Tumgik
#il fatto è che è pure vero che sto sempre a ridere
ross-nekochan · 9 months
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Ultimamente penso che ho solo 2 mie amiche con cui mi sento regolarmente e che sono il mio contatto con l'Italia. Se non fosse per loro due potrei morire qui contenta senza che nessuno che mi conosce(va) soffra troppo.
Non so se considerarle un deterrente o un impiccio.
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yomersapiens · 2 years
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L'inesistente carriera di Viktor Gnoìnar
Ero al supermercato per animali, quello dove compri tutto ciò che concerne la sopravvivenza in casa del tuo felino da esterni. La scelta è immensa. Troppe scatolette e bustine diverse. Troppi colori, carni, illustrazioni. Cosa gli piacerà? E se questo lo fa vomitare? E se con questo ingrassa? Ah, che bello questo prodotto, si chiama Happy Cat, io voglio che il mio gatto sia felice, però aspetta, il gatto in fotografia mica mi sembra tanto felice, meglio non fidarsi. Ho passato un’ora così. Quando si tratta di scegliere qualcosa da mangiare per me lo faccio in un secondo ma no, per il gatto valuto ogni possibile variante e conseguenza.
Qualche tempo fa ero in Italia, nella mia vecchia cittadella. Una cosa che faccio sempre quando torno è aprire la nota app per appuntamenti e vedere chi è single adesso in città. Ah guarda, lei è alla ricerca, di nuovo, si era sposata con quello e boh, deve essere finita. Però sta bene. Oh lei me la ricordo, non ero figo abbastanza per te 20 anni fa e adesso? Chi ride adesso? Non io sicuramente, dato che sono a sparare acido su una app per appuntamenti. Faccio un censimento del passato. Guardo cosa mi sono perso, che futuri ho evitato. Poi è successa una cosa strana, capita un match con una ragazza. Quando una rarità del genere accade io penso solo a una cosa: ci deve essere stato un errore, sicuramente è un bot. Così non scrivo. Invece mi scrive lei. “Ma tu sei quello dei Diari dell’orso! Ti ascolto sempre!” e io non sapevo come rispondere. Mi sono sentito un po’ in imbarazzo. Nel senso, se ascolti il mio podcast sai praticamente tutto di me (o almeno di quello che decido di spettacolarizzare e condividere). Quindi parto con un immenso svantaggio. Ma sono fatto così: datemi un lampo di celebrità e io mi prostituirò. Mi lascio andare e si esce a bere una cosa. Ho pensato perché no, al massimo ci guadagno una storia nuova per il podcast. Dopo un po’ che ci raccontiamo dice “Ma sai che quando parli mi sembra proprio di sentire il tuo podcast!” eh grazie al cazzo zia, è la mia voce, non è che ho la vocetta da paperino che poi modifico con un software. Mi scappa uno sbadiglio (non per colpa sua, perché sono un anziano che la sera non dovrebbe uscire a bere dei drink) “No vabbè ma sbadigli proprio come nella sigla!” e li ho capito che deve essere durissima per una celebrità vera, non uno sfigato con un podcast che avrà manco un centinaio di ascoltatori, uscire con qualcuno. Ovviamente non è successo nulla, non c’era tempo e non mi piace seminare nel terreno che ho abbandonato di proposito, però alla fine era pure simpatica, sicuramente meritevole di finire in un racconto.
Sto cercando di andare avanti da quest’estate, di dimenticare cosa è accaduto. Non voglio buttarlo giù per iscritto perché poi diventa vero e io odio quando le mie paure diventano reali perché poi devo affrontarle. Quando i sospetti si materializzano e i “lo sapevo” vanno spuntati perché avevo ragione. La mia ex e il mio migliore amico. Penso stiano assieme. Non lo so di preciso, non appena è venuto lui a parlarmi di quello che stava per accadere io ho scelto di non voler ricevere nessun tipo di informazione ulteriore. Lo sentivo nell’aria però.
C’è questa idea che tutti hanno di me e vi farà ridere, ma fuori di qui sono percepito come una persona aperta, riflessiva ma divertente, leggera ma profonda, intelligente e cinica. Tutti pensano “Ma sì, Matteo capirà, a lui non da fastidio niente, è così rilassato” e quindi vengo spesso inondato di responsabilità o informazioni che non mi merito. Come appunto, il mio migliore amico che viene a dirmi “Ma sì, tanto tu sei uno in gamba, sicuro capisci, sicuro non ti da fastidio, poi sono passati anni, che vuoi che sia per te che sei così aperto e cool e rilassato”. Invece manco per il cazzo. Questa parvenza di stabilità che dimostro è il frutto di notti insonni passate a studiare cosa dire per non far trasparire quello che provo sul serio. La matassa informe di insicurezze che mi compone nonostante l’età. Non sono geloso, non me ne frega un cazzo sinceramente. Qualche anno fa dopo aver scopato nuovamente (per quella stupida cosa che si fa tra ex, una specie di aggiornamento per vedere cosa si è imparato in anni di distanza) avevo capito che non c’era nulla a legarci, se non appunto un po’ di curiosità. Avevo ascoltato tutte le volte in cui mi parlava dei suoi nuovi ragazzi, di come stava bene in tutte le nuove relazioni e lo avevo fatto con rispetto e neutralità, direi quasi con amicizia. Anche con lui, avevo ascoltato sempre, sostenuto in tutto e per tutto anche quando non condividevo per niente, ma questo si fa con gli amici no? Si ascolta, si supporta, si sfotte quando possibile.
Ci ho ragionato molto. Perché mi da fastidio? Perché prima ero amico di tutti e due e adesso non voglio sapere più niente? Purtroppo non ho una risposta. Il cambio di equilibrio mi ha spiazzato. Non voglio sapere le loro storie, sentire i racconti di lei (questa volta con lui come protagonista), o guardare le foto dal mare, magari uscire e sentire lui che si lamenta di atteggiamenti che io ho provato sulla mia pelle in anni di relazione passata.
Vorrei essere la persona che gli altri si aspettano io sia. Quella cool e intelligente e rilassata ma non lo sono. Sono un cazzo di adulto che sta in piedi per puro caso e vuole essere lasciato in pace dato che tutto mina la mia stabilità. Voglio le mie certezze. Quelle stupide che dicono che le ex dei tuoi amici non le devi guardare perché sono brandelli di un passato che non ti riguarda. Perché ci deve essere qualcosa di minimamente sacro ancora. Cioè dai, uno che pensa queste cose è completamente non cool. Io non ci credo quando mi vengono a dire “Eh che ci vuoi fare, ci siamo innamorati, mica le controlli certe cose, è successo!” ma andate a fanculo. Innamorarsi non succede. Certo, si può prendere una sbandata, ma innamorarsi è l’attuazione di un processo dopo attenta valutazione del tutto. Se si decide di andare avanti nonostante le conseguenze, allora è una scelta e io posso voler non essere coinvolto nelle scelte altrui.
Ho razionalizzato e deciso di andare avanti, tanto non vivo più nella mia vecchia città e qualunque cosa accada laggiù non mi riguarda. Perché devo restarci male? Beh perché ho perso due amici in una botta sola ma vabbè, ho un gatto adesso su cui riversare quasi tutte le mie frustrazioni. Infatti, non appena varcato il confine e tornato a Vienna, tutto il dolore era sparito. La distanza davvero aiuta. Si può guarire da quasi ogni male usando i chilometri e diluendo tutto con litri di tempo. La delusione resta e forse è per questo che voglio comprare cibo sempre miglior per il mio gatto, perché lui non mi tradirà mai (finché mangerà bene).
Mi sa che ho raccontato questa storia alla tipa del presunto appuntamento. Poi uno si domanda come mai non scopo.
Passeggiavo con mio nipote e lui è entrato in quella fase dove ripete tutto. Era bel tempo ed eravamo nel parco vicino casa. Lui mi chiede sempre di dare un nome alle cose. Vuole sapere come si chiama tutto e poi lo ripete, per allenarsi e per accumulare termini nel vocabolario. - Qvuetto? (che vuol dire “E come si chiama questo” nella sua lingua) - Questi sono i binari. I binari del tram. Qua passa il tram. Questi sono i binari. Sai dire binari? - Bi-na-i - Dai, quasi - E qvuetto? - Ecco questa è una panchina. Ci si siede quando si è stanchi. Sai dire panchina? - Pa-ì-na - Ma sei bravissimo!!! (Mento sempre a mio nipote dato che ancora non se ne accorge) Io sono contrario al cat-calling. Mi da fastidio tirare fuori del becero machismo per strada. Però faceva davvero caldo quel giorno e io vivo in un’altra nazione, 90% delle persone non capisce quello che dico quando parlo in italiano e io parlo spesso da solo nella mia lingua madre. Passa una ragazza davvero bella e scollata e io non urlo niente, perché cerco di fare meno schifo possibile, però nel mio piccolo mi scappa un commento. - Che bocce signorina - Qe bo-sce gno-i-na! - No!!! Vito!!! Non ripetere questo!!! - Qe bo-sce!!!! - Ti prego no!!! Smettila!!! - Boooo-sce!!!
Ho imparato che se un bimbo di poco più di due anni capisce che è sbagliato ripetere una parola, deciderà di ripeterla il più possibile solo per darti fastidio e ridere come un dannato. Per fortuna non ci ha sentiti nessuno e dopo qualche minuto si era dimenticato ed eravamo passati a nuove parole molto più eccitanti tipo altalena, cagnolino, camper, anticapitalismo.
Riporto mio nipote a casa sua e lo consegno a mio fratello. Dopo qualche giorno mi chiama: - Senti Matteo, ma tu sai perché Vito continua a ripetere “che bocce”? - Ah! Che strano! Forse ehm, si ricorda di quando siamo passati a vedere gli anziani giocare a bocce, ecco, sì! - Ma dove? Qua a Vienna nel nostro distretto nessuno gioca a bocce. - Eh no in tv! Anzi no, sul telefono, sai, gli facevo guardare qualche video per intrattenerlo… - Video di bocce? Tu guardi video di bocce? - Sì certo! Da lontano sento la vocina di Vito urlare: - Qe bo-sce gno-i-na!!! - Eh sì, sta proprio citando il grande giocatore di bocce Viktor Gnoìnar, Campione Nazionale 2022, dovresti vedere che giocate che fa!
Mio fratello mi saluta. Ovviamente non mi crede. Io vivo con la consapevolezza di aver rovinato mio nipote.
Ora mi resta solo il gatto. Con lui non posso sbagliare. Gli insegnerò ad essere rispettoso e a non provarci con le ex fidanzate. Anche se è una partita persa. Già adesso se qualcuna si invita da me è solo per passare del tempo con Ernesto. Vabbè, ho avuto le mie annate buone. Mi resta sempre il podcast e il piangermi addosso. Minchia se sono bravo in quello. Direi quasi che potrei essere chiamato il "Viktor Gnoìnar del piangersi addosso".
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erosioni · 3 years
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La felpa
Dovevo prendere una felpa. Sono proprio stupida, dovevo prendere una felpa, penso mentre cammino più veloce che posso. È notte, non so nemmeno che ora sia. Ogni tanto qualche macchina mi sfreccia a fianco, velocissima. Normalmente camminare sul ciglio della strada mi farebbe un po’ di paura, ma ora sono troppo ubriaca e voglio solo arrivare a casa. Incrocio le braccia sulla pancia scoperta per cercare di trattenere un po’ di calore. 
Per distrarmi ripenso alla festa in spiaggia dalla quale sono appena andata via; forse oltre al vino e alla vodka ho preso anche qualcos’altro. Mi gira la testa e ho uno strano sapore in bocca. L’immagine vaga di qualcuno che mi sorride compiacente e che mi offre quello che pensavo essere solo birra è spazzata via da una folata del vento gelido di fine estate, che soffia sulla pelle d’oca delle mie gambe scoperte. Mi metto quasi a correre, ho ancora un bel po’ di strada da fare.
Nelle orecchie sento il suono ovattato della notte. Poi una musica indistinguibile in lontananza, ma forse si sta avvicinando. Sento un’auto rallentare e fermarsi proprio di fianco a me. Please could you stop the noise? I'm trying to get some rest from all the unborn chicken voices in my head. Una canzone famosa, forse l’ho già sentita. È un grosso SUV scuro, alla guida è un uomo adulto. Non lo vedo tanto bene fino a quando non accende la luce interna dell’auto. Ha dei bei lineamenti, gli occhi scuri e profondi. È brizzolato. Un viso rassicurante, ma in questa situazione non posso che avere l’istinto di accelerare il passo e di afferrare il cellulare per cercare nella rubrica il numero di mio padre. L’auto mi segue a passo d’uomo, la musica si abbassa e sento la sua voce.
- Hai bisogno di un passaggio? - No grazie. Cosa gli fa pensare che potrei salire in macchina con uno sconosciuto, a quest’ora della notte poi? - I tuoi genitori lo sanno che sei in giro a quest’ora? Dove abiti? - Sì lo sanno e comunque sto tornando a casa e se non arrivo tra dieci minuti si preoccuperanno. Volevo usare un tono intimidatorio, ma a causa del freddo e delle sostanze la mia voce trema. Invece di spaventarlo sembro solo una bambina implorante. Lui ride. - Non ti voglio mica rapire, ti voglio solo accompagnare a casa. Anche io ho una figlia giovane, non mi piacerebbe se girasse di notte conciata così. In effetti sono mezza nuda. La gonna che mi ha prestato la mia amica Sara è stretta e mi sta leggermente corta, ogni tanto me la devo abbassare. L’ho abbinata ad un top nero in pizzo, sotto al quale non ho proprio niente. Per fortuna è buio pesto, o si vedrebbero i capezzoli duri per il freddo.
- Dai, avvisa i tuoi genitori e salta su. L’abitacolo sembra caldo e accogliente e io sono stanca di camminare. Quest’uomo è rassicurante e dubito che mi voglia fare del male. Ha anche una figlia. Voglio chiamare papà per spiegargli la situazione, ma probabilmente si è già addormentato. Decido di scrivergli un messaggio quando sarò al caldo nella macchina. Apro la portiera, e subito il tepore dell’abitacolo mi assorbe.
- Grazie. - Non è un problema. Mi chiamo Fabio. - Io Laura. - Fa freddo eh? Lancia uno sguardo alle mie gambe. Quando mi sono seduta la gonna si è alzata parecchio e a malapena mi copre le mutandine. Me la abbasso per quanto posso.
- Vai dritto per un po’, non è tanto lontano. Fabio inizia a guidare e io mi posso rilassare. You don't remember, you don't remember. Why don't you remember my name? Mi lascio cullare dalla musica e guardo le luci dei lampioni fuori dal finestrino. Vorrei chiedere chi è che canta ma la testa mi gira fortissimo. Devo chiudere gli occhi. Mi dico che li riposerò solo per un secondo. Solo un secondo.
Invece comincio a cadere dentro un pozzo infinito, come Alice nel paese delle meraviglie. Non è spiacevole però. Mi abbandono alla caduta che non controllo, è come volare. Mentre volo ho la sensazione che qualcuno mi stia accarezzando dolcemente. Sento il calore di una mano contro il fresco delle cosce scoperte. È rilassante e vagamente eccitante al tempo stesso. Una voce chiama il mio nome. – Laura… Laura… 
Apro gli occhi. Capisco improvvisamente che stavo dormendo. Sento il ritmo delle quattro frecce, l’auto è ferma. In sottofondo la canzone è cambiata: karma police, arrest this girl, her Hitler hairdo is making me feel ill. Questa la conosco. Fabio mi guarda con un’espressione un po’ perplessa. Ha una mano sul mio braccio, come a proteggermi. È caldissima. Mi fa piacere questo gesto, ma mi imbarazza un po’, mi fa sentire piccola. – Scusa, mi sono addormentata… 
Mi stava veramente accarezzando le gambe o me lo sono sognato? Comunque era un sogno piacevole. - Laura, ma sei fatta? Non riuscivo a svegliarti e mi sono fermato… - Ho solo bevuto un po’ – mi metto sulla difensiva. Sorride. – Dovresti sentire come biascichi. Non c’è niente di male se ti sei fatta un po’, ma se dormi non mi puoi dire qual è casa tua…  Cerco di orientarmi, ma è faticoso. Gli faccio il gesto di proseguire: - All’inizio del paese, da quella parte, abbiamo affittato una casa là. - Tuo padre non si incazza se rientri in questo stato? Non so cosa rispondergli. Mi sento in colpa ma non è colpa mia. Io sono sicura di non aver preso nulla, non ho neanche fumato. – Forse mi hanno dato qualcosa. Quando ha cominciato a sentirmi strana ho deciso di andarmene dalla spiaggia, ma non volevo rompere le scatole ai miei amici… - - Va bene, dai, mi dispiace, è una brutta sensazione perdere il controllo, vero? Annuisco e deglutisco. Mi sento fra le nuvole. Non so se è una sensazione brutta o bella, come se non riuscissi tanto a pensare, a parte che la voce di Fabio è molto bella e mi fa venire la pelle d’oca. Penso – Meno male che non lo sa… - e mi viene da sorridere. - Ora perché stai sorridendo? – Anche a lui viene fuori un sorriso. Un bel sorriso, mi piace proprio quando sorride. Scuoto la testa perché non lo voglio dire. Fabio continua a sorridere: - Va bene, ho capito, continui a stare un po’ fuori. Vediamo se riesco a rimetterti in sesto, così puoi rientrare senza fare incazzare tuo padre, eh? – Lo dice proprio con la voce da papà, tutta paziente. Io continuo a sorridergli anche se non vorrei, ma è che mi sento tra le nuvole, speriamo che non finisca presto. - Nel cruscotto ho del Red Bull, ora te ne bevi un po’, così ti tiri su, ok? – Allunga una mano e apre lo sportello di fronte a me. Non riesco a trattenermi e mi metto a ridere forte. Mi guarda indeciso se mettersi a ridere pure lui o preoccuparsi. Mi porge la lattina di Red Bull, ma io rido e basta. – Ehi, se fai così mi preoccupo. Che cos’è che ti fa ridere tanto? –
Non vorrei parlare, ma mi esce di bocca come se parlasse un’altra: - Ho visto i preservativi! Ho visto i preservativi! – Anche Fabio scoppia a ridere – Ma stai proprio fuori come una zucchina! Mai vista una cosa del genere, la voglio prendere anch’io ‘sta roba… ti fanno ridere i preservativi? – - Mi fanno ridere perché ho capito cosa cercavi in giro di notte da solo. E io che pensavo che fossi un buon papà… –  mi rimetto di nuovo a ridere anche se cerco di fermarmi. Fabio non ride più. - E brava la detective… sarà la droga che ti rende così intuitiva? Quindi sono un cattivo papà? -  All’improvviso mi sento una scema. Ma che sto dicendo? Perché gli ho detto una cosa così cattiva, poi è anche tanto carino, chi se ne frega cosa fa la notte? - Dai beviti questo Red Bull, così poi ti riporto a casa… - Ora la voce non è più simpatica come prima. Mi sento una stretta al cuore e mi vengono due lacrimoni agli occhi come se fossi una bambina scema. - No dai, Fabio, scusami, non sei un cattivo papà, giuro, giuro… ho detto una stronzata… - - Lascia perdere, bevi che stai fuori… e poi forse hai ragione che sono un cattivo papà… non sei certo l’unica a dirlo - Tiro un sorso di Red Bull e mi sale la nausea. Poi mi metto a piangere perché non è giusto che Fabio sia triste. Non è giusto per niente. E mi sento sempre più stupida. - Laura, non piangere così – - Non sei un cattivo papà, non lo sei… - Lo abbraccio e mi stringe a sé. Mi sento protetta adesso. Mi viene ancora di più da piangere perché gli ho detto una cattiveria e invece lui mi sta abbracciando. Sento un odore di dopobarba, gradevole. – Shhh, va tutto bene, bella. Nessuno è cattivo qui, vero? Non c’è bisogno di piangere, dai… -  Sento i brividi che mi scuotono. Dovevo portarmi una felpa. – Abbracciami, abbracciami, ho tanto freddo… - Poggio la testa sulla sua spalla. Le sue braccia mi cullano. La voce canta: It's always best when the light is off, it's always better on the outside. Ora mi sento meglio. Non ho più i brividi. Non mi viene più da piangere. Le labbra di Fabio sono vicino al mio orecchio destro. Mi sussurra: - Va meglio, piccola? – Mi fa proprio sesso quando fa la voce da papà. Mi separo dall’abbraccio e bevo un altro po’ di Red Bull. Una vera schifezza. Però mi sento un po’ schiarita. Cristo, ho fatto proprio la figura della cretina, chi sa che pensa ora Fabio di me. 
– Scusami, mi vergogno un po’, ma non ci stavo molto…  - Ora non ci pensare. Se non ti riaddormenti tra cinque minuti sei a casa. - Io penso che sei una brava persona e anche un bravo papà… se no non sarei salita in auto  - Grazie per la fiducia, bella. Anche tu mi sembri una brava ragazza.  - Pensi che sono bella? Non pensi che sono una cretina sbronza con tutto il trucco sbavato? Si fa una bella risata. – Sei proprio un bel tipo tu, sai? 
Cazzo, mi piace quando ride e anche come parla. Però non so bene cosa fare, non ho mai avuto a che fare con uno così grande. Si piega verso di me come se mi dovesse dire un segreto. Invece sento la sua mano sulla mia coscia. Un tocco fermo, caldo. Non stavo sognando prima. Ci baciamo mentre mi tira di nuovo a sé con un braccio. L’altra mano risale sotto la gonna che ormai è praticamente arrotolata attorno ai miei fianchi. Non riesco a trattenere un sospiro. Ho già l’affanno. Mi bacia a lungo e mi accarezza attraverso le mutandine. Sento lo stereo bassissimo: And no alarms and no surprises. No alarms and no surprises. No alarms and no surprises. Silent, silent.
Sento che sto per venire. Di solito non succede così velocemente, forse è la droga o forse la situazione, non so. Vengo. Vengo e lui se ne accorge. Mi infila le dita sotto le mutandine. – Quanta fretta… -- ma lo dice sorridendo, perciò non mi vergogno. – Sei bagnatissima… - Faccio scendere la mia mano dal torace verso la pancia e poi glielo tocco. È durissimo. Ci scambiamo uno sguardo di intesa e comincio ad armeggiare con la cerniera dei suoi pantaloni. – Questo lo so fare bene – penso, mettendolo tutto in bocca. Non sono quasi riuscita a vederlo nel buio dell’abitacolo, ma è un bel cazzo, con un glande molto grosso. Lo spompino lentamente, riempiendomi la bocca con gusto. Lo sento fremere sotto la lingua e mugolare piano, ha una mano fra i miei capelli e accompagna il ritmo della mia testa. Sto ricominciando già ad eccitarmi.
 – Aspetta, Laura… - Mi stacco da lui controvoglia. Mi dà un bacio molto lungo, ho ancora il suo sapore in bocca. Armeggia con il cruscotto e tira fuori uno dei preservativi che prima mi facevano tanto ridere. Sento una contrazione fra le gambe. Non l’ho mai visto in piedi, ma deve essere piuttosto alto, mi chiedo cosa farà. Ora lo vedo meglio il cazzo, ci infila il preservativo. Sposta il sedile tutto all’indietro e abbassa lo schienale mentre mi dice – Levati le mutandine, bella… - Mi affretto a farmele scivolare giù, non so neanche dove sono finiti i miei sandali. Mi prende di peso e mi sposta dal mio sedile. Non sembrava così forte, mi si mozza il fiato. Mi siede su di lui, e mi posa le mani sullo sterzo. Sento il cazzo che scivola facilmente dentro il mio bagnato, mi devo trattenere dal mugolare. Mi abbraccia e mi stringe le tette, spostando il top. – Muovi il culetto, bella, muovilo per me… - Mi puntello tra lo sterzo e il sedile e comincio a dimenarmi. La sensazione è bellissima. – Fabio… Fabio… - ansimo – Chiamami papà, dimmi che sono un bravo papà… - Questa richiesta mi fa impazzire. – Mhhh… mhhh - Non riesco a dirlo perché mi vergogno ma mi eccita anche tanto. Sono nuda con uno sconosciuto che potrebbe essermi padre. Aumento il ritmo mentre Fabio mi aiuta con le braccia. È come se mi muovesse su di lui. Mi morde il lobo dell’orecchio. – Mhhh… s-sei un bravo papà… papà… papà…- Fabio esplode in un orgasmo molto rumoroso, mi schiaccia i capezzoli. Sento un calore intenso fra le gambe e vengo anche io di nuovo. Mi escono dei suoni assurdi dalla bocca, ma tanto non ci può sentire nessuno.
Ora sento di nuovo lo stereo: Sometimes I get overcharged that's when you see sparks. They ask me where the hell I'm going? Fabio mi bacia sul collo e mi viene da sorridere. È proprio dolce. Mi sposto lentamente sul sedile del passeggero. Mi tremano le gambe come se avessi fatto step. - Stai bene, Laura?  - Sì… è stato bello  - Anche per me. Non è che l’hai fatto solo perché eri fuori di testa? - Mhhh – Mi viene da ridere. - Fai ridere anche me, bella…  - Me lo dovevi chiedere prima, no?  Ridiamo tutti e due. – Va bene, allacciati la cintura, bella. In cinque minuti ti porto in paese. E non dimenticare di rimetterti le mutandine – Meno male che nella penombra dell’abitacolo non mi può vedere arrossire. Mi risistemo un po’. Non oso pensare la faccia sconvolta che devo avere. 
– Ecco, fammi scendere qui – dico, quando siamo alle porte del paese – non proprio davanti a casa che se mi vedono non so cosa dire… - Allora aspetta, bella. Prima di tutto dammi un bacio. – E ci baciamo. – Poi ti regalo una cosa – Mette il braccio sul sedile posteriore e tira fuori una felpa blu col cappuccio. – Non preoccuparti, a casa ne ho un altro paio uguali. Così ti copri un po’. 
Sorrido come una scema. Stavolta non è la droga, ma non so bene che dire. È proprio dolce. Forse dovrei dirgli qualcosa, tipo la mia email, ma alla fine non dico niente. Ci diciamo solo buonanotte e scendo nel fresco. Mi metto addosso la felpa mentre cammino verso casa, tiro anche su il cappuccio. Speriamo che stiano tutti dormendo. Sento l’odore di dopobarba e di sudore di Fabio nella felpa. Forse stanotte ci dormo dentro. Infilo le mani nelle tasche e sento qualcosa. Un cartoncino. Mentre apro il portoncino di casa lo guardo per un secondo. Il suo biglietto da visita. Avvocato. Completo di numero di cellulare e indirizzo. Mi viene da ridere. Chi sa se prima della fine delle vacanze avrò bisogno di sentire un avvocato?
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der-papero · 4 years
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Durante tutti questi mesi ho cercato di trasmettere a parole le differenti e lacunose variabili che rendono possibile o meno il passaggio del Sars-Cov2 da un individuo all'altro e le probabilità sommarie che nel soggetto ricevente si sviluppi sola positività o Covid-19 più o meno serio.
Renderlo a parole, però, ha la pecca di lasciare molto all'interpretazione di chi legge, il quale - spesso - non ha la freddezza e l'autocontrollo di comprendere appieno il rischio oggettivo dell'evento personale.
Allora - mi sono detto - ci vorrebbe un qualcosa di visuale e intuitivo che all'inserire di alcune varibili spazio-temporali qualitative e quantitative restituisca un indicatore semaforico della percentuale del rischio corso e di una sommaria probabilità di sviluppare positività o Covid-19.
Naturalmente sarebbe un qualcosa di ESTREMAMENTE fallace, di TERRIBILMENTE poco scientifico e dal NULLO valore predittivo perché le variabili intrinseche ed estrinseche sono davvero troppo e dall'impossibile computazionalità completa, però con tutti i disclaimer del caso, sarebbe un ottimo ESEMPIO DIDATTICO su quelli che sono i meccanismi di diffusione del Sars-Cov2 e i relativi rischi.
Ti ho quindi buttato giù una bozza con Paint (se chiedo aiuto a te è perché pure in matematica e in informatica sono a livello Paint) e poi vediamo di discuterne assieme ad altri l'impatto (non) predittivo.
P.S.
Naturalmente potrebbero essermi sfuggiti alcuni fattori di rischio (suggerite pure) e non so se sia più indicata un'app da scaricare oppure una sort di form da ‘compilare’ in un sito specifico. Quando e se vorrai imbarcarti in ciò, chiedimi che ti farò sapere quanto le singole variabili citate impattino sul risultato finale e tutte le legende del caso da inserire.
Diagramma stupendo 🧡
Ti dico che ho perso un’ora di lavoro a ridere su alcuni valori di inizio/fondo scala, cosa che SAP ti addebiterà con relativa fattura. So’ tedeschi, porta pazienza.
Sia per la app che per il sito (sto studiando JS per realizzare un plugin per Visual Studio Code, chi l’avrebbe mai detto!!) non ci sono problemi, anzi, questo è uno di quei pochi casi dove la UI è banale ma il calcolo che c’è dietro è bello rognoso.
So che ne abbiamo già parlato in privato, ma proviamo a riassumere in questo post, così apriamo un dibattito (che poi è il motivo vero per il quale lo stiamo facendo, diciamoci la verità, ovvero quello di prenderci a schiaffi tipo film di Bud Spencer fino a quando non esce qualcosa di funzionante o una cena).
Come ti anticipavo nella nostra chat, un approccio additivo per me porta a risultati sbagliati, e inoltre dare dei valori assoluti a tutte le scale e combinarli tra loro linearmente ci porterebbe fuori strada in moltissimi casi.
Ci sono tre aspetti da affrontare, sul primo abbiamo già concordato. Ovviamente io sto buttando idee basate sull’intuito, ditemi se sto dicendo cazzate.
andrebbero separate le variabili che tengono conto dello stato dell’untore/vittima (aveva febbre/mascherina, tipo mascherina, età, stato di salute e patologie, febbre dopo quanti giorni) rispetto a quelle di interazione tra i due attori (durata contatto, tipo contatto, luogo contatto).
i valori andrebbero moltiplicati, non addizionati
andrebbe individuato un caso di riferimento, ovvero un caso dove, per multipli (messi peggio) e/o sottomultipli (messi meglio), possiamo derivare gli altri
I punti (1) e (2) li ho derivati facendoti prima l’esempio di come una Soyuz cambia di parecchio se i due attori ci entrano dentro con un Hazmat Suit o con una sciarpa, lasciando fissi la durata e il tipo di contatto. Ma mentre portavo la macchina a lavaggio, mi è venuto in mente anche un altro esempio.
Come stato di salute del martire, hai inserito il valore “Wolverine”. Ora, lo so che lo hai fatto a mo’ di goliardia, ma fammelo passare un attimo come valore possibile dal punto di vista sanitario. Un martire che si dichiara Wolverine, indipendentemente dal restante stato e dalla sua interazione con l’untore, porta tutti i fattori e le scale a zero, perché come ben sappiamo il Covid a Wolverine gli sciacqua gli attributi, quindi il suo fattore di rischio sarà sempre nullo, qualsiasi sia lo scenario. Già solo questo aspetto mi porta a pensare che lo stato di salute del martire sarà un peso (pesato ulteriormente dalle patologie) che andrò a moltiplicare sul valore finale, e che nel caso di Wolverine è banalmente pari a zero.
Date queste considerazioni e il punto (3), mi verrebbe da dire che possiamo individuare un set di variabili di stato che definiscono un fattore X il quale, anche in condizioni di durata, tipo e luogo di contatto favorevoli, mi farebbe avere un valore alto di rischio, e poi, a mano a mano che lo stato “migliora” (es. metto la mascherina, ne metto una buona, etc.), X si rimpicciolisce (a.k.a. lo dividi per fattori sempre più grandi), in modo da far pesare meno le 3 variabili di interazione, che andranno moltiplicate tra loro e per il valore X.
Questo tipo di approccio si avvicina moltissimo a quello delle tracing apps, nelle quali lo stato non esiste (avrebbe complicato e reso senza senso il calcolo), ovvero lo puoi porre pari a “1″, e poi hanno moltiplicato tra loro le variabili di interazione, le uniche che potessero avere un senso per il tracing.
Domani e anche nel weekend provo a tirare giù una bozza di coefficienti e poi la discutiamo insieme. Ma non lasciateci soli, car* tumbler*, in questa avventura. Per dirla alla Captain America ...
AVENGERS ... CALCULATE!
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mysoulishaunted · 4 years
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Il primo incontro
Il viaggio in treno non era stato chissà quanto lungo ma sentivo comunque il bisogno di rinfrescarmi. Meno male che avevo preso il primo che partiva al mattino cosi avevo il tempo di registrarmi in hotel e darmi una sistemata prima di incontrare finalmente Sonia. A quel pensiero iniziai a sentire le farfalle nello stomaco, improvvisamente mi iniziò a mancare l'aria nonostante il sorriso da ebete che avevo stampato in faccia. Era la prima volta che ci vedevamo di persona. Abbiamo passato settimane intere a parlare al telefono e in videochiamata, mai abbastanza a lungo, mai abbastanza vicine. Speravo che averla vista al telefono bastasse per scemare almeno di un pochino l'ansia che mi stava salendo per il nostro incontro ma non c'era proprio nulla da fare.
Mi registrai in hotel e andai in bagno a fare una doccia veloce. Senza bagnare i capelli me la cavai in dieci minuti, misi il burro per il corpo allo zucchero filato sulla pelle che odorava di bagnoschiuma alla pesca, spruzzai poi l'acqua per il corpo profumata sulle braccia e sul collo. Sistemato il trucco andai ad aprire il borsone da viaggio a forma di bara che avevo buttato sul letto con noncuranza: era il momento di scegliere cosa mettermi. Indossai un completino in pizzo nero e dei calzini con i panda e mi bloccai di fronte alla scelta del resto. I jeans a campana e le globe nere erano una scelta ovvia ma ero davvero indecisa sul sopra. Era la fine di maggio in fin dei conti e faceva abbastanza caldo durante il giorno, mentre con l'arrivo della sera si alzava il vento e finivo sempre per avere freddo. Avrei potuto portarmi una felpa o una giacca dietro ma non avevo voglia di avere le mani occupate. "Bene, mancano ancora due ore e io sto già andando in panico. Non riesco nemmeno a decidere che maglietta mettermi perché voglio sembrare normale ma anche attraente e non pretenziosa e non voglio avere la pelle d'oca tutto il tempo. Accidenti. Perché mi sono portata cosi tanti cambi per cosi pochi giorni?" iniziai a pensare, seduta sulla moquette per terra. Chiusi gli occhi e respirai profondamente un paio di volte. Crop top e camicia a quadri oversize. Deciso. Sicuramente non potevo sembrare più gay di cosi. Rimisi gli anelli d'argento sulle dita, sistemai il posino in pelle sul polso sinistro e raddrizzai la collana al collo. Decisi di aggiungere le bretelle viola e una catenella ai pantaloni. Dal punto di vista estetico ero pronta cosi svuotai lo zainetto e controllai cosa mettere dentro. Portafoglio, caricatore portatile, occhiali, salviette umide, sigarette e accendino, cuffie e il pacchetto incartato che avevo tolto dal borsone. Riguardo all'ultima cosa sapevo bene che era solo una precauzione. Sapevo che ne avevamo già parlato prima ma non ero sicura di come sarebbe andata la giornata, e volevo avere questa sorpresina dietro in caso fosse andato tutto bene e avessi voluto metterla in imbarazzo prima di passare di nuovo in hotel.
Il telefono segnava mezzogiorno ed era ora di uscire. Per fortuna avevo prenotato un hotel vicino alla stazione cosi potevo muovermi abbastanza liberamente. Misi le cuffie, accesi spotify e uscì sulla strada illuminata dal sole. Iniziai a camminare con calma verso il nostro punto d'incontro, controllando di continuo di non aver iniziato a sudare perché sicuramente non volevo passare per un mostro umidiccio la prima volta che l'avrei abbracciata. L'ansia si stava rifacendo sentire e si alzava ad ogni passo. Nonostante la calma il respiro iniziò di nuovo a darmi qualche problema, mancavano solo cento metri e sarei arrivata nel punto in cui avrei potuto aspettarla su una panchina. Ero in anticipo, di poco ma ero in anticipo. Ero indecisa se tenere le cuffie o meno, non volevo stare seduta a fissare le persone che passavano alla ricerca di quel dolce viso con le fossette, non ho esattamente un'espressione gentile apparentemente.
Passarono solo un paio di minuti ma notai in lontananza qualcosa di familiare. Camminava a passo svelto, allegra, con i capelli mossi dal vento e con indosso la maglietta bianca aderente che le scopriva la pancia che avevo riconosciuto. Un piccolo angelo che si incamminava nella mia direzione. Mi alzai togliendo le cuffie, occhi fissi su di lei che curvò le labbra in un sorriso raggiante non appena si accorse che ero già li ad aspettarla. Sonia accelerò il passo e in pochi secondi fu davanti a me a gettarmi le braccia al collo per abbracciarmi. Niente imbarazzo o esitazione, solo sana allegria ed eccitazione di avermi finalmente li. Rimasi un attimo bloccata per la sua foga ma mi si scaldò il cuore nell'esatto momento in cui mi toccò e la strinsi forte a me affondando la faccia nei suoi capelli e respirando per la prima volta il suo profumo.
<<Sei qui. Sei finalmente qui, ancora non ci posso credere. Sei reale vero?>> chiese Sonia in modo retorico mentre si aggrappava a me. Non volevo più sciogliermi da quell'abbraccio. Era perfetto. La differenza di altezza non si sentiva nemmeno, già adoravo la sensazione delle sue braccia dietro al collo e il calore del suo respiro sulla mia spalla.
<<Sei sulla punta dei piedi piccola>> dissi appena me ne accorsi, con il sorriso sulle labbra. Sentì le sue braccia tornare al loro posto mentre il suo viso rimaneva nascosto ai miei occhi. Non riuscivo a capire cosa fosse successo finchè non mi presi un secondo. L'avevo chiamata piccola. Non avevamo scambiato ancora nemmeno 20 parole e io l'avevo già chiamata PICCOLA. Alzò gli occhi su di me in silenzio, ancora rossa in viso. Era bellissima. Sorrisi al pensiero e il suo rossore si fece ancora più acceso.
<<Sei davvero TROPPO carina quando sei in imbarazzo. Lo so che non te lo dovrei dire ma non posso non dirlo. Sei bellissima!>> dissi attirandola a me per abbracciarla e iniziando a ridere. Non durò molto. Sonia si liberò dall'abbraccio e mi diede un debole pugnetto sul braccio. Sorrisi e le appoggiai la mano sulla guancia. Non sapevo il perché di quel gesto. Non ci avevo pensato ne lo avevo pianificato, era completamente spontaneo e inaspettato pure per me. L'inaspettato non era finito perché dopo aver mosso la testa incontro alla mia mano, mi ritrovai di nuovo le sue braccia intorno al collo. Era sulla punta delle dita dei piedi, completamente appoggiata a me e intenta a raggiungere le mie labbra. In quel momento il tempo sembrò rallentare e accelerare allo stesso momento. I pensieri non potevano più considerarsi lucidi mentre baciavo quelle labbra morbide e sentivo il suo respiro caldo in bocca. Le cinsi i fianchi con un braccio sentendo il suo respiro bloccarsi per un attimo. Il bacio si fermò e ci guardammo negli occhi, immobili in quella posizione.
<<Quello si che è stata una sorpresa. E' colpa mia o ci stavi già pensando piccola?>> chiesi scandendo bene e intenzionalmente l'ultima parola. Continuavo a sorridere guardandola negli occhi, la mia mano libera trovò il suo mento e vidi una scintilla. Si mosse impercettibilmente verso di me cosi decisi che non potevo più tenere nessuna delle due sulle spine. La baciai io stavolta, mordendo piano il suo labbro inferiore ad un certo punto mentre le infilavo la mano tra i capelli per attirarla il più vicino possibile. Da parte di entrambe questo bacio non aveva nulla a che fare con il precedente. Non aveva nulla di cauto. Sentivo le mani di Sonia stringermi i capelli, il mondo al di fuori di questo istante aveva cessato di esistere. C'eravamo solo noi, le nostre labbra e le nostre lingue che si sfioravano in una danza perfettamente armoniosa, il suo respiro che accelerava sulla mia pelle. Sistemai entrambe le mie mani sui suoi fianchi caldi mentre il cervello cercava di comunicarmi qualcosa di razionale ma non riuscivo proprio a collegare. Dopo tutto il tempo a parlare la desideravo da morire e quel bacio dimostrava un desiderio analogo anche da parte di Sonia. Volevo infilare le mani sotto i lembi della sua maglietta, stringerle il sedere mentre aumentavo un pochino la foga del bacio. "Siamo in pubblico e ci stiamo letteralmente salutando. In teoria almeno" il pensiero finalmente divenne udibile. Allentai la presa sui suoi fianchi e rallentai il bacio fino a fermarlo, una mano ancora sul suo fianco mentre l'altra tracciava il contorno del suo viso per finire con il pollice pericolosamente vicino alle sue labbra ancora umide e leggermente dischiuse. Mi bloccai con gli occhi ancora fissi sulle sue labbra, volevo cosi tanto sentirne ancora il calore. Non era stato abbastanza.
<<Dovremmo almeno spostarci da qualche parte.. Anche se credo che adesso finiremo per fare quello era nei piani>> la mia voce era improvvisamente roca. Mi schiarì la gola mentre Sonia annuiva in silenzio. Ci incamminammo sul marciapiede, la sua mano stretta alla mia non appena gliel'avevo offerta.
Spizzicammo qualcosa per pranzo alle bancarelle sparse per il centro, chiacchierando e ridendo con il tempo che passava senza che ne fossimo realmente coscienti. A pomeriggio inoltrato avevamo vagato fino ad un giardino botanico e l'idea di visitarlo fece arrossire entrambe. Si era parlato tanto di situazioni in quel luogo ed entrambe le avevamo ben fisse in mente. La tensione tra di noi era ormai tangibile, non era imbarazzo ma la consapevolezza che avremmo voluto trovarci in una stanza privata in quel momento. Era forse quello il momento di svelare la sorpresa che avevo dietro? Era un regalo comunque quindi in caso non lo avrebbe aperto in questo momento. O mi avrebbe mandata a fanculo. Tanto valeva rischiare, era la mia piccola no?
<<Senti... Ho una cosa dietro, una specie di regalo per te ma non esattamente solo per te. E' una cosa di cui avevamo parlato e ti avevo detto che te l'avrei rivelata quando me la sentivo. Non l'ho fatto ma lo faccio ora perché ce l'ho dietro.>> farfugliai in modo confuso non guardando Sonia in faccia.
<<Dai fammi vedere, non può mica essere niente di male se me lo avevi accennato no?>> disse lei incoraggiandomi con un sorriso e tendendo la mano. Le posai la piccola scatola rettangolare in mano e lei rise alla vista della carta regalo color arcobaleno. Iniziò a scartare con cura e si bloccò aprendo un lembo della carta.
<<Sei seria? Lo hai preso davvero? Da quanto ci stai pensando? Anzi da quanto ce l'hai??>> era in panico. Le sue mani stringevano convulsamente al petto la scatolina del vibratore a distanza mentre guardava le sue gambe con la faccia tutta rossa.
<<Ci penso da sempre, si l'ho preso davvero e ce l'ho da quando ho potuto permettermelo. Aspettavo il momento per parlarne ma il viaggio è sembrato un'idea migliore. Questo almeno possiamo usarlo anche quando tornerò a casa mia dato che funziona a lunga distanza, se e quando vorrai. Lo metto nel mio zaino adesso cosi sta al sicuro, volevo solo fartelo vedere. Me lo passi?>> La sola idea per adesso bastava. Ero davvero in estasi per la reazione di Sonia e non vedevo l'ora di sentirle dire che lo aveva messo e che potevo quindi fare quello che volevo.
Sonia si mosse sulla panchina per passarmi il pacchetto. Me la ritrovai a cavalcioni sopra le mie gambe che mi porgeva quello che avevo chiesto. Soffocando un gemito in gola misi via la scatola e lo zaino. Sfiorai leggermente con i polpastrelli la pelle scoperta della sua pancia, facendole venire un brivido improvviso. Tracciai una riga verticale con l'unghia nello spazio che mi era concesso, sfiorai la linea del suo fianco scendendo fino all'orlo dei pantaloni. Sonia aveva gli occhi socchiusi, era come in trance, le piaceva quello che stava succedendo e non faceva nulla per fermarmi. Con l'altra mano le scostai i capelli dal collo e avvicinai il viso all'incavo tra la palla e il collo. Respirai piano sulla sua pelle dolce e iniziai a baciarle il collo, dapprima piano poi con sempre più passione muovendomi su e giù e lasciando piccoli succhiotti qua e la in risposta alle sue mani che mi stringevano i capelli e al suo ansimare piano. Avvicinò il viso al mio orecchio e con voce ancora ansimante disse <<Possiamo andare da te? Ti prego.>> e dopo una piccola pausa aggiunse <<Ti prego papi.>>.
Il mio cervello si spense per un attimo. Le mie labbra cercarono il punto tra la mascella e l'orecchio, iniziai a succhiare e a mordere piano mentre le mie mani attiravano i suoi fianchi ancora più vicini ai miei, facendola sfregare sulle mie gambe. Soddisfatta del lavoro che avevo fatto potei finalmente rispondere alla sua richiesta. Con il fiato corto e la voce completamente rauca dissi <<Certo. Andiamo principessa.>>. La feci alzare con delicatezza dalle mie gambe e le diedi un bacio sulla punta del naso con un mega sorriso sulle labbra.
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megmacgillivray · 4 years
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“io te lo dico, non ho intenzione di andarmene.”
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A quanto pare ha avuto moodo di cambiarsi, lasciando che quella divisa ancora meno sopportabile del solito rimanga in Sala Comune a favore di un outfit total black, composto da una canottiera piuttosto leggera di un paio di taglie in più e pantaloncini corti che arrivano sopra il ginocchio, a dispetto del tempo scozzese. A dar sfoggio alle sue gambe e braccia nude pure i piedini sono lasciati liberi dalle scarpe, buttate lì da qualche parte insieme ai calzini.
Maegan fa quello che fa sempre quando è di cattivo umore, o almeno da quando è ad Hogwarts: sta andando alla Rimessa delle Barche. Entra e si aspetta una bella mattinata in solitudine. Si avvicina al Lago per mettersi seduta in un posto random e lo nota. Finalmente. «oh che bolidi!» e lo esclama decisa, perché lo ha pure riconosciuto: quello dell’articolo. Storce il nasino e nonostante tutto si siede «Io te lo dico, non ho intenzione di andarmene» Buongiorno insomma
Come reazione a quel tono di voce probabilmente troppo alto lui ha le dita della mano destra che vanno a massaggiare le palpebre socchiuse, il capo che va a chinarsi in quel lasciare una pausa dopo le parole altrui «basta che stai zitta.» lanciandole una breve occhiata, la voce bassa ma non per questo meno aggressiva - ben lontana dal sembrare accomodante.
E per un po’ sta veramente zitta e sembra quasi che quella convivenza sia fattibile. Alterna lo sguardo tra la pergamena e il Lago, manco cercasse ispirazione. Ma poi si sofferma anche su Sebastian a un certo punto e solo in quel momento si rende conto che è praticamente nudo e la lingua non viene fermata in tempo «ma come fai?» chiede, e se l’altro la guardasse le farebbe anche un cenno con la testa per fargli capire che gli ha chiesto come fa a non avere addosso almeno un maglione, claro
Al dire di lei va aggrottare le sopracciglia confuso, girando con estrema calma e lentezza il capo verso di lei, serrando le labbra prima di quel «non dovevi farti i ca**i tuoi?» con quel tono indolente che sottintende quella specie di "patto"
«Senti tipo» sì, l’ha chiamato tipo «non ti inca**are per una domanda eh» è un attimo confusa e il tono un po’ arrogantello è di casa quindi un po’ emerge «se hai bisogno di una caramella per non fare lo str»udel, ha detto strudel «ne ho una eh» e quindi afferra una caramella mou e gliela sventola.
«senti. Tu vieni qua, urli» cos «e fai domande.» gli occhi che vanno da capo a piedi di lei per poi tornare ad incrociarne lo sguardo «non mi devi rompere il gramo, mh?» intesi, bimba? «sto così perché ho caldo.» 
«Ci voleva tanto?» a rispondere alla sua domanda, avrebbero evitato tutto quel teatrino. Quasi gliela sputa quella domanda. Però si azzittisce, e la caramella mou se la mangia lei. La bimba mette a posto la pergamena nella borsa, che tanto ora Sebastian le ha fatto passare pure l’ispirazione, si siede e si appoggia contro il muro di pietra e chiude gli occhi. E rimane lì. Non si muove. Se qualcuno deve andarsene non sarà lei, quello è il suo posto.
«come mai sei venuta qua?» 
Maegan è lì seduta, con gli occhi chiusi e dopo minuti interi si è persa nella sua testa e nel filo di pensieri. Uno dei pochi momenti che si concede di perdersi è proprio quel luogo. si era pure dimenticata la presenza di Seb, e infatti quando lui le fa quella domanda apre gli occhi sorpresa. E lo guarda con gli occhi un attimo sgranati. «Vengo sempre qui» dice facendo spallucce. Il tono è semplice e tranquillo, come avesse dimenticato il fastidio e la confusione di cinque minuti prima. «per una pausa» e lo dice inumidendosi le labbra. Lo sguardo che fino a quel momento era su Sebastian si sposta sul Lago. «e tu invece?» 
«è tranquillo.» e quindi ogni tanto gli piace, venirci.
Non le sembra di dover aggiungere altro, come se intuisse in qualche modo che quell’equilibrio tra loro due sia molto precario «vero» e quasi lo soffia e un piccolo sorriso le si forma sul volto. Se non lo fosse non sarebbe il suo posto. Magari è il posto anche di Sebastian. Sta zitta ancora qualche minuto a guardare la distesa d’acqua e poi sposterebbe lo sguardo verso Sebastian «Io ora faccio una cosa» dice con calma e con tono basso, sia mai che pensi che lo voglia disturbare «Ma non sono strana» e lo sottolinea. E poi si alza e si avvicina sempre di più al Lago, si toglie le scarpe con cura e un piccolo brivido le percorre la schiena, si arrotola i pantaloni fino a metà polpaccio e nonostante il freddo si siede sul bordo e mette i piedini a mollo, che in pochi secondi non sentirà nemmeno più.
Va a seguirla con lo sguardo - in modo non troppo insistente, sia chiaro - e la osserva togliere scarpe arrotolando pure i pantaloni, per immergere i piedi. E lui va ad alzarsi molto lentamente, piegando la schiena in avanti e contraendo gli addominali, le braccia in avanti così da tirarsi in piedi. La bacchetta ancora lungo il suo fianco mentre va ad avvicinarsi silenziosamente - complici i piedi nudi - alla Corvonero che se lo ritroverà lì affianco. Peccato lui rimanga in piedi «occhio agli avvincini eh» accennando un mezzo ghignetto divertito in sua direzione
«Speravo di attrarre qualche sirena malefica» gli dice con un ghignetto sul volto. Torna a guardare la distesa nera e poi aggiunge «Fallo anche tu» che suona quasi come un invito gentile, assurdo. «è liberatorio» da cosa non lo dice...  «Io comunque sono Maegan». E non aggiunge MacGillivray. Questo è l’unico posto in cui i cognomi non esistono.
A quel "fallo anche tu" sembra ragionarci un po` sopra «perché non ci buttiamo direttamente dentro?» ehm wtf? 
E invece le propone di buttarsi e lei fa svettare lo sguardo verso di lui. Le sopracciglia sono alzate e un grande sorriso malandrino le dipinge il volto «Sarebbe grinzafico». E nonostante il rischio di morte la bimba potrebbe farlo, ma pensa sia una battuta e quindi ridacchia
E lo fissa così insistentemente quel Lago che lascia ben poco spazio al dubbio, ed ad anticipare la sua volontà lui si inchina per mettere la bacchetta lì per terra tra lo spazio che intercorre tra i due; in precario equilibrio sui suoi piedi con le gambe piegate e il culetto appoggiato sui talloni va pure a sfilarsi la canottiera che semplicemente abbandona lì. Potrebbe quasi sembrare che stia per sedersi, peccato che i piedi siano pericolosamente al bordo del legno che sta prima del Lago Nero e come lei si presenta lui si lascia cadere in avanti in modo teatrale, allungando un po` le gambe così da non rischiare di sbattere la testa o chissà cosa. Un brivido intercorre lungo il suo corpo e quel calore va a contrastare l`acqua gelida del Lago Nero, con la pelle d`oca che va a coprire ogni centimetro del suo volto. Lui però non farsene minimamente un problema, lì che riemerge velocemente rigirandosi verso la Primina con i capelli ora appiattiti, la testa alzata e l`espressione tranquillissima - come se non stesse rischiando l`ipotermia, tipo. Allunga pure la mano in direzione della Primina per farsela stringere «Seb, piacere» 
Scoppia semplicemente a ridere quando Sebastian riemerge dalle acque con tutti i capelli appiattiti. Una risata candida e rumorosa. Afferra con decisione la mano che le porge «Seb, tu sei tutto matto!». ma il tono è divertito e ammirato. E il sorriso malandrino che le si palesa sul volto ne è la prova tangibile.
Quella risata non pare infastidirlo perché a lui basta immergere la testolina fino alle orecchie per far sì che divenga più lieve. Gliela stringe con forza andando a sollevarsi e per un momento la tira pure a sé però niente, non vuole veramente che questa cada ed infatti non ci mette così tanta forza - solo uno scherzetto insomma per avvicinare la testa al corpo altrui e scuotere il capo come l`animale che è e bagnarla tutta (scusate). Il sorriso è così largo che mostra pure la sua dentatura mentre si lascia ricadere all`indietro allargando pure le braccia e lasciandosi ammirare in tutta la sua stupidità mentre sta gelando - ma tutto è meglio di quel caldo atroce di poco fa
E poi Sebastian scuote i capelli e gli schizzi gelati arrivano diretti su Maegan infradiciandola. E lei ride e basta. E un vero sorriso è tutto per Sebastian. Di quelli rari che rivolge a pochi eletti. E poi ci pensa veramente un attimo e quasi pensa di buttarsi, pure lei. Ma è incerta, un minimo di istinto di sopravvivenza ce l’ha. Però intanto si toglie il mantello e lo poggia al riparo dall’acqua. Un brivido le prende la schiena e inizia a battere un pochino i denti «secondo te…» può entrare anche lei.
Tiene gli occhi su di lei e come si toglie il mantello il sorriso si allarga ancora di più mentre con un paio di bracciate torna ai suoi piedi «mh?» secondo me cosa, eh? Ma no, non ti lascia nemmeno rispondere perché una mano va a tenersi al legno - proprio al fianco sinistro di Maegan, particolarmente vicino (se non proprio attaccato). E ciò anticipa solo di qualche secondo quel mettere i palmi sul legno e con un colpo di reni tentare di sollevarsi, con le gambe ad aiutarlo e un «ohw» per la fatica, ringraziando i muscoli di braccia e addome in tutto ciò. Va ad appoggiare il ginocchio ma è tutta una finta la sua, perché vuole solo stare abbastanza stabile da poter staccare entrambe le manine e passando la sinistra davanti a lei va a cingerle i fianchi saldamente e di nuovo va a buttarsi nell`acqua, questa volta all`indietro e portandosi dietro Maegan.
Un «AAAA» è ben udibile prima di finire quasi del tutto vestita dentro il Lago. L’impatto con l’acqua è devastante per la piccola. Il freddo le entra fin dentro le ossa e per un momento le sembra di non riuscire nemmeno a respirare. Ma poi con due colpi di braccia riesce a riemergere e cerca lo sguardo di Sebastian e un sorriso a trentadue denti le increspa le labbra «CHE FREDDOOO»  
Va portarsi una mano instintivamente sulla tempia; ma vabbè, un movimento delle dita e uno stringere gli occhietti prima di tornare a concentrarsi sulla Corvonero, riacquistando quel ghignetto quando va a schizzarle l`acqua addosso con entrambe le mani.
Quando Sebastiana la schizza lei ride e di rimando lo schizza dando il via ad una guerra e la bambina non ha intenzione di arrendersi, avvicinandosi sempre di più al Primino per colpirlo con più forza e decisione. Probabilmente è tutto quell’entusiasmo a far sospendere il discorso freddo, o forse non sente più il proprio corpo e basta. Ma continua a ridere.
Finisce per "arrendersi" tornando con la testolina sott`acqua dopo una bella boccata d`aria. Probabilmente ancora alla ricerca di un sollievo per il visino va a trattenere nuovamente il respiro quanto può, gli occhi aperti - con rossore annesso - mentre individua i polsi altrui e va a stringerli così da compiere una piccola spinta in giù, staccando presto le mani  dopo averla invitata in quella che vorrebbe essere una gara a chi trattiene di più il respire, dove i sorrisi non si sprecano, vabbè.
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«Ti ho battu..» e no, non la finisce la frase che sente una manina che le prende i polsi, e ha giusto il tempo di prendere un respiro più ampio possibile che viene trascinata giù. Ha gli occhi spalancati e vede Sebastian che le sorride e lei cerca di fargli una faccia minacciosa (?), ma mica è molto credibile in realtà. La gara comunque la perde alla grande, perché dopo poco torna su. E non appena anche il Secondino torna su gli dice «ah ma quindi l’avvincino saresti tu?» 
Tra guerra di schizzi e gare di respiro improvvisate non è importante chi vinca e chi no, finiscono solo per arrivare lì a guardarsi faccia a faccia «almeno non sono una sirenaaa»
«certo che non sei una sirena! Quelle sono bellissime» gli dice prendendolo in giro e scoppiando a ridere
Fa l`offeso portandosi una mano al petto «oooh ed io non sarei bellissimo?» 
Meg non si fa prendere dal panico, arrossisce solo un pochino (ma super poco dato il freddo quindi bene così) e dopo un secondo di pausa dice «Non bello quanto me!»
  La piccoletta comunque ancora sguazza, si immerge al di sotto della superficie e ci rimane il più tempo possibile per sentire tutti gli aghetti di gelo anche sulla faccia, ovviamente il tempo è molto poco che se no muore. Quando riemerge un altro sorriso a Sebastian e con due bracciate raggiungere la Rimessa.
Temporeggia un poco guardandola in quei tentativi per uscire «dai dai, aiutati con le gambe su» fa il coach, tipo «ti serve unaa manoo?» detto con un tono volto a prenderla in giro più che altro, seppur si avvicini ad essa con qualche bracciata
Seb non si fa mancare l’occasione per prenderla in giro «sta zitto tuu!» si gira pure verso di lui e gli fa una linguaccia. Però poi ammette un piccolo «sì» quando le chiede se ha bisogno di una mano. È gracilina.
Ridacchia a quella linguaccia ma nel mentre compie quell`abbracciate volte ad arrivarle vicino, fermarsi lì ed intrecciare le proprie manine che dovrebbero fare da scalino «appoggia il piede qua dai» 
Poi finalmente ce la fa, e rimane lì tremante per un attimo per poi sedersi e raccogliere le gambe al petto cercando di riscaldarsi(?). e guarda il Secondino uscire con più agilità di lei e in poco puntarle anche la bacchetta contro.
Alza la mano destra puntando la bacchetta sull`altra, e potrebbe pure sembrare minaccioso se non fosse che pronuncia quel «arefacio» con un tono molto calmo e particolarmente preciso, concentrandosi appunto sul caldo della manina sinistra ancora appoggiata alla guancia.
dalla bacchetta esce solo un getto caldo e lei a quel contatto non può far altro che chiudere gli occhi e sorridere godendosene le sensazioni. E appena è asciutta un forte «etciù». Ma lei guarda Seb e un «Grazie» sincero e quasi sussurrato è quello che le esce dalla boccuccia che ha ripreso un po’ di colore. Si alza in piedi decisamente più asciutta per recuperare tutto quello che ha lasciato al riparo dall’acqua. Si infila il cappello e la sciarpa in fretta e indossa il mantello, la felpa dei Tornados invece la tiene ancora in mano e guarda il Grifondoro con un’aria del tutto seria «Okay Seb. Io ti presto questa, perché fa freddo ora» come se prima invece fosse estate Meg ma okay «Però è la mia felpa del cuore. Quindi me la devi restituire a pranzo. Chiaro?»
La acchiappa al volo con quei riflessi da Mannaro prontissimi «ma tienila tu che hai già il raf-» si blocca, andando a sollevare la testolina per un piccolo «etciù» che lo vede mortare il capo di lato così da non starnutirle in faccia (?). La guarda serio e «noooo Megh» le lancia un`occhiata preoccupatissima da bravo attore «mi hai contagiato!» Una piccola smorfia in direzione di lei e un`occhiata alla felpa lì ancora in braccio «ed ora dovrò pure indossare questa felpaa!» indignatissimo proprio, che i Tornados fanno skyf.
«Hai iniziato tuu» cosa? «quindi ora ti becchi il raffreddore!» afferma convinta e incrociando anche le braccia al petto. Insomma sono pari (?). ma la felpa non sembra apprezzarla, e questo è un sacrilegio e infatti «COSA?!» è sconvolta poverina «ITornadossonoimigliori» 
«Stai scherzando spero» e qua va a sgranare un po` gli occhi «i *wanderers* sono i migliori, volevi dire» piegando pure il capo come ad incoraggiarla, questo era ciò che volevi dire no?
«Ah! E mica la vorrai indossare quando sei tutto bagnato, no?» sì Maegan si preoccupa per la felpa «Non puoi fare anche a te quello che hai fatto a me?» cioè l’arefacio, lei mica lo sa fare sicuro. E lo guarda anche un attimo preoccupato, che poi altro che raffreddore se rimane tutto zuppo.
Va a sbuffare sonoramente «scusa, offri le felpe e poi ti lamenti?» con tanto di sopracciglia che vanno ad alzarsi, e questa volta è serio «te la lavo» lui proprio «se proprio ti schifa» il fatto che lui la mette tutto bagnato: è quello il motivo, no? «non mi va di farmi un arefacio» il tono severo che non ammette chissà quali repliche o domande, così come l`occhiata che le lancia. In tutto ciò la felpa giace ancora nelle mani che hanno iniziato a muoversi come agitate, riducendo l`indumento altrui ad una palla.
Però poi lui pure la maltratta quella felpa arrotolandosela e allora istintivamente si avvicina. Non maltrattare la piccola Seb!!! «Ma non ho detto che mi schifo eh» ed è ancora abbastanza distante «pensavo solo che avrebbe fatto bene anche a te un po’ di caldo?» e sì glielo chiede, perché quell’espressione l’ha resa dubbiosa sulla questione. 
«no, non mi piace» detto in modo mooolto schietto, intendendo il farsi un po` di caldo.
È un attimo confusa quando le dice che il caldo non gli piace «ma quindi non ti piace nemmeno il the?» 
Dire che lo confonda è il minimo «tu sei strana.» ma strana forte eh, il tono vagamente infantile come quell`occhiata che però non ha nulla di cattivo e si collega esclusivamente alle parole dette da lei prima
E ora si avvicina ancora toccando la felpa, ma non se la vuole prendere, ma solo farlo smettere di maltrattarla pikkola ancela. «Dai mettila Seb» e lo guarda anche negli occhi nonostante siano troppo vicini, ma lei non lo nota nemmeno in realtà. La sua felpa ha la priorità su tutto. proprio quella felpa che prova a spingere (?) verso il secondino per fargli capire che se non vuole arefaciarsi almeno si metta quella dannatissima felpa.
Continua a torturare la felpa finché Meg non va a toccare la felpa, e sfiorandogli le mani può sentire quel calore anormale del Mannaro. Non che duri poi molto visto che lui smette di maltrattarla, andando a rispondere con un «okay» molto - troppo, per i suoi standard - pacato, mentre semplicemente andrebbe ad indossarla e guardarsi abbassando la testolina «faccio schifo mh?»  E seppur gli stia bene lui va ad alzare lo sguardo facendo una piccola smorfia piena di disapprovazione, tradita da quel distendere le labbra.
Gli fa uno scanner completo con gli occhi per distendersi in un grande sorriso «Ora sei bellissimo!». insomma tutti sono belli con la magica felpa.
Come risposta si becca un ghignetto soddisfatto con tanto di occhiolino che di malizioso però ha ben poco.
E finalmente si allontana dal Secondino. Che ormai quel ravvicinamento non ha più senso di esistere. E si dirige verso la borsa a tracolla, se la mette sulla spalla e «etciù», un altro forte. «Torniamo al castello?» con un piccolo sorrisetto.
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ptmwriting · 3 years
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Ho tanti problemi con le persone. Segretamente, penso, tutti mi odiano, è tutta una gentilezza di facciata. Ho paura sempre di dire qualcosa che non va, di disturbare. Ma non è solo questo. Sono io stessa, mi basta un minuto per cambiare idea, vado dall'adorazione totale alla completa indifferenza in un attimo. E' sempre sfiancante, non so mai come finisce un semplice incontro. Con lui tutto questo non c'è mai stato. Con lui è venuto tutto naturale, tutto subito, un sentimento che affiora luminoso, come un rametto che galleggia piano in un lago calmo e intorno c'è il sole e l'acqua splende di riflessi. Non so cosa sto scrivendo. Non so neanche come raccontarlo. Una sera sono uscita con delle amiche. Eravamo in un bar all'aperto, e io mi stavo annoiando da morire. Bevevo il vino a sorsi e sentivo la mia testa farsi sempre più leggera e le dita mi formicolavano e in generale era come se un formicolio molto piacevole, non di quelli fastidiosi, si propagasse da tutte le estremità del mio corpo verso l'interno, sentivo come piccoli brividi di incoscienza attraversarmi tutta. Insomma, ero ubriaca. Non avevo la più pallida idea di cosa stessero dicendo le mie amiche, non le stavo ascoltando da minuti interi, continuavo a sorseggiare vino e a pensare che dovevo smettere di bere perchè altrimenti sarei stata male, ma per qualche motivo assurdo lo trovavo pure buono quel vino, io che di solito non sopporto il gusto, e bevo solo per riuscire a stare seduta in mezzo alla gente. A un certo punto succede che una mia amica mi vede forse un po' sulle mie, e mi dice, accompagnami a prendere un altro bicchiere. Mi alzo e sento la testa girare un pochino, niente di insuperabile, mi sforzo di camminare dritta e sembrare il più normale possibile, e la seguo. Ci appoggiamo con le braccia al bancone, lei mi guarda e si mette a ridere, mi fa, sei stra fuori. Non è vero, rispondo io. In quel momento si avvicina al bancone un gruppo di ragazzi.
Quella sera non avevo neanche voglia di uscire, sono andato soltanto perché era il compleanno di Andrea. Io e lui ci conosciamo da tantissimo, eravamo insieme alle elementari. Avevo deciso, per una volta tanto, che non avrei bevuto. Ultimamente non mi entusiasmava più l'idea di passare tutti i sabati a bere con i miei amici, preferivo starmene a casa per i fatti miei. Avevo ripreso, dopo anni in cui praticamente non avevo aperto una pagina, a leggere Dostoevskij. Quella sera il pensiero dell'Idiota aperto a metà sul pavimento di fianco al mio letto mi tormentava, avrei voluto solo tornare a casa, infilarmi a letto e vivere qualche ora nella Russia dell'Ottocento. Ho infranto i miei buoni propositi praticamente subito, dato che non c'è stato verso di rifiutare neanche un brindisi proposto dagli altri per fare gli auguri al festeggiato. Se non altro, potevo dire di essere sobrio rispetto al solito, e rispetto agli altri. A un certo punto è successo che siamo andati a prendere ancora da bere, e lì c'erano due ragazze appoggiate al bancone che aspettavano di essere servite. Ricordo il momento esatto in cui la visione fugace dei suoi capelli rossi mi ha fatto accellerare il battito. Non avrei saputo spiegarmelo all'epoca.
Ragazze possiamo offirvi da bere? Sento dire da uno di loro. Li avevo visti avvicinarsi con la coda dell'occhio, la mia amica non se n'era accorta invece, quindi si è girata con il sopracciglio alzato. In quel momento mi ha fatto ridere e allo stesso tempo ho pensato che fosse molto bella, vedendola di profilo mentre squadrava il ragazzo che aveva parlato. Vedevo un po' sfuocato, ma tutto sommato mi sentivo ancora abbastanza padrona di me stessa. Avevo solo pensieri un po' lontani dalla norma, ad esempio sentivo il bisogno di allungare le mani per toccare le punte dei capelli della mia amica e arrotolarle sulle mie dita come spaghetti su una forchetta, ma cercavo di controllarmi. A un tratto ero molto divertita, chissà perchè. Intanto lei, dopo averli guardati con quel suo modo un po' altero, aveva detto perchè no? E i ragazzi si erano avvicinati ridacchiando, si capiva che anche loro avevano bevuto un po'. Hanno cominciato a presentarsi prima con lei, il primo che aveva parlato ha detto piacere Giacomo, e lei ha risposto solo piacere, il che mi ha fatto ridere e ho abbassato la testa per non ridere in faccia a Giacomo, che tutto sommato sembrava anche simpatico. Lui diceva, non mi dici come ti chiami?, e lei, Krizia. Krizia?!, fa lui. Lei ha sbuffato, e in quel momento ho sentito una grande comprensione perchè in effetti dovevo riconoscere che ogni volta che qualcuno sentiva il suo nome per la prima volta lo ripeteva, neanche si fosse chiamata, che ne so, Astrighebeldonza, o un nome del genere. Cosa aveva di così strano il nome Krizia? Inoltre era anche molto carino, secondo me. Kri-zia. Kri-zia...kri...zia... piacere Giacomo. Giacomo? ho detto sollevando la testa e riemergendo dalla divisione in sillabe del nome Krizia. Sì Giacomo...faceva lui, guardandomi un po' perplesso. Ah scusami, piacere Margherita. Cosa prendi? mi chiedeva, e io rispondevo, niente grazie io sono a posto, e lui, dai prendi qualcosa, offro io, è il compleanno di Andre...come se questo dovesse spiegare tutto. Chi è Andre? ho detto, e subito uno di loro fa, ciao piacere Andrea, e io ah, molto piacere, Margherita.
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yomersapiens · 5 years
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Fossimo in due stasera qua in casa.
Fossimo in due stasera qua in casa, non mi dovrei preoccupare di preparare la cena, potresti farlo tu, ché io ho voglia di giocare con la switch e ci sono un sacco di nuovi pokemon da catturare e invece in casa ci sono solo io e devo scegliere tra lo sfamarmi o il diventare un allenatore clamoroso. Fossimo in due stasera qua in casa con tutta certezza non ti farei cucinare, un po’ non mi fido e un po’ mi piace farlo a me e anche adesso quando cucino butto sempre troppa pasta, il che è perfetto quando sei solo, gli avanzi sono una benedizione del giorno dopo in ufficio ma ecco, fossimo in due stasera qua in casa me ne fotterei di avere il pranzo da riscaldare pronto. Tanto potresti andare avanti tu con i pokemon e io nutrirmi di schifo precotto dal supermercato. Fossimo in due stasera qua in casa ti chiederei di tirare su una canna perché le mie vengono malissimo e sembrano spade stellari usate dai robot cattivi di una serie animata giapponese di quart’ordine. Qualcosa che trasmettevano quando tu non eri ancora nata e nemmeno io. L’unica cosa buona delle mie canne e che dopo mi viene voglia di scrivere e di non fare nulla in generale, nemmeno prendere il telefono per vedere se sei online. Fossimo in due stasera qua in casa non mi farei le canne per non pensare al fatto che visualizzi ma non rispondi. Fossimo in due stasera qua non mi chinerei a raccogliere tutti i capelli che perdi, li lascerei coesistere col mio ordine. Per qualche ora. Forse due giorni. Poi impazzirei e mi sentirei in dovere di passare l’aspirapolvere perché tanto anche se sparissero loro, tu saresti ancora qui pronta a perderne altri. Magari mentre stai sul divano e hai smesso di badare ai pokemon perché giustamente hai di meglio da fare, finire il libro tanto per dirne una. Quello che provi sempre a concludere ma poi subentro io o con i miei videogiochi o con la mia fissazione per il tuo culo. Credo la colpa sia di questo posto. Da quando hanno bannato le tette uno riscopre i vecchi piaceri della vita. Le chiappe. Diventa una fissazione e tu mi sembra di ricordare dovresti avere un culo capace di creare devoti in giro per il mondo grazie ad internet. Dovrei fotografarlo e pubblicarlo e poi chiedere l’8x1000 in onore di tale capolavoro ma credo alla fine non farei nulla. Al massimo sposterei le coperte mentre dormi e starei lì a fissarlo. Fossimo in due stasera qua poi però mi sentirei in colpa e mi dedicherei pure alle tue tette, perché è un periodo durissimo per loro. E per i capezzoli. Non parliamo di quanto mi perderei a confortarti i capezzoli e dirgli che passerà. Presto potranno tornare ad esporsi. Fossimo in due stasera qua poi si finirebbe a discutere anche di tre e di quattro e di cinque e del tuo sei e sei e mezzo e del perché non riusciamo più a stare con una persona sola ma creiamo costanti numeri in catena per cosa poi? per quando siamo soli in casa la sera e abbiamo fumato troppo e vogliamo schiaffarci sul divano e avere compagnia mentre ci ignoriamo. Fossimo in due stasera qua farei scegliere a te la musica. Anche perché io metterei su le mie canzoni e ti romperei il cazzo con la mia carriera musicale e tu forse saresti abbastanza buona da ascoltarne un paio prima di andare in bagno e starci per ore. Poi anche perché mi fido dei tuoi gusti. Maggiormente di quelli di cinema e serie tv e in effetti questa è la cosa che più mi fa girare il cazzo del non essere in due stasera in casa, che i miei gusti sono molto limitati ed è da un casino che non trovo qualcuno di cui resti affascinato dai gusti. Specialmente se decide poi di uscire con me. Ma che gusti di merda hai? Fossimo in due stasera qua in casa ti lascerei tutto il tempo per prendertela con me per essere venuto a vivere a Vienna e il freddo e il grigio e la lingua (perché a Milano invece no eh si sta da Dio) e so che lo faresti finché non ti renderesti conto che alla fine, in casa mia, in due, qua, non si sta per niente male e fanculo alla città che è solo contorno. Fossimo in due stasera qua in casa ti lascerei prendermi in giro perché ancora quando sei malinconico ti metti a scrivere su Tumblr ma vuoi finirla che poi quelli pensano che stai sempre preso male e invece no stai benissimo. Stai solo in uno in casa che cosa vuoi che sia. Sorriderei promettendoti che no stavolta sto scrivendo qualcosa che fa ridere e invece non è vero e tu mi conosci troppo bene e mi chiuderesti il portatile per evitare di rompere agli altri. Ma tanto chi c’è ancora quassù che legge? E poi certi atteggiamenti adolescenziali vale la pena portarseli dietro. Tipo fermarsi a salutare i cagnetti lasciati fuori dal supermercato e complimentarsi con loro per l’ottimo lavoro svolto e scappare non appena sopraggiungono i padroni perché che ne sanno loro di quello che c’è tra di noi, di quanto sogniamo di stare insieme. Io e i cagnetti tu che c’entri. Fossimo in due stasera qua chi laverebbe i piatti? La persona col culo meno bello oh no, cazzo. Vabbè. Non è un problema tu però preparati che dopo abbiamo la diretta in streaming con i fedeli della Repubblica Dominicana e sai che ci tengo a fare una buona inquadratura, loro ci mandano un sacco di soldi. Fossimo in due stasera qua in casa si è fatta l’ora giusta per dormire non appena abbiamo voglia di andare a letto, che può essere anche due minuti dopo essere rientrati. Tanto lì si troverebbe sempre qualcosa da fare. Non per forza sesso, eh. La switch ha di bello che è portatile quindi io vado avanti coi pokemon tu dormi pure, ah no, adesso ti è venuta voglia, ah sì, certo, quando fa comodo a te allora, non volevi finire il libro? Fossimo in due stasera qua in casa ci sarebbero le finestre aperte per far entrare l’inverno o forse sono chiuse e il freddo arriva da te, o dal fatto che non siamo in due stasera qua in casa ma solo io e ho scoperto che davvero, scaldare una casa intera quando si è da soli è molto più difficile. Consumi di più. Mi hanno detto di invitare gente così paghi meno riscaldamento e ci sto pensando. Offro pareti domestiche in cambio di calore. Però ecco non sarebbe proprio l’ideale. Basteresti tu credo, io ci metto un attimo a capire come hackerare i termosifoni e spararli così in alto da accelerare vertiginosamente la fine ovvia del pianeta. Chissà se con lo scioglimento dei ghiacci il mare arriverebbe mai a Vienna. Se ci arriveresti tu in barca. Magari meno stronza. Fossimo in due stasera qua saremmo fatti duri. Un po’di tutto. Fammi solo mettere la sveglia ché domani mattina devo ricordarmi di essere adulto per un paio di ore.
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bimbetti e balli;
« Dove sei stata oggi, Lotte? » E perché non con lui?
« Mh, ero a giro per Hogsmeade coi miei amichetti. » i soliti suoi amichetti, avendo più amici maschi che femmine poi… « E sono stata con Tia a prenderci il tè, da Madama Piediburro, onh, c’erano dei maghi e delle streghe che facevano tipo dei canti di natale, erano favolosi. » e sono rimaste così a sentire un po’ di canzoni, dato che il natale è vicino. 
« Un giro e Madama Piediburro con Tia. » Eh. « Nient’altro? Oggi, ieri? » Curioso, forse un po’ troppo, forse solo per un po’ annoiato dal poco che ha fatto a sua volta, gironzolando senza meta ed incappando a sua volta nei cori natalizi che potrebbe o meno aver giudicato con maggior cattiveria, giusto per il gusto di farlo.
« Le solite cose, ieri siamo stati tipo dietro la stamberga, i bimbi hanno fumato.. e abbiamo preso la burrobirra, un sacco buonaaa » da leccarsi i baffi - se li avesse, ma non li ha, menomale « Eppoi ho preso un sacco di coooose per il natale. » e potrebbe anche elenare tutta la lista di quelle cose che tra mielandia e zonko’s ha comprato per questo natale in arrivo. Menomale che evita di farla. 
Ah. « Ti imboschi dietro la Stamberga con i bimbetti, Lotte? » Non sembra convintissimo dei passatempi altrui, un sopracciglio inarcato e nello sguardo un lieve stupore che non le cela. Un po’ come non cela una certa aspettativa quando viene messo al corrente del suo shopping natalizio. « Uh, regali? » Generalizzato sì, ma è ovvio che ne aspetti uno solo in particolare. Tipo il suo.
« Mbhe? » domanda alla sua domanda. « Non è che mi imbosco.. » anche se un po’ sì « E poi i bimbetti sono miei amici, sono anche io una bimbetta?! Tzk. » non per nulla offesa, ma glielo fa notare con il naso che va all’insù e la lingua che batte contro ai denti, ma l’espressione tradisce anche un mezzo sorrisino che prova a trattenere. « Sì, anche regali! » ammette ritrovando un sorrisino più dolcino e vero. Ne deve approfittare quando c’è Hogsmeade e poi quando tornerà a casa per quelle poche ore che la separano dal 25 di Dicembre.
Tumblr media
« Eeee tuuu? » indicandolo con un dito, molto blandamente, per poi rivoltare lo sguardo « Dimmi un po’, sei andato a fare quella cosa di ballo?! » ridacchiando un po’ all’idea delle lezioni di ballo, è una cosa bellina ma la fa anche ridere al tempo stesso.
« Volevo andare a prenderli per il culo » Delicato. « E poi Marshall mi ha messo in mezzo. » Sbuffa, tornando a guardarla, un po’ torvo per quella risatina che non può essersi perso. « Volevo mostrare a quegli incapaci come si chiede ad una dama di ballare in maniera decente e » e c’è un e sottolineato con attenzione. « mollare detta dama. » Perché è un figlio di banshee, salvando sua madre. « Ma poi Marshall ha fatto partire la musica. » Sospira di nuovo, alzando gli occhi al cielo. « Ah! E poi quel Luke qualcosa, è arrivato e ha cercato di fregarmi la dama. Perché secondo lui ‘è la mia’. » Sbuffa, irrisorio, guardando Lotte con un sorriso sardonico. « E no, me la sono tenuta per principio. » Ecco. « E anche per la povera primina che aveva lasciato per venire a pretendere la mia dama. »
« Merlino che figlio di morgana che sei, non si mollano le dame dopo averle invitate! » dandogli anche uno schiaffetto sul braccio, allungando la mano, per fargli notare la mossa indelicata che fa nei confronti di una signorina. Ci potrebbe restare male. Solleva le sopracciglia, meravigliata dalla notizia, e lo sguardo cerca meglio Tristan voltando in viso « Senti-seeeenti e così Luke va davvero a ‘sto ballo, mh? Merlino che roba. » ridacchiandosela un pochino. « Mpf, la gente si porta al ballo i primini e ti preoccupi di chi è la dama e chi te la frega? » arriccia il naso, faticando persino a vedere uno magari dell’ultimo anno che si diverte a fare il suo ultimo ballo a scuola con una piccoletta del primo. « Secondo me continuerai a prenderli per il culo pure la sera del ballo. »
« Ehi, no, smettila! » Esagerato e melodrammatico, cerca di stringersi su se stesso, per sfuggire ad una probabilmente nuova ondata di violenza alle parole che si preoccupa di aggiungere per spiegare le sue azioni. « Non la stavo invitando davvero. Marshall voleva un esempio che come si faceva e io mi son reso disponibile. Non c’era scritto da nessuna parte che dovessi far altro che istruire gli ignoranti. » Oh. Che poi alla fine sia finito davvero per ballare con quella stessa dama, è un dettaglio del tutto irrilevante. « Non è che mi preoccupo, ma se ci sto ballando io, ci ballo io. » Alza il mento, altezzoso, mentre sbuffa piano dal naso. « Non è che puoi venire a pretendere e lasciare un altra dama da sola. » Specifica, perché per qualche motivo è lui ora che si prende gli schiaffi dalla terzina e non lo scortese compagno della stessa. « E ovvio che li prenderò per il culo. Ho visto una del sesto di tassorosso comprare un vestito con una gonna larga quanto la circonferenza della signora grassa. In rosa shocking. » E a quello allarga le mani, facendo spallucce. « Se la cercano. » Semplicemente.
« Mmhh. ‘kay, ho capito. Sei stato lì per fare da istruttore agli incapaci, tipo tutti. » mordendosi le labbra, vedendo una sala da ballo piena di gente che si calpesta i piedi da sola. «  In effetti le dame non si lasciamo maaai sole, a meno che tu non vada a prenderle il succo di zucca da bere, o altro. » altro che la riguardi. Perché è giusto così. Spalanca gli occhi un po’ schifata all’idea di vedere quella specie di confettone rosa « Il rosa è bello però mi sa che così non è per nulla favoloso, no-no. » scuotendo la testa. « Ti immagini quello che va con lei? Favoloso, si dovrà vestire di ro-saaah, cièèèè. » cioè assurdo. « Dai, vacci tu! » dandogli un colpetto con il pugno sempre sul braccio, ridacchiando « Ti faccio preparare un vestito rosa shocking estremo, sarai il più guardato della serata, non puoi rifiutare. » 
« No. Nononono. No. » E no. Scuote il capo, cercando di acchiappare quel ditino che continua a punzecchiargli il braccio. E sì che può rifiutare e si preoccupa pure di farlo in fretta, nella mente l’immagine di se stesso in rosa shocking che gli toglierà certamente il sonno questa notte. « Posso rifiutare. » E lo sta facendo. « Perché se dovessi andare al ballo con lei » Ipotesi che lo fa rabbrividire un po’. « come ci vado con te? » Eh. Dicci Lotte. Illumina colui che ti guarda con entrambe le sopracciglia inarcate e un mezzo sorrisetto che non riesce a nascondere.  
« Sìsìsì, sssssi. » cercando lei di insistere, affinché si vesta di rosah, di un favoloso rosah che solo lui può sfoggiare senza sembrare un perfetto imbecille. Gli lascia pure che prenda il suo ditino, ma quando lo sente concludere così, rimane con gli occhi un po’ perplessi sul momento e l’espressione che poi muta in un sorrisino tenero-tenero. « Oh, beh.. » stringendosi un po’ nelle spalle, ed il nasino che si arriccia « Sarebbe un problema. » in caso mettersi il vestito rosa e andare con quell’altra se Tristan preferisce andare con Charlotte. « Io ci vengo volentieri con te. » sorridendo piano « Te l’avevo già promesso l’anno scorso, me lo ricordo. » ma all’epoca si parlava di entrambi più piccini e quindi relegati a non il ballo vero-vero come quest’anno.
« Eh, sarebbe scortese. » Vestirsi di rosa in combinazione con la povera sestina e poi andare con Lotte. « Bene. » Più serio ora, sorridendo a sua volta e dando una lieve stretta a quel ditino che dovrebbe essere ancora nella sua presa. « E ti lascio scegliere il colore dell’abito. » Com’è giusto che sia. Ma « Ma… ti prego, ti prego, ti prego, Lottie. Non rosa shocking. »
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ferrugnonudo · 4 years
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Ad esempio, per me la musica non vale tanto quanto vale per alcune persone. Quelle per le quali stare un solo giorno senza musica è improponibile. Io posso stare senza tante cose e certamente una di queste è anche la musica, i film preferiti i libri preferiti le cose preferite che diventano schiavitù ossessione linea Maginot da usare per distinguere se stessi dagli altri. La musica se non sto bene mi fa piangere, a volte mi fa venire voglia di ammazzarmi a volte quando me la ritrovo imposta nei luoghi pubblici, mi fa venire voglia di ammazzare qualcuno. Ma io sono matta e ci sta tutta. La scorsa notte, mi viene in mente solo ora che scrivo, ho sognato che striscialanotizia si piazzava sulla collina di fronte a casa mia e si metteva a ridere e a urlare come fa di solito nella trasmissione che ben sappiamo. Non capivo, stavo male, pensavo MA QUESTI SONO MATTI, mi riproponevo di fare un casino a canale5. Poi mi sono svegliata e la tv accesa con questa roba inguardabile mi si era infilata nel sogno e l'aveva reso un inferno. Non c entra con la musica ma è solo per dire che a volte per me la musica è rumore e io sto bene con la musica solo a volte non sempre. Tutto questo perché ho letto una cosa su fb che mi ha fatto incazzare ed era da parte di una persona che stimo e che trovo intelligente ma che oggi domandandosi retoricamente come sia possibile vivere senza musica, per me ha detto una scemenza che mi ha fatto innervosire. Perché a volte non sempre, capita persino ai migliori di pestare 1 merda.
Peraltro, il potere avvolgente e totalizzante della buona musica, perchè a questa mi riferisco io, è innegabile tant’è che per me è accessibile soltanto secondo certi dati stati d’animo. Prendi Jonston ad esempio. Certi suoi pezzi sono veri e propri latrati, nel senso buono del termine ovviamente, che ti spezzano letteralmente in due. Ti lasciano così, distrutta. O forse questa cosa riguarda solo noi: instabili meteopatici del cazzo? Altra cosa che mi rende instabile più del limite consentito è la luce del primo pomeriggio quando su una giornata complessivamente di brutto tempo e cielo grigio, si innesta un unico sommesso raggio di sole. Ecco, anche lì correrei a tirare fuori la pistola che non ho e me la sparerei secca. Ma si fa per ridere, si intende. Anche gli alberi che stanno orrendamente decapitando sui viali alberati di tutte le città per dire, sono un attentato al mio equilibrio psichico, mettici pure la musica in giornate difficili come questa e siamo a posto.
Poi ancora sulla falsariga di quel merdone che a volte pestiamo tutti, davvero io mi chiedo come faccia ad avere una vita normale, a non essere profondamente infelice e abbattuto, chi convive tranquillamente con il cane chiuso nel box in giardino mentre lui se la fila in casa al calduccio e il cane resta lì da solo a piangiucchiare al buio nella sua galera. Davvero, non ho mai capito ma è una cosa che domando, senza essere tendenziosa. Sono davvero curiosa. In realtà vorrei profanare tutte le vostre proprietà private e liberare tutti i cani chiusi in gabbia e insultarvi un po' (prima dell'arrivo della gendarmeri').
Tutto questo pippone di oggi è perché anzitutto mi andava di scrivere e poi perché sono infinite le cose che guardando gli altri mi fanno domandare Ma com'è che voi ce la fate a fare x y z o a non fare x y z. Per quello che mi riguarda è sempre la solita domanda. Vi vedo sempre forti e vincenti, e so che non è vero, ma è così che sento e vedo mentre io mi spezzo ogni due minuti e questa sensibilità del cazzo è una specie di lagnoso piagnisteo che mi porto dentro da quando sono nata.
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depressilvia96 · 3 years
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Benvenuti
Buongiorno a tutt* (per quanto alzarsi dal letto già rovini quel “buon” messo a inizio frase; cambierei quindi in Buongiorno-infame).
Il titolo di questa pagina non è messo a caso come le palline sull’albero di Natale dove dietro mancano completamente. Mi chiamo davvero Silvia e sono davvero depressa, quindi il mio non vuole essere uno sfottò. Depressilvia mi sembrava il modo migliore per riassumere la mia vita: fa schifo, ma la devo vivere lo stesso.
Dopo aver passato buona parte di questi anni bui a scrivere filippiche su quanto la vita fosse triste e dolorosa, ho cominciato a chiedermi: ma non è che la sto prendendo dal verso sbagliato? Insomma, per fare servizi pubblici strappalacrime basta già Barbara D’Urso (per quanto finalmente le abbiano fatto chiudere il programma). Ho quindi pensato di cambiare punto di vista, di prendere le cose alla leggera, di non deprimermi. Alla fine, ho sostituito la tristezza con la furia cieca…e gattini, gattini adorabili. Ho pensato che di persone serie al mondo ne esistono fin troppe e dato che i blog sono il posto migliore dove dare opinioni non richieste, perché non provarci? La mia opinione è inutile quanto quella di tutti gli altri, quindi anche a me spetta una fetta della torta di odio represso e meme comunemente chiamato “Internet”.
La mia non sarà una rubrica di ordine pubblico. Per carità, adoro commentare l’attualità, ma non voglio certamente che questo diventi un luogo di dibattito dove scegliere chi ha ragione e chi ha torto, lasciamo queste cose a Paolo Del Debbio. Ecco, se dovessi descrivermi, sono fastidiosa quanto Luciana Litizzetto per Fabio Fazio a “Che tempo che fa”. Mi rappresenterei come la ragnatela che continui a levare ma che puntualmente si ripresenta e ti rende impossibile la vita…ma ho anche dei difetti.
Non ho voglia di parlare di chi sono e da dove vengo, so perfettamente di avere una faccia antipatica e per farvi scappare tutti* ci sarà tempo, prima voglio che scappiate per quello che scrivo.
Cercando di arrivare al dunque, la vostra domanda a questo punto sarà «Ecco, l’ennesima rompi palle che ha voglia di far polemica, perché dovremmo ascoltare proprio te?».
In realtà, non c’è un vero motivo. Ho solo voglia di parlare di qualcosa di cui parlano tutti, ma in modo ironico. Non voglio che questa diventi una pagina dove ci si da addosso l’un l’altro perché “la mia è l’unica opinione corretta e tu devi tacere”, non siamo a Palazzo Chigi. Qui parlerò di ciò che ha fatto sempre ridere tutti gli appartenenti alla mia compagnia: la mia vita infame e quanta sfiga io possa avere addosso.
Parlerò di ogni cosa: attualità scomoda, casi umani e dove trovarli, (not so) fun facts della mia vita e molto altro.
Mi piacerebbe anche che diventasse un vero luogo di scambio, dove potrete anche darmi torto e rispondermi nel modo che credete più opportuno. Tranquill*, non vi insulterò, è grazie alle opinioni diverse dalle mie che campo e scrivo. Magari sarete pure citati in qualche articolo di attualità-non-tanto-utile.
La vita è troppo difficile per prenderla sul serio, l’alcool non è la soluzione ma neanche l’acqua, carpe diem e altri luoghi comuni utili quanto la carta igienica finita vi aspettano sul mio blog.
Benvenuti nella mia vita
Depressilvia
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margheritegialle · 4 years
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bisogna reagire al dolore come si può, ma bisogna farlo. il dolore, e la tristezza, e la perdita, vanno sentiti, ti devono attraversare, distruggere anche. ma poi bisogna ripartire da ciò che è rimasto, che quello che rimane sei tu, sei tu con le tue paure e le tue insicurezze raddoppiate, triplicate, ma anche le consapevolezze. gli amori vanno, gli amori vengono, ma tutto quello che c’è e c’è sempre stato e ciò che ti rimane sotto pelle. ed io ho la mia famiglia, la mia migliore amica sempre con me, i miei amici nuovi e vecchi, io ho davvero persone che mi vogliono bene. ma, soprattutto, io non posso e non me lo voglio permettere più di perdermi, di riversare la rabbia e la delusione e il rancore e le speranze distrutte su di me, che mangio fino a star male fino a stordirmi e faccio di tutto per non pensare che pensare fa male e invece crogiolarmi nei ricordi è un anestetico potente, e divento assuefatta da tutti questi sogni, che sogni non sono ma sono coltelli che piano piano mi lacerano dentro. ho letto che quando finisce un amore la prima cosa che bisogna fare è recidere ogni legame, non vederlo più, non andare più nei posti che te lo ricordano, ebbene, signori, io e lui non solo siamo in quarantena nello stesso collegio, sullo stesso piano, ma siamo a tre camere di distanza ed io mi sento in una cosa più grande di me, davvero, ma poi penso che cazzo, chi ce la farebbe in una situazione come me? nessuno. innamorata pazza di uno che non riesce a far pace con la sua testa e non si capisce da sola ed io cinque mesi ormai a fottermi il cervello per cercare di stare al passo e a fottermi la vita l’equilibrio che c’ho messo anni a trovare, e tutto a puttane ho mandato per l’amore, per l’amore che credevo ci fosse e che invece, a sto punto, provavo solo io, e lo vedo sempre e faccio quella che non se ne frega niente, mentre vedo lui sfuggente, lui che scrive frasi d’amore folle e incondizionato verso la sua ex, lui che pubblica a notte fonde la nostra cazzo di canzone senza senso alcuno, perchè tanto non mi parli e allora cosa? anche questo adesso la dedichi a lei? capite perchè mi fotte la testa. MA. io me lo merito questo? io me lo merito qualcuno che mi fa star male che mi deconcentra dai miei obiettivi? no. io mi merito l’amore che ti riporta su, che ti fa splendere e risplendere che ti fa rifiorire signori, non marcire da sola al buio e nel caos dei tuoi pensieri. io mi merito un amore semplice, che ti piaci e questo basta. senza se senza ma, solo sogni e risate. io mi merito qualcuno che mi faccia tornare a sorridere in questo cazzo di buio, che quando sento le mie canzoni francesi mi faccia emozionare di gioia. e mi merito anche e soprattutto di ritornare a prendermi cura di me, a rimettermi in forma e riappropriarmi delle mie forme, del mio bel viso, del mio vitino, del mio culetto sodo e perfetto. io me le merito tutte queste cose. mi merito di guardarmi allo specchio con ammirazione di vedere nei miei occhi grandi solo speranza. non più sofferenza, non più dolore per cose che ho perso, che ho amato è vero, ma che non ci sono più. quindi fine. io ho ancora così tanto tempo cazzo. per innamorarmi di nuovo e ancora e ancora, per tornare a ridere e bere vino con le mie migliori amiche e guardare film sul divano con mamma e papà e rivedere il sorriso di nonno e abbracciare nonna stretta stretta ed emozionarmi per questo, proprio come sto facendo ora. ed ho anche tempo per non cadere più MAI PIU’ nei miei disturbi alimentare e vivere bene la mia relazione col cibo e a piacermi in ogni mia fottuta parte e quindi si cazzo si io posso e torno a guardare e sentire solo e soltanto me, mi riapproprio delle mie canzoni francesi e di quelle indie e delle mie passioni, dei miei libri, delle mie frasi sottolineate, delle mie foto su ig, del mio modo di vestirmi e di pormi e di quello che voglio dalla vita, un amore GRANDE ma anche grande rispetto e grandi sogni e soddisfazioni, e ritorno a immaginare in grande appunto un futuro radioso, un estate leggera e indimenticabile con me che finalmente ho fatto l’amore per davvero e questo mi ha reso libera come mi ha reso libera finalmente dimenticare C. e quindi sogno nottate infinite in riva al mare a bere tequila e fumare erba con la musica a palla libera cazzo di potermi scopare chi mi pare e non rivederlo più, libera di poter finalmente parlare della mia relazione finita come una cosa morta e sepolta, di una amore che ho davvero vissuto, di un qualcosa che mi ha attraversata e mi ha segnata, ma ha permesso anche alla luce di entrare, e a me, di mostrarmi. che io sono questa, dolce e pura e romantica e poetica, ma anche dura e affilata, come l’acciaio. che non si spezza. ed io infatti non mi spezzo. chi ce la farebbe al mio posto in una situazione del genere, senza piegarsi senza cedere senza impazzire? ebbene. io non solo ce la faccio, ma ne esco anche vincitrice. più magra pure, e bellissima come sempre, più consapevole di me stessa e del mio valore, del mio potere sugli uomini, su come sfruttarlo. e delle mie fragilità, che ci sono, cazzo se ci sono, e non vanno coperte più. voglio rimuovere il mio vecchio tatuaggio e farmene tre nuovi. insieme al piercing alla lingua e quello all’ombelico, che me lo posso permettere cazzo e poi chissà. non voglio più contare le calorie, tornare ad amare giurisprudenza e quello che faccio, credere in un sogno, nel mio, sfogarmi con lo sport la lettura e la scrittura e voglio, infine, non dimenticarmi più mai più della musica, che mi salva sempre come vedi.  io non sono mai sola e non devo scordarmi della mia luce perpetua, che anche nelle notti più buie, mi fa trovare la strada. l’ho sempre detto che io sono la mia stessa stella cometa. dunque, risplendo. e risplendo per me e me soltanto.
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der-papero · 4 years
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Questo maledetto isolamento sta cominciando a farsi sentire. Inizio a soffrire la mancanza delle piccole cose, inizia a mancarmi poter dire una parolaccia al tizio che non mette la freccia quando svolta, mi mancano quelle cordialità tedesche da Unit 1 di Grammatica che ho impiegato mesi ad imparare.
E’ tutto surreale, ci eravamo lasciati davanti ad una camomilla, cambiavi idea 10.000 volte al secondo, ti ho riaccompagnata a casa, si rideva come matti, e ci saremmo presi quel lungo caffè da Starbucks, hai presente, quello allungato con l’acqua, quello fatto con la cicoria, a mezza tazza. Sì, fa davvero schifo, ma quel misto tra romano e napoletano avrebbe magicamente trasformato quella brodaglia nera in un vero espresso, di quelli con la crema, che quando lo zucchero si posa sopra scorre piano, ma poi fa pluff all’improvviso, e cade sul fondo.
E’ tutto cambiato, sento ogni giorno questa cazzo di Rai, che fa l’elenco dei numeri, dei morti, dei contagiati. Mi sento come Ron Weasley in Deathly Hallows, con quella radio sempre accesa, che ripete i nomi delle persone che non ci sono più.
Io non so quando potremo prenderlo quel caffè, ma io sabato parto. Prendo la macchina, non so dove vado, ma ho bisogno di guidare. Senza fermarmi da nessuna parte, ma ho bisogno di rallentare ad un semaforo, sentire la sensazione di una curva, cazzo pure sbuffare perché bloccato in una coda, non mi importa. Ho bisogno di mezz’ora di normalità. Fare finta che sto andando al lavoro. Mettere lo stereo a palla. Credere per pochi minuti che è stato tutto uno scherzo che non fa ridere. Il virus non se la prenderà a male se mi faccio questo regalo. Poi ritorno alla mia quarantena, ma devo farlo per le persone a cui tengo, e tra queste ci sono anche io.
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underthemoonglight · 4 years
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Evaluna: « Non mi segui e metti like alle foto che posto. Wow. Che fuckboy.» Sorrise e poi sporse il labbro fingendosi meravigliata. Portò il pacchetto di sigarette pieno sul bancone e poi prese posto sullo sgabello. Non c’era molta gente. « Grazie per le sigarette papi. Tienile tu, io non ho la borsa. Nel guardaroba me le rubano.»
 dorian: Dorian era intento a pulire il bancone, avrebbero chiuso presto se nessuno si fosse presentato, erano occupati solo tre tavoli da ragazzi ormai sbronzi. « ma tu ti prendi tutta sta confidenza con chiunque? » e si schiarì la voce portandosi una sigaretta alle labbra, facendosi strada verso lo sgabuzzino, iniziando a fumare. Non si potrebbe ma suo cugino non c’era quella sera e suo zio era fuori città, spettava a lui chiudere la baracca. « le tengo dietro al bancone, ricordamele. »
 Evaluna: Lo osservò allontanarsi e si sporse un po’ con la testa per osservarlo meglio, stava fumando nel locale? poi annuì e decise di seguirlo con in mano uno dei cocktail che lui stesso aveva preparato. Solo allora, verso lo sgabuzzino , gli rispose seria e sprezzante. « Lo faccio solo perché mi convieni. Di solito non cago nessuno.» Portò le labbra alla cannuccia e poi si distaccò appena per rivolgergli un languido sorriso.
dorian : « ti convengo? In cosa? » si appoggiò allo stipite della porta così da continuare a guardare l’intero locale che comunque veniva sorvegliato da due bodyguard all’entrata principale e altri due sul retro. « comunque dovevo sul serio prima, cerca di arrivare in orario o sei fuori. »
Evaluna : « vediamo.. bevo i tuoi cocktail speciali gratis, mi paghi le sigarette, mi porti nei posticini segreti.» Gli occhioni marroni ispezionarono il luogo come fosse chissà cosa e l’indice sfiorò il suo petto lentamente. « mi metti in guardia, facendomi la ramanzina..» alzò le spalle e riprese a bere. « Non penso che avresti fatto tutto questo in una sera, senza un po’ di confidenza.»
Roteò le iridi fino al soffitto e aggiunse sbuffando. « Lo hai detto anche tu che non sei mio padre.»
dorian : « hai ragione anche tu — è che al tuo colloquio c’ero anche io e mi sembrava di aver capito che avessi bisogno di questo posto di lavoro più di altre persone — ho chiesto io di assumetti ma probabilmente mi sbagliavo. E si non sono tuo padre ma a questo locale ci tengo e non voglio ci lavorino persone svogliate. Ci sta ridere e scherzare ma non sempre. » e disse serio, quel tono non gli apparteneva molto ma voleva davvero che si rendesse conto di non poter fare ciò che voleva, forse perché lui qualche anno prima era nella sta stessa situazione. « non prenderlo come vizio, quello delle sigarette soprattutto. »
Evaluna : Sul suo volto si accese subito un’espressione contrariata e infastidita. Evaluna era più che suscettibile e in un minuto divenne furibonda. « Mi stai dicendo che non so lavorare, che mi hai fatto un favore perché ti faccio pena! Benissimo, ho afferrato il concetto, grazie.» Gli mollò il cocktail tra le dita, poi abbandonò quel luogo immediatamente, per poi voltarsi. « Troverò un altro impiego quanto prima, stanne certo. Dopo ti restituisco quanto ti devo. Stavo solo scherzando.» E scosse la testa, rapita da una risata nervosa. « Ma poi guardati, la morale da uno che spaccia sul retro e fuma nello sgabuzzino. Fammi il piacere, Dorian.»
dorian : « guarda che non ti sto facendo nessuna morale — non ti ho detto di prendermi come esempio Luna! » e spense la sigaretta dentro il cocktail che le aveva mollato in mano la ragazza, facendo qualche passo verso di lei.
« non ho detto nulla di tutto quello che hai percepito tu, è che mi dispiacerebbe non vederti e non averti nei paraggi. Sai fare bene il tuo lavoro e hai la possibilità di guadagnarti qualcosa in più, perché fare la scema? io il posto assicurato per ora ce l’ho, spaccio si, ma durante il pomeriggio e dopo il turno di notte, mai durante. Non mi reputo migliore di te, ti sto solo chiedendo di prendere seriamente questa cosa e poi puoi fare quello che ti pare. »
Evaluna : « Va bene. Puoi non disturbarmi? Sto lavorando. Tu continua a giocare con le figurine dei tuoi amici, è entrato un cliente. » Non lo guardò e lo liquidò su due piedi, avvicinandosi mansueta al signore che aveva da poco varcato la soglia. Una volta accompagnato al tavolo, annotò sul suo taccuino l’ ordinazione e poi strappò il biglietto, premendolo senza alcuna esitazione sul petto di Dorian. « Tieni. Fai con comodo.»
dorian : « fai come ti pare, non ho pazienza. » asserì prendendo il foglio dell’ordinazione ed eseguendo poi i vari cocktail. Dopo una decina di minuti fece cenno alla ragazza di venire a prendere il vassoio. « vai sono pronti. » ed ecco di nuovo il tono freddo di chi non beva intenzione di correre dietro a nessuno. « tra venti minuti chiudiamo. » annunciò così agli altri dipendenti che fecero poi i giri dei tavoli per avvertire la clientela. « ho un’urgenza e non posso tenere aperto. » tutto inventato, ovviamente.
Evaluna : Il nipotino del capo, ecco come si meritava di essere chiamato. E gli avrebbe risposto a tono, se solo fosse servito a qualcosa, ma rimase in silenzio tutto il tempo, almeno fino a che la serata non divenne più strana del solito. « Facciamo che chiudo io se tu devi andare via. Mi serve un’ora. » Confidò a Dorian sulla soglia del bancone. « Il signore di prima ha detto che se gli faccio compagnia e bevo con lui, mi offre cento dollari.»
[0 dorian: « visto che avevo ragione? Non erano domande su rose quelle di prima, ma per te. E no, non ti lascerò chiudere, ti do tempo fino alle due poi ve ne andate tu e il tuo amichetto. » Ed eccolo, infastidito, nervoso. Picchiettò le dita sul bancone prima di ritrarsi.
Evaluna : « Erano su Rose. Che hai nel cervello? Io torno a casa mia, non con lui.» scosse la testa ancora più infastidita di prima, « Come ti pare. Fossi il custode del tesoro di ali babà. Tieniti pure la tua chiusura del cazzo.» Evaluna voleva solo fargli un favore dopo tutto, no? poi andò a quel tavolo e non pensò a nient’altro, se non ai suoi cento dollari e allo sbronzarsi senza tirar fuori un soldo. (...)
dorian : [ ... ]  Erano passate delle ore e nel locale erano rimasti solo loro tre: un ubriacone, evaluna e Dorian che era visibilmente infastidito. Era finito con il dover fare da babysitter ancora una volta. Si avvicinò al loro tavolo e di caricò l’uomo di peso cercando di portarlo fuori dal locale. Era abituato a quel genere di cose. Una volta accompagnato alla fermata del taxi appena fuori il locale rientrò tornando da lei. Si accovacciò portando le braccia sulle due cosce così da guardarla meglio. « sei ubriaca persa, non è vero? Devo riaccompagnarti a casa? »
Evaluna: Non si accorse perfettamente di cosa stesse succedendo, ricordava solo l’insistenza di quell’uomo e la sua figura sballottata da quello che gli sembrava Dorian. Si, era Dorian. Non riuscì a trattenere una risata. « Ha detto che se avrei bevuto di più, avrei guadagnato di più. Visto!? Centocinquanta!» Glielo sventolò sotto il naso, ignorando completamente la sua domanda.
dorian : « bene sono contento ma — devo chiudere adesso... » e la sua voce si fece più dolce, più calma, quasi la supplicò di alzarsi, era stanco di stare in piedi, aveva bisogno di dormire e staccare da quel posto. « avanti andiamo » sussurrò nuovamente porgendole entrambe le mani per aiutarla ad alzarsi. « andiamo fuori, chiudo, ci fumiamo una sigaretta e ti riaccompagno a casa — dove abiti? »
Evaluna: « Dove abito? Non mi avevi promesso una canna?» si aggrappò alle sue spalle a peso morto, poi sorrise, allacciando le braccia attorno al suo collo. « Hai gli occhi verdi.»
dorian : « non mi sembri nelle condizioni migliori per fumare anche ... ho gli occhi verdi, si, ti piacciono? » e la prese, l’afferrò stringendola a se fino all’uscita dove si premunì di lasciarla per qualche minuto, il tempo di chiudere il negozio e la saracinesca. « ecco fatto — la fumeremo domani, potresti star male. »
Evaluna : Si, le piacevano molto, ma non lo disse. Piuttosto chiuse gli occhi e si lasciò portare fuori. L’aria fresca fece contrasto sulle sue guance, le girò un po’ la testa e poi udì la sua voce e gli rispose. « va beeene papà.» nemmeno il tempo di farlo, che il tempo scorse velocemente. Il sedile di quell’auto le parve il luogo più confortante del mondo. E uno, due, tre, quattro... Non riuscì a rimanere sveglia, si addormentò di sasso.
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intotheclash · 4 years
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"Ehi, Pietruccio, ci sei ancora?"
La voce di Tonino proveniva da una zona remota della mia testa, ma ebbe comunque la forza di trascinarmi indietro.
"Certo che ci sono! Stavo pensando!"
"E a cosa? Alle chiappe di culo sulle cartoline?" Disse il Tasso, guardandomi con malizia esagerata l'uccello.
Cavolo! Mi era venuto duro! Di sicuro avevo continuato distrattamente a toccarmi, mentre ero perso nel fondo dei miei pensieri.
"Ci hai fatto preoccupare! Ti abbiamo parlato tre, o quattro volte, ma tu niente, Dove cazzo stavi col cervello? Sembravi Schizzo!"
"Io lo odio il mare! Con tutte le mie forze lo odio!" Disse Schizzo, a riprova che la similitudine era perfetta.
Lo fissammo per un istante e scoppiammo a ridere. Povero Schizzo, tutti eravamo a conoscenza della sua disavventura e ci venne subito in mente. E non solo noi, i suoi amici, la conoscevamo, l'intero paese ne era al corrente. D'altra parte, è risaputo, in un piccolo centro funziona così: tutti sanno tutto di tutti. Capita anche che sappiano molto di più. Sanno cose che non sono mai accadute e che, con molte probabilità, non accadranno mai, eppure le sanno, C'è sempre qualcuno che le sa. Qualcuno che le sa e qualcun altro che glielo ha detto.
Iniziammo a lanciare sassi nel fiume, cercando di colpire tutto ciò che galleggiava.
"Facciamo una gara!" Propose bomba, lanciandone uno ben oltre l'altra riva.
"Che tipo di gara?" Chiesi
"A chi va più lontano!"
"Che cazzo di gara è? Tanto lo sappiamo che vinci tu! Non hai un braccio, ma una catapulta!"
"Facciamo la gara di seghe! A chi viene prima!" Propose Tonino, come alternativa.
Perché no? Eravamo nudi come vermi, l'attrezzatura era in bella mostra e la voglia non mancava mai.
"Va bene, però Sergetto è fuori e fa da giudice. Con lui non si può gareggiare, è svelto come un fulmine!"
"Col cazzo che sono fuori! Voglio giocare anch'io!" Protestò ferocemente Sergetto. Anche perché quella era l'unica gara in cui ci passava la biada a tutti.
"Io non voglio farla!" Si lamentò Schizzo, arrossendo.
"Perché non ti si rizza!" Lo punzecchiò il Tasso
"Certo che mi si rizza! Ed è pure più lungo del tuo! Non mi va e basta!"
"Non ti si rizza! Non ti si rizza!" Lo sfottemmo in coro, girandogli intorno.
"Andate tutti a fare in culo! Portatemi qui le vostre sorelle e vedrete se mi si rizza!"
"Allora fai il giudice di gara. Come a Giochi senza Frontiere." Disse Tonino.
"Mi sa che tu non ci stai con la testa. Secondo te io sto qui a guardare che vi fate le seghe?"
"Che male c'è?"
"C'è che mi fate schifo! Ecco cosa c'è." Concluse Schizzo, tuffandosi in acqua.
Non ci restava che iniziare la gara. Anche senza giudice. Tanto l'esito era scontato. Ci mettemmo in fila, spalla contro spalla: pronti? Via! Partimmo a razzo, mezza lingua di fuori, che, in quelle occasioni, sembrava aiutasse e la mano che andava su e giù come il pistone di una Ferrari. Non ci fu nulla da fare, quel coniglio arrapato di Sergetto trionfò in meno di un minuto. Lo odiavamo per questo. E lo invidiavamo anche. Solo qualche anno dopo ci saremmo ricreduti, felici che quel primato fosse tutto suo. Dopo un po', anche io, Tonino e Bomba tagliammo faticosamente il traguardo. Il Tasso era rimasto indietro. Terribilmente indietro, lui non arrivava mai. Mentre si accaniva a testa bassa sul pezzo, lo incitavamo e lo prendevamo per il culo contemporaneamente. Gli ci volle una mezz'ora buona, per arrivare felice e sudato alla bramata meta e noi lo portammo in trionfo come un vincitore. E lo era davvero. Anche questo lo avremmo capito più tardi, insieme alle nostre donne. "Beati gli ultimi, che saranno i primi", in questo campo specifico, forse solo in questo, valeva per davvero.
Terminate le solenni celebrazioni, saltammo nel fiume e raggiungemmo Schizzo, che, nel frattempo, stava cercando di far navigare un vecchio tronco marcio recuperato dalla riva. Ci sistemammo tutti su quella sottospecie di maleodorante zattera e ci lasciammo cullare da quell'indolente corrente. Gli uccelli si fermavano a guardarci stupiti e il sole martellava la nostra pelle senza troppa cattiveria.
"Certo che, a noi ragazzini, di "fregnacce" ce ne raccontano tante." Disse Tonino, con lo sguardo perso da qualche parte sulle canne dell'altra sponda.
"Hai fatto la scoperta dell'acqua calda." Risposi, cercando di capire cosa stesse guardando.
"No, dico: a parte Babbo Natale, la Befana, come nascono i bambini, quella che se ti fai le seghe diventi cieco è proprio la stronzata più grossa che abbia mai sentito."
"Bene, bravo! Ma ora che cavolo c'entra?"
"Ci stavo pensando prima. Mentre stavamo facendo la gara. Ho guardato prima Schizzo, poi noi, poi ancora lui che era l'unico a non gareggiare."
"E allora?"
"Allora ho pensato che non solo quella storia è una palla gigantesca, ma che, forse, è vero l'esatto contrario. Che diventa cieco proprio chi non si fa le seghe!"
Ridemmo felici per la scoperta. Sembrava chiaro che avesse ragione Tonino. Non c'erano santi. E quando se ne fosse convinto anche Schizzo, di sicuro non avrebbe disertato una gara.
"Ehi, guardate laggiù!" Urlò improvvisamente Sergetto.
Ci voltammo di scatto, tutti insieme. A quell'età la curiosità è vorace come una belva feroce digiuna da settimane. Un branco di mucche pezzate, bianche, nere e marroni, stava placidamente guadando il fiume su in una secca; forse in cerca di pascoli migliori.
"Stanno attraversando il fiume! Il nostro fiume!" Aggiunse, facendosi torvo in viso.
"Addirittura nostro!" Commentai sarcastico.
"Certo che è nostro. Qui ci veniamo solo noi. Così ci sporcano l'acqua, bestiacce maledette!"
"Ma che cazzo dici? Come fanno a sporcarci l'acqua se sono più a valle? Certo che ne spari di palloni!"
"Non me ne frega niente! Questo fiume è nostro e io qui non ce le voglio! Andiamo a prenderle a sassate!"
Seguì un coro di: andiamo! andiamo!, ma io rimasi in silenzio. Ero perplesso. Mi piaceva lanciare sassi e avevo anche una bella mira. Certo, non lanciavo lontano come Bomba, ma ero molto più preciso. Però non mi piaceva colpire gli animali, mi facevano pena, tutto qui. Facevo un'eccezione soltanto per quei schifosi ratti di fogna che, ogni tanto, incontravi per le vie del paese e per le odiate vipere. Ma era un altro discorso. Decisi di passare la mano. Nuotai fino a riva e mi sdraiai su uno dei tanti massi levigati che sbucavano prepotenti dalla vegetazione e mi misi ad osservare in disparte la spedizione punitiva. I miei amici arrivarono, con passo lesto, ad una decina di metri dalla mandria, poi diedero inizio ad una fitta sassaiola. Le povere bestie furono colpite a raffica, anche se diedero l'impressione di non curarsene troppo. Insomma, sembrava non considerassero le sassate più fastidiose delle centinaia di punture di mosche e tafani che subivano in continuazione. tuttavia la cosa non mi piaceva lo stesso. Decisi di alzarmi ed andare a porre fine a quello stupido gesto. Non feci in tempo. Dalla riva opposta partì, come un proiettile, un pezzo bello grosso di legno marcio e, per quanto lo trovassi impossibile, arrivò dalla nostra parte ed andò a schiantarsi contro il povero Bomba che cadde al suolo come un sacco di patate. In quell'attimo si fermò il mondo. Lo stupore si poteva tagliare con la motosega, tanto era presente. A farci uscire da quella fase di stallo fu un sasso. Un sasso lanciato dallo stesso punto di prima. Sasso che, con altrettanta forza e precisione, andò a colpire Sergetto proprio in mezzo alla testa. Lui lanciò un urlo disumano e, subito dopo, come a fargli compagnia, anche una gran bestemmiona. Rimase immobile, con le mani in testa, per un tempo indefinibile, gridando: "Non ci vedo più! Non ci vedo più!"
Fummo azzannati dalla paura, paralizzati, ma, per fortuna, subito dopo tornò a vederci. anche se quello che vide peggiorò la situazione. Si portò la mano destra davanti agli occhi e constatò, con la paura che gli si allargava in faccia, che era sporca di sangue. Del suo sangue. A quel punto le lacrime tracimarono dagli occhi e si trasformarono ben presto in un fiume in piena. Fu così che la paura si trasformò in rabbia e i miei amici iniziarono a lanciare tutto ciò che capitava loro a tiro verso il punto in cui aveva avuto origine il fuoco nemico. Io me ne rimasi ancora in disparte. Ancora dovevo capire.
Finalmente riuscimmo a vederlo. Dapprima solo una sagoma oscura tra i fitti cespugli dell'argine, poi, piano, piano, venne fuori la forma di un ragazzino, più o meno della nostra età, scalzo, con i pantaloncini corti e a torso nudo. Non sembrava affatto impaurito. Non fosse altro che per la differenza numerica. E, con nostro grande stupore, ce lo dimostrò pure. Saltò in groppa ad una delle mucche e ci raggiunse attraversando il fiume.
"Certo che ne ha di coraggio!" Pensai.
Fu Tonino a parlare: "Guarda come cazzo lo hai conciato! Gli hai rotto la testa, brutto figlio di puttana!" E gli mostrò, come prova, la zucca di Sergetto che ancora frignava.
Gli aveva detto proprio figlio di puttana! Era l'offesa mortale! Quella che necessariamente significava: cazzotti! Poteva passare solo tra amici stretti e detta per scherzo; ma urlata in quel modo ad uno sconosciuto! Nessuno di mia conoscenza avrebbe lasciato correre. Era la regola. Anche a costo di prenderle. Era una questione di onore. Eppure il nuovo arrivato sembrò non dargli peso. Rimase lì, immobile come un masso. Non era minimamente turbato. forse perché, nudi come eravamo, facevamo più ridere che spavento.
"Avete iniziato voi." Si limitò a dire. Con un tono così calmo che faceva quasi paura.
" Anche a me potevi rompere la testa, brutto stronzo di un matto!" Rincarò la dose Bomba.
"Avete iniziato voi." Disse ancora.
Era il turno del Tasso. Ma lui era uomo d'azione, non di parola, fece l'unica cosa che era capace di fare, caricò a testa bassa il nuovo arrivato, menando pugni all'impazzata e sbuffando vapore come un toro nell'arena. Il ragazzino con i calzoncini non mosse un muscolo. Attese la carica con le braccia conserte, quando il Tasso gli era praticamente addosso, veloce come il demonio scartò di lato e con uno sgambetto lo fece finire lungo disteso nel fiume.
Non potevo più aspettare, dovevo intervenire. Tra i miei amici, ero io il più bravo a fare a pugni, toccava a me condurre le danze. Certo, l'avversario sembrava una brutta bestia, anche troppo brutta, ma dovevo farlo, non potevo rimetterci la faccia. "Adesso basta, vuoi fare a botte? fallo con me!" Dissi.
I miei amici si fecero da parte ridacchiando nervosamente e urlarono in faccia al mio nemico: "Ora sono cazzi tuoi, stronzetto!"
Non è che io ne fossi troppo convinto, ma, come si dice, il tifo aiuta sempre.
"Non mi batto con te." Disse quello, sempre con quel tono gelido.
"Meno male" Pensai. Ma "Perché no? Hai paura?" Mi sentii dire.
"Non ho paura, è che tu sei l'unico che ha lasciato in pace le mie mucche. Non mi batto con te."
Aveva ragione, per Dio! E anche per fortuna! Avevo lasciato in pace le sue mucche! Feci qualche passo avanti e mi presentai: "Io mi chiamo Pietro, e tu?"
Quello mi fissò per un attimo, fece una smorfia che somigliava vagamente ad un mezzo sorriso, si voltò e ritornò nel nulla da dove era venuto.
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interiorizzo · 4 years
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Caro Tumblr ti scrivo, in realtà non ti scrivo da un pò, si certo, ma ho appena visto su youtube un video in cui il tipo parlava di quanto sia importante tenere un diario e mi sei venuto subito in mente tu. Nel video poi si ponevano 4 punti utili che possono portare questa attività che, ahimè, compio sempre raramente. Questi punti sono: 1)Produttività (ormai andata a fanculo dalla fine della sessione, sto diventando sempre più un vegetale in pratica o, in alternativa, un pezzo dell’arredamento-più simile a un cuscino che ad un vero e proprio mobile d’arredo- Tuttavia non è per questo che ti scrivo mio caro Diario) 2)scrivere idee (Neanche questo punto mi interessa al momento, ma in futuro chissà) 3)sfogarsi (ecco, ci siamo quasi..) 4)razionalizzare Ed è per quest’ultimo punto che sono qui: scrivere i miei  pensieri per poi rileggerli e capire cosa diamine c’è che non va nella mia vita. Ora direi che potrei cominciare con il vero e proprio discorso caro Tumblr. Mettiti pure comodo e prendi- Okay, imprevisto, è tipo andato in corto un interruttore di sotto e la puzza di fumo è arrivata fin su ahahaha (okay non dovrei ridere sarei potuto morire arrostito ma vabbè) In ogni caso ho perso il filo del discorso, vedrò di riprendere dal ultimo capoverso..
Ora direi che potrei cominciare con il vero e proprio discorso caro Tumblr. Mettiti pure comodo e prendi i pop corn, perchè non sarà affatto una storia breve. Allora, da dove potrei mai incominciare. No dai, sai cosa? Non voglio star qui a raccontare la storia della mia vita. Sarebbe troppo deprimente e ancor peggio noiosa. In più uscirei fuori tema perchè in realtà oggi ho solo bisogno sfogarmi sugli ultimi eventi, non sulla mia intera vita. Magari questa storia un’altra volta eh? Prima però ho necessità di un piccolo preludio, altrimenti non capiresti. Tutto iniziò in una notte buia e tempestosa! Nah non va bene come inizio, troppo banale, e poi non so il meteo del giorno in cui nacqui.. Allora dai, seriamente ora.
Tu, grande T, ne hai conosciuta di gente strana, magari anche più di me. Però ultimamente inizio a considerarmi solo, nel mio genere. Dio mio, a volte nemmeno io riesco a comprendermi. Sto iniziando anche a credere di non essere tagliato per le relazioni, di nessun genere(nè amorose, di amicizia o familiari). Non riesco a gestirle e finisco sempre col ritrovarmi solo, in questo limbo infinito fino alla prossima persona con cui rovinare tutto. Credimi quando ti dico che è un ciclo davvero infinito. è capitato e ricapitato di continuo: trovo una persona con cui sto bene e stranamente la cosa è reciproca, abbandono chiunque altro per dedicarmi solamente a quella persona, passo da 1 a 6 mesi fantastici con questa persona per poi annoiarmi io o l’altra persona e il separarsi definitivamente tornando puntualmente ad una sostanziale solitudine. Di solito, amico mio, arrivato in questa fase cerco compagnia di altre persone che conoscevo prima fino alla prossima relazione da rovinare. Ma questa volta è diverso. Non c’è davvero più nessuno. Sono realmente solo. E la cosa peggiore è che questo non mi spaventa. Sono solo e mi sento bene. Mi sento solo, ma non sono triste. Sento solo un grande vuoto, non lasciato dalla persona che se ne è andata, ormai sono così abituato agli addii che non ci faccio neanche più caso, anzi, ad un certo punto del comportamento dell’altro so già come evolve, per cui spingo anche sul acceleratore affinché finisca prima. Potrei essere sociopatico? Forse. Mi vergognerei di esserlo? No di certo. Come dicevo, non sento assolutamente nulla. Ed è questo che mi spaventa. Per esperienza so che, nel momento in cui senti di non provare più nulla, è perché in realtà reprimi quelle emozioni, che si tratterranno fino ad esplodere più forti che mai. La psicologia è una delle mie passioni, ma di fatto la maggior parte delle mie conoscenze in materia sono frutto di pure e semplici osservazioni (si esatto, come si faceva nel XIX secolo durante l’era del positivismo e della nascita di molte materie umanistiche, so che anche tu ci stavi pensando). Il punto però è che, a tutti questi timori, se ne  aggiunge anche un’altra, e cioè la paura del domani, del futuro. Non metto in dubbio che sia una paura molto condivisa questa, di non riuscire a trovare una relazione stabile e fissa, a molti piace anche questa condizione se dobbiamo dirla tutta-questi ultimi la cercano addirittura, la bramano- ma io no. Io ho 20 anni Tumblr, lo sai, e di relazioni intime ne ho affrontate tante ormai, le conosci, e Dio solo sa quanto io ci abbia provato a creare qualcosa che potesse durare, dalla prima fino ad ora, eppure tutti i miei sforzi non sono valsi A UN CAZZO. Se solo ripenso a quante ne abbiamo passate, mi fa incazzare il fatto di ritrovarmi sempre qui nello stesso fottutissimo posto. è come non avere una memory card e rigiocare sempre lo stesso livello, a l’infinito. Può essere divertente la prima volta, stai scoprendo, anche la seconda e la terza, stai facendo esperienza, ma quando arrivi a tante volte da aver perso il conto ti accorgi che sta diventando frustante continuare a muovere sempre e solo i primi passi, senza mai arrivare al livello successivo; ritrovarsi sempre con un mattoncino da porre, alla base di una casa che progetti da anni e non riesci nemmeno a sapere se mai la porterai a termine; a costruire sempre da zero, per poi ritornare a non aver nulla. Tumblr, sono stanco davvero di essere solo. So che in tanti ti scrivono le stesse cose, ma non riesco a credere che tutti coloro che si sfogano con te per il medesimo motivo vivono ciò che vivo io, o abbiano vissuto ciò che ho vissuto io. Io che non so nemmeno cosa sia uscire a mezzanotte, o andare a fare una serata con amici, io che non ho mai conosciuto la libertà di “uscire con la comitiva”, io che ti scrivo da questa stanza da anni, e non ho mai cambiato posto, pur avendone le facoltà, nascondendomi sempre dietro la mia svogliatezza e diffidenza verso il prossimo, lottando ogni giorno contro la mia misantropia e asocialità, o meglio, incapacità di gestire più di una relazione alla volta. Mio caro Diario,  ora sono le 2:43, e solo quando ci siamo salutati era un’ora fa, sono un pò stanco di scrivere e ho a malapena completato il preludio, magari concluderò il discorso domani sera, o magari non lo farò mai. sempre tuo, G.
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