Tumgik
#lotta alla mafia
nochkoroleva · 2 years
Text
Ogni anno, il 23 Maggio, noi tutti ricordiamo la morte di Giovanni Falcone. Quest'anno, per i trentanni di anniversario, vorrei ricordare maggiormente un'altra figura che è stata protagonista, insieme alla scorta, di quel drammatico momento.
Ricordiamo Francesca Morvillo, la prima e unica magistrata a essere assassinata dalla mafia. A Capaci è stata uccisa una magistrata prima che una moglie, la prima e unica nell’Italia delle stragi. E' stata una delle prime italiane a vincere il concorso in magistratura nel 1968, ha avuto una carriera brillante molto prima di conoscere Giovanni Falcone. Vinto il concorso in magistratura, diventa giudice presso il Tribunale di Agrigento, poi Sostituta procuratrice presso il Tribunale per i minorenni di Palermo, poi consigliera di Corte d’appello. Conosce Falcone a casa di amici nel 1979, entrambi sposati, si innamorano e lasciano i loro compagni. Francesca sa molto bene cosa fa. Sa che non sarà facile, che lui non è un uomo come tanti. E Giovanni, dal canto suo, sa che solo una collega che si batte con passione per la giustizia come Francesca può sopportare tutto quello che gli anni insieme riserveranno a entrambi. Quando il 23 maggio del 1992, alle 17.58, una carica di cinque quintali di tritolo fece saltare in aria un pezzo dell’autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci, vicino a Palermo, uccidendo il giudice Giovanni Falcone insieme alla sua scorta, e alla moglie Francesca, la morte di lei non fu per caso. Non fu un inciampo. Lei era lì perché lo aveva scelto. Francesca Morvillo è stata luce, è stata la degna compagna di un uomo non certo comune. Forse è stata più coraggiosa, più caparbia perché sapeva che non sarebbe stata ricordata quanto lui, ma lo ha fatto per amore, amore di lui e amore di giustizia.
Ricordiamo Francesca Morvillo, quindi, la prima e unica magistrata a essere assassinata dalla mafia.
Tumblr media
87 notes · View notes
gregor-samsung · 4 months
Text
“ Due cosche di mafia sono in faida da lungo tempo. Una media di due morti al mese. E ogni volta, tutto il paese sa da quale parte è venuta la lupara e a chi toccherà la lupara di risposta. E lo sanno anche i carabinieri. Quasi un giuoco, e con le regole di un giuoco. I giovani mafiosi che vogliono salire, i vecchi che difendono le loro posizioni. Un gregario cade da una parte, un gregario cade dall'altra. I capi stanno sicuri: aspettano di venire a patti. Se mai, uno dei due, il capo dei vecchi o il capo dei giovani, cadrà dopo il patto, dopo la pacificazione: nel succhio dell'amicizia. Ma ecco che ad un punto la faida si accelera, sale per i rami della gerarchia. Di solito, l'accelerazione ed ascesa della faida manifesta, da parte di chi la promuove, una volontà di pace: ed è il momento in cui, dai paesi vicini, si muovono i patriarchi a intervistare le due parti, a riunirle, a convincere i giovani che non possono aver tutto e i vecchi che tutto non possono tenere. L'armistizio, il trattato. E poi, ad unificazione avvenuta, e col tacito e totale assenso degli unificati, l'eliminazione di uno dei due capi: emigrazione o giubilazione o morte. Ma stavolta non è così.
I patriarchi arrivano, i delegati delle due cosche si incontrano: ma intanto, contro ogni consuetudine e aspettativa, il ritmo delle esecuzioni continua, più concitato, anzi, e implacabile. Le due parti si accusano, di fronte ai patriarchi, reciprocamente di slealtà. Il paese non capisce più niente, di quel che sta succedendo. E anche i carabinieri. Per fortuna i patriarchi sono di mente fredda, di sereno giudizio. Riuniscono ancora una volta le due delegazioni, fanno un elenco delle vittime degli ultimi sei mesi e «questo l'abbiamo ammazzato noi», «questo noi», «questo noi no» e «noi nemmeno, arrivano alla sconcertante conclusione che i due terzi sono stati fatti fuori da mano estranea all'una e all'altra cosca. C’è dunque una terza cosca segreta, invisibile, dedita allo sterminio di entrambe le cosche quasi ufficialmente esistenti? O c’è un vendicatore isolato, un lupo solitario, un pazzo che si dedica allo sport di ammazzare mafiosi dell'una e dell’altra parte? Lo smarrimento è grande. Anche tra i carabinieri i quali, pur raccogliendo i caduti con una certa soddisfazione (inchiodati lupara quei delinquenti che mai avrebbero potuto inchiodare con prove), a quel punto, con tutto il da fare coi disertori, aspettavano e desideravano che la faida cittadina si spegnesse.
I patriarchi, impostato il problema nei giusti termini, ne fecero consegna alle due cosche perché se la sbrigassero a risolverlo: e se la svignarono, poiché ormai nessuna delle due parti, né tutte e due assieme, erano in grado di garantire la loro immunità. I mafiosi del paese si diedero indagare; ma la paura, il sentirsi oggetto di una imperscrutabile vendetta o di un micidiale capriccio, il trovarsi improvvisamente nella condizione in cui le persone oneste si erano sempre trovate di fronte a loro, li confondeva e intorpidiva. Non trovarono di meglio che sollecitare i loro uomini politici a sollecitare i carabinieri a un’indagine seria, rigorosa, efficiente pur nutrendo il dubbio che appunto i carabinieri, non riuscendo ad estirparli con la legge, si fossero dati a quella caccia più tenebrosa e sicura. Se il governo, ad evitare la sovrappopolazione, ogni tanto faceva spargere il colera, perché non pensare che i carabinieri si dedicassero ad una segreta eliminazione dei mafiosi? Il tiro a bersaglio dell'ignoto, o degli ignoti, continuava. Cade anche il capo della vecchia cosca. Nel paese è un senso di liberazione e insieme di sgomento. I carabinieri non sanno dove battere la testa. I mafiosi sono atterriti. Ma subito dopo il solenne funerale del capo, cui fingendo compianto il paese intero aveva partecipato, i mafiosi perdono quell'aria di smarrimento, di paura. Si capisce che ormai sanno da chi vengono i colpi e che i giorni di costui sono contati. Un capo è un capo anche nella morte: non si sa come, il vecchio morendo era riuscito a trasmettere un segno, un indizio, e i suoi amici sono arrivati a scoprire l'identità dell'assassino. Si tratta di una persona insospettabile: un professionista serio, stimato; di carattere un po' cupo, di vita solitaria; ma nessuno nel paese, al di fuori dei mafiosi che ormai sapevano, l'avrebbe mai creduto capace di quella caccia lunga, spietata e precisa che fino a quel momento aveva consegnato alle necroscopie tante di quelle persone che i carabinieri non riuscivano a tenere in arresto per più di qualche ora. E i mafiosi si erano anche ricordati della ragione per cui, dopo tanti anni, l'odio di quell'uomo contro di loro era esploso freddamente, con lucido calcolo e sicura esecuzione. C'entrava, manco a dirlo, la donna. “
---------
Leonardo Sciascia, Western di cose nostre, racconto contenuto in:
Id., Il mare colore del vino, Einaudi (collana Nuovi Coralli, n° 82), 1980⁵; pp. 132-35.
 NOTA: La terza raccolta di scritti brevi dell'autore siciliano comparve dapprima nel 1966 col titolo Racconti siciliani, pubblicata in appena 150 copie impreziosite da una acquaforte di Emilio Greco, edite dall’ Istituto statale d'arte per la decorazione e la illustrazione del libro di Urbino. Nel 1973 Einaudi ripropose l’opera ampliata e commentata da una nota dello stesso Sciascia che la considerò quasi un sommario della propria attività letteraria.
1 note · View note
nicolacostanzo · 1 year
Text
0 notes
sauolasa · 1 year
Text
Pietro Grasso: "L'arresto di Messina Denaro non è la fine della lotta alla mafia"
L'ex procuratore nazionale antimafia avverte che nonostante l'arresto del boss la mafia si riorganizzerà
0 notes
vintagebiker43 · 2 months
Text
KoSSiga aveva un metodo per screditare chi manifestava contro la DC: infiltrare le manifestazioni con gruppi di violenti facinorosi al servizio proprio del partito di governo.
A Bari la destra collusa coi mafiosi ha seguito il suo esempio, mandando una finta "pentita" nel campo della maggioranza guidata da uno dei sindaci più amati d'Italia e sotto scorta per lotta alla mafia. L'ineffabile Piantedosi, insieme alla coatta che sta a palazzo Chigi ha confermato di essere incapace di gestire l'ordine pubblico ma molto capace nel seminare trabocchetti basta*di.
Oltre a provare un gusto sadico nell'imporre crudeli sofferenze a chi già ne ha patite tante costringendo le navi che salvano vita a percorrere centinaia di miglia marine per raggiungere un porto sicuro.
8 notes · View notes
ninocom5786 · 4 months
Text
Complimenti al governo di destra (sempre più affiliato alla mafia oltre che portare avanti le idee nazifasciste) che ha tagliato nettamente fondi a sanità e istruzione pubblica, al contrasto alla violenza sulle donne e persino a quello a bulimia e anoressia, ma sempre pronti a difendere criminali nei vertici dello Stato e di aziende e banche. Questo governo liberal nazifascista merita di essere rovesciato. Più che lotta pacifica e parlamentare, serve - come dice Mao Tse-tung - il FUCILE.
8 notes · View notes
crazy-so-na-sega · 2 months
Text
Il distacco cognitivo rispetto alla realtà si fa sempre più massiccio; lo schema Buoni-Cattivi resta dominante e non lascia scampo ai neuroni in nessun campo. Se le oligarchie sono ai ferri corti nel ridisegnare la mappa delle spartizioni mondiali, la sceneggiata dei “blocchi” tiene banco indisturbata, ma è assurda, tanto i presunti blocchi sono intrecciati tra di loro. Tutti dipendono in misura diversa dagli altri e non esistono in nessun campo delle spartizioni nette e dei fronti contrapposti. Le sceneggiate per le plebi servono, appunto, alle plebi. Questo vale per l’Ucraìna, per i BRICS e per Gaza. Tanto per fare qualche esempio alla rinfusa. Per quelli del Blocco B (stracciomondismo anti occidentale) Israele deve essere attaccata a parole e i palestinesi difesi a parole. Per quelli del Blocco A (occidentalismo anti povero) Israele dev’essere giustificata e al massimo censurata, ma la Palestina dev’essere garantita solo con qualche formuletta dialettica.
Poi andiamo a verifica. Nel Blocco B troviamo tanto la Russia quanto alcuni paesi degli Accordi di Abramo, ovvero i maggiori esportatori in Israele, nonché suoi alleati strategici. Israele del resto si è sempre rifiutata di armare l’Ucraìna e ha anche inviato dei volontari tra le truppe russe. L’Unione Europea ha invece aumentato gli aiuti a Gaza. Siamo noi italiani a portarli, e adesso è partita una macrospedizione coordinata tra Francia e Giordania che, sicuramente vanta il più occidentalista dei governi mediorientali. Il segretario di Stato americano, Blinken, che è israelita, ha iniziato un tour per coordinare gli aiuti a Gaza. Il che non significa che lo schema vada rovesciato. Non è che l’immaginario Blocco A sia più vicino ai palestinesi (o meglio meno lontano da loro) di quanto lo sia l’inesistente Blocco B. È tutta una pagliacciata in cui s’intrecciano interessi al contempo comuni e divergenti tra le varie oligarchie. Le quali su una cosa concordano: i loro fatti non collimano mai con le loro dichiarazioni.
Anche l’alleanza contro i pirati yemeniti houti nel Mar Rosso è composita e, per la prima volta da tanto tempo, annovera insieme gli alleati della guerra mondiale: Italia, Germania e Giappone. Era già accaduto una quarantina di anni fa con l’opposizione al blocco all’Iran voluto dagli americani. È un groviglio difficile da districare e mi rendo conto che sia complicato prendere posizioni che non siano viscerali e non partano da un qualcosa di positivo ma dalla presunzione di scegliere, tra le varie schifezze, il “male assoluto” contro cui illudersi di ergersi, tifando per un altro bandito. Un po’ come se nella guerra tra palermitani e corleonesi ci si fosse schierati pretendendo che il clan considerato meno peggio stesse facendo la lotta alla Mafia.
Hamas, come l’Isis e tutta la galassia dei terroristi islamisti, non è compatta ed ha vari clan e capi che si combattono tra loro. Tra qualche tempo scopriremo quale componente si era accordata con Tel Aviv per scatenare, con il massacro del 7 ottobre, la macelleria di massa su Gaza (Hamasrael…). Lo scopriremo perché sarà quella che assumerà il comando della Palestina ridimensionata, così come ci renderemo conto di quanto avranno inciso in tutta questa tragedia concordata a tavolino i giacimenti di gas sottomarino e l’ipotetica apertura del Canale Ben Gurion (cui i blocchi alterni di Suez e del Mar Rosso sono provvidenziali). Si vedrà come si svilupperanno gli Accordi di Abramo e se riuscirà la mossa di impedire il ravvicinamento tra Arabia Saudita e Iran.
In qualche modo proprio l’Iran è nell’occhio del ciclone. Ma non è un motivo sufficiente per simpatizzare per un regime imperialista che pretende di parlare nel nome di un dio. L’attentato sulla tomba di Suleimani non deve farci dimenticare di che personaggio stiamo parlando. Coordinava i suoi nell’Iraq invaso, smembrato, occupato e retto da un governo fantoccio messo insieme da Teheran e dagli americani. Per quasi mezzo secolo l’Iran ha svolto una politica che ha favorito gli interessi americani nell’area e ha combattuto tutti i governi socialnazionali e filoeuropei. Provò ad invadere l’Iraq nel 1980 per impedire la realizzazione del nucleare iracheno con tecnologia francese e aiuto italiano. La stessa Siria partecipò fin dal 1977, con un attentato a Baghdad, all’offensiva israelo-americana contro l’Iraq e l’Europa. E se gli ayatollah stanno a Teheran lo debbono proprio alla necessità israelo-americana di allora, di cui (Irangate docet) furono consapevoli esecutori.
Comprendo che assistere a una serie di macellerie perpetrate per conto di oligarchie criminali non sia piacevole e si vorrebbe che qualcosa cambi. Ma se ciò accadrà, prescinderà dai gangsters. Non ce n’è uno che sia meglio degli altri, così come non ce n’è nessuno che una volta o l’altra non svolga una funzione positiva da qualche parte. Perfino la Russia e l’Iran sono riusciti a farlo in Siria, il che è davvero tutto dire visto che per il resto sono anche peggio degli americani! Quel che è certo è che non si può stare con nessuno dei banditi. Ed è ormai così evidente, almeno per l’inconscio, che neppure l’individuazione del Nemico da cui identificarsi per contrapposizione sta facendo l’unanimità in nessuno dei conflitti, e questo non per effetto di propaganda ma per rifiuto istintivo di accodarsi a una qualche bestia idrofoba e bugiarda. Dobbiamo crescere noi. Crescere spiritualmente, esistenzialmente, concettualmente: dobbiamo farlo in Europa e per la Civiltà. Solo questo conta, solo questo è. La lotta tra gli imitatori goffi dei titani – comunque nemici dell’Olimpo – non può essere la nostra.
-Gabriele Adinolfi
-----
click.
6 notes · View notes
blacklotus-bloog · 10 months
Text
Tumblr media
“La lotta alla mafia dev'essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”.
Tumblr media
.
.
.
PAOLO BORSELLINO 19 luglio 1992
14 notes · View notes
nusta · 1 year
Text
Questa sera sono andata di nuovo a fare un'esplorazione in libreria per cercare regali. Mi segno il link all'altro post che avevo fatto tempo fa per averlo comodo per le prossime occasioni. Questa volta stavo cercando qualcosa per un ragazzo di seconda media, un target relativamente inedito per me, anche perché mi ricordo cosa leggevo io, ma non ho abbastanza confidenza con lui da sapere se è roba che potrebbe apprezzare (e non so nemmeno se ci siano ancora in circolazione i miei titoli preferiti... ecco, ora che ci penso devo controllare se le raccolte di racconti della super junior mondadori siano ancora pubblicate e in che veste grafica, c'era serie di "storie di giovani ..." che mi piaceva un sacco e tipo quella degli alieni era a cura di Asimov e un paio di storie mi fanno ancora emozionare se ci penso *_*)
Intanto stasera volevo sfogliare un libro di cui avevo sentito parlare per mio papà e con l'occasione ho fatto una prima raccolta di titoli interessanti, poi vedremo.
Ho trovato questo "Noi inarrestabili" di Yuval Noah Harari che è una strana versione della storia dell'umanità e delle sue interazioni col mondo, con un filo conduttore del tipo qual è il nostro superpotere, ha anche delle belle illustrazioni ed è fitto di testo ma mi pare molto scorrevole e vorrei leggerne qualche altra pagina per capire meglio il taglio. Quello di Michela Murgia l'avevo già visto e mi era piaciuto, mi sa che lo volevo regalare anche a una mia amica e non ricordo se poi l'ho fatto per davvero, ma prima o poi lo prenderò sicuramente. Di libri come Lost in translation invece ne ho già regalati e ne ho pure io e mi piacciono un sacco, e sarebbe forse anche particolarmente adatto, considerato che il destinatario ha già vissuto in tre paesi con tre lingue diverse.
Tumblr media
Questi sulla lotta alla mafia e sulla vita di Gino Strada me li segno qui, ma sono troppo impegnativi per questa occasione, così come altri sulla Resistenza, i migranti e la storia delle battaglie sociali e del femminismo che per fortuna ormai riempiono scaffali interi. Mi piacerebbe un giorno essere nella condizione di regalarli, ma ancora non ci sono le premesse.
Tumblr media
Questi due romanzi me li sono salvati a promemoria degli autori: La figlia della luna di Margaret Mahy l'ho letto un sacco di volte (è uno degli ex Gaia Mondadori, una delle mie collane preferite da ragazzina) e vorrei vedere se ci sono altre opere della stessa autrice, invece quello di Gaiman non l'avevo mai sentito e vorrei provare a trovarlo in inglese, magari per l'anno prossimo.
Tumblr media
Per il mio giovane destinatario ho pensato anche alla serie di pseudo-diari di Keri Smith, che mi guardano sempre dallo scaffale e che non ho ancora avuto l'occasione di regalare a nessuno >_< anche se ogni Natale mi cade l'occhio perché sono bellissimi secondo me. Forse il più interessante per cominciare è anche il più comodo da portare, la versione pocket del diario da distruggere, però anche quello degli sbagli mi piace molto - così come quello del museo - insomma, ho letteralmente l'imbarazzo della scelta u_u
Tumblr media
Per le mie nipotine invece per una delle prossime volte mi sono segnata questi, che sono dei fumetti, dato che un vero e proprio fumetto loro l'hanno sperimentato poche volte e sarebbe anche ora di cominciare seriamente, dico io *_*
Tumblr media
A proposito di fumetti, personalmente ho lasciato un pezzo di cuore davanti ai ricettari di ramen e dumpling a fumetti, sono bellissimi *_* il ricettario ispirato a LOTR potrebbe essere interessante pure lui, ma non ho avuto tempo di sfogliarlo (e purtroppo credo non ci sia nessun fumetto >_<)
Tumblr media
E per finire, la Storia dell'editoria è il libro che ho preso per mio papà, ne avevo sentito parlare in un podcast e mi pare molto scorrevole e perfetto per lui. "Educare controvento" di Lorenzoni lo vorrei leggere io, così come quello di Munroe, che è una specie di esercizio mentale di quelli che mi tengono sveglia la notte ma nel senso buono, tipo le lunghe discussioni di approfondimento qui sul tumblr su roba assurda. Gli ultimi due li ho salvati proprio pensando chi qui sul tumblr è appassionato di flora e fauna come me (anzi anche di più, direi, a giudicare da alcuni post): il librone sui vermi è tutt'altro che breve, è un bel malloppo rosa fitto di informazioni, mentre il Bestiario selvatico stava nel reparto delle robe dei musicisti e della musica per via dell'autore, Massimo Zamboni, e ha delle belle illustrazioni realizzate da Stefano Schiaparelli raccolte tutte insieme alla fine.
Tumblr media Tumblr media
E insomma, più ne vedo e più ne vorrei e la scelta è davvero difficile! Mi sa che dovrò fare almeno un altro giro u_u
(Ma a chi la racconto, starò come minimo qualche altra dozzina di ore a girare tra gli scaffali XD)
10 notes · View notes
rosaleona · 10 months
Text
Via D’Amelio, Meloni: “La lotta alla mafia è parte di noi. Sarò a Palermo, ma non parteciperò alla fiaccolata per impegni istituzionali”
Via D’Amelio, Meloni: “La lotta alla mafia è parte di noi. Sarò a Palermo, ma non parteciperò alla fiaccolata per impegni istituzionali” https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/07/19/strage-via-d-amelio-meloni-borsellino-lotta-alla-mafia-perche-non-partecipo-fiaccolata/7234041/
3 notes · View notes
abr · 2 years
Text
Vere assurdità vere.
Secondo i fautori dello Stato Minimo, la caratteristica dello Stato è di imporre il controllo violento coercitivo sul suo territorio, fondandosi su una estorsione detta tassazione; in cambio offrendo agli abitanti PROTEZIONE: "pace", "lavori", "autorizzazioni", "welfare".
HAI DESCRITTO MAFIA CAMORRA 'NDRANGHETA, SCO etc.etc., ma anche Yakuza, Cartelli sudamericani, voodo nigeriani etc. Il modello è il medesimo. In tal senso, la lotta alle mafie è uno sforzo per affermare un monopolio delle estorsioni.
La differenza è che le mafie sono sottoposte alla pressione competitiva di altre mafie o spinoff interni, quindi o funzionano o vengono velocemente rimpiazzate (es, calabresi vs. immigrati al Nord); invece l'essenza profonda degli Stati - LA BUROCRAZIA - è l'inefficienza del monopolista: continuano ad estorcere anche senza offrire in cambio alcuna protezione efficace. Al più fanno Cupola tra loro, per colpire assieme il Mandamento "fuori controllo" (la Russia).
28 notes · View notes
ma-come-mai · 10 months
Text
In questi giorni Giorgia e la sua "ECOANSIA" stanno attirando le attenzioni di tutti. Tutti a cercar vita morte e miracoli dell'attivista che ha tenuto banco al Giffoni film festival. Attrice,scrittrice,doppiatrice eccetera eccetera insomma una che sa fare spettacolo e lo ha fatto. Ma sul ministro Pichetto Fratin non una parola. Non una parola su un ministro che delegittima decenni di realtà processuali legate alla lotta alle ecomafie. Le mafie che mandano a fuoco il sud Italia e la Sicilia in particolare ogni anno, per interessi legati al fotovoltaico, all'eolico, ai Canadair. Un ministro che nella migliore delle ipotesi avalla e mistifica la realtà, nella peggiore inscena un teatrino che veicola il messaggio che la Sicilia brucia non per dolo, non per mafia, ma per caldo. Un ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica che nel suo ruolo istituzionale cavalca una narrazione fuorviante omettendo (omertosamente) realtà inquietanti del nostro paese. Quello no, non ne parla nessuno, nessuno lo dice. Nessuno che faccia pelo e contropelo a un rappresentante delle istituzioni. Sia mai...la politica come sempre ringrazia.
Pubble
2 notes · View notes
lamilanomagazine · 10 months
Text
Milano, 30 anni fa la strage di via Palestro. I parenti delle vittime: «Chi dietro la mafia?»
Tumblr media
Milano, 30 anni fa la strage di via Palestro. I parenti delle vittime: «Chi dietro la mafia?». Milano oggi ha ricordato le cinque vittime della strage di via Palestro, nell’anniversario dei 30 anni dall'attentato mafioso in cui una bomba è scoppiata davanti al Padiglione di Arte Contemporanea nel centro della città. Alle 23.14 del 27 luglio 1993 l'esplosione di un’autobomba provocava la morte di cinque persone: i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, l'agente di polizia municipale Alessandro Ferrari e il venditore ambulante Moussafir Driss che dormiva su una panchina. La giornata del ricordo è iniziata con il prefetto Renato Saccone e il sindaco Giuseppe Sala sul luogo dell’esplosione, insieme ad altre autorità, per deporre corone di fiori. «Quella bomba ci ha colpito al cuore ma non ci ha abbattuto», ha detto Sala, che ha precisato: «Non ci ha abbattuto nemmeno in quelle ore di paura e smarrimento che ci hanno fatto rivivere le stragi di Capaci e via D'Amelio. Cinque nostri fratelli sono stati uccisi dalla mafia. Trenta anni dopo Milano ricorda con il massimo impegno quella pena e la lezione sul disgusto della mafia che abbiamo imparato con il sangue». Tra gli interventi, anche quello di Nicola Perna, cognato di Carlo La Catena e presidente della omonima associazione che ricorda le vittime della strage di via Palestro: «Dopo 30 anni c'è ancora tanto da aggiungere e da sapere. La cattura di Matteo Messina Denaro non è un arrivo, semmai un altro tassello di questo puzzle che bisogna continuare a riempire. Capire bene anche chi si è nascosto dietro la mafia facendo questi attentati per destabilizzare il nostro Paese. Non dimentichiamo che quel giorno c'è stato un carosello di bombe e quando Ciampi si è precipitato a Palazzo Chigi ha trovato le linee interrotte. Era un colpo di Stato? Io sono arrivato sul luogo della strage la mattina del 28 luglio e qui era un'apocalisse, un campo di guerra. Quello che vedete oggi non c'era più, tutto buttato giù. C'era una grande buca, un campo di battaglia». A margine della commemorazione, l'intervento del Presidente della Regione Attilio Fontana: «È doveroso rendere onore a chi non c'è più, tenendo alta la guardia, con un impegno serio e costante nella lotta alle mafie e alle organizzazioni criminali, in tutte le loro forme e trasformazioni. Il problema mafioso oggi è diverso, apparentemente meno aggressivo ma altrettanto pericoloso». “Ricorrono trent'anni da quella notte, tra il 27 e il 28 luglio del 1993, in cui la mafia effettuò gli attentati in via Palestro a Milano e davanti alle Basiliche romane di San Giovanni in Laterano e di San Giorgio al Velabro. Si è trattato di una sfida alla nostra convivenza civile, di un tentativo di minacciare e piegare lo Stato democratico, costringerlo ad allentare l'azione di contrasto al crimine e il rigore delle sanzioni penali. Fu un piano eversivo che è stato sconfitto”. A ricordarlo, in una nota, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ribadendo la necessità della lotta alla mafia, “questione morale che orienta l'azione quotidiana del Governo”, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato in una nota: “Nessuno potrà mai dimenticare quegli anni così difficili per la nostra Nazione, caratterizzati da feroci attentati e da una lunga scia di sangue e violenza. Il male non ha avuto l'ultima parola”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
2 notes · View notes
cinquecolonnemagazine · 10 months
Text
La strage di via D'Amelio e il senso della memoria
Il 19 luglio, giorno in cui ricorre l'anniversario della strage di via D'Amelio, a Palermo è un giorno da segnare sul calendario. C'è una memoria da celebrare. C'è un momento che vede le migliori energie di una città impegnate per mantenere l'attenzione alta sul tema mafia. Quest'anno non è così. In genere dopo tanti anni anche i fatti più sconcertanti tendono a sbiadire nella memoria e la tensione emotiva cala. Per la strage di via D'Amelio, come quella di Capaci, la strada è un'altra: il caso politico che, come tale, divide. La strage di via D'Amelio 31 anni fa Sono passati 57 giorni dalla strage di Capaci. Un attentato senza precedenti che ha scosso un intero Paese. Sia Giovanni Falcone che Paolo Borsellino erano consapevoli del destino che li attendeva e quel tritolo esploso in autostrada ne era stata un'ulteriore conferma. La vita per Borsellino aveva ripreso a scorrere con lo stesso impegno di sempre e quella domenica era andato a far visita alla madre come di consuetudine. Lo scenario che si aprì agli occhi degli inquirenti appena giunti sul posto fu raccapricciante. Il senso di sconforto che nacque si allargò da Palermo a tutta Italia in pochi istanti. Chi non ricorda le parole di Antonino Caponnetto dopo l'ultimo saluto a Paolo Borsellino: "E' finito tutto...". Dal pool antimafia all'abolizione del concorso esterno in associazione mafiosa Grazie al magistrato siciliano era, infatti, nato il cosiddetto pool antimafia, una nuova strategia nella lotta alla mafia nata grazie a un'idea di Rocco Chinnici. I punti di forza di questa strategia erano il coordinamento tra i magistrati, la possibilità di raccordare le diverse inchieste. Grazie a questa metodologia, i magistrati fecero grandi passi in avanti nella lotta alla mafia. Ricostruirono la struttura di Cosa Nostra, istruirono un maxiprocesso per crimini di mafia. Nacque il cosiddetto metodo Falcone che seguiva i flussi di denaro per individuare le attività criminali di Cosa Nostra. Con l'istruzione del maxiprocesso Falcone e Borsellino configurarono una nuova fattispecie di reato che era il concorso esterno in associazione mafiosa. Con questa tipologia di reato si andavano a colpire le persone che favorivano la mafia pur non essendone parte. La memoria tra le polemiche A essere precisi il concorso esterno in associazione mafiosa non è una fattispecie di reato quanto una creazione giurisprudenziale. Uno strumento che nel tempo i magistrati hanno utilizzato per andare a colpire quella rete di connivenze che aveva contribuito in maniera fattiva allo sviluppo della mafia. Parliamo di imprenditori, parliamo di politici. Grazie a questo strumento fu individuata la prassi del cosiddetto voto di scambio che assicurava nelle amministrazioni locali (e non solo) la presenza di politici appoggiati dalla mafia. Quello stesso strumento che oggi il ministro della Giustizia Carlo Nordio vuole abolire. Inondato dalle critiche, il ministro ha precisato che in realtà vuole riformarlo poiché così com'è stato concepito può generare confusione e soprattutto si affida troppo alla discrezionalità del giudice. Le precisazioni non sono bastate a placare le polemiche arrivate soprattutto dal fratello del giudice Borsellino, Salvatore, e dalle associazioni che operano sul territorio come il Movimento delle Agende Rosse. Il timore è che questa riforma segni un clamoroso passo indietro nella lotta alla mafia. Salvatore Borsellino ha dichiarato alla manifestazione di oggi non accoglierà politici che fanno parte del governo e chiesto alla premier Meloni di prendere le distanze dal ministro Nordio. La giornata sarà scandita da due manifestazioni: la prima organizzata dallo stesso Salvatore Borsellino e dalle Agende Rosse che vedrà la partecipazione di Cgil, partiti, associazioni e movimenti di sinistra. Il corteo prenderà il via alle 15 dall'albero Falcone e arriverà a via D'Amelio dove, alle 16.58 (ora della deflagrazione) saranno ricordare le vittime sulle note del silenzio. La seconda sarà la fiaccolata organizzata dalla Destra che si snoderà da piazza Vittorio Veneto a via D'Amelio a partire dalle 20. Che senso ha la memoria se non è condivisa? La lotta alla mafia è un dovere politico non una bandiera da sventolare. In copertina foto di Nat Aggiato da Pixabay Read the full article
2 notes · View notes
sauolasa · 1 year
Text
Pietro Grasso: "L'arresto di Messina Denaro non è la fine della lotta alla mafia"
L'ex procuratore nazionale antimafia commenta la cattura del boss mafioso
0 notes
abatelunare · 1 year
Text
Picciotti e proiettili
Bizzarro poliziottesco, Quelli che contano. E per diversi motivi. Perché è ambientato in Sicilia. E sarebbe un film di mafia. Ma le cadenze sono miste. Un po’ è action movie, perché ci sono svariate sparatorie. E si menano pure. Un po’ è anche western. Ci sono prestiti fin troppo evidenti da C’era una volta il West e Per un pugno di dollari. Soprattutto nel finale. Ne è venuto fuori un prodotto gradevole, con un ritmo discreto. C’è anche un colpo di scena finale. Prevedibile, se vogliamo, ma apprezzabile. La parte del leone la fa Henry Silva, picciotto svezzato professionalmente in America. Deve porre fine alla guerra tra due famiglie rivali. Lo fa nel modo più cruento possibile. Dopo essere stato malmenato per bene, ovvio. Si segnala la presenza di Barbara Bouchet nei panni della moglie allegrissima (e ammericana) di uno dei due mafiosi in lotta. Insomma, questo film mi ha sorpreso in positivo. Perché pensavo (molto) peggio.
5 notes · View notes