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#peso del fallimento
lospalatoredinuvole · 2 years
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Diamo troppo peso agli errori.
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frammenti--di--cuore · 9 months
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Caro anno vecchio, io non credo di essere ancora pronta a lasciarti andare, a rassegnarmi al fatto che diventerai solo un ricordo. Io non sono pronta a ricominciare da capo, a resettare i ricordi e a crearne di nuovi per i mesi nuovi che verranno. Io non sono pronta a dire "è passato un anno da quel giorno", perché non sono pronta a sentire addosso il peso del tempo che è passato. Non sono pronta a fare bilanci, ad accettare le sconfitte, a mettermi nuovi obiettivi davanti soprattutto quelli che, so per certo, non riuscirò mai a raggiungere. No, non sono pronta alle nuove cose che accadranno, a quelle che non accadranno ancora nemmeno stavolta. Caro anno vecchio, io sto ancora cercando di elaborare quello che è successo a gennaio, non puoi chiedermi di doverne vivere uno nuovo di gennaio...e soprattutto non puoi chiedermi di viverlo con motivazione o, almeno, non solo con motivazione. Normalizza anche la paura, l'angoscia, il senso di spaesamento, di confusione...e in questo elenco potrei trovare lo spazio per metterci anche la motivazione. Normalizza il fatto che un anno è solo tempo che procede in avanti e che non determina necessariamente il nostro successo o il nostro fallimento. Normalizza, per favore, il fatto che sia normale per ognuno vivere la fine e l'inizio come meglio sente, che l'entusiasmo può nascere anche dalla disperazione, che i piccoli passi restano comunque un modo per camminare in avanti...e che ognuno ha il diritto di decretare dove si trova il proprio "avanti".
No caro, io non sono pronta, ma niente nella vita arriva davvero quando si è pronti, soprattutto le occasioni...quelle si cercano sempre il momento peggiore per arrivare, per vedere se le coglierai nonostante tutto, per capire se davvero te lo meriti.
Caro nuovo anno, per favore, sii per davvero la mia occasione e ti giuro che farò del mio meglio per viverti, anche se non mi sento pronta.
zoe
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idettaglihere · 2 months
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Domani avrò il controllo con l'equipe chirurgica riguardo al mio intervento bariatrico. È il controllo dopo 1 anno e mezzo dall'intervento e sborserò un sacco di soldi letteralmente per sentirmi dire che sono un fallimento, magari detto in altre parole ma il succo sarà quello. Ero tentata di non andare ma devo affrontare anche questo. Nessuno sa (nemmeno la mia migliore amica) quanto questa cosa mi faccia stare male, quanto ho paura di andare lì, davanti al chirurgo e alla nutrizionista, e dirgli che sono tornata dello stesso peso del controllo di settembre, nonostante gli allenamenti, nonostante i miei sforzi di mangiare decentemente il più possibile. Mi sento così sola e abbandonata in questa situazione perché l'unica che sa quanto mi fa male è la psicologa che però vedrò solo settimana prossima se i turni a lavoro me lo permetteranno. E pensare che è il mio giorno libero da lavoro e lo passerò sentendomi uno schifo, dato che mi ci sento già da giorni in previsione di questo evento. L'unica cosa che mi consola è che potranno controllare i miei esami del sangue che hanno dei valori sballati non troppo confortanti.
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susieporta · 6 months
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Ho paura, avendo una malattia degenerativa, di rimanere su un letto per il resto dei miei giorni senza alcuna autonomia ed essendo di peso alle persone che mi stanno intorno. Per lo stesso motivo ho paura dell'intervento che dovrò affrontare entro un mese da ora. Ho paura dell'anestesia, dei possibili danni permanenti, della cicatrice, di perdere la mia voce. Ho paura perché devo tagliarmi tutti i capelli e non so se, guardandomi allo specchio, mi riconoscerò. Ho paura degli incidenti stradali perché il mio primo ragazzo è morto in un incidente stradale, ho paura della povertà e dei debiti perché sono stata con l'acqua alla gola troppe volte, ho paura delle morti inspiegabili perché persone alle quali ho voluto bene sono morte in circostanze non chiare, ho paura della gente aggressiva e che urla, perché ho subito urla e aggressività. Ho paura dei terremoti perché ho partorito durante un terremoto, ho paura delle altezze. E dunque non amo le montagne che mi piace immaginare, ma solo dalla pianura. Ho paura delle droghe pesanti perché amici ne sono morti, e se sono sopravvissuti, sono diventati altro da sé. Ho paura di non provare piu nessun tipo di gioia e di desiderare solo il silenzio e la fine di tutto perche so cos'è la depressione, quella vera, non quella detta per dire, tipo: "oggi mi sento depresso". Ho paura delle bugie, dei raggiri, delle ossessioni altrui, delle persone che vogliono prevaricarmi, ho paura delle vespe perché sono allergica al loro veleno, ho paura di non saper rispondere in modo empatico a chi mi chiede aiuto, ho paura della violenza verbale, della malafede, dell'angoscia generale che vedo in giro, delle facce incazzate che evitano lo sguardo e il contatto fisico, ho paura della tristezza, soprattutto quella altrui - la mia la conosco -, ho paura della rabbia che genera altra rabbia, ho paura della paura perché sono stata una bambina immortale che si sporgeva dalle finestre e andava in bici senza mani e un giorno mi sono scoperta vulnerabile. Non ho paura del sangue, delle ossa rotte, degli ospedali che anzi mi fanno sentire accudita e protetta, non ho paura dell'invisibilità, del fallimento, degli errori, delle sfide, delle aggressioni, degli attacchi terroristici e della morte. Quella mi spiacerebbe soltanto in relazione a mio figlio e all'idea di non poterci più essere per lui, non poterlo ascoltare mentre impara a suonare il pianoforte e a leggere ad alta voce. Grazie di cuore a tutti quelli che mi hanno risposto ieri e oggi mettendo a nudo le loro "ferite", piccole e grandi. GRAZIE.
Simona Vinci
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entropiceye · 8 months
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A volte la convivenza con me stessa è proprio faticosa. Sono alla fine del mio percorso terapeutico e scrivendo il resoconto per la seduta di chiusura, non ho potuto fare a meno di entrare in crisi e chiedermi se davvero non sto azzardando il passo più lungo della gamba. E' un periodo strano: è come se la mia tendenza all'auto-sabotaggio stesse scalpitando vigorosamente. Impiego così tante energie per non mandare all'aria ogni cosa buona che faccio, che non me ne rimangono per nient'altro. Mi sento svuotata e senza emozioni. L'unica che ogni tanto si manifesta, a tratti in modo dirompente e ad altri, in maniera sorda ed insistente, è questa profonda tristezza. Non mi sento presente ed in un certo senso ho paura di parlarne. Ho paura di tutto. Passo il mio tempo a fare mille cose o a non fare niente se non spegnere il contatto con la realtà. In questo momento sento forte il bisogno di isolarmi da tutti, sento di non avere energia per prendermi cura di nessuno e non voglio essere di peso agli altri. Mi dispiace tanto fare del male a me e a chi mi vuole bene. Anche se sono consapevole di essere ingiusta verso me stessa, ci sono momenti come questi in cui quel giudice interno è troppo forte e prende il sopravvento. In un attimo ritorno ad essere quella bambina sola e triste, circondata da adulti che da lei si aspettavano tanto, senza però crederci mai. Penso a quella piccola me che voleva soltanto dimostrare di essere degna d'amore, di essere importante, di essere abbastanza e che alla fine ha finito per abituarsi al fallimento. Perché se sai di fallire, se sai che in ogni caso deluderai qualcuno, in un certo senso sei più sereno perché sai cosa aspettarti. Il successo invece è imprevedibile: non sai mai quale piega prenderà. Fa paura, anche perché riuscire a riconoscerlo non è per nulla scontato, specie se cresci sentendoti inadeguato. E se dopo c'è solo l'ignoto, tra quel salto nel vuoto ed il fantasticare malinconicamente sull'orizzonte lontano, molti scelgono di non provarci neppure a volare...
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dovetuttotaceciseitu · 9 months
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Cara Alessia, ti chiedo scusa.
Ti chiedo scusa perché non ti ho mai messa al primo posto, perch�� non ho mai guardato dentro di te per capire cosa realmente volessi sia nelle piccole che nelle grandi cose.
Ho sempre vissuto a metà, come se stessi costantemente in questa vita in punta di piedi.
Ho sempre vissuto nel sacrificio, ti ho messa di fronte a tante situazioni difficili, a tante scelte che nemmeno sarebbero dovute esistere.
Ti ho fatto del male tutte le volte che non ho creduto in te, tutte le volte che ho respinto i segnali che mi mandavi, quelle sensazioni così forti che nemmeno so come ho fatto a voltarmi facendole tacere.
Ti ho sempre lasciato in un angolino all'ombra, come se fosse sbagliato far emergere il tuo vero io.
Ho avuto paura tante volte di far valere la tua. Pensavo che fosse sbagliato.
Sono arrivata ad amarmi dopo tanti anni in cui, per la tua sensibilità, ho attraversato e superato troppi colpi duri.
Eppure, ad oggi, mi rendo conto di non aver amato me stessa così tanto perché non ho amato davvero te.
Ti ho trascurata sempre e, se pure pensavo di aver smesso, ho poi ricominciato vivendo gli ultimi anni con stress, senso di impotenza. Mi sentivo un fallimento.
Ce l'avrò sempre con me stessa per non averti difesa, per non averti tutelata. Non me lo perdonerò mai.
Sei tu la cosa più cara che ho, sei tu la cosa più cara che sono.
E oggi, soltanto oggi, ti chiedo scusa per tutto. Per ogni singola cosa.
Ti custodirò come un tesoro prezioso. Ti abbraccerò, ti bacerò e non ti accuserò più se qualche volta non ce la farai, se qualche volta perderai le forze o le speranze. Ci sarò io a ricordarmi che più di tutto conti tu.
Scusami se non mi sono accorta di quello che avevi. Scusami se ho ignorato i possibili messaggi che mi mandavi. Scusami se non sono stata alla tua altezza.
Voglio proteggerti e combatterò, ci metterò tutta me stessa. Testa, cuore, corpo, anima. Tutto.
Voglio che ci fermiamo a pensare solo a noi, a cosa ci fa stare bene, a quello che veramente vogliamo senza sentirci il peso di altri sulle nostre spalle.
Ce la faremo. Lo so che ce la faremo perché è andata sempre così. Ci siamo sempre trovate davanti a situazioni difficili e le abbiamo oltrepassate. E non smetterà di funzionare così.
Quando c'è da lottare noi non ci tiriamo indietro. E adesso dobbiamo lottare per vincere. Ora che lo so, ora che lo sappiamo, ora che ci siamo trovate, stringiamoci e non lasciamoci più.
Ti amo tanto.
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infernaldance-sc · 11 months
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CLICK
Io me lo ricordo ancora il giorno in cui ho sentito il click nella testa, quando qualcosa dentro di me si è rotto per sempre. Ci sono ancora dentro fino al collo, probabilmente mi porterà alla rovina, ma per adesso non ho altra soluzione se non raccontare e provare a stabilire un dialogo col mio "io" interiore.
Scuole medie: avevo invitato un'amica a pranzo e stavamo mangiando delle patatine come secondo. Forse non la cosa più salutare del mondo, ma eravamo piccole e le patatine erano sempre un'ottima idea: alla proposta di mia madre per un bis, non ci siamo certo tirate indietro. È tornata poco dopo con un piatto pieno per la mia amica e uno vuoto, con una sola patatina nel mezzo, per me. Ridendo mi ha detto "perché tu devi dimagrire".
In quel momento mi sono frantumata in mille pezzi.
Facendo mente locale posso ben ricordare che la mia infanzia è stata letteralmente all'insegna dell'umiliazione. Mia madre non ha mai perso l'occasione di farmi vergognare davanti alle mie amiche: lei è bella e tu no, lei è brava e tu no, guarda lei quanto è magra e tu no, lei mette i vestitini ed è sempre truccata e tu no.
Queste frasi le sentivo, immancabilmente, ogni volta che rientravo a casa per un secondo a prendere qualcosa e mia madre scambiava due chiacchiere con l'ospite.
Mia madre non ha mai perso neanche l'occasione di prendermi ferocemente in giro per tutti i miei interessi, ricacciando nomignoli che mi facevano vergognare anche di esistere. Molto spesso per la disperazione ho pensato di mollare tutto, di rinnegare me stessa e, in un certo senso, lo faccio molto spesso. Lo chiamo "cambiamento", "aria fresca", quando non è altro che il tentativo di allontanarmi il più possibile della me originaria.
Per un periodo, durante le superiori, ogni pomeriggio veniva nella mia stanza a ricordarmi quanto fossi un fallimento, quanto fossi inutile, quanto i miei interessi facessero schifo, quanto fossi sbagliata. Ha smesso solo quando le ho urlato, davanti a mio padre, che tutto questo mi faceva male da morire.
Dunque a provocare quel click non è stata quella patatina nel piatto, ma la profonda umiliazione. Da quel giorno non ho mai smesso di lottare con il cibo, di fare su e giù col peso e di sentirmi brutta. Nel tempo ho sviluppato un'ossessione per la perfezione: i 49kg che ho come obiettivo, i 30 agli esami, il carattere forte, le emozioni nascoste, lo sguardo impassibile, il lavoro di precisione, il non chiedere mai aiuto. E insieme all'ossessione per la perfezione, non mi ha mai abbandonata il senso di vergogna: in vita mia non sono mai uscita di casa in pantaloncini, non indosso un costume da più di 8 anni, detesto vestirmi con colori appariscenti perché non voglio attirare l'attenzione, giro sempre super coperta (durante i primi anni delle superiori portavo le maniche lunghe anche in piena estate).
Mi vergogno del mio corpo e di ciò che sono e mi convinco spesso di non valere niente, come diceva mia madre.
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i-am-a-polpetta · 1 year
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non sapevo che cosa fare in ufficio per far passare il tempo e mi sono messa a rivedere le foto del mio vecchio telefono, così mi è salita la malinconia di momenti anche belli e di come io stessi male da panico ma riuscivo comunque a renderli quantomeno "vivibili". uscivo, facevo tantissime foto, andavo in stazione alle tre di notte perché non dormivo. adesso eh... adesso non so proprio dire sapete? sono cambiate tantissime cose e sento che quei momenti mi mancando di prepotenza. sarà questa mia incapacità di instaurare rapporti intimi sani con le persone o sarà questo mio essere un fallimento totale come essere umano o il fatto di essere semplicemente un essere umano dal cuore guasto ma, più ripenso a quei momenti più mi viene da dire che si stava meglio quando si stava peggio. quando ancora non avevo il peso di sentenze mediche a cui dare la colpa. adesso di chi è la colpa se sono così? se sono così incapace di mantenere un rapporto sano? lo dice sempre la mia psicologa: sono attratta dalle persone disagiste essendo io disagita a mia volta. ha ragione. quindi mi chiedo: è una buona giornata per essere felici? probabilmente sì ma sicuramente non perché se mi scuoti per una spalla c'è sempre quel rumore di ingranaggi rotti che risuona a mo' di cassa di risonanza a livello del cuore.
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monnys-world · 2 years
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Ieri,per l'ennesima volta ho letto che una ragazza si è tolta la vita a causa dello stress universitario. Condivido il pensiero di tanti,che pensano che,per certi punti di vista ,l'università sia disumanizzante,la domanda è come può uno studente arrivare a pensare di essere un fallimento al punto di togliersi la vita? E sono numerosi gli studenti che arrivano a tanto.. c'è sicuramente qualcosa di sbagliato nel sistema scolastico e ho visto moltissime persone condividere questo pensiero.
La mia vita non può dipendere da una media,un voto,una competizione sfegatata con gli altri per cui devo pensare che se qualcuno ha preso più di me,ha memorizzato più di me,ha passato un esame che io non riesco a passare sia allora migliore di me. Quante sono le volte in cui,anche io,da studentessa,mi sento enormemente schiacciata dal peso del " devo fare questi esami altrimenti finirò con l'arretrarli" e quante volte ci ritroviamo a doverli fare anche in ritardo perché imprevisti, situazioni,non ti hanno dato il tempo sufficiente per prepararti bene. Allora senti l'ansia,la paura,il senso di fallimento.
L'università non dovrebbe mettere pressioni in questo senso. Uno studente fuori corso non solo non conclude gli studi in tempo,ma è costretto oltretutto a pagarsi il doppio delle tasse,così come cercano di convincerti a volte che la media non serve,e in realtà , la media per alcuni lavori conta più che non la tua esperienza o ciò che saresti capace di dare. Vorrei capire cosa è che,chi,stabilisce che un 110 con lode vale più di un 90?.
Tutto questo è distruttivo, malsano, vanifica i sacrifici che uno studente fa. Persino i test d'ingresso ad alcune facoltà ,limitando l'accesso,indirettamente creano quel senso di frustrazione e impotenza che solo chi ha vissuto questa esperienza può capire. Non passare un test d'ingresso equivale a perdere un altro anno della tua vita per poi cercare di ritentare l'anno successivo senza comunque avere certezze,dove che tutti abbiamo diritto di studiare ciò che ci piace ,a maggior ragione se noi studenti paghiamo per farlo.
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odds-ends · 2 years
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Se dovessi tirare le somme sul viaggio che è stata la mia breve vita fino ad adesso, avrei molto da prendere in considerazione. Tante sono state le persone lungo il cammino, a volte sono rimasti solo ricordi, altre sono ancora qui al mio fianco. Alcune hanno lacerato la mia anima, qualcun'altra l'ha risanata, con il tempo e con tanta pazienza. So di non essere una persona facile, ma d'altronde chi lo è? Facciamo tutti i conti con il nostro passato, i nostri traumi, i nostri errori e certe volte questi prendono il sopravvento, ti trasformano in una persona che non sei tu. E lì che devi prendere una decisione. Scaverai la tua fossa con i demoni? O cercherai di risalire anche quando milioni di mani proveranno a buttarti giù nel limbo? Io non sono fuori dalla mia fossa. ci vorrà tempo e molto lavoro per risalire in superficie, ma passo dopo passo sto provando a tagliare tutti i pesi che mi trascinano giu. Non so se sto facendo le mosse giuste, a volte la corda è troppo robusta per tagliarla via in un unica mossa. Ma ogni giorno faccio un taglio sempre più profondo, sperando che un giorno il peso vada giù e mi lasci un po' più libera. I demoni sono un po' più resistenti, loro non vanno via subito. Non basta lasciarli andare, loro sono dei compagni che con il tempo hai imparato a sopportare, che ti hanno ammaliato con i loro modi quasi gentili, quando ti mostravano la via più facile per uscire da questo grande casino che è la vita. C'è stato un momento in cui credevi che la via più facile fosse la tua strada, e l'hai seguita senza voltarti indietro, credendo che arrivata alla fine della strada, ci sarebbe stata la pace, quella pace che hai cercato disperatamente in ogni uomo da cui ti sei fatta ammaliare, toccare e scheggiare l'anima. Per ogni pezzo di te stessa che hai lasciato lungo il cammino, donandolo alle persone sbagliate, per ogni volta che ti sei sentita un fallimento, per quella pacca sulla spacca che non hai mai avuto da nessuno, per tutte le volte che ti sei sminuita davanti a qualcuno, per paura di non essere giusta, per quelle volte in cui ti sei fatta del male, credendo di liberarti, per i tagli sulla pelle bianca, per il sangue buttato per le ragioni sbagliate, per quella vita che volevi abbandonare in qualche angolo buio per trovare la tua via di fuga. Per tutto ciò di brutto a cui hai sottoposto il tuo corpo e la tua mente in questi lunghi anni, per tutti i pensieri oscuri che ti hanno torturato l'anima, per tutte le volte che ti sei concessa ad un uomo per le ragioni sbagliate, per lenire un vuoto che potevi riempire solo con te stessa, per tutti quegli uomini che hanno giocato con il tuo corpo e tu glielo hai permesso. Per quelle persone che ti hanno dato della cattiva e della puttana, senza mai sentire i tuoi dolori, le tue ragioni. Per non esserti mai perdonata per tuo padre. Per non averlo salvato dal declino del suo cervello. Per averlo li davanti, ma non considerarlo più tuo padre. E credere che ormai, il tuo papà, l'unico che ti ha fatto sempre sentire amata, ormai non c'è più. Lui ora ha gli occhi vuoti e spenti, e tu credi che sarebbe meglio morire, e poi ti senti uno schifo per questi tuoi pensieri. Forse questa è la punizione giusta per l'essere stata sempre la figlia sbagliata, la ragazza sbagliata. Forse tutto questo me lo sono meritato, come una sorta di macabra punizione karmica. Una scia tossica e dannosa, che a causa tua, intaccava le vite di tutti quanti.
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angiusmaker · 2 years
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Studia, consuma, crepa: il modello tossico dell'università
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Riporto integralmente un articolo molto interessante che ho letto online su TPI e che consiglio vivamente:
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Fuoriclasse o fuoricorso, non c’è via di scampo. O almeno è quanto vorrebbero farci credere tutti quei proclami, quelle “notizie” che spesso sono solo trovate di marketing per il giovane laureato prodigio e per la sua notabile famiglia o per la prestigiosa università privata a cui è iscritto.
Per mesi siamo stati bombardati da titoli come «Federica batte tutti», una goccia che lentamente ha scavato la coscienza collettiva convincendoci che l’università è una competizione. Come se ce ne fosse bisogno, come se non fossimo già abbastanza terrorizzati all’idea che – se ancora esiste qualche chance che l’ascensore sociale in Italia funzioni – bisogna eccellere, essere tanto più bravi quanto più si parte dal basso, altrimenti, banalmente, saremo spacciati.
E una volta fuori dal mondo dell’università – ormai vissuta come imprescindibile nel transito verso un mercato del lavoro sempre più precario e pertanto sempre più esigente – non saremo competitivi, non ci meriteremo una vita sopra la soglia della povertà relativa, con una carta che risulti ancora capiente quando, dopo aver pagato l’affitto e le bollette, staremo facendo i conti e incrociando le dita anziché goderci quella rara uscita fra amici.
Tutto questo (e molto di più) si nasconde dietro il disagio psicologico degli studenti universitari che talvolta si spingono a compiere gesti estremi: la consapevolezza e il disincanto. 
Non sono giovani viziati che non sanno più tollerare i piccoli fallimenti della vita, come vorrebbero farci credere; e non sono nemmeno dei pazzi con mille altri problemi collaterali, come si usa dire quando ci si vuole autoassolvere per aver assecondato quella mentalità, liquidando anche l’ennesimo suicidio come un caso isolato. 
Eppure, in queste storie non è difficile riconoscersi. Quando è estate e già senti il peso della sessione di marzo, l’ultima prima di finire fuoricorso e pagare il doppio delle tasse. «Sono nei tempi», ti ripeti, «mi mancano cinque esami». Ma solo il pensiero di dirlo ai tuoi genitori e vedere le loro facce deluse già ti devasta.
Fra quei cinque esami, poi, scopri col tempo di averne sottovalutato uno, o di aver fatto male i conti col grado di dettaglio richiesto da quella commissione, che che ti boccia due volte. Gli appelli non sono poi tanti, a volte passano mesi fra l’uno e l’altro: di colpo è Natale, tu sei molto più indietro di quanto avessi previsto; sei già proiettato sulla laurea perché l’hai annunciata e questo ti mette ansia, ti impedisce di studiare sereno. Così ti chiudi in casa, studi tutto il giorno, rinunci ad ogni occasione di socialità, finisci in una spirale di solitudine e confusione.
Forse avresti bisogno di aiuto ma non hai il coraggio di chiederlo: non credi di meritarlo. I tuoi compagni di corso postano la foto con la corona d’alloro, e tu sei in pigiama che li guardi dal telefono: a te manca una vita. Pensi a te stesso di lì a qualche anno, le insicurezze diventano giganti.
Ti senti sopraffatto, ti manca l’aria. E scopri che sei troppo stanco per continuare a giocare a quel gioco in cui già sai che perderai. 
Non abbiamo dovuto inventare niente: è solo una delle ultime fra le storie che non sono state raccontate. In questi mesi abbiamo raccolto persino la testimonianza di un’attrice che risponde ad un annuncio di lavoro e si ritrova al telefono con un ragazzo disperato: le chiede di fingersi una docente universitaria, nel periodo delle lauree da remoto, per simulare una discussione di tesi.
L’artificio non avrebbe portato al conseguimento del titolo, ovvio, ma forse appariva come l’unica maniera per procedere con la rinuncia agli studi senza rompere con la propria famiglia. Che fine avrebbe fatto la fiducia, se avessero scoperto mesi di bugie?
In una società che non tollera il fallimento, tu non vuoi deluderli. In una società che non tollera il fallimento, anche tu hai disimparato a tollerarlo. In una società che non tollera il fallimento, la procrastinazione non è pigrizia ma semplicemente paura di non avere successo.
Così prendi tempo, finché puoi, e rimandi il tempo della verità, che deve suonare come un’imperdonabile ammissione di colpe. 
Ma la verità è che ciascuno ha i suoi tempi; che i regolamenti delle tasse sono punitivi; che se sei povero paghi meno tasse nell’università pubblica ma devi essere anche molto bravo: se rimani indietro, perdi il “privilegio” di pagare meno, che è un diritto e che non dovrebbe cessare di esistere solo perché non corri veloce come gli altri.
E poi c’è chi lavora per pagarsi l’affitto da fuorisede, che spesso è una scelta obbligata. C’è chi dedica il proprio tempo a esperienze di cittadinanza attiva. C’è chi deve sopperire alle carenze del welfare e prendersi cura di un familiare.
Qualsiasi impegno che non sia la devozione allo studio diventa una perdita di tempo, nella narrazione polarizzata che si fa degli studenti universitari: veri fenomeni o falliti.
L’unica via è l’individualismo più cinico, la capacità che hai di reprimere i momenti di debolezza, per i quali non c’è tempo: la produttività è centrale nell’organizzazione aziendalistica dei luoghi della formazione.
I criteri di merito sembrano pensati per far sparire ogni disuguaglianza nelle condizioni di partenza, e ammantare tutto di un’aura di giustizia sociale.
Hai bisogno di supporto psicologico, in un momento storico di apparente grande slancio verso il superamento dello stigma sulla salute mentale? Prega di avere i soldi per pagartelo, perché i servizi di counseling offerti solo da alcuni atenei solo assolutamente insufficienti. 
La rappresentazione che di tutto questo (non) si offre è quanto mai fuorviante. Chi svetta da una posizione di potere invidiabile, di nascita, sembra essersela costruita, con un puntuale encomio al sacrificio e alle rinunce che ha compiuto sul piano personale per avere successo in quello universitario-professionale; chi perisce, invece, sembra fare la fine che merita, in questa sorta di darwinismo della realizzazione di sé.
Con lui sparisce la necessità di interrogarsi più profondamente sui criteri di valutazione, sull’insufficienza delle borse di studio e delle università stesse sul territorio nazionale (in Italia ci sono 67 università pubbliche e 190 istituti penitenziari), sulla funzionalizzazione dell’università pubblica al lavoro flessibile, in competizione diretta con le università private; su quanto abbiamo introiettato il concetto per cui siamo quello che facciamo.
Basteranno tre minuti di silenzio e potremo continuare a fingere che vada tutto bene. Tre minuti di silenzio, e mentre un’ambulanza porta via il corpo dell’ennesima studentessa che ha deciso di togliersi la vita pochi metri più in là, la commissione chiama il nostro nome. Dobbiamo sostenere l’esame. L’angoscia ci divora ma non possiamo permetterci di rimandarlo: il prossimo appello è fra un mese e sarà già troppo tardi.
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Da: LE STREGHE DI SHAKESPEARE - di Gianpiero Menniti 
LA SEQUENZA AMOROSA COME ARTE
A Kinnin, la poliziotta dura e pura, capitava raramente di incontrare persone gradevoli. L’ambiente di lavoro nel quale era immersa non concedeva suggestioni di quel tipo.  Certo, le sue lenzuola non erano mai rimaste immacolate a lungo, ma niente che durasse lo spazio di qualche settimana appena.  Ed era già troppo.  Una scelta?  Solo in parte.  Un paio di volte c’era andata vicina alla relazione stabile.  Poi il suo lavoro e qualche elemento di disagio, qualche stonatura, qualche eccesso, avevano fatto pendere il piatto della bilancia sul verso sbagliato senza darle alcuna voglia di rimettere le cose in equilibrio.  Il piccolo scrigno della sua intimità più profonda era sempre rimasto chiuso, nel ricordo di un’adolescenza costellata di relazioni difficili che avevano sfigurato visioni idilliache.  L’attesa vaga dell’abbandono non aveva generato gli incontri giusti, lasciandola orientare tra percezioni estetiche e bramosia dei sensi.  Nella sua mente, il sesso era espressione di pulsioni egoistiche, pura e semplice esigenza fisica, al netto di sdolcinatezze para-amorose.  Ci aveva provato, con sincerità, a sentirsi innamorata.  La cosa non era riuscita proprio.  Un uomo lo si può amare con la testa, con il cuore e con la figa, non c’è altro modo di ottenere lo stesso risultato al di fuori di questa combinazione.  Due su tre basta per un po’ di tempo, ma non puoi scoparti a lungo un poderoso cazzone se questo appartiene ad un minchione: anche se è un uomo buono, amabile, dolce, gentile, non basta.  E così nelle diverse possibilità di incastro, A+B, B+C o A+C, la mancanza del terzo fattore è indice di un fallimento certo.  Anche qui s’intravede un orizzonte “scientista”: il linguaggio della matematica applicato alle relazioni d’amore.  A questo Valentina e la sua T non hanno mai dato peso.  La T, ovvero il disegno di una linea verticale che si congiunge con una orizzontale, è il grafema con il quale Kinnin, la poliziotta, fa i conti con i propri pensieri, creando labirintiche fantasie che rimangono a fregio su fogli di carta riempiti fino ai limiti, labirinti lasciati immaginare come illimitati ben oltre quel fragile supporto che rimane sulla scrivania, a testimonianza di una solitaria, misteriosa ed irripetibile riflessione.  In fondo, è come se fossero opere d’arte, lirica eredità dell’astrattismo del XX secolo: espressionismo astratto nella migliore tradizione della New York creativa anni ‘40 e ’50 che soppiantò la Parigi bohémien che si era imposta fino ad allora e ininterrottamente, dal tardo secondo impero, come patria dell’arte non solo figurativa.  Strana donna: razionale fino al cinismo.  Eppure capace di passioni irruente e di abbandoni estatici.  Strana donna.  Difficile, faticosa, incandescente.  Lo sapeva.  Prendetemi così come sono o non se ne fa nulla.  Il mio scrigno in dono a chi indovinerà la combinazione giusta.  D’altronde, il problema non è scopare o avere compagnia.  La questione è: amare.  E lì non ci si può accontentare.  La strada è una sola, la possibilità è una sola, tutto chiaro, netto, come una T.  
Piet Mondrian (1872-1944): "Composizione n. 10: molo e oceano", 1915, Museo Kröller-Müller, Otterlo
In copertina: Maria Casalanguida, Interpretazione de 'Il bagno turco' di Ingres, 1976
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nauseousnausicaa · 2 years
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non c’è giorno in cui non mi svegli e non pensi a te. ci sono giorni in cui sono stracolmo di ricordi, più o meno significativi; giorni in cui mi arrovello la mente nell’ invano tentativo di trovare una soluzione alternativa a questa situazione; oggi mi sono svegliato e ho pensato al fatto che non scoperemo mai più. il pensiero mi rende molto triste invero. mi manca il peso del tuo corpo su di me, le tue spalle, i tuoi baci lunghi e belli. quando mi hai lasciato ormai tre settimane fa devo ammettere che non avevo pensato a questo collaterale. anzi, non ci avevo mai pensato molto seriamente fino a oggi. stamane invece riesco solo a immaginarmi scenari assurdi che potrei mettere in piedi per riaverti con me, ma so che è tutto inutile per il semplice fatto che non possiamo vicendevolmente darci quello che vogliamo, che cerchiamo e di cui abbiamo bisogno. è tutto inutile e ti giuro che ci sono giorni in cui non so neanche da dove iniziare ad accettare questa realtà. ogni mattina mi sveglio e penso a queste cose, ci penso anche durante il giorno e ogni tanto esagero e mi faccio piangere un po’.
un’altra cosa a cui penso è al gigantesco fallimento che è la mia carriera accademica. ogni giorno mi sveglio e penso che sono 5 anni che sono nel sistema universitario e non ho concluso un cazzo. mi vergogno così tanto dei miei insuccessi che non riesco neanche a riflettervi su, non riesco a ripartire, a trovare una soluzione. sento come se la mia vita fosse già finita, ho già bruciato ogni possibilità, ogni occasione. oggi è l’ultimo giorno per iscriversi agli esami e consegnare la tesina di un corso e credo che ignorerò entrambe le scadenze nonostante la loro cubitale presenza nel mio calendar.
penso tutti i giorni alla morte. penso di morire ma senza il minimo coraggio di intervenire attivamente. non riesco a immaginarmi di qui a uno, due, cinque, dieci anni. non c’è nulla che voglia fare, nulla che mi sproni se non la paura fottuta di essere considerato un fallito, di essere considerato debole e vuoto. in un modo o nell’altro finché vado avanti solo io mi vedo così, le altre persone credono in me per qualche motivo e non riescono ad aprire gli occhi e vedere che forse sono davvero una delusione. servirebbe la famosa uscita di sicurezza che ogni tanto sogno ma temo che non esista.
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pollicinor · 26 days
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Non è difficile immaginare che la principale spesa sia il cloud Azure di Microsoft, che ha "un certo peso" sul futuro di OpenAI
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Se la pillola non va giù, da alcol a zero acqua gli errori più comuni dei pazienti
(Adnkronos) - No, non basta un poco di zucchero e la pillola va giù, come cantava Mary Poppins, l'indimenticata tata magica nel film cult della Disney. "Non voglio fare del male a un personaggio che mi riporta all'infanzia, ma facciamo già colazioni molto ricche di zuccheri e, con tutto quello che mangiamo, se evitiamo di consumarne ancora è meglio. Al di là di qualche presenza di fruttosio o altro fra gli eccipienti del principio attivo del farmaco che ne favorisce l'assorbimento, io lo zucchero lo eviterei. Un po' di acqua è sufficiente", sorride Alberto Corsini, professore ordinario di farmacologia, università degli Studi di Milano. Una battuta, la sua, ma introduce un tema molto serio: sono tanti gli errori che le persone alle prese con capsule e compresse commettono. Il più frequente in assoluto? Mandar giù la pillola senz'acqua, spiega l'esperto all'Adnkronos Salute.   "E' vero, abbiamo delle formulazioni orosolubili che permettono una somministrazione senza l'utilizzo di acqua - premette il farmacologo - Ma pensiamo ai pazienti cronici, con pressione elevata, colesterolo alto, diabete: la maggior parte delle terapie prevede farmaci che richiedono l'assunzione con acqua. Perché altrimenti non li assorbiamo". Se la pillola non va giù E "non basta un dito di acqua - avverte - ci vuole un bicchiere pieno, che vuol dire 150-200 ml, per favorire la solubilizzazione e il trasferimento a livello gastrointestinale, dove poi avviene l'assorbimento vero e proprio. Ci sono tantissimi studi ormai da 40-50 anni, che hanno evidenziato che se prendo la stessa aspirina, un antibiotico, qualunque farmaco con poca acqua, piuttosto che con un bicchiere pieno, ne assorbo meno della metà. Quindi ho già un fallimento terapeutico. Prima ancora di iniziare la cura, sto sbagliando".  L'assorbimento di un farmaco è un punto molto critico, evidenzia Corsini. Nel 'galateo' del farmaco orale va aggiunto che "va assunto in posizione eretta", cercando almeno di mettersi seduti, in posizione verticale e non sdraiati. "Perché questo favorisce per gravità il trasferimento dalla bocca allo stomaco. Il passaggio nell'esofago è di circa 2-3 minuti. Nel giro di 10 minuti, stando in quella posizione, il farmaco raggiunge lo stomaco dove può avere luogo l'assorbimento. Questo passaggio è facilitato dall'acqua, che aumenta il peso". Di esempi, assicura l'esperto, ce ne sono tanti. "Pensiamo ai farmaci bifosfonati per l'osteoporosi negli anziani, che sono scarsamente assorbibili: bisogna aiutarli assumendoli con un'acqua con pochissimi sali. Non si può prendere il farmaco con un caffè, un tè, un succo, perché sennò se ne assorbe pochissimo. E non è scherzo, perché il paziente rischia fratture".  Un altro elemento importante è quando si indica che il farmaco va preso in presenza di cibo. Gli integratori C'è poi il capitolo integratori: "Se una persona vuole consumare vitamine, piuttosto che sali, magnesio, calcio, è bene farlo lontano dai medicinali. Facciamo l'esempio dei farmaci per la tiroide (in Lombardia sono 700mila le persone che ricevono questi farmaci di terapia sostitutiva perché magari ipotiroidei). Se si prendono con degli integratori se ne assorbe la metà. Il consiglio è dunque aspettare almeno due ore prima di prendere gli integratori". Un messaggio è poi per chi, terrorizzato dall'affogarsi con le pillole, le mastica: "A parte il fatto che credo siano poche quelle con un buon sapore, occorre sapere che la saliva ha un pH diverso da quello gastrointestinale - dice Corsini - Esempio: i farmaci inibitori di pompa protonica", usatissimi per ulcere, gastriti e reflusso, "hanno bisogno di essere in un ambiente acido per essere attivati. Se si masticano in bocca, alla fine si perdono". Insomma, se si indica che un farmaco va assunto in un certo modo, "è perché è studiato in quelle condizioni. Un primo aspetto che si valuta è il tipo di somministrazione. E quindi l'assunzione non deve essere fatta 'ad personam', ma seguendo quelle che sono le istruzioni".   Capitolo latte L'elenco degli errori più comuni include la scelta di accompagnare le pillole col latte. Anche qui l'insidia è dietro l'angolo, perché "molti farmaci, alcuni antibiotici e altre molecole, 'precipitano' con il calcio, con i latticini. E quindi, ancora una volta, si ha un fallimento terapeutico", avverte il farmacologo. Se "non vogliamo farci del male", continua, evitiamo ovviamente di far scendere giù la pillola con bevande alcoliche. "L'alcol solubilizza la molecola in modo diverso e non va per niente bene. L'assunzione del farmaco deve essere rispettata". Gli esempi sono infiniti: "Per alcune molecole il succo d'arancia potrebbe portare a precipitazioni, potrebbe portare alla chelazione - elenca Corsini - Facciamo l'esempio di alcuni antibiotici, i chinoloni, piuttosto che i bifosfonati". Si rischia dunque di "perdere una grossa quota di successo delle terapie per questi errori banalissimi".   Un accenno a parte merita il succo di pompelmo: "Si era visto, ormai diversi anni fa, che l'assunzione di notevoli quantità di pompelmo poteva inibire il metabolismo, l'eliminazione del farmaco, e questo portava a un aumento delle concentrazioni fino a effetti tossici. Prima si era visto con alcuni antipertensivi, quindi con cadute dei livelli pressori, poi con un effetto antiaritmico maggiore, maggiori problemi di tollerabilità dei farmaci per il colesterolo. Tanto che in ospedale, nelle diete o negli studi clinici, il pompelmo è bandito. Ma questo non vuol dire che io non devo consumare un bicchiere di succo di pompelmo al giorno. Le cose vanno contestualizzate: il pompelmo è un potente inibitore del metabolismo dei farmaci se si arriva a consumarne un litro al giorno. Quindi berne un bicchiere al mattino e poi prendere un farmaco alla sera non è drammatico, salvo rarissime eccezioni, come alcune statine".   Pillola e... caffè Stimolanti come il caffè? "Dire a un italiano di non bere il caffè è impossibile - sorride - ma anche in questo caso, semplicemente è meglio farlo lontano dall'assunzione dei farmaci. La strategia ideale può essere prendere il proprio medicinale con un bel bicchiere d'acqua e poi dopo mezz'ora o un'ora fare colazione. Sono semplici suggerimenti che possono aiutare. L'ultima indicazione importante è che ci sono alcuni farmaci, i famosi vecchi anticoagulanti, per i quali occorre stare attenti a utilizzare la vitamina K, che si può trovare negli integratori, per esempio. Se dunque si assume il warfarin - e in Italia sono ancora 400mila i pazienti che lo prendono - l'integratore se proprio lo si vuole prendere va preso almeno due ore dopo. Chi consuma gli anticoagulanti deve stare poi attento ad utilizzare le verdure con foglie larghe, che sono ricche di vitamina K. Ovviamente si può fare un pasto con l'insalata, perché tutto va contestualizzato. I farmaci - conclude dunque Corsini - ci aiutano ma vanno rispettati. Perché se non li prendiamo secondo le indicazioni, il rischio è che non funzionino. E non si deve avere il timore di chiedere quali sono le regole corrette al farmacista, al medico o all'infermiere". Con buona pace di Mary Poppins.   [email protected] (Web Info) Foto di Miguel Á. Padriñán da Pixabay Read the full article
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realdrake · 2 months
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## 1. #allenamento
### Blog Post: Il Potere dell'Allenamento Quotidiano
L'allenamento quotidiano non solo migliora la forma fisica, ma rafforza anche la mente. Allenarsi regolarmente aiuta a sviluppare la disciplina, ridurre lo stress e migliorare la qualità del sonno. Integrare diverse forme di esercizio come il cardio, la forza e la flessibilità può offrire benefici completi. Sperimentare con nuovi allenamenti può mantenere la motivazione alta e prevenire la noia. Ricorda, la coerenza è la chiave per vedere risultati duraturi.
## 2. #palestra
### Blog Post: Come Sfruttare al Meglio il Tempo in Palestra
La palestra è un luogo dove puoi sfidare te stesso e raggiungere nuovi obiettivi di fitness. Per massimizzare i tuoi sforzi, pianifica le tue sessioni con una combinazione di esercizi cardiovascolari, di forza e di flessibilità. Utilizza attrezzature diverse per evitare di stagnare e segui un programma di allenamento che si adatti ai tuoi obiettivi personali. Non dimenticare l'importanza del riscaldamento e del defaticamento per prevenire infortuni.
## 3. #fitness
### Blog Post: L'Importanza del Fitness nella Vita Quotidiana
Il fitness non riguarda solo l'aspetto fisico, ma anche il benessere mentale e emotivo. Un regime di fitness regolare può migliorare la tua autostima, ridurre l'ansia e la depressione, e aumentare la tua energia quotidiana. Includi attività come lo yoga, il pilates, o la meditazione per un approccio olistico al fitness che supporta sia il corpo che la mente.
## 4. #salute
### Blog Post: Allenarsi per una Vita Più Sana
L'esercizio fisico è uno dei pilastri fondamentali per mantenere una buona salute. Migliora il sistema cardiovascolare, rafforza il sistema immunitario e aiuta a mantenere un peso corporeo sano. L'attività fisica regolare è anche associata a una minore incidenza di malattie croniche come il diabete di tipo 2, l'ipertensione e alcune forme di cancro.
## 5. #benessere
### Blog Post: Il Ruolo dell'Esercizio nel Benessere Generale
Il benessere va oltre l'assenza di malattia; è uno stato di completo equilibrio fisico, mentale e sociale. L'attività fisica quotidiana gioca un ruolo cruciale nel promuovere questo equilibrio. Allenarsi rilascia endorfine che migliorano l'umore, aiuta a gestire lo stress e promuove un sonno riposante, contribuendo a un senso generale di benessere.
## 6. #training
### Blog Post: L'Arte del Training Efficace
Il training efficace richiede pianificazione e consapevolezza. Che tu stia preparando per una competizione o migliorando la tua forma fisica, è importante stabilire obiettivi chiari e realistici. Utilizza una combinazione di allenamenti ad alta intensità e recuperi adeguati per ottimizzare i risultati. Considera l'importanza della nutrizione e dell'idratazione per supportare il tuo regime di allenamento.
## 7. #motivazione
### Blog Post: Trovare e Mantenere la Motivazione per Allenarsi
La motivazione può essere il fattore decisivo tra il successo e il fallimento nel fitness. Trova ciò che ti ispira, che sia un obiettivo di peso, un evento sportivo o il desiderio di sentirti meglio. Circondati di persone che condividono i tuoi obiettivi e usa la tecnologia, come app di fitness o tracker, per mantenere alta la motivazione. Ricorda di celebrare i tuoi successi, grandi o piccoli che siano.
## 8. #fitfam
### Blog Post: Unisciti alla FitFam per un Supporto Infinito
La FitFam, o comunità del fitness, è un'ottima fonte di supporto e motivazione. Partecipare a gruppi di allenamento, sia online che in palestra, ti connette con persone che condividono i tuoi stessi obiettivi e sfide. Scambiarsi consigli, partecipare a sfide di gruppo e celebrare insieme i successi rende il percorso di fitness più divertente e sostenibile.
## 9. #fitlife
### Blog Post: Abbracciare la FitLife per un Cambiamento Sostenibile
La FitLife è uno stile di vita che abbraccia l'attività fisica quotidiana, una dieta equilibrata e una mentalità positiva. Integrare l'allenamento nella tua routine quotidiana non solo migliora la tua salute fisica, ma ti aiuta anche a gestire lo stress e a mantenere un atteggiamento positivo. Adottare abitudini sane come il consumo di cibi nutrienti e l'evitare vizi come il fumo o l'eccesso di alcol contribuisce a una vita lunga e sana.
## 10. #dieta
### Blog Post: La Sinergia tra Dieta e Allenamento
Una dieta equilibrata è fondamentale per sostenere il tuo allenamento e raggiungere i tuoi obiettivi di fitness. Mangiare i giusti nutrienti ti fornisce l'energia necessaria per allenarti intensamente e favorisce il recupero muscolare. Bilancia carboidrati, proteine e grassi in base alle tue esigenze individuali e considera l'importanza dell'idratazione.
## 11. #crossfit
### Blog Post: Il Fascino del CrossFit e i Suoi Benefici
Il CrossFit è noto per i suoi allenamenti ad alta intensità che combinano esercizi di forza, cardio e flessibilità. Questa disciplina non solo migliora la tua forza e resistenza, ma anche la tua agilità e coordinazione. Partecipare a classi di CrossFit ti offre un senso di comunità e competizione sana che può motivarti a spingerti oltre i tuoi limiti.
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