Tumgik
#non poteva essere vero
frammenti--di--cuore · 11 months
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Ho sognato che mi veniva detta una frase bellissima, forse proprio quella che mi servirebbe per guarire tante ferite del passato. Peccato che si trattava solo di un sogno fatto da me stessa 🥲
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godisacutedemon2 · 4 months
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Varcò la soglia di quel bar coi capelli legati e la mano sventolante vicino al viso: faceva caldo, troppo caldo, nonostante fossero appena le 8 di mattina. Le goccioline che le partivano dalla fronte scendevano giù lungo tutto il viso arrivando alla bocca rimpolpata da quel suo lipgloss appiccicoso che usava sempre. Il locale era pieno, le voci erano alte, tutti di fretta ma non troppo: va bene andare a lavoro, sì, ma con calma, ce n'è di tempo per lavorare, ma per esser felici e spensierati ce n'è troppo poco. Si avvicinò al bancone, a servirla c'era un bel giovane sorridente. «Non ti ho mai vista qui, sei nuova?» il sorriso si fece ancora più ampio, ma come risposta ricevette il sopracciglio inarcato e indispettito di lei. «Buongiorno, innanzitutto» rimbobò. Erano già due mesi che era lì, ma ancora non si era abituata a quella confidenza che chiunque si prendeva. Sapeva non fosse cattiveria, ma un po' l'infastidiva. Tutti conoscevano tutti e lei, a sentirsi dire sempre la stessa frase, si sentiva un po' un pesce fuor d'acqua. «Sì, sono nuova. Ma ricordate tutti coloro che passano o è proprio un vostro modo di approcciare?» continuò quindi lei. Il giovane si passò la mano tra i capelli lisci che gli cadevano sulla fronte «signorina, non mi permetterei mai di approcciarvi... O almeno, mi correggo, non così» rise, era bello. «Scusatemi se mi sono permesso o se vi ho dato fastidio... Diciamo che qui ci conosciamo tutti» botta secca «o comunque, più o meno mi ricordo chi passa, un viso così bello lo ricorderei». Le lusinghe erano tante, ma la pazienza la stava proprio perdendo. «Sì, capito, capito. Mi può portare un caffè, per favore?» «sì, certo, permettetemi di presentarmi almeno, io son-...» dei passi lenti dietro di lei la interruppero «Antò, e falla finita! Ti vuoi sbrigare? Non è cosa, non lo vedi? Portagli 'sto caffè e muoviti, glielo offro io alla signorina». La situazione stava degenerando, la ragazza in viso era ormai paonazza e non di certo per il caldo. «Scusatemi tutti, il caffè me lo pago da sola! Posso solo e solamente averlo?! Si sta facendo tardi, non pensavo che qui fosse un delirio anche prendere un caffè!» per un attimo calò il silenzio che non c'era mai stato, nella mente di lei passò un vento di leggerezza e sollievo, senza rendersi conto che, con quell'affermazione, si era di nuovo sentita come tutto ciò che non voleva sentirsi: un pesce fuor d'acqua. «Scusatemi» bofonchiò, poi di nuovo «potrei avere gentilmente un caffè? Grazie. Mi andrò a sedere al tavolo» il barista la guardò, un po' dispiaciuto «signorì, se permettete, cappuccino e cornetto, offre la casa. Sentitevi un po' a casa, vi farebbe bene» e si dileguò. Non disse nulla e si trascinò verso il tavolino, non poteva combatterli: erano tutti pieni di vita lì in quel posto. Che alla fine, un po' di gioia dopo anni di sofferenze, non sarebbe poi mica guastata.
Si sedette lì, ad un tavolino accanto ad un immenso finestrone: da lì si vedeva il mare, mozzafiato. Si guardò intorno. Il viavai di gente era irrefrenabile e la mole di lavoro assurda, ma la cosa più bella di quel posto è che nonostante le richieste più assurde dei clienti, venivano accolti tutti con il sorriso più caloroso del mondo.
Sorseggiava il suo cappuccino, lasciando vagare il suo sguardo di tanto in tanto, fin quando non si fermarono inchiodati su quello di un altro. Nell'angolo, in fondo, c'era un ragazzo. Gli occhi scuri tempesta bloccati nei suoi ciel sereno. I capelli un po' arricciati gli scappavano qua e là dalla capigliatura indefinita che portava. Un ricordo è come un sogno lucido, che però puoi toccare, sentire, annusare, vivere ad occhi aperti, vivere senza dormire. In quell'angolo di stanza, c'era lui. I battiti partirono all'impazzata all'unisono, nel bar non c'era più nessuno, solo loro. So potevano quasi toccare co mano, nonostante la distanza a separarli, le loro mani accarezzavano i rispettivi visi come a gridare “sei vera? Sei vero?”. Un impeto di emozioni, un vulcano in eruzione, la pioggia sul viso, il vento che porta il treno che sfreccia, il pianto di un bambino, la risata di un ragazzo. «Signorì, tutto apposto?» il tempo di sbattere le palpebre: lui non c'era più «sì, sì... Pensavo di aver visto qualcuno di mia conoscenza».
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ragazza-whintigale · 7 months
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𝖄𝖆𝖓𝖉𝖊𝖗𝖊 𝕽𝖆𝖐𝖎𝖊𝖑 𝕰𝖉𝖊𝖓𝖛𝖊𝖓𝖓𝖊 𝖝 𝖗𝖊𝖆𝖉𝖊𝖗
( + ᴹᴵᴺᴼᴿᴱ ʸᴬᴺᴰᴱᴿᴱ ᴾᴸᴬᵀᴼᴺᴵᶜᴼ ᴹᴬᴿᴵᴬᴺᴺᴱ ᴱᴰᴱᴺᵛᴱᴿᴿᴱ)
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𝔒𝔭𝔢𝔯𝔞 ➵ Into the light, once again
𝔄𝔳𝔳𝔢𝔯𝔱𝔢𝔫𝔷𝔢 ➵ Comportamento yandere, yandere platonico Marianne, viaggio nel tempo, morte, menzione di torture, manipolazione, Avvelenamento, Minacce di morte, tentato Suicidio, omicidio, veleno, Mc mentalmente instabile, Marianne bara costantemente, possibile parte 2.
𝔓𝔞𝔯𝔬𝔩𝔢 ➵ 8184
⟢𝙿𝚛𝚎𝚌𝚎𝚍𝚎𝚗𝚝𝚎 / 𝚂𝚞𝚌𝚌𝚎𝚜𝚜𝚒𝚟𝚘 ⟣
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C’è voluto del tempo, più di quanto pensavi in realtà, ma alla fine sei arrivata alla conclusione che: non è un sogno. Risvegliarti nella tua stanza di quando eri solo una giovane debuttante, con i chiari ricordi di qualcosa che era successo ma che nessuno ricordava, poteva essere un sogno…
…Ma non  lo era. 
Questo sotto certi versi era ironico. Avevi commesso qualcosa, che a occhi sconosciuti, ti avrebbero fatta diventare la cattiva della storia, se mai questa fosse stata una storia, eppure hai comunque una seconda possibilità. Quel genere di possibilità che poteva rivelarsi un bene e un male, un arma a doppio taglio. Una peccatrice a cui era stata data una possibilità di redenzione. O una possibilità di Vendetta, ma faceva davvero differenza tra le due cose? Non quando avevi avvelenato con successo il tuo fidanzato - non che futuro imperatore - e tra la lista dei possibili colpevoli tu non eri nemmeno compresa. Troppo innocua o troppo stupida? Non ne avevi idea, ma ridere alla frustrazione delle principesse e dei principi preoccupati per il fratello non deve avergli dato molti dubbi. Avevi tutto il diritto di fare quello che hai fatto! Non eri una pedina in mani crudeli, non eri un pezzo di argilla da modellare a loro piacimento e tanto meno una marionetta nelle mani di un giocattolaio. Eri tratta con sufficienza. Un ridicolo pezzetto di un piano molto più complesso.
Hai fatto diversi test per provare che tutto questo era reale, che sei tornata indietro e non era un sogno. Hai cercato vecchie cicatrici che ti eri procurata per alleviare lo stress della competizione al trono o che ti erano state fatte successivamente al tuo attentato. Hai Indagato su alcune situazioni che ricordavi fossero accadute, realizzando che altre che ricordavi lontanamente fossero appena accadute. Una certa contessa non era incinta di un figlio bastardo, anzi non era proprio sposata con il marito che avrebbe tradito. Nessun cavaliere era stato giustiziato ingiustamente e nessuna storia d’amore tra un qualche mago e una popolana che sarebbe diventato un romanzo apprezzato in tutto l’Impero. Ma soprattutto nessuna cicatrice di tutti gli abusi che avevi subito gli ultimi mesi prima di morire, e il principe Rakial era vivo. Maledettamente vivo e non in pericolo di vita, come lo avevi lasciato. Forse la prova più tangibile l’ultima.
Sei palesemente tornata indietro nel tempo, non sai come o perché. Ma hai deciso comunque crederci. Anche se sarebbe era stupido da parte tua non crederci a prescindere. Non quando maghi talentuosi abitavano tutto l’Impero, sotto la guida della famiglia Imperiale. Ti sei assicurata infine di capire in che anno eri… 5 anni e qualche mese prima della tua morte. Era già qualcosa immaginavi, contando che, per quello che potevi ricordare, Rakial ci aveva messo molto tempo a notarti. Non come se l'avesse fatto davvero a tuo parere. In realtà eri certa che fosse semplice evitare di avere a che fare con loro. Sarebbe bastato stargli lontano, e evitare sua sorella minore, forse il tuo vero ostacolo in realtà o così l’avevi sempre vista. Marianne era in qualche modo coinvolta in tutto quello che era successo, ma non sapevi fino a che punto lo fosse. Sia riguardo alla tua fine che agli strani eventi che hanno coinvolto Edervenne e Elmir. Non hai nemmeno dubbi sulla sua implicazione nella tua fine, e hai sospettato fino all’ultimo che lei avesse incastrato la principessa Alissa e in qualche modo il essere una specie di Santa ti ha solo aiutato a sospettare anche di più. Lo sapevi anche quando ti avevano assicurato che non era così e che era crudele da parte tua dare la colpa alla vittima. Ma nessuno sospetta mai della vittima, d'altronde. Sarebbe stata una mossa astuta da parte sua. Hai ignorato tutti e non avevi decisamente tutti i torti. Solo che nessuno ti avrebbe comunque riconosciuto per questo.
Il piano completo - non molto strutturato in realtà, niente di complicato - prevedeva che tu non avessi contato con nessuno dei due fino a che non avessi trovato un altro modo per fuggire. Il che avrebbe potuto significare un fidanzamento fuori Edenverre o avere un ruolo come ambasciatore per conto di Edenverre in un altro luogo. Elmir era conosciuto per essere un luogo molto pacifico, anche se dubitavi ci saresti mai andata, sapevi di un conflitto tra Elmir e Edervenne che sarebbe diventato intenso in futuro. 
Hai incrociato le braccia quasi senza pensarci, senza badare a qualsiasi etichetta potesse esserci.  Secondo quello che potevi ricordare il motivo del tuo fidanzamento con Rakial è una sorta di apparenza sociale. Dopo la morte di Alissa, Rakial ha perso influenza e di conseguenza, per rafforzare il potere, che ha preso la decisione di fidanzarsi con la figlia dell'ambasciatore di Vandrova. Tu.  Non potevi sapere se funzionava davvero così o avrebbe dovuto sposare una principessa da Vandrova. Anche se non ci eri mai stata si dice che le principesse hanno un aspetto magnifico e fuori dal comune. Parenti delle fate si chiacchiera a Edervenne, anche se ne dubitavi fortemente, ma li hai lasciati parlare. Non avevi un gran motivo per imbarcarti in un'impresa così inutile.
Hai sospirato di sollievo e  con ancora un filo di controllo in corpo, hai lasciato scendere le braccia in una posizione più comoda ed elegante. Nessuno sembra accorgersene. Per tua fortuna durante tutta la sera sei riuscita a non farti notare, o semplicemente incontrarli. E’ stato relativamente semplice. Marianne era circondata costantemente di troppe attenzioni preoccupate per la sua salute, per notarti tra la folla in cui ti sei mescolata. Invece Rakial era troppo indifferente e impegnato a parlare con qualcuno per accorgersi di una qualsiasi nobildonna, in mezzo ad altre qualsiasi nobildonne. 
Se Selene fosse stata anche solo un pò dalla tua parte ti avrebbe concesso di non essere notata. Speravi disperatamente lo fosse anche se non è la vendetta che stai cercando.
Hai rigirato il bicchiere tra le tue dita  annoiata dalla conversazione, non ricordavi nemmeno come e quando sei riuscita a mescolarti a questa manica di pettegole. Non potevi negarlo di esserlo anche tu, ma quello di cui parlavi tu era qualcosa di diverso; Niente coppie, niente matrimoni e niente adulazioni a giovani nobili. Sul serio non potevi parlare di Aconito come se fosse un qualsiasi vino costoso? Credi di no. Soprattutto ora. Da come hai registrato, Alissa è già stata giustiziata da quasi 3 mesi e parlare di qualcosa come veleno - anche se non era quello che era stato usato - non era un’idea molto saggia. Si stavano ancora cercando persone sospette e coinvolte nell'incidente. E poi questa festa era in onore di Marianne che si era rimessa, quindi avresti rovinato solo l’atmosfera, attirando le attenzioni che volevi evitare.
❝ E voi Lady (nome)? ❞ ❝ mmh? scusatemi ero distratta…❞ Ti sei destata dai tuoi pensieri con un'apparenza imbarazzata. I loro sguardi chiamavano una risposta. Non pensavi fossero interessate a te in quanto persona, ma solo come punto di un futuro pettegolezzo. ❝ Beh… avete un anno più di sua altezza il principe Rakial, eppure non avete nemmeno un interesse.❞ Da quando i principi venivano usati come metodi di misurazione dell’età? Comunque avevi quasi due anni di differenza da lui, solo 4 mesi Ti impedivano di completare l’anno. Scandisci la voce con una leggera tosse. ❝ Oh beh… penso di non aver trovato ancora qualcuno con cui condividere la vita… e poi da dove viene mia madre, è normale iniziare il corteggiamento in una così tarda età.❞ Hai ridacchiato in modo fin troppo finto per essere credibile, ma le altre dame ci sembrano essere cadute. Non ti sembravano molto sveglie in effetti.
❝ Giusto, vostra madre non è di Edenverre! ❞ Disse una ❝ Si dice che condividete molti tratti della sua città natale.❞ Un’altra non poco distante aveva continuato il discorso della precedente colpite dal stesso entusiasmo. Anche se era vero. Tu somigliavi più a qualcuno di Vandrova, che di Edenverre. E così ti stava bene. Il discorso era scivolato via con facilità mentre qualcuno citava di essere stata a Vandrova. Tu non ci sei mai stata e non avevi un spiccato interesse nel andarci nell’immediato futuro, se mai non fosse l’unica soluzione per sfuggire al tuo imminente declino.
Hai ripreso ad ignorare oziosamente la conversazione, spostandoti ogni tanto con il gruppo per prendere da bere, o semplicemente per appartarvi, parlando per qualche breve istante, solo per rispondere alle domande delle più curiose. Per il momento eri riuscito a manovrare i movimenti affinché non incontrassi nessuno dei due. In ogni caso non è così difficile evitarli, Rakial non lasciava mai i pressi del palco dedicato ai reali - ci sei stata seduta molte volte nelle tua vita precedente. - Mentre Marianne, sempre accompagnata da qualcuno, proclamava  dolci lodi a qualcosa che non ti eri curata di ascoltare. Non che in ogni caso fossi rimasta così vicina abbastanza allungo da sentirlo. A volte li perdevi di vista, persi  in mezzo alla folla danzante e alle grandi colonne decorate. Forse avresti dovuto fare più attenzione, ti ricordavi a mente, sarebbe stato spiacevole incontrarli.
Qualcuno strattona il tuo complesso di strati di tulle e seta color panna. Un colore anonimo, il più anonimo ed elegante che hai trovato. Abbassi lo sguardo, con l’intento di rimproverare il  bambino impertinente e fuori controllo che forse ti aveva notata. Ma che poi avresti cacciato con la scusa di essere impegnata. Solo che in quel momento il bambino fastidioso sarebbe stato davvero molto meglio del grazioso viso minuto di Marianne. Hai allargato gli occhi mentre ti afferra la mano che ti era caduta istintivamente al fianco. Una catena. Questo poteva sembrare in questo momento mentre non accenna a spostarla. Una sorta di promemoria del passato - o del futuro? - che ti era impresso addosso. Sentivi un mucchio di farfalle volare nelle tue orecchie e facevano un sacco di rumore, no aspetta, erano persone. Tante persone, una folla di persone. Tutte che guardavano dalla vostra parte, entrambe. Tu e Marianne. Parole soffocate su qualcosa come ‘essersi affezionata?'. No no no no. NO.
❝ Buona Serata Lady (nome), state bene? Perché siete qui tutta sola? ❞ ❝ Non sono-❞ Ti sei voltata ed effettivamente eri sola, chissà da quanto tempo. ❝ Sembrate pallida va tutto bene?❞ Hai posato di nuovo il tuo sguardo su Marianne che ora sorrideva ❝ Se volete posso tenervi io compagnia!❞ Non era una domanda, per quanto potesse suonare come tale. C’è voluto qualche minuto prima che tu potessi mettere insieme qualcosa di sensato e anche solo vagamente formale, distante ed educato.❝ Sarebbe per me un onore ricevere la compagnia di vostra altezza, ma non vorrei annoiarvi o ancora peggio sforzarvi. Ho sentito che vi siete appena rimessa.❞ Marianna teneva ancora stretta la tua mano - che non dava segni di voler lasciare - mentre pensava attentamente a quello che avevi detto. Non potevi scappare, non che lei volesse che tu scappassi era palese da come teneva la catena sua mano sulla tua. Ti sentivi come in quei giorni  in prigione, aspettando inesorabile il giudizio che precede una fine lugubre. Il fiato veniva a mancare quasi come se il tuo corpo avesse deciso che era meglio morire, che finire nelle loro mani. Se non fossi così intenzionata a sopravvivere gli avresti dato anche ragione.
La principessa pensò per un attimo a cosa dire, mentre giocava incurante con le dita della tua mano più grande, rispetto alla sua. Dava la strana impressione che volesse rivelare qualcosa che teneva segreto e che solo tu avessi dovuto sapere. Un piano forse. Ma dubitavi sarebbe successo in mezzo a tutta questa folla di gente. ❝  In realtà io stavo cercando proprio te…❞ Hai sentito il cuore affondare, la consapevolezza di non averlo predetto ti ha colpito in pieno.  ❝ma sembra quasi ti stessi nascondendo.❞ Un brillante sorriso sostituì l’espressione di dubbio. Ti sei d’attratto accorta che ti aveva chiamata per nome nome prima. Eppure non vi eravate incontrate prima. Anche se era stata lei a presentarti a Rakial nella tua vita precedente, sarebbe comunque dovuto accadere tra un anno e mezzo rispetto ad adesso. Ma hai liquidato tutto in un certo senso, attutendo la tua paranoia con l’intuizione che c’era sempre stato un piano più complesso dietro. Nella scorsa vita ti aveva fatta entrare in campo nel momento più opportuno per lei.
❝ Ma immagino sia solo perché eravate con quelle signorine.❞ Disse e si sporse per guardare le nobildonne con cui eri prima. Stanno ancora chiacchierando ancora animatamente dall’altra parte della sala. Non sembra si siano accorte della tua mancanza. Ti sei maledetta per non essere stata abbastanza attenta da stare al loro passo, di esserti distratta, e di aver sottovalutato questa bambina demoniaca. ❝ Marianne dove sei finita??? ❞ Riconosci la voce bassa e fredda, anche se non molto controllata. Hai cercato di allontanarti ma la mano di Marianne te lo ha impedito. Non capivi come questa bambina ancora parzialmente in convalescenza potesse essere così forte. O sei tu ad essere diventata più debole tutto in un momento. ❝ Sono qui fratello. ❞ Rakial appare con la sua espressione preoccupata. Se non fossi così contraria alla loro presenza o non li trovassi colpevoli della tua fine, come quella di Alissa, avresti potuto dire che erano carini. Ma tu eri ancora ovviamente contraria a loro. 
Rakial si fermò per vedere come Marianne stava sorridendo e un respiro lasciò le sue labbra. ❝ Sono spiacente lady…  ❞ ❝ (nome)! ❞ Non sei stata tu a completare la frase, e anche se avessi voluto non ne hai avuto il tempo, Marianne ti ha preceduto. ❝ Si certo. Sono spiacente Lady (nome), per aver attirato tanta attenzione così ingiustamente su di voi.❞ Non  era la prima volta che lo faceva, solo che nessuno lo poteva ricordare apparte te e tu non eri disposta realmente a perdonarlo. Soprattutto quando sembrava il vero intento Marianne metterti al centro di qualsiasi attenzione indesiderata, a maggior ragione quando quella sembrava un modo per affiliarti a loro. Tutti in quel momento avrebbero potuto fraintendere, e l’unica cosa che ti sarebbe rimasta da fare sarebbe continuare a fingere che ti stesse bene stare con loro. 
Dovevi evitarlo!
Attualmente il modo migliore era liquidare la conversazione nel modo più distaccato possibile, come se la loro presenza non fosse quella di due reali. ❝ Non c’è bisogno delle vostre scuse nei confronti di una umile ragazza. Sono io a dovermi scusare per aver rubato il tempo vostro, e della principessa.❞ Una punta di delusione si accese negli occhi di Marianne e forse non sembrava aspettarsi quel genere di risposta. Non avevi avuto incontri del genere con loro nelle tue vite passate, erano solo piombati all’improvviso nella tua tranquillità un giorno come tanti, senza che tu potessi prevederlo. Ma nemmeno visto sotto questo punto di vista e con le conoscenze che avevi adesso, avresti risposto come oggi a quel tempo, troppo ignara.
❝ Fratello penso che dovremmo invitare Lady (nome) a bere qualcosa con noi, infondo l’ho disturbata io. ❞ Non aveva lasciato la tua mano nemmeno quando aveva preso quella del fratello nella sua. Recitando un ultimo disperato tentativo di tenerti lì abbastanza tempo da far comprendere la tua importanza. Rakial ha guardato intensamente come la piccola mano di Marianne si aggrappava alla tua e come tu, in realtà, ti comportassi come se non lo stesse facendo. C’era qualcosa di famigliare, ma lo ha lasciato andare subito dopo, tanto che non sei riuscita a percepirlo nemmeno. ❝ Non ne vedo la necessità, vostre alte-❞ ❝ Sono io ad insistere questa volta. State molto a cuore a mia sorella quindi non vedo perché non concedere il beneficio del dubbio.❞ Ti sei sentita un giocattolo nelle mani di inquieti giocattolai… Ma forse se avessi resistito il tempo di un drink ora non avresti dovuto più rivederli in futuro. Ti sei annotata mentalmente di chiedere ad Uriel di darti qualcosa per simulare sintomi di un’influenza. Debole e malata non saresti stata più inclusa nel cerchie di quei due.❝ Anche se temo che una festa non sia il luogo ideale. Posso offrirle un the la settimana prossima. Marianne li adora.❞ Tu no invece, tu avevi iniziato ad odiarli proprio perché piacevano a quei due. Marianne annui fragorosamente, dimenticandosi per qualche istante che tu avevi cercato di allontanarti emotivamente da entrambi solo un attimo fa. ❝ Si si~ Mi piace molto come idea! ❞ ❝ Allora così sia.❞ Non hai avuto voce in capitolo per fermare tutto ciò. La tua mente si è maledetta per l'ennesima volta per la tua distrazione e semplicemente hai pensato a un altro piano. Dovevi solo far fallire il the party giusto?
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Il tuo piano era fallito ancora prima che potesse iniziare davvero. 
Non è passata neppure una festa a corte prima che tu fossi tirata nei piani di Marianne e nelle lotte di potere di Rakial. Eppure quello che avevi desiderato era semplice: fuggire. Ma forse non sarebbe stato possibile per te, in questa vita come in quella precedente. Non ti è stato possibile rinunciare ad incontrarli a quel thé che la principessa aveva organizzato. Marianne, Rakial e tu. Speravi che se ne sarebbero dimenticati, poteva capitare e tu di certo non ne avresti fatto una tragedia né ti saresti premurata di ricordarglielo. Ma l’invito ufficiale è infine arrivato e quindi non ti è stato possibile dimenticarlo o ignorarlo. Pensavi che il tuo tono scortese e irragionevole avrebbe fatto desistere la curiosità di Marianne nei tuoi confronti o semplicemente eliminare le tue possibilità come consorte o imperatrice a corte. Ma neppure quello era servito, le parole e spiegazioni di Marianne avevano dato un diverso significato alle tue azioni, comportamenti e parole. Niente è stato compreso come lo hai pensato e Rakial ha espresso solo il desiderio di avere un nuovo incontro, questa volta privato con te. Persone mature vi aveva definite. Se essere matura implica più incontri con lui avresti rinunciato ad esserlo. Ma poi  sono arrivati sempre più inviti e lo stupore degli abitanti del ducato svanì come era arrivato, lasciando solo spazio a Felicità. Eri riuscita ad attirare la benevolenza della famiglia Imperiale portando prestigio di conseguenza anche al Marchesato, e poi alla vicina Vandrova. La maggior parte erano eventi  a cui tu non eri invitata - o interessata -, incontri con altri membri della famiglia imperiale, dove questi ultimi sembravano apprezzare la tua presenza, una semplice giornata in privato con il principe o occasionalmente Marianne. 
Poi un giorno, non particolarmente grigio  e non particolarmente allegro, ti aveva chiesto di parlare. Solo tu, lui e L’imperatore. Un odore di delusione si era mescolato alla disperazione e alla rassegnazione che non avevi possibilità di fuggire da questo. ❝ Vieni cara, accomodati.  ❞ Il salotto era accomodante ma non accogliente come avresti pensato, e il tono di voce dell’imperatore aveva più o meno lo stesso effetto solo molto peggio. Non c’erano posti in cui tu potevi  sederti per stare lontana da Rakial e la disposizione accurata del servizio da the suggeriva che saresti stata vicino a lui. Ti sei seduta con un leggero malumore che nascondi per quello che riesci. Rakial prende un sorso di the con quell’espressione di chi finalmente riesce ad avere il controllo di qualcosa. Come se per la prima volta dopo una vita intera, qualcosa andasse per il verso giusto. Come era stato deciso e programmato.
❝ Non è molto tempo che frequenti il palazzo, vero? ❞ Hai spostato lo sguardo sull’uomo quando ha iniziato a parlare e ti sei trovata a concordare con la sua affermazione, anche se tu non l'avevi mai desiderato. E non sei stata neanche desiderosa di ampliare la cosa anche nella tua vita precedente ❝ Esatto vostra Maestà. ❞ Lui rise alla tue parole distanti e formali. ❝ Penso che dopo oggi tu possa far cadere le formalità, (nome) cara…❞  Lo avevi previsto arrivare, non eri una persona così ignara dopo tutto, ma ti ha spiazzata ugualmente. ❝… Vorrei un fidanzamento immediato da te e Rakial. ❞ Hai stretto i tessuti della gonna morbida che scivola ancora delicatamente lungo le tue gambe. Smetti solo quando la mano del principe si è posata sulla tua per frenare un qualsiasi attacco che avresti avuto successivamente. 
❝ Ma so anche delle tradizioni di Vandrova, quindi ho chiesto già in precedenza la vostra mano a vostro padre.❞ Non eri una che seguiva le tradizioni ma questo non ti ha impedito di farglielo credere, ovviamente. Il periodo di corteggiamento a Vandrova era qualcosa di serio e iniziava l’interesse dall’uomo fino alla richiesta della mano della futura sposa, questo processo durava circa qualche mese se non anni in molti casi e avvolte la sposa poteva esserne inconsapevole. Decisamente non lo hai visto arrivare, ma come potevi aspettarti che volessero procedere alla maniera di Vandrova.  Infondo calcolando il tempo che avevi passato dal tuo vero primo incontro in questa vita con Rakial non erano passati molti mesi. Quindi era qualcosa già programmato. Il vostro incontro a quel ballo era programmato, e avresti giurato che anche nel tua vita passata fosse programmato.❝ Non capisco, vostra Maestà. Cosa ci avete visto in me. Infondo avrebbe più vantaggi per il paese a sposare una principessa di Vandrova e non una comune nobildonna.  ❞ L’imperatore non si fermò e prese un sorso della bevanda ambrata che gli era stata servita. ❝ Non è qualcosa che ti deve preoccupare. Abbiamo già preso accordi con Vandrova.❞
Giusto. 
Il fatto che tu avessi cambiato vita non voleva per forza dire che loro sarebbero cambiati. Come allora, nemmeno adesso ti avrebbero detto quale era l’intento reale. ❝In ogni caso, sarà organizzata una cerimonia per annunciare ufficialmente il fidanzamento… ❞ Hai smesso di ascoltare persa nei tuoi pensieri. Hai annuito forse occasionalmente. Hai rimescolato i pensieri varie volte negli ultimi mesi. Niente che tu avevi progettato sembrava funzionare. Una sensazione di insensibilità ti percosse le braccia, e poi tutto il resto del corpo. Ogni speranza stava lentamente svanendo. Non eri riuscita a cambiare niente, eri esattamente allo stesso punto della prima volta, solo prima del previsto e con la consapevolezza di quello che sarebbe successo.Niente di quello che suggeriva Uriel, e niente di quello che proponevi ad Uriel sembrava funzionare. Tutto  questo sembrava solo sempre più prevedibile a Marianne e al resto della sua famiglia  che sventava tutto e ti gettava sempre più verso Rakial, che a sua volta sembra infatuato dalla tua sola presenza. Sarebbe stato troppo chiedere all’unica persona che era davvero tua amica di far qualcosa contro di Loro, in fondo era al loro servizio. Davvero non c ‘era nulla che tu potessi fare per fuggire…
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❝ Rimani qui vado a prenderne un altro. ❞ Rakial ti ha passato il suo  calice di vino chiaro, leggermente rosato, forse qualcosa di più tendente al lilla. Un misto di frizzante con profumo di fiori, che sapevi non essere  normale.  Non era di certo qualcosa che poteva piacere a qualcuno come Rakial. No. Eri certa che non gli piacesse, lo aveva fatto intuire chiaramente in passato e nella tua scorsa vita. Non era decisamente normale, questo era più simile all’odore di un veleno così familiare che potevi quasi esserne compiaciuta. Hai visto una certa ironia, il veleno che avevi usato anticamente per cercare di ucciderlo era dentro il suo bicchiere che ora era nelle tue mani.
Aconito.
Non ricordavi che avessero mai attentato alla sua vita in questo modo, o lo avevano nascosto bene o semplicemente non era mai accaduto in origine. Ma non fa alcuna differenza domandarselo, solo tu possedevi ricordi della vita passata quindi anche se lo avessi chiesto nessuno ti avrebbe dato credito al tuo farneticare. Forse saresti solo considerata pazza o delirante, o ancora avrebbe attribuito la colpa allo stress per l’organizzazione del fidanzamento. Hai fatto girare il liquido all’interno del bicchiere con mosse casuali pensando a cosa farne. Era fuori discussione che lo avvertissi, saresti stata classificata nel problema, e di certo non saresti riuscita a scambiarlo senza che sospettasse qualcosa o che sospettasse di te in generale . Potevi rovesciarlo, ma era pericoloso anche per contatto. Quindi la cosa meno naturale ma la più plausibile per te era ingerirlo, ed è quello che hai fatto. Tutt’uno fiato, prima dell’arrivo di Rakial e Marianne. 
Secondo quello che potevi ricordare da quello che ti aveva detto Uriel, aveva un’azione abbastanza veloce, circa 30 minuti. Il che dava tutto il tempo a Uriel, sempre al fianco di Marianne, di evitare di intervenire per salvarti se mai l'avesse scoperto. Era il vostro patto, non vi sareste  messo i bastoni tra le ruote e vi sareste aiutate fino in fondo. Avrebbe creato uno scandalo? Ovviamente. Ne saresti uscita viva? Speravi di no. Ti sei ricomposta quando sono arrivati, ed hai solo finto che stessi guardando l'esibizione della violinista sul piccolo palco a margine della sala da ballo. Offri un sorriso di cortesia mentre Rakial ti parla ❝ Se avevi cosi sete potevi dirmelo ti avrei portato un altro bicchiere.❞ Quale comune figlia di un Marchese chiederebbe mai ad un principe di portarle da bere. Ma lui forse ti aveva semplicemente messa sul suo stesso piano da quando si era iniziato a parlare di un certo fidanzamento. 
❝ Non ce ne è bisogno.❞ Hai risposto il più educatamente e distantemente possibile. Probabilmente se avessi ingerito altri liquidi avresti rallentato il processo del veleno. Il tuo sguardo si posa brevemente su quello di Uriel che ti stava guardando come chi stava cercando qualcosa e un’espressione di consapevolezza lo colpì. ❝ Lady (nome) siete sicura di stare bene?❞ Uriel aveva iniziato a chiamarti con una tale distanza da quando hai iniziato a far parte delle cerchie di Marianne. Raramente siete riuscita a rimanere da sole quindi la normalità è diventato questa. La domanda del mago era sospetta, e forse era un campanello di allarme per i due reali. Erano passati più o meno 25 minuti da quando avevi ingerito il veleno, e sentivi già una certa fatica e difficoltà nel respirare, ma ti sembra di starlo nascondendo discretamente. Forse anche il tuo incarnato non aveva un bell'aspetto, dato che Rakial è impallidito quando passò da guardare il mago a te con un sguardo di terrore. ❝ Tutto bene, devo essere solo stan-❞ ❝ (Nome) parla.❞ Hai guardato il principe, come a dargli la colpa. Il tuo sguardo gli stava dando la colpa e lui forse stava arrivando alla soluzione senza che tu parlassi per forza. Ti sei sentita in colpa di avergli dato la soluzione. Non la meritava. Doveva sprofondare nella disperazione come avevi fatto tu.
❝ Ce ne andiamo. Abbiamo bisogno di un medico. ❞ Forse era comune per la famiglia imperiale rischiare la vita in questo modo, e da quello che potevi ricordare potevi confermarlo. Ed ora che hanno sventato per miracolo ‘ l’attentato’ nei confronti di Marianne tutto il protocollo per questo genere di attentati era decisamente più tempestivo. Ti sei allontanata e sentivi le tue gambe tremare, come se non riuscissi più a reggere il tuo stesso peso. Metti le mani avanti per allontanarlo, tutto gli avresti concesso ma toccarti era fuori discussione. Il solo pensiero ti aveva causato del ribrezzo. ❝ Vostra altezza ve l’ho già detto, sto bene. E’ solo stanchezza.❞ Hai fatto un passo indietro quando Rakial ne ha fatti due in avanti, questo è quello che le tue gambe ti hanno concesso nonostante il peso che sembravano portare di colpo. Nessuno nella sala sembrava accorgersi di quell’avvenimento e ti stava bene così. ❝ Non stai bene, devo portarti via. ❞ Lui non doveva fare proprio niente, non aveva nessun obbligo verso di te. Tu eri solo una sorta di dovere politico e non volevi essere trattata come se fossi una fidanzata o un’amante. ❝ (nome) ti prego ascolta il fratello.❞ Questa volta è stata Marianne ad intervenire, con quell’aria preoccupata, o era finta? Ogni sua espressione ti sembra finta o calcolata, quindi immaginavi non facesse eccezione nemmeno questa volta. Nemmeno quando tu eri in difficoltà, e non volevi il loro aiuto. 
Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi.
Ti senti delirante mentre la tua mente inizia a sfarfallare in mille tonalità diverse dalla realtà che sapevi di conoscere e ricordare, hai percepito  un brivido percorrere la tua spina dorsale. Tisei ripetuta che fosse normale, d’altronde avevi ingerito del veleno.❝ Vi ho già detto che sto bene! ❞ E’ arrivato il secondo principe che forse sembrava aver compreso che qualcosa non andava. Hai fatto un’altro passo indietro mentre Marianne spiega spaventata la situazione al secondo principe. Il passo successivo, più faticoso del precedente, è stato il tuo ultimo. Sei caduta a terra tremante, permettendo al principe di avvicinarsi senza difficoltà, o almeno quasi. ❝ FERMO DOVE SEI, NON TI AVVICINARE!!!❞Hai urlato disperata attirando inevitabilmente gli sguardi della sala, che piombò nel più gelido dei silenzi. Rakial si era avvicinato quasi del tutto, solo qualche metro lo teneva distante e incapace di aiutarti. Il suo sguardo mutò dalla preoccupazione alla fredda sorpresa. Hai tossito portando la mano alla bocca. Una sostanza viscosa ha bagnato la stessa mano e hai compreso il perché dello sguardo di Rakial. Hai sentito la tua mente scivolare e vibrare verso qualcosa di insensibile. Il bicchiere in vetro che tenevi in mano ti è scivolato dalla mano che ora era diventata altrettanto insensibile. Stavi lentamente cadendo nell’oscurità, riservi uno sguardo al principe che stava parlando. Non riuscivi a sentire quello che voleva dire, era tutto ovattato al punto che niente era udibile. Hai visto più persone intorno a te che volevano aiutarti. Non sei  riuscita a riconoscerli. 
Hai maledetto a bassa voce lo stordimento e il fischio in fondo alla tua testa man mano sempre più forte, fino a sparire nella tua mente. In realtà tutto è svanito in quella placida e confortevole oscurità oscurità.
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Hai canticchiato al mago che entra nella tua stanza, o maga, non ti era chiaro, ma non aveva ugualmente importanza. Il tuo aspetto non era uno  dei migliori e i tuoi vestiti non erano tirati a lucido come i capelli e il trucco. Eppure a nessuno dei due poteva davvero importare. Ti sei unicamente permessa di essere felice di un viso amico. ❝ Oi (nome), hai finito di saltare le lezioni?? ❞ Non era il modo di riferirsi alla figlia di un Marchese ma a te non fa molta differenza. Non eravate mai stati nobile e mago, solo semplici amici. Getti la testa all'indietro e posi il tuo indice lungo e fino sotto il labbro inferiore. ❝  Non ero semplicemente interessata a quello che aveva da dire quella vecchiaccia❞ Una risata esce soave dalle labbra del mago e semplicemente ti porge un libro. 
I caratteri del titolo sono illeggibili a causa dell’usura. Il cuoio era nero e complicati intrecci dorati percorrono il dorso usurato . Forse anche il titolo una volta aveva lo stesso colore scintillante. Le pagine ingiallite erano costellate di segnalibri. Alcuni con colori vibranti, altri più polverosi, altri ancora erano dipinti di fiori esotici altri invece di erbe che non potevi riconoscere.❝ Cosa dovrei farci? ❞ ❝ Apri dove c’è quello nero.❞ Tra i vari colori c’è un solo segnalibro nero, l’unico in realtà, ma risaltava poco con il cuoio scuro della copertina. Hai preso lo spunto per aprirlo e vedere un misto di parole stampate con inchiostro - per lo più date - scritte quasi del tutto illeggibili e sbavate, e infine diverse immagini della stessa pianta, in fasi diversi della sua crescita e in diversi utilizzi. ❝ Aconito?❞ ❝ Già❞ Hai riflettuto attentamente dopo aver letto il titolo. Ti sei soffermata su ogni lettera per essere certa di aver letto bene. Hai cercato attentamente a cosa volesse dirti mostrandoti quelle pagine ❝ E cosa dovrei farci?❞ Forse lo stava aspettando, infatti i suoi occhi brillarono alla domanda. Con quell’eleganza che tanto lo caratterizzava spostó il libro in mezzo, indicando un disegno. Era fatto con inchiostro e quello che sembrava gesso colorato. Il fiore raffigurato era al massimo della sua fioritura e bellezza - come scritto brevemente nella descrizione. ❝ Beh, vedi cara futura marchesa, - cita sempre il tuo futuro titolo ogni volta che aveva qualcosa di grandioso da dire -  l’aconito è una pianta estremamente tossica per un essere umano, eppure estremamente comune qui a Edenverre… ❞ Non capivi ancora cosa voleva dirti, ti stava mostrando così casualmente una qualsiasi pianta nociva per lei, come per il mago e pretendeva che lei capisse. ❝ Uriel non mi piace quando generalizzi in questo modo. Parla chiaramente.❞ Il ragazzo rise e sposto il dito su una riga specifica del libro. Non aveva molto di straordinario, non era evidenziata da qualche segno e non aveva appunti ai margini che le spiegasse qualcosa che la facesse sembrare importante e difficile.
❝ L’aconito ha tossine che agiscono sul sistema nervosa, tuttavia è estremamente lento nell'agire e facile da riconoscere gli effetti… ❞ Iniziò a leggere le righe che aveva indicato, e il fatto che la stesse tirando per le lunghe ti stava innervosendo. ❝ …Ma se lavorata in un preciso modo, può diventare un veleno letale, senza molti sintomi visibili e difficile da rintracciare. ❞ Terminato di leggere, ha estratto una ampolla trasparente da una delle tasche della sua veste da mago. Sull'etichetta era scritto aconito con diversi disegni sbavati. Il vetro dell’ampolla era opaco ma si poteva ancora distinguere il colore lilla del liquido. Il tappo il sughero era sigillato a dovere con sostegni di cordicelle e quella che sembrava resina.❝ E il fato vuole che io sia riuscita a distillare quella pianta fino a renderla un veleno ancora più letale. Non è stato affatto semplice, sai? E solo tu lo sai! Ritieniti fortunata per questo, non tutti avrebbero questa fortuna.❞ Hai alzato un sopracciglio perplessa, non per le sue manie di protagonismo o per il suo ego smisurato, ma semplicemente per quello che ti ha presentata.❝ E con questo? Mi stai per caso dicendo che vuoi uccidermi? o che vorresti morire così un giorno? Non sei molto furbo se questo è il tuo scopo!❞ Un sorriso sghembo si aprì sulle tue labbra, alla sfacciata affermazione. Solo successivamente scoppiata a ridere insieme al ragazzo, dopo che lui ti aveva rimproverato per la tua scarsa fiducia in lui.
Il suo caschetto di capelli ruggine andò a coprirgli parzialmente il viso per le risate. Neanche il fermaglio posizionato su uno lati, era servito per impedire che succedesse e i suoi occhi corvini lacrimavano per lo sforzo, mentre la sua pelle olivastra assume tonalità rossastre. ❝  Davvero niente del genere. Ho solo pensato che se volessi uccidere qualcuno… potresti utilizzare questo così io saprei che sei stata tu e ti aiuterei a farla franca. E lo stesso se dovesse succedere a me.❞ Ti consegnò l’ampolla legata ad una cordina in metallo. Era una specie di ammonimento questa frase, come a prenderti in giro per la tua audacia sfiducia in lui, eppure tu lo avevi preso sul serio. Poi anche Uriel ha inizia a pensarla come una cosa seria. ❝ E va bene. Ma non pentirtene se dovessi uccidere il principe in persona.❞ ❝ Anche in quel caso ti proteggerei….
a proposito!❞ Ti sei allarmata quando si è alzato di scatto, serrando il libro e spingendolo sulle tue gambe. Inchioda i pugni ai fianchi per mettere in evidenza la nuova veste da mago, fluida e scura, decorata con dettagli preziosi e luminosi. ❝ Allora che ne pensi? Sono stato promesso a mago personale della Principessa Marianne.❞ Ricordavi quel nome, era una qualche figlia dell’imperatore che era stata trovata di recente e introdotta al castello imperiale. Per quanto ne sapevi aveva appena 8 anni, e aveva insoliti occhi dorati e capelli candidi, ma non sei davvero tipo da semplice gossip di corte. Avresti a mala pena ricordato i nomi dei principi e delle principesse, figuriamoci una comparsa dal nulla da qualche breve periodo.
Ogni membro della famiglia imperiale aveva diversi maghi che lavoravano sotto i loro stretti ordini. Ognuno un numero diverso al loro comando, dipendeva per lo più dall'importanza e la vicinanza al trono. Il principe ereditario -il più anziano tra i figli dell’imperatore- era quello che ne possedeva di più, anche se non si sentiva molto parlare di questo. Lo sapevi solo grazie alle chiacchiere della nobiltà più alta che incontravano i tuoi genitori e da questi ultimi.
❝ Sono stato proposto dal mio insegnante e sono stato preso. Sono il primo. ❞ Sembrava così orgoglioso che era quasi un peccato mandarlo giù dalla sua nuvola di fantasia. Hai riso quasi intenerita.❝ Primo e unico, è troppo indietro della linea successione per avere importanza per Imperatore. ❞ ❝ Almeno che non diventi una Santa, allora avrebbe un numero pari a quello del Principe Rakial❞ 
Ti sei voltata brevemente a guardarlo  e molte parole non dette potevano essere udite. Ha accennato per un motivo concreto questa volta. Non è una di quelle cose che ti viene da supporre tutti i giorni. Non tutti i giorni una principessa diventa una Santa e dubitavi fosse mai accaduto. ❝ Ha una fede solida, e inoltre… l’ho vista compiere dei gesti pari ad un miracolo.❞ Sei rimasta in silenzio guardando il ragazzo ❝ In più è stato provato che non è una maga. ❞ Poi hai guardato il libro. ❝ … Penso anche su una santa possa funzionare questo veleno no?❞ Hai riso e Uriel rimase basito sul tuo cambio precoce di argomento. Un rimprovero ti arrivò dal mago che proteggeva la principessa che avrebbe servito. Era il suo compito come suo mago farlo, eppure non era qualcosa di serio. 
Non avete più parlato di quello e hai nascosto l’ampolla di veleno, eri incurante che davvero ti avrebbe dato almeno un pò di soddisfazione nella tua vendetta.
-
Ti sei svegliata con la testa che pulsa, e con la malinconia e il tradimento di un vecchio ricordo. Apparteneva alla tua vita precedente. Ne eri più che certa di questo, nonostante l’intrecciarsi di queste vite che ti ha portato confusione e uno strano rimescolamento di ricordi, tuttavia potevi ancora ricordare che non eri mai tornata  così indietro con la tua età questa volta. Hai lavorato duramente per cercare di trovare una posizione più comoda per i tuoi arti pensanti e doloranti solo per trovare difficile anche solo il pensiero di dover compiere un tale sforzo. Come se una decina di macigni  fossero stati posizionati su ogni parte del corpo per rallentare i tuoi movimenti. Estremamente doloroso. Anche il semplice aprire gli occhi era faticoso, ma hai ugualmente portato a termine l’azione. Il pensiero del veleno che avevi ingerito è ritornato come una maledizione e la sensazione dolce del liquido con il frizzante del vino persiste ancora in bocca, forse senti anche il sangue. Un secondo ti sei chiesta cosa fosse successo dopo essere svenuta. Come avessero fatto a salvarti, in che condizioni eri durante tutta la tua incoscienza. Rakial ha pianto per te o semplicemente ha ignorato il tuo malessere una volta che il pubblico si era dissipato? Non eri certa lo avresti ami scoperto veramente, ma ha comunque una sottile e indifferente importanza.
La stanza in cui eri, era buia, ma ancora si può intravedere dei raggi penetrare da qualche buco tra le tende spesse che coprivano le finestre. Non sei riuscita a riconoscere la stanza in sé, ma l’arredamento  costoso e antico dalle tonalità del blu reale e del bianco perlaceo ti hanno suggerito che era l’ala del castello riservata al principe ereditario. Negli ultimi anni della tua vita, prima di venire considerata colpevole, avevi soggiornato in questa ala  del castello. E per quanto puoi non avere una buona memoria quello stile era inconfondibile. Per qualche ragione ti sei sentita ancora più vulnerabile e ingabbiata. ❝ Ti sei svegliata finalmente!❞ Ha parlato qualcuno e hai semplicemente spostato lo sguardo sulla figura alla tua destra, senza la possibilità di completare qualsiasi altro movimento. Rakial, in uno stato disastroso e disordinata,  sedeva su di una sedia vicino al letto in cui eri adagiata. Il suo abbigliamento era lo stesso della festa solo mancava la giacca elegante e le medaglie ornamentali. ❝ Hai la minima idea di quanto mi hai fatto preoccupare. Io e Marianne!  ❞ Era sempre lei, lei e Rakiel, che riguardava, mai te direttamente ma ormai ci eri abituata ❝ Per fortuna quel mago è riuscito ad aiutarti…❞ Si mise le mani sui capelli in modo frustrato.
Era palese che si trattasse di Uriel. Da sempre era interessato ad argomenti macabri e atipici, ma forse era per quello che era riuscito ad essere riuscito ad essere riconosciuto come un grande mago. I suoi interessi e curiosità lo hanno portato a scoperte e progressi mai avvenuti prima. Questo in passato ha solo favorito la fama e il prestigio di Marianne. Già… Uriel era proprio una persona bella e straordinaria, e per quanto i fini di Marianne fossero macabri lui aveva mantenuto una certa integrità e fascino , ma non aveva comunque mantenuto la sua promessa. Ma la cosa ti era solo adesso. Ti sentivi tradita, tradita dall’unica persona di cui ti fidavi e che credevi non ti avrebbe mai consegnato alla famiglia imperiale. Ma forse il giuramento alla corona valeva più della vostra  lunga amicizia… 
…Poi hai realizzato. Una freccia che ti ha trapassato il cuore e l’orgoglio… È stato Uriel a mettere il  veleno nel bicchiere di Rakiel ma in realtà era sempre stato  destinato a te. È stato Uriel a salvarti per conto del principe, lasciando una buona impressione del vostro rapporto da fidanzati. Uriel aveva deciso che tu meritassi di stare in questa famiglia. Uriel ti aveva condannata a un ciclo infinito di dolore. Lui ti aveva indotto a ripetere questo destino. Non hai pianto, per quanto ne sentissi il bisogno, era qualcosa che ti è difficile fare e che non ti eri ancora abbassata fare. Il tuo più grande amico aveva deciso il tuo futuro al tuo posto, e non mettevi in dubbio che ci fosse Marianne dietro a tutto questo. ❝ Marianne era così preoccupata per te. Era qui fino a qualche minuto fa… ti vede già come una sorella. ❞
❝ Credi davvero che io sia così stupida da non averlo capito?❞
Ti sei coperta gli occhi con il braccio. Eri stanca fisicamente e mentalmente, e il veleno che dovevi ancora smaltire insieme alla sola presenza del principe aveva reso il tuo mal di testa solo più doloroso. ❝ Pensi che non sappia che siete stati voi a pianificare tutto questo? Forse non sei coinvolto direttamente, ma questo non ti tira fuori da tutto il resto.❞ Una risata amara arrivò al principe seduto ora sul bordo del letto a baldacchino, troppo vicino a te. Hai perso l’istante in cui si era spostato ma sospettavi fosse mentre evidenziava la preoccupazione di Marianne. Potevi soffocare se potessi, ma non ti lascerebbe morire in ogni caso. ❝ Voi di Edenverre siete tutti uguali…❞ Hai sempre preferito dimenticare che anche tu avevi sangue di Edenverre, per il bene tuo e della tua vendetta. ❝ Non so di cosa stai parlando (nome). Penso che l’effetto del veleno non sia ancora scomparso e che tu stia solo delirando. Chiamerò qualcuno per risolvere la cosa.❞ Hai riso un’altra volta, solo più forte. Rakial si è fermato sui suoi passi, quando aveva utilizzato la sua scusa per allontanarsi. ❝ Sai… tutto questo non sarebbe dovuto succedere… o almeno non adesso e non a me...❞ Quando il Principe si voltò per verificare il tuo stato effettivo, ti trovò seduta, le gambe al petto e la testa gettata all’indietro con lo sguardo rivolto al soffitto. Come in attesa di qualcosa, forse stai ancora cercando il modo migliore per dirlo, esiste davvero un modo giusto? 
Un lungo respiro lascia le tue labbra. Il dolore poteva sembra evaporare per qualche secondo, e poi ritornare quando ti sei fermata in quella nuova posizione. Ti sei dimenticata delle giunture e dei tendini rigidi e doloranti, del sangue che faceva fatica a circolare e del tuo respiro lento e affannato. Solo per un istante sentivi di avere un certo controllo. Sentivi di poterlo far sprofondare nella disperazione ma solo per un attimo. Quello racchiuso nella preoccupazione dei tuoi movimenti affrettati e improvvisi.❝ Allora io ti volevo morto… anzi ti voglio ancora morto…❞ continuavi  parlando senza davvero pensarlo ma a questo punto solo la verità ti avrebbe libera… speravi che ti odiasse e ti classificate come criminale oppure mettesse in esilio all’impero. ❝ Eri in fin di vita dopo che che ti avevo avvelenato con il medesimo veleno che ora circola nel mio corpo… ironico non trovate, vostra altezza… ❞ Le tue parole erano anch'esse piene di veleno e lo sguardo della persona che ora odiavi infinitamente di più, era su di te. Un insieme di timore e confusione. Una amara vendetta. 
Ecco forse il poter essere libera non ti bastava più o semplicemente perché sapevi di non poterlo avere. Ti sei rassegnata alla cruda realtà. Tu non saresti mai fuggita da lui. Da lui e da Marianne. Ora come ora la vendetta suonava in un modo decisamente più melodioso e possedeva un sapore più dolce e freddo di quanto potessi ricordare. Li avresti portati all’inferno con te. ❝ Aconito… Normalmente non sarebbe stato così difficile da individuare, ma distillato nel modo giusto può silenzioso e imprevedibile e molto più letale…❞ Tu eri viva per miracolo. Solo perché era stato Uriel a crearlo ed eri certa avrebbe creato anche un antidoto o un modo per fermare il veleno. Hai preso fiato, è difficile parlare in una linea scorrevole quando i tuoi polmoni non erano in grado di reggere anche solo una normale respirazione.. ❝ … Era il nostro codice. Lo avevamo deciso una volta. Non saremmo dovute intervenire l’una con l’altra, solo aiutarci a portarlo a termine.❞ Ti sei fermata e il sorriso insieme alla risata scomparvero con la stessa velocità con cui erano apparsi. Gli occhi sono freddi e indecifrabili, nessuno avrebbe mai potuto dire cosa stessi pianificando. Niente era leggibile nel tuo comportamento.
A questo punto Rakial doveva aver capito che si trattava del mago di Marienne. Gli aveva raccontato tutto, come gli era stato ordinato da Marianne, di questa promessa e che non sarebbe dovuto intervenire e nemmeno lei. Uriel aveva messo il veleno sotto ordine di Marianne e (Nome) lo aveva ingerito di sua volontà. Tuttavia Uriel aveva infranto questa strana promessa infantile e aveva seguito l’ordine datogli di salvarti. Ti sei voltata di scatto a guardarlo. La profondità del tuo sguardo lo colpì ancora di più. Infatuato e perso per la donna che lo voleva morto. Se ne avesse la possibilità e i mezzi lo avrebbe ucciso all’istante e ancora poteva trovarlo piacevole e intrigante. La sua fidanzata lo voleva morto, ironico e stupendo. Non era spaventato, solo sorpreso e affascinato. Ne voleva di più, non importa come. Non voleva distruggerla, sarebbe finito tutto così in fretta. La voleva per sé da amare e ammirare.  
❝ Se volete tenermi al vostro fianco bene! Ma sappiate che finché avrò vita in questo corpo, non diventerete Imperato e non avrete vita facile.❞
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myberrylove · 5 months
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Ash si appoggiò pesantemente sulla spalla di Misty.
Ti preeeego!
La ragazza fece una smorfia poco contenta, guardando l’amico Ash con quell’espressione disperata, tipica di un bambino capriccioso.
Ash, avevamo fatto un patto…- disse lei per l’ennesima volta, cercando di nascondere l’imbarazzo di avere il suo viso così vicino. Anche dopo anni, quel ragazzo non smetteva di farla sentire come una bambina alla sua prima cotta.
Ok, ok… ma perché proprio uno spettacolo di Rudy?- brontolò lui, comodamente appoggiato sulla spalla di lei, quasi a cercare rifugio in quella stretta intima, come se fosse la cosa più naturale al mondo.
Perché sua sorella ci ha regalato i biglietti.
Ma lo sai che è così noooioso!
Solo perché non ti piace ballare, non vuol dire che il ballo sia noioso.
D’accordo, allora è Rudy a essere noooioso! E borioso!- la guardò con un’espressione tanto tragica da essere buffa- Dai, anche tu alzi gli occhi al cielo quando inizia a parlare di sé.
Misty cercò di rimanere seria, ma pensando alle parole di Ash non poté evitare di farsi sfuggire un sorriso complice.
Hai ragione, a volte Rudy è così… pieno di sé…
Visto?- disse trionfante Ash guardando l’amica che con difficoltà cercava di non ridere.
… Ma ho promesso a sua sorella che ci saremo andati.
Ash fece uno sbuffo indispettito e si staccò dalla spalla di Misty.
Va bene, ma non sorprenderti se dormirò durante tutto lo spettacolo- incrociò le braccia dietro la testa.
Non sarebbe una novità- commentò lei e salì per prima le scale per entrare nel teatro. Ash le fu subito dietro.
I due ragazzi si avvicinarono ai loro posti riservati, quando una ragazzina li notò e andò incontro a loro.
Misty! Sei venuta!- disse la ragazzina raggiante, per poi notare anche il ragazzo dai capelli nero corvino dietro di lei- … E Ash- aggiunse con un tono meno entusiasta.
Te l’avevo promesso- disse gentilmente Misty con un sorriso.
Ti ringrazio, mio fratello sarà felice di sapere che sei… siete qui- si corresse all’ultimo- Godetevi lo spettacolo- li salutò e andò a sedersi da un’altra parte.
Sempre felice di vedermi, eh?- commentò sarcastico Ash, mentre entrambi si sedevano nelle poltroncine vicino al palco.
Ancora con questa storia?- disse Misty stancamente, ignorando che la ragazzina stava guardando da lontano il ragazzo con uno sguardo poco amichevole- Non ha niente contro di te, non hai visto che era contenta di vederti?
Oh sì… era contenta di vedere te… - precisò lui- Immagino di aver rovinato i suoi piani…- borbottò con un susurro che Misty non sentì, perché in quel momento le luci si spensero e il tendone si aprì, facendo entrare gli artisti con un sottofondo di musica.
Misty osservò i ballerini muoversi con grazia sul palco, ma non poté evitare di notare che il ragazzo accanto a lei ridacchiava di nascosto. Lei gli diede una gomitata per farlo smettere. Erano così vicini al palco che avrebbero potuto vederlo.
Ash, ti sentiranno- sussurrò lei indispettita.
Ehi, non è colpa mia se è vestito in quel modo ridicolo- si giustificò lui con voce bassa.
Misty si limitò a sospirare, anche se non poteva dare torto a Ash… Rudy sembrava davvero buffo con quella calzamaglia. Ma non poteva certo ammetterlo davanti a Ash… era stata lei a insistere che ogni tanto dovevano provare dei passatempi più culturali.
Notò però che Ash la stava guardando con un’espressione gongolante.
… cosa?
Stai ridendo.
No, non è vero- si difese lei, cercando nuovamente di sembrare seria. Era dura cercare di essere la persona più matura nel gruppo- Ora fa silenzio.
Come vuoi…- lui si limitò ad alzare le spalle, sussurrando mentre si sistemava nella poltroncina- Quasi invidio Pikachu che è rimasto con Brock.
Misty evitò di commentare per concentrarsi sul balletto. Nel giro di qualche minuto però, avvertì un delicato peso sulla sua spalla. Girò la testa lentamente, e il suo sguardo si scontrò con la dolcezza di Ash che aveva posato la testa sulla sua spalla, cedendo al sonno.
Per un istante sentì un brivido leggero, una sensazione di intimità familiare, che cercò ovviamente di scacciare velocemente.
Ecco, lo sapeva… Ash e il teatro erano due cose incompatibili.
Avrebbe volentieri svegliato Ash con una forte gomitata, ma un mormorio assonnato simile al suo nome uscì dalle sue labbra mentre si sistemava meglio sulla spalla di lei. La mano di lui sfiorò le dita di Misty, quasi intrecciandosi in un legame invisibile.
Un leggero rossore colorò le guance di Misty, ma non era dovuto alle luci del palco.
Ash, beatamente immerso nel sonno, era così vicino a lei che, nonostante la leggera frustrazione, Misty si lasciò andare a un sospiro rassegnato.
Un piccolo sorriso affiorò sulle labbra di Misty e decise di accomodarsi anch’essa vicino ad Ash.
Solo per quella volta avrebbe lasciato correre. In fondo, erano poche le occasioni di stare così vicini senza che sembrasse imbarazzante per entrambi… senza che i sentimenti incasinassero la loro complicata amicizia.
E in quel buio avvolgente del teatro, i loro cuori battevano all'unisono, forgiando un legame che andava oltre le parole.
°*°*°*°*°*°
Ok, dovevo scrivere due righe per accompagnare il disegno, ma io noooo... devo sempre esagerare 🙄
E per chi se lo chiedesse... ho fatto prima il disegno e poi mi sono fatta ispirare per scrivere, non viceversa 😅 Mi viene più difficile disegnare in base alla storia.
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belladecasa · 4 months
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Qual è la tua idea di amore?
Io sto cercando di dormire ti rendi conto? Che prendo due sonniferi diversi per dormire? E tu vuoi rovinarmi? Vuoi frantumare ulteriormente queste macerie? E allora ok per me va benissimo solo che non esiste UNA idea di amore o almeno non per me che ho solo tante idee contemporaneamente e che cambiano, si evolvo, si cancellano, si cristallizzano, si contraddicono, nel tempo ma anche nell’immediato: ho pensato che l’amore fosse fulmineo o non fosse, fosse il primo sguardo; poi ho pensato che fosse il lento conoscere qualcuno di cui ti potevi fidare veramente, dire ogni cosa di te anche la più sordida, anche se magari non ti faceva subito ribollire il ventre di stelle. Non sento le stelle? Non sono sulle stelle, quindi non amo? Non è detto. Io all’inizio Giorgio non lo amavo mica, amavo un altro, ma Giorgio era speciale quindi perché no? E sono finita dopo qualche mese a sentire dolore alle braccia quando non lo vedevo. Proprio il mio corpo non poteva sopportare la sua assenza. Non potevo stare sola e degiorgizzata (come direbbe Wallace). E mi ricordo che io e Giorgio ci amavamo tanto che certe volte ci fermavamo nelle piazzole di sosta per baciarci, quando ci fermavamo al semaforo ne approfittavamo per baciarci. O scopavamo così in giro perché ci amavamo troppo. E prima t’avrei detto che l’amore è questo, che tu solo per baciare qualcuno faresti di tutto, la più grande pazzia di cui sei capace oppure proprio piccoli gesti ridicoli, appunto fermarti in tutte le piazzole di sosta per limonare. È la voglia di morire se l’altro non ti ama più o non ti vuole, l’amore e la morte sono vicini, soffrire per l’amore è il sentimento più simile al soffrire il lutto, con l’aggravante di non poter avere quella persona per sua scelta. È un lutto e un suicidio. Ma è pure accomodante. Conosci il detto ogni scarrafone è bello a mamma sua? È accomodante perché puoi permetterti di essere debole, patetico, brutto, mediocre, ma hai vicino qualcuno che sempre ti vedrà bellissimo, divino, come una madre con il figlio, perché l’amore è idealizzazione. Lo avevo idealizzato, si sente dire spesso da chi parla per luoghi comuni, che sono sempre veri (anche qui mi aiuta Wallace) e infatti è vero ma non nell’accezione che si dà per scontata: non amavi davvero perché idealizzavi, no! Idealizzavi in quanto amavi. È semplice. E finisce nel momento in cui riporti a terra la persona che col tuo amore viveva tra gli dei.
Avrei forse fatto meglio a parlare direttamente con la letteratura quindi ti lascio lampo l’incipit di una delle mie poesie preferite che mi guida ad avere sempre voglia di amare di nuovo:
Solo l’amare, solo il conoscere
conta, non l’aver amato,
non l’aver conosciuto. Dà angoscia
il vivere di un consumato
amore. L’anima non cresce più.
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junjourt · 5 months
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A Manuel e Simone
Chi non vi ha seguiti sin dalla prima stagione non potrà capire l'amaro e la delusione che ha lasciato questa seconda stagione a tantissimi di noi. Non può capire quanto amore abbiamo visto nei vostri occhi sin da quella scena meravigliosa in cui Manuel ha tatuato il braccio di Simone, che porterà per sempre un segno di Manuel, il primo amore, sulla pelle. Non può comprendere la paura che abbiamo visto negli occhi di Simone quando ha capito che non era vero che non era capace di amare, perché si era innamorato di uno come lui. Perché si era innamorato di Manuel, un ragazzo che, nonostante gli errori, ha permesso a Simone di dire che innamorarsi è una delle cose più belle del mondo. Un ragazzo spaventato dall'amore che Simone poteva dargli, perché non era abituato a sentirsi amato se non da sua madre, non era abituato a qualcuno che pensasse che lui vale. E questa paura l'ha portato a fare tanti sbagli, ma nonostante tutto ha sempre fatto in modo di proteggere Simone, perché lui è il suo "più amore", perché con lui "è diverso". La paura non li ha separati e li ha resi l'uno il porto sicuro dell'altro. E loro sono poi diventati il porto sicuro di tante persone, di chi sperava di vedere finalmente una degna rappresentazione della bisessualità o di chi, semplicemente, grazie a loro ha ritrovato una passione, qualcosa che lo smuovesse in un periodo buio, o ha trovato degli amici veri. Vedere loro, leggere i commenti e i meme sulla loro storia mi hanno salvata dal baratro dell'apatia in cui ero caduta in quel periodo. Vorrei tanto poter dire "Non prendertela, è solo una serie", ma purtroppo non è così, perché loro e Un professore hanno significato tanto per me.
E invece, dopo le prime puntate che ci avevano tanto fatto sperare tra gelosie, sguardi, un continuo cercarsi e sostenersi reciproco, tutto sembra essere crollato. Simone per un po' è rimasto un personaggio piatto col solo scopo di stare dietro a Mimmo. Manuel, invece, stava avendo la bellissima storia del padre e la sorella ritrovati. Poi il nostro Simone è tornato con la malattia di Dante, mentre Manuel è stato massacrato con la trama del rapimento di Lilli e il suo essere bloccato in una relazione che volevano far passare per grande storia d'amore, ma in realtà è stata solo tossica.
È questo che ci meritavamo?
Manuel dimenticato da Anita, Dante e Simone mentre affrontava DA SOLO il dolore causato da una verità taciuta per 18 anni? Manuel preso dai sensi di colpa per aver accidentalmente messo nei guai una ragazza, che però non fa che sminuirlo e non si preoccupa nemmeno di come sta?
Simone che a lungo ha dovuto affrontare il dolore per la malattia del padre DA SOLO?
Manuel e Simone che avevano una storia già scritta, Manuel che aveva un percorso che sembrava già pronto e che invece, non si sa per quale motivo, sembrano aver voluto dare a Mimmo (introdotto forzatamente, portando a un buco di trama enorme) creando, tra l'altro, continui parallelismi con la trama dei Manuel e Simone della prima stagione?
Eppure quelle poche scene che ci sono state di Manuel e Simone insieme, anche se durate pochissimi secondi come se avessero paura di farceli vedere (certo, che senso avrebbe far vedere che ti stanno privando di una cosa così grande?) sono riuscite a farmi emozionare più di qualsiasi altra interazione avuta dai loro personaggi.
Non riuscirò mai a farmene niente di qualsiasi altra coppia quando so che avremmo potuto avere loro, Manuel e Simone. Perché loro dovevano essere i nostri Pol e Bruno. Ma sembrano essersi dimenticati di Pol.
Spero solo che questo non sia davvero un addio. Vi amerò sempre, in tutti gli universi. E anche voi vi amerete in tutti gli universi, anche se in questo non avranno il coraggio di mostrarcelo.
Non vi lascio, va bene? Non vi lascio perché vi voglio bene.
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sottileincanto · 3 months
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"- Hai cambiato letto.
- Sì.
- Quando?
- Non mi ricordo. Saranno quindici anni.
- Questo ha il cassettone.
- Sì.
- E non m’hai detto niente?
- Scusa.
- È una questione di rispetto.
- Lo so, scusa.
- Mettiti nei miei panni, in quanto mostro sotto il letto, la struttura del letto ha un ruolo fondamentale per il corretto svolgimento del mio lavoro. Se tu me la cambi, ci va di mezzo la qualità del servizio.
- Mi rendo conto.
- Non vorrei dovermi rivolgere al sindacato.
- Vedo cosa posso fare.
- Grazie.
- Aspetta… io ho un mostro sotto il letto?
- Avevi. Abbiamo lavorato insieme dal ’90 al ‘98. Ti risulta?
- Forse.
- Mi chiamavi Tommyknocker, te lo ricordi?
- Ah già.
- Cos’era?
- Un brutto film tratto da un brutto libro di Stephen King.
- Ti faceva così paura?
- Non l’ho mai visto. Mi faceva paura il nome.
- Il nome. E le dita. Te le ricordi le dita? Dita lunghe, dita di morto, dita con falangi magre che graffiavano e spiavano, e poi chissà, occhi vuoti, tre file di denti, tutto quello con cui la fantasia poteva torturate un bambino. Scivolavo nel buio come un insetto, come un annegato. E mentre mamma e papà litigavano nell’altra stanza, tu chiudevi gli occhi e fissavi il muro. Perché la regola era…
- Che se ti vedo, mi prendi.
- Che se mi vedi, ti prendo. Non ci siamo più sentiti. Com’è?
- Ho avuto un sacco da fare.
- Vuoi che ti faccia paura?
- A te farebbe piacere?
- Ma sì, in ricordo dei vecchi tempi.
- Va bene.
- Allora adesso allungo una mano e ti afferro un piede.
- Okay.
- Com’è?
- Ho molta paura.
- Non sembra.
- No, no, davvero, sono pietrificato.
- Non è vero.
- Invece sì.
- Smettila di essere condiscendente. Lo capisco quando fingi.
- Scusa, è che c’ho la testa da un’altra parte. Mi sono arrivati un sacco di lavori tutti insieme, un mucchio di scadenze, e poi…
- E poi?
- Lasciamo perdere.
- No, no, dimmi.
- Non è per sminuirti, è che adesso mi fanno paura cose diverse.
- Tipo?
- Beh, così su due piedi.
- Dai, magari mi aiuta, facciamo un corso di aggiornamento.
- I parcheggi a esse.
- Cioè?
- Mi fanno paura i parcheggi a esse. Non li so fare. Vado nel panico.
- Ma come faccio a farti parcheggiare qua nella tua stanza.
- C’hai ragione.
- Qualcos’altro?
- Le raccomandate.
- Le lettere?
- Sì, le buste delle raccomandate. Di solito è una multa, ma c’ho sempre paura che sia qualcosa di peggio. Una di quelle cose che ti rovina la vita.
- Mi potrei vestire da postino…
- Ma non è il postino in sé, è più…
- La busta, ho capito. Non posso passarti buste da sotto il letto, dai.
- No, no, chiaro.
- Mi sentirei uno scemo.
- I debiti.
- Eh?
- Mi fanno molta paura i debiti. L’idea di essere in debito. Mi mette ansia.
- Sì, va bene, ma pure questo è astratto.
- Poi, fammi pensare…
- Guarda, forse è il caso che la chiudiamo qui.
- Vediamo, ho paura di non essere quello che ho detto di essere. Capisci? Un bel giorno dover andare in giro e spiegare a tutti che mi sono sbagliato, che non è vero che so fare quello che ho detto di saper fare.
- Va bene, ho capito, facciamo che ci aggiorniamo…
- Ho paura che sia troppo tardi.
- Per cosa?
- Per tutto. E che ogni giorno sia troppo tardi per una cosa nuova.
- Così no, però, così non va bene…
- Vorresti che avessi paura di qualcosa di più concreto, vero? I mostri magari. I fantasmi,gli alieni?
- Esatto! Esattamente! È proprio quello che cercavo di dirti.
- Ma magari.
- Come magari?
- Magari ci fossero i mostri, magari ci fossero gli alieni, magari ci fosse qualcosa che si muove nel buio. Io ci spero che le cose che mi facevano paura da bambino siano vere. Io ci spero che nel buio ci sia qualcosa, perché significherebbe che non sono solo in quel buio. Che non è tutto qua.
- Basta, ti prego.
- E poi ho paura di me.
- Davvero non…
- Delle mie ipocrisie, delle mie nevrosi, della mia malignità, di una sveglia sul cellulare con scritto sopra “pagare tasse”. E più di tutto…
- No…
- Ho paura perché credo di aver finalmente capito perché ho paura.
- Smettila…
- Ho paura perché credo di essere come uno di quei quadri impressionisti. Quelli che da lontano sembrano belli e sensati e più ti avvicini più ti accorgi che non c’è niente, sono solo macchie di colore. Ed è quello che penso di me.
- Cristo santo. Davvero?
- Sì.
- Io… cavolo, è… è…
- È?
- Terrificante.
- Lo so.
- Oh no.
- Cosa?
- Sei diventato il mio mostro sopra il letto."
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Testo: Nicolò Targhetta
Grafica: Amandine Delclos
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abr · 2 months
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I soliti scontati noiosi parenti serpenti in casa Pd
Se si fan questo tra loro, figuratevi cosa sian pronti a inventarsi per i non parenti.
" Il «caso Bari» (...) si era trasformata per Decaro in un atout politico: sindaco popolarissimo, con percentuali altissime di consenso e descritto dagli stessi pm che conducono le indagini penali come gran nemico dei boss locali, aveva capito al volo che il ruolo del perseguitato politico gli giovava.
All'esterno, proiettandolo sulla scena nazionale, portato in processione antimafia da Don Ciotti e acclamato sabato dalla folla barese radunata in suo supporto dalla Cgil. E all'interno, blindando la sua candidatura da capolista nel Sud alle Europee e il suo ruolo di potenziale contraltare nel Pd a Elly Schlein. Il voto del 9 giugno, nei piani dei suoi supporter dem (come il governatore campano De Luca, il sindaco di Reggio Falcomatà, il lucano De Filippo, l'abruzzese D'Alfonso) poteva diventare una sorta di primaria virtuale (...): se Decaro - come assai probabile - la battesse nelle preferenze, la segretaria ne uscirebbe indebolita. (...)
Ma Emiliano (volutamente, per qualcuno; o inavvertitamente, nell'ansia di dimostrare di essere solo lui il vero padrone di Puglia, secondo i più) gli ha rovinato la festa, sollevando un polverone con quell'imbarazzante esternazione sull'incontro con la sorella del boss, fatta dal palco di Bari (...). Grazie a lui ora Decaro è costretto a giocare in difesa, mentre alcuni suoi sostenitori picchiano duro contro Emiliano: «Parole scomposte, stile sopra le righe, fa danni», accusa Nichi Vendola. «Decaro è un bravissimo amministratore e persona perbene. Non posso dire lo stesso di Emiliano», infierisce".
via https://www.ilgiornale.it/news/politica/linciampo-sindaco-nella-scalata-nazareno-2301341.html
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falcemartello · 1 year
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1984 è il titolo di un libro di George Orwell scritto tra il 1948 ed il 1949 divenuto ormai famosissimo e, considerato da molti, un vero precursore dei tempi moderni.
Orwell era britannico anche se nato nell'India coloniale e l'ormai iconico suo libro, famoso per aver descritto così accuratamente la realtà distopica recente, non aveva inventato nulla di nuovo.
Fu in realtà lo scritto di un sovietico che lo ispirò; si trattava del libro Noi di Evgenij Zamjatin scritto nel 1919.
Noi di Zamjatin racconta di una società futura in cui gli individui sono controllati da un governo totalitario e devono seguire delle regole rigidissime. Il protagonista, D-503, è un ingegnere che lavora alla costruzione di un'astronave per conquistare altri pianeti. La sua vita cambia quando incontra una donna ribelle, I-330, che lo introduce a un mondo sotterraneo di libertà e resistenza
Ma 1984 fu anche l'anno in cui venne inventato il gioco elettronico più famoso del mondo
Infatti il 6 giugno di 39 anni fa, un giovane ricercatore dell'Unione Sovietica che lavorava al Centro di Calcolo dell'Accademia delle Scienze dell'URSS di Mosca, Aleksej Leonidovič Pažitnov, inventò TETRIS!
Pažitnov si ispirò ai tetramini, delle figure geometriche composte da quattro quadrati uniti tra loro e giustapposti lungo i lati.
Tetris divenne presto molto popolare tra i dipendenti dell'Accademia e poi in tutta l'Unione Sovietica.
A quei tempi, qualsiasi invenzione dei ricercatori sovietici che lavorassero in enti dello Stato (praticamente tutti) divenivano automaticamente invenzioni di proprietà dello stato; nessun ricercatore poteva brevettare a suo nome ed a suo esclusivo beneficio il frutto del proprio genio.
Ma Pažitnov non voleva brevettarlo, voleva che fosse di libero utilizzo.
Rischiò grosso quando si scontrò con il Direttore del Centro di Ricerca di Mosca Nikoli Belikov
Pažitnov anticipò di circa un decennio, l'epoca dell'informatica condivisa degli anni '90.
All'epoca la grafica computerizzata era agli arbori, non esisteva nulla di quello a cui siamo abituati oggi, infatti le ormai famose figure del Tetris formate ognuna da 4 quadratini, erano visualizzati come una successione di 2 parentesi quadre: [ ]
Ma le invenzioni geniali non possono essere tenute nascoste a lungo al mondo ed infatti ben presto si diffusero versioni diverse sia in Europa che in Giappone e Stati Uniti.
A quei tempi i 3 mercati principali erano molto chiusi uno all'altro, ed ognuno di loro aveva proprie licenze di utilizzo distinte dalle altre. Fu quindi così che la Nintendo giapponese sviluppò la sua versione e la Atari Games statunitense la sua.
Ci furono feroci ed estenuanti scontri legali tra l'Unione Sovietica contro il Giappone e gli Stati Uniti; The Tetris Effect: The Game that Hypnotized the World di Dan Ackerman è un libro che spiega bene tutte queste fasi
Ma la Nintendo e la Atari avevano ottenuto le licenze da intermediari diversi e questo generò scontri ulteriori.
Fu infine la patria del capitalismo, gli Stati Uniti, che con un proprio Tribunale, decise chi avrebbe dovuto guadagnarci dalla distribuzione del Tetris, infattu nel 1989 decise che Nintendo aveva i diritti esclusivi per la distribuzione di Tetris per le console mentre la Atari Games, li avrebbe avuti per le sale giochi.
(Luperco)
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kvara si rende conto che forse la rivalità che sente per davide non è esattamente platonica. enjoy!
Lui non era mai stato un tipo molto aperto, anzi, fin da piccolo era stato un ragazzo di poche parole, che faticava a fare amicizia con gli altri. Impacciato, taciturno, goffo.
Khvicha non aveva molti posti nel mondo da chiamare casa. Certo, c'era la sua terra natale, ma ormai la Georgia si trovava a migliaia di kilometri si distanza da lui. E quella grande e strana città nella quale ora viveva, dove tutti lo trattavano come un dio, dove inneggiavano il suo nome e dove avevano esposto foto, bandiere e murales con la sua faccia e quelle dei suoi compagni, non poteva certo essere considerata davvero casa, o perlomeno non ancora. Si sentiva più come un re nel suo palazzo dorato pieno delle sue chincaglierie: bello, anche divertente viverci, ma gli mancava quel calore, quella familiarità che solo un posto che veramente si considera casa potrebbe dare.
Ma il campo. Il campo da calcio era tutta un'altra storia.
Forse era lì, solo lì, che si sentiva veramente nel luogo dove poteva essere completamente libero. Senza paranoie, senza pensieri. Gli bastava avere un pallone tra i piedi e nient'altro per tornare a respirare con leggerezza. Per tornare a sentirsi di nuovo vivo.
E non c'era momento in cui si sentiva più vivo che durante i big match, quelli contro le altre grandi squadre, quelli che contavano davvero, quelli dove giocano i fuoriclasse che ti spingono a dare il meglio di te per non esserne da meno, che ti fanno sudare ogni centimetro conquistato, ogni pallone, l'adrenalina alle stelle.
Era da poco più di un anno al Napoli, eppure già si era scontrato con alcune delle più grandi squadre europee, contro diversi calciatori che gli avevano dato filo da torcere e che gli avevano regalato la soddisfazione di un vero duello.
Eppure.
Eppure c'era qualcosa di diverso con quel Calabria.
Dal primo momento in cui si erano ritrovati faccia a faccia, con lo sguardo intenso dell'altro completamente concentrato su di lui, Khvicha era stato investito da una scarica di adrenalina diversa dalle altre. Era come se Calabria fosse il suo doppio, anticipava quasi ogni sua mossa, gli era costantemente col fiato sul collo. Khvicha era suo, e non se lo sarebbe fatto scappare per nulla al mondo.
Anche questo primo scontro di stagione non era stato diverso. Khvicha avrebbe mentito se non avesse ammesso di aver aspettato con ansia proprio il momento in cui lui e Calabria si sarebbero di nuovo ritrovati sullo stesso campo.
Alla fine però, questa volta, nessuno dei due aveva davvero vinto. Un pareggio, forse evitabile, forse no, ma comunque un pareggio. La frustrazione gli bruciava dentro. Aveva deluso i loro tifosi, per giunta in casa, e se solo quella palla fosse entrata in porta all'ultimo momento, allora –
«Hey, great match!»
Khvicha si girò verso Calabria. Gli si stava avvicinando ancora col fiatone, ma con un sorriso compiaciuto sulle labbra. Inspiegabilmente, il suo primo, irrazionale pensiero fu che gli mancava vederlo coi suoi vecchi capelli ricci.
Scosse la testa. «Yeah, you've been very good, man» gli rispose, ricambiando il sorriso.
Questa volta Calabria rise di gusto. «You're pretty good yourself!» disse, per poi avvicinarglisi ancora di più, a braccia aperte. E per quanto solitamente lui non fosse il tipo da contatto fisico ravvicinato con persone che conosceva poco, aprì a sua volta le braccia e ricambiò l'abbraccio senza un attimo di esitazione. Poteva giurare di sentire Calabria sorridere mentre gli stringeva un braccio intorno alle spalle, la mano che si alzava ad accarezzargli la testa.
Una calda sensazione che proveniva da qualche parte nella sua pancia gli risalì fino al petto. Cercò di ignorarla, focalizzandosi solo sul calore dell'abbraccio dell'altro. Respirò a fondo l'odore di sudore dell'altro per calmarsi. Sudore, erba falciata, terreno umido: quelli erano gli odori del campo, odori di casa, che non mancavano mai di farlo stare meglio. Calabria sapeva di tutti questi messi insieme, e di un altro odore che non riusciva a classificare ma che doveva essere semplicemente lui. Era un buon odore, pensò.
Quando si separarono – e oddio, quanto tempo era passato? Gli era sembrata passata un'eternità, ma dovevano essere stati solo pochi secondi – Calabria gli stava ancora sorridendo, tutto denti. Khvicha notò che quando sorrideva gli si formavano delle rughe di espressione intorno agli occhi. Perché le trovava adorabili?
Dopo un attimo di quella che per un momento gli era sembrata esitazione – doveva essere un abbaglio, esitazione per cosa? – Calabria si allontanò, salutandolo con una mano. «To the next match!» urlò, prima di raggiungere i suoi compagni.
Khvicha restituì il saluto, anche se ormai non gli stava più prestando attenzione. Al prossimo match, di nuovo. Sarebbero passati mesi prima di riscontrarsi. Non era una novità.
E allora perché il cuore gli si era stretto in petto a sentire quelle parole?
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Khvicha non aveva idea del perché, ma quell'abbraccio era stato ripreso da praticamente tutti gli account sportivi italiani.
Cioè, era solo un abbraccio. Un sacco di avversari si salutano alla fine di una partita, no? Però tutti sembravano voler elevare quel momento a picco massimo della sportività tra due avversari, per qualche strana ragione. Forse era proprio perché la rivalità tra lui e Calabria era ormai nota, e quell'abbraccio a qualcuno poteva essere sembrato strano per quello. Sbuffò. Per certe persone era davvero difficile distinguere la rivalità sul campo dalla vita vera. Lui era esattamente l'opposto, e una rivalità così sentita non poteva portargli altro che avere maggior ammirazione del suo avversario, e quell'abbraccio non ne era stato che la naturale conseguenza. Semplice rispetto reciproco. Nulla di più.
Il fatto che si fosse andato a cercare e salvare tutte le angolazioni possibili in cui i giornalisti avevano scattato quel momento era un altro discorso. Era un bel ricordo da mantenere, ecco tutto.
Fu proprio mentra scollava il feed di Instagram che si accorse che Calabria aveva messo una nuova storia. Toccò l'icona rotonda colorata senza neanche pensarci su e si ritrovò davanti la foto di loro due che si abbracciavano, con la caption Respect.
Di nuovo quella sensazione di calore in fondo allo stomaco. E stava pure sorridendo come un deficiente.
Mise un cuore alla storia e gli mandò un messaggio.
Respect to you too, brother
It was a fun match
Chiuse Instagram e bloccò lo schermo del telefono. Aspettò la bellezza di dieci secondi netti prima di sbloccarlo di nuovo per controllare se ci fosse un messaggio di risposta. Ma che cazzo gli stava prendendo.
Stava per ribloccare il telefonino e andarlo a chiudere a chiave in un cassetto per non toccarlo mai più, quando il suono di una notifica echeggiò per la stanza. Erano due messaggi di Calabria.
Li aprì subito.
It's always fun to play against you! 😉
I wish we could do it more often... ☹
Oh. Quindi anche a Calabria mancava scontrarsi con lui. Sentì il cuore iniziare a battere più forte.
Me too
Si fermò un secondo, poi aggiunse un altro messaggio:
I really like how we fit together on the field
Ecco, l'aveva inviato. Oddio, sperava di non essere andato troppo oltre con quel commento. E se avesse frainteso? Se gli avesse dato fastidio? Se –
Oh you bet we fit well together 😉
Khvicha dovette ripetersi più volte che stavano parlando solo ed esclusivamente dei loro scontri sul campo di calcio. Nient'altro.
Uno scontro sul campo particolarmente allusivo.
Cazzo cazzo cazzo.
Il suono di una nuova notifica gli evitò un crollo mentale imminente riportandolo alla realtà.
How about we see each other for a rematch next time we both have a free day? I could come to Napoli or you could come to Milano
What do you think? 😁
Khvicha rilesse quelle parole.
Cosa ne pensava? Pensava che forse, forse, quello che provava per Calabria non era solo ammirazione da avversario e che forse aveva un principio di infatuamento...
(Ripensò ai suoi occhi azzurri, ai suoi capelli ricci, al suo sorriso che gli arrivava fino agli occhi: forse il forse era un eufemismo)
...e forse questo suo infatuamento era ricambiato.
I would like that very much, Cala
La risposta arrivò dopo qualche istante.
And please, call me Davide 😉
Khvicha sorrise. Forse poteva anche trovarsi a migliaia di kilometri da casa sua, ma chi lo diceva che non se ne poteva costruire una nuova dalle fondamenta?
Thank you, Davide
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nineteeneighty4 · 14 days
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Mercoledì ho guidato per la prima volta da sola in autostrada. Sono arrivata all'ospedale dove lavorava mamma, a circa 60km da qui. Ho conseguito la patente un anno fa e da allora non è trascorso un giorno senza che mi sia messa alla guida. Ad aprile dell'anno scorso non avevo l'auto, mi fu regalata da zia perché mia madre non poteva permettersela. Il primo tragitto: quello verso il supermercato, fu il panico. Avevo paura di commettere imprudenze ed errori. L'istruttore, al contrario, era convinto che fossi già brava. "Si vede" mi diceva "quando uno è portato!". Non ho mai rifatto l'esame. La prova scritta la sostenni con trentanove di febbre e mezz'ora dopo ero già fuori la motorizzazione a guardare il cielo. Mi è sempre piaciuto guidare. Da piccola io e mia madre facevamo un gioco : spesso in città mi metteva seduta sulle sue gambe e lasciava che fossi io a tenere la traiettoria /il volante. Mi divertivo più con lei che con i miei coetanei perché non mi trattava come una bambina, guardava sempre alla donna che sarei diventata. Mi diceva spesso "Tu puoi tutto, ricordalo" ed è con questa constatazione che ho imboccato l'autostrada per S. " Posso farcela!" mi sono detta. Non avevo scelta ma sapevo di potercela fare e così è stato. Ho impiegato pochissimo tempo per adattarmi al cambio di velocità. Dieci minuti dopo avevo già effettuato il primo sorpasso, euforica, e fiduciosa nelle mie possibilità. Dopo essere andata al B, sono passata su, in reparto: all'altra sede- quella sita alle falde del Vesuvio al quale ho imparato a voler bene e che ora: dopo quanto accaduto a dicembre mi incute meno timore- per salutare i colleghi di mamma. Quando ho letto la scritta "Riabilitazione" mi è venuto da piangere. È così strano che si sia dedicata una vita intera ad aiutare gli altri e che nessuno abbia potuto aiutare lei, al momento del bisogno. Entrando sono stata circuita da una folla di sconosciuti ed amici che nel vedermi si sono commossi esattamente come è successo a me nel ripercorrere quei luoghi che per lei hanno rappresentato tutto : la gioia, il successo personale, l'indipendenza, la bellezza. L'umanità. Proprio come hanno suggerito le sue colleghe a chi di questa storia ne ha solo sentito parlare " A amava il suo lavoro". È vero. Mia madre si svegliava felice di mettersi in viaggio. Proprio come lo sono stata io. Non aveva timore dei lampi, della pioggia, del vento,della distanza perché era certa che vicino al mare brillasse sempre il(suo)sole. Mercoledì il tempo era tutt'altro che sereno. A C pioveva a dirotto, e il cielo era cupo come non mai però mi è bastato avere fiducia, uscire fuori da quella zona per ritrovare l'azzurro. Un azzurro che ultimamente è più un luogo dell'anima che un posto fisico, reale.
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gregor-samsung · 1 month
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" Avevamo visto insieme i risultati delle elezioni; eravamo in una casa con un salone molto grande, mangiavamo e bevevamo, eravamo chiassosi, e poi all'improvviso era calato un silenzio molto serio, preoccupatissimo, complicato. Scuotevamo la testa, ma non avevamo il coraggio di dire nulla. E vero che i sondaggi avevano suggerito di stare all'erta, ma ciò che stava accadendo sembrava impossibile a noi che eravamo l'Italia civile e moderna. Ogni tanto, se appariva uno di quelli che avevamo votato, qualcuno urlava un insulto - qualcosa di generico contro la sinistra; era un urlo stonato, in mezzo al silenzio, e veniva accolto con altro silenzio. E allora questa ragazza, che era seduta per terra davanti alla tv, si voltò solo un attimo per afferrare il suo bicchiere di vino rosso, poi disse: «Va bene, che sarà mai, Berlusconi ha vinto le elezioni e governerà, cosa può succedere?»
Quella frase ruppe il tappo del silenzio. Le si scagliarono tutti contro, dicendo che forse non si rendeva conto, elencando cosa aveva fatto Berlusconi fino a quel momento, come si era procurato i soldi, in quali rapporti era stato con Craxi. Il baratro che ci aspettava. E molti dicevano soltanto questa frase, come un mantra: dobbiamo andare via dall'Italia. Cosa ci sarebbe capitato, da quel giorno in poi, non si poteva nemmeno immaginare. Dovevamo andare a vivere in un altro Paese, più civile, più vicino a noi, perché l'Italia era caduta nelle mani di esseri umani che non sapevamo nemmeno che esistessero. Io non dicevo nulla, però continuavo a guardare quella ragazza che ascoltava tutti, diceva si lo so però dai, che sarà mai, e continuava piuttosto serenamente a sorseggiare il suo vino. L'unica impressione che dava era che quel vino le piacesse. Non so perché, e non importa, ma mi si piantarono dentro due sensazioni precise: una maggiore tranquillità verso quello che era appena accaduto, e un innamoramento diverso da tutti quelli che avevo avuto finora; non chiassoso, solido. "
Francesco Piccolo, Il desiderio di essere come tutti, Einaudi (collana Super ET), 2017 [1ª ed.ne 2013]; pp. 163-164.
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nerudasullalingua · 28 days
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Sei hai un trauma potresti avere meno tempo da vivere
molte persone con delle malattie croniche autoimmuni o con delle malattie che riducono l’aspettativa di vita, si ritrovano sul punto di morte ad avere molti rimpianti, uno di questi è: avrei voluto avere il coraggio di vivere la mia vita invece di quella degli altri. C’è una correlazione tra malattie croniche e persone che hanno sotterrato il loro vero sé per gli altri, questo malessere psicologico ha delle conseguenze sulla fisiologia del corpo: sul sistema immunitario, sul sistema nervoso, sul cuore; finendo per sviluppare malattie.
Quando dicono di non aver avuto coraggio in realtà stanno parlando con la ferita del trauma che hanno subito da piccoli, è una questione di adattamento invece che di coraggio, da piccoli hanno capito che così come erano non andavano bene e che dovevano compiacere l’altro per essere accettati. Questo modo di vivere se lo sono portati per tutta la vita, hanno sacrificato una parte di loro perché sapevano che non poteva essere accettata (portando con sé sofferenza fisica, poca autostima, poco rispetto di sé).
Ecco perché dico che se non amate voi stessi non fate figli, la vostra non è solo una banale assenza, siete responsabili della loro cagionevolezza, delle loro malattie, delle loro preoccupazioni e stress.
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lisia81 · 10 months
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FINITO!
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Cosa posso dire? di sicuro sale prepotentemente al secondo posto tra i miei drammi preferiti (il primo è inspodestabile) e la puntata 33 si colloca in cima alla classifica di quelle in cui ho pianto più a lungo. 20 minuti ininterrotti e un magone che mi sa resteranno a lungo un record.
Ma è tutta la serie che crea uno sconvolgimento emotivo fortissimo e ti lascia quella consapevolezza che a breve non troverai qualcosa del medesimo livello.
The Untamed è difficile da gustare lentamente, ti incalza a proseguire. L'unico rallentamento l'ho avuto nelle ultime 3 puntate al tempio. Mi continuavo a chiedere: “ma quanto ancora deve tirarla per le lunghe Lan Xi Chen?”Ringraziamo il cielo che è intervenuto Nie Hauai Sang con il suo escamotage, perchè se no, nel 2023, fra Jin Guang Yao con la sua incredibile resistenza e l'indecisionismo di big brother Lan saremmo ancora li al tempio ad aspettare una fine.
Sicuramente lo rivedrò con più calma e maggiore attenzione, perchè nella testa ho alcuni punti interrogativi a cui, per ora, non ho trovato risposte. E spero di trovarle. 😬 Per fare due esempi stupidi: Lan Zhan come fa a riconoscere Wei Ying quando ritorna dall'oltretomba? dalla spada? dall'ombra che scappa? perchè quella poteva essere benissimo Nie Hauai Sang. Quando arrivano alla tomba e lo sente suonare, sapeva già che era lui. La loro canzone è solo una conferma indelebile. Dall’espressione lo sapeva anche nel bosco. Quando We Wuxian glie lo chiede l'imperturbabile Lan risponde sempre: “pensaci”. Beh, siamo in 2 a pensarci!
Per non parlare del piccolo Ah Yuan. Mi sembrava folle che i Wen lo avessero portato con loro a "chiedere perdono". E continuavo a chiedermi, ma sto bimbo che fine ha fatto? Si scoprirà che Lan Zhan lo ha trovato nella caverna febbricitante e lo salvato e adottato. Ma in quella stessa caverna non è stato bloccato per 3 giorni We Wuxian? quando si è liberato, il bimbo non lo ha visto? Lo ha lasciato li da solo, convinto di tornare? da mamma di una bimba più o meno di quell’età la cosa mi allibisce abbastanza.
Ho letto che quando è andato in onda su Tecent trasmettevano 4 puntate settimana. Quello che è l'antefatto (non posso chiamarlo flashback, vista la durata) è lungo più di 32 puntate. A finire la serie ci ho impiegato circa una settimana. Quando la storia è ritornata al presente, io giuro non mi ricordavo quasi più nulla della storia di Mo il pazzoide e della spada. Sono stata tentata di tornare indietro (cosa che ho fatto a fine visione). Sono 32 puntate focali. Il nucleo solido del drama. Le ultime 20 sono belle, ma stile caso di Benoit Blanc e mi mancavano i pezzi 😅. Comunque stavo dicendo, gli spettatori ordinari hanno dovuto attendere 8 settimane e poi racappezzarsi. Poveri loro.
Altra cosa per cui dovrò rivederlo è l'infinità di nomi. Verso la fine tra titoli, soprannomi, appellativi facevo veramente fatica a identificare chi chiamasse chi o di chi stessero parlando.
Non voglio stare qui a scrivere molto altro. Mi ritrovo molto nelle recensioni e nei commenti delle due cultrici su questo drama @veronica-nardi e @dilebe06. Voglio solo aggiungere 3 cose.
E' da qualche giorno che mi domando: se @dilebe06 non mi avesse acculturato sulla questione BL, bromance, censura ecc.. cosa avrei pensato del rapporto Wei Ying/ Lan Zhan? Una risposta chiara non me la dare. Vi è una frase che viene ripetuta spesso nella serie: "nessuno conosce fino in fondo il cuore di qualcun altro". Questo non è vero per i due protagonisti, perchè il loro spirito è lo stesso. Nel loro essere agli antipodi, vi è un affinità e complementarità unica. Che credo sia anche soggetto di gelosia da parte di Jiang Cheng. Probabilmente è più giusto dire che, per buona parte della serie non conoscano veramente cosa c'è nel loro cuore. Per carità indizi ce ne sono molti. Al di la delle dichiarazioni, degli sguardi, dei gesti più o meno ecclatanti, mi rimarrà il dubbio di quanti ne sarei riuscita a cogliere. Per fare un esempio stupido: dopo la fuga dalla stanza degli orrori, Lan Zan porta Wei Ying ferito nella stanza del silenzio. Li lo ritrovo profumato e impigiamato e appena si sveglia, il nostro tenero padrone di conglietti bianchi gli spalanca la camicia e controlla la ferita. Segno di un'intimità che mai ti aspetteresti dal pudicissimo Lan Zhan, ma che c'è. Comunque che sia amore, è fuori di dubbio. Il tipo di amore, sinceramente mi interessa e non mi interessa perchè è bello così come ci viene mostrato.
C’è da dire che tra i due protagonisti vi è una chimica unica. Ed è quella che copre ogni magagna della trama e lo ha reso così popolare. Se sti due a distanza di anni non possono neppure incrociarsi con lo sguardo in pubblico, per il caos che ne è uscito, un motivo ci sarà. O si amano (99% si) o c’è dietro qualcuno di così geniale da aver capito che mantenere la fiamma fra i due farà sempre presa sul pubblico.
Santo Wen Ning che ha rivelato a Jiang Chen la verità sul nucleo d’oro. Ti ho sgamato subito che sei andato al tempio a cercare We Wuxian, per restituirgli il flauto come protezione. Lo avrai odiato, ma alla fine nel momento di maggior rabbia, non sei riuscito a trafiggerlo e alla fine come lo cercava Lan Zhan, lo stavi cercando pure tu e non certo per fare quello che non avevi fatto 16 anni prima! E comunque come in tutti i drammi: il non detto scava fosse profonde come le Marianne!
Ultima cosa il finale.
Quelle benedette collinette me le sono guardate e riguardate. Il punto è sempre lo stesso, solamente spostato di poco. L'idea che mi sono fatta è che non siano passati anni e We Ying sia ritornato. Lui si mette subito a suonare e Lan Zhan lo sente, dice fra se se che il titolo lo conosce già e torna indietro. Da li quello splendido il sorriso da contrapporsi allo sguardo affranto delle scene precedenti quando sembrava dovessero separarsi.
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ragazza-whintigale · 26 days
Note
Could you make a part 2 of the cassis pedelien fic pls
𝔜𝔞𝔫𝔡𝔢𝔯𝔢 ℭ𝔞𝔰𝔰𝔦𝔰 𝔓𝔢𝔡𝔢𝔩𝔦𝔞𝔫 𝔵 𝔯𝔢𝔞𝔡𝔢𝔯
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𝔒𝔭𝔢𝔯𝔞 ➵ The Way To Protect The Female Lead’s Older Brother
𝔄𝔳𝔳𝔢𝔯𝔱𝔢𝔫𝔷𝔢 ➵ Comportamento Yandere, relazione tossica, Abuso di Potere, Matrimonio Combinato, dinamiche di potere contorte, Sorella maggiore invadente, tocco non consensuale.
𝔓𝔞𝔯𝔬𝔩𝔢 ➵ 4021
⟢𝙿𝚛𝚎𝚌𝚎𝚍𝚎𝚗𝚝𝚎 / 𝚂𝚞𝚌𝚌𝚎𝚜𝚜𝚒𝚟𝚘 ⟣
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Erano quasi terminati i due maledetti anni promessi da Cassis, e (Nome) non ha semplicemente potuto ignorarlo come aveva pianificato. Lui te lo ha ricordato sempre, ogni giorno, affinché la sua fidanzata vivesse nella consapevolezza che non poteva scappare da lui in primo luogo.
La spiacevole sensazione di prurito in fondo all’anima era qualcosa che ancora non era riuscita a levare. Il non avere un vero controllo su se stessa la stava lentamente portando ad una specie di leggera e ironica pazzia. Ma questo non sembra infastidire Cassis o semplicemente lei non lo aveva mai notato. Gli occhi stanchi e quasi sempre socchiusi anche durante le conversazioni più interessanti. La bocca era asciutta per qualsiasi discorso e pregna di quell'espressione di disgusto per il mondo e per lui. Sentiva le mani fredde e ossute, ma non aveva freddo e soprattutto era difficile avere le sue stesse ossa esposte come pensava di sentirle al tatto. Forse è per questo che ha iniziato a strofinarle tra di loro in continuazione, quasi in uno scatto nervoso. Il rumore della porcellana pregiata risvegliò (Nome) improvvisamente e nuovamente si é ritrovata ad incontrare gli occhi soleggiati di Cassis. Era possibile stesse parlando, con lei e di qualcosa di importante - almeno a parer suo - e a cui Lady (Nome) aveva smesso di prestare attenzione nell’istante in cui aveva capito che non era qualcosa che meritava la sua reale attenzione. Non sapeva essere sintetico e sbrigativo. Ogni suo discorso conteneva ben poco di cose davvero importanti, la maggior parte era qualcosa relativo alla sua scarsa disattenzione. (Nome) lo riteneva marginale.
❝ Non pretendo realmente una risposta: Mi stavi ascoltando, (nome)? ❞ Se Cassis non pretendeva una risposta perché la domanda suona così autoritaria nell’istante in cui l’aveva pronunciata? Ma poi la nobile si é ricordata che in questi 2 anni l’aveva sempre illusa di avere una libertà effettiva o un vero potere decisionale in quello che lui aveva già deciso. Niente era qualcosa su cui sarebbe semplicemente passato sopra, soprattutto se lei avesse mai cercato di fare di testa sua. ❝ Mi stavo solo godendo questo thé. Non dovrei, Mio signore? ❞ Le due ultime parole le uscirono a fatica e ha quasi temuto di soffocare in esse, ma non lo ha fatto.
(Nome) nascose le mani sotto il tavolo di nuovo, con una certa discrezione. Ha fatto passare le punte dei polpastrelli di una mano sull’altra. Un movimento leggero e delicato, niente di doloroso o fastidioso.
Lei, in realtà, odiava quel thé e non era davvero qualcosa che meritasse le sue attenzioni, come volevi di certo illuderlo. Il bergamotto e la menta con il miele, erano solo le fragranze che più frequentemente indossava Cassis, e semplicemente le è sembrato che volevano farle il lavaggio del cervello. (Nome) aveva letto diverse storie di uomini che usavano certe fragranze ricorrenti per far invaghire una qualsiasi donna con il tempo. Questo doveva essere associato a sensazioni e gestiti piacevoli naturalmente.
Non era così diverso dagli Agriche che tanto disprezza.
E lei detesta il bergamotto.
Cassis non sembrava convinto della sua risposta. Lady (Nome) non sapeva se era collegato a quei micro segnali di repulsione o al fatto che ogni volta che accennava ad un argomento fastidioso lei nascondeva le mani come se fosse colpevole di qualche crimine.
In ogni caso non aveva nascosto il fastidio sotto una delle solite maschere, non c’era nessuno da cui doveva nascondersi. ❝ Sei costantemente distratta ultimamente, dovresti concentrarti sui preparativi. Manca solo un mese al matrimonio.❞ Non era del tutto colpa sua se era distratta. In primo luogo (Nome) non voleva nemmeno il matrimonio, non era pronta e tanto meno lo sarebbe mai stata con lui. Ma sapeva che non avrebbe avuto molto effetto se lo avesse puntualizzato ancora. Niente sarebbe cambiato e il matrimonio non sarebbe stato annullato. Era solo una grande perdita di voce e forze. ❝ Sono solo nervosa tutto qui. ❞ Certo non nel senso in cui voleva lui ma lo era. Avere una vita legata al proprio aguzzino non poteva non renderla nervosa e allo stesso tempo il mat rimonio era qualcosa che avrebbe dovuto emozionare… ma non lo ha fatto. Lei non provava niente.
Non stava più sfiorando le sue mani, percependo vene e capillari superficiali, ma stava sfregando intensamente la pelle creando un intenso rossore, niente di doloroso solo fastidioso.
Cassis si era alzato dalla sua sedia in metallo verniciato di bianco con cuscini di velluto azzurro soffici e lisci. La sedia aveva emesso un suono fastidioso mentre strisciava a terra, e semplicemente (Nome) si é costretta a stringere gli occhi per non soccombere al suono. Il Pedelian, da dove era seduto, di fronte a lei, si é spostato dietro di lei. Le sue mani troppo grandi e ruvide si posarono sulle sue spalle scoperte e vulnerabili. Ogni tocco e vibrazione sulla sua pelle le faceva tremare intensamente sul posto.
Ora ha iniziato a pizzicare e a creare calore, lo sfregare è diventato più insistente e (Nome) ha aumentato la forza.
❝ Nessuna bugia avrà più qualche effetto ora, mia signora. Dovresti iniziare a convivere con l’idea che tra poco saremo marito e moglie.❞ Si è morsa la guancia, e al ricordo di come che l’avrebbe messa sul suo stesso piano. Non lo voleva, voleva che la trattasse ingiustamente per avere qualcosa per cui incolparlo.
La pelle dei polpastrelli è stata sostituita dalle unghie. Graffi e sangue si mescolano e bruciano intensamente. Ha lasciato un bacio sulla tempia e ha fermato le mani. Non c’era tutto quel sangue che sentiva e nemmeno tutti quei graffi bruciare. ❝ Sarà meglio disinfettare queste ferite… chiamerò qualcuno che lo faccia.❞
Dopo di che se ne è andato attraverso la porta che collega il giardino alla tenuta Pedelian, ordinò ad una delle tante serve di tenerle compagnia, per tutto il tempo che sarebbe rimasta lì fuori e di prendersi cura della sua disattenzione.
Era sotto intenso che non poteva rimanere lì per sempre e nemmeno per troppo tempo. Avrebbe sicuramente pensato che stesse tramando qualcosa, anche se non poteva davvero farlo. Non ora, né dopo.
(Nome) si è chiesta come avrebbe potuto convivere con questo, con lui e con questo matrimonio. Lui glielo aveva ordinato quindi tecnicamente avrebbe dovuto farlo e basta. Arresa, Lady (Nome) si ritiró nelle tue stanze, tra qualche ora avrebbe dovuto incontrare il fioraio per scegliere le ultime composizioni e sarebbe stato seccante se fosse stata rimproverata per il ritardo da Cassis.
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Qualcuno ha bussato insistentemente alla sua porta e semplicemente chi era dall’altra parte non si era preoccupato di aspettare che (Nome) rispondesse. La figura appena entrata, si fermò sulla soglia guardando la scena che, per qualche motivo le era familiare.
La serva si fermò dall’intrecciare i capelli. Era mattina presto e certamente Lady (Nome) doveva essere presentabile come minimo prima di poter ricevere qualcuno. L’altra opzione era un aspetto impeccabile, come aveva preteso Cassis, ma a volte c’erano occasioni troppo importanti per poter aspettare che lei fosse perfetta.
Nell’istante in cui era stata fissata la data del suo matrimonio, è diventata di colpo una dame delle più importanti del continente eppure sua sorella, Reina, poteva molto spesso dimenticarlo. Non che (Nome) l’avesse vista molto durante questi 2 anni, quindi non ha avuto molte occasioni per usarlo contro di lei. Ma era sicura lo avrebbe odiato.
Reina non era cambiata molto e conservava ancora la sua autorità di sorella maggiore. La bella nobile si è domandata brevemente se anche Cassis lo faceva con Sylvia, e semplicemente ha provato pietà per la sua futura cognata.
❝ Sorella..? ❞ Il silenzio di quell’istante, per un attimo le ha parlato più di come avrebbe fatto normalmente. Con uno sguardo da parte di sua sorella e un gesto della futura Pedelian, la serva è stata congedata. Come minimo avrebbe riferito la cosa a Cassis, ma di colpo era passata in secondo piano, come se (Nome) fosse diventata di colpo intoccabile con la bionda presente. Reina si avvicinò alla sorella minore e sciolse semplicemente il lavoro della serva, per procedere a modo suo, come sempre.
Sembrava disgustata dall’operato della donna. ❝ Pensavo che la famiglia Pedelian non avrebbero badato a spese per la cameriera personale della loro futura signora. ❞ Non sembrava delusa, lo era e basta, come se la (colore) fosse davvero superiore a chiunque fosse presente in quella residenza. Come se non fosse una novella futura sposa, ma la diretta matriarca della famiglia. Per il momento non era niente di questo, anche se un giorno lo sarebbe stata, ma per ora valeva meno di zero.
❝ È solo provvisoria…❞ (Nome) ha sottinteso che avrebbe scelto qualcuno di molto più appagante e rispettoso di quella donna. ❝ Sarà…❞
Mentre parlavate non aveva mai smesso di acconciarle i capelli. Il ricordo della sua infanzia, invase la mente di Lady (Nome), mentre Reina faceva lo stesso quando erano più piccole. Quando Reina non era sposata e non aveva quelle pesti dei suoi 3 figli e la più giovane non stava ancora complottando per affondare il suo futuro marito.
L’intreccio era preciso e pulito, e decisamente più stretto di quello della serva. Poteva quasi fermare il flusso sanguigno se davvero fosse stato possibile. Questo era quello che si doveva pretendere da una cameriera che avrebbe preso questo ruolo. Ma (Nome) poteva immaginare che non potesse esistere una persona più affidabile di questa donna, per stare al suo fianco.
❝ Come procede la tua relazione con Cassis? ❞ L’affermazione era uscita dal nulla. Non aveva usato titoli o onorificenze vicino al nome dell’uomo che era a tutti gli effetti l’erede di casa Pedelian. Reina era sempre stata una donna irrispettosamente elegante.
Tutto quello che poteva dire era così semplice ed essenziale quando era con Reina. Ma lei era seria! o forse la stava prendendo in giro? Sperava la seconda ma era chiaro fosse la prima. ❝ Procede… almeno credo. ❞ Si sono fissate per minuti interminabili negli occhi e semplicemente aveva capito cosa intendeva con la sua vaga risposta. Aveva iniziato ad inserire nel raccolto un complesso di nastri dai colori azzurro e blu, dando un qualche tocco di colore, imprimendo saldamente la consapevolezza del suo ruolo e poi del proprio nei confronti di (Nome) .
❝ Invece tu che cosa ci fai qui? ❞ Non capitava molto spesso che le due sorelle avessero tempo di qualità da passare solo loro due. C’era sempre la presenza di Cassis o suo cognato o ancora i suoi nipoti. Nessuna chiacchierata tra sole donne adulte e anche allora vi erano orecchie indiscrete a cui non era saggio far ascoltare. Cameriere, lady Pedelian o ancora Sylvia.
❝ Ma come? non posso prendermi una pausa dai miei doveri di Moglie e Madre per aiutare la mia adorata sorella minore con il proprio matrimonio. ❞ Mancava un mese al matrimonio… ma era plausibile. Spesso Reina rammenta come (Nome) fosse la sua preferita.
Le due più grandi in casa e un'età molto più vicina rispetto alle due gemelle. Ma la (colore) sperava ci fosse di più per questo suo intervento.
❝ Avete già piani per il futuro? ❞ (Nome) capii all’istante e molto bene cosa intendeva con questo, era molto velato ma era il loro modo di parlare. Quel modo di parlare segreto per intendere cose che gli altri non avrebbero dovuto capire. Piccoli cenni del capo, guardare in un certo punto ad un certo punto, gesti con le mani del tutto nella norma ma che in un preciso ordine avevano tutt’altro significato.
Questo aveva fatto Reina - decisamente la più intelligente della famiglia- che aveva capito che qualcosa non era come dovrebbe essere.
Aveva ritenuto ad un certo punto necessario che lei è la sorella avessero un modo diverso per comunicare.
Ma questa volta non ha avuto bisogno di alcun segnale. Solo di una semplice frase.
Lo avete già fatto? O ancora meglio: Ha già fatto qualcosa?
Reina non aveva staccato il suo sguardo da (Nome) anche quando quest’ultima lo aveva rivolto altrove rispetto al riflesso glorioso della sorella. ❝ Non esattamente. ❞ La bionda odiava le risposte vaghe. Questa era una di quelle. ❝ Dovresti essere più specifica. ❞ Strinse un pó troppo il nastro e le due ciocche sigillando l’acconciatura appena completata. Reina la voltó di scatto. Ora erano una di fronte all’altra. ❝ (Nome), cara sorella, se fosse per me non saresti in questa situazione… ❞ La sua mano accarezzò affettuosamente il viso della sorella più piccola. ❝ … se ti ha fatto qualcosa, qualsiasi cosa, faró tutto per fargliela pagare. Q-U-A-L-S-I-A-S-I.❞
I suoi occhi castani erano fuoco ardente che divampava. Cosa poteva fare? ❝ So cosa pensi… lo ti si legge negli occhi… ❞ Se possibile il fuoco divenne ancora più divampante nei suoi occhi, (Nome) temeva sul serio l’avesse bruciata viva.
❝ Esistono molti modi per far soffrire una persona… ❞
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(Nome) si mosse tra le coperte risvegliandosi da uno di quei sonni profondi e intensi. Ne aveva sentito il bisogno in questi anni, era da tempo che non dormiva come si deve. In parte dovuto ai preparativi e in parte per l’insistenza di Cassis, i suoi pensieri erano diventati un peso che aveva colpito anche il suo sonno. Avere qui sua sorella è sicuramente la cosa migliore che le sarebbe potuta capitare- batte di poco la scenata di (Nome) e Cassis per la scelta del profumo che (Nome) avrebbe usato per il matrimonio-.
Ogni qual volta che lui avrebbe cercato di cambiare qualcosa che Lady (Nome) aveva scelto, Reina interveniva in una discussione diplomatica e insistente su chi poteva avere la meglio - ovviamente lei-. E’ rinfrescante e rassicurante, tanto quanto la sensazione della silenziosa rabbia di Cassis.
Ogni tradizione è stata rispettata e ogni obiezione e cambiamento richiesto da Cassis era stato eliminato. E’ sbalorditivo, voleva davvero imparare anche lei qualsiasi nome avesse questa arte nel discutere che Reina padroneggiare.
Un gemito di contentezza è uscito dalle labbra sottili senza pensarci e senza consapevolezza della sua presenza. ❝ Pensi che possa durare in eterno?❞ (Nome) ha aperto gli occhi in un sussulto e ha visto Cassis nel suo stato rilassato, se non fosse per l’irritazione che gli addobbava il viso.
Non ha dato segno di paura o sorpresa nel vederlo nella sua stanza. Ha già messo in chiaro dal primo momento che tutto ciò è suo è di Cassis e tutto quello che è di Cassis è anche suo. Oltre ad aver sottolineando più volte che avrebbero comunque finito per condividere un letto tra meno di 2 settimane - 1 anno e 10 mesi la prima volta -.
Questo gli è sembrata una scusa sufficiente per svegliarsi alle prime luci dell’alba, raggiungere la stanza della sua fidanzata e sedersi sul suo letto per osservarla e avvolte toccarla. (Nome) non credeva fosse una buona scusa e di conseguenza aveva cercato di allontanarlo… le prime volte. Presto ha capito l'inutilità del gesto e lo ha lasciato fare. Le sarebbe bastato urlare e qualcuno avrebbe rimproverato il comportamento del ragazzo nei confronti della sua novella sposa, se mai avesse osato andare oltre.
❝ Non riesco a capire cosa intendi con questo. ❞ Lei si è tirata a sedere e poi si è allontanata il più possibile mentre lui si metteva più comodo sopra le coperte. Un sospiro esasperato lascia Cassis e (Nome) poteva quasi sentirsi orgogliosa del turbamento che provava anche se non era niente in confronto a quello che aveva provato in quel periodo. ❝ Ti prego (nome), non fingere di non capire. Non ti si addice.❞ è vero. Ha finto di non capire, ma era sempre meglio fingere di non sapere. Lui sembrava non aver mai imparato questa lezione e sperava che prima poi la vedesse dalla sua prospettiva ma il suo sguardo sembrava dire il contrario.
In ogni caso finge di non sapere le riusciva meglio di qualsiasi altra cosa e di conseguenza lei stessa pensava le si addicesse come cosa.
❝ È solo colpa tua… non hai niente di cui incolparmi. ❞ (Nome) si accasciò in modo rilassato tra i cuscini. La sua facciata era caduta, e decise di non sostenere più quella bugia, per il momento. ❝ In quale modo sarebbe colpa mia?❞ Il suo viso era corrugato in una espressione mista tra l’irritazione e la sorpresa per il cambiato repentino di (Nome). La sua voce però era ancora dura e gelida come sempre. ❝ Io non ho mai voluto questo matrimonio, non lo voglio ora come allora.❞ Non poteva mentire su una cosa del genere. Lo dimostrava a quanto era arrivata. Cederlo ai loro nemici pur di fuggire da questo, e successivamente avrebbe sop portato qualsiasi punizione le avessero affidato dopo il suo ritorno. Solo non era disposta a continuare con questa punizione. Persino le celle fredde dei Pedelian potevano essere più invitanti di questo matrimonio.
❝ Avevi detto che avresti sopportato qualsiasi punizione, ora ti rimangi la parola. Eppure sposarmi non mi sembra una poi così grande punizione.❞ Era facile per lui parlare. Lui aveva deciso di portare avanti il buon nome della sua famiglia, (Nome) invece aveva optato per vivere con tranquillità senza grandi pretese. Lui l’aveva trascinato in questa cosa, in fondo tra tutti aveva scelto lei. Chissà così ci ha visto allora?
❝ Speravo sinceramente in una punizione più magnanima.❞ Lui rise sotto i baffi. ❝ La prigione ti sembra una punizione magnanima? ❞ In realtà no, ma era più allettante di stare con lui per tutta la vita.
❝ Il matrimonio è una prigione. Solo senza sbarre.❞ Parole di sua sorella. Le stesse che disse una settimana dopo il suo matrimonio, quando avevano litigato per qualcosa che (Nome) aveva classificato irrilevante, ma che nel loro contesto sembrava esagerato.
❝ Hai un modo contorto di vedere di vedere le relazione amorese. ❞ Non era di certo una relazione quella, tanto meno amorosa. Lo ha fulminato con lo sguardo mentre lui fissava le sue mani giocherellare con l’orlo della tua adorabile camicia da notte in seta. Era più a suo agio quando (Nome) non cercava di squarciarsi le mani e non gli gridava quanto fosse sbagliato. ❝ I discorsi servono a questo… rivelare quello che è stato nascosto.❞ Altra frase di sua sorella solo questa era dedicata a lei.
Quando Reina di notte entrava di colpo in camera dopo aver scoperto come (Nome) era fuggita sfacciatamente di nascosto senza dirglielo e la costringeva a raccontarle tutto. Terminava sempre in questo modo il discorso per poi complimentarsi per essere riuscita a ingannare tutti -tranne lei ovviamente-.
❝ Sai essere molto più loquace a quest’ora, mia signora. ❞ Cassis era ad un palmo dal suo naso quando ha parlato, e (Nome) -persa nei suoi pensieri- se ne era accorta troppo tardi. Le sue mani l’avevano avvicinata a lui con estrema facilità lasciandola quasi sorpresa di quanto potesse essere forte.
Se mai avesse pensato di fuggire, avrebbe dovuto giocare d'astuzia e non sulla mera forza fisica. Ad Cassis sarebbe bastato poco per alzarla di peso e riportarla indietro da lui e dalla sua famiglia.
In un gesto istintivo (Nome) ha inarcato la schiena, per evitare la sua mano. Solo non aveva calcolato abbastanza adeguatamente la distanza da prevedere l’incontrarsi dei loro petti.
I loro occhi non avevano molta distanza tra loro, tanto che avrebbe sentito anche il più leggero dei suoi respiri.
❝ Sarò anche loquace ma tu sei invadente. ❞ (Nome) ha puntualizzato stanca di qualsiasi cosa potesse fare Cassis. Non si era trattenuta più -non che avesse realmente intenzione di farlo in ogni caso - ma ora si sentiva solo maggiormente autorizzata. Le sue labbra erano sul suo collo lasciando baci a farfalla, mentre le sue mani viaggiavano leggere sui suoi fianchi e sulla sua schiena.
Si é sentita Delusa e in gabbia, nonostante parte di questa situazione fosse proprio sua.
Per quanto (Nome) potesse riconoscere che quello che aveva fatto e la presenza di Reina lo rendessero frustrato e allontanato, la sua ragazza non lo trovava comunque giustificabile.
Il mix di inadeguatezza a qualsiasi ruolo lui potrebbe ma volere per lei, il formicolare sotto la pelle e alla pelle d’oca; Formano sonata di disgusto che penetra la pelle bel curata e profumata. Lo spinse via, o almeno era quello che voleva fare. L’unico risultato ottenuto era una distanza di a malapena 20 cm dei loro volti, e fermando di conseguenza le mani di Cassis. Una al centro della schiena e l’altra sul suo fianco destro. ❝ C’è qualcosa che non va? ❞ Sussurrò a bassa voce, affinché solo lei potesse udirlo. Il tono era leggero e amorevole, quasi come non ci fosse stata una discussione poco prima. Come se entrambi lo voleste davvero. Come se lei volesse infrangere la tradizione della prima notte di nozze proprio con lui.
Ma non era così.
Il disgusto é ancora più accentuato. ❝ Tutto questo. È tutto questo che non va! ❞ Si sentiva annegare in se stessa mentre lui alza un sopracciglio. Non sembrava capire cosa ci fosse di male. Glielo leggeva negli occhi caldi e chiari. Lui voleva arrivare fino in fondo quella notte.
Cosi che nessuno potesse difenderla da lui. È questo che ha pensato lei, e per questo voleva impedirlo.
❝ Questo non è il momento… hai atteso due anni… perché adesso..❞ Ad (Nome) mancava il fiato per quello che poteva sembrare la millesima volta da quando l’evava toccato. Il petto, le braccia, il corpo e la coscienza sono pesanti, come se ad un certo punto qualcuno le avesse fatto franare una montagna addosso e l’avesse lasciata in balia di qualsiasi morte l’avrebbe attesa. É rimasta lì in un soffocante silenzio solo che solo lei stava soffocando.
Lady (Nome) non sapeva se fosse i suoi occhi ancora fissi su di lei, o la pesantezza delle sue disperate é sprezanti parole o il semplice peso delle aspettative. ❝ Avevi promesso che avresti aspettato-❞
Rise basso e amaro mentre la guarda - no, anzi stava guardando qualcos’altro -. ❝ Sappiamo che non si tratta di questo… smetti di fingere che te ne importi. ❞ Cassis si é permesso di trascinarla a se. La Distese sul letto con la schiena contro il materasso, le sue gambe avvolte intorno alla vita di Cassis, le sue mani erano al lato del suo volto ed convolto e spaventato… e lei semplicemente rimase immobile aspettando qualsiasi cosa, qualcuno che venga a fermarlo.
(Nome) era sempre pregna di quell’espressione sconvolta quando era sola con lui in quella camera. Ogni volta parlava di quella maledettissima prima volta come se davvero fosse il punto focale. Come se fosse il vero centro del discorso.
In realtà, agli occhi di Cassis lei avrebbe trovato una scusa anche quella notte pur di non essere tocca in qualsiasi modo. Non aveva semplicemente senso continuare a prolungare le loro torture. Lui avrebbe potuto solo soddisfare il suo bisogno di possederla e lei semplicemente avrebbe smesso di negare.
Pateticamente non lo ha respinto, non per la consapevolezza della loro differenza di forza, ma dalla pura e semplice paura.
Se avesse voluto andare avanti, (Nome) avrebbe semplice pianto e supplicato affinché -prima o poi- questo potesse finire. ❝ Non si è mai trattato solo aspettare e lo sai. ❞ Certo che (Nome) lo sapeva. Per quanto fosse consapevole di questo era inutile, provava ancora un immenso terrore.
Prima o poi sarebbe dovuto accadere, e rimandare era solo l’unica cosa su cui Cassis ti ha fornito una scelta.
Si abbassò e ora il suo volto era dannatamente vicino alla sua pelle. Bació a stampo ogni punto di pelle scoperta a sua disposizione in quella dannata posizione. Le spalle, il collo, il viso, la mandibola, le clavicole e la valle dei seni. Quest’ultimo gli impone di spostare il tessuto della delicata camicia da notte. Avrebbe potuto andare avanti così, togliere l’abbigliamento da notte della sua signora e continuare, non lo avrebbe fermato ed era sicura non lo avrebbe fermato neanche ora.
Tuttavia non è andato oltre si era fermato lì, dove l’ultimo bacio era stato posato e si alzò di colpo.
❝ Spero sia bastato come avvertimento… Il tempo è un lusso che ti ho concesso io e nessun altro. ❞
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susieporta · 2 months
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Il mio cane ha fatto amicizia con Molly, un pastore tedesco che è quasi il doppio di lui e che, incredibilmente, ha il doppio delle sue paure. Tra timorati di Dio, si sono intesi.
Il padrone di Molly è tedesco a sua volta, ha boccoli lunghi e biondi, un viso glabro da ventenne; quando l’ho incontrato, indossava bermuda e maniche corte, mentre io ero coperta con sciarpa e cappello. È venuto a piedi dalla Svizzera, dove ha abitato per un certo periodo e dove si è imbattuto in Molly, e dice che vuole restare qui. Bryan, il mio cane, è andato incontro al suo, e pian piano ne ha scalfito la timidezza. Giorno dopo giorno Molly si è sciolta, ora salta addosso a Bryan, lo lecca e lo morde, si arrotolano l’uno sull’altra con agilità coreografica, noi li osserviamo incantati. Il tedesco dice che Molly si è innamorata. Che sono uguali, loro tre: calmi, e sempre affamati. Forse pensa che io non sia calma – ed è vero – o che abbia meno appetito. Lui mangia alla Caritas e trova il cibo ottimo, dorme in un bosco nei dintorni di Villa Pamphilj; non sapevo sorgesse un bosco nel bel mezzo di Roma, ma forse al tedesco piace romanzare, così non ho indagato.
L’altro giorno, mentre chiacchieravamo, si è avvicinata una signora con un cucciolo in preda all’euforia, che ha interrotto l’idillio dei nostri cani. Mi ha chiesto di tradurre per lei: aveva conosciuto il ragazzo assieme al marito, che parla inglese, ma lei no. Voleva sapere se aveva mangiato, e dove caspita si trova questo bosco in cui dorme; mi ha pregato di avvertirlo che avrebbe piovuto e la temperatura si sarebbe abbassata, doveva procurarsi una giacca, ne aveva una?
Ero stupita da tanta premura, ma il ruolo d’interprete mi piaceva. «È bello, vero?» mi ha detto la signora guardando il ragazzo. Non sapevo se tradurre. Lui era distratto dall’interazione fra i cani – Molly è sensibile, ripete spesso, perciò la protegge. «È alto», ha continuato la signora, «e non patisce manco il freddo». Ho riso dietro la mascherina. «Pure mio figlio era alto così». La risata mi si è spenta in gola. La signora si è girata verso di me, mi ha fissata. «L’ho perso», ha detto, «era l’unico figlio e non ce l’ho più».
Non ho tradotto nulla. Ho sentito tutto il peso di essere in quel momento la sola destinataria di una simile notizia.
Tornando a casa, ho pensato che Bryan non è mica calmo, e che ero stata io a convincere il suo padrone a liberare Molly dal guinzaglio, a provare a fidarsi di lei: non le sarebbe accaduto niente di male, non l’avrebbe perduta. Ho pensato alla signora: non poteva immaginare che il bacio di suo figlio sulla guancia fosse un addio, che sarebbe salito al decimo piano. Ho pensato che, se passi molti anni a prenderti cura di un altro essere vivente, dopo non puoi più smettere. Adotti un cucciolo. O ti preoccupi per la salute di un ragazzo sconosciuto che dorme nel bosco, anche se quel bosco nemmeno sai dov’è.
(Ricordo del 2021)
Rosella Pastorino
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