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#la moglie del prete
falsenote · 1 year
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La Moglie del Prete (1970) / Todo Modo (1976)
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solosepensi · 4 months
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Questo è il migliore dei mondi possibili
Temo che da me non avrai mai né un romanzo con il tuo nome
né un libro dove si parli di te quasi fossi Lou Salomé. Temo anche
che a settant’anni – tanti me ne sono assegnati – me ne andrò
lasciandoti un pezzo di strada da fare da sola. Del resto,
fossi stato più saggio, o stolto, avrei già da tempo
provveduto a rendermi più credibile al cassiere della mia banca
o sarei preside in qualche scuola della papania
e avrei fatto anche due o tre passaggi in tv.
Invece, così, tutti pensano che sono uno che ha l’insonnia addosso
e avrebbe bisogno di un prete o di uno psichiatra.
Mi hanno detto che si chiama principio di realtà ciò che mi manca;
che sono dissipatore di soldi, sentimenti e donne, specie di quelle
altrui; che non ho capito ancora che la poesia non è la vita
e che come peter pan ho bisogno sempre di capitan uncino
per fare a meno de ll’eutanasia o del suicidio.
Bene, d’accordo: questo è il migliore dei mondi possibili
e ci sta bene anche che la poesia, una poesia ogni mattina,
sia solo un espediente un po’ raffinato per portarsi a letto
la moglie del dottore di turno. Ci sta bene anche
che mentre due torri crollano e l’antrace ci ricorda
come sono buoni e generosi gli yankee
c’è ancora chi per dimenticare ha tempo per le chiacchere
e interessarsi ai fatti altrui.
In ogni caso, a nulla serve uccidere gli angeli e i demoni
che sono in noi o scordare che a dire ti amo ci vuole
tenerezza e crudeltà quanto basta per restare bambini
anche se i capelli sono ormai bianchi.
Perciò non scriverò mai né un romanzo con il tuo nome
né un libro dove parlo di te quasi fossi la mia Lou Salomé.
Mi limiterò a dirti ti amo mentre ti guardo negli occhi.
E a settant’anni me ne andrò
lasciandoti un pezzo di strada da fare da sola.
Emilio Piccolo
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Marcello Mastroianni et Sophia Loren dans "La Femme du prêtre" (La moglie del prete) réalisé par Dino Risi, sorti en 1970
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alonewolfr · 10 days
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“Lezione n° 1
Un uomo va sotto la doccia subito dopo la moglie e nello stesso istante suonano al
campanello di casa. La donna avvolge un asciugamano attorno al corpo, scende le
scale e correndo va ad aprire la porta: è Giovanni, il vicino. Prima che lei possa dire
qualcosa lui le dice: “ti do 800 Euro subito in contanti se fai cadere l’asciugamano!”
Riflette e in un attimo l’asciugamano cade per terra…
Lui la guarda a fondo e le da la somma pattuita. Lei, un po’ sconvolta, ma felice per la piccola fortuna guadagnata in un attimo risale in bagno. Il marito, ancora sotto la doccia le chiede chi fosse alla porta. Lei risponde: “era Giovanni”. Il marito: “perfetto, ti ha restituito gli 800 euro che gli avevo prestato?”
Morale n° 1:
Se lavorate in team, condividete sempre le informazioni!
Lezione n° 2
Al volante della sua macchina, un attempato sacerdote sta riaccompagnando una giovane monaca al convento.
Il sacerdote non riesce a togliere lo sguardo dalle sue gambe accavallate.
All’improvviso poggia la mano sulla coscia sinistra della monaca. Lei lo guarda e gli
dice: “Padre, si ricorda il salmo 129?” Il prete ritira subito la mano e si perde in
mille scuse. Poco dopo, approfittando di un cambio di marcia, lascia che la sua mano sfiori la coscia della religiosa che imperterrita ripete: “Padre, si ricorda il salmo 129?” Mortificato, ritira la mano, balbettando una scusa. Arrivati al convento, la monaca scende senza dire una parola. Il prete, preso dal rimorso dell’insano gesto si precipita sulla Bibbia alla ricerca del salmo 129.
“Salmo 129: andate avanti, sempre più in alto, troverete la gloria…”
Morale n° 2:
Al lavoro, siate sempre ben informati!
Lezione n° 3
Un rappresentante, un impiegato e un direttore del personale escono
dall’ufficio a mezzogiorno e vanno verso un ristorantino quando sopra una panca trovano una vecchia lampada ad olio. La strofinano e appare il genio della lampada.
“Generalmente esaudisco tre desideri, ma poiché siete tre, ne avrete uno ciascuno”. L’impiegato spinge gli altri e grida: “tocca a me, a me….Voglio stare su una spiaggia incontaminata delle Bahamas, sempre in vacanza, senza nessun pensiero che potrebbe disturbare la mia quiete”. Detto questo svanisce. Il rappresentante grida: “a me, a me, tocca a me!!!! Voglio gustarmi un cocktail su una spiaggia di Tahiti con la donna dei miei sogni!” E svanisce. Tocca a te, dice il genio, guardando il Direttore del personale.
“Voglio che dopo pranzo quei due tornino al lavoro!”
Morale n° 3:
Lasciate sempre che sia il capo a parlare per primo!
Lezione n° 4
In classe la maestra si rivolge a Gianni e gli chiede: ‘Ci sono cinque uccelli appollaiati su un ramo. Se spari a uno degli uccelli, quanti ne rimangono?’
Gianni risponde: “Nessuno, perché con il rumore dello sparo voleranno via tutti”.
La maestra: “Beh, la risposta giusta era quattro, ma mi piace come ragioni”.
Allora Gianni dice “Posso farle io una domanda adesso?”
La maestra: Va bene.
“Ci sono tre donne sedute su una panchina che mangiano il gelato. Una lo lecca delicatamente ai lati, la seconda lo ingoia tutto fino al cono, mentre la terza dà piccoli morsi in cima al gelato. Quale delle tre è sposata?” L’insegnante arrossisce e risponde: “Suppongo la seconda… quella che ingoia il gelato fino al cono”.
Gianni: “Beh, la risposta corretta era quella che porta la fede, ma… mi piace come ragiona”!!!
Morale n° 4: Lasciate che prevalga sempre la ragione.
Lezione n° 5
Un giorno, un non vedente era seduto sul gradino di un marciapiede con un
cappello ai suoi piedi e un pezzo di cartone con su scritto: “Sono cieco, aiutatemi per favore”. Un pubblicitario che passava di lì si fermò e notò che vi erano solo alcuni centesimi nel cappello. Si chinò e versò della moneta, poi, senza chiedere il permesso al cieco, prese il cartone, lo girò e vi scrisse sopra un’altra frase.
Al pomeriggio, il pubblicitario ripassò dal cieco e notò che il suo cappello era pieno di monete e di banconote.
Il non vedente riconobbe il passo dell’uomo e gli domandò se era stato lui che aveva scritto sul suo pezzo di cartone e soprattutto che cosa vi avesse annotato.
Il pubblicitario rispose: “Nulla che non sia vero, ho solamente riscritto la tua frase in un altro modo”.
Sorrise e se ne andò.
Il non vedente non seppe mai che sul suo pezzo di cartone vi era scritto:
“Oggi è primavera e io non posso vederla”.
Morale n° 5: Cambia la tua strategia quando le cose non vanno molto bene e vedrai che poi andrà meglio.
Se un giorno ti verrà rimproverato che il tuo lavoro non è stato fatto con professionalità, rispondi che l’Arca di Noè è stata costruita da dilettanti e il Titanic da professionisti….
Per scoprire il valore di un anno, chiedilo ad uno studente che è stato bocciato all’esame finale.
Per scoprire il valore di un mese, chiedilo ad una madre che ha messo al mondo un bambino troppo presto.
Per scoprire il valore di una settimana, chiedilo all’editore di una rivista settimanale.
Per scoprire il valore di un’ora, chiedilo agli innamorati che stanno aspettando di vedersi.
Per scoprire il valore di un minuto, chiedilo a qualcuno che ha appena perso il treno, il bus o l’aereo.
Per scoprire il valore di un secondo, chiedilo a qualcuno che è sopravvissuto a un incidente.
Per scoprire il valore di un millisecondo, chiedilo ad un atleta che alle Olimpiadi ha vinto la medaglia d’argento.
Il tempo non aspetta nessuno. Raccogli ogni momento che ti rimane, perché ha un
grande valore. Condividilo con una persona speciale e diventerà ancora più importante.
L’origine di questi racconti è sconosciuta, ma pare portino buonumore e fortuna a chi li manda e a chi li dice, quindi non tenerli per te.”
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beevean · 1 year
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Still can't believe how much "rewriting in my native language then translating the rewriting" works, I hate it lmao.
Anyway. Have some Hectaly:
ENG, first draft:
It’s like the ebbs of the tides, in time with the waxing and waning of the moon.
Most of the days now, he lives a tranquil life, he watches Rosaly sew lace, he keeps company to the children, he even visits the village more often: word has spread among the townsfolk that he is quite apt at taking care of and training animals, and what once was reason for scorn, is now a sought quality, something that doesn’t fail to amuse Hector. He has always preferred the company of his non-human companions, but if they once used to be his safe haven out of need, now they are simply a soothing presence. [He quite enjoys being useful to others.]
ITA:
È come le onde della marea, in sincronia con la luna che cresce e cala.
La vita di Hector continua placida, e il sentiero è sempre più in discesa, a poco a poco meno scosceso. Ha imparato come aiutare Rosaly nelle sue infinite faccende: se lei insiste a prodigarsi per il prossimo, lui non la lascerà da sola. Quando i bambini del villaggio le portano miele e fragole per ringraziarla per il suo duro lavoro da parte dei genitori, Hector li cucina: i suoi lavori non saranno mai deliziosi come quelli di sua moglie, ma il suo sorriso da solo li rende più dolci. La presenza dei bambini, che un tempo adocchiava con diffidenza e imbarazzo e non senza una punta di rancore, è ora più che benvenuta, ora che “zio” Hector sa come intrattenerli. Non rivelerà mai a nessuno dove abbia imparato a disegnare mostri nel minimo dettaglio, e non importa più, non quando le sue bozze ora servono soltanto a incuriosire anime innocenti.
Il giardino è la sua parte preferita della casa, dove può dedicarsi a prendersi cura del giardino e degli animali, in pacifica solitudine. Hector ha sempre preferito la compagnia dei suoi amici non umani, ma se un tempo erano il suo rifugio sicuro dalla crudeltà dell’uomo, oggi altro non sono che una piacevole presenza.
Si sparge la voce nel villaggio che il marito di Rosaly è stranamente abile nel domare gli animali, anche i più temuti. Ha accettato da tempo di essere chiamato “pastore” dalla donna a mo’ di vezzeggiativo, ma mai si sarebbe aspettato che altri umani lo avrebbero accettato così come fosse. Alcuni paesani si azzardano ad avvicinarsi a lui, a chiedergli aiuto; Hector esita all’inizio, perché alcune delle sue cicatrici sono più vecchie della sua permanenza del castello, ma Rosaly lo incoraggia a fare del bene, e lui si fida di lei. C’è chi gli annuncia che è un segno che Dio lo favorisce, perché solo un’anima buona può avere tale affinità con il Suo creato. Hector deve mordersi la lingua per non scoppiare a ridere.
Riesce persino a scambiare due parole con il prete della chiesetta vicina. Si premura di ignorare il crocefisso che gli pende dal collo, perché non è degno di guardare Cristo in faccia, ma il vecchio è mite e cordiale e si offre di essere a disposizione, nel caso Hector decidesse di confessarsi. Lui rifiuta con un sorriso tirato, perché non ne ha bisogno – Dio sa già benissimo di quali crimini si è macchiato. Accetta, come compromesso, di aiutarli con il loro orto, e di insegnare ai bambini a leggere e a scrivere.
E, nei rari giorni pigri, Hector non si affanna a cercare un compito da svolgere, perché ora sa che non è quello lo scopo della sua vita e nessuno più gli darà ordini da eseguire a ogni costo. Invece, passa il tempo ad osservare Rosaly che ricama sulla sua sedia a dondolo, con calma e destrezza, intrecciando il pizzo senza un attimo di sosta. Non è molto differente, riflette, dal creare demoni: Rosaly ha un disegno ben preciso in mente, ognuno diverso dal precedente, e lo ricrea con le sue mani, gli dà forma e significato, infonde parte della sua vita nelle sue piccole opere d’arte.
È uno spettacolo semplice, ma Hector non se ne stanca mai e potrebbe ammirarlo per ore e ore, perché sua moglie risplende come il sole quando si dedica a portare gioia al prossimo.
E nei suoi giorni migliori, Hector è sicuro di aver imparato a fare lo stesso, e il conforto lo aiuta a camminare a testa alta.
ENG, translation:
It’s like the ebbs of the tides, in time with the waxing and waning of the moon.
Hector’s life continues placidly, and the path is less and less steep. He has learned how to help Rosaly in her endless chores: if she insists on doing her best for others, he won’t leave her alone. When the children from the village bring her honey and strawberries on their parents’ behalf, to thank her for her hard work, Hector has taken to baking them: his works will never be as delicious as his wife’s, but her smile alone makes them sweeter. The presence of the children, which he once eyed askance with distrust and awkwardness and not without a hint of resentment, is now more than welcome, now that “Uncle” Hector knows how to entertain them. He will never reveal to anyone where he had learned to draw monsters in great detail, and it doesn’t matter anymore, not when his sketches now only serve to intrigue innocent souls.
The garden is his favorite part of the house, where he can dedicate himself to taking care of the plants and the animals in peaceful solitude. Hector has always preferred the company of his non-human friends, but where once they used to be his safe haven from the cruelty of man, today they are nothing more than a soothing presence.
Word spreads through the village that Rosaly’s husband is strangely apt at taming animals, even the most feared ones. He has long accepted being called “shepherd” by the woman as a term of endearment, but he never would have imagined that other humans would accept him as he is. Some villagers dare to approach him, to ask him for help to drive beasts away or train their pets; Hector hesitates at first, because some of his scars are older than his time in the castle, but Rosaly encourages him to do some good, and if he can trust anyone, it’s her. There are those who, clutching their hands, declare that it is a sign that God favors him, because only a good soul can have such an affinity with His creation. Hector has to bite his tongue to keep from bursting out laughing.
He even manages to exchange a few words with the priest of the nearby church. He takes care to ignore the crucifix hanging from his neck, because he is not worthy of looking at Christ’s agonized expression, but the old man is gentle and friendly and offers to be available, in case Hector decides to confess. He refuses with a tight smile, because he doesn’t need it – God already knows all too well the sins that stain his soul. He agrees, as a compromise, to help them with their grounds, and to teach the children to read and write.
And, on the rare lazy days, Hector doesn’t bother looking for a task to carry out, because he now knows that that is not the purpose of his life and no one will give him orders to obey at any cost. Instead, he spends his time watching Rosaly as she sews in her rocking chair, calmly and deftly, weaving the lace without a moment’s rest. It’s not very different, he muses, from creating devils: Rosaly has a very specific design in mind, each and every one different from the previous one, and she recreates it with her own hands, gives it shape and meaning, infuses part of her life into her small works of art.
It is a simple sight, but Hector never tires of it and could admire it for hours and hours, because his wife shines like the sun when she dedicates herself to bringing joy to others.
And on his best days, Hector is sure he has learned to do the same, and the comfort helps him walk with his head held high.
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Io, non sono solo la dolce vita!
Io non sono solo il surrogato cinematografico di Fellini. Sono mille altre cose. Sono lo straniero oltre la porta, le notti bianche e le sue ultime lune. Sono i silenzi sorretti del volo, quella telefonata in una giornata particolare. Io Sono la crisi come in 8½ . Sono la notte tutta da vivere, per non essere mattiniero. Sono la decima vittima in una cronaca familiare, nelle pagine di una cronaca rosa, nei racconti d'estate sotto il tuo ombrellone, in una domenica d'agosto. Sono quel matrimonio all'italiana, ma del divorzio non ne ho voluto mai parlare. Io sono il nemico di mia moglie, il bell' Antonio, il casanova, il bigamo, l'assassino. Sono stato i suoi giorni d'amore, il mondo nuovo, il medico e lo stregone , la dolce vita, la rappresaglia. Sono amore e guai; però peccato che sia una canaglia per essere la "divina creatura" e quasi quasi, non ci credo. Sono il fantasma d'amore, e per qualcuno sono stato il momento più bello, come i diamanti a colazione. Sono Enrico IV ma a cavallo non ci salgo! Sono oci ciornie, ma resto allegro. Sono un piatto di maccheroni, condiviso. Sono la grande abbuffata del mio piatto preferito. Todo modo, "un prete molto cattivo" ma nella mia fede ci sono tre vite e una sola morte, e mi voglio ribellare! perché?! io, sono la febbre di vivere. Adesso, dimmelo tu, chi sono io?
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Una volta ho letto un libro camminando. Era piccolo e stava dentro la passeggiata di un’ora. L’avevo preso in prestito senza chiedere permesso. Sarebbe appropriazione indebita se non l’avessi riportato in giornata al suo posto.
Era di Agota Kristov e mi sono appuntato, per non dimenticarla, questa frase: ”È diventando assolutamente niente che si può diventare uno scrittore”.
A proposito del prelievo da uno scaffale di altro proprietario, credo che ogni lettura sia un’appropriazione di parole altrui, durata quanto il tempo impiegato a leggere. Dopo la dimentico facilmente, titolo e nome del titolare della storia.
Non per questo è spreco di tempo. Me lo ha fatto capire il prete anziano di un piccolo centro, raccontandomi di un suo parrocchiano. Ritornato a casa dalla funzione domenicale diceva alla moglie che il prete aveva parlato tanto bene. Alla domanda di lei su cosa avesse detto, non aveva saputo ricordare nulla. Lei gli aveva rimproverato di avere perso tempo se già si era dimenticato.
Lui si era giustificato all’incirca così: ”Quando il prete parla per me è come l’acqua che lava l’insalata. L’acqua scorre via, non la trovi più, ma dopo l’insalata è pulita”.
Così è per me per i libri che leggo. Lo scorrere delle pagine scivola via, ma la testa, come l’insalata, è stata rinfrescata.
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Erri De Luca
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vecchiodimerda · 2 years
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Coscritti II
Il mese a Chieti passò rapido (si fa per dire) e arrivò il giorno del Giuramento.
Durante il Giuramento i coscritti in parata sfilano di fronte alle autorità e ai parenti e alla domanda: Lo giurate voi? Gridano "L'ho duroooooo" ma naturalmente è una bugia.
Dopo Chieti, i coscritti della Fanteria venivano indirizzati alle unità di destinazione presso le quali avrebbero passato il resto degli undici mesi di naja, tranne alcuni che invece dovevano specializzarsi ulteriormente, come il sottoscritto.
Per cui finii a Sabaudia per specializzarmi in Artiglieria Controaerei Leggera, esattamente nella funzione di Radarista.
Sabaudia fu un altro mese horribilis in una località di mare ma di mare ne vedevamo ben poco, visto che eravamo imprigionati in caserma.
Qui feci amicizia con un ragazzo Romano di nome Giovanni Pisani che in realtà non era Romano ma veniva da Castrovillari e studiava e viveva a Roma e non era un ragazzo perché teneva dieci anni più di me.
Poi c'era un Siciliano di cui non ricordo né il nome né la città di provenienza che a differenza del vivace Giovanni era fonte di depressione da lontananza da casa.
In comune i due avevano una decade di età maggiore della mia e il fatto di essere laureati e colti mentre io dopo la terza media e un trimestre al bar, ero finito a lavorare in fabbrica (sia detto senza orgoglio).
Ma seppure tra lacrime e stenti, anche il mese Sabaudo passò e un bel giorno fummo chiamati sull'attenti e ci venne comunicata la destinazione definitiva.
Per me fu Bologna, Caserma Caporal Maggiore Viali in via Due Madonne e non ne ho la certezza assoluta ma penso fu per merito del prete del mio paese, lo stesso che mi aveva infilato nella fabbrica più nota del paese, data la sua tendenza ad aiutare le famiglie più sfigate del paese.
Ma i superpoteri del prelato non solo mi avevano portato a dieci chilometri da casa e a due chilometri e mezzo da dove abitava colei che sarebbe diventata mia moglie, addirittura mi avevano trovato un posto in Fureria.
Cosa è (o era) la Fureria? Immaginate la caserma come un'azienda in cui gli operai (tanti) sudano sulle linee di produzione e gli impiegati (pochi) stanno seduti sulle loro sedie in ufficio.
Insomma il Furiere è (o era) un privilegiato e un imboscato, esente dalle marce o dalle guardie e per questo odiato al cinquanta per cento e blandito per il restante cinquanta.
(fine seconda parte)
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hjdem · 18 years
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LA FANTASIMA (Sec. XIV.)
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Ogni vecchio marito di moglie giovane vivrebbe d'angoscia senza il conforto della religione; e messer Tonio degli Albizeni pregava molto e consumava molto tempo in esercizi spirituali, sí che, nelle ore che gli rimanevano da star con la moglie, il giorno non s'avvedeva di nulla e la notte non si risentiva di nulla. Il mondo diceva che madonna Lisa non era guardinga e che le fiammeggiavano negli occhi le voglie non sazie; ch'essa tutta cascante di vezzi trescava con questo o con quello e che poco schifiltosa variava troppo gli amori; ma messer Tonio bandiva i sospetti con le orazioni e raccomandava al Cielo la virtù di madonna: giorno e notte, nella sua camera, egli manteneva accesa una piccola lampada dinanzi un’immagine sacra; e, mallevadore il prete cui talvolta aveva espressi i suoi dubbi, quella luce valeva a garantirgli l'incolumità del talamo. Infatti nella stanza nuziale madonna Lisa non aveva peccato mai: a pianterreno c'era una camera da dormire, una camera in cui messer Tonio ospitava gli amici e in cui egli non aveva messo più piede da quando s'era sparsa la voce che ci si vedevano gli spiriti maligni. Madonna Lisa non temeva gli spiriti, anzi non di rado li chiamava lei là dentro; pure come il marito s'impauriva leggendo nelle vite de' santi padri le descrizioni delle orride forme assunte dal demonio per spaventare gli anacoreti e vincerne la resistenza in Dio, e recitava spesso delle giaculatorie che lo difendessero dagli spettri, madonna Lisa biascicava con lui senza ridere le giaculatorie contro gli spettri.
In quel tempo era tornato a Forlì un giovane di nome Guido Morlaffi, il quale allo studio in Bologna più tosto che a discutere il giure aveva appreso a donneare e a burlare i mariti gelosi.
Di persona bella e gagliarda e di cervello balzano e sagace, in tali arti era divenuto maestro con poca fatica; e con meno fatica raccontando ai compagni le sue gaie vicende, che i compagni narravano di qua e di là, agli occhi delle donne di Forlí diveniva più celebre che s'avesse avuta in testa tutta la glossa d'Irnerio.
Ora, madonna Lisa degli Albizeni voleva esser delle prime a esaminare come messer Guido si fosse addottrinato in Bologna; né il suo era desiderio difficile da esaudire. Già egli la vagheggiava; ed ella incontrandolo per via lo guardava come persona a cui si è pensato piú volte: alla finestra l'attendeva mostrando d'attenderlo e gli sorrideva con gli occhi. Poi al sorriso degli occhi accompagnò il sorriso delle labbra; poi rispose con segni: ella vedeva, ella capiva; e sospirava.
Guido Morlaffi cominciò dunque a scriverle delle lettere tutte miele e tutte fiori, quali s'imparavano solo a Bologna; e le gettava per la finestra; senza fallare. A cui, per bocca d'una servicina, la quale aveva istruita meglio a queste che alle altre faccende, madonna Lisa rispose che essa non aveva pace, tanto ardeva di lui, ma che il marito le stava sempre tra i piedi: ciò perché le donne perbene debbono far parere gelosi e feroci i mariti anche quando sono com'era messer Tonio.
- Appena potrà, mi manderà a chiamarvi - assicurava la servicina. E un giorno venne a dire a messer Guido: - Messer Tonio ha paura degli spiriti, e voi?
- Dove sono? - domandò il Morlaffi.
Rispose l'altra: - In una stanza dove il sere non entra mai e dove madonna vi farà entrare questa notte a pena che il sere dormirà.
Messer Guido sospettò un inganno e chiese:
- Oh!, e madonna non ha paura lei?
- Non l'avrà con voi.
E il giovane promise che v'andrebbe. Né mancò all'ora convenuta; e madonna Lisa, che pareva angustiata e timorosa, quasi senza fiatare l'introdusse nella camera buia degli spiriti; e disse: - Non dorme ancora e bisogna aspettare.
Così messer Guido rimase un pezzo ad aspettare al buio; e la donna non veniva mai, e neppure gli spiriti. Egli sbuffava e imprecava a tutti i mariti che non dormono e a tutte le mogli che non sanno addormentarli, quando finalmente udì dei passi: i passi della servicina che con in mano una lucerna veniva a dire come messer Tonio non aveva sonno. Onde messer Guido, stucco e ristucco, fece per andarsene. Ma non andò.
La serva di madonna Lisa era piccoletta e rotondetta; era fresca e colorita, e a guardarla dava l'idea d'una pera già matura quando è lí che par che dica coglimi. A messer Guido, che era stucco, bisognava attendere dell'altro; e nessuna maggior noia che un'attesa prolungata per chi fra tanto non faccia qualche cosa.
Che cosa fece messer Guido?
Talora accade che un ragazzo nel passare presso un orto scorga una pera già matura la quale in vista da uno dei rami più carichi e più bassi par che dica coglimi; e il ragazzo s'arresta, guata, si delibera, salta la siepe ed allunga la mano: allunga la mano, ed ecco che il padrone gli esce addosso infuriando e tempestando.
Ed ecco aprirsi la porta e comparire madonna Lisa, la quale fermatasi di botto - Buon pro', messere - , disse.
La servicina aveva messo un grido e s'era coperto il viso con le mani. E la padrona aggiunse, piena d'ira:
- Ma dell'ingiuria vi pentirete tutt'e due! - E tornò indietro; e allora fuggì anche la servicina; di guisa che messer Guido rimase così, senz'aver còlto nulla.
Della serva non gli rincresceva molto; ma molto gli rincresceva di madonna Lisa, e del bene perduto prima che goduto. A ricuperarlo - giacché voleva ricuperarlo ad ogni costo e in quella notte stessa - , egli chiese consiglio alla sua matta testa, la quale gli ricordò che messer Tonio temeva degli spiriti: indi l'idea. Subito dal letto, che là era preparato, trasse via un lenzuolo, vi s'avvolse da capo a piedi, e salite le scale brancicando ed inciampando, piano piano si diresse ove di sotto un uscio appariva un po' di luce. L'uscio cedette all'impeto.
- Uh la fantasima! - urlò, balzando, messer Tonio, il quale vegliava in orazione. A che la Lisa si rivolse, e nello scorgere il Morlaffi in tale foggia, co 'l viso deforme e gli occhiacci spiritati, quasi scoppiava per non ridere. Pure disse seria:
- Io non vedo nulla - e richiuse le palpebre.
- È là! È là! - ripeteva messer Tonio, e si faceva di gran croci. Nella stanza, davanti all’immagine sacra, ardeva la lucerna, ma con lume cosí tenue e fosco che tra quel lume e il buio dell'altra camera il mostro bianco, immoto e diritto su la soglia, appariva immateriale e vano al pari d'una larva.
Messer Tonio guardava con terrore, ma preso dal fascino della visione sovrumana non poteva distorre gli occhi da quegli occhi mostruosi; e mentre si segnava con la destra, con la sinistra scoteva madonna Lisa perché partecipasse al suo terrore.
- Vuol parlare! Parla! - egli gemeva.
Lo spettro infatti allargava la bocca senza dir nulla, quasi attingesse ed aspettasse la voce di sottoterra; e con una voce che veniva da sottoterra finalmente ululò: - Ohimè, messer Tonio, ohimè! In purgatorio si sta male!
A messer Tonio pareva d'essere in purgatorio; e - Odi tu? - egli gemette.
- Io non odo nulla - rispose la donna - . Voi sognate. Lasciatemi dormire.
- Non sei in grazia di Dio tu, e non odi nulla! - mormorò il marito; e lo spettro ululando proseguì: - Non per voi, messer Tonio, vo attorno la notte; non per voi: cent'anni andrò attorno la notte se la vostra donna non perdonerà a chi l'offese.
- Perdona, perdona! - scongiurava messer Tonio. E la moglie: - Ma voi siete ammattito a leggere le storie dei Santi! Che cosa andate dicendo?
- Mala femmina! - gridò l'altro vinto, nell'angoscia, dalla rabbia; e la fantasima con voce di lamentosa divenuta terribile, e con le braccia tese, terribile, comandò: - Madonna Lisa, perdonate agli offensori vostri!
- Perdona, perdona! - ripeté disperato e piangente messer Tonio.
- A chi?
- Agli offensori tuoi!
- Bene - disse madonna Lisa - , io che faccio sempre quello che volete e quel che non volete, se volete, perdonerò. Siete contento? E pareva che ella interrogasse la fantasima invece che il marito. Ma la fantasima, dopo avere aperta e chiusa la bocca senza ringraziare, perché la sua voce era tornata sottoterra, scosse le braccia come due ali e lenta e lieve, lenta e lieve sparì nel buio.
Né ricomparve mai più: madonna Lisa aveva perdonato - anche alla servicina.
Adolfo Albertazzi
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m2024a · 2 months
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Giacomo Bozzoli catturato nella sua villa a Soiano del Garda: «Era nascosto nel cassettone del letto. In un borsello aveva 50mila euro». Lui si dichiara innocente Giacomo Bozzoli è stato catturato. I carabinieri lo hanno fermato nella sua villa a Soiano del Garda (Brescia). Era latitante da 10 giorni il 39enne condannato in via definitiva per l'omicidio dello zio Mario e la distruzione del suo cadavere nel forno della fonderia a Marcheno in provincia di Brescia l'8 ottobre 2015.  Giacomo Bozzoli era nascosto nella sua camera da letto della villa di Soiano del Garda quando i carabinieri lo hanno trovato e arrestato. I militari avevano visto dei movimenti sospetti e sono entrati nell'abitazione tra l'altro imbottita di cimici. Non si trova la Maserati Levante utilizzata presumibilmente per lasciare l'Italia e resta un mistero su come il 31enne, condannato all'ergastolo, sia rientrato in provincia di Brescia. Le parole del procuratore capo di Brescia «Abbiamo capito che era nella villa di Soiano e lo abbiamo trovato nascosto in un cassettone del letto matrimoniale. In un borsello aveva 50mila euro». Lo ha detto il procuratore di Brescia Francesco Prete nella conferenza stampa in cui sta raccontando i dettagli dell'arresto di Giacomo Bozzoli. «Sappiamo che si è recato con compagna e figlio in Spagna poi ha fatto rientro in Italia con mezzi di fortuna». Bozzoli, come è stato arrestato? Il ritorno a Soiano, le cimici in casa e il nascondiglio in camera. Il mistero della Maserati (che non si trova)   «Sono innocente» «Riteniamo che non avesse intenzione di costituirsi. Lo dimostra il ritrovamento nel cassettone del letto matrimoniale». È la ricostruzione del procuratore di Brescia Francesco Prete in merito all'arresto di Giacomo Bozzoli. «Sì è proclamato innocente. E ha detto che vorrà dimostrarlo» Giacomo Bozzoli è stato rintracciato nella propria villa di Soiano «Alle ore 17,45 di oggi - si legge nella nota della Procura della Repubblica di Brescia - i Carabinieri del Comando provinciale di Brescia hanno dato esecuzione all'ordine di carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica di Brescia a carico di Bozzoli Giacomo a seguito di sentenza di condanna definitiva all'ergastolo emesse dalle corti d'assise di Brescia di primo e secondo grado, per l'omicidio di Bozzoli Mario». La fuga di Giacomo Bozzoli durata 10 giorni Si ferma la fuga di Bozzoli, l'uomo condannato all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario Bozzoli, ucciso nel 2015 a Marcheno (Brescia). Scappato con la famiglia dopo la lettura della sentenza, era in fuga con la sua Maserati: si erano battute molte piste tra Balcani, Marocco e Spagna. Moglie e figlio sono tornati in Italia. Alla fine era rimasto in Italia. Si pensava fosse fuggito all'estero e invece non era andato così lontano. La svolta è clamorosa. Nell'ambito delle indagini, la procura di Brescia aveva aperto anche un'inchiesta contro ignoti per procurata inosservanza della pena in merito alla latitanza. L'obiettivo degli inquirenti era di trovare eventuali complici che possono aver aiutato Bozzoli a progettare e realizzare la fuga. Caccia agli eventuali complici della fuga Una fuga durata probabilmente troppo per non godere di qualche appoggio. E infatti proprio oggi si è saputo che la procura di Brescia ha aperto un'inchiesta contro ignoti «per procurata inosservanza della pena» in merito alla latitanza dell'uomo. L'obiettivo degli inquirenti è trovare eventuali complici che possono aver aiutato Bozzoli a progettare e realizzare la fuga. E a tornare a casa sua nel Bresciano. La Cassazione aveva confermato, il primo luglio scorso, la condanna all'ergastolo per Giacomo Bozzoli, ritenuto l'omicida dello zio Mario, l'imprenditore di Marcheno svanito nel nulla l'8 ottobre 2015. La Corte aveva in pratica confermato la doppia condanna che il 39enne aveva già incassato in primo grado e in appello a Brescia. Per i giudici l'uomo gettò lo zio, il cui corpo non è mai stato ritrovato, nel forno della fonderia di famiglia. Giacomo Bozzoli, che in questi nove anni è sempre rimasto in libertà, non aveva seguito l'udienza a Roma, dove invece era presente il padre Adelio. Si pensava fosse a casa ad attendere il verdetto, invece era già partito per tentare una fuga disperata. Finita oggi, nella sua villa sul lago.
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lamilanomagazine · 10 months
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Rovigo, il "Natale a teatro nelle frazioni", spettacoli Fenil Del Turco, Grignano e Mardimago
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Rovigo, il "Natale a teatro nelle frazioni", spettacoli Fenil Del Turco, Grignano e Mardimago Tre serate speciali per salutare a teatro l’arrivo del Natale e condividere qualche ora all’insegna della spensieratezza. Torna l’iniziativa “Natale a teatro nelle frazioni”, giunta alla sua quinta edizione. Domenica 10, sabato 16 e giovedì 21 dicembre, sempre alle 21, tre spettacoli a ingresso gratuito, per iniziativa dell’Amministrazione Comunale, con l’organizzazione di Fita Rovigo Aps (Federazione Italiana Teatro Amatori) e la collaborazione di associazioni e comitati delle frazioni. Ma ecco nel dettaglio il cartellone. Si parte domenica 10 nel teatro parrocchiale di Fenil del Turco con la compagnia I Sbregamandati di Polesine Camerini che porterà in scena la commedia “La Sbraghssona” di Mendes Bertoni: la storia di un’umile famiglia di campagna in cui l’obiettivo principale di Tea, moglie e madre con un carattere difficile, è di far sposare la sua unica figlia e sistemarla. Ma un imprevisto manda all’aria i piani della donna. Si continua sabato 16 nel teatro parrocchiale di Grignano con la compagnia Nove etti e mezzo di Villa d’Adige di Badia Polesine in “Parcheggio a pagamento” di Italo Conti, storia ambientata nella casa di riposo Villa Arzilla, struttura alquanto discutibile. Qui vive da quattro anni Beatrice, anziana abbandonata lì dai parenti serpenti contro i quali la donna, aiutata dalla compagna di stanza Nana, progetta un piano per vendicarsi. Si chiude giovedì 21 nell’atrio della scuola primaria di Mardimago con La bottega dei commedianti e lo spettacolo “Don Giacinto (Disavventure e tentazioni in parrocchia)” di Severino Zennaro: nella sacrestia di un piccolo paese di provincia un bravo parroco deve celebrare un matrimonio alquanto insolito perché al momento della confessione tutti i protagonisti gli creano situazioni imbarazzanti. Il prete dovrà anche respingere le avances di alcune donne. Al termine di ogni spettacolo un brindisi conviviale per scambiarsi gli auguri per le festività. “Questa rassegna da alcuni anni arricchisce l’offerta di intrattenimento ed è sempre molto seguita e partecipata – sottolinea l’assessore alla Cultura Benedetta Bagatin – perché il teatro è un ottimo strumento di partecipazione e condivisione in attesa dell’arrivo delle festività. Un sentito ringraziamento va anche alle associazioni del territorio, parrocchia di Fenil del Turco, circolo Noi San Benedetto di Grignano e Polisportiva di Mardimago che da supportano Fita negli eventi». «Portare il teatro nelle frazioni dà sempre molta soddisfazione per il calore e l’accoglienza del pubblico – afferma la presidente di Fita Rovigo Aps Roberta Benedetto – e quindi siamo molto grati all’Amministrazione comunale per averci dato di nuovo questa opportunità. Il programma 2023 sarà all’insegna del divertimento e della condivisione». Ingresso libero Informazioni su Facebook alla pagina di Fita Rovigo Aps, ai numeri 349 4297231 - 340 1045590 – [email protected]... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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reginadeinisseni · 11 months
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A 40 all'ombra (40 gradi all'ombra del lenzuolo) - Guido & Maurizio De A...
TONINO GUERRA ENRICO MONTESANO THOMAS MILIAN  (COME MILANO)
PRESUMO CHE I PARENTI SAPESSERO CHE IL CUGINO PEDOFILO EMILIO TENDEVA A GUARDARE DONNE CON IL SEDERONE, IO AVEVO 2 ANNI NEL TEMPO DEL FILM, LUI ERA GRANDE, MA IO A 6 ANNI IL SEDERE GROSSO CE L AVEVO
LA CAVALLONA EMILIA CHIAPPONI, AMATA DA TUTTI PER IL SUO SEDERE CHE ROVINA I SOGNI DI UN FAN TURBOLENTO
L ATTIMO FUGGENTE LA MOGLIE DI UN UOMO DA DEL '' CULATTONE ' AL MARITO PERCHE' PER UNA DISFUNZIONE NON RIESCE AD AVERE RAPPORTI COMPLETI, DOPO IL RIMPROVERO LUI SI SBLOCCA E COMPLETANO IL RAPPORTO IN MEZZO ALLA STRADA SENZA CHE NESSUNO LI POSSA FERMARE
LA GUARDIA DEL CORPO  . PER PROTEGGERE LA DONNA, IL TIZIO LA SEGUE PURE IN BAGNO DISTRUGGENDO LA SUA PRIVACY E SI INTROMETTE PURE CON L AMANTE DI LEI  (PS. IO ODIO LE GUARDIE DEL CORPO, LA PRIVACY E' IMPORTANTE, MEGLIO SOLI CHE CON DISONESTI CHE TI CONTROLLANO)
I SOLDI IN BOCCA    UN IMBROGLIONE OFFRE SOLDI AD UNA DONNA IN CAMBIO DI SESSO, LEI ACCETTA, MA SCOPRE CHE ERA UN IMBROGLIO TRAMATO DAL MARITO
UN POSTO TRANQUILLO   UN NAPOLETANO SALVA UNA DONNA DAL SUICIDIO PER FAR SESSO, MA IL CANE BELLO E POSSENTE LO FA SPAVENTARE E FUGGIRE
La cavallona Tomas Milian: cav. Marelli Edwige Fenech: Emilia Chiapponi Renzo Rinaldi: marito di Emilia Salvatore Baccaro: uomo baffuto Dorit Henke: vittima di Dracula L'attimo fuggente
Alberto Lionello: Filippo Giovanna Ralli: Esmeralda Nello Pazzafini: proprietario dell'autonoleggio Nestore Cavaricci: vigile che guida il carro attrezzi La guardia del corpo
Marty Feldman: Alex Dayle Haddon: Marina Mimmo Crao: François, artista di Palermo I soldi in bocca
Enrico Montesano: Salvatore Barbara Bouchet: Barbara, moglie di Ignazio Franco Diogene: comm. Ignazio Fiammetta Baralla: donna nel bagno dell'aeroporto Un posto tranquillo
Aldo Maccione: rag. Adriano Serpetti Angelo Pellegrino: prete esagitato Sydne Rome: Marcella Fosne
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alonewolfr · 1 year
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“Lezione n° 1
Un uomo va sotto la doccia subito dopo la moglie e nello stesso istante suonano al
campanello di casa. La donna avvolge un asciugamano attorno al corpo, scende le
scale e correndo va ad aprire la porta: è Giovanni, il vicino. Prima che lei possa dire
qualcosa lui le dice: “ti do 800 Euro subito in contanti se fai cadere l’asciugamano!”
Riflette e in un attimo l’asciugamano cade per terra…
Lui la guarda a fondo e le da la somma pattuita. Lei, un po’ sconvolta, ma felice per la piccola fortuna guadagnata in un attimo risale in bagno. Il marito, ancora sotto la doccia le chiede chi fosse alla porta. Lei risponde: “era Giovanni”. Il marito: “perfetto, ti ha restituito gli 800 euro che gli avevo prestato?”
Morale n° 1:
Se lavorate in team, condividete sempre le informazioni!
Lezione n° 2
Al volante della sua macchina, un attempato sacerdote sta riaccompagnando una giovane monaca al convento.
Il sacerdote non riesce a togliere lo sguardo dalle sue gambe accavallate.
All’improvviso poggia la mano sulla coscia sinistra della monaca. Lei lo guarda e gli
dice: “Padre, si ricorda il salmo 129?” Il prete ritira subito la mano e si perde in
mille scuse. Poco dopo, approfittando di un cambio di marcia, lascia che la sua mano sfiori la coscia della religiosa che imperterrita ripete: “Padre, si ricorda il salmo 129?” Mortificato, ritira la mano, balbettando una scusa. Arrivati al convento, la monaca scende senza dire una parola. Il prete, preso dal rimorso dell’insano gesto si precipita sulla Bibbia alla ricerca del salmo 129.
“Salmo 129: andate avanti, sempre più in alto, troverete la gloria…”
Morale n° 2:
Al lavoro, siate sempre ben informati!
Lezione n° 3
Un rappresentante, un impiegato e un direttore del personale escono
dall’ufficio a mezzogiorno e vanno verso un ristorantino quando sopra una panca trovano una vecchia lampada ad olio. La strofinano e appare il genio della lampada.
“Generalmente esaudisco tre desideri, ma poiché siete tre, ne avrete uno ciascuno”. L’impiegato spinge gli altri e grida: “tocca a me, a me….Voglio stare su una spiaggia incontaminata delle Bahamas, sempre in vacanza, senza nessun pensiero che potrebbe disturbare la mia quiete”. Detto questo svanisce. Il rappresentante grida: “a me, a me, tocca a me!!!! Voglio gustarmi un cocktail su una spiaggia di Tahiti con la donna dei miei sogni!” E svanisce. Tocca a te, dice il genio, guardando il Direttore del personale.
“Voglio che dopo pranzo quei due tornino al lavoro!”
Morale n° 3:
Lasciate sempre che sia il capo a parlare per primo!
Lezione n° 4
In classe la maestra si rivolge a Gianni e gli chiede: ‘Ci sono cinque uccelli appollaiati su un ramo. Se spari a uno degli uccelli, quanti ne rimangono?’
Gianni risponde: “Nessuno, perché con il rumore dello sparo voleranno via tutti”.
La maestra: “Beh, la risposta giusta era quattro, ma mi piace come ragioni”.
Allora Gianni dice “Posso farle io una domanda adesso?”
La maestra: Va bene.
“Ci sono tre donne sedute su una panchina che mangiano il gelato. Una lo lecca delicatamente ai lati, la seconda lo ingoia tutto fino al cono, mentre la terza dà piccoli morsi in cima al gelato. Quale delle tre è sposata?” L’insegnante arrossisce e risponde: “Suppongo la seconda… quella che ingoia il gelato fino al cono”.
Gianni: “Beh, la risposta corretta era quella che porta la fede, ma… mi piace come ragiona”!!!
Morale n° 4: Lasciate che prevalga sempre la ragione.
Lezione n° 5
Un giorno, un non vedente era seduto sul gradino di un marciapiede con un
cappello ai suoi piedi e un pezzo di cartone con su scritto: “Sono cieco, aiutatemi per favore”. Un pubblicitario che passava di lì si fermò e notò che vi erano solo alcuni centesimi nel cappello. Si chinò e versò della moneta, poi, senza chiedere il permesso al cieco, prese il cartone, lo girò e vi scrisse sopra un’altra frase.
Al pomeriggio, il pubblicitario ripassò dal cieco e notò che il suo cappello era pieno di monete e di banconote.
Il non vedente riconobbe il passo dell’uomo e gli domandò se era stato lui che aveva scritto sul suo pezzo di cartone e soprattutto che cosa vi avesse annotato.
Il pubblicitario rispose: “Nulla che non sia vero, ho solamente riscritto la tua frase in un altro modo”.
Sorrise e se ne andò.
Il non vedente non seppe mai che sul suo pezzo di cartone vi era scritto:
“Oggi è primavera e io non posso vederla”.
Morale n° 5: Cambia la tua strategia quando le cose non vanno molto bene e vedrai che poi andrà meglio.
Se un giorno ti verrà rimproverato che il tuo lavoro non è stato fatto con professionalità, rispondi che l’Arca di Noè è stata costruita da dilettanti e il Titanic da professionisti….
Per scoprire il valore di un anno, chiedilo ad uno studente che è stato bocciato all’esame finale.
Per scoprire il valore di un mese, chiedilo ad una madre che ha messo al mondo un bambino troppo presto.
Per scoprire il valore di una settimana, chiedilo all’editore di una rivista settimanale.
Per scoprire il valore di un’ora, chiedilo agli innamorati che stanno aspettando di vedersi.
Per scoprire il valore di un minuto, chiedilo a qualcuno che ha appena perso il treno, il bus o l’aereo.
Per scoprire il valore di un secondo, chiedilo a qualcuno che è sopravvissuto a un incidente.
Per scoprire il valore di un millisecondo, chiedilo ad un atleta che alle Olimpiadi ha vinto la medaglia d’argento.
Il tempo non aspetta nessuno. Raccogli ogni momento che ti rimane, perché ha un
grande valore. Condividilo con una persona speciale e diventerà ancora più importante.
L’origine di questi racconti è sconosciuta, ma pare portino buonumore e fortuna a chi li manda e a chi li dice, quindi non tenerli per te.”
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beppebort · 1 year
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La gente testimoniava per Gesù e si meravigliavano di lui fino a rifiutarlo. Testimoniavano quanto lui diceva. Non potevano non riconoscere in quello che lui diceva e faceva, la sapienza dell’amore. Non potevano non testimoniare le grandi cose che lui ammaestrava. Si meravigliavano anche del fatto che queste cose erano dette dal figlio di Giuseppe. Una meraviglia che si è tramutata poi in rifiuto.
È il rifiuto che prende ognuno di noi, quando passiamo dalla meraviglia per il grande uomo che dice cose sagge e belle, che fa cose grandi, all’uomo Dio che si incarna per noi. L’incarnazione non è uno scherzo: è qualche cosa che a noi dà fastidio, che noi non accettiamo. Per questo passiamo dalla testimonianza e dalla meraviglia, al rifiuto.
L’incarnazione è segno di un Dio che non ha voluto solo salvare l’uomo, ma si è fatto come l’uomo per salvarlo. Non ha voluto servire benevolmente l’uomo, ma si è fatto come lui. Servire significa fare un bel servizio quando l’altro ne ha bisogno e poi chi si è visto s’è visto. Dio non ha voluto questo. Non ha voluto occuparsi per un momento di noi, ma ha voluto darsi a noi.
Non c’è amore più grande di questo, dare la vita per i propri fratelli, e questo è quello che ha fatto Dio: ha donato la sua vita per noi incarnandosi, camminando sulle nostre strade, morendo con noi, per noi, come noi. E questo a noi non va bene e ci fa passare dalla meraviglia al rifiuto.
Noi ci stiamo a donarci al fratello per un tempo ben limitato. I tempi lunghi ci fanno paura, il per sempre ci terrorizza. Vediamo e riconosciamo la bellezza di un servizio, ma lo assumiamo solo se è limitato nel tempo, se dura un anno in più già lo rifiutiamo.
Siamo figli del tempo delle sveltine. E le sveltine sono un uso che consuma l’amore e non gli permette di crescere e di andare in profondità.
I tempi lunghi che a noi tanto terrorizzano, sono gli unici che possono dare un significato vero e profondo alla nostra esistenza. Sono gli unici perché sono i soli a permetterci una vera incarnazione facendoci uguali all’altro. Sono gli unici che ci permettono di vivere l’accoglienza e l’ospitalità come contemplazione, come uno dare spazio all’altro dentro di me.
Per questo: i matrimoni debbono durare poco; il prete non può essere per sempre; un impegno caritativo deve essere ridotto nel tempo e nello spazio; io non posso perdermi per aiutare l’altro; il tempo per Dio deve essere ben limitato e corto.
È la negazione della nostra esistenza. Non possiamo continuare a dire che facciamo un servizio fino a che ce la facciamo: è un suicidio. Infatti cosa capita? Capita che alla prima difficoltà noi ci defiliamo anziché combattere per affrontare la difficoltà.
Cristo ha voluto salvarci incarnandosi, camminando sulle nostre strade, morendo per noi. Perché non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
Un servizio che si muove solo per salvare l’altro, per tirare fuori l’altro dalla sua situazione è un’opera meritoria, ma è professionale. Un servizio dove io mi dono totalmente e sto con l’altro nella sua situazione e cammino con lui, questa è un’opera cristiana, questo è essere come Cristo. Questo è quello che normalmente ci fa passare dalla meraviglia allo scandalo, dal riconoscere e testimoniare per Gesù al volerlo buttare dalla rupe.
Non abbiamo paura, e diamo tutti noi stessi per i nostri amici. Siano essi mariti o mogli, figli o genitori, poveri e barboni, preti e non credenti, occidentali o africani. Diamo tutto noi stessi in un servizio dove è la nostra esistenza ad essere messa in gioco, non un’unghia del nostro piede. Non temiamo: questo impegno è la salvezza della nostra vita che Cristo incarnato è venuto a testimoniarci.
Scuola Apostolica
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ehzdesign · 1 year
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parmenida · 1 year
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Prima che si coricasse, i dottori le avevano detto che la fine era prossima, chiedendole se voleva ricevere i Sacramenti.
Lei però, elegante come sempre a dispetto persino della malattia che la stava divorando, per tutta risposta aveva esclamato : “Vi dirò io quando sono pronta! Ho ancora qualche ora da vivere”.
Così, soltanto la mattina seguente accettò di ricevere il prete che le portava il Viatico, ma anziché ascoltarne la predica, fu lei che ne fece una a lui, abituata com’era a parlare senza ascoltare le risposte degli altri, ma anche senza attendersi che gli altri stessero a sentire lei.
Chiamò poi il notaio per dettargli il testamento e tale operazione richiese parecchio tempo, perché i parenti erano numerosi. Ce ne fu per tutti, fuorché per il marito Camillo, col quale i rapporti s’erano guastati da tempo e che solo per uno scrupolo di coscienza era accorso al suo capezzale.
Dopo essersi congedata dai domestici e aver impartito le istruzioni per la sua imbalsamazione, chiese infine uno specchio per verificare il proprio aspetto, timorosa di non essere in ordine per l’appuntamento supremo, e solo quando ebbe sistemato tutto, all’una pomeridiana del 9 giugno 1825, chiuse finalmente gli occhi per sempre, all’età di soli 45 anni.
Questa fu la fine della principessa Paolina Borghese Bonaparte, detta “la Venere dell’Impero”, che con le sue arti ammaliatrici aveva fatto impazzire la Parigi napoleonica, per poi diventare la regina della Roma papalina d’inizio Ottocento.
Sbarcata tredicenne a Tolone dalla nativa Corsica nel 1793 al seguito della madre Maria Letizia Ramolino, si trasformò presto in preziosa merce di scambio nella mani del sempre più potente fratello Napoleone, diventato in rapida serie generale dell’Armata Repubblicana, primo console della Repubblica Francese ed infine imperatore dei Francesi.
Giovanissima, fu da lui concessa in sposa all’amico generale Léclerc, comandante in capo dell’Armata d’Italia, del quale Paolina si innamorò, ma non abbastanza da riservagli l’uso esclusivo di quelli che lei pudicamente definiva “i vantaggi concessimi dalla natura”, ossia il più bel corpo muliebre della Parigi di quei tempi, famoso per la sua carnagione bianchissima curata con frequenti bagni nel latte d’asina.
Paolina iniziò a coltivare numerose relazioni extraconiugali, che sarebbero poi state una costante della sua vita. Attori, pittori, musicisti, generali ed ussari avrebbero via via frequentato la sua alcova, equamente suddivisi fra francesi, italiani e stranieri di passaggio.
Lo scandalo non tardò a scoppiare, per lo scorno del povero Léclerc al quale ad un certo punto Napoleone impose di partire per l’isola di Santo Domingo, con la moglie e il figlioletto Dermide al seguito, per sedarvi la ribellione indigena capeggiata dall’ex schiavo Toussaint Louverture, ma al fine recondito di coprire lo scandalo e far chetare le acque.
Nell’isola caraibica le preponderanti forze militari francesi non tardarono ad avere la meglio sui rivoltosi, a costo d’ingenti perdite di vite umane fra cui quella dello stesso Léclerc, morto sul finire del 1802 per un attacco di febbre gialla. La sua non inconsolabile vedova già sulla via del ritorno in patria trovò conforto fra le braccia del generale Humbert, mentre la salma del marito viaggiava sottocoperta rinchiusa in una bara di legno chiaro.
Rientrata a Parigi, Paolina riprese la vita spensierata di sempre, incontrando sul suo cammino Camillo Borghese, giovane principe appartenente ad una delle più nobili e facoltose Casate romane. Bello, elegante, ricchissimo e fascinoso nei suoi tratti mediterranei, il principe aveva tutte le doti per piacere alle signore della Parigi bene, a patto però che non aprisse bocca. Era allora infatti che la sua scarsa istruzione, unita ad un’intelligenza men che mediocre, si manifestava facendolo apparire alla stregua di un grullo, facile preda dei tanti più furbi di lui.
Allettato dalla prospettiva di vedere la sua famiglia imparentata con quella di un aristocratico di così alto lignaggio, Napoleone acconsentì di buon grado alle nozze della sorella col Borghese, raccomandandole di seguirlo a Roma e di rispettarlo “come marito e come uomo”. Parole al vento perché, appena giunta nell’Urbe, Paolina iniziò ad annoiarsi cercando sollievo ancora una volta negli amanti.
La prematura morte per un attacco malarico del figlioletto Dermide, di cui Paolina incolpò il coniuge perché l’aveva convinta a mandare il bambino a trascorrere l’estate nella calura di Frascati, a casa dello zio Luciano Bonaparte, guastò irreparabilmente i loro rapporti di coppia.
A nulla valse nemmeno lo splendido regalo fattole da Camillo, che nel 1804 incaricò il celeberrimo scultore Antonio Canova d’immortalare la moglie, seminuda in posa da “Venere vincitrice”, in una meravigliosa statua di marmo bianchissimo che all’epoca destò grande scandalo per il suo realismo.
Dal 1810 la separazione fra i due fu anche fisica, con Paolina impegnata ad seguire il fratello Napoleone in tutta Europa e persino in esilio all’Elba, e Camillo a rifarsi una vita accanto alla duchessa Lante della Rovere, nel suo palazzo di Firenze.
Una parvenza di riconciliazione fra i due ci fu solo “in articulo mortis”, appena in tempo per assicurare a Paolina una degna sepoltura nella Cappella Borghese, all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma.
Nella cripta di famiglia la “Venere dell’Impero”, che in vita sua dai preti aveva sempre cercato di tenersi lontana tanto quanto lo aveva fatto col marito, riposa paradossalmente accanto ai prelati di famiglia, fra cui Papa Paolo V e il Card. Scipione Borghese, oltreché al coniuge che là sotto la raggiunse sette anni dopo, nel simulacro di un ricongiungimento fuori tempo massimo.
Accompagna questo scritto "Paolina Bonaparte come Venere vincintrice", di Antonio Canova, 1804-1808. Galleria Borghese, Roma.
(Testo di Anselmo Pagani)
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