Tumgik
#Thomas Mann citazione
princessofmistake · 10 months
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e con un misto di spavento e d’invidia, col penetrante sentimento che noi non saremmo capaci di tanto, né in bene né in male, abbiamo appreso come un paese, le cui condizioni di spirito e la cui solita freddezza ancora gli consentono di tirare le conseguenze da una serie di scandalose perdite e sconfitte, si sia sbarazzato del suo grand’uomo per concedere poco dopo al mondo ciò che si pretende anche da noi e che la profonda miseria ci renderebbe troppo cara concedere: cioè la resa incondizionata.
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massimoognibene · 2 years
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Riposare nella perfezione è il sogno di chi tende all'eccelso, e non è forse il nulla una forma di perfezione?
Thomas Mann
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lunamarish · 2 years
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Quando un pensiero ti domina lo ritrovi espresso dappertutto, lo annusi perfino nel vento.
Thomas Mann
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Chi è fuori di sé nulla detesta quanto il rientrare in sé.
— "La morte a Venezia", Thomas Mann.
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vpervaffanculo · 3 years
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Non sta scritto che il sole storna la nostra attenzione dalle cose intellettuali e la rivolge verso cose materiali? Esso stordisce l'intelligenza e la memoria, e le ammalia in tal modo che l'anima nel piacere dimentica il proprio stato e s'attacca al più bello degli oggetti illuminati dal sole; sicché soltanto con l'aiuto di un corpo essa trova poi la forza di innalzarsi a più alta contemplazione. Amore in verità fa come i matematici che mostrano ai fanciulli di poco talento le immagini tangibili delle pure forme. Così anche il dio, per renderci visibile l'astratto, ricorre volentieri alla forma e al colore della giovinezza umana che egli, per farne uno strumento del ricordo, riveste di tutto lo splendore della bellezza, così che a tal vista noi ardiamo di dolore e di speranza.
Thomas Mann, La morte a Venezia
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itheperfectdisaster · 4 years
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Le avversità possono essere delle formidabili occasioni.
- Thomas Mann
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spettriedemoni · 6 years
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Se c'è qualcosa di ancor più raccapricciante del destino, è l'uomo che lo sopporta senza alzare un dito.
Thomas Mann
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amaefaiciochevuoi · 6 years
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Ma cosa c'era stato in tutto quel tempo in cui era diventato quello che era? - Torpore; desolazione; ghiaccio; e spirito! E arte! ... Si spogliò, si coricò, spense la luce. Sussurrò due nomi nel cuscino, quelle poche sillabe nordiche e caste che rappresentavano il modo suo più vero, e suo da sempre, di amare, di soffrire e di essere felice, che rappresentavano la vita, il sentimento semplice e profondo, il paese natale. Guardò indietro, negli anni che erano trascorsi fino a quel giorno, Pensò alle desolate avventure dei sensi, dei nervi e del pensiero attraverso cui era passato, si vide dilaniato da spirito e ironia, isterilito e paralizzato dalla conoscenza, consunto dalle febbri e dai brividi della creazione, travolto, senza mai trovare appoggio, e tra tormenti di coscienza, da contrasti estremi, tra castità e ardore, raffinato, impoverito, sfinito da esaltazioni fredde e artificiosamente ricercate, smarrito, devastato, martoriato, malato - e singhiozzò di rimpianto e di nostalgia. Intorno a lui tutto era buio e silenzioso. Ma da sotto saliva fino a lui, smorzato e ondeggiante, il ritmo in tre tempi dolce e triviale della vita.
T. Mann,  Tonio Kröger (1903).
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levysoft · 4 years
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Independence Day: un successo globale
Il primo film del 1996 racconta di un’invasione quasi riuscita della Terra da parte di enormi astronavi aliene con l’unico scopo di sterminare l’intera razza umana e sfruttare tutte le risorse del pianeta. L’invasione inizia la mattina del 2 luglio 1996, lo stesso giorno in cui il film venne distribuito in alcune sale americane, e qui osserviamo gli alieni intenti a distruggere le più importanti metropoli del mondo uccidendo milioni di persone. Essendo un film americano che porta lo stesso nome di una delle giornate nazionali più importanti, le prime forze militari ad intervenire sono proprio quelle statunitensi, ma falliscono miseramente nei confronti di astronavi aliene dotate di tecnologie nettamente superiori. Lo stesso giorno, grazie all’intuito dello scienziato David Levinson, interpretato da Jeff Goldblum, il governo americano riesce a contrattaccare con un’azione magistrale condotta dal capitano Steven Hiller (Will Smith). Da quel momento tutte le nazioni del mondo decidono di aiutare gli Stati Uniti così da sconfiggere l’invasione aliena. La storia del film segue direttamente e liberamente le trame della classica narrativa di invasione aliena, in particolare La guerra dei mondi di H. G. Wells e il suo adattamento cinematografico del 1953. Mentre la premessa del film ha poca somiglianza, ci sono molti elementi de La Guerra dei mondi, tra cui la resistenza degli alieni contro le armi nucleari e gli alieni sconfitti tramite un virus.
Independence Day, nonostante la trama banale e piena di stereotipi, divenne il successo al botteghino più grande del 1996 raggiungendo la cifra di 817 milioni di dollari a fronte di una spesa produttiva di appena 75 milioni di dollari ed è tuttora il 25° film più redditizio di sempre. Inoltre, grazie alle celebri scene di azione e l’uso sapiente degli effetti speciali che mostrano, tra l’altro, la distruzione di monumenti simbolo degli Stati Uniti, come l’Empire State Building, la Casa Bianca e la Library Tower di Los Angeles oltre che la distruzione di intere città europee ed asiatiche, la pellicola vinse l’Oscar per gli effetti speciali proprio l’anno successivo.
La genesi della pellicola
L’idea per il film è nata quando Emmerich e Devlin andarono in Europa per promuovere il loro film Stargate. Un giornalista chiese ad Emmerich perché avesse realizzato un film con contenuti come Stargate se non credeva negli alieni. Emmerich dichiarò di essere ancora affascinato dall’idea di un arrivo alieno, e spiegò ulteriormente la sua risposta chiedendo al giornalista di immaginare come sarebbe svegliarsi una mattina e scoprire che le astronavi di 15 miglia di larghezza si stavano librando sopra le più grandi città del mondo. Emmerich si rivolse quindi a Devlin e disse:
“Penso di avere un’idea per il nostro prossimo film”.
Emmerich e Devlin decisero a quel punto di ampliare l’idea incorporando un attacco su larga scala, con Devlin che all’epoca dichiaro di essere infastidito dal fatto che “nella maggior parte dei film di invasione aliena, questi scendono sulla Terra e se ne stanno nascosti o arrivano sotto forma di piccole spore e si iniettano nella parte posteriore della testa di qualcuno. “ Emmerich acconsentì e così i due scrissero la sceneggiatura durante una vacanza di un mese in Messico. Dopo la scrittura mandarono la sceneggiatura alla 20th Century Fox e solo un giorno dopo averla inviata, il presidente della casa di produzione Peter Chernin diede il via libera allo sviluppo della pellicola. La pre-produzione iniziò appena tre giorni dopo, nel febbraio 1995.
La produzione tra modellini, effetti speciali e dubbi sul nome
Inizialmente si volevano fare le cose in grande tanto da chiedere la collaborazione alle forze armate statunitensi per fornire personale, veicoli e costumi per il film; tuttavia, si ritirarono quando i produttori si rifiutarono di rimuovere i riferimenti all’Area 51 dalla sceneggiatura. Alla fine, per il film furono necessari oltre 3.000 effetti speciali tanto che per le riprese spesso utilizzarono delle videocamere speciali con l’aiuto di modellini per sostituire gli effetti generati dal computer nel tentativo di risparmiare denaro e ottenere risultati più autentici. Molte delle riprese furono realizzate presso la Hughes Aircraft di Culver City, in California, dove avevano sede il dipartimento artistico del film, i team di fotografia e di motion control, il team di pirotecnica e il magazzino dei modelli.
All’epoca, altro dato interessante, fu che il dipartimento di modellistica della produzione costruì più del doppio delle miniature per la produzione di quanto non fosse mai stato realizzato per qualsiasi film creando miniature per edifici, strade, aerei, monumenti e palazzi storici. Il team di produzione costruì anche miniature per molte delle astronavi presenti nel film, tra cui un modello di cacciatorpediniere da 9,1 metri e una versione della nave madre che si estende per quasi 4 metri. Le strade, invece, furono ricreate con una inclinazione in posizione verticale e posizionate sotto una telecamera ad alta velocità montata su un’impalcatura che filma verso il basso. Tutte le esplosioni, quindi, scoppiavano sotto il modello e le fiamme si innalzavano verso la telecamera, inghiottendo il modello inclinato e creando il senso di totale distruzione che si vede nel film. Fu anche creato un modello della Casa Bianca che venne usato prima per delle riprese esterne in prospettiva e poi fu demolito per la sua scena di distruzione. Tutte le detonazioni richiesero una settimana di pianificazione e circa 40 cariche esplosive.
Gli alieni nel film sono stati progettati dallo scenografo Patrick Tatopoulos. I progetti erano minuscoli e basati su disegni di Tatopoulos quando fu incaricato da Emmerich di creare un alieno “familiare e completamente originale”. Queste creature indossavano tute “biomeccaniche” basate su un altro design sempre di Tatopoulos. Queste tute erano alte 2,4 metri, dotate di 25 tentacoli e appositamente progettate per mostrare che non potevano sostenere una persona al suo interno, quindi erano proprio il prototipo perfetto per un non “uomo in tuta”.
La produzione ufficiale inizò nel luglio 1995 a New York City. Una seconda unità raccolse scatti di Manhattan, Washington DC, una comunità di camper a Flagstaff, in Arizona, e la Very Large Array on the Plains di San Agustin, in New Mexico. La troupe principale girò anche nel vicino Cliffside Park, nel New Jersey, prima di trasferirsi nell’ex acciaieria Kaiser di Fontana, in California, per filmare le sequenze post-attacco di Los Angeles. La produzione si trasferì quindi a Wendover, Utah e West Wendover, Nevada, per girare le riprese nel deserto includendo l’Imperial Valley e l’aeroporto di Wendover per le scene in esterna di El Toro e dell’Area 51. Qui divenne celebre la scena in cui Bill Pullman, nel ruolo del presidente Thomas J. Whitmore, avvia il suo discorso pre-battaglia. Immediatamente prima di girare la scena, Devlin e Pullman decisero di aggiungere, alla fine del discorso, questa citazione:
“Oggi celebriamo il nostro Giorno dell’Indipendenza!”.
A quel tempo, infatti, la produzione era soprannominata “ID4” perché Warner Bros. possedeva i diritti per il titolo Independence Day, e Devlin aveva sperato che se i dirigenti Fox avessero notato l’aggiunta di quel discorso, l’impatto mediatico del nuovo dialogo li avrebbe aiutati a ottenere i diritti del titolo. Effettivamente fu così e il diritto di usare il titolo fu acquisito esattamente due settimane dopo. A quel punto il team di produzione si trasferì a Bonneville Salt Flats per girare tre scene e tornò in California per girare in vari luoghi nei dintorni di Los Angeles, tra cui Hughes Aircraft dove sono stati costruiti dei set della società via cavo e interni dell’Area 51. Le riprese vennero completate il 3 novembre 1995.
Il film in origine descriveva il rifiuto di Russell Casse come volontario per la controffensiva aerea del 4 luglio a causa del suo alcolismo. Usa quindi un missile rubato legato al suo biplano rosso per svolgere la sua missione suicida. Secondo Dean Devlin, il pubblico che vide la scena nelle prime fasi di test aveva risposto bene all’ironia della scena e al valore comico. Tuttavia, la scena fu rigirata per includere l’accettazione di Russell come volontario, il suo schianto su un moderno aereo da combattimento e lui che pilotava un F-18 invece del biplano. Devlin preferiva l’alterazione della scena invece del martirio del personaggio poiché in quest modo lo spettatore assisteva a Russell che alla fine prende la decisione di sacrificare la sua vita. Purtroppo, però, vedere un biplano tenere il passo e volare tra gli F-18 era “semplicemente non credibile”. Il film, quindi, fu ufficialmente completato il 20 giugno 1996 e fu presentato in anteprima ufficiale nel Mann Plaza Theatre di Los Angeles il 25 giugno 1996. Prima dell’uscita ufficiale, avvenuta il 2 luglio 1996 nonché un giorno prima della data ufficiale, fu proiettato privatamente alla Casa Bianca per il presidente Bill Clinton e la sua famiglia.
Una campagna di marketing aggressiva e mai vista prima
Per quanto riguarda la campagna di marketing, Independence Day vide una delle più massicce pubblicizzazioni mai realizzate prima d’ora. Infatti, mentre il film era ancora in fase di post-produzione, 20th Century Fox avviò una corposa campagna di marketing per promuovere il film, tanto da mettere in onda, per la prima volta, uno spot durante il Super Bowl XXX, per il quale Fox ha pagato 1,3 milioni di dollari. Il conseguente successo del film al botteghino ha portato alla moda di utilizzare il tempo di trasmissione del Super Bowl per dare il via alla campagna pubblicitaria per potenziali successi. Anche la divisione Licensing and Merchandising di Fox stipulò degli accordi di co-promozione con Apple Inc. per la pubblicizzazione dei nuovi laptop PowerBook. Trendmasters prese anche un accordo di merchandising con i produttori del film per creare una linea di giocattoli tie-in. Infine in cambio dell’inserimento di product placement, Fox prese anche degli accordi di co-promozione con Molson Coors Brewing Company e Coca-Cola.
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pleaseanotherbook · 5 years
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I Disastri di una blogger imperfetta: La nuova normativa sul copyright e il ruolo dei book blog
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L’etichetta “Disastri di una blogger imperfetta” nasce per caso, per riflessioni personali di carattere generale, che ho voglia di condividere con i miei followers per far capire loro che cosa significa essere una blogger, le scelte che prendo e l’etica che seguo ogni giorno per il mio lavoro sul mio piccolo angolo di web. Ci tengo a sottolineare che sono solo MIE OPINIONI, che possono essere più o meno condivisibili, ma che spiegano perché sul blog seguo una certa linea. A volte potranno anche essere riflessioni più generali, ma pur sempre legate al mondo dei lit-blog.
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La parola è la civiltà. La parola, anche la più contraddittoria, mantiene il contatto – è il silenzio che isola.
Thomas Mann
Negli ultimi mesi il clamore intorno alla votazione per la nuova normativa europea in materia di diritto d’autore e utilizzo di materiale soggetto a copyright è stato molto. La normativa in vigore infatti risale al 2001, quando internet era agli albori e il world wild web un vasto campo di niente di cui la maggior parte delle persone ignorava totalmente l’esistenza. Più di quindi anni dopo le cose sono molto cambiate, la velocità delle connessioni permette di elaborare una enorme quantità di dati che sono perlopiù accessibili a chiunque, a discapito di chi quei contenuti li crea e ci guadagna poco o niente. I siti di streaming, ma soprattutto piattaforme come Youtube e Facabook permettono a chiunque di postare e condividere contenuti creati da terze parti. L’esigenza quindi è quella di normare un mondo scarsamente regolarizzato, permettendo il riconoscimento dei diritti d’autori ai creatori di contenuti. Ma questa esigenza va mediata con la necessità di garantire la libertà di espressione di ogni utente di internet. I negoziati sono durati un paio d’anni e finalmente il 26 marzo 2019 il Parlamento Europeo si è espresso circa la normativa definitiva, che entrerà in vigore dopo una ventina di giorni dall’approvazione. Gli stati membri dell’UE avranno un paio di anni per accogliere la normativa e declinarla sulle proprie esigenze. Potete trovare il testo completo del testo approvato qui (che a quanto ho capito non è stata ancora pubblicata sul Gazzettino Ufficiale).
Io stessa sono molto dubbiosa su questa normativa, perché da un lato sono naturalmente d’accordo che tutti gli aventi diritto abbiano il giusto compenso per i loro sforzi creativi e non, dall’altro ho paura che questa normativa faccia fermare tutti coloro che cercano di fare la differenza e che creano contenuti sul web: parlo naturalmente di youtuber, blogger, che cercano di far critica e che finiranno nel mirino delle piattaforme, che per cercare di tutelarsi stringeranno la morsa preventiva.
Art.17 paragrafo 4 & 5
4.  Qualora non sia concessa alcuna autorizzazione, i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online sono responsabili per atti non autorizzati di comunicazione al pubblico, compresa la messa a disposizione del pubblico, di opere e altri materiali protetti dal diritto d'autore, a meno che non dimostrino di:
a)  aver compiuto i massimi sforzi per ottenere un'autorizzazione, e
b)  aver compiuto, secondo elevati standard di diligenza professionale di settore, i massimi sforzi per assicurare che non siano disponibili opere e altri materiali specifici per i quali abbiano ricevuto le informazioni pertinenti e necessarie dai titolari dei diritti; e in ogni caso,
c)  aver agito tempestivamente, dopo aver ricevuto una segnalazione sufficientemente motivata dai titolari dei diritti, per disabilitare l'accesso o rimuovere dai loro siti web le opere o altri materiali oggetto di segnalazione e aver compiuto i massimi sforzi per impedirne il caricamento in futuro conformemente alla lettera b).
5.  Per stabilire se il prestatore di servizi si è conformato agli obblighi di cui al paragrafo 4 e alla luce del principio di proporzionalità, sono presi in considerazione, tra gli altri, gli elementi seguenti:
a)  la tipologia, il pubblico e la dimensione del servizio e la tipologia di opere o altri materiali caricati dagli utenti del servizio; e
b)  la disponibilità di strumenti adeguati ed efficaci e il relativo costo per i prestatori di servizi.
Mi spiego meglio: la normativa ha spostato il garante della normativa dall’utente al gestore della piattaforma. Quindi se un utente di Youtube posta un contenuto coperto da copyright illegalmente a farne le spese non sarà chi ha postato, ma Youtube che ha permesso la pubblicazione. Piattaforme che gestiscono grandi moli di dati come Youtube appunto devono garantire di aver tentato al massimo delle loro facoltà di aver cercato di prevenire l’utilizzo improprio di materiale soggetto a copyright e per farlo il metodo più facile è l’utilizzo di algoritmi che bloccano il caricamento di certi contenuti. Il metodo più rapido per tagliare le gambe a chi posta contenuti legittimi, che per cavilli si vedono bloccato un contenuto e devono aspettare una quantità di tempo variabile di vederselo approvato. Il top sarebbero i revisori, ma chi ha la forza di pagare gente che tutto il giorno controlla contenuti bloccati? Esclusi dalla normativa appaiono quei siti come Wikipedia, quindi le enciclopedie online, con le dovute eccezioni, perché anche Wikipedia, i meme e le gif (che personalmente sono il mio pane quotidiano, personalmente comunicherei solamente tramite gif). Sono esclusi dalla normativa anche hyperlink ad articoli di attualità accompagnati da "singole parole o brevi estratti". Come da intese da questo articolo.
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Come per la cookie policy e la GDPR il panico si sta diffondendo anche per quelle realtà piccole e decisamente poco tutelate come il mio blog. Naturalmente anche se non capisco niente di legalese, mi sono andata a leggermi la normativa, giusto per essere sul pezzo e tenermi aggiornata. Naturalmente la principale fonte di preoccupazione per me deriva dalle citazioni di testi coperti da copyright. Ne faccio un uso abbastanza massiccio e visto che la legge è retroattiva fino al momento dell’entrata in vigore a livello europeo non è che abbia tutta questa voglia di editare post. Quello che ci interessa particolarmente è questo punto che vi riporto.
Punto (57) del testo di legge:
I diritti concessi agli editori di giornali ai sensi della presente direttiva dovrebbero avere lo stesso ambito di applicazione dei diritti di riproduzione e di messa a disposizione del pubblico di cui alla direttiva 2001/29/CE relativamente agli utilizzi online da parte di prestatori di servizi della società dell'informazione. I diritti concessi agli editori di giornali non dovrebbero essere estesi ai collegamenti ipertestuali, né ai semplici fatti riportati nei giornali. I diritti concessi agli editori di giornali a norma della presente direttiva dovrebbero essere soggetti anche alle stesse disposizioni in materia di eccezioni e limitazioni applicabili ai diritti stabiliti dalla direttiva 2001/29/CE, tra cui l'eccezione in caso di citazioni, per esempio a fini di critica o di rassegna, di cui all'articolo 5, paragrafo 3, lettera d), di tale direttiva.
Punto (70) del testo di legge:
Le misure adottate dai prestatori di servizi di condivisione di contenuti online in cooperazione con i titolari dei diritti non dovrebbero pregiudicare l'applicazione di eccezioni o limitazioni al diritto d'autore, in particolare quelle intese a garantire la libertà di espressione degli utenti. Gli utenti dovrebbero avere la possibilità di caricare e mettere a disposizione contenuti creati dagli utenti per le specifiche finalità di citazione, critica, rassegna, caricatura, parodia o pastiche. Ciò è particolarmente importante al fine di raggiungere un equilibrio tra i diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ("Carta"), in particolare la libertà di espressione e la libertà delle arti, e il diritto di proprietà, inclusa la proprietà intellettuale. Le suddette eccezioni e limitazioni dovrebbero pertanto essere obbligatorie onde garantire che gli utenti beneficino di una tutela uniforme nell'Unione. È importante assicurare che i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online offrano un efficace meccanismo di reclamo e ricorso per sostenere l'utilizzo per tali specifiche finalità.
Art.17 paragrafo 7
La cooperazione tra i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online e i titolari dei diritti deve impedire la disponibilità delle opere o di altri materiali caricati dagli utenti, che non violino il diritto d'autore o i diritti connessi, anche nei casi in cui tali opere o altri materiali siano oggetto di un'eccezione o limitazione.
Gli Stati membri provvedono affinché gli utenti in ogni Stato membro possano avvalersi delle seguenti eccezioni o limitazioni esistenti quando caricano e mettono a disposizione contenuti generati dagli utenti tramite i servizi di condivisione di contenuti online:
a)  citazione, critica, rassegna;
b)  utilizzi a scopo di caricatura, parodia o pastiche.
Quindi sostanzialmente dal momento che l’obiettivo principale di un book blog è scrivere recensioni, abbiamo il diritto di usarle per “fini di critica o di rassegna”.  La nuova normativa non dovrebbe andare contro l'art. 70, Legge 22 aprile 1941 n. 633 del nostro paese (recante norme sulla Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio) in cui viene disposto che: «Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali.». Inoltre con il decreto legislativo n. 68 del 9 aprile 2003 si può esercitare il diritto anche sul web. (fonte Wikipedia). Quindi direi che noi blog siamo tutelati e al sicuro, almeno per il momento.
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sciocchezza · 7 years
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42 :)
la mia citazione preferita “Le persone sane non scrivono, non recitano, non compongono. L'artista è un isolato, un diverso. La vocazione per l'arte è in realtà una maledizione.” da Tonio Kröger di Thomas Mann; quella che mi rappresenta meglio “Abbiamo fatto d'ogni erba un fascio, diciamolo pure,mischiando i giorni con gli anni, i desideri coi rimpianti, il latte col caffè” da Confessione Pubblica di Jacques Prévert
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stripeout · 5 years
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#Repost @raicultura • • • • • • ✒ “Un sentimento così vivo l’afferrò, così nuovo, o da così lungo tempo represso e dimenticato, che dovette fermarsi di botto, con le mani dietro la schiena e gli occhi a terra, per decifrare la natura e l'oggetto di quel turbamento. Era desiderio di viaggiare: null’altro…” THOMAS MANN #CondividiLaCultura 📚 #Letteratura #citazione #citazioni #quote #quotes #cultura #culture #Mann https://www.instagram.com/p/B9Gis74oST9/?igshid=1sebwdsxabqw6
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abatelunare · 7 years
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outoftuna ha risposto alla tua citazione: - Quando una persona ti perdona, tu devi dare il...                
   Mi fa morire dal ridere questo suo passare con nonchalance da Thomas Mann a Temptation Island, Abate.    
Vedi, io sono come una spugna: prendo su da tutte le parti. Poi mischio. :D Sono comunque lieto che tu apprezzi la naturalezza con cui passo da una fonte all’altra. :)
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pangeanews · 7 years
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“Quello lascialo sempre entrare”: Pasternak il poeta fondamentale del ’900. Intervista alla traduttrice del “Dottor Živago”
Boris Pasternak è l’artista centrale del Novecento. Lo è per l’opera, ovviamente. Pasternak è tra i poeti più grandi del secolo – basti leggere il poemetto Le onde – e uno dei prosatori più delicati. Il salvacondotto e soprattutto Il dottor Živago si sono impresse come opere indelebili, per quanto imperfette, perché ci sembra che, dal cuore della narrazione, ci sia svelato il segreto ultimo del vivere. Pubblicato, attraverso un escamotage da ‘spionaggio’ editoriale, da Feltrinelli nel novembre del 1957 – la vicenda è ricostruita dettagliatamente da Paolo Mancosu in Živago nella tempesta, Feltrinelli, 2015 – “Živago” va ben al di là del romanzo, come ha ricordato proprio Feltrinelli a Pasternak in una lettera rivelativa: “Živago ha impartito una lezione indimenticabile. Ora so che ogni volta che non saprò come andare avanti potrò tornare a Živago e imparare da lui la più grande lezione di vita. Živago sarà sempre accanto a me quando queste cose mi sembreranno perse per sempre, per aiutarmi a ritrovare i valori semplici e profondi della vita” (5 settembre 1958). Boris Pasternak non è il poeta più grande del Novecento – non c’è gerarchia nell’assoluto, ma più vasti di lui sono Saint-John Perse, Thomas S. Eliot, Rainer Maria Rilke – e non è il più grande romanziere – sono insormontabili James Joyce, Marcel Proust, Franz Kafka, Thomas Mann, William Faulkner. Eppure, è l’artista decisivo del Novecento, il più emblematico. Pasternak, che è stato nel cuore della Storia fino a udirne l’ossessivo rimbombo, incarna il poeta che evade dalla Storia, che è ben al di là delle cronologie e delle grammatiche del tempo. Come scrive Angelo Maria Ripellino – che riteneva, con una certa giustizia, che le poesie fossero la quintessenza di Pasternak e lo ‘Živago’ un’opera ‘minore’ – il massimo interprete di Pasternak in Italia, “Pasternak si ritrasse sin dagli inizi in una sua gelosa solitudine… e negli anni tumultuosi della rivoluzione si tenne ancora in disparte, diffidando dei temi politici e di quella poesia tribunizia in cui s’era invece tuffato Majakovskij con tutta l’anima. […] Egli passava nel folto delle battaglie, che avrebbero mutato la Russia, come un sonnambulo, destandosi a tratti per annotare con voce assonnata, non le gesta del popolo, ma i prodigi del cosmo”. Falciato dalla Storia, ma invitto – nel 1958, dopo aver ricevuto il Nobel per la letteratura, che rifiuterà, accusato di “tradimento nei confronti del popolo sovietico”, scrive, con candida fermezza, all’Unione degli scrittori, “mi potete fucilare o deportare, potete fare quello che volete, vi perdono in anticipo” – Pasternak attraversa tradizioni e uomini – allievo di Aleksandr Skrjabin, amico di Rilke, passò la Seconda guerra a difendere l’Occidente traducendo Shakespeare e Goethe – con la pazienza di un geniale testimone, costellato da versi memorabili (“frequentando il futuro nella vita di ogni giorno/ non si può non incorrere, infine, come in un’eresia/ in un’incredibile semplicità”), consapevole che il tempo e le oscurità passano, falangi di falene impazzite, ma la poesia resta, “sempre eguale a se stessa, più alta di ogni Alpe d’altezza celebrata”, come disse, sonnambulo, a Parigi, nel 1935, “essa giace nell’erba, sotto i nostri piedi, e bisogna soltanto chinarsi per scorgerla e raccoglierla da terra; essa sarà sempre troppo semplice perché se ne possa discutere nelle assemblee; essa rimarrà sempre la funzione organica dell’uomo”. Ora, 60 anni dopo, abbiamo, finalmente, una nuova traduzione, definitiva, del Dottor Živago (Feltrinelli 2017, pp.632, euro 19,00), quella compiuta da Serena Prina – già uscita in una ‘edizione speciale’ del cinquantesimo, nel 2007 – straordinaria traduttrice di Dosteovskij, di Lev Tolstoj, di Michail Bulgakov, di Nikolaj Gogol’, insomma, tra le grandi interpreti dei classici russi in Italia. Per me, da par mio, è ‘la neve di Pasternak’, vezzeggiativo che le ho affibbiato quando l’ho invitata al dialogo.
Parto in quarta. Angelo Maria Ripellino ritiene ‘Živago’ l’opera meno riuscita di Pasternak. Il vero Pasternak è nelle poesie (alcune delle quali, come si sa, per altro, stanno in appendice al romanzo). Lei concorda con questa opinione? Come si colloca ‘Živago’ nella grande tradizione del romanzo russo, quali i modelli principali?
“Parto dall’ultima di queste sue domande, per ricordare come l’inizio di Živago sia una diretta citazione dell’incipit della Guardia Bianca: il figlio (in Bulgakov i figli) al funerale della madre, con tutte le implicazione che quest’immagine potente poteva avere nella Russia di fine secolo (per Pasternak) e di una Russia al cospetto della rivoluzione (per Bulgakov). Živago si inserisce dunque prepotentemente, e consapevolmente, in quella tradizione di romanzi che si interrogano su ‘Dove va la Russia?’, tra i quali non posso non citare Le anime morte di Gogol’. E questa domanda a proposito di ‘dove va la Russia?’ per Pasternak, grande poeta, si fonde con il suo interrogarsi su ‘dove va la lingua russa?’. A parer mio Živago rappresenta il contributo, in prosa, a un ragionamento sul destino della poesia nel ’900”.
Poi. Che tipo di cambiamenti sostanziali ha operato rispetto alla ‘canonica’ traduzione di Zveteremich? Che linguaggio è quello del Pasternak prosatore?
“Quando Zveteremich, con grande coraggio e intuizione, insistette con l’editore Feltrinelli e contribuì in modo sostanziale alla decisione di pubblicare Živago, si trovò ad affrontare la traduzione di un’opera estrememente complessa con pochissimo tempo a disposizione. Le vicende che seguirono sono note. La primissima traduzione venne revisionata dalla Olsufieva e da Socrate, al quale si deve la traduzione delle poesie di Živago, e solo successivamente, negli anni ’90, Zveteremich poté ritornare sul testo in occasione della pubblicazione del romanzo nei ‘Meridiani’ Mondadori. Ciascuna di queste fasi fu naturalmente accompagnata da un ‘passaggio’ redazionale, e tra il testo originario e il lettore si sono progressivamente interposte varie voci: il risultato è un testo ‘perfetto’, levigato e scorrevole ma, almeno in qualche punto, non del tutto coincidente con lo spezzettarsi della frase pasternakiana (soprattutto nella seconda parte del romanzo), dove il testimone della rivoluzione quasi non trova più parole. Per quel che mi riguarda, ho avuto dalla mia il tempo (e quindi la possibilità di affrontare anche la traduzione dell’ultimo capitolo del romanzo, dove sono raccolte le poesie di Živago) e una redattrice di grande sensibilità, Annalisa Agrati. Tra il testo russo e il lettore c’è dunque una sola voce e la possibilità di cogliere il variare delle sue intonazioni senza subire interventi esterni. E di intonazioni, in Živago, ce ne sono davvero tante”.
Tra la prosa del Salvacondotto e quella di ‘Živago’ pare esserci, davvero, in mezzo, un mondo, una rivoluzione. Come influisce, a suo avviso, la storia nella scrittura di Pasternak?
“In Živago c’è la grande Storia, che si intreccia alla storia dei suoi personaggi, all’incrociarsi e allo smarrirsi dei destini in un’epoca inquieta. Ma, come ho accennato, c’è anche la storia di una lingua, soprattutto letteraria.
Leonid Pasternak, ‘Boris Pasternak mentre scrive’, 1919
Si parte dalla lingua anticorussa del canto funebre che apre il romanzo, si passa attraverso pagine gogoliane, a citazioni dirette di Puškin, Tolstoj, Tjutčev, Blok, si approda all’impatto con la nuova lingua sovietica, fatta di acronimi e apparente dinamismo, si sprofonda nell’afasia di un poeta che sembra non trovare più parole. Il tutto si intreccia alla lingua della natura e dell’amore tra Jurij e Lara, nella quale si manifestano le immagini caratteristiche della poesia pasternakiana. L’ipotesi finale proposta da Pasternak è quella di un ritorno a una lingua primigenia, conservatasi nel profondo della Russia e della quale nel romanzo è portatrice la figlia abbandonata di Lara e Živago. Il poeta non poteva certo immaginare cosa sarebbe invece successo alla lingua russa nel giro di pochi decenni”.
Nella Nota lei definisce Živago uno “jurodivyj che in silenzio attraversa mezza Russia, e che poi in silenzio siede in disparte nei salotti”. Lo jurodivyj è una figura canonizzata dalla letteratura russa: ce la spieghi.
“Il protagonista si chiama Jurij Andreevič e il romanzo ha inizio alla vigilia della festa del Pokrov, dell’Intercessione della Vergine, che si celebrava il primo (14) ottobre per festeggiare la comparsa della Madre di Dio al beato Andrej Jurodivyj. È Pasternak stesso, quindi, a sottolineare con forza il collegamento profondo tra il suo protagonista e, appunto lo jurodivyj, il cosiddetto ‘folle in Cristo’, colui che rinunciava a un ruolo sociale integrato in cambio della possibilità di denunciare gli abusi e le ipocrisie della società”.
Divago. Qual è il russo che le ha dato più gioia tradurre? Perché? E poi: perché la letteratura russa?
“Quando si parla di gioia nel tradurre si esclude Dostoevskij (il più amato), perchè lì c’è solo passione e tormento e fatica. Quindi direi Gogol’, con il suo genio assoluto, l’umorismo travolgente, il suo riso tra le lacrime. Perché il russo? Forse perchè un mio vicino di casa, un pianista russo emigrato, Il’ja Grinshtein, veniva a sentir musica con mio padre, e per ricambiare si offrì di insegnare il russo ‘alla bambina’. Così mi insegnò l’alfabeto, ogni pomeriggio salivo al piano di sopra, leggevo La signora col cagnolino e non capivo una parola, ma lui si beava della mia lettura, mentre la vecchia zia preparava il tè col samovar e la Russia mi entrava nel sangue. O forse perché una volta i ragazzini avevano il tempo di leggere, e quando si comincia a leggere i russi, non si può più smettere”.
Ultima. Che valore ha, oggi, la testimonianza poetica di un autore come Pasternak?
“Le risponderò raccontando un episodio forse poco noto su Pasternak e Bulgakov. Quando quest’ultimo, malatissimo e quasi morente, accettò di incontrare il poeta, i due rimasero a lungo a conversare, da soli. Poi Pasternak se ne andò, e la moglie di Bulgakov ricorda che Michail Afanasevič le disse: ‘A quello, lascialo sempre entrare’. Non ci fu un secondo incontro, pochi giorni dopo Bulgakov morì. Ma Pasternak è rimasto davvero un autore che bisogna sempre ‘lasciar entrare’”.
L'articolo “Quello lascialo sempre entrare”: Pasternak il poeta fondamentale del ’900. Intervista alla traduttrice del “Dottor Živago” proviene da Pangea.
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