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jaubaius · 2 years
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Music instrument using 2000 marbles🔊🎵🎹
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registrodoato · 1 year
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Ensaio Fotográfico com Cecília Tres.
Foto por Aruna Cruz.
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ribelleribelle · 8 months
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LA CHITARRISTA DI ROSA CHEMICAL AAAAAAA
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theophagie · 8 months
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Viva la figa cmq
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campanauz · 1 year
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I want any gender Jack Black is wearing right now
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diceriadelluntore · 15 hours
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Storia Di Musica #342 - The Corrs, Home, 2005
Le Storie musicali di band di fratelli e sorelle ci portano in Irlanda, per una band che tra fine anni '90 e inizi 2000 fu molto popolare. The Corrs, come suggerisce il nome, sono una band di tre sorelle e un fratello, i Corr appunto. La loro storia è molto particolare e si lega a quella di un film del 1991, divenuto di culto, ambientato a Dublino, da dove provengono i nostri. The Commitments, diretto da Alan Parker, racconta la storia di Jimmy Rabbitte e del suo tentativo di mettere su una band di soul e rhythm'n'blues a Dublino, The Commitments, appunto. Il film, che è anche uno spaccato dell'isola prima della travolgente trasformazione avvenuta negli ultimi decenni, fu trampolino di lancio di una serie di attori\cantanti che dopo il film si lanciarono in carriere musicali. E tra loro c'erano i fratelli Corr. Jim Corr suonava in una band con John Hughes, che curava per Parker le selezioni dei musicisti. Hughes non sapeva che Jim avesse tre sorelle musiciste, Caroline, Sharon e Andrea, con cui si presenta i provini. Andrea ottiene una parte di recitazione con battute (è Sharon, la sorella minore di Jimmy), gli altri tre fanno da comparse, ma Hughes dopo le riprese chiede di poter diventare il loro manager. Diventano una band, dove suonano diversi strumenti, anche quelli tradizionali irlandesi. Il primo grande trampolino di lancio è l'esibizione, nel 1994, per i Mondiali di Calcio di USA 94, seguita due anni dopo per la cerimonia d'Apertuna dei Giochi Olimpici di Atlanta '96. Vanno in tour a supporto di Celine Dion, mentre il loro primo disco, Forgiven, Not Forgotten, che comprende sia brani strumentali di musica tradizionali che canzoni pop rock, svetta nelle classifiche di mezzo mondo, diventando uno dei dischi d'esordio di artisti irlandesi più di successo di ogni tempo. Nel 1997 successo per Talk On Corners, partecipano al Pavarotti And Friends a Modena e ricevono nel 1999 un Brit Award come Miglior Band Internazionale, registrando persino un MTV Unplugged, che vende milioni di copie. Il successivo disco, In Blue, prodotto da Robert John "Mutt" Lange, li consacra star internazionali: il singolo Breathless va in classifica in mezzo mondo, come Radio, l'album è il terzo disco con le maggiori vendita della Storia delle Classifiche musicali d'Irlanda dopo il The Best Of 1980-1990 degli U2 e Be Nere Now degli Oasis. Sono nominati ai Grammy Awards. Registrano un altro disco dal vivo, VH1 Presents: The Coors Live In Dublin, con ospiti Bono che duetta con loro in When The Stars Go Blue di Bryan Adams (un gioiellino) e Summer Wine di Nancy Sinatra e Ronnie Wood dei Rolling Stones che suona la chitarra in Little Wing, cover del classico di Jimi Hendrix e in Ruby Tuesday. Succede però una fatto doloroso: Jean, la madre dei fratelli Corr, muore in attesa di un trapianto di fegato all'ospedale di Newcastle, in Gran Bretagna.
E proprio alla madre, e alla loro terra, è dedicato questo disco, Home, che esce nel 2005. L'album precedente, Borrowed Heaven, già aveva riaperto la strada del folk nella loro musica, che nei dischi di successo internazionale si era un po' persa, ma in questo disco si ritorna alle origini. In scaletta 12 pezzi, divisi tra strumentali tradizionali di musica celtica irlandese, come Haste To The Wedding, che è il brano principe del ballo Céilí, uno scritto da Sharon Corr, Old Hag e due cantati in lingua gaelica dalla bellissima voce di Andrea, Buachaill ón Éirne (che vuol dire Ragazzo di Erne) e Bríd Óg Ní Mháille, Bridget O'Malley, che probabilmente è una riedizione ottocentesca di un antico canto dedicato a santa Brigida d'Irlanda. Ancora più emozionate è la parte di canti tradizionali cantati in inglese: My Lagan Love è uno dei primi traditional scoperti da Joseph Campbell, che agli inizi del 1900 intraprese un percorso di ricerca e traduzione dei canti tradizionali, musicati e riportati sugli spartiti da Herbert Hughes; la meravigliosa Spancil Hill è invece un traditional, probabilmente scozzese, che venne riadattato dai migranti irlandesi in America, dove divenne molto famosa nella zona dei Monti Appalachi: lo spancil era un modo di legare le zampe dei capi di bestiame per non farli scappare durante le fiere. Dolcissime sono Peggy Gordon e la bellissima Black Is the Color, conosciuta anche come Black Is the Color Of My True Love's Hair, brani che raccontano il carattere forte e deciso delle donne di quei posti. The Moorlough Shore è una delle più famose ballate irlandesi: è la storia di un giovane, innamorato della sua terra e di una ragazza, che però rifiuta le sue avances perché ama già un marinaio. Aspetterà il suo vero amore per sette anni. Frustrato, il ragazzo lascia la casa della sua infanzia e salpa, continuando a elogiare la ragazza che ama e che vive a Moorlough Shore. Sulla sua melodia, durante gli anni della Rivoluzione dell'Indipendenza irlandese (negli anni Dieci del 1900) i rivoluzionari cantarono The Foggy Dew, il principe dei brani di libertà irlandese. Completano la scaletta tre cover di brani moderni: Heart Like A Wheel, successo di Kate & Anna McGarrigle, poi ripreso da tanti artisti (la versione più famosa di Linda Ronstand), Old Town del leader dei Thin Lizzy Phil Lynott e un brano, Dimming Of The Day, scritto da Richard e Linda Thompson per un loro disco del 1975, Pour Down Like Silver. La musica è arrangiata con delicatezza, agli strumenti moderni sono affiancati i tin whistle, il Bodhrán (che è il tamburello irlandese) e una sezioni archi, che è sempre stato un marchio di fabbrica della musica Corrs. Spicca la voce, brillante e squillante di Andrea Corr, emozionante in più di un passaggio. Il disco, che non è di successo come i precedenti, ha comunque successo in patria, In Australia e sorprendentemente in Francia, dove vende 100 mila copie.
Andrea Corr, che ha recitato anche in altri film, tra cui Evita con Madonna e da protagonista una semisconosciuta commedia canadese, The Boys From County Clare, tenterà, con scarso successo, anche la carriera solista, con Ten Feet High. I Corrs continuano a suonare e a pubblicare materiale (l'ultimo disco del 2017) ma non hanno più raggiunto il successo dei dischi pop, nè la delicatezza, e la bellezza, del disco di oggi, un bellissimo esempio di variazioni "moderne" ai classici tradizionali della cultura delle isole britanniche, un grande tesoro culturale.
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fiorescente · 8 months
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Raga mi consigliate musiciste donne? Ogni anno il mio Spotify wrapped è pieno di uomini e vorrei cambiare questa cosa
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mezzopieno-news · 6 months
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UN’ORCHESTRA DI DONNE STA RIBALTANDO GLI STEREOTIPI
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Se non ci viene in mente il nome di una direttrice d’orchestra o di una compositrice, è perché fino a pochi decenni fa, per fattori principalmente culturali, le donne sono state quasi escluse dallo studio e dai mestieri della musica. L’Orchestra Olimpia, collettivo di musiciste nato nel 2018 da un’idea di Roberta Pandolfi e Francesca Perrotta ribalta questo paradigma promuovendo il ruolo femminile nella musica. L’orchestra, costituita interamente da donne, in diverse parti del mondo porta avanti progetti a tutela della parità di genere. Tra questi, il sostegno agli studi e alla professione delle musiciste afghane di Ensemble Zohra, unica orchestra femminile del mondo islamico, e l’organizzazione del Musicfor Freedom con il primo concerto italiano dell’orchestra giovanile dell’Afghanistan, ora esiliata in Portogallo, poiché con il ritorno dei talebani a Kabul fare musica è diventato un crimine perseguibile con la galera e la morte.
L’ultimo progetto è il podcast DiClassica, un racconto in 8 puntate della vita e dell’opera di musiciste che, scardinando le convenzioni sociali e culturali, hanno dato un contributo importante all’evoluzione del pensiero musicale, senza trovare il giusto spazio nella memoria collettiva, come Sofja Gubaidulina, compositrice russa durante il periodo stalinista, o Chen Yi che ha vissuto l’era della Rivoluzione culturale di Mao, Julia Wolf che ha influenzato il post-minimalismo newyorkese, il prodigio americano Amy Beach, o Sylvia Caduff, pioniera come direttrice – non direttore – d’orchestra. Con la voce di Valentina Lo Surdo, è stato lanciato l’8 marzo per Pesaro 2024 – Capitale italiana della cultura.
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Fonte: Orchestra Olimpia; foto di Francesco Ammendola
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I'm sorry for nagging but LEARNING MUSICISTS!!!!! I NEED YOUR HELP!!! Do you guys study with a metronome??
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venomizedstar · 1 year
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I TRIED MY BEST with Tallulah sheet, but sorry I also don't know her a lot (just from her interactions with the streamers I watch and Tumblr posts), but I hope you like this!
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Tallulah's Origin is artist, her class is Specialist. I put "Field Doctor" as her path but she still not really training to be this, since she (and all the other eggs) are too young to have any real traning (they're kinda like scouts, learning things and having fun, but traumatized)
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She don't fight too much in the server bc shes kinda new to the game and have the lag monster, so I choose a more support path to her. She still can help, and is willing to, but don't fight really unless she needs to (Field Doctor have one of the most OP builds for damage, its crazy, I don't have good memories with a friend using this build for a campaing)
Specialists have a lot of skills, took me some time to choose and I still unsure if its correct.
The skills that I choose are:
Arts (Artes): She loves to play her flute and any other instrument, Wilbur always teach her when hes around!;
Animal Training (Adestramento): She also loves to be around animals! Some of the agents taught her how to take care of them and she acts like its her work to feed the Order's Animals and keep them happy;
Stealth (Furtividade): Just like all the other eggs, shes small and can hide easly;
Diplomacy (Diplomacia): She don't like when people are fighting around her, so she tries to mediate;
Intuition (Intuição): I think shes a good judge of character and would know when someone is lying to her;
Medicine (Medicina): Since she is kinda learning a little bit to be a Field Doctor, she started to learn First Aid and other things that can help her;
Occultism (Ocultismo): She keeps accidentaly learn things about the other side, and is kinda scared about this. Shes also trying to learn more so she can be less scared;
Profession [Musicist] (Profissão [Musicista]): She dreams about someday be like Wilbur and maybe travel with him to other places, helping him fight the paranormal and play with him;
Tatics (Tática): Since she don't like to be directly fighting, shes learning a little bit of tatics to help her friends before the fight starts;
Willpower (Vontade): Even tho she has depression and miss her dad a lot, she still having the willpower to get up every day, sometimes needing help from her friends and family, but still!
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toothed-raven · 2 years
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Playing with the big ol' musicist :))
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Also forgot to say, I know I'm late but hope you had a Happy Valentines day and enjoyed your day with your partner,family or friends!
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carmenvicinanza · 1 year
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Sarah Vaughan
https://www.unadonnalgiorno.it/sarah-vaughan/
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Sarah Vaughan è stata una vera leggenda del jazz, cantante e pianista, ha inciso oltre cinquanta dischi.
Quattro volte vincitrice dei Grammy Award, incluso un Lifetime Achievement Award, nel 1989 il National Endowment for the Arts, le ha conferito il NEA Jazz Masters Award, la più alta onorificenza statunitense del genere jazz.
Nacque a Newark il 27 marzo 1924 in una famiglia di umili origini che amava la musica, sua madre cantava nel coro della chiesa e suo padre suonava la chitarra e il pianoforte che lei iniziò a studiare a soli tre anni. Da bambina si esibiva come organista e solista del coro di una chiesa battista. A quindici anni lasciò la scuola per dedicarsi completamente alla musica.
A diciotto anni vinse un concorso canoro al mitico Apollo Theater di Harlem che le consentì di aprire il concerto di Ella Fitzgerald dove fu notata dal cantante Billy Eckstine che la fece entrare nell’orchestra diretta da Earl Hines.
La sua carriera da solista è iniziata nel 1945.
Ha inciso dischi con i più grandi musicisti e compositori di tutti i tempi come Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Miles Davis e sfornato un successo dopo l’altro. Molte sono le sue canzoni rimaste nella storia della musica di tutti i tempi.
Aveva una profonda carica interpretativa e la capacità di controllare ogni dettaglio, dall’intensità del vibrato e del volume, all’articolazione delle sillabe. Una parte della critica la giudicava troppo manierata, accusandola di crogiolarsi troppo nei virtuosismi, ma lei riusciva sempre a stupire il suo pubblico, trasmettendo il suo enorme potenziale attraverso ogni tipo di repertorio.
In bilico tra la passione e le esigenze del mercato, Sarah Vaughan ostentava una forte personalità ma in realtà era fragile, insicura e dipendente da fumo e droghe. Sboccata e impertinente i colleghi le avevano appioppato vari soprannomi come Sailor e Sassy, il pubblico, invece, la chiamava La Divina.
Una profonda amicizia l’ha legata al suo mentore Billy Eckstine, con il quale ha realizzato storici duetti e che chiamava padre e anche my blood (il mio sangue). Erano talmente uniti che, alla notizia della sua morte, l’uomo subì un colpo apoplettico.
Nella sua travagliata e sofferta vita sentimentale si è sposata per ben quattro volte. Il primo è stato il trombettista George Treadwell che divenne anche il suo manager e ne decise il look, capelli, abiti e addirittura le fece cambiare la dentatura. Il secondo è stato il giocatore di football Clyde Atkins con cui, nel 1961 adottò una bambina, Debra Lois, attrice cinematografica nota col nome d’arte Paris Vaughan. Il loro matrimonio fu breve perché lui era un violento. Ha sposato poi Marshall Fisher, ristoratore di Las Vegas e ancora il trombettista Waymon Reed.
Sarah Vaughan è morta a Hidden Hills, il 3 aprile 1990, aveva sessantasei anni.
L’anno successivo la musicista Carmen McRae l’ha omaggiata col disco Dedicated to Sarah, in cui ha interpretato i suoi maggiori successi. Sempre nel 1991 si è tenuto un tributo alla Carnegie Hall che ha visto l’esibizione di importanti musicisti e musiciste.
Dal 1998 è presente nella Hall of Fame con due dischi, l’album Sarah Vaughan with Clifford Brown del 1954 e il singolo If You Could See Me Now del 1946.
Nel 2003 Berkeley e San Francisco hanno proclamato il 27 marzo, sua data di nascita, il Sarah Lois Vaughan Day.
Nel 2016 le è stata dedicata la versione 4.7 della piattaforma WordPress.
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susieporta · 2 years
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Un cambiamento epocale. Così lo descrive il New York Times usando le parole di Cynthia Phelps, prima viola, con la Filarmonica dal 1992. Fondata nel 1842, la New York Philharmonic per la prima volta ha un numero maggiore di musiciste donne rispetto agli uomini: 45 contro 44. Una maggioranza risicata, ma comunque significativa, soprattutto se si pensa che per 180 anni la più antica orchestra degli Stati Uniti è stata una roccaforte maschile. Al momento della sua fondazione, le donne non solo erano scoraggiate dal perseguire una carriera musicale, ma era raro che partecipassero a concerti serali a meno che non fossero accompagnate dagli uomini. [..]
Nel 1970, poi, molte orchestre cominciano a modificare i criteri di ammissione e le regole per le audizioni, nel tentativo di rendere il processo più democratico possibile. Nascondere l'identità del musicista sotto audizione è un tentativo di rendere il meccanismo più oggettivo possibile, in quelle che vengono definite audizioni cieche. In queste, i musicisti - o le musiciste - suonano nascosti dietro a un paravento, costringendo di chi deve giudicarli a focalizzarsi solo sul talento, senza sapere età, sesso, caratteristiche fisiche. [..]
Il processo funziona: se nel 1970 la New York Philharmonic ha solo cinque donne, nel 1992 ne ha 29. Rappresentazione non vuol dire però fine della discriminazione o del sessismo. Le posizioni principali che sono anche quelle meglio pagate, sono ancora in maggioranza degli uomini e spesso, anche a parità di ruolo, le musiciste sono pagate meno dei musicisti.
Simona Siri su La Stampa
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klimt7 · 2 years
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Le canzoni che guidano nella protesta le ragazze iraniane
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Liraz Charhi
ARTISTA ISRAELO-IRANIANA
Liraz Charhi è una cantante e attrice persiano-israeliana, famosa anche per le temerarie attività culturali e politiche.
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Il suo secondo album
"Zan" [donne]
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La sua famiglia emigrò in Israele negli anni ‘70, ma pur essendo nata a Tel Aviv ha mantenuta viva la sua cultura persiana che si è consolidata nei tre anni trascorsi a Los Angeles, dove ha intrapreso la carriera di attrice, ma soprattutto è entrata in contatto con la numerosa comunità di iraniani, circa un milione, che lì vivono. E dove ha conosciuto anche cantanti che furono costrette a lasciare l’Iran per le rigide regole che impediscono alle donne di esprimere liberamente la loro arte: per esempio alle esibizioni delle cantanti è vietata la partecipazione del pubblico maschile.
Questo ha comportato che la scena musicale iraniana pop-rock abbia subito un duro contraccolpo.
A quella scena e alla storia della sua famiglia, si lega "Zan", in lingua farsi “donne”, e proprio delle donne vuole testimoniare il coraggio e la lotta per rompere i rigidi steccati imposti dalla religione islaamica e affermare la propria libertà, come hanno fatto sua madre e sua zia, ma anche tutte le musiciste iraniane costrette al silenzio.
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Nel disco d’esordio Naz, “attraente” in farsi, Liraz ha iniziato il suo percorso musicale nel pop iraniano riallacciandosi alle dive degli anni ‘60 e ‘70 come Googoosh, Pooran, Ramesh.
Ora con il secondo capitolo della sua discografia, si è spinta oltre ed è entrata in contatto con musicisti che vivono in Iran e tramite il web è iniziata una collaborazione vitale attraverso la quale molti hanno potuto suonare nel suo disco, pur essendo costretti all’anonimato.
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Liraz rivendica questo gesto non soltanto dal punto di vista artistico, ma soprattutto come atto politico di ribellione alla censura e di affermazione di libertà.
«Per quanto resteremo in silenzio? Per quanto abbasseremo la testa? Per quanto piegheremo le ginocchia? Insieme faremo una rivoluzione» canta in "Zan Bezan", donne che danzano...
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L’electro pop persiano di Liraz
I due dischi hanno quindi un profondo legame, ma mentre il primo è più incline al pop fiammeggiante e melodrammatico nel racconto di amori spesso infelici, nel suo secondo lavoro, pur restando molto forte il rapporto con quella tradizione, Liraz si spinge più avanti, contamina ancor di più gli arrangiamenti con ritmi dance ed elettronica fondendoli con gli strumenti tradizionali persiani.
Zan è un disco affascinante, ma anche in  sintonia con quanto di meglio si muove sulla scena contemporanea quanto a capacità di coniugare i linguaggi e sperimentare strade nuove.
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L’electro pop in salsa persiana funziona: canzoni piene di energia, con i ritmi che ti catturano e ti inducono anche al ballo come l’iniziale e inebriante Zan Bezan con i suoi bassi profondi e incalzanti, i beat frenetici di Hala, il ridondante pop ossessivo di Injah.
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Altre volte il registro, e questo accade quando si parla d’amore, si fa più melodrammatico e accorato in brani come  Shab Gerye fra un violino dolente e una chitarra elettrica jazz o Bia Bia.
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O intimo e malinconico come nella tradizionale ninna nanna Lalei che offre una superba interpretazione vocale di Liraz.
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Appartenenza, identità e femminilità sono tre parole chiave di questo disco in particolare, che racconta una storia, quella degli ebrei iraniani nella persona di Liraz Charhi, in arte Liraz.
Attrice e cantante, Liraz nasce a Ramla in Israele nel 1978 da genitori Iraniani che fecero aliyah (ritorno alla Terra Promessa) nel 1970.
L’arrivo in Israele per gli ebrei iraniani, e mizrahì in generale, rappresentò uno shock culturale trovandosi a dover affrontare un processo di assimilazione in una cultura a loro estranea che li etichettava sprezzantemente come persiani, proprio come in Iran erano etichettati come ebrei.
Si percepisce questo sconforto nelle parole di Liraz, che pur non avendo mai vissuto direttamente in Iran si sente, grazie ai racconti dei famigliari, iraniana.
È negli Stati Uniti che Liraz riesce a connettersi, finalmente, con la grande comunità iraniana di Los Angeles che in tanti chiamano Tehrangeles.
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Nella città risiedono moltissimi musicisti pop Iraniani costretti ad emigrare a causa della rivoluzione del ’79. Qui continuano a produrre la loro musica, distribuita nel mercato nero in Iran con l’appellativo di musica losangelina.
È di questa musica che si innamora Liraz, il genere conosciuto come taraneh, le cui icone più emblematiche, come Googoosh e Delkash, avevano stregato l’Iran prerivoluzionario.
La music di “Zan”, e del precedente “Naz”, può essere vista come un’interpretazione moderna del sincretismo musicale di quegli anni, dove elementi estetici e forme popolari occidentali incontravano ritmi, simbolismo e sonorità iraniane.
Un mix di elementi che fatica ad emergere in Iran causa della censura di stato, ma trova posto nella scena world. Nel disco Liraz collabora, tuttavia, con musicisti Iraniani rimasti anonimi per ragioni di sicurezza, le cui tracce e pagamenti sono stati scambiati segretamente online, passando per stati con posizioni più neutrali nei confronti della Repubblica Islamica. Una produzione accurata e pulita, pop elettronico e strumentazione occidentale incontrano ritmi persiani ed il baglama turco, registrato da un musicista anonimo residente in Iran. “Zan” significa donne in Farsi ed è dedicato alla genealogia al femminile e alle donne ebree di origine iraniana, storicamente escluse dalla produzione culturale e date in sposa appena adolescenti.
Il disco è quindi una battaglia sociale, uno sfogo liberatorio, una rivendicazione e una celebrazione per chi ha combattuto contro tradizioni abusive come la madre e la zia, la famosissima cantante pop Rita.
Ad aprire il disco è “Zen Bezan” dove l’elettronica contemporanea rinforza il sound delle sale da ballo Iraniane dei primi anni ’70 mentre gli archi fanno l’occhiolino agli artisti pop iraniani del passato. Partecipa all’incastro anche una percussionista di Tehran, il cui tombak si unisce alla band di Liraz. “Injah” ondeggia invece su un arpeggiator su cui gli strumenti e la voce si intrecciano in volteggi pittoreschi. Troviamo la stessa oscillazione in “Joon Joon”, brano poliritmico con classiche ritmiche persiane e un’anima disco. Joon è il soprannome della figlia di Liraz che spasso appariva in braccio alla madre durante le conversazioni con l’ospite coinvolto nella traccia. Fantastica l’interpretazione della ballad “Shaab Gerye” di Ebi, uno degli innumerevoli artisti pop ad emigrare, nel suo caso in Spagna. Il gioiello del disco è però “Lalai”, la ninna-nanna che la nonna di Liraz cantava a sua madre, sua madre a lei e lei a sua figlia. Una finestra sul passato che ricostruisce una melodia tramandata di donna in donna. Curiosamente, una ninna-nanna con lo stesso titolo e un arrangiamento incredibilmente simile figura nel disco “Asleep in the Bosom of Childhood” di Maureen Nehedar, che assieme a Liraz è l’unica cantante iraniana che lavora sulle sue radici in Israele. Entrambi i brani sono distesi, accompagnati da suoni atmosferici che ricalcano la tonica come un bordone enfatizzando la modalità e la microtonalità della melodia. Trovo particolarmente curioso che le uniche esponenti musicali della comunità giudeo-persiana siano donne, fatto particolarmente ironico se pensiamo che in Iran le donne non possono cantare in pubblico come soliste. Non solo, anche storicamente le donne erano scoraggiate a partecipare alle attività musicali in Iran in quanto ritenute poco rispettabili sia dai musulmani che dagli ebrei. Le canzoni delle donne si diffondevano nei cortili delle grandi case che ospitavano famiglie estese nei mellah, i quartieri ebraici. Qui si scambiavano racconti e insegnamenti per le più piccole mentre le donne più anziane alleggerivano i loro pensieri con la pratica del ‘dard-e del’ in cui si parla del ‘cuore addolorato’. Questa ninna-nanna è probabilmente figlia di quella tradizione. La musica degli ebrei iraniani è in larga parte scomparsa nel secolo passato. Il lavoro di Liraz, sebbene non mirato al recupero e al restauro di una tradizione scomparsa, diventa fondamentale perché dà voce a una comunità che la voce l’ha perduta. “Zan” è, forse incoscientemente, un simbolo per un gruppo etnico-culturale, una risposta ad un bisogno di rappresentanza e un baluardo identitario. Ci offre una finestra sulla vita di queste persone oggi, in un mondo globalizzato ma in cui le radici continuano a risuonare nelle memorie della gente. Liraz apre questa finestra con la musica, lasciando entrare sonorità elettroniche, pop e rock mentre delle donne cantano i loro mali, raccolte in un cortile. 
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lamilanomagazine · 5 months
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Milano, dal 7 al 9 giugno la città ospita il festival sulle pari opportunità "Il diritto di suonare"
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Milano, dal 7 al 9 giugno la città ospita il festival sulle pari opportunità "Il diritto di suonare".  Una colazione a Villa Scheibler, un piacevole picnic al parco Trotter e l'attesa del tramonto al Parco delle Cave. Ma anche un té a Villa Litta e un quartetto europeo nel cortile della Bocconi. Una scoperta alla Fabbrica del Vapore e il concerto classico al Teatro Dal Verme. Musica in città e tutta o quasi al femminile. Dal 7 al 9 giugno Milano ospiterà il primo festival sulle pari opportunità di genere nella musica classica dal titolo "Il Diritto di Suonare". L'evento è stato presentato martedì nel Ridotto Toscanini del Teatro alla Scala alla presenza dei rappresentanti e delle rappresentanti delle istituzioni, di Luisa Vinci, direttrice dell'Accademia del Teatro alla Scala e della giovane pianista e Alfiere della Repubblica Ginevra Costantini Negri, direttrice artistica del festival e presidente dell'Associazione Classic Rights. Il festival ha ricevuto il patrocinio del Comune di Milano che ha collaborato alla sua realizzazione. Il festival ''Il Diritto di Suonare'', ideato dell'associazione composta da ragazze di età compresa tra i 18 e i 23 anni, è il primo festival italiano dedicato alle pari opportunità di genere nella musica classica, volto all'abbattimento degli stereotipi legati alla scelta dello strumento, alla direzione d'orchestra e alla composizione, proponendosi come manifestazione per la divulgazione della musica classica, portandola anche in zone periferiche della città. Propone un programma dedicato alla musica al femminile con musiciste, maestre d'orchestra e musiche di compositrici. Tre giorni di concerti con eventi diffusi tra cui concerti cameristici e coinvolgenti flash mob a sorpresa comunicati poche ore prima via social. L'evento di punta si terrà sabato 8 giugno, alle ore 20.30 al Teatro dal Verme, con l'Orchestra dell'Accademia del Teatro alla Scala, sotto la direzione della giovane e talentuosa Maestra Glass Marcano, la prima direttrice di colore a salire sul podio milanese. "Non si tratta di quote rosa - ha dichiarato la direttrice del Festival, Ginevra Costantini Negri - la musica non si fa per quote ma per merito. Storicamente però un musicista per emergere doveva avere due requisiti: uno dichiarato e cioè quello del talento, l'altro sottinteso, quello di essere uomo. Oggi fortunatamente le cose stanno migliorando, ma ancora il cammino è lungo. Nel festival non avremo solo musiciste, ma anche molti uomini, che sono pronti a sostenere i nostri obiettivi e che vedono le pari opportunità come una risorsa e non come una minaccia". Per valutare la presenza femminile nella musica classica, l'Associazione Classic Rights ha raccolto i dati di alcune delle più importanti orchestre del mondo, nelle stagioni 2021/2022, 2022/2023 e 2023/2024, tenendo in considerazione i generi uomo e donna. Da questa ricerca è emerso come la percentuale femminile, per quanto possa variare da orchestra a orchestra, rimanga sempre molto limitata e in alcuni casi non raggiunga neppure il 20%. Il caso meno incoraggiante è quello dei Wiener Philharmoniker, che ha una componente femminile del 15%. L'unico picco riguarda la presenza delle donne è dato dall'arpa, strumento da stereotipo associato alla figura femminile. È stato inoltre notato come la maggioranza delle orchestre prese in considerazione presenti numerose sezioni con una presenza femminile pari allo 0%, come nel caso delle percussioni o dei contrabbassi. Nonostante in alcune orchestre le percentuali migliorino, un altro dato da notare è che per quanto possano essere in maggioranza le donne nella sezione del violino, il ruolo del primo violino è quasi sempre appannaggio maschile. La situazione non è di certo migliore per le direttrici d'orchestra, ancora chiamate in numero assai limitato nelle principali stagioni d'opera e sinfoniche e che in diversi casi le vedono ancora completamente assenti, nonostante l'indiscutibile valore dimostrato. Ma l'aspetto più sconcertante è quello delle compositrici, se si pensa che meno del 3% dei programmi musicali proposti a livello mondiale è scritto da donne.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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diceriadelluntore · 8 months
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Storia Di Musica #311 - Emily Remler, East To Wes, 1988
Il filo che lega le storie di musica di Febbraio me lo ha dato la radio: qualche giorno fa in un programma mattutino di Virgin Radio, alla domanda della presentatrice "cosa vorresti fare per diventare famoso?" una ascoltatrice ha risposto "vorrei diventare una virtuosa della chitarra, perchè non ve ne sono di famose". La presentatrice ha ribattuto che non era affatto vero, ma l'unico nome che le venne in mente al momento è quello di Sister Rosetta Tharpe, cantante e chitarrista statunitense, pioniera della musica gospel e conosciuta anche con il nomignolo di Madrina del Rock'n'Roll: sulle qualità storiche e tecniche di Rosetta Tharpe niente da dire, ma non è tra i primi nomi che vengono in mente pensando alla chitarra rock in generale. Il mio spirito da piccolo filologo musicale tende a dire che l'ascoltatrice avesse ragione, cioè che vi sono pochissime chitarriste famose, che allo stesso tempo non vuol dire che non vi siano state straordinarie chitarriste nella storia della musica. Per questo, ricordando che in questa rubrica già si è parlato di chitarriste (la sublime Joni Mitchell, le Runaways di Joan Jett e Lita Ford tra le altre), le storie di musica di questo mese verteranno su grandiose chitarriste.
Per iniziare ho scelto una storia emblematica di uno dei problemi di essere musiciste in un mondo, quello della musica pop, che è sempre stato per lo più maschilista: "Così tanti leader di gruppi mi hanno detto in faccia che non potevano assumermi perché ero una donna", lo diceva, in una intervista al magazine People nel 1982 una grandiosa musicista, Emily Remler. Originaria del New Jersey, la sua vita cambia quando ha 10 anni: al fratello maggiore venne regalata una chitarra, una Gibson Es 330 rossa, che Emily ogni tanto strimpellava. Si capì subito che riusciva a memorizzare i suoni e le veniva naturale suonarla, tanto che anni dopo fu ammessa al prestigioso Berklee College of Music di Boston, che è la scuola di musica più grande del mondo, i cui illustri ex alunni hanno vinto oltre 300 Grammy Awards. Si diploma a 18 anni, si appassiona al jazz e inizia a suonare nei locali. Nel 1978 va a New Orleans, dà lezioni, suona in pubblico in ogni occasione che trova, si mette deliberatamente in situazioni che la spingono a dare il massimo e a migliorarsi. Fa di tutto per incontrare quanti più musicisti può. Tra questi, nel 1978, incrocia Herb Ellis, che diventerà il suo mentore (gli dedicherà un bellissimo brano, di chitarra solo, di cui parlerò tra poco). Grazie a lui inizia ad essere una richiestissima sessionista, pubblica il primo disco da solista, Firefly del 1981 (in copertina una sua splendida foto con la chitarra rossa del fratello, strumento che non abbandonerà mai), partecipa alle musiche di un grande musical, Sophisticated Ladies, con le musiche di Duke Ellington e tra le cose più belle che vive c'è la sua partecipazione ai tour di Astrud Gilberto che le aprono le porte delle musiche sudamericane e caraibiche. Nel 1981 sposa il pianista Monty Alexander, con il quale farà un favoloso tour insieme prima di divorziare nel 1984. Remler è una grandiosa musicista, con un senso innato del tempo e della ritmica, e ha un carattere forte e lucido: nella stessa intervista a People disse "Posso sembrare una ragazzina carina del New Jersey. Ma dentro sono un uomo nero ben piazzato di 50 anni con un gran pollice, come Wes Montgomery».
E proprio il grande chitarrista di Indianapolis è il faro della musica di Emily. Gli dedica questo disco, del 1988, suonando insieme a tre colossi colossi, Hank Jones al piano (uno dei grandi pianisti del jazz, e passato alla storia anche perchè suonava lui il piano di accompagnamento quando Marylin Monroe cantò Happy Birthday Mr President nel 1962 a JFK), Buster Williams al contrabasso (che suonò nel gruppo di Herbie Hancock e nel gruppo Sphere specializzato nelle musiche di Thelonious Monk) e Marvin "Smitty" Smith, come lei allievo della Berklee e batterista per grandi musicisti, nonchè batterista della band dello show di Jay Leno per 14 anni. East To Wes è un tributo atipico, perchè Remler non riprende in toto brani famosi di Montgomery, ma ne sceglie alcuni che suona "come li avrebbe suonati lui", con la famosa maestria del suo pollice: leggenda vuole che Montgomery, che di giorno lavorava in fabbrica e la sera imparava a suonare la chitarra, per non disturbare moglie e vicini non suonava con il plettro, ma con il pollice, una delle caratteristiche che resero il suo suono unico e distinguibile per sempre.
Nel disco prodotto da Carl Jefferson, fondatore della Concord Records che era specializzata in famose chitarre jazz, Remler sceglie un repertorio memorabile, composto da standard e da tre sue composizioni. Tra gli standard, riprese spettacolari di Hot House di Tad Cameron (è stata la prima chitarrista a proporre il brano per chitarra jazz), uno dei picchi dell'era be-bop, Daahoud di Clifford Brown (una delle grandi promesse del jazz, morto nel 1956 in un incidente stradale a soli 25 anni), Snowfall, uno dei più grandi standard del jazz, scritta nel 1941 da Claude Thornhill e una ripresa di Softly, As In A Morning Sunrise dal musical New Moon di Sigmund Romberg (musiche) e Oscar Hammerstein II (testo). C'è anche una versione strumentale di Sweet Georgie Fame di Blossom Dearie, che nella sua versione originale aveva il testo scritto da Sandra Harris, e la canzone è una dedica alla cantante jazz inglese Georgie Fame, una canzone scritta da donne per una donna. Tra le proprie composizioni, tre gemme: Blues For Herb, dedicata all'amicizia con Herb Harris suo mentore, una Ballad For A Music Box e la canzone, delicato e sentito omaggio al suo mito, East To Wes. Il disco è un gioiello, consacrato anche dalla critica, uno degli apici creativi del talento di Remler.
Un talento che si è sempre scontrato con un grave problema: la sua dipendenza dall'eroina. Dipendenza che fu la causa, drammatica, di un attacco di cuore mentre era in tour in Australia nel 1990 che si porta via un talento della chitarra jazz a soli 32 anni. Una chitarrista fenomenale, che amava dire: Quando suono, non so se sono una ragazza, o un ragazzo, un cane, un gatto o altro. Sto solo suonando. Quando scendo dal palco, è lì che la gente mi ricorda che sono una donna.
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