Tumgik
#i pianti che mi faccio tutte le volte
unwinthehart · 30 days
Text
If you never cried while watching a Rocky (or Creed) movie we cannot be friends sorry
1 note · View note
singinthegardns · 2 months
Text
"Però, sai? Forse ti sto dimenticando. Non piango più dopo averti parlato, né dopo averti visto parlare con un'altra, e nemmeno dopo che i nostri occhi si sono incontrati. Certo, il tuo nome mi smuove ancora qualcosa dentro, certo, quando penso a cosa eravamo, e non siamo più, ho ancora il vuoto allo stomaco, certo, quando passo davanti la tua classe spero ancora di vederti sulla soglia, certo, fa male vederti trattare le altre come trattavi me, certo, a volte mi tornano alla mente tutti quei ricordi, certo, ogni tanto li rileggo i tuoi messaggi, e continuo a sorridere, certo, lo controllo ancora il tuo ultimo accesso, certo, quando qualcuno dice una frase che avevi detto tu, mi viene un po' di malinconia, certo, non riesco ancora a guardare nessun ragazzo senza pensarti, certo, continuo a sognarti ogni notte, certo, qualche volta mi capita di sentire ancora la tua notifica, e ci rimango un po' male quando apro il telefono e non c'è un tuo messaggio, e mi sento stupida ad averci sperato, certo, continuo a scambiare qualche passante per te, certo, se mi dicono "amore" continuo a pensare ai tuoi occhi, certo, ogni tanto ho quei momenti in cui mi butto sul letto, ti penso, e mi prende la nostalgia, certo, cammino ancora per i corridoi di scuola con quella strana ansia d'incontrarti, certo, nessun ragazzo regge mai il confronto che faccio con te, certo, ti penso ancora appena mi sveglio, prima di dormire, e anche per tutto il resto della giornata, certo, ho ancora una nostra foto come sfondo, certo, ho ancora la tua chat fissata in alto, certo, mi manchi ancora un po', forse, un po' di più di un po', certo, ogni tanto mi viene da piangere, ma ho imparato a ricacciare le lacrime indietro. Però, sai? Forse non ti sto dimenticando, per niente, però ci provo, me lo impongo, me lo sono imposta più volte, "basta lui mi ha dimenticata, devo farlo anch'io", poi però torni tu, torna il tuo ricordo, torna quell'assurda speranza nel tuo ritorno, e non ci riesco, o forse non voglio, non voglio dimenticare cosa sei stato, né cosa saresti potuto essere,no, non voglio proprio dimenticarti, anche se fa male, fa malissimo, ma il problema è che dimenticarti, mi fa più male di continuare ad amarti. Quindi aspetterò, e forse ti dimenticherò, un giorno, forse mai,ma infondo mi va bene così, forse è così che deve andare, no? Tu che sorridi a un'altra, e io che cerco di trattenere le lacrime. E forse un giorno ti dimenticherò, dimenticherò la ragione dei miei sorrisi, dei miei pianti, delle mie ansie, delle mie paure, e di tutte quelle cose, che solo tu sei in grado di provocare, e mi chiederò che ci vedevo di speciale in te. Poi forse, sarà un giorno di sole, o magari di pioggia, forse di nebbia, grandine, forse sarà autunno, o forse primavera, forse sarà al mare, magari in montagna, o, perché no? In città, sotto la luce del sole, o sotto uno spicchio di luna, forse mentre sarò presa dai miei pensieri, forse dopo una lunga giornata, forse di prima mattina, forse quando sarò in vacanza, ma insomma, poco importa, del perché, del quando, e del dove, ma succederà, che la vita, dolce amara per com'è, mi ricorderà di te, dei tuoi occhi, dei tuoi lineamenti, mi ricorderà di chi sei, probabilmente non ricorderò più il tuo nome, non è quello l'importante, o forse sì, anzi, sicuramente lo ricorderò, e mi ricorderò di te, dei sorrisi, e dei pianti, delle insicurezze e le paure, dei "vaffanculo", dei baci, dei "ti odio", della voglia che avevo di dirti "ti amo", degli abbracci, di quel posto in cui mi hai portata quella sera, delle cazzate, delle giornate no, della tua presenza a migliorarle, dei sabati sera trascorsi insieme, e di quelli passati a sentire la tua mancanza, dei messaggi, delle chiamate, dei "va via", che tradivano voglia soltanto di abbracciarti, mi ricorderò di tutto ciò che abbiamo passato, e che ho passato, dell'inizio e della fine, e mi ricorderò che ci vedevo in te, e mi riinnamorerò di te, anche se tu non mi vorrai, per poi scoprire, di non aver mai smesso di amarti."
28 notes · View notes
occhintensidime · 1 year
Text
In pratica ho le bozze piene di te.
Alcune sono lì perfino da anni.
(Sarebbe meglio che tu non leggessi mai certe cose)
Alla fine avevo ricominciato a scrivere "per te".
Ricominciai addirittura a scrivere poesie. Una sorta di magia che si interruppe per le svariate situazioni.
Magari un giorno, spero non troppo lontano, riuscirò a venire da (so che per te è una cosa normalissima ma per me è praticamente impossibile) e te le farò leggere o leggerai. Perché, forse, tu sei l'unica persona a cui darei libero accesso al mio telefono. Purtroppo siamo in una società dove lo smartphone è tutto, quindi è una cosa importante. Accettalo come un bel gesto dai-sorriso-mi piacerebbe moltissimo vederti leggere dal vivo oltre che da una videochiamata, perché come ti dicevo sempre 'dal vivo cambia tutto' e comunque spiegarti ogni singola cosa che leggi o che mi chiedi in piena sincerità e serenità - bello ricordare quando si stava sereni e complici di qualcosa anche piccola - volevo scrivere solo due cavolate, due mezze righe e come al solito vengono fuori poemi e testi, del resto è fin dalle medie che mi dicevano di essere portato alla scrittura se ci mettevo il cuore.
Con te l'ho sempre fatto e sempre aperto, forse anche troppo anche quando non dovevo e non potevo permettermelo, ma pure adesso non potrei lo so anche se non lo dici lo so. Ma fa niente, non importa. Mi è sempre importa la tua felicità, a volte con arroganza la volevo mia perché ti volevo mia. Però io non sono mai stato nessuno e non lo sono nemmeno adesso, e non posso permettermi di essere qualcuno per te, anche se mi dici che ho sempre il mio posto. Sai, io ti assecondo perché ti voglio davvero bene o altro, e non voglio infangare il tuo tempo, la tua persona e il tuo Cuore con le mie cazzate immature, ma ogni volta che lo hai detto era come una pugnalata al petto. Un male, cazzo se fa male ogni volta. Solo che dopo mi ricordo che devo fare io l'uomo, io quello forte vado avanti cercando ti incastonare tutto nel dimenticatoio. Perché il cazzo ci vuole pure qua, cazzo se ti voglio bene. Me lo ripeto ogni notte prima di andare a dormire, prima di chiudere gli occhi questa frase "ti voglio bene" davvero. Sembra quasi dentro il mio subconscio perché non ho ancora capito come io posso sentirla nella mente anche quando non ti sto pensando in quel momento ed esce da sola in una frazione di secondo. So solo che è diretta a te.
La mia mente vola, come sempre. Tra discorsi confusi e mischiati da pensieri accavvalti tra testa e cuore. E mi scuso per questo ma ormai sto perdendo un po' di memoria. Dimentico parola, lettere, articoli, faccio una centrifuga quando parto e sparo le prime cose che mi vengono in mente. Ho seriamente paura di avere la stessa malattia di mia madre.
Va beh pazienza, se sarà, sarà. Tanto non ho niente da dare al mondo. Bisogna accettare il nostro destino qualunque esso sia. Probabilmente la penseremo in modo diverso.
Non riesco a capire perché ti ho ancora in testa dopo tutti questi anni, così attaccato. Nel cuore lo so e lo ho accettato per com'è, ma il problema non è lì. Non sarebbe ora di toglierti? Non di cancellarti, mai. Ma di respirare un po' senza che ogni volta che guardo un panorama, il mare, il cielo, le nuvole e innumerevoli paesaggi mi vieni in mente. Lasciare respirare te senza che leggi ste minchiate adolescenziali. Con tutti i problemi che hai.
Tutte cose che scriverei a te, ma come sai non ci sentiamo più così spesso per colpa del male reciproco, testardaggine o altro, e io quando non vengo corrisposto mi risalire la muraglia e non scrivo più.
(ti scriverei ogni giorno ogni volta che ti leggo, ogni volta che stai male e soffro tanto, ma in silenzio)
Ti scriverei per dirti dei mesi in depressione da non uscire di camera, da non alzarmi dal letto, dal non mangiare per giorni, di rigurgiti vari,pianti e istinti omicidi che non ho voluto soddisfare solo per non creare problemi agli altri. O dei problemi fisici che non mi permettono di allenarmi e soprattutto Correre da quasi cinque mesi. E ti ho detto quanto sia vitale per me. O di tanto altro, ma soprattutto di te, che è la cosa che più mi interessa. Ma io solo uno molto realista e sincero, quindi sarebbe inutile scrivere a vuoto come ho fatto e smesso l'ultima volta.
Ma anche se magari non ti piace sentirlo, io alla fine chi sono per scriverti? Per esigere anche una risposta. Dai, lo sai che non sono paragonabile a niente e nessuno della tua vita. Dovrei solo finirla e basta.
Quindi hai la mia comprensione più totale anche se parlo e parlo. Scrivo e scrivo.
Sarà perché c'era stata sunita affinità.
Sarà perché ti ho nel cuore.
Sarà perché sei la persona che è riuscita a far crollare quella corazza incrollabile e indistruttibile creata fin da bambino. Non so.
Ma ti voglio bene, tanto. Tantissimo!
E sarà sempre così.
2 notes · View notes
Text
Venerdì al sapor mi sembra di non aver tempo.
Salgo dalla psicologa correndo, chissenefrega del fiatone, chissenefrega delle guance rosse, chissenefrega di me e della mia stanchezza.
È una sensazione strana quella di questa mattina, è come se avessi urgenza di risolvermi, di capirmi e di capirci qualcosa di questo stato emotivo altalenante da montagne russe.
Cazzo voglio rallentare e invece corro sempre.
Corro da un lato all'altro della città, tra gli impegni, come una trottola, precipito tra i gin tonic o i calici di vino multipli e chissenefrega se è tardi e devo guidare.
Spiego la mia tristezza al meglio delle mie possibilità, spiego cosa mi accade tra la testa e il cuore e l'unica parola che mi viene in mente è *confusione*, spiego che ormai sono grande e sto imparando a gestire il dolore degli abbandoni facendo degli scatoloni con tutta la roba di cui non sento più l'esigenza e che però, quando torno tardi la sera e i gin tonic fanno effetto, mi siedo davanti a quegli stessi scatoloni e mi chiedo perché.
Capita anche di addormentarmi per terra e che in piena notte io mi alzi per mettermi a letto chiedendomi che cazzo io facessi li.
Spiego che il tenermi impegnata dalla mattina alla sera è una tattica che funziona sempre, almeno per me, quando voglio non concentrarmi troppo sulle cose che mi fanno male, inganno il cervello non concedendomi il tempo di pensare bene a quello che sta succedendo realmente, perché, in effetti, a volte è meglio lasciarsi scivolare tutto addosso velocemente e senza aprire l'ombrello.
Spiego di come io stia imparando a gestire il panico, le gambe che tremano, il fiato corto e mi viene detto che è una questione di autocontrollo emotivo. E sì, è vero.
Non riesco a buttarmi in nulla ormai, anche il cuore se ne sta al suo posto senza andare a spasso a cazzi suoi, come se lo tenessi forte al guinzaglio. E no, non mollo la presa, perché indietro non ci voglio tornare, perché detesto il panico che mi chiude lo stomaco come una morsa, detesto la tachicardia, il fiato corto, le mani che tremano e gli occhi che cercano invano qualcosa di familiare per tornare calma.
Spiego di come io abbia imparato a tacere davanti a tutte le cose che non mi piacciono, perché no, non è vero che chi tace acconsente, probabilmente, il più delle volte, chi tace sta solo aspettando che lo faccia anche tu.
È difficilissimo cambiare modus operandi, spiego dei pianti lunghi che mi faccio sotto la doccia calda di prima mattina prima di uscire di casa e mi viene detto che è assolutamente normale e che piangere è una valvola di sfogo potentissima.
Mi vergognavo quando piangevo, ora non più.
Butto tutto fuori, faccio sfiatare, prendo aria, è un momento sacro e no, non credo che sia stupido; è buon modo per ricominciare a ristabilire le cose.
E poi spiego del bisogno di uscire, specialmente da sola, pensare camminando e camminare pensando. Veloce e a passo spedito come se volessi trovare soluzioni veloci a problemi complicati. E vengo rassicurata sul fatto che non sempre i problemi hanno risoluzioni difficili e che potrei trovare tranquillamente la soluzione dietro l'angolo, basta solo osservare meglio.
Finisco, pago ed esco, non ho tempo di trattenermi, ho voglia di correre giu per le scale e di trovare la soluzione all'angolo della via.
Taccio e non acconsento, ho solo bisogno di un angolo di pace.
2 notes · View notes
gothsoulvi · 1 month
Text
Oggi è il 15 marzo, una giornata che non deve passare inosservata , ovvero la giornata contro i disturbi alimentari.🎗️💜…
Questo tema mi tocca molto, perché nonostante non ne abbia uno riconosciuto, solo in minima parte combatto la mia battaglia ormai da anni… ma ci sono persone che ogni giorno la vivono per 8 volte, in silenzio e la maggior parte delle volte proprio a causa della società di merda che ancora ci accompagna in questo 2024.
La cattiveria umana non ha limiti, le parole fanno male e si è sempre pronti a giudicare.
Voglio parlarne qui perché non lo faccio quasi mai , o se lo faccio me ne pento subito dopo , ma se non volete leggere non fatelo.
In silenzio combatto la mia piccola battaglia ogni volta in cui mi guardo allo specchio e vedo le mie forme, o quando mangio qualcosa in più. Il mio rapporto di conflitto con il cibo ha inizio alle medie, quando per 3 anni venivo presa in giro per il mio peso , per il mio avere le forme e venivo derisa costantemente. Ricordo i pianti a casa, il mio guardare le mie coetanee e fare i confronti tra le mie cosce e le loro. Mi ricordo la paura che avevo dell’ora di educazione fisica dove non volevo cambiarmi davanti alle mie compagne ed aspettavo se ne andassero per farlo.
Ho continuato la mia battaglia al liceo e continuo tutt’ora a 24 anni ormai, i sensi di colpa ci sono ogni giorno, la paura di provare vestiti o di mangiare fuori con persone che non conosco. Ho avuto al mio fianco una persona che mi diceva che dovessi dimagrire, che mi portava a mangiare nonostante sapesse di questa mia lotta per poi dirmi “ma quanto mangi mamma mia”… e ringrazio il cielo di averla totalmente rimossa dalla mia vita.
Continuo ogni giorno senza che nessuno se ne accorga a lottare con la mia testa , che mi porta a sabotarmi e mi spinge a non mangiare o altre volte nei momenti di stress a mangiare più del dovuto qualsiasi cosa mi trovi davanti. Non amo dormire messa girata di lato perché noto la mia pancia , non amo provare vestiti , non riesco a guardarmi per intero allo specchio senza avere un nodo in gola… guardo sempre se ho nuova “ciccia”, e mi peso non appena noto un cambiamento nonostante abbia paura di essere aumentata di peso.
Controllo tutto ciò che mangio e quanto ne mangio, e questa cosa viene presa con superficialità sempre.
Sono vicina a tutte le persone che vivono questo e MOLTO ALTRO.
Vi abbraccio e vi voglio bene. Questa giornata è per voi. Non abbiate paura di chiedere aiuto, parlatene ed ognuno di noi è perfetto così com’è. Me lo ripeto sempre anche io e prima o poi ne usciremo.💜🎗️🫂
1 note · View note
yoursweetberry · 10 months
Text
Non importa se non dovrei scrivere qua sopra, c’è una parte di me che lo vuole. Non mi importa di regalarti la parte più intima di me perché tanto l’ho già sempre fatto e tanto l’ho capito da ieri (anche se già lo sapevo) che sono finita in ogni caso.
L’unica che capisce veramente quanto sia grave la situazione è la dottoressa. Perchè è l’unica che quando parlo mi ascolta veramente e capisce il mio dolore e lo stato in cui sono arrivata. Perchè la verità è che a volte basterebbe solo ascoltare VERAMENTE per capire e agire nel modo giusto.
Ieri è stata molto diretta e dura con me. Le ho detto anche ovviamente del fatto che avessi confessato con estrema sincerità ai miei genitori del mio bisogno di farla finita, del mio sentirmi obbligata a vivere solo e soltanto perché ci sono loro ma che comunque non ce la faccio più. Le ho detto che nemmeno le medicine mi stanno aiutando a trovare il minimo di motivazione per andare avanti, le ho detto che sono venuta lì da te a farmi del male con la questione delle registrazioni, il canto, il regalo ecc le ho detto dei problemi a casa, il mio senso di vuoto, di solitudine, di ossessione di voler comunque restare vicino a chi mi fa male e non dimostra di tenere a me.. le ho detto di tutti i pianti e gli attacchi di panico avuti in questi giorni.. è stata tutta una scivolata nel baratro, il dito nella piaga sanguinante già esistente.
Mi ha detto che sto al collasso, che è ovvio che io stia così, che nessuno che mi sta intorno ha capito seriamente cosa sto passando e quanto sia grave. Che si aspetta palesemente che da un momento all’altro io possa prendere le medicine (di cui lei è contraria) più della dose dovuta e mi provochi la morte, e che comunque sono già morta. Mi ha proprio detto “tu non ti sei ancora uccisa ma tu sei già morta” perchè hai abbandonato completamente te stessa tanto quanto lo hanno fatto e fanno gli altri. E se vuoi vivere, adesso in questo momento non puoi fidarti nemmeno di te stessa perchè senti dei bisogni insani che credi di fare bene ad accontentare ma non è così perchè torni più ferita di prima. Che se voglio vivere devo farmi guidare. Ma io non voglio vivere.. io sono stanca..
Mi ha chiesto di parlare con la “me” bambina, mi ha chiesto di parlarle guardandola e immaginandola seduta sulla poltrona difronte a me. All’inizio mi sembrava una cosa da fuori di testa, non riuscivo a farlo e non sapevo neppure che dire. Mi ha obbligato a guardarla, ho guardato e a un certo punto l’ho vista davvero la bambina.. Rita bambina.. che mi guardava e sono scoppiata a piangere. La dottoressa mi chiedeva di chiederle scusa, per come la tratto, per come non la difendo o proteggo dagli altri che le fanno del male. Chiederle scusa per tutte le volte che lei piange e chiede attenzioni e io la spengo dandole quelle medicine come a darle la caramella per zittirla.
Io non ce la faccio a salvare quella bambina.. e mi dispiace.. Ora sto qui e non so che fare, ogni giorno non so che fare e così faccio come una cazzo di sbandata che non sa nemmeno lei dove andare. Io mi sono persa.. io non ho voglia di seguire il navigatore non lo so che voglio fare io voglio solo smettere di soffrire e lo voglio ora, non ho voglia di combattere o di pensare cosa è giusto o sbagliato, voglio solo stare in pace e non provare più dolore
0 notes
kon-igi · 4 years
Text
UN PENSIERO BUTTATO GIÙ SENZA RILEGGERLO MA SCRITTO COL CUORE
Questa mattina una persona tamblera con cui chiacchieravo su altri media mi ha chiesto come noi del mestiere si faccia a sopportare tutto questo altrui dolore senza andare fuori di testa.
Mi è subito tornata in mente una vecchia discussione che ebbi con un’altra persona (la quale ora spero abbia cambiato idea, seppur temo obtorto collo) che affermava che quando fosse morto Berlusconi avrebbe brindato e alla mia controaffermazione di averne viste troppe di persone morire perché anche solo una fosse motivo di esultanza, lui che rispondeva - Eh, vabbé... ma oramai ci dovresti essere abituato. In fondo è il tuo lavoro! 
Ecco il nocciolo della questione. 
Che alla morte non ci si abitua mai.
Semmai non ti fa più tutta quell’impressione il rantolo tirato fuori dal fondo dei polmoni per cercare di attingere alla riserva respiratoria, quando oramai col penultimo respiro avevi tirato su solo catarro e sangue; semmai non ti fa più così tanto schifo l’odore delle piaghe da decubito con la necrosi purulenta grossa come un piatto da pizza e le ossa che sbucano in mezzo a tendini e legamenti; semmai non ti colpisce più nello stomaco il momento preciso in cui ti accorgi che gli occhi prima erano vivi e poi improvvisamente di cera, svuotati di colpo della vita; semmai, se proprio ci si abitua a qualcosa, è alla velocità con cui riesci a ritrovare la compostezza in mezzo a pianti strazianti e urla di non accettazione... per ciò che mi riguarda una compostezza che dopo 25 anni di mestiere continua sempre a essere incrinata dal dolore di chi se ne va a fatica e di chi rimane a piangerlo.
La differenza tra me e voi è che dopo tante volte che tornavo a casa piangendo e senza riuscire a dormire io ho dovuto imparare a dare un significato diverso e più ampio a tutto il dolore che mi colpiva e mi frammentava dentro.
Da una parte c’era l’inevitabile dolore della perdita e dall’altra non dovevo mai perdere di vista la gioia di tutte le volte che avevo aiutato una persona a smettere di soffrire e a ritrovare la propria serenità.
100 a 1? 
Non è importante.
Credo di avervelo già raccontato qualche migliaio di post fa ma quando le mie figlie erano piccole andammo in gita sull'appennino parmense, a far finta di sciare noi e ad andare giù a balla con lo slittino loro. A un certo punto un adolescente brioso si fece prendere troppo la mano e quindi fallì miseramente quella manovra plastica con cui gli sciatori si mettono di lato e frenano a spruzzo di neve, andandosi così a schiantare contro un casottino di mattoni che credo contenesse la biglietteria per lo skipass. Corri subito da lui, parlaci, controlla i segni vitali e se si fosse spappolato qualche organo o sbiciolato sei o sette vertebre. Urla del padre, pianto isterico della madre, chiama il 118 e guarda portarlo via in elisoccorso, quasi sicuro che più di un omero fratturato e due o tre coste ammaccate non avesse.
E la cosa viene da me dimenticata.
Qualche mese dopo mi trovo con tutta la famiglia a una festa di paese, in un borgo medievale della bassa parmense, quando a un certo punto incrocio lo sguardo di un uomo che mi sta osservando a sopracciglia aggrottate. Non faccio in tempo a restituirgli uno sguardo interrogativo che lui avanza con quattro passi e mi stringe forte le spalle. Guardate! - urla alla sua famiglia poco distante, con espressione gioiosa -- Guardate chi ho trovato!  E un attimo dopo vengo abbracciato strettissimo da una donna, con tutti i suoi riccioli che mi entrano negli occhi e il marito, dietro, che dice al figlio - Lui è quello che quest’inverno ti ha salvato!
Io ero imbarazzatissimo perché la madre non mi mollava più e stavo per dire a tutti che io non avevo fatto nulla - perché davvero non avevo fatto nulla per loro figlio, tranne tenergli la mano e farlo sorridere con battute stupide finché non l’hanno caricato sull’elicottero - quando mi sono reso conto che quello era ciò che pensavo io, non quello che sentivano loro.
C’erano un padre e una madre che assistevano inermi alla sofferenza del loro figlio, un padre e una madre che non sapevano se il loro bambino sarebbe morto o rimasto paralizzato per tutta la vita; e poi c’è stato un perfetto sconosciuto che è saltato fuori dal nulla e che lo ha consolato, fino a farlo smetter di urlare.
Delle persone che chiedeva aiuto e un’altra che ha risposto.
Io non ricordo quanti anni siano passati da quell’abbraccio ma vi posso assicurare che mi ricordo benissimo quanto fosse sincero e poi quanto fosse forte quello che le ho restituito, in silenzio, accettando la loro gratitudine, perché - vedete - la morte e la sofferenza a volte sono delle cappe pesantissime e quasi insopportabili da trascinarsi addosso ma chi ci lavora assieme sa benissimo che mille di esse possono essere dissolte in un solo attimo dalla gioia di un sorriso restituito.
Vale per me e voglio credere che valga per un enorme numero di miei colleghi - la maggior parte, spero - ma la cosa strana e divertente è che non c’è alcun motivo perché questo non possa valere anche per voi, senza scomodare osse rotte ed elisoccorsi... 
Perché ci sono tante, troppe persone che non ricordano più come si fa a essere felici e a volte basta solo chinarsi, allungare la mano e dire - Eccomi... ci sono qua io con te. 
539 notes · View notes
aduepassi-blog · 3 years
Text
Imparerai a conoscermi o, forse, no perché in fondo neppure io mi conosco: ci sono giorni in cui non ne posso più di me e dei miei pianti dei miei casini e dei miei tormenti e dei miei turbamenti, ci sono giorni in cui mi pento di ogni scelta che ho fatto di ogni volta che sono tornata da chi da me se ne è andato senza perché, ci sono giorni in cui non mi capisco neppure io e non voglio stare con nessuno ma, poi, sola ci sto male perché ho bisogno sempre di mia sorella, di mia madre delle mie amiche nonostante il male, ci sono giorni in cui maledico l'amore ma poi senza sarei persa - non ci saprei stare. Imparerai a conoscermi o, forse, no perché io sono tipo la tempesta, tipo l'uragano: ho bisogno di tutto, anche se ti dirò sempre di non aver bisogno di niente, perché io sono un po' le ragazze dei libri, dei film - quelle che tutti credono di conoscere ma che, poi, nessuno realmente conosce. Imparerai che i libri sono il mio mondo la scrittura il mio rifugio la musica - e soprattutto, il rap - ciò che più mi capisce i film, l'amore e il divano le mie serate perfette. Imparerai che parlo poco e se devo dirti qualcosa di bello te lo scrivo su un biglietto o attraverso fiori, quadri, libri, paesaggi o attraverso tutto quello che ti dedico, ma non per questo non lo penso non lo provo davvero. Imparerai che cambio umore molto facilmente che sceglierò sempre nero, ma non sarà mai scontato perché, forse, un giorno, di punto in bianco, ti dirò bianco per venirti incontro e tu sarai lì a dirmi nero e litigheremo tanto. Imparerai che ho imparato che della ragione non me ne frega un cazzo perché la ragione serve solo ad allontanare le persone a rovinare i rapporti e imparerai che ci sarò sempre ma un giorno, no non ci sarò più - ma se torni, giuro, mi trovi. Imparerai che a parole non parlo tanto - doso bene le parole, perché so quanto possono far male e se esageri, se dici qualcosa che non devi dire, mi ferisci e mi allontani, anche se ti scusi. Imparerai che ogni occasione sarà una scusa buona per scriverti una lettera e metterci dentro tutto il mio amore e imparerai che nei miei silenzi, nei miei occhi, nei miei sorrisi ci saranno tutte le cose belle che ti vorrei dire. Ad esempio "grazie". Ad esempio "sei il mio punto felice". Imparerai che non mi fermo davanti a niente e se voglio qualcosa, lotto fino in fondo anche se poi, magari, perdo e imparerai che mi chiedo il senso di tutto e farò mie teorie su tutto e magari mi convincerò anche che sei tu il senso di tutto e che tutto il mondo gira intorno a te sempre. Imparerai che sogno tanto e sogno in grande che le stelle sono la mia speranza più grande che la luna mi affascina troppo e mi protegge ogni giorno che se cado non me la prendo con me stessa, ma mi dico che succede, anche se poi la notte piango e mi prendo a pugni per giorni interi. Imparerai che do peso a tutto: a un bacio a una mano nella mano all'amore a un singolo battito del mio cuore a un abbraccio a un saluto alle parole a uno sguardo ad ogni assenza ad ogni presenza. Imparerai che sono testarda e ci credo sempre troppo e cado e mi faccio male e mi prometto di cambiare ma poi resto sempre la stessa - e meno male perché io, anche se a volte lo dico, non vorrei mai essere diversa da me stessa. Imparerai che mi chiedo il senso di tutto e do senso a tutto anche a un tramonto, al profumo di un fiore, all'alba e al mare, perché se qualcuno mi dice 'Scendi, ti porto al mare' per me vuol dire che per lui sono speciale ed allora ci credo davvero tanto. Imparerai a conoscermi o, forse, no perché in fondo neppure io so bene chi sono ma so cosa voglio, ma questo lo sai anche te e sei te
7 notes · View notes
Text
Oggi volevo aprirmi una volta per tutte, con voi. E volevo farlo sul mio blog. Grazie a chi leggerà la mia storia.
Martina
Mi chiamo Martina, ho sedici anni.
Nella vita il mio unico sogno è scrivere un libro, è l’unica cosa che probabilmente mi riuscirebbe bene fare. Forse un giorno lo farò, e se tu stai leggendo questo testo significa che sei una delle poche persone alla quale dedicherò il mio libro.
Uso questo momento per scrivere sotto una sinfonia di Beethoven, per lasciare libero sfogo ai miei pensieri.
Tu, che probabilmente sarai l’unica persona a me vicina che leggerà questo testo, forse ora riuscirai davvero a capire chi è Martina.
Mi chiamo Martina, ho sedici anni. Non sono mai stata la figlia che i miei genitori avrebbero voluto, mi hanno sempre etichettato come colei che gli disobbediva, tornava tardi la sera, gli rispondeva male. Sono sempre stata etichettata come una delusione, nonostante io mi impegnassi a portare a casa quei voti straordinari, ai quali loro non hanno mai dato importanza.
Fin da piccola, sono sempre stata derisa da tutti, specialmente per il mio aspetto fisico. All’asilo ero l’unica bambina che per non stare in classe si faceva i bisogni addosso per poi andare a girovagare con la bidella intorno alla scuola. Cinzia, la mia salvezza fin dall’asilo. Cinzia sapeva che Martina odiava stare in quella classe, a fare cose di cui non aveva interesse.
Ho imparato a leggere a casa, nel periodo dell’asilo, da sola. Alle elementari sapevo già leggere e quasi scrivere. Non mi è mai servito l’aiuto di nessuno. Sono sempre stata sola, fin dall’asilo.
Alle elementari probabilmente ero un pochino più felice, ma nemmeno troppo. C’erano già all’epoca quelle persone che mi prendevano in giro per il mio aspetto fisico, avevo dei salsicciotti al posto delle gambe e delle braccia, probabilmente mi vestivo anche male, ma non perdonerò mai queste persone. L’unica cosa che mi rincuorava anche se è brutto dirlo, come scoprirai, era la presenza di un mio compagno di classe, che aveva probabilmente qualche problema. Lui toccava le parti intime di quasi tutte noi ragazze, anche le mie, e allora lì mi sentivo più contenta, magari qualcuno, anche se in un modo schifoso, mi apprezzava.
Alle elementari ho incontrato uno spiraglio di luce, Marta. Marta è stata per me il motivo per cui vivevo, quasi ogni pomeriggio, oltre a scuola, stavamo insieme. E’ stata l’unica persona che per un periodo della mia vita conosceva tutto di me, Marta non mi ha mai giudicato. E questo per me è stata una liberazione, poiché già a quei tempi avevo paura del giudizio degli altri.
Marta purtroppo non fa più parte della mia vita, a causa di un mio errore, non l’ho calcolata per molto tempo, per pensare al mio fidanzatino dell’epoca, la capisco, ha fatto bene a lasciarmi da sola.
Il periodo delle medie è stato il periodo più brutto della mia vita.
Per i miei genitori ero una bambina strana, tornavo da scuola e mi chiudevo in camera fino al giorno dopo. Non si sono mai chiesti come stava Martina, hanno sempre pensato che fossi una ragazza antipatica, che ti aggrediva appena avresti osato dirle qualcosa.
In classe venivo ogni giorno derisa, venivo chiamata cicciona, obesa di merda, e chi più ne ha più ne metta. Quelle voci mi risuonavano in testa in ogni momento, ero diventata folle, folle e depressa. La sera mi addormentavo col desiderio di non risvegliarmi più, ma puntualmente la mattina mi svegliavo. Vedevo già tutto nero, mi vestivo, mi mettevo le cuffie e sentivo Nitro, Nitro e Mecna. Entravo in macchina sempre con le cuffie, senza ascoltare nessuno, scendevo a scuola e andavo a sedermi sulle scalette, stavo lì fin quando non suonava, dopodiché entravo in classe e le offese ricominciavano. Non ce la facevo più. Avrei voluto uccidermi istantaneamente, e quante volte ci ho provato. Passavo ore e ore sul balcone, provando a buttarmi, ma ogni volta ripensavo alla mia famiglia, quella che non mi ha mai amato.
Nonostante non mi abbia mai amato, non mi sono uccisa pensando a non dare un altro problema ai miei genitori. Io ero già abbastanza.
Oltre tutto, in quel periodo non avevamo i soldi, a volte non mangiavo. I miei genitori litigavano ogni giorno, non sono mai andati d’accordo. E quante volte io rimanevo fuori la porta sentendo le loro grida. Sentivo sia le grida nella mia testa che le loro, qualcosa di straziante.
Mi sentivo brutta, grassa. Molte volte prendevo le forbici, credendo di poterli tagliare quei rotoli di pancia che ho. Rompevo temperini per quella lametta che c’era dentro, per tagliarmi le braccia. Pensando che il dolore fisico avrebbe sovrastato quello psicologico, ma infondo non era così.
Una persona che, alle medie, mi ha aiutato in quel periodo è stato Luca. Luca mi diceva ogni giorno che ero bellissima, e non meritavo di stare così. Ma io e Luca eravamo uguali, ci sentivamo alla stessa maniera. Ci guardavamo negli occhi e vedevamo dolore su dolore negli occhi dell’altro. Un giorno uscii con Luca, provò a baciarmi ma mi discostai. Mi discostai poiché all’epoca avevo un altro fidanzatino di cui ero cotta, Nicolò. Nicolò non mi ha mai apprezzata, in classe nemmeno mi parlava, lui era amico di coloro che mi prendevano in giro, ma io ero pazza di lui. Nicolò in chat mi diceva tante belle cose, dal vivo non mi parlava. Insomma, Luca non l’ho baciato per colpa sua, e mi tengo questo rimorso ormai da anni. Luca non fa più parte della mia vita. Ma è stato l’unico a sapere del mio blog e io l’unica a sapere del suo.
Ci siamo rivisti una volta, di nascosto, quest’estate. Quando a me era di nuovo crollato il mondo addosso, questa volta per colpa di Matteo. Luca mi aveva fatto credere di volermi vedere per parlare e stare insieme, ma quello che poi voleva era scoparmi. Ci siamo baciati però, ma non era un momento magico come lo sarebbe stato alle medie. Non ci ho scopato, me ne sono andata. In quel momento, proprio in quel momento, ho smesso di credere nell’essere umano. Come può una persona che sa del tuo dolore, fare ciò?
Ora quando lo vedo per strada nemmeno ci salutiamo, abbassiamo la testa. Ma sappiamo entrambi come stiamo, forse non cambieremo mai, questo dolore ci sovrasterà sempre.
In questo testo non nominerò tutte le persone che hanno fatto parte della mia vita, ma quelle che mi hanno reso quella che sono oggi.
Alle medie ho creato il mio blog, su tumblr, dove mi seguono circa mille persone. Pensa, mille anime che leggono i pensieri di Martina, qualcosa di straordinario per me. Quel blog non è diventato famoso, poiché molto spesso non scrivevo, avevo troppo dolore dentro. E tutt’ora l’ho lasciato un po’ andare.
Come ho raccontato, non sono mai stata una persona felice.
Quel periodo straziante però in parte l’ho superato, da sola, dopo molto tempo, dopo pianti ininterrotti, occhi gonfi, faccia viola. Sì, quando piango a volte non respiro, entro in apnea, a volte sento di svenire, ma poi riesce ad entrare di nuovo un po’ d’aria nei miei polmoni.
La depressione è un mostro bruttissimo. La depressione è qualcosa di straziante, ti porta a vedere tutto nero, ti porta ad ucciderti se non riesci a rialzarti.
Purtroppo o per fortuna io sono ancora qui. Ma dalla depressione non sono guarita del tutto. Rivivo, molto spesso, quel dolore che non andrà mai via da me.
Ho passato e passo una marea di brutti periodi. Spesso non mangio, non tocco cibo, arrivo a svenire, ma questo non lo sa mai nessuno. E ogni volta spero di non risvegliarmi più dopo essere svenuta. Ma invece non è così. Il dolore non passa vomitando o non mangiando, nemmeno svenendo. Le ho provate tutte, ma non sono mai riuscita a farla finita.
Il periodo del Liceo è stato il periodo in cui sono stata “meglio” poiché non piangevo tutti i giorni. Ho avuto i miei primi fidanzatini, Italo e Matteo, che mi hanno salvato, dopodiché mi hanno ributtato giù. Non sto qui a raccontare quanto sia stata male e ciò che mi abbiano fatto, forse ne parlerò nel mio libro. Dopo di loro sono diventata quello che sono ora: un verme.
Sono un verme, mi definisco così. L’essere umano mi ha deluso, e mi ha ucciso, ha ucciso tutti i bei sentimenti che provavo. Ora ciò che mi fa sentire libera è una scopata. Ma perché della mia scopata non ne parlo con nessuno? Poiché ho paura del giudizio degli altri, potrebbe uccidermi una volta per tutte.
Le ragioni per cui sono diventata un verme penso le avrai capite, ora non mi importa più degli altri, non mi importa più niente.
Ho scopato senza sentimento, sì, ma non mi sono sentita sporca, mi sono sentita bene. Bene perché forse è l’unica cosa che mi rimane da fare per avere dei momenti in cui non soffro.
Ogni giorno Martina invece di vivere, SOPRAVVIVE. Voglio farla finita ogni fottuto giorno, ma puntualmente non lo faccio mai, il motivo è sempre lo stesso.
Perché voglio farla finita? Perche mi sento fottutamente sbagliata, in un mondo di merda. Vivo con un perenne peso in petto, dentro ho un dolore straziante, ma fuori sorrido, mai nessuno è entrato dentro di me da capire come io veda il mondo. Vedo il mondo tutto nero, non ho un motivo per andare avanti. Sfogo questo dolore scrivendo, tirando cazzotti al muro, piangendo. Non so più che fare. Sono esasperata. Nessuno mi conosce, mi giudicherebbero tutti come un’autolesionista di merda se sapessero queste cose, come una che non sa quali sono i veri problemi della vita. Io invece penso di conoscerli. So cosa significa non avere nulla da mangiare, stare senza soldi, avere continue liti in casa, essere la delusione dei tuoi genitori, essere bullizzata, sfortunatamente conosco tutto ciò e anche qualcosa in più.
So, perché lo vivo ogni giorno, cosa significa sperare di non svegliarsi più, ma puntualmente ritrovarsi a vivere questa vita di merda. So cosa significa guardarsi allo specchio e odiarsi talmente tanto da scoppiare a piangere. Nessuno lo sa. Da fuori sembro la solita narcisista che si ama alla follia, che si fa le foto al culo credendosi bella. Forse sì. Bella molto spesso mi ci sento, ma poiché sopravvivendo ho imparato ad accettarmi, e a capire che sono così. Con quei chili in più, col culo grosso e le braccia cicciotte. Sono io, sono Martina.
Con questo testo non voglio sembrare una vittima, ma voglio far capire realmente perché oggi, sono quella che sono.
Sono lacerata dentro, e spero che un giorno tutto questo finirà.
Un giorno dissi a mia madre:”Mamma, voglio scrivere un libro.” Cosa mi rispose? Di stare zitta poiché sono una buona a nulla. La mia passione derisa a nulla, quanto dolore provai.
Non ho parlato della morte di mio nonno poiché sarebbe davvero straziante. Martina ha visto il suo corpo morto sul letto, senza versare nessuna lacrima. La mia anima, se ne avevo una, è andata via con lui. Il mio angelo.
L’unica persona che merita di essere ringraziata, tra tutti, è Simone. Non so se leggerai mai questo testo, ma sei l’unica persona che mi ha permesso, almeno per un attimo, di vedere uno spiraglio di luce in questo periodo. Questo spiraglio si chiama Simone. Meriti tutto il bene del mondo, che io in questo momento e in questo stato non sarò mai in grado di darti, ma spero che un giorno tu sarai felice. E magari vedendoti così, il mio male si attenuerà davvero. Poiché tu per qualche istante sei riuscito ad attenuarlo.
Questa è Martina, quella che nessuno conosce.
52 notes · View notes
Text
Chi l’avrebbe mai detto. 
Chi l’avrebbe mai detto che anche quest’anno avessi la fortuna di partecipare al tuo compleanno. Ormai è un evento atteso nell’anno, come l’ultimo giorno di scuola o di lavoro. Ogni anno arriva gennaio senza nemmeno rendersene conto. E pensare che l’anno scorso come oggi eravamo a Firenze, quattro ragazze, una città e uno squallido hotel. Stasera festeggiamo il ventesimo anno di vita della mia migliore amica. Della mia certezza. Una presenza quotidiana da sempre praticamente. Sapete, io e lei ci conosciamo da una vita. Da piccole andavamo insieme alla virtus, sciavamo, correvamo, e non ha mai perso una mia festa di compleanno. Poi ci siamo allontanate in quanto eravamo iscritte a due scuole differenti. Il colmo? Ci siamo ritrovate al gruppo della parrocchia. E da lì nessuno più è riuscito a dividerci. Ne abbiamo passate tante è. Dai campeggi, alle feste. Dai pianti, alle risate. Ho condiviso con te molte mie prime volte. Il mio primo viaggio da sola senza genitori. Il mio primo capodanno in after. La mia prima sboccata. Il mio primo tatuaggio. La mia prima avventura in una città. La mia prima volta al mare con le amiche. Ma cosa più importante di tutte tu c’eri a sostenermi per i miei primi traguardi raggiunti. Mi hai sopportata durante i miei momenti peggiori. Tu ci sei ed è il regalo più grande che la vita mi abbia mai potuto regalare. A Capodanno è successo ancora. Era successo anche a Firenze e a Bibione. Mentre facevamo il conto alla rovescia e ti tenevo stretta a me, mi sono resa conto. Si, ho ringraziato me stessa e mi sono sentita fiera di aver scelto bene. Io odio scegliere e se lo faccio, solitamente scelgo male. Ma quella volta sono stata brava, ce l’ho fatta e non rimpiangerò mai quel momento. Chi l’avrebbe mai detto che il destino, il fato, la vita potesse creare rapporti forti come il nostro. 
Sono così felice di averti come migliore amica 
Sono così felice che tu ci sia sempre per me
Sono così felice che tu sia così con me
Insomma.. sono così felice di aver scelto te quel fatidico giorno, che per una volta nella vita sono sicura di aver fatto la scelta giusta.
Ti prego promettimi che resterai per sempre te stessa.
Sappi che ti voglio nella mia vita fino alla mia morte. Sei davvero una persona speciale per me e non voglio perderti mai. 
Non voglio che nulla cambi mai tra di noi. 
Chi l’avrebbe mai detto che io ringraziassi una persona per far parte della mia vita.
33 notes · View notes
vivendodisolitudine · 4 years
Text
Siamo nel 2020..
Il 2019 non è stato di certo l'anno più bello.
Sono successe tante cose. Sia cose belle che cose brutte. Anche se,sono state molte di più le cose brutte.
Già.
A volte,anzi,spesso,penso a tutto ciò che è successo. A tutte le emozioni,le risate,i pianti e le delusioni: quelle che ho subito e quelle che ho causato.
E vi assicuro che fanno molto più male quelle che ho causato.
Ci penso spesso a tutte le volte che ho ferito qualcuno. Mi fermo un attimo e faccio un bel respiro profondo; Non è facile andare avanti e far finta che non sia successo nulla,ma al contrario,mi sento morire al solo pensiero che qualcuno sia stato male a causa mia. E quanto mi piacerebbe andare a dormire con quella sensazione di leggerezza di non aver ferito nessuno,ma anzi,di aver fatto stare bene chi in me ha cercato conforto. Ma non succede mai. E vado a dormire con la consapevolezza
di aver fatto soffrire qualcuno,soprattutto se quel qualcuno è stata una parte fondamentale della nostra vita.
E alla fine, mi sono resa conto che le scuse non bastano,
che non basta chiedere scusa per sistemare un cuore frantumato. E si può chiedere scusa anche mille volte,ma non si può sistemare ciò che si è distrutto. E si sa che nulla tornerà come prima e che quel qualcuno non ci guarderà più con gli stessi occhi.
E molte volte non chiedo neanche scusa.
Orgoglio.
Maledetto e stupido orgoglio.
Con questo,voglio chiedere scusa a tutte le persone che ho fatto soffrire. E probabilmente non cambierà nulla,ma voglio che sappiate che non avrei mai voluto farvi del male,non sono una persona cattiva. Ma sono stata troppo codarda per chiedere scusa e per prendermi le mie responsabilità.
So perfettamente che chiedere scusa non servirà nulla,ma mi sentivo in dovere di farlo.
Siamo nel 2020. Un nuovo anno e un nuovo inizio.
Per me.
27 notes · View notes
31.12.2019 - 03:20
Siccome l’insonnia non mi dà tregua, ho deciso di tirare anch’io le somme di questo 2019. Non voglio farlo attraverso le foto dei ricordi più belli, ma scrivendo, perché è sempre stato il modo in cui riesco a far uscire al meglio ciò che sento (chi mi conosce sa quanto questo sia complicato per me). Ecco qua quindi.
2019, wow... sei stato davvero un anno particolare. L’anno in cui mi sono sentita libera e felice più che mai. Sei iniziato abbastanza di merda, in mezzo all’ansia per una Maturità fatta coi piedi di cui ancora nessuno aveva capito niente, neanche lo stesso Ministero. Ma piano piano, tra lo stress, lo studio e i pianti perché non ne potevo più, mi sono fatta strada - a volte camminando, a volte addirittura correndo, altre invece arrancando - verso la fine degli esami. Non sono mai stata così fiera di me stessa. Leggere quel 93/100 accanto al mio nome è stata una delle più grandi soddisfazioni che io abbia mai avuto. Sei stato l’anno della macchina, un’altra conquista di cui vado orgogliosa più che mai. Sei stato l’anno della gita a Parigi, che se ci ripenso ancora bestemmio (mortacci loro 25 km a piedi ogni giorno + bonus delle metro con soggetti improbabili e “tagliatelle carbonara” che NO, GRAZIE). Sei stato l’anno dell’ultima stagione del Trono di Spade, anche se no comment. Sei stato l’anno in cui ho realizzato due miei grandissimi sogni, così grandi che pensavo sarebbero rimasti tali per sempre: il concerto di Ed Sheeran a Roma il 16 giugno e il viaggio a Los Angeles. Sei stato l’anno in cui ho capito non chi sono, sarebbe troppo, ma almeno chi voglio essere, e soprattutto che tipo di persone voglio intorno a me. Sei stato l’anno in cui ho cominciato una sorta di nuova vita, andando all’Università, conoscendo persone nuove che spero di tenermi accanto per tutto il resto del mio percorso a Urbino e, perché no, anche più avanti. Ma per la prima volta ho “cambiato vita” senza cambiare me stessa, cercando di mostrarmi subito per quella che sono davvero, amandomi un po’ di più. Sei stato l’anno in cui ho messo me al primo posto, e forse proprio per questo sei stato l’anno più bello che io abbia mai vissuto. Adesso so che mi voglio bene, tanto bene, e mi terrò stretta me stessa e la mia felicità. Faccio fatica a lasciarti andare, perché dai, è sempre difficile dire addio a qualcosa che ci ha resi felici. Ma ti sarò per sempre grata per ogni singolo secondo, per ogni caduta, per ogni risata, per ogni pianto, per tutte le volte in cui mi sono sentita persa e per la me stessa che ho ritrovato; per tutto. Spero che tu sia stato solo l’inizio di una serie di anni meravigliosi come lo sei stato tu. Conserverò gelosamente ogni singolo ricordo. Grazie di cuore, davvero.
1 note · View note
Text
Ok .. sono le 2:30 del mattino.. nel cuore della notte. Ci provo.Ci provo ad andare avanti, ci provo a scrivere, ci provo a sfogarmi, ci provo a respirare. Non l'ho mai fatto. Sono ricaduta forse, negli abissi, è buio quí. Lo faccio per me, sì, forse questa è la prima volta che scrivo di qualcuno. Sono otto mesi, otto lunghi mesi da quando te ne sei andato, da quando mi hai preso il cuore e l'hai strappato dinnanzi ai miei occhi. Non avrei mai immaginato, né questa di fine, né la fine in sé per sé. Ho sbagliato io? Litigavamo sempre e solamente per colpa mia? Ero io il problema? Potevo benissimo evitare discussioni su discussioni, ma sai quanto mi piaceva litigare. Potevo evitare tante, molte cose, potevo evitare che ti scivolasse il sentimento, quello vero, quello che faceva invidia a tutti. Sono stata io? Io te l'ho fatto sgretolare in mille pezzettini? esattamente come si trova ora il mio cuore? . Otto mesi. Penso. Com'é possibile che ancora non mi sono dimenticata di te? Com'è possibile che dopo otto mesi io non riesca a metterti da parte? . Sono uscita con una marea di ragazzi, non ne ricordo il nome, non ne ricordo il numero. Li ascoltavo parlare, li guardavo, li sentivo, ma non parlavano come te, non mi guardavano come tu guardavi me, non facevano le cose come facevi te. Non avevano i tuoi hobby, non fumavano quella cazzo di sigaretta come lo facevi te, non mi ascoltavano, mi sentivano. Ti ho messo da parte, o perlomeno cercavo di metterti nel dimenticatoio, ma ritornavi sempre a galla, sul più bello, tu c'eri, mi sentivo in colpa per esserci uscita, per averci parlato, per aver condiviso un qualcosa. Mi capita ogni tanto di stare così, poi mi riprendo. Prendo fiato. Respiro. Penso. Lui ha scelto un'altra quando stava con me, lui ha scelto un'altra. È tutto okay. Puoi fare tutto quello che vuoi ora. Lui non c'è. È con lei. Penso. Penso più forte. Mi ripeto come se fossi una mia amica, lui non c'era quando stavi male, lui non ne ha idea dell'Inferno che hai dovuto subire, lui non sa delle tue notte insonni. Ed era vero, lui non sa. Non sa che quando mi disse che era finita,mi sono ritrovata in braccio a mia madre, disperata, piangendo con il cuore a pezzi, per terra. Pensai. Non riuscirò più a ritrovare nessun pezzetto di esso. Lui non lo sa, dei miei incubi, dei miei pianti notturni, del mio viso rigato dalle lacrime. Lui non lo sa, non sa che non mangiavo,non sa che non riuscivo a bere mezzo bicchiere d'acqua, non sa che sono dimagrita sette kg in una settimana. Lui non sa che non avevo più voglia di respirare, non sa le volte che mi svegliavo la mattina e piangevo davanti allo specchio. Lui che ne sa? Di tutte le ore passate al telefono con qualcuno a parlare di lui? Che ne sa di come stavi? . Penso. Sai perché non lo sa? Perché era impegnato. Mentre andavo a scuola piangendo, mentre mi rinchiudevo in bagno, mentre scappavo dalla classe con i lacrimoni, lui era con lei. Lui non c'è. Mentre non dormivo, lui scopava un'altra, nel suo letto, dove prima c'ero io, dove una volta c'ero io. Pensai che sono proprio scema. Vomitai. Andai al bagno e vomitai. Mi scesero altre lacrime agli occhi. Otto mesi. È gennaio, primo gennaio, ieri ho festeggiato, ma non con lui. Penso. L anno scorso c'era lui con me. Quest anno,no. È stato il mio pensiero di mezzanotte, è con lei ? Cosa sta facendo? Mi ha pensato?
9 notes · View notes
Text
Caro BabboNatale
Sono passati anni da quando ti ho scritto la mia ultima letterina. Ero piccola,ingenua ma con tanto amore da dare. Ero solita cominciare le mie letterine chiedendoti come stessi,credevo ti facesse sentire meglio questa domanda dal momento che immaginavo che tutti gli altri bambini cominciassero la loro letterina facendoti la lista dei giocattoli che gli avresti dovuto lasciare sotto l’albero. Mamma mi ha sempre detto che è importante chiedere agli altri come stessero,sopratutto se non avevano nessuno al loro fianco, e di aiutarli in qualche modo se avessero sofferto la solitudine. Io ti immaginavo così,lì al Polo Nord,tutto l’anno in solitudine e nel silenzio più totale,per poi riapparire a Natale solo per compiacere le richieste altrui. 
Sai BabboNatale,gli anni sono passati,e quella bambina piccola e ingenua ha fatto largo ad una donna testarda,cocciuta e introversa,ma con sempre tanto amore da dare.
Sai BabboNatale,nel corso degli anni ho imparato a dire meno “come stai?” a te ma tanti “come stai?” agli altri,è una delle domande che faccio sempre quando mi ritrovo davanti una persona,credo sempre che gli insegnamenti di mamma mi rendino una persona migliore e più adorabile.
Ma sai BabboNatale,spesso non è così. E’ passato quasi un anno dallo scorso Natale e mai come quest’anno il Natale non lo sento neanche più nel mio cuore. 
Sai BabboNatale,l’atmosfera natalizia sta via via svanendo in un mondo in cui la cattiveria si sta facendo largo tra i piccoli scorci della felicità,in cui le guerre sovrastano la pace,in cui l’indifferenza sta prendendo il posto dell’odio. 
Sai BabboNatale,a sentire l’atmosfera natalizia non bastano più le lucine ad intermittenza,gli alberi addobbati con palline colorate,i presepi e i panettoni. Servirebbe solo amore che il mondo non è più pronto a dare.
Sai BabboNatale, lì al Polo Nord non ho mai saputo se prendesse la televisione,se ti arrivassero giornali da tutto il mondo per metterti al corrente di ciò che stava accadendo,ma sai,qui lontano da te le cose non vanno affatto bene. Le guerre che i bambini della mia generazione ti descrivevano chiedendoti di farle terminare sono aumentate e diventate più fredde e crudeli,le malattie che ti chiedevamo di curare sono diventate sempre più frequenti e la povertà che tanto speravamo di poter far estinguere sta investendo anche noi.
Sai BabboNatale, non so neanche se tu sia rimasto al Polo Nord o sei dovuto scappare in un luogo più freddo per l’innalzamento della temperatura di cui tanto si sta parlando in questi ultimi tempi. Se avessi avuto gli stessi occhi di quando ero solo una bambina ora mi sarei immaginata la tua casetta in mezzo ad un prato verde pieno di margherite,non più in mezzo ad una distesa di neve circondato da mille animaletti pelosi che ti aiutavano,insieme agli elfi,con tutti i preparativi.
Sai BabboNatale, è da un po’ che mi chiedo se il tanto amore che ho da dare basti a coprire tutto l’odio che c’è in giro.
Sai BabboNatale, ho provato a seminare amore,e ho trovato la risposta alla mia domanda: no,non basta. 
Sai BabboNatale,so di essere una persona a volte scontrosa,lunatica,a volte acida ed impertinente. So a volte di far del male alle persone che mi sono vicine,a quelle che per nessun motivo al mondo mi lascerebbero da sola,so di essere anche io una persona che a volta genera del male. Ma in fondo,non ho fatto nulla per finire sulla tua lista nera.
Sai BabboNatale, di cattive azioni in questo anno passato ne ho fatte tante: tra promesse che ho infranto,tra bugie che ho raccontato e a volte tra l’indifferenza in cui trovavo riparo non so quale sia la peggiore.
Ma sai,BabboNatale, oltre alle cattive azioni ho provato a fare davvero tanto per portare un po’ di felicità a chi avevo intorno. Ho provato a sconfiggere la solitudine e la depressione che affliggeva una persona a me cara,ma ho fallito e questo mio fallimento l’ha portata via da me. Ho provato a condividere i miei sorrisi dove ho visto solo pianti,ma ho fallito e il mio sorriso l’hanno tenuto tutto per loro con condividendolo con me. Ho provato a dare seconde possibilità,ho provato a dare il mio cuore,ma mi è tornato indietro solo come uno straccio buttato a destra e a sinistra dal vento.
Sai BabboNatale, come ti ho detto prima la mamma mi ha sempre insegnato a prendermi cura degli altri e a cercare di risolvere le loro questioni come da “brava amica” ma no,questo non è bastato a portare un po’ di amore in questo mondo.
Sai BabboNatale, nonostante abbia dato tutti i sorrisi che avevo non conservandomene più nessuno per me stessa,nonostante abbia dato del tempo e dell’affetto alle persone senza aver nulla in cambio,ma anzi,vedendo andare via tutto ciò che avevo accumulato per me stessa,ho ancora voglia di dare tutto l’amore che sento di avere dentro. 
Ti chiedo un’unica cosa per questo Natale però: di donarmi la forza per non mollare, la grinta per rialzarmi nonostante tutto e un nuovo motivo per ritrovare il sorriso per affrontare tutte le delusioni che sto accumulando in questo periodo.
Un po’ come quando ero bambina,ti prometto,se per questo Natale mi portassi tutto ciò,che proverò nuove strategie per diffondere tutto l’amore provo,che dentro al mio cuore non sarà mai più grande dell’odio; ti prometto che forse nel mio piccolo farò terminare le guerre,guarire le malattie (perchè si,la bambina di tanti anni fa ha deciso di intraprendere un percorso universitario che le darà questa opportunità) e di sconfiggere la povertà,non tanto quella monetaria ma quella d’animo che ormai è più comune di quanto tu pensi. Perchè lo so,sono tanti i bambini che ti chiedono ciò,o per lo meno spero che qualcuno di questa generazione ancora ti faccia queste richieste. 
Ma sai BabboNatale,sono cresciuta,so che in fondo sei solo frutto dell’immaginazione del popolo e so che queste richieste così importanti tocca a noi,nel nostro piccolo,esaudirle per le generazioni future che ancora credono in te,ancora credono nel bene.
Con affetto, Buon Natale.
7 notes · View notes
Text
Sto correndo per le scale.
Il giubbotto freddo, umido di pioggia, mi appesantisce, facendomi tremare le gambe un po' di più ad ogni gradino.
Quando, finalmente, raggiungo la porta di camera mia, allungo un braccio per aprirla, e mi ci rovescio, letteralmente, dentro.
Mentre faccio scattare la serratura dietro le mie spalle, mi accorgo che non riesco più a respirare.
Spalanco la bocca per inghiottire più ossigeno, ma continuo a sentirmi soffocare, come se tutto ciò che riuscissi ad annaspare fosse bambagia che va man mano a riempirmi i polmoni, a sigillarmi la gola.
Mi lascio cadere sulle piastrelle gelate della stanza, con lo sguardo chiazzato di macchie scure, mentre cerco di tenere insieme disperatamente, senza riuscirci, tutti i pezzi del mio cuore, che continua a rompersi ad ogni battito.
Steso, stretto fra gli armadi e la scrivania, con gli occhi fissi contro un soffitto pallido quanto me, cerco di riprendere il controllo.
Cerco di concentrarmi sul mio respiro.
Lascio che i minuti mi scivolino sopra come le gocce di pioggia su un impermeabile.
E poi, ecco ritornare le vecchie abitudini; come se potessi concentrare tutta la forza in un singolo punto del mio corpo, alzo il braccio sopra la mia testa e sferro un pugno fortissimo contro il muro.
Ecco.
Non sento più il freddo del mio giubbotto zuppo nel quale mi sono avvolto, nascondendomi, e nemmeno il ticchettio delle gocce di pioggia contro il vetro della porte finestre poco distanti da dove sono steso.
Sento solo il sangue caldo che traccia una ragnatela rossa sul dorso della mia mano, riaprendo con un bruciore intenso i tagli sulle mie nocche.
Adesso, finalmente, ho un motivo per piangere.
La mia gola brucia, le mie labbra sono impastate di lacrime, di sale, e in bocca un sapore amaro fa contrarre i lineamenti del mio volto stanco in una smorfia.
Solo ora riesco a sentirla, la nostra canzone, intendo.
No, non é una canzone triste...é quel genere di canzone che é diventata triste perché ti ricorda qualcuno che ti manca.
Qualcuno che ti manca tanto da farti male.
Da farti male anche senza bisogno di sentire il suo nome, o di incrociare per la strada una persona che ha il profilo pericolosamente simile al suo.
Perché é quel qualcuno che é inciso sulle tue ossa, che striscia sotto la tua pelle e scorre dentro al groviglio delle tue vene.
É sempre con te; quel male non ti abbandona mai.
Chiudo gli occhi, mentre premo le nocche sanguinanti contro il pavimento freddo.
Mi concentro sul respiro.
In testa ancora quella canzone, la nostra canzone, che come una patina copre tutto ciò che mi circonda, isolandomi da quella realtà livida.
Raccolgo frammenti di lei man mano suonano le note e la melodia avanza, spalmandosi su tutte le pareti di camera mia, fino a posarsi anche sulle mie ciglia, sulla punta del mio naso, fra le crepe della mia pelle.
Se fosse qui, le direi che mi manca.
Lei era ossigeno, e senza di lei è come stare continuamente in apnea.
Se fosse qui, le direi che da quando non c'è più ogni spazio mi sembra eccessivamente vuoto.
Come se, senza di lei, nulla si possa realmente considerare pieno, nemmeno la mia classe che non é a norma perché ci sono troppi banchi per le sue minute dimensioni, nemmeno l'autobus il giovedì pomeriggio, quando é così pieno da non riuscirci ad entrare e da essere costretto a prendere sempre quello successivo.
Le direi che mi sembra sempre che ci sia un enorme spazio vuoto, ovunque.
E che lei, solo lei, poteva riempirlo.
Ed é lo stesso spazio vuoto che ha creato dentro me.
Intendo davvero, come se ci fosse un buco, al posto del mio stomaco. Un enorme buco al posto del mio petto. Un enorme buco in cui sono scivolato, e lì dentro non c'è mai la musica, non splende mai il sole, ed ogni cosa é fredda, e dura, e non fa altro che ricordarmi che passerò il resto della mia vita senza di lei.
Sospiro.
Sospiro.
Sospiro.
Sferro un altro pugno contro il muro, con l'altra mano.
Appoggio le nocche crepate sulla bocca, lascio che il sapore metallico del sangue mi faccia venire voglia di sputare dal disgusto.
Il sapore dei suoi baci sulle mie labbra, però, é ancora lì, e non se ne va.
Come un fantasma, rivendica la sua presenza ogni volta che me le sfioro.
Lei é diventata il pensiero triste che ti strappa quelli felici.
Per carità, ci sono tanti bei ricordi che ho di lei, ma sono stati tutti spazzati via.
Sono stati spazzati via dai suoi lunghi pianti accasciata contro la parete di camera sua al posto che contro di me.
Dai silenzi in cui preferiva affogare, quando le chiedevo cosa aveva, rispondendomi con quel terribile, freddo sguardo del "tu non capiresti".
E forse é vero; non capivo.
Non capivo cosa intendeva col suo concetto di perfezione, una perfezione che a suo dire era una costrizione di numeri, e calorie, e diete assurde, e docce gelate, e menzogne su menzogne su menzogne per saltare i pasti.
Forse é vero; non capivo il suo concetto di perfezione composto da bottiglie d'acqua, da bilance, da esercizi, ed esercizi, ed esercizi, ed esercizi.
Ma ci provavo, ci provavo cazzo; provavo a capire perché chiamava perfezione i chili che perdeva ogni settimana, perché chiamava perfezione il modo in cui la sua pelle dava l'impressione di essere bucata dalle sue ossa, perché chiamava perfezione le sue costole sporgenti, le sue anche vistose, le sue dita scheletriche.
Ci provavo, davvero.
Ma tutto quello che vedevo io, era la mia ragazza rimpicciolirsi sempre di più dentro ai suoi vestiti, dentro ai miei abbracci, nei suoi sorrisi, che erano diventati spenti, così tirati da non trasmettere più nulla.
Era la mia ragazza che si sottoponeva a una violenza terribile, tanto da perdere i suoi bellissimi capelli, secchi e anch'essi, in qualche modo, sbiaditi, e il rossore che le colorava le guance, e la sua voglia di ridere.
Era la mia ragazza che smetteva di uscire con le sue amiche perché "doveva raggiungere la perfezione", che declinava i miei inviti perché "doveva raggiungere la perfezione", che smetteva di scrivere, e di dipingere, e di scattare foto, e di passare i pomeriggi di pioggia stravaccata sul divano con il volto immerso fra le pagine del suo libro perché "doveva raggiungere la perfezione".
Quante volte l'ho guardata in quegli occhi vuoti e non sono riuscito ad accendere nemmeno una scintilla.
Quante volte, quando la guardavo, mi sembrava di avere affianco a me un fantasma, lo stesso fantasma che é diventata dopo "quel giorno".
"Quel giorno" che nessuno vuole ricordare, che fa voltare dalla parte opposta i suoi genitori, nel tentativo di nascondere quell'ombra scura di panico e terrore che gli attraversa il volto quando sentono il suo nome, che fa perdere a tutti le parole.
"Quel giorno" in cui il suo cuore, stremato dalla fatica, esasperato dagli ordini severi della sua mente, che la tormentava in continuazione, ha ceduto.
Si é fermato.
"Non aveva più energia. Senza cibo, il suo organismo aveva bruciato tutti i muscoli, compreso il suo cuore".
Sferro un altro pugno contro il muro.
E un altro.
E un altro.
E adesso il sangue mi ha chiazzato i jeans, e la t-shirt, ed il mio volto e le mie labbra sono sporche di rosso, e le mie dita sono appiccicose e dai miei occhi non escono più lacrime.
E lì, steso per terra, sporco di sangue, capisco che é esattamente come mi sento; un assassino.
Uno sporco assassino. Perché l'ho lasciata distruggersi. L'ho lasciata sgretolarsi.
Dovevo fare qualcosa. Io potevo fare qualcosa, potevo impedirlo, e non l'ho fatto.
Sono stato zitto. Non ho chiesto aiuto. L'ho lasciata sola.
Mi giro su un fianco, mi porto le ginocchia al petto e le stringo con forza.
Come scariche elettriche, il dolore mi si irradia dalle mie mani per tutto il corpo.
Con lei, avevo imparato a controllare i miei scatti di rabbia.
Senza di lei, sono tornato alle vecchie abitudini, ma solo perché infliggermi dolore é l'unica maniera che ho per sopprimere quello che mi ha causato lei.
Sospiro.
Respiro.
Espiro.
Sospiro.
Non me l'ha mai chiesto.
Non gliel'ho mai detto.
Ma il mio concetto di perfezione, era lei, stesa nel mio letto, con addosso una mia maglietta che le stava decisamente troppo grande, ed i suoi capelli aggrovigliati sulle spalle, le incorniciavano il volto in modo tale da non riuscire a smettere di guardarla e pensare a quanto fosse bella, con gli occhi ancora chiusi e spruzzati di sonno, senza trucco, rivelando la sua pelle chiara e screziata da qualche impurità, che mi ricordavano tanto le perle grezze, e le labbra screpolate socchiuse, mentre il suo corpo si abbassava e si alzava seguitando il ritmo dolce del suo cuore.
Non era perfetta, non come voleva lei, con le sue occhiaie livide che le cerchiavano gli occhi e le unghie mangiucchiate, irregolari, e sporche di sangue per le pellicine che si strappava coi denti, ma per me era bellissima.
Per me, era perfetta.
Perché, cazzo? Perché non glielo ho mai detto?
E fu in quel momento che lo realizzai; l'avevo lasciata andare, senza mai dirglielo, senza mai farle sapere come la vedevo io.
Forse, proprio quello, avrebbe potuto salvarla.
-Alessia Alpi, scritta da me.
(-Volevoimparareavolare on Tumblr)
1K notes · View notes
k4rflo · 4 years
Text
MI MANCHI CAZZO CAPISCILO
Ciao, ti direi in faccia tutto quanto ma ormai vederti è come vedere una lucciola, qualche giorno che ormai non parliamo, e penso a come siamo arrivati a tutto questo, forse colpa mia, colpa tua? Non so, non ha importanza di chi è stata la colpa, forse è stata colpa di entrambi.
E sai proprio in questi mesi, in questi mesi di sofferenza, di pianti, di tristezza, dopo che in questo momento scende una piccola lacrima sul mio viso, è qui che io capisco, capisco che tu cazzo mi manchi davvero, che sti cazzi io non ce la faccio senza te, non riesco a smettere di pensarti, ti penso ogni singolo momento della mia giornata di merda, perché senza te tutto quanto è una merda, faccio le cose ma non trovò un senso a queste cose, faccio le cose e non so nemmeno perché le faccio, ti sogno ogni cazzo di giorno, sogno entrambi e non vorrei svegliarmi, perché sono dei sogni così stra fottutamente belli, che vorrei che fossero veri, che vorrei che quei sogni fossero reali e non dei semplici cazzo di sogni, perché, forse ho capito, che la mia non era una abitudine, solita routine, solito posto, solita giornata, non era questione di abitudine, perché ormai le mie giornate sono totalmente diverse, ma continui a mancarmi, mi mancano i tuoi cazzo dì messaggi quando non rispondevo, mi mancano tutte quelle volte che abbiamo litigato, che abbiamo riso dopo aver litigato, mi mancano tutte quelle stronzate che facevamo, che forse possono sembrare stupide, ma se ci pensi erano la cosa più bella, e sai ora che penso a tutto questo rido, rido per quei momenti che abbiamo passato insieme la piango perché non ci sono più, il problema è che non riesco a starti distante, ed è questo il momento in qui ti rendi conto che dopo mesi, le cose che dicevi non le dicevi giusto per dire, ma le pensavi veramente, perché anche dopo tutto il male che mi hai fatto, che ci siamo fatti, io continuo a pensarti, io continuo ad essere innamorato di te, di quella persona che si nasconde, di quella persona che vorrei tanto vedere, quella persona con cui vorrei passare una sera a guardare le stelle sotto le coperte, o magri a mangiare un kebab in riva al mare, perché dopo tutto quanto, io continuo a scriverti, continuo ad arrampicarmi.
E sai ti ricordi quando ti dissi che per te farei non una ma ben 2 stragi, beh mi sbagliavo perché ormai ho perso il conto di quante stragi ne ho fatte, non so se te lo manderò mai un messaggio del genere, più che altro perché non so se ormai ha senso dirti tutto questo, non so se ha senso dirti di ripartire da zero, di conoscerci di nuovo, di far finta che ci siamo appena conosciuti, non so se avrebbe senso dirti facciamo finta che non è mai successo niente in questi 4 anni quasi, non so veramente, non so come la prenderesti, non ne ho idea di cosa potrebbe succedere, e rischierò te lo manderò, qualsiasi sia la tua reazione, sarà stata la mia ultima strage, l’ultima che mi dirà ci hai provato, se avrai successo o no, non ne ho Idea, perché più che altro io tra una settimana starò su un aereo che mi porterà lontano da qui, e volevo un motivo per non farlo, e fino a qualche giorno fa ti avrei detto che eri tu il motivo per il quale sarei rimasto, e te lo direi anche ora se soltanto la situazione tra noi 2 non fosse così tragica, ma posso dire che se tu mi chiedessi di eliminare tutto quanto quello che è successo tra cose belle e brutte, e ricominciare di nuovo da zero, come se ci fossimo conosciuti nel 2020 e non nel 2015, ti direi al instante che rimango per te, perché tu mi fai questo strano effetto, mi fai l’effetto che farei di tutto per te incondizionatamente, perché mi sono reso conto che ho veramente bisogno di te, perché con te, tutto è più bello.
Quindi, vuoi essere il mio pretesto per rimanere?
~k4rflo
3 notes · View notes