile 2011), qua
-  Cerchiamo 100 persone che recitino 3 Rosari al giorno per salvare l'Italia, qua 
- Applicazione per Android:"Crociata di preghiera" ed Ebooks Programma di Preghiera in formato ePUB per per tablet e smartphone, qua 
- "Figlia Mia, i figli di Dio saranno in grado di proteggere la loro fede, il loro coraggio e la loro sicurezza durante tutte le guerre, se continueranno a pregare la Crociata di Preghiera del Sigillo del Dio Vivente. Questo è uno degli ultimi e il più grande Sigillo di Protezione inviato dal Cielo, di tutte le preghiere date all’umanità", qua
- Siete tutti calorosamente invitati a seguire il programma di preghiera del nostro gruppo qua e qua
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svevascoulture · 6 years ago
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Cosa? Dove?
ORE 6:00: sveglia 1, bracciomanodito, “posticipa”.
ORE 6:08: sveglia 2, bracciomanodito, “spegni”.
ORE 6:08-ORE 6:28 (e in veritas 6:31): scendere al piano di sotto, mettere sul fuoco la moka per il caffè, salire al piano di sopra, entrare in bagno, lavare le mani, il viso, mettere le lenti a contatto, lavare i denti e infilare gli shorts della Nike, scendere nuovamente al piano di sotto, entrare in cucina, spegnere la moka, versare li caffè, appoggiare la tazzina e concedere circa 20 secondi di aria, aprire la credenza, prendere il miele, pausa, prendere i datteri, pausa, miele o datteri? indecisione, bere un bicchiere d’acqua con limone, optare direttamente per il caffè, salire nuovamente di sopra, infilare top e insieme maglia e insieme felpa, scendere al piano di sotto e recuperare le Zoom, ricordarsi che servono i calzini, salire nuovamente al piano di sopra, cassetto, calzini, scendere ancora e ancora al piano di sotto, infilare calzini, troppo larghi, infilare scarpe, troppo strette, allargarle, alzarsi per uscire, manca l’orologio. sbuffare, salire le scale e recuperare l’Apple watch.
ORE 6:31: aprire la porta di casa, far partire la sessione Running Libero, altre scala, altra porta, portone, fuori.
ORE 6:32-ORE 7:10 (e in veritas anche 7:14): vicolo, dritto, vicolo, salitina, fiato corto, tagliare la strada e raggiungere Via Mazzini, destra su Viale Dante, semaforo rosso-arancione-verde-non-importa-si-attraversa, giù per il viale, tenere la destra sulla rotonda sperando di incontrare il Lagotto della casa davanti alla baracchina (il cane dorme, dorme sempre la mattina), dritto lungo il viale, marciapiede, semaforo arancione-verde-attraverso/rosso-butto-un-occhio, dritto verso il ponte, giù per la discesa, veloce, più veloce, salitina fino a Renzo e poco oltre, braccia chiuse e respiro più profondo, destra e via nel vialetto adiacente ai campi da tennis, sinistra e dentro al parco, discesa, veloce, più veloce, quasi velocissimo, dritto fino al ponticino, veloce, più veloce, preparasi a saltare gli otto gradini in due passi da quattro gradini, intorno alle siepi, giù, costeggiare i pavoni, incontrare un pavone, guardarlo e voltarsi, ritornare a correre. 
(Puoi parlare a te stessa: sei sveglia e sei cosciente) 
Ora dritto, sempre dritto sù fino al ponte passato circa 15 minuti fa, discesa sdrucciolante, veloce, velocissimo, curva mozzata e via dentro al lungo fiume, respira e guarda il luccichio del fiume violato dai primi raggi di sole, respira a pieni polmoni, inspiro profondo che alza il diaframma, espiro violento che schiaccia il ventre, e ancora dritto, alterna stradina ed erbacce, ecco il piccolo Carlino e il Border Collie, ecco a circa un metro e mezzo le rispettive padrone, l’alta e slanciata signora sempre sorridente e la sua compagna, quelle dallo sguardo schivo ma sincero, che saluta cordialmente ogni mattina, preparati a salutare, sorriso e mano in movimento. Continua a correre, passa il ponticino e presta attenzione alla melma instabile che la pioggia ha impastato, sempre dritto, intravedi il ponte che a breve si presenterà, guarda il sole e corrigli incontro, smettila di guardarlo e non accecarti, fontana, bevi, due o tre sorsi abbondanti, salita, braccia strette e respiro breve, passi brevi, spingi sulle natiche e attenta a non appoggiare troppo peso sulle ginocchia, ecco il ponte, spingi il pulsante del semaforo pedonale, macchine-in-arrivo e macchine-in-procinto-di-partire, non importa, correrai più veloce per evitare tutti, veloce, ora più veloce che puoi, fino alla fine. Discesa, respira a pieni polmoni e guarda il campo pronto per essere sgombrato dei suoi frutti, attraversa il viale alberato, guardati intorno, guarda a sinistra verso i palazzi in lontananza, ecco che i raggi di luce non sono ancora arrivati a svegliarli, (sei ancora in tempo per finire la sessione, ma non così in tempo), cambia percorso, taglia dalla rotonda e sali fino alla pista ciclabile degli alberi di fico, di nuovo salita, questa volta il fiato non è corto ma ritmico sui passi che stanno per concludersi, passa le due panchine, passa la signora che porta a spasso i quattro Maltesi, ancora dritto veloce, ecco i fichi, ancora piccoli, ancora verdi, ancora non pronti, continua a correre dritto, passa le scuole elementari, passa il sottopassaggio, ora la salita che porta alla fontanelle è parte della piana, nessuna fatica, ora il sudore scende dalle tempie, lascialo scendere. Passa il centro sociale, dritto fino alla strada, ora velocissimo, attraversa la strada, c’è una macchina ma hai il tempo che serve, giù, dritto verso il centro lungo il viale con le panchine, saltaci sopra, salta le panchine, tutte fino al bar inutilmente popolato, ecco: sforati i km che dovevi fare. Rallenta, rallenta e respira, asciuga il sudore e preparati ad entrare in centro, sciogli le gambe con passi laterali, tre a sinistra e tre a destra, ora trotta, piano, più piano, ecco passato il verduraio inutilmente costoso, ma gentile, ti saluta da dentro la bottega, salutalo e sorridi. Sei dentro al centro, rallenta e cammina, c’è la giornalaia del Vogue-non-è-ancora-arrivato, un cenno con la mano e un altro sorriso, ecco l’orologio che segna l’orario di un luogo che non è il proprio, non scuotere la testa, non pensarci, non arrabbiarti, dritto a passo sostenuto lungo il portico, ecco il cartone delle paste calde che i ragazzi del bar sistemeranno nella vetrinetta, ecco la colonna, ora stendi la gamba destra e senti il muscolo tirarsi, tiralo ancora, sì fa male, tiralo ancora e resisti, resisti ancora, altri cinque secondi, brava, ora l’altra gamba, nello stesso modo, esattamente nello stesso modo, resisti, resisti altri cinque secondi. Ecco il portone, infila la chiave. Fatto. Arrivata. 
Fatto.
Cosa ho fatto?
Arrivata.
Dove sono arrivata?
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tempi-dispari · 8 years ago
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Esce il 30 novembre 2017 per Freecom “Da Punto A Capo”, l’album di esordio di Morrywood
Esce il 30 novembre 2017 per Freecom “Da Punto A Capo”, l’album di esordio di Morrywood, giovane rapper cresciuto in provincia di Piacenza. Circondato da campi sterminati, industrie agroalimentari e paesi senza connessione internet, un ragazzo operaio scrive l’album tra pause pranzo e turni notturni; un flusso di parole per rimettere in ordine la sua vita, per esorcizzare lo stress di un lavoro di fatica, i dolori di un amore finito male e di un rapporto familiare tutt’altro che facile. La musica diventa l’arma per combattere tutto questo, sognando di salire sul palco dove poter essere “un Re in mezzo alla tempesta.”
Per Morrywood il rap oltre ad essere uno strumento per sublimare i propri mali è anche la chiave per trovare un El Dorado. Venderebbe l’anima al diavolo per provare l’estasi del palco e sognare una “bella vita”, ma se poi “tutto andrà a puttane” rimarrà comunque “questa canzone scritta su di una panchina in pausa pranzo al sole”.
“Il Canto del Diavolo”, “Io Sono Un Re”, “La Folla” e “La bella Vita” sono i brani del riscatto attraverso la musica. “Nel Bene e Nel Male”, “Sul Ponte di Praga” e l’accorata “Da Punto a Capo”, probabilmente la traccia più riuscita a livello testuale, sono i canti del dolore. “Manda La Base” e “Take It Easy” sono invece brani più leggeri e spavaldi.
Nove tracce con sfaccettature ed emozioni diverse, con basi prodotte pregevolmente da Prez e da Pietro Paletti, che pur non seguendo i canoni del rap e dell’hip hop attuale valorizzano notevolmente le melodie cantate e il flow lineare di Morrywood.
  L’album è stato realizzato con il sostegno di SIAE – S’Illumina Copia privata per i giovani, per la cultura.
BIO MORRYWOOD
Classe 1992, Eugenio Morabito passa la sua prima gioventù a cavallo tra Torino e la provincia di Piacenza. Una volta trasferitosi in Emilia, riesce a mantenere un legame con la cultura urbana ascoltando rap e contribuendo alla crescita della scena musicale locale. Le esperienze con i Piacenza Style e il collettivo 7percento lo fanno conoscere nell’ambiente come Morrywood. 
Dal 2014 Eugenio inizia a lavorare in solitario, aprendosi anche a generi musicali diversi come il rock, e si esibisce in apertura a grandi nomi come Frankie Hi NRG MC. I singoli usciti in questo periodo sfondano le barriere locali per approdare su portali nazionali come Hip Hop TV. Con il brano “Troppe Volte” Morrywood vince il contest promosso proprio dall’emittente televisiva. La traccia “Rock ‘N Roll” invece, con il featuring di Alberto Zucconi, viene trasmessa su MTV.
Dopo anni di assenza dalle scene, durante i quali è operaio in una fabbrica agro-alimentare del piacentino, Eugenio lavora su nuovo materiale, più intimo e vicino al rap, coinvolgendo un produttore e autore di tutto rispetto come Paletti, che riesce a valorizzare la passione del giovane rapper per la musica “suonata”.
Il nuovo album “Da Punto A Capo” aspira ad essere per Morrywood la scala decisiva per il riscatto sociale.
  Facebook: https://www.facebook.com/MorryWood
Instagram: https://www.instagram.com/morrywood/
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preventivimontascale11 · 8 years ago
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Albaredo d\’Adige
Montascale a Albaredo d\’Adige
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Installazione montascale nel comune di Albaredo d\’Adige
Un montascale semplifica la vita
Chi affronta disabilità o vecchiaia sente il bisogno di sentirsi indipendente, e di potersi spostare senza aiuto quando possibile.
Le barriere architettoniche, in particolare le scale, possono rendere difficile raggiungere il piano superiore della propria stessa casa, o uscire da un appartamento ai piani superiori . Questo non porta solo disagi, ma anche frustrazione e malessere per le limitazioni alle attività di ogni giorno .
Un montascale a Albaredo d\’Adige rende la vita più facile, in modo pratico e conveniente. Restituisce la libertà di muoversi facilmente non solo a noi, ma anche ai nostri cari che possono averne bisogno.
Quali vantaggi offre il montascale?
Aiuta a mantenere libertà e autonomia;
Fa risparmiare la fatica di salire le scale;
Evita il rischio di cadute, soprattutto quando si è soli;
Non richiede di abbandonare un luogo familiare per un’abitazione al primo piano o senza scale;
Non richiede lavori importanti ;
Porta detrazioni fiscali fino al 50%!
Cosa sapere sui montascala
Che tipo di montascale ti serve?
Sono disponibili diverse tipologie di poltroncine montascale, realizzate per affrontare le diverse tipologie di scale presenti negli edifici.
Montascale dritto: installabile anche su scale molto strette, occupa poco posto e lascia ampio spazio quando è ripiegato.
Montascale curvo: Può essere installato anche in un condominio. Assicura un tragitto tranquillo e regolare anche con tante scale e salite ripide.
Montascale a piattaforma: più ampia degli altri sistemi, offre la massima comodità e può essere usata con la carrozzina. Tutti i sistemi sono automatizzati e gestiti da sensori e misure di sicurezza.
Che servoscala è più indicato per la mia situazione? Cosa devo sapere per scegliere la soluzione giusta? Quanto posso risparmiare?
Per sapere le risposte a tutte queste domande basta compilare il form.
Domande frequenti sui montascale
Il montascale può essere installato su tutte le scale? Sì, anche quelle più strette e con ogni tipo di curva, tranne rarissimi casi. Il montascale è rumoroso? No L’installazione richiede opere murarie? No Servono permessi o autorizzazioni all’installazione? No, perché non conta come opera edilizia Quanto dura l’installazione? Circa mezza giornata Il montascale è facile da usare? Sì, è adatto ad essere utilizzato da chiunque Il montascale può essere installato in un condominio? Sì, anche senza approvazione della spesa da parte dell’assemblea
Ci sono contributi o agevolazioni all’acquisto? Sì, detrazioni fino al 50% e contributi per la legge n.13/89 sulle barriere architettoniche.
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Qualche informazione sui montascale a Albaredo d\’Adige
Il Montascale per Disabili (o servoscala) è un impianto per il sollevamento di persone impossibilitate a salire autonomamente le scale o a superare ostacoli.
Si tratta di uno degli ausili maggiormente utilizzati per superare le barriere architettoniche, consuetamente presenti in tutti i luoghi pubblici e nelle abitazioni private.
Di solito i Montascale per Disabili consistono in una piattaforma o una poltroncina agganciata ad una guida, installata lungo il lato di una scala o di un piano inclinato. Vengono azionati da un motore elettrico, in entrambi i sensi di marcia, vincolato dalla guida.
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Montascale Provincia Treviso
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preventivimontascale1 · 8 years ago
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Albaredo d\’Adige
Montascale a Albaredo d\’Adige
Salire le scale è diventato sempre più difficile , per te o per i tuoi cari? Trova una soluzione sicura, facile da usare, robusta e conveniente. Il montascale può essere la risposta , e qui potrai trovare le migliori aziende che installano montascale a Albaredo d\’Adige Ricevi e confronti fino a 4 preventivi online, gratis e senza impegno. Risparmi tempo, scegli la soluzione migliore e risparmi anche i tuoi soldi!
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Il montascale può essere installato su tutte le scale? Sì, anche quelle più strette e con ogni tipo di curva, tranne rarissimi casi. Il montascale è rumoroso? No L’installazione richiede opere murarie? No Servono permessi o autorizzazioni all’installazione? No, perché non conta come opera edilizia Quanto dura l’installazione? Circa mezza giornata Il montascale è facile da usare? Sì, è adatto ad essere utilizzato da chiunque Il montascale può essere installato in un condominio? Sì, anche senza approvazione della spesa da parte dell’assemblea
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Di solito i Montascale per Disabili consistono in una piattaforma o una poltroncina agganciata ad una guida, installata lungo il lato di una scala o di un piano inclinato. Vengono azionati da un motore elettrico, in entrambi i sensi di marcia, vincolato dalla guida.
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madexpo · 8 years ago
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Come Installare ed usare una scala retrattile. from MADEXPO on Vimeo.
Installare una scala retrattile ė un lavoro facile e meno complicato di quanto si possa pensare. Sono già pronte per essere utilizzate e la messa in opera sul foro non richiede troppo impegno. Per posizionare le scale madexpo.it basta soltanto leggere le istruzioni tradotte, chiaramente, in quattro lingue. Esse per essere allocate devono avere a disposizione una botola, uno sportello oppure aperture che collegano il piano al soffitto, al soppalco, alla parete, o anche una terrazza o una mansarda. Se siete, quindi, alla ricerca di un metodo decisamente comodo e molto veloce per avere accesso ai piani superiori della vostra abitazione, senza realizzare opere in cemento o malta (causando confusione e polvere) né sborsare tanto a livello economico, installare scale retrattili è sicuramente la soluzione più conforme alle vostre esigenze. È l’evoluzione dei tempi che ci porta a guardare al diverso rispetto al passato. Oggi una scala retrattile rappresenta la comodità ed anche l’estetica giusta per i nuovi appartamenti. Quelli che in gergo si chiamano “giovani”.
scala retrattile montaggio facile Scale retrattili che si aprono e si chiudono con un’asta Nel primo caso si parla di scale che si aprono e si chiudono esclusivamente con l’uso di un’asta di apertura che alloggiandola alla serratura di sblocco ne permette la manovra. Con un semplice gesto, quindi, è possibile tirare giù la scala per poter salire al piano superiore oppure richiuderla per non avere ingombri nel vano abitativo. Certo è che la scala da mansarda manuale si può esclusivamente manovrare dal piano sottostante. Nel secondo, invece, si parla di una scala completamente automatica che risulta essere rivoluzionaria. Basta cliccare un pulsante sul radiocomando ed il gioco è fatto. La botola si apre permettendo alla scala di distendere la gradinata o anche di risalirla. Semplici gesti che possono essere comandati a distanza anche mentre ci troviamo a riposo comodamente sul divano. Aprire oppure chiudere un oggetto motorizzato è comodissimo. Proseguendo nei vari passaggi che spiegano come montare le scale retrattili, è strettamente necessario che voi abbiate ben presente il tipo di modello, soprattutto, quello che fa alle vostre esigenze. Per questo sarebbe meglio guardare il nostro sito online individuare il modello di scala e capire se può essere adatta per la vostra abitazione. Chiaramente il tutto deve essere stato fatto dopo aver misurato come prima cosa il foro solaio, larghezza e lunghezza, eventuali distanze presenti, ad esempio: “tra il soffitto ed il pavimento della stanza, cioè il vano interno, che altezza abbiamo per montare la scala, la consistenza della parete o lo spessore del solaio e anche quanto spazio è presente per permettervi di aprirla correttamente” senza intralci o collisioni. Tuttavia, per risolvere il problema dello spazio, potete far ricorso a modelli personalizzati. Non appena avrete montato le scale, esse non avranno bisogno di alcun tipo di manutenzione regolare. Noi da parte nostra offriamo le nostre professionalità per il supporto sia al momento dell’acquisto sia in fase di montaggio. Ma riteniamo che tutto sia estremamente facile. Pensate sempre di acquistare un mobile da Ikea e doverlo montare, quanta fatica e quante viti. Le nostre scale arrivano montate ed è semplicissimo installarle. modelli personalizzati scale retrattili Adesso tocca voi decidere di che scala siete!
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messaggidivinamisericordia · 10 years ago
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La Vergine Maria: Quando aspettai con gli apostoli nel Cenacolo la discesa dello Spirito Santo, ci vollero dieci giorni di preparazione.
Figlia Mia, il deserto in cui i Miei figli si trovano nel mondo di oggi è perché essi non sanno come ricevere lo Spirito Santo. Proprio come ti ho insegnato, ci vuole molto tempo prima che questo Dono sia concesso. Prima che uno qualsiasi dei figli di Dio possa essere reso degno di ricevere questo Dono speciale, deve compiere un viaggio molto duro[...]
Io, la loro amata Madre, dovetti aiutarli a preparare le loro anime.
Ciò significò insegnare loro l’importanza di un totale abbandono del loro libero arbitrio. Per diventare degni, essi dovevano capire la profondità dell’umiltà, a cui hanno dovuto soccombere, prima di essere pronti[...]
Quando attesi la discesa dello Spirito Santo nel Cenacolo con gli apostoli, ci vollero dieci giorni di preparazione. Ricordatevi, figli Miei, di venire da Me, la vostra Madre, affinché vi aiuti ad aprire la vostra anima per ricevere questo dono meraviglioso. Quando riceverete questo Dono, vi condurrò davanti a Mio Figlio. Poiché solo allora sarete veramente pronti a salire il gradino successivo nella scala che porta alla perfezione spirituale.
22 agosto 2012 – La Vergine Maria: Quando aspettai con gli apostoli nel Cenacolo la discesa dello Spirito Santo, ci vollero dieci giorni di preparazione.
Figlia Mia, il deserto in cui i Miei figli si trovano nel mondo di oggi è perché essi  non sanno come ricevere lo Spirito Santo.
Proprio come ti ho insegnato, ci vuole molto tempo prima che questo Dono sia concesso.
Prima che uno qualsiasi dei figli di Dio possa essere reso degno di ricevere questo Dono speciale, deve compiere un viaggio molto duro.
Quando attesi la discesa dello Spirito Santo nel Cenacolo con gli apostoli, ci vollero dieci giorni di preparazione.
Benché questo Dono fosse stato promesso a questi santi, devoti e leali servitori di Mio Figlio, essi non erano ancora pienamente preparati spiritualmente a riceverlo.
Io, la loro amata Madre, dovetti aiutarli a preparare le loro anime.
Ciò significò insegnare loro l’importanza di un totale abbandono del loro libero arbitrio. Per diventare degni, essi dovevano capire la profondità dell’umiltà, a cui hanno dovuto soccombere, prima di essere pronti.
Alcuni pensavano di avere imparato tutto da Mio Figlio.
Tuttavia questo era ancora un segno di orgoglio, e se esiste orgoglio in voi, non potete ricevere il Santo Dono dello Spirito Santo.
Per ricevere il Dono dello Spirito Santo dovete diventare piccoli davanti a Mio Figlio, come un bambino piccolo.
Non ci può essere spazio per l’orgoglio o l’arroganza. Eppure oggi le persone che pretendono di parlare con autorità in merito al modo di parlare di Mio Figlio, cadono in trappola.
Pretendendo di essere sapienti in materia spirituale, parlano con un’arroganza che non riflette le grazie accordate a coloro che possiedono sinceramente questo grande Dono del Cielo.
Quelli che sono stati dotati del Dono dello Spirito Santo sono sottomessi ai desideri di Mio Figlio.
Non se ne vantano.
Non sono aggressivi.
Non criticano gli altri utilizzando il Nome di Mio Figlio per farlo.
Non deridono gli altri mentre proclamano la loro interpretazione della Sua Santa Parola.
Non predicano l’odio.
Quando preparai i discepoli di Mio Figlio, ci furono molte discussioni.
Ci volle del tempo prima che essi accettassero finalmente cosa ci si aspettava da loro.
Solo allora, dopo aver capito che solo l’umiltà dell’anima poteva lasciar entrare lo Spirito Santo, furono finalmente preparati.
Esorto tutti figli di Dio, specialmente coloro che credono in Mio Figlio, a chiedere a Me, la loro Madre, di lasciare che Io li prepari a questo grande Dono.
Figlia Mia, c’è voluto un intero anno per prepararti, e non è stata una cosa facile. Ti ricordi come è stato difficile per te la recita del Mio Santo Rosario? Quanta fatica hai fatto perché la tua volontà si arrendesse e per dimostrare la tua umiltà?
Ora che hai ricevuto questo Dono, non significa che puoi darlo per scontato.
Devi continuare a pregare, a restare umile di cuore e a cercare la redenzione ogni singolo giorno. Poiché così come è stato dato, così può essere tolto.
Chiedo a tutti coloro che seguono questi Messaggi di pregare per il Dono dello Spirito Santo.
Non basta pregare una volta sola e dire che avete ricevuto il discernimento da voi richiesto, e poi criticare questi divini Messaggi. Se fate questo allora non avete ricevuto il Dono.
Per favore, invocate Me, la vostra Benedetta Madre, per aiutare a prepararvi con questa Crociata di Preghiera.
Crociata di preghiera (74) per il Dono del discernimento.
O Madre di Dio, aiutami a preparare la mia anima al dono dello Spirito Santo.
Prendimi come un bimbo e guidami sulla via verso il Dono del discernimento per il potere dello Spirito Santo.
Apri il mio cuore e insegnami ad abbandonarmi in corpo, spirito e anima.
Liberami dal peccato di orgoglio e prega perché io sia perdonato per tutti i peccati passati affinché la mia anima sia purificata e che io sia guarito per poter ricevere il Dono dello Spirito Santo.
Ti ringrazio, Madre della Salvezza, per la tua intercessione e aspetto con l’amore nel cuore questo Dono che desidero con gioia.
Amen.
Ricordatevi, figli Miei, di venire da Me, la vostra Madre, affinché vi aiuti ad aprire la vostra anima per ricevere questo dono meraviglioso.
Quando riceverete questo Dono, vi condurrò davanti a Mio Figlio.
Poiché solo allora sarete veramente pronti a salire il gradino successivo nella scala che porta alla perfezione spirituale.
La Madre della Salvezza. http://illibrodellaverita.blogspot.it/
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