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falcemartello · 9 months
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Dall’eco-ansia all’eco-razzismo
Di Marcello Veneziani
L’angoscia si esprime oggi in due modi: ego-ansia ed eco-ansia. Siamo angosciati per l’io e per il pianeta; di tutto quel che sta nel mezzo – persone, famiglie, società, nazioni, popoli, culture, religioni, civiltà, umanità – ci interessa sempre meno.
L’eco-ansia è la patologia dei nostri giorni, una specie di infiammazione ecologica. I malati più acuti sono i ragazzi, poi vengono i media e tutti gli altri; ma ne patiscono anche alcuni ministri. La nuova linea di discriminazione tra i buoni e i cattivi, gli insider e gli outsider, è quella: se ti affibbiano il marchio di negazionista ambientale sei fritto, come il pianeta; hai perso ogni rispetto, non puoi coprire alcun ruolo, devi solo nasconderti.
Ma cos’è l’eco-ansia? E’ un fenomeno non solo italiano ma occidentale, trae suggestioni dal movimento di Greta Thunberg, però non nasce dal nulla: alcune emergenze ambientali e climatiche toccano reali alterazioni dell’eco-sistema. Quanto però queste dipendano dai comportamenti umani è da verificare: alcune di più (per es. la plastica nei mari), altre assai meno (i mutamenti nell’ecosistema). E poco dipendono da singoli stati e singoli paesi, di modeste dimensioni, come il nostro. L’eco-ansia è divenuto improvvisamente ossessivo, monomaniacale, con un giacobinismo ideologico e un fanatismo patologico.
Ma la sua motivazione originaria, la salvaguardia della natura in pericolo, è sacrosanta. Ed è più coerente con una visione del mondo conservatrice e tradizionale, in cui è un bene primario la difesa, il rispetto e l’amore per la natura, a partire dalla natura umana. Il legame profondo tra l’uomo e la terra, le sue radici, il suo habitat, i suoi luoghi originari e identitari sorgono non a caso in una concezione della tradizione, nei suoi legami spirituali e biologici, naturali e culturali. A lungo questa visione della natura ha trovato come suoi avversari il capitalismo e il comunismo, il mercato globale e la pianificazione statale socialista, figli entrambi della rivoluzione industriale, e legati entrambi a una visione utilitarista, produttivista e antinaturale. Alla fine degli anni ottanta, in Processo all’Occidente, analizzai questo scontro tra la difesa della natura e i suoi nemici ideologici, sovietici e mercantilisti.
Poi con gli anni è avvenuto qualcosa: da una parte l’insensibilità verso i temi della natura in pericolo da parte di una “turbo-destra” liberista e ipermercatista, dall’altra la sostituzione di madre natura con la maternità surrogata dell’ambiente, termine più asettico che può valere per qualunque habitat, anche una fabbrica. Da lì nasce il ménage à trois fra eco-ansia, progressismo radical e capitalismo “eco-sostenibile”.
Il risultato che ne è derivato è questo ambientalismo allarmato, antinatura, ideologico e funzionale al nuovo capitalismo globale e allo sfruttamento del business ambientale. Al massimalismo ideologico e al suo profitto politico si unisce così l’eco-speculazione. La strategia pubblicitaria delle grandi aziende alimentari non vanta più le qualità dei prodotti ma il fatto che siano eco-sostenibili; vantano la loro buona coscienza ecologica oltre alla buona coscienza ideologica (gli spot con dosi obbligate di mondo verde, ma anche nero, gay e arcobaleno). Il pregio principale del prodotto è che non nuoce all’ambiente ed è ideologicamente conforme; non conta la qualità del cibo ma i rifiuti e gli effetti ideologici derivati. All’industria del food eco-sostenibile si è aggiunta la cosmesi e la moda eco-sostenibile; grandi marchi vendono vestiari, scarpe, creme eco-sostenibili. L’eco-sostenibile leggerezza dell’essere… Ma il core business dell’eco-ansia è nei farmaci, nella sanità e nelle cure psicanalitiche. Viene monetizzata l’ansia. Per non parlare della riconversione verde dell’industria e delle case, dei trasporti e dell’energia. Un business enorme sullo spavento diffuso e sulle nuove norme obbligate da adottare.
Sulla nuova pandemia chiamata eco-anxiety e sul suo target giovanile, ho scritto nel recente libro Scontenti. L’eco-ansia investe la salute mentale; vi si accompagna un disturbo psichico chiamato solastalgia, generato dal cambiamento eco-climatico. I sintomi e gli effetti dell’eco-ansia sono: attacchi di panico, traumi, depressione, disturbi da stress, abuso di sostanze, aggressività, ridotte capacità di autonomia e controllo, senso d’impotenza, fatalismo e paura, spinta al suicidio. E un grande senso di colpa ambientale. Il popolo degli eco-ansiosi reputa il futuro “spaventoso”.
Gli eco-ansiosi sono considerati malati virtuosi, i loro disturbi sono ritenuti lodevoli perché denotano sensibilità green. I colpevoli invece sono quegli adulti che hanno così malridotto il pianeta e non patiscono eco-ansia. L’umanità viene nuovamente divisa in buoni e cattivi, e dopo i no-vax, i no-war, ecco i no-eco: da una parte le vittime gli eco-ansiosi, dall’altra i negazionisti, gli eco-mostri, che minimizzano il problema da loro creato.
La follia ulteriore di questa drammaturgia ambientale è che non produce effetti concreti sull’ambiente: una volta esaltata la minoranza benemerita degli eco-attivisti e vituperata la minoranza maledetta degli eco-negazionisti, non viene fuori alcun risultato pratico in tema di degrado ambientale. Si è solo usata un’ennesima discriminazione ideologica per sostenere un nuovo, manicheo eco-razzismo da cui trarre profitto politico. Allo stesso tempo l’eco-ansia dirotta il mondo dalla realtà: l’incubo è il clima, concentriamoci sul riscaldamento globale, il resto è irrilevante o meno urgente. Non pensate più all’economia e alla politica, alla società reale e all’economia, alla famiglia e alle ingiustizie, alla disumanizzazione e alla fine della civiltà; è in ballo il pianeta da salvare. Tra l’io e il pianeta c’è di mezzo il vuoto; di quello spazio se ne occupa la governance globale. Voi pensate al clima, agli animali e ai ghiacciai, e al vostro io angosciato. Il mondo si va disumanizzando, ma il tema su cui concentrarsi è il clima. L’importante è salvare il pianeta; e se l’umanità è di ostacolo, salviamo il pianeta anche a prezzo dell’umanità.
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fashionbooksmilano · 1 month
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Taste the Fashion
Paola Buratto Caovilla
Skira, Milano 2001, 176 pagine, 180 ill.a colori, 24,5x29cm, ISBN 9788884911049
euro 50,00
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Vino e Moda. Due fra i più grandi testimoni del Made in Italy più autentico, entrambi frutto di tradizione artigianale, estro e creatività, simboli di seduzione, lusso, qualità ed eleganza. Vino e Moda accostati in un percorso intrigante e suggestivo, fatto di immagini e racconti, che si snoda fra i colori della natura e quelli dei maestri dell’Haute Couture, fra Bacco e Venere, fra bottiglie pregiate e disegni preziosi, fra le parole dei grandi della letteratura e le rappresentazioni immortali dei grandi dell’arte: un percorso scandito dalla creatività e dalla genialità. E nei pensieri tra moda e vino – mito, costume, cultura e seduzione – si ravvisa un comune denominatore che unisce il Bello. C’è un’unica filosofia che coniuga armonicamente due mondi diversi ma analoghi. Ci sono duemila anni di storia che si fondono in una modernità elegante e innovativa. Che si trovi nella platea di un défilé a New York o a Parigi o tra un filare e l’altro di uno dei vigneti in Toscana o che ti accolga al tavolo di lavoro o davanti a schizzi di accessori per le collezioni René Caovilla, realizzati raccogliendo suggestioni nei viaggi che punteggiano la sua vita, Paola Buratto Caovilla, veneziana di adozione, imprenditrice, cultrice d’arte e personaggio nel mondo della moda e della cultura internazionali, ha trasferito dalla categoria degli hobby a quella dell’impegno le passioni più grandi: quella per la natura, l’attività di scrittrice e l’amore per la moda, la cucina e l’“alta cultura” del vino. Un eclettismo che, abbracciando anche la sua passione per i giardini e l’arredamento, non deborda mai da binari di assoluta semplicità: è la caratteristica che ha consentito a Paola Buratto Caovilla di portare la bellezza e l’eleganza come qualità da tenere in sordina, privilegiando il sorriso per chiunque le consenta di scambiare trasparenza, cordialità e impegno.
11/04/24
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chez-mimich · 5 months
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WOODY ALLEN: “COUP DE CHANCE” (parte I)
Sono due i principali motivi per cui questa non sarà la solita recensione personale ad un film, anzi i motivi sono tre: il primo è che si tratta di Woody Allen e con lui ho un legame molto profondo che risale al 1969, quando undicenne, vidi il suo primo film, “Prendi i soldi e scappa”; da allora non me ne sono perso uno e sono passati solo cinquantaquattro anni. Il secondo motivo è che, sia Woody che io consideriamo Parigi la nostra seconda patria e che “Coup de chance” inizia proprio a qualche centinaio di metri dalla mia casetta delle vacanze parigine. Il terzo motivo, più banale è che si tratta di una sorta di giallo, per cui qualcuno mi farebbe notare che non dovrei rivelarne il finale (e nemmeno il plot narrativo). Insomma questa volta parlerò del film solo attraverso suggestioni personali legate più ai luoghi che alle vicende. La prima sequenza, quella dell’incontro tra Fanny ed Alain, ex compagni di liceo, avviene sulla Avenue Montaigne, una delle grandi vie del lusso parigino e delle grandi maison della moda. Esattamente i due si incontrano dinnanzi al Théâtre des Champs Elysées dove, con grande maestria, Woody mostra senza mostrare la sagoma sfuocata della Tour Eiffel, una sorta di imprimatur alla location dell’intero film. I due passeggiano quasi fino all’ingresso dell’Hôtel Plaza Athénée, mentre cammin facendo Fanny rivela di essere impiegata di una grande casa d’aste, “Artcurial”, che ha effettivamente la sua sontuosa sede all’inizio dell’Avenue al “Rond Point” degli Champs Elysées. Non mentire e non essere approssimativi, contribuisce a fare di un regista, un grande regista. (continua)
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fashionluxuryinfo · 1 month
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Mabina Gioielli: le suggestioni della collezione Santorini
La collezione Primavera/Estate 2024 di Mabina Gioielli è un racconto variegato che si snoda in più direzioni, con l’eleganza tipica del brand come punto fermo da cui ogni narrazione ha origine. La collezione parte dalla rivisitazione in chiave contemporanea delle nuove tendenze e dei classici intramontabili, per giungere a creazioni in argento discrete e raffinate ma illuminate da pietre colorate e definite da nuovi volumi. La proposta per la stagione SS2024 passa per gioielli dallo stile raffinato e leggero.
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lamilanomagazine · 3 months
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Francesca Liberatore per la Milano Fashion Week presenta la sua collezione AI 24-25 con una sfilata concerto al Conservatorio Verdi di Milano
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Francesca Liberatore per la Milano Fashion Week presenta la sua collezione AI 24-25 con una sfilata concerto al Conservatorio Verdi di Milano. Francesca Liberatore ha saputo incantare il pubblico milanese con una sfilata audace e sorprendente presso l'Auditorium di Milano. L'evento, un mix innovativo tra sfilata e concerto, ha catturato l'attenzione degli spettatori dall'inizio alla fine. La collezione ha proposto abiti grunge con motivi a quadri o floreali, mentre il nero ha dominato gli abiti più eleganti, creando contrasti e suggestioni visive uniche. Le modelle hanno sfoggiato le creazioni di Liberatore tra archi e percussioni, creando un'atmosfera magica e coinvolgente.   Tuttavia, la scelta della location ha potuto risultare un po' estraniante per alcuni spettatori, abituati a una sfilata più tradizionale. Nonostante ciò, Francesca ha dimostrato ancora una volta la sua capacità di stupire e incantare, confermando il suo status di designer innovativa e intraprendente. L'evento si è rivelato un successo indiscutibile, lasciando il pubblico con un ricordo indelebile di una sfilata unica nel suo genere, all'insegna della creatività e dell'originalità.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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carmenvicinanza · 5 months
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Germaine Krull
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Spero di aver contribuito a far conoscere la fotografia come l’arte del nostro secolo.
Germaine Krull, tra le più importanti fotografe del ventesimo secolo, è stata pioniera della fotografia d’avanguardia e del fotogiornalismo moderno.
Ha trattato, con stile documentaristico e dal suo punto di vista di donna, politica e disuguaglianze sociali. Ha sperimentato una varietà di tecniche tra cui la doppia esposizione, il fotomontaggio e lo scatto da angolazioni estreme.
Nata il 20 novembre 1897 a Poznan, nell’attuale Polonia da una famiglia tedesca, ha viaggiato per l’Europa fin dalla più tenera età a causa del lavoro del padre, ingegnere itinerante e libero pensatore.
Cresciuta in un ambiente estremamente libero, anticonformista e politicamente attivo, si è diplomata in fotografia a Monaco, dove aveva aperto uno studio come ritrattista e fatto parte del fermento intellettuale, artistico e politico della città.
A vent’anni aveva aderito al Partito Comunista Tedesco, imprigionata. è stata costretta a fuggire prima in Austria e poi in Russia.
Il suo studio era diventato il luogo di incontro di militanti anarchici, comunisti russi e socialdemocratici.
Nel novembre 1918 ha preso parte al raduno di massa sul Theresienwiese per chiedere la fine della guerra, il punto di partenza della Rivoluzione di novembre e l’avvento dello Stato Libero di Baviera. L’anno seguente ha preso parte alla Repubblica Bavarese dei Consigli e nel 1921 partecipato al Terzo Congresso dell’Internazionale Comunista a Mosca, da dove è stata espulsa come controrivoluzionaria per le sue posizioni radicali.
Dopo queste esperienze si è allontanata dall’attivismo politico per dedicarsi esclusivamente alla fotografia, parte integrante della sua vita e potente forma di espressione.
Nel 1922 si è trasferita a Berlino dove ha preso a frequentare gli ambienti dadaisti ed espressionisti.
L’ambiente culturale della capitale tedesca e gli stimoli delle avanguardie hanno modellato la sua fotografia in modo irreversibile e contribuito a plasmare il suo stile fotografico, aprendolo a suggestioni provenienti dal teatro, dal cinema, dalla letteratura e da altri media.
Tra i vari soggetti, ha realizzato una serie di ritratti di nudi poi catalogati come “satire di pornografia lesbica”, immagini sovversive attraverso le quali ha sfidato le esperienze visive convenzionali.
Servendosi dell’immaginario pornografico ha sovvertito la purezza dello stile pittorialista e, giocando con le rappresentazioni di genere, ha mostrato donne che guardano altre donne, sostituendo “una collaborazione attiva, allo sguardo maschile convenzionale che controlla un nudo docile“.
L’amore lesbico è stata anche un’esperienza personale che ha riportato nella sua autobiografia.
Dopo aver sposato il documentarista olandese Joris Ivens, tra i fondatori del collettivo di artisti d’avanguardia Filmliga si era trasferita con lui a Amsterdam. Un matrimonio di convenienza grazie al quale avrebbe ottenuto un passaporto olandese e una condizione di “rispettabilità” senza dover rinunciare alla sua autonomia e alla sua carriera. Insieme hanno realizzato diversi cortometraggi.
Gli stimoli provenienti dai circoli intellettuali olandesi, dove si confrontavano i teorici del cinema russo, olandese, tedesco, la portarono a sviluppare le sue grandi opere di montaggio e la serie di fotografie industriali iniziata in Olanda e poi proseguita in Francia che è alla base della sua opera più famosa, Métal.  Una raccolta di 64 foto in bianco e nero di ponti e strutture industriali di Rotterdam, Amsterdam, Marsiglia e della Torre Eiffel di Parigi, una metafora del mondo moderno letta attraverso l’estetica della Nuova Visione e trasformata in materia d’arte.
Ancora oggi è considerato uno dei più importanti libri fotografici della storia. 
Nella seconda metà degli anni venti del secolo scorso, si è spostata in una Parigi intrisa dell’avanguardia più stimolante.
Ha lavorato come fotografa di moda per grandi stilisti come Paul Poiret, Lucien Lelong e Sonia Delaunay, pubblicando un gran numero di fotografie in riviste femminili, tra cui il supplemento di Frankfurter Zeitung, Für die Frau. Nell’ambiente artistico parigino ha conosciuto e ritratto personaggi come André Malraux, Colette, Jean Cocteau, André Gide.
Nel 1928 era considerata una delle fotografe più importanti e richieste, capace di muoversi con destrezza dalla fotografia più impegnata ai nudi. 
Il riconoscimento ottenuto da Métal nell’ambiente delle avanguardie artistiche le aveva procurato numerosi incarichi da parte della nuova rivista VU, il primo grande settimanale illustrato francese che poneva la fotografia al centro del suo progetto editoriale.
In seguito all’occupazione nazista della Francia ha aderito al Fronte per la Liberazione e diretto per due anni il Servizio fotografico della Francia Libera.
Nel 1945 è stata inviata come corrispondente in Indocina. Successivamente è stata in Brasile, passando dalla Martinica e dalla Guyana, per poi raggiungere il Congo francese. Una vita costantemente in viaggio e alla ricerca di nuove esperienze. È stata corrispondente in Indocina e poi a Bangkok dove per vent’anni è stata proprietaria del celebre Hotel Oriental.
Negli anni Sessanta si è ritirata a vivere coi rifugiati tibetani nel Nord dell’India, sposandone la causa. Lì ha realizzato il libro Tibetans in India.
È tornata definitivamente in Europa nel 1983, per trascorrere gli ultimi anni accanto alla sorella Berthe.
È morta a Wetzlar in Germania il 31 luglio 1985.
Il suo archivio è depositato a Essen, al Museo Folkwang.
Curiosa e instancabile, ha avuto mille vite, ha spaziato dall’impegno politico ai ritratti delle celebrità, dalla fotografia di guerra alle foto della gente comune, passando per la fotografia di moda, l’archeologia industriale, i nudi e molto altro ancora.
Il suo lavoro, che ha attraversato quasi un secolo, ha espresso tutta la forza e il coraggio di una donna che non ha mai seguito le regole e si è sempre lasciata guidare solo dall’istinto e dall’obiettivo della sua macchina fotografica.
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jamessixx · 5 months
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Snow weather all day. Quindi, immergiti nella magia candida di "Snow" con la nostra vasta selezione di prodotti. Dalle soffici sciarpe agli eleganti paletti di neve, esplora la nostra collezione pensata per affrontare l'inverno con stile. Conquista il freddo con la nostra moda ispirata alla bellezza della neve, garantendo comfort e stile in ogni istante. Scopri la tua nuova passione per la moda invernale, acquistando ora la nostra esclusiva linea "Snow".
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silviascorcella · 5 months
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Litkovskaya pre p/e 21: sembrano sbagli, invece sono trasformazioni
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La moda come fosse un diario del tempo vissuto, una sorta di taccuino con pagine in stoffa in cui gli eventi esteriori e le emozioni interiori, le sfumature variegate delle culture e le intemperanze degli stili di vita vengono annotati con l’acutezza della creatività e poi trascritti con gli strumenti della sartoria: così accadeva fino al termine del secolo scorso, quando l’evoluzione sociale e del gusto componeva capitoli di stile ben scanditi dalle decadi estetiche, fintanto che il racconto non è esploso nel contemporaneo caleidoscopio affollato di storie e trend stilosi.
Così torna a succedere ora, in quest’esordio così intenso, di certo provante e al contempo stimolante, della seconda decade del nuovo millennio: l’imponente accadimento della pandemia ha risvegliato l’urgenza spontanea ad annotare nel taccuino della moda quel che dall’immersione nel flusso di esistenza e coscienza imposto dal lock-down è affiorato nella consapevolezza.
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Ogni fashion designer ha collezionato le proprie suggestioni, ha ricomposto il proprio insegnamento e l’ha plasmato in un messaggio attraverso il proprio linguaggio creativo: e anche Lilia Litkovskaya non si è sottratta al richiamo positivo della sensibilità. Lei che dal 2006 guida l’allestimento della sua ricerca stilosa attraverso le creazioni del brand che porta il suo cognome e che, allo stesso tempo, porta anche la sua determinazione all’individualità d’espressione, ha ascoltato con cura le riflessioni e le suggestioni che l’immobilità improvvisa le ha suggerito: e le ha trascritte nel carosello di abiti della pre p/e 2021 che proprio in tempi di pandemia è stata concepita.
Ricerca, ripensamento, rinascita. E, ça va sans dire, riciclo. Son queste le parole-chiave che guidano l’ispirazione alla collezione, nata per l’appunto come reazione costruttiva all’esperienza distruttiva della pandemia: non  c’è un titolo ad indirizzare il racconto, ma bastano le creazioni e i segni distintivi che portano indosso per diffonderne il messaggio. Tutto, infatti, è frutto di una dichiarazione d’intenti che inizia dalla decostruzione delle forme e delle silhouette riconoscibili: Litkovskaya smonta la superficie conosciuta degli abiti così come la pandemia ha smontato la nostra percezione della quotidianità, sfalda gli elementi che partecipano alla conformazione di giacche, camicie, abiti, bomber, gonne, così come il lock-down ha sfaldato i nostri gesti, comportamenti e pensieri che costruivano la nostra routine.
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Tutto nella collezione crolla, come se d’improvviso la sicurezza sartoriale si fosse inceppata, così come son crollate le nostre certezze materiali: eppure, il bello di sfaldare l’apparenza è scoprire le virtù della sostanza nascosta sotto, per questo quelli che sembrano sbagli da modellista sono in verità la dimostrazione del nuovo che può nascere dalla trasformazione.
Sono infinite le possibilità di ripensamento e ricostruzione della nostra esistenza che ci sono offerte: è questo che dichiarano i resti delle maxi camicie scomposte, i colletti appesi alle spalle come decorazione, le maniche ricomposte in modo che possono essere infilate o avvolte alla vita come un abbraccio che si stringe in un fiocco, con lo stesso approccio componibile si comportano le maniche dell’ampio bomber in seta, mentre il classico tessuto a righe da camiceria maschile ripiegato fino a plasmare un minidress senza spalline.
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Intanto un taglio netti fende la superficie maglia e disegna un motivo delicato sul petto, così come la tecnica della scoloritura viene usata a mo’ di metafora per aggredire la superficie colorata della stoffa e grattarne via la patina artificiale per rivelare la verità di sfumatura cromatica originale: gesti di purificazione esteriore per incoraggiare il rinnovamento interiore.
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A proposito di rinnovamento, Litkovskaya prosegue il percorso di sostenibilità che aveva già intrapreso: anche in questa collezione compaiono capi nati dal riciclo di tessuti di giacenza, capi vintage e campioni inutilizzati, intessuti in una tela nuova da cui son nate la giacca cropped e la mini-gonna.
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È l’occasione giusta per approfittare della leggendaria tabula rasa su cui scrivere nuovi valori: una  sorta di tela bianca, come quella del completo in lino tinta a metà del color azzurro carta da zucchero, un invito sincero a ritrovare e indossare la serenità.
Silvia Scorcella
{ pubblicato su Webelieveinstyle }
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personal-reporter · 1 year
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Se di mamma ce n’è una sola, i pensieri per lei sono… infiniti!
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Homi fashion & jewels ha selezionato per i retailers più esigenti alcune proposte di regalo perfetto per la ricorrenza del prossimo 14 maggio. Un mix di eccellenza creativa e artigianale, che caratterizza il dna dei brand protagonisti del nostro evento. Pronti a fare la vostra scelta? Una storia d’amore, o meglio un… A Beautiful Story, quella del brand olandese che utilizza l’antica simbologia delle pietre per scrivere, con i suoi gioielli, un racconto pieno di sentimento dedicato alle mamme più romantiche. E ancora una storia, indimenticabile, quella racchiusa nelle collane della designer greca Alexandra Tsoukala ispirate alle antiche medaglie di famiglia e ricche di luminosità preziosa. Decorazioni da portare con il cuore come i gioielli materici di un’altra creatrice greca, Hara Karamichali, che con l’arte sapiente dell’uncinetto dà vita a monili scolpiti tra la magia di fili placcati oro e argento e pietre preziose. Dal passato al futuro il salto temporale è costellato di zirconi, quelli che brillano sui tiny jewels di Rose Soleil, piccoli manifesti d’amore realizzati a mano da portare al collo, ai polsi, alle orecchie per accompagnare la mamma in ogni attimo. È l’energia del colore in chiave fashion delle proposte di Laura Mariotti in dialogo con la moda tout court a riflettersi in gioielli scenografici, pezzi unici in equilibrio tra eleganza e originalità. Portatori sani di emozioni con il… cuore sono gli orecchini di Lebole, la cui matrice artistica esplode nei materiali finemente selezionati e in quella creatività Made in Italy senza tempo che li rende classici intramontabili esattamente come le mamme! Ancora classico ma mediterraneo per gioielli che conservano la forza degli elementi amplificata in suggestioni d’autore a cui le proposte di Letizia Cavallaro danno voce utilizzando la pietra lavica. I gioielli di Gemmarium – tutti realizzati a mano e a tiratura limitata- che nascono dalle ispirazioni che il designer Francesco Massari trae dalla bellezza della sua terra, la Puglia, impiegando pietre e colori che rendono le sue creazioni un pensiero davvero originale  o ancora le uniche proposte preziose di Confuorto Gioielli,  che si contraddistinguono per eleganza e raffinatezza. From Spain whit love…per la mamma che ama la tradizione di un gioiello capace di combinare l’artigianalità con il design iberico di Vidda Jewelry. Collezioni da scoprire che non passano inosservate come quelle, autenticamente portoghesi, di Little Nothing- Paula Castro, che disegnano le “piccole cose” della natura in capolavori di savoir faire dalla potente forza espressiva. Linee morbide invece, con le parure di Malù Bijoux in cui pietre preziose si uniscono a dettagli pop di fiori e punti luce luminosi che ne esaltano la manifattura Made in Italy, oppure oppure le non convenzionali collane di Sereku, colorate estrose e talvolta anche ironiche. Infine le collezioni moda di Vuedu che vanta un’ampia selezione e declina ogni proposta in diverse colorazioni si presentano come il regalo perfetto per una mamma alla moda e contemporanea. Ancora, borse e foulard di TerryBijoux carichi di colori allegri e ideali per chi non rinuncia agli accessori, o le camicie sartoriali di seta di Druidè, raffinate, eleganti per chi vuole stare comodo ma con stile. Prossimo appuntamento con HOMI Fashion&Jewels dal 15 al 18 settembre 2023 in fieramilano (Rho) https://www.homifashionjewels.com/ Read the full article
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vorticimagazine · 1 year
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La moda anni '60 torna protagonista
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Vortici.it torna a parlarvi di Lifestyle.
La moda anni '60 torna protagonista in una mostra davvero fashion, Stefano Dominella – curatore della performance insieme a Guillermo Mariotto – attinge nuovamente alla moda presentando “The Sweet Sixties. Narrazioni di Moda” presso il Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo a Roma, dal 27 Marzo al 21 Maggio 2023.
Non è la prima volta che il famoso monumento romano apre le sue porte per presentare una delle manifestazioni più interessanti della nostra creatività, la moda, con la sua capacità di attraversare e interpretare le epoche storiche e rievocarne le atmosfere e le suggestioni. "Nel caso di questa mostra, la rappresentazione degli anni Sessanta, attraverso gli stili degli abiti e dei loro creatori, ci consente di rivivere uno dei periodi più densi di innovazione e trasgressione della nostra storia più recente, di coglierne l’entusiastica identificazione dei giovani con un modo di vestire che racconta l’esigenza di allargare i propri orizzonti culturali e geografici.”(Mariastella Margozzi - direttrice del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo). Ecco allora cinquanta look che uniscono capi storici, vere icone di stile, con abiti e accessori recuperati nei mercatini e nei negozi vintage i quali rappresentano in questo momento il vero trend della moda internazionale, adottato soprattutto dalle giovani generazioni che amano recuperare dal passato per rendere tutto contemporaneo. Con le scenografie di Virginia Vianello, i protagonisti, sono gli abiti. Abbiamo le tinte audaci e naturalistiche firmate dalla genialità creativa di Ken Scott, definito “il giardiniere della moda” proprio per le sue stampe floreali, i lembi di pelle coperti soltanto da 40 cm di tessuto di Mary Quant, fino ad arrivare ai motivi futuristici disegnati da Courrèges, Paco Rabanne e Pierre Cardin. Come non citare i colorati cappotti di Max Mara, rubati al guardaroba maschile e reinterpretati con tinte vivaci. La moda anni '60 ha immaginato e riscritto nuovamente la silhouette di un’intera generazione. Abiti, scarpe, dischi e accessori – tutto ciò che, in una parola, costituisce ciò che chiamiamo lifestyle – diventano il manifesto poetico per raccontare le dolcezze di quegli anni. “Questa è la decade in cui i giovani si sono scoperti tali per la prima volta racconta Stefano Dominella. Una dimensione fortemente borghese, all’improvviso, si è trovata a fare i conti con l’effervescenza britannica dei sixties, il ritmo dei Beatles, il fascino di James Bond, la minigonna di Mary Quant e le tendenze in fatto di moda di Soho e Kensington. E poi i film con Doris Day, Brigitte Bardot a Saint Tropez, Catherine Deneuve, Jane Fonda in Barbarella” conclude Dominella. Sono gli anni in cui nasce l’industria delle calze e dei collant, in cui alla cotonatura si sostituisce la linearità tagliente del caschetto, in cui l’alta moda comincia ad attingere dal basso. Sono anche gli anni in cui il poliedrico Elio Fiorucci inventa (e vende) uno stile di vita fatto di jeans e t-shirt con angioletti e cuoricini, dando vita ad una vera e propria subcultura internazionale. Subcultura che, a partire dal bersaglio stilizzato della Royal Air Force inglese (s)cucito sui giacconi Parka dei giovani Mod alle prese con il blues e la musica beat, in Italia intercetta le lunghezze d’onda propagate dagli specchietti colorati degli scooter, della Vespa e della Lambretta. Sullo sfondo ci sono le notti passate a ballare nei club notturni. Sono cinquanta creazioni articolate in cinque capitoli, cinque sale, cinque filoni narrativi per raccontare la parte più leggera e sognante degli anni Sessanta. Un esperimento che, facendo suo il linguaggio della contaminazione visiva guarda alla moda di quegli anni come ad un archivio da consultare e valorizzare attualizzando l’identità culturale di una decade complessa e multiforme. Tutto prende inizio da Carnaby Street, la prima sala, con due look creati e curati da Guillermo Mariotto, co-curatore della performance, che troneggiano al centro dell’ambiente. Ecco le passanti, le cui mise riproducono il look di giovani donne alle prese con una sessione di shopping nelle boutique cult di Londra. Il secondo capitolo riflette invece sulle libere associazioni vestimentarie: da una parte le stampe naturalistiche, rigogliose anche attraverso il plumage coloratissimo di Ken Scott, dall’altra il denim e gli angioletti dichiaratamente pop di Fiorucci. Si arriva così alla terza sala, realtà in cui sono le atmosfere lunari di Courrèges, Pierre Cardin, Paco Rabanne, Valentino Garavani, ad essere riscoperte, sotto forma di metallo, pvc e cappelli a mo’ di casco. Un presagio stilistico, quello della Space Age, che di lì a poco vedrà un uomo solcare il suolo lunare per la prima volta. E poi è la volta dei colori e dei ricami con cui l’alta moda vestiva i borghesi per le grandi occasioni – le tinte audaci, il glamour e le paillettes iridescenti rivivono grazie ad una selezione di abiti d’archivio tra cui quelli della sartoria Battilocchi, Jole Veneziani, Gattinoni, Lancetti, Mila Schön e Carosa. Infine, nella sala Optical, il ritmo degli Sweet Sixties rallenta e si sofferma sull’accostamento geometrico dei due colori (non colori) per antonomasia: il bianco e il nero. Si finisce con il celebrare l’arte – si citano il testamento creativo di Giuseppe Capogrossi e l’operato dei Pittori maledetti di Roma – e con il ricordare la straordinaria potenza evocativa della moda, che questo progetto utilizza come sistema d’indagine e di ricerca dai contorni mobili e sfumati, per rileggere un’epoca sospesa tra mille possibilità. Bella, dolce e moderna come allora. Immagine di copertina: Rawpixel.com Read the full article
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michelangelob · 1 year
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L'arte della Moda in mostra a Forlì
Dal 18 marzo 2023, i Musei di San Domenico a Forlì ospiteranno la mostra “L’arte della Moda”. Un’opportunità straordinaria per vedere assieme capolavori di Canova, Hayez. Mondrian, Boldini e tanti altri artisti in dialogo con le creazioni dei più grandi designer di moda. Il rapporto tra arte e moda da sempre è strettamente collegato e le suggestioni sono reciproche. Mediante l’osservazione degli…
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gaiaitaliacom · 2 years
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Dal 15 settembre a Bologna la mostra “Herbarium. I fiori sono rimasti rosa”
Fino al 31 ottobre dal martedì al sabato su appuntamento in via dei Sabbioni 9
di Redazione Bologna Inaugura giovedì 15 settembre la mostra “Herbarium. I fiori sono rimasti rosa” dell’artista Alessandra Calò, accompagnata da un testo critico di Azzurra Immediato. Ancora una volta l’arte, nelle sue diverse forme, e la moda, come espressione di alto artigianato, si fondono per dare vita ad un progetto espositivo ricco di suggestioni e fascinazioni. L’obiettivo di tali…
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Pure Evil e i suoi Nightmares
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La mostra dell’artista gallese Charles Uzzell Edwards, aka Pure Evil, dal titolo Not my circus, not my monkeys trae ispirazione da una tipica espressione inglese e mette in scena la serie più celebre dell’artista: Nightmare. Per la prima volta a Milano, Wunderkammern è lieta di presentare nella sede di Via Nerino l'esposizione dell'artista che comprende opere su carta, tela e perspex che ritraggono star hollywoodiane e personaggi celebri con il volto segnato da una caratteristica e oscura lacrima. Tra di esse vi sarà il ritratto di Marilyn Monroe: Arthur Miller’s Nightmare - Not my circus, not my monkeys, che dà il titolo alla mostra. Verrà inoltre presentata un’edizione limitata di opere NFT.  Nightmares La serie Nightmare prende spunto dagli anni Sessanta, età dell’oro del cinema americano ed europeo, attraversati da un grande fermento artistico. Attrici come Marilyn Monroe, Elizabeth Taylor, Natalie Wood e Sharon Tate erano all’apice del successo, mentre la Pop Art di Warhol e Rosenquist indagava la celebrity culture, la pubblicità e il marketing. Tre sono le principali suggestioni che hanno portato l’artista all’ideazione della serie Nightmare e della mostra milanese. La prima sono i libri dedicati alla Pop Art e i diari di Andy Warhol che Pure Evil sfogliava nella biblioteca del padre, restando affascinato dall’ossessione quasi maniacale di Warhol di creare innumerevoli versioni di ritratti di celebrità.  La seconda è una e-mail ricevuta da un copy village cinese con allegato un catalogo di tutte le opere d’arte disponibili per la riproduzione e l’acquisto immediato. Fra queste vi erano anche tre lavori di Andy Warhol: un ritratto di Liz Taylor, uno di Jackie Kennedy e una rappresentazione di una sedia elettrica. Cogliendo l’ironia della riduzione dell’intera carriera di un’artista come Warhol a tre soggetti riproducibili all’infinito e a buon mercato, Pure Evil Pure Evil ha per la prima volta pensato di trasformarsi lui stesso in un copy village. Infine, l’ultima fonte di ispirazione nasce dal film “Chi ha paura di Virginia Woolf?”, reinterpretazione cinematografica diretta da Mike Nichols della famosa pièce teatrale di Edward Albee, in cui Liz Taylor e Richard Burton portano sul grande schermo lo spietato gioco al massacro di una coppia, tra abuso di alcool e insoddisfazioni borghesi. La pellicola sorprende profondamente l’artista gallese che nel 2011 realizza uno dei primi soggetti della serie Nightmare: “Richard Burton's Nightmare - Liz Taylor”. Pure Evil immortala su una tela e in una stampa a due colori il volto dell’attrice che cela le sofferenze di un amore complicato sul set e nella realtà. A soli due mesi di distanza dalla creazione dell’opera, nel marzo dello stesso anno, Liz Taylor perde la vita e le vendite dei lavori di Pure Evil volano alle stelle.  “Ho mantenuto una grande semplicità nel realizzare l’intera collezione - dichiara Pure Evil. Nei ritratti femminili i lineamenti sono essenziali, tagliati a mano con una lama affilata in tre strati di stencil e laboriosamente “spruzzati” per costruire i volti. Gli occhi gocciolano profonde lacrime dipinte e rappresentano i sogni d’amore infranti”. Pure Evil con la serie Nightmare abbraccia solo apparentemente la celebrity culture, guardando a queste icone del cinema e della musica con occhio disincantato e malinconico. Nonostante il successo, le loro vite sono cariche di dolore e tormenti che l’artista racchiude in una lacrima.  Pure Evil nasce nel Galles del Sud cinquantaquattro anni fa. La sua passione artistica la coltiva fin da bambino, anche grazie al sostegno del padre; si trasferisce a Londra, dove studia, e successivamente a San Francisco negli Stati Uniti. Nel suo soggiorno che dura 10 anni matura esperienze nell’ambito della moda e della scena musicale contemporanea, intrecciando il suo grande interesse per la Street Art, lo stile di vita degli skateboarder e il fascino tecnologico della Silicon Valley. Londra Al suo ritorno a Londra, nel 2000, inizia a dipingere per le strade della capitale britannica la sua tag: un iconico coniglio con le zanne. Nello stesso anno entra in contatto con gli artisti che popolano la new wave britannica tra cui Ben Eine, D*Face, Paul Insect e soprattutto Banksy. Con loro dà vita al Santa’s Ghetto, galleria itinerante che sfida le logiche del mercato dell’arte. Nel 2007 apre poi la sua prima galleria nel quartiere di Shoreditch, luogo ricco di fermenti creativi e culturali; successivamente, sei anni più tardi, ne inaugura un’altra ben più grande e importante, che oltre a promuovere la sua stessa arte, diventa laboratorio per artisti emergenti provenienti da tutto il mondo. Le opere di Pure Evil sono state esposte in mostre personali e collettive dagli Stati Uniti a Hong Kong, dall’Australia al Brasile Read the full article
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fashionluxuryinfo · 6 months
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NUOVO EXTRAIT DE PARFUM AMBER CLAUDIA SCATTOLINI FRAGRANCE DESIGNER
Il nuovo Extrait de Parfum Amber Claudia Scattolini è come un musicista che con i suoi accordi olfattivi produce una melodia in grado di colpire direttamente la parte più intima di noi. Ricca e sensuale, calda e confortevole. Extrait de Parfum Amber con il suo tocco morbido e seducente vi condurrà in un mondo di suggestioni mistiche e intriganti. Una Fragranza preziosa e inebriante. Fluisce con eleganza e morbidezza grazie alle note sfaccettate e poliedriche del miele che si intrecciano con i ricercati e preziosi dettagli del legno di cedro e del sandalo.
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lamilanomagazine · 3 months
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Roma, pietre d'inciampo in memoria di tre poliziotti vittime del nazifascismo
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Roma, pietre d'inciampo in memoria di tre poliziotti vittime del nazifascismo. Ieri mattina a Roma, davanti alla Questura, si è svolta una cerimonia per la posa di tre Pietre d'inciampo in memoria di tre poliziotti uccisi durante l'occupazione nazista. Alla cerimonia erano presenti il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, il capo della Polizia Vittorio Pisani, il prefetto di Roma Lamberto Giannini, il questore di Roma Carmine Belfiore, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri e il presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni. Inoltre, sono intervenuti, l'ambasciatore d'Israele in Italia Alon Bar che insieme alla signora Angela De Fiore, presidente dell'associazione "Italia Israele Cosenza un giusto tra le nazioni Angelo De Fiore" hanno donato al questore di Roma un quadro in memoria del poliziotto Angelo De Fiore. Le Pietre d'inciampo, create dall'artista tedesco Gunter Demnig, sono piccole targhe di ottone collocate sul marciapiede davanti all'ultima abitazione o luogo di lavoro di persone deportate nei campi di concentramento nazisti. In questo caso, le Pietre sono dedicate al vice brigadiere Pietro Ermelindo Lungaro, medaglia d'argento al valor militare alla memoria, trucidato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944; alla guardia della Polizia africa italiana Emilio Scaglia e alla guardia di Pubblica Sicurezza Giovanni Lupis, entrambi medaglie d'argento al valor militare alla memoria, fucilati al Forte Bravetta di Roma il 3 giugno 1944, il giorno prima della liberazione della Capitale da parte degli alleati. Pietro Lungaro, figlio di Pietro Ermelindo Lungaro ha partecipato alla cerimonia ricordando con orgoglio e commozione il padre. Nel suo intervento, il Capo della Polizia ha ricordato il significato valoriale dell'iniziativa realizzata nella questura di Roma, che rientra in un progetto più ampio di recupero della memoria storica portato avanti dalla Polizia di Stato. Attraverso queste cerimonie, ha proseguito il prefetto Pisani, già realizzate in altre questure italiane, viene mantenuta viva la memoria delle vittime dell'ideologia nazifascista, nel luogo simbolo della vita quotidiana: la casa, il posto di lavoro o l'ufficio dove prestavano servizio. Una giornata, densa di suggestioni e di significati, dedicata alla memoria di eroici poliziotti, valorosi precursori di quel concetto di “prossimità” che è alla base dell'agire quotidiano delle donne e degli uomini della Polizia di Stato. Un contributo al racconto dei fatti storici per favorire una riflessione collettiva sul valore della memoria. Memoria custodita da queste pietre incastonate nei luoghi in cui uomini, donne e bambini innocenti furono strappati alla vita: un simbolo tangibile che racchiude in sé nomi e storie, che testimonia il passato inserendosi nel presente. Così nell'intervento conclusivo il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha sottolineato. A seguire, le autorità hanno raggiunto il luogo dove il Ministro e il Capo della Polizia hanno collocato le Pietre negli appositi spazi predisposti mentre il commissario Elena Zanetta della questura di Verona, eseguiva al violino un sottofondo musicale. La cerimonia si è conclusa con l'esecuzione del silenzio d'ordinanza. La cerimonia di ieri s'inserisce nel progetto "Senza memoria non c'è futuro" con la quale la Polizia di Stato è impegnata a recuperare la memoria di tutti quei poliziotti che, in un momento storico di estrema difficoltà si opposero al nazifascismo e soccorsero gli ebrei per l'onore dell'Italia e la difesa dei valori di civiltà. https://videopress.com/v/UGeXjH15... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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perfettamentechic · 2 years
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Issey Miyake - ISSEY MIYAKE INC.
Issey Miyake: un visionario alla costante ricerca dell'essenziale. #isseymiyake #maison #casadimoda #storiadellamoda #creatoredistile #creatoredimoda #fashion #moda #perfettamentechic
Issey Miyake, nome originale Miyake Kazumaru, è uno stilista giapponese noto per aver combinato elementi orientali e occidentali nelle sue realizzazioni. Popolare la linea di fragranze che include L’Eau d’Issey e i suoi capi di abbigliamento e mostre sono basati sulla tecnologia. Creatore di rara fedeltà alla purezza della propria visione di incontro delle suggestioni d’Oriente con l’audacia e…
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