LA PSA IN PROVINCIA DI PAVIA, FATTI E CONSIDERAZIONI -
di Elisa Trogu, suiatra
Per approcciare correttamente il problema Peste Suina Africana (PSA), ritengo che in primis sia necessario chiarire un aspetto epidemiologico che sta venendo travisato anche sui media: la Peste Suina Africana NON è una patologia scatenata/causata/esacerbata dagli allevamenti intensivi.
La PSA in Sardegna è presente dal 1978, e in Sardegna gli allevamenti intensivi sono pochissimi: nel contesto sardo la persistenza dell'infezione è stata mantenuta dai suini bradi illegali, animali quindi liberi e che vivono in un contesto di benessere assoluto.
In Penisola Iberica, dove l'ingresso del virus si è avuto nel 1960, si è risolto definitivamente il problema depopolando gli allevamenti estensivi che utilizzavano una peculiare tipologia di strutture dove albergava un ben determinato tipo di zecca molle, Ornithodoros erraticus, che, come accade in Africa con Ornithodoros moubata, è serbatoio dell'infezione. Anche in questo caso, quindi, il problema NON erano affatto gli allevamenti intensivi.
In molti paesi del Nord Europa oltre ai cinghiali il problema sono i piccoli allevamenti familiari, estensivi o semiestensivi, i cosidetti "backyard".
Veniamo a noi: la PSA in Italia sul Continente è arrivata tramite l'uomo, verosimilmente con qualche scarto alimentare. Nell'autunno 2021 ha iniziato ad infettare e uccidere i cinghiali in Piemonte/Liguria (focolaio scoperto nel gennaio 2022, quando ormai il virus era diffuso su un'area enorme), dopo la Pasqua 2022 la stessa problematica si è avuta a Roma (in un parco cittadino, probabilmente causata degli scarti di qualche grigliata), quindi in provincia di Salerno e poi Reggio Calabria. Queste sono tutte zone a bassissima, se non nulla, presenza di allevamenti intensivi. Interessante notare come in tutti i casi il numero di cinghiali morti sia enormemente superiore rispetto ai focolai negli allevamenti (unica eccezione Reggio Calabria, dove semplicemente con "allevamenti" si intendono piccolissime realtà familiari, anche di 1-2 capi per autoconsumo, e contestualmente la ricerca delle carcasse di cinghiale, in zone come l'Aspromonte e la Sila, non è affatto agevole): nella nostra realtà è proprio Sus scrofa ad essere il serbatoio dell'infezione e i numeri assolutamente folli delle popolazioni di questi animali, anche in contesti urbani, stanno rendendo difficilissima l'eradicazione della PSA.
Ma cos'è successo in provincia di Pavia?
Il giorno 18 agosto 2023 il Centro di Referenza Nazionale ha confermato la positività alla
PSA di un piccolo allevamento (un agriturismo con 166 suini stabulati) a Montebello della Battaglia: dopo la morte di un paio di soggetti l'allevatore aveva contattato l'ASL, che in data 16 agosto ha effettuato un sopralluogo. In quel momento gli animali mostravano unicamente una lieve sintomatologia respiratoria. Il 19 agosto erano rimasti in vita 39 animali che sono stati abbattuti.
Chiariamo anche questa cosa: la PSA non uccide gli animali in maniera rapida e improvvisa: è lenta a diffondersi, strisciante, ma il genotipo attualmente circolante (il 2) manifesta una mortalità prossima al 100%.
A Montebello viene completata d'indagine epidemiologica da parte dei Colleghi di ATS
Pavia e da essa si evince che il focolaio è stato causato da falle nella biosicurezza: l'allevatore infatti possiede e lavora molti terreni, i suoi mezzi agricoli entrano ed escono dall'allevamento e in zona sono stati ritrovati cinghiali positivi (il virus della PSA è estremamente resistente e può essere veicolato anche con le ruote dei mezzi, oltre che con le calzature).
L'unico allevamento intensivo in zona di protezione (che seguo io) è negativo, e a fronte della presenza delle adeguate misure di biosicurezza rafforzata i maiali non vengono abbattuti.
lo e tutto il resto dei suiatri del Nord Italia ci illudiamo, per un istante, che il disastro sia evitato.
II 24 agosto scoppia il bubbone: una collega di ATS Pavia si reca per un controllo di routine (fissato giorni prima proprio a seguito del primo focolaio) presso un allevamento di Zinasco. Al suo arrivo si trova davanti un allevamento vuoto (la mattina stessa erano stati inviati gli ultimi tre camion di suini al macello, in fretta e furia) e una trentina di carcasse.
Grazie alla sua competenza comprende immediatamente la situazione e riesce ad intercettare i camion prima che i suini vengano scaricati nei macelli, allerta l'ATS e la Regione. Quello che emerge è AGGHIACCIANTE: da tre settimane (le prime ricette alla farmacia erano arrivate ai primi di agosto), nell'allevamento in questione (circa 1000 capi), i suini stavano morendo. In tre settimane erano morti circa 400 maiali (il 40%), erano state fatte innumerevoli ricette e nessun campionamento. Né l'allevatore né il veterinario che segue i maiali avevano segnalato la mortalità abnorme, al contrario avevano scientemente omesso la cosa e venduto tutti gli animali, anzitempo, pur di nascondere la situazione. I maiali infetti erano stati inviati in 4 strutture del Nord Italia, ma fortunatamente il virus non si è diffuso, probabilmente anche grazie alla prontezza a alla competenza della collega, che ha evitato che gli ultimi suini venissero scaricati nei macelli di destinazione. Ad oggi tre persone, tra le quali il soccidario e il veterinario, sono indagate; è opinione diffusa che ci siano altri individui implicati, ma sarà la magistratura a fare luce sulla cosa. Personalmente spero tanto che le pene siano esemplari.
In seguito a questo focolaio l'ATS ha iniziato una serie di controlli: altri due allevamenti intensivi, nello stesso comune di Zinasco, sono risultati positivi (anche in questo caso, considerato che il virus stava iniziando a circolare in quel momento, la mortalità era lievissima o assente). Tutti i maiali vengono chiaramente abbattuti, come stabilito dalla normativa.
Il 31 agosto risulta positivo un piccolo allevamento familiare (5 capi), dove era morto 1 suino. I restanti vengono soppressi.
II 4 settembre, viene ufficializzata la positività del "santuario" Cuori liberi. I responsabili avevano segnalato la morte di 2 soggetti su 40 e le analisi confermeranno che i maiali erano morti per la PSA.
Da qui parte la follia. Mentre i focolai fortunatamente si fermano (si avranno ancora un caso a Dorno sempre il 4 settembre e un ultimo caso l'8 settembre a Sommo, sempre in zona di protezione), l'ATS inizia a scontrarsi con i tenutari del "santuario".
Invito tutti a guardare la loro pagina: è allucinante. Non vi era nessuna minima misura di bio sicurezza: una foto del 28 giugno ritrae tre persone, con normalissime scarpe, senza calzari, che sono all'interno di un box con i suini. Il 16 aprile invece si trova l'immagine di visitatori esterni, anche questi privi di calzari e camici usa e getta, che accarezzano un minipig.
Vediamo di chiarirla questa cosa: la PSA se la sono tirata in casa loro.
Loro non hanno tutelato minimamente i suini che avevano in stalla.
Vi ricordo che la provincia di Pavia, per la vicinanza con quella di Alessandria dove i casi di cinghiali positivi sono numerosissimi e in espansione geografica, è sempre stata considerata ad alto rischio! Questa situazione di allerta era nota a chiunque si occupi di maiali, dai veterinari agli allevatori.
I suini di "Cuori liberi" sono stati contagiati a causa delle persone che entravano senza nessuna attenzione dentro la struttura (vi ripeto che l'ATS è stata chiamata proprio perché due maiali erano morti) e stavano morendo per la PSA già ai primi di settembre.
II 4 settembre vi erano 38 maiali vivi. Quando è stato attuato l'abbattimento degli ultimi maiali in data 20 settembre ne erano rimasti in vita 9.
Gli altri sono morti e no, non è una bella morte quella da PSA: nel caso migliore (raro) la forma più acuta causa una morte repentina; negli altri casi i soggetti sviluppano febbre, sindrome emorragica, vomito e diarrea con presenza di sangue. Questo è quello che è stato fatto sopportare a quelle
povere bestie.
Intanto l'ATS si rende conto della delicatezza della situazione: viene contattata anche la facoltà di Medicina Veterinaria di Lodi e viene deciso un protocollo farmacologico per l'abbattimento. In data 14 settembre il Collega Chiari (regione Lombardia) chiarisce la cosa durante un aggiornamento via web con gli stakeholder.
La stessa sera mi chiama un caro amico, suiatra, che mi racconta di essere stato contattato da qualcuno del santuario che gli ha chiesto se può occuparsi della soppressione farmacologica dei suini rimasti. Lui, chiaramente, dice di no.
Perché? Perché nessun veterinario suiatra vuole avere a che fare con quelle persone.
Su alcune pagine vengono pubblicati video girati con i droni durante gli abbattimenti programmati (che tra l'altro interesseranno anche alcuni allevamenti negativi, ma correlati epidemiologicamente con altri infetti o comunque in zona di protezione) oltre che messaggi dai toni in alcuni casi quasi deliranti. Si inizia a leggere la parola "assassini" collegata a chi sta semplicemente eseguendo quanto imposto dalla legge. La violenza di queste persone è evidente e in aumento, giorno dopo giorno.
Intanto dal "santuario" continuano i messaggi strappalacrime, con richieste di soldi e di presenziare ai blocchi. Decine di persone si accalcano DENTRO e FUORI l'area, creando un pericolo enorme: molti di questi soggetti infatti hanno a che fare con altri suini in altri santuari. Di conseguenza in data 19/09 Regione Lombardia emette una circolare con oggetto "Sorveglianza santuari correlati con focolaio PSA 190PVO44" nella quale, al termine di una serie di misure di biosicurezza, viene riportata la frase "In caso di necessità la vigilanza di cui al punto precedente può essere effettuata anche con il supporto delle forze dell'ordine".
Siamo arrivati al punto di dover esplicitare un'evenienza simile, manco stessimo parlando degli ippopotami di Escobar
La mattina del 20 settembre, a fronte di una situazione di stallo da una parte e di elevatissimo pericolo epidemiologico dall'altra, i pochi suini rimasti in vita sono stati abbattuti.
Si poteva fare altro? No.
La PSA è catalogata nel Regolamento di esecuzione (UE) 2018/1882, che è uno degli atti derivanti dalla Animal Health Law (Regolamento UE 2016/429, in categoria A + D + E:
«malattia di categoria A»: malattia elencata che non si manifesta normalmente nell'Unione e che, non appena individuata, richiede l'adozione immediata di misure di eradicazione
(articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) 2016/429);
«malattia di categoria D»: malattia elencata per la quale sono necessarie misure per evitarne la diffusione a causa del suo ingresso nell'Unione o dei movimenti tra
Stati membri, di cui all'articolo 9, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (UE)
2016/429);
«malattia di categoria E»: malattia elencata per la quale vi è la necessità di
sorveglianza all'interno dell'Unione
(articolo 9, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (UE) 2016/429).
Da settimane i suini del santuario stavano morendo. La PSA è stata introdotta dalla totale mancanza di attenzione dei tenutari. Alcuni scrivono che il loro veterinario avrebbe potuto occuparsi dell'eutanasia dei maiali: chi è il collega? Perché non l'ha fatto visto che sono stati contattati Veterinari esterni? Ma soprattutto: questo collega perché non ha tutelato i suini a fronte della situazione epidemiologica del Nord Italia? Vi ricordo che il 18 agosto vi era stato il caso di Montebello, ad una manciata di chilometri: perché nessuno ha fatto nulla per evitare il contagio? Incompetenza? Menefreghismo?
Vi è poi un altro aspetto che vorrei chiarire: i suini non amano affatto essere toccati da persone che non conoscono e il contenimento per questi animali è fonte sempre di grandissimo stress (considerate che già entro due minuti dall'inizio del contenimento si hanno alterazioni del leucogramma). Per i suini quindi le manipolazioni necessarie per la soppressione farmacologica comportano senza dubbio una sofferenza maggiore rispetto, ad esempio, a un improvviso e rapidissimo colpo alla testa.
Comunque, l'ATS aveva concesso ai tenutari del santuario di utilizzare il metodo farmacologico, proprio per cercare di risolvere la situazione.
Inoltre, nei maiali lo "scodinzolare" non è sovrapponibile a quello dei cani, bensi in moltissimi casi è indice di un atteggiamento aggressivo e di difesa: basta con la storiella dei maialini che correvano felici incontro ai loro carnefici. Pensiamo invece come per due lire c'è chi li tratta come i cetacei dei delfinari, obbligandoli a contatti con umani che non conoscono ma che sono disposti a versare un obolo per la foto da postare
sui social.
Ricordatevi poi che a, fronte di una situazione epidemiologica tanto grave, i Colleghi delle
ATS devono giustamente sottostare a quanto riportato dalla Normativa (e dal
Regolamento di Polizia Veterinaria del 1954 all'Animal Health Law (Regolamento (UE)
2016/429) molte cose sono cambiate, ma certi capisaldi permangono), oltre che ad eventuali Decisioni della Commissione: i Colleghi che una massa di violenti esaltati sta minacciando di morte hanno semplicemente eseguito quanto prescritto da norme che sono il frutto di studi, conoscenze decennali, oltre che di competenze acquisite tramite il lavoro di migliaia di persone ed anche, perché negarlo, la morte di milioni di animali.
Che si abbia la decenza di tacere almeno di fronte a questo.
Inoltre vorrei riportarvi due articoli del nostro Codice Penale:
Articolo 500: Diffusione di una malattia delle piante o degli animali
Chiunque cagiona la diffusione di una malattia alle piante o agli animali, pericolosa all'economia rurale o forestale, ovvero al patrimonio zootecnico della nazione, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se la diffusione avviene per colpa, la pena è della multa da euro 103 a euro 2.065.
Articolo 416: Associazione per delinquere
Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni.
Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.
I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.
Infine, una semplice domanda: cosa rende diversi i suini dei "santuari", o comunque "non
DPA", rispetto ai suini di un allevamento intensivo?
Perché un esemplare di Sus scrofa domesticus di tot anni, stabulato in un contesto assolutamente inadatto (come ad esempio un appartamento), obbligato a defecare ed orinare su di una traversina, con calori mensili a vuoto, obeso, impossibilitato a grufolare, privo di interazioni con i conspecifici, MALATO, dovrebbe essere più tutelato di un maiale di tot mesi SANO che, sebbene destinato al macello, sta in quel momento vivendo la sua vita tranquillamente, senza alcuna sofferenza?
Voi che vi stracciate le vesti, che urlate, minacciate, postate frasi allucinanti di una violenza assoluta, me la spiegate la differenza? Perché io, che da più di un mese non riesco a dormire una notte intera, che passo i fine settimana a studiare, correggere piani di Biosicurezza, che passo ore al telefono con i Colleghi per cercare un confronto, o anche solo conforto, che da anni combatto davvero affinché i suini degli allevamenti soffrano il meno possibile, io, che i suini se serve li uccido con le mie mani, per evitare sofferenze inutili, io, questa differenza, non riesco proprio a vederla.
Dr.ssa Elisa Trogu, medico veterinario
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Ho un paio di considerazioni da fare ma ho deciso di unirle in un unico post, tanto poi me le dimentico.
Inizio con la constatazione che questo è decisamente un periodo di merda. Non per me, per tutti. C'è nervosismo nell'aria. Lo vedo. Vi vedo. Mi vedo. Elettrici tutti e in più succedono dei bei cazzi su per il culo ma non nel bel modo. Io provo a fare la zen perché so bene che se poco poco quando arriva un periodo così lo prendi di traverso allora sei destinato a vivere ancora peggio, ma minchia quanto è difficile. (tipo mo stavi aspettando il tipo per fare la revisione alla macchina da mezz'ora e ora dicono che non ci sta arriva alle nove quindi te la prendi nel culo)
Succede una cosa brutta e si tira dietro una catena (io la immagino proprio come una grossa catena pesante che a mano a mano che tocca terra fa toc toc pesante) di cose brutte che già ma metà uno la sorregge male.
Sto pensando di attaccare al negozio un cartello dove dico che vorrei far notare a tutti che la carta dell'urgenza è una cosa che non va usata a vanvera, (magari, questa cosa può far riflettere qualcuno di voi che inconsapevolmente o no ha questo atteggiamento ingiustificato nei confronti di commercianti / professionisti, che comunque non sono tenuti a smazzarsi per te oltre che a offrirti il loro "servizio o prestazione") se una cosa è urgente e mi viene richiesta ad un ritmo più serrato di quello che io dico all'inizio perché serve con urgenza (capite bene che da questo rotolo di carta o da questo litro di pittura dipende il destino dell'ultimo dugongo braccio lanceolato che difende la tribù dei catzamerighan del nord papuano catanzeseeey, una stirpe rappresentata da soli 7 uomini e due donne e il loro destino è proprio in questo ordine pensa te) poi dopo quando ti dico che te l'ho presa in tempi record tu corri a prendertela, non me la lasci in negozio e vieni dopo settimane. Cristo iddio. Non è urgente allora e potevo prenderla ai ritmi normali, ovvero pochi giorni. L'urgenza è una cosa, la tempistica normale un'altra. Non sono un chirurgo, non è indispensabile, e qualora lo fosse allora mi ringrazi e corri a prenderla.
No ragazzi su sto fatto di come ci si comporta con le figure professionali davvero dovete farvi un esame di coscienza e pensarci, pensare a come educate i vostri figli nipoti cugini voi stessi. E nemmeno starò qui a dire come sono stata trattata ieri durante un sopralluogo perché mi viene da piangere. Detto ciò per favore, per favore, chi lavora per voi in quel momento non è uno schiavo.
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tappa 8
Tappa n 8 Rio (vicino a Patrasso) Amfilochia
distanza 115 km tempo totale 6 ore 38 min . ascensione 817m
bella tappa di bici, tempo bello, salite pedalabili, strade buone ( quasi sempre)
Partenza un po' sui generis: ,devo attraversare un lungo ponte ( 4,5km) che collega al continente e non sono sicuro sia accessibile alle bici ( è una autostrada): chiedo in albergo e mi dicono di si, vado a fare un sopralluogo e un ciclista mi dice di si che c'è una banchina laterale per i pedoni/bici: parto tranquillo. Sulla rampa di accesso vedo la banchina laterale ma larga mezzo metro e al di la del guard rail, faccio scavalcare la bici e vado. 200m: un bel cancello alto 120cm con scritto in inglese che le bici non sono ammesse, ma al di la vedo una bella passerella larga 2 metri che segue la strada.
Scarico la bici, la faccio scavalcare, scavalco anch'io e mi metto a pedalare; finito il ponte arrivo al pagamento pedaggio, saluto con la manina un allibito addetto, vado avanti ma adesso sono sulla autostrada, a lato c'è la stazione dei pompieri, entro , attraverso il loro piazzale superando una sbarra chiusa e finalmente sono su una strada normale: problema risolto brillantemente.
Bella mattinata di bici, tempo splendido salite pedalabili, tempo perfetto, fino al km 80 dove il Gps mi fa uscire dalla strada principale per prendere una secondaria: conoscendolo mi vengono dei dubbi ma decido di fidarmi, stradine locali, altre stradine locali e poi ...sterrato lungo un argine di un grosso canale. A 30 m a sinistra so che c'è una strada perchè sento le macchine ma mi separa un fitto canneto non attraversabile, per fortuna dopo 2 km c'è una deviazione che mi permette di raggiungere l'asfalto. Anche questa è andata!!
poi strada normale ma con tramontana che si alza forte, come tutti i pomeriggi, e questo aumenta di qualche grado la pendenza della strada: ma si raggiunge l'albergo: tappa compiuta.
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Ad ammazzare Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta non poteva essere stato solo il tritolo mafioso. Sul luogo del massacro
furono ritrovati pentrite e T4, elementi che si trovano nel Semtex, un esplosivo di tipo bellico prodotto in Repubblica Ceca.
La pentrite era usata dai militari per la velocità di detonazione molto elevata. Era lo stesso esplosivo utilizzato il 23 dicembre 1984 ai danni del treno rapido numero 904, proveniente da Napoli e diretto a Milano.
Era stato dunque allestito un “secondo cantiere”, messo in piedi e di supporto a quello di Cosa Nostra, ma di origine diversa da quella mafiosa? C’era un secondo telecomando pronto a far saltare il giudice antimafia?
L’ipotesi formulata dai magistrati di Caltanissetta non appariva
più tanto fantasiosa.
L’auto di Falcone rallentò poco prima della curva per Capaci, perché il giudice restituì in corsa il mazzo di chiavi all’agente Giuseppe Costanza, seduto dietro. Brusca, da parte sua, esitò un attimo a pigiare il bottone del telecomando. Eppure l’attentato riuscì lo stesso.
Mentre si consumava la strage, dalla collinetta Nino Gioè con il suo cellulare “0337…” chiamò più volte un numero statunitense, del Minnesota: lo “001.612.77746…”. Alle 15.17, per quaranta secondi; alle 15.38, per ventitré secondi; alle 15.43, addirittura per cinquecentoventidue secondi, quasi nove minuti. Chi stava chiamando il mafioso?
Sulla collina della morte fu trovato anche un foglietto contenente annotazioni riconducibili all’indirizzo Sisde di Roma e al numero del capocentro del Sisde di Palermo. L’utenza telefonica era quella dello 007 Lorenzo Narracci (braccio destro di Bruno Contrada, numero tre del Sisde).
Narracci a Roma abitava in via Fauro, ai Parioli. Sul foglietto c’era scritto anche «via Pacinotti», che a Palermo era conosciuta come la via sede della Sip. Infine, vi era l’annotazione «guasto n. 2», ovvero «cellulare clonato».
Non era finita qui.
L’ingegner Francesco Naselli Flores, cognato di Carlo Alberto dalla Chiesa, passò dallo svincolo per Capaci a mezzogiorno del 22 maggio. Notò un furgone bianco, probabilmente un Fiat Ducato, circondato da sei persone, operai che si muovevano sull’asfalto che l’indomani sarebbe diventato terreno di strage.
Naselli Flores raccontò di alcune persone che “stendevano cavi”. Ma nessun’azienda aveva ordinato di svolgere lavori nella zona in quei giorni.
L’altra anomalia si chiamava Stefano Delle Chiaie, fondatore e leader di Avanguardia Nazionale e poi cofondatore di Ordine nuovo. “Er Caccola” si era fatto le ossa nei moti di Reggio Calabria, ed era finito al centro dei processi sulle grandi stragi fasciste, dai quali ne era uscito sempre pulito.
In un documento, un’informativa dei carabinieri dell’ottobre 1992, si comunicava che Stefano Delle Chiaie ad aprile 1992 era in Sicilia per le elezioni politiche. Si informava che “er Caccola” aveva preso in quel periodo contatto con Mariano Tullio Troia, definito erroneamente boss di Cruillas, e che si sarebbe recato insieme ad alcuni boss nei pressi dello svincolo di Capaci per un sopralluogo. Inoltre, particolare di non poco conto, il neofascista si sarebbe interessato a reperire dell’esplosivo dalla cava di tal Sensale.
Quando i carabinieri misero sotto osservazione la cava, non videro entrare Delle Chiaie. Ma videro Giovanbattista Ferrante, uomo d’onore della famiglia di San Lorenzo, che il 23 maggio era sulla collinetta di Capaci.
La nota dei carabinieri fu spedita alla Prefettura, ai carabinieri
del Ros e del comando territoriale e alle Procure di Caltanissetta
e Palermo. L’informativa era nata dalle confidenze di una certa
Maria Romeo, compagna di Alberto Lo Cicero, un falegname che
non era “punciutu” (non affiliato a Cosa Nostra). Egli faceva solo
da autista al boss Mariano Tullio Troia, soprannominato “U’ Mussolini” per le sue simpatie politiche. Lo accompagnava agli incontri con Totò Riina, dove Lo Cicero aveva visto Salvatore Biondino (uno dei componenti della squadra presente a Capaci insieme a Brusca).
Franco Fracassi - The Italy Project
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