Tumgik
#all'epoca insomma
omarfor-orchestra · 10 months
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Mi ammazzo
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der-papero · 5 months
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Una cosa che mi ha lasciato completamente spaesato è aver ripreso ieri la stessa metro che prendevo ai tempi dell'Uni per recarmi ad Ingegneria, facevo la tratta Piazza Garibaldi => Campi Flegrei.
So' passati vent'anni.
Un cambiamento radicale di tutto. Alla nuova Piazza mi ci ero abituato, ma ieri son sceso per la prima volta dopo tutto questo tempo in metro e non c'era nulla di quello che conoscevo. La vecchia edicola dove compravo i biglietti. Le posizioni dei tornelli. E, più importante di tutti, i treni.
In rete ho faticato per trovare qualche foto d'epoca, del resto, nel 1996 i cellulari non facevano fotografie, si usavano davvero solo per chiamare (i più fortunati potevano giocare a Snake), Internet andava a gasolio, e a chi ce l'aveva.
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Ieri mi sembrava di essere atterrato su un altro pianeta.
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All'epoca io prendevo anche il C15 dell'ATAN, per andare (quando dovevo) a Monte Sant'Angelo, e stavamo appesi ai sostegni delle porte dell'autobus lasciate aperte, visto che era impossibile chiuderle, che se uno mollava la presa si ritrovava culo per strada tipo Fantozzi.
Una volta bucò pure la metro, il macchinista andava a piedi sulla piattaforma del binario con la ruota di metallo pieno della metro sotto al braccio, esclamando in preda allo choc,
int a tant ann 'e carrier, 'na cos accusì nun l'aggie mai vist!!!
E invece oggi la metro ti dice anche da quale lato devi scendere, e anche in inglese ...
E se non credete a me, credete alle parole di un mio amico dell'Uni che ancora oggi la prende e non si fa ancora capace.
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Insomma, tutto questo per dirvi che ieri era tutto bellissimo ma, non so perché, io mi sentivo a disagio.
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patemi-pk · 7 months
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Allora, riuniamo qualche pensiero su "Rinascita" ("Il nemico del ragno" non è ancora nelle mie mani).
Iniziamo dai testi. Miglior Faraci pikappico dai tempi di "Fuoco Incrociato" (di cui condivide un po' di mood, IMHO; assieme all'altra storia verso la quale i riferimenti sono evidenti, tanto che nominarla sarebbe un po' spoiler). Con grande abilità giostra fra ironia, azione ed introspezione. A dispetto della sua consuetudine di impegnarsi in episodi "continuity-light" (a parte, forse, per "Zero Assoluto", che all'epoca nascondeva snodi di trame xerbiane rilevanti), qui ci oropone uno stand-alone che, però, non teme di confrontarsi con le trame recenti e si cala con scioltezza nelle situazioni che Pkne aveva generato. Certo, io sono della chiesa che ritiene le comparsate di un certo personaggio, dopo la sua introduzione, siano state sempre ridondanti, ma qui il revival si difende meglio che altrove. Un appunto che mi trovo a fare è il finale, un po' anticlimatico.
Per quanto riguarda Pastrovicchio, la sua evoluzione, nel corso degli anni, lo ha reso il disegnatore per eccellenza per quanto riguarda l'azione Disney. Ad ogni prova supera le aspettative.
Terzo nome che devo fare è quello di Stracchi, che abbiamo imparato a conoscere in questi anni. La sua opera sugella un comparto grafico spaziale. In questa storia si lascia un po' alle spalle i virtuosismi di alcune occasioni precedenti, per produrre quella che definirei come la sua prova più matura. I disegni di Pastrovicchio risplendono grazie ad una colorazione che coadiuva la narrazione, contribuendo a distribuire l'attenzione del lettore.
Insomma, la storia ha superato le mie aspettative. Ora aspetto di sapere come troveranno una conclusione le trame di sisti sul fuoriserie (forse per rivederlo sul Topo, se questa storia va bene, a dare una closure alla sua figlia fumettistica?).
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dramasetter · 2 months
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Ora spiego brevemente questa cosa.
Mio fratello è sempre stato il preferito di tutte le vecchiette del paese di mia nonna (non solo; in generale lui era sempre il preferito) perché "è sempre sorridente, così solare" e su questo siamo opposti, il Sole e la Luna. E da piccola ci soffrivo tanto per questo, per questi favoritismi spiattellati in faccia. Non mi sarebbe dispiaciuto all'epoca essere una bambina sorridente, che credete.
Ancora adesso è così, anche se ora insomma fregacazzi. E poi sapessero che quella di mio fratello è una copertura. Mr hyde è sempre pronto
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nontimuovere1930 · 2 days
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TU (la scrivo qui, non la leggerà mai)
Ciao, oggi, dopo quasi cinque anni, mi manchi come quando dopo il primo mese che ci eravamo lasciati, passavo le ore ad aspettare un tuo messaggio. Parlo di ore perché all'epoca mi ricercasti subito, scrivendomi quanto mi amassi e quanto fossi importante per te. Ecco, il mio errore più grande forse lo commisi proprio allora, nel credere a quelle parole, a quelle bellissime parole. Provai un senso di felicità infinita, non potevo credere che fosse successo a me e che finalmente il mio turno fosse arrivato. Il principe azzurro tanto agognato, bellissimo, intelligente, colto, bravo a letto ( all'epoca bravo, dovevamo ancora conoscerci bene , adesso superlativo ma questo te lo diranno tutte, tutte ti diranno tutto), aveva bussato alla mia porta, si era accorto di me, strampalata, sognatrice, problematica, psicotica e ,UDITE UDITE, mi amava. Sì, le ho tutte ma tu lo hai sempre saputo e dicevi di amarmi , hai detto sempre di amarmi, di provare sentimenti (ultimamente solo a letto ma ..so' dettagli) . Invece io non ti ho mai detto nulla, se non in rarissime occasioni ma i miei occhi, i miei occhi, cazzo hanno sempre parlato chiaro. Anche quando montavi gli ultimi mobili, mi sono soffermata ad “osservarmi” mentre ti guardavo estasiata ,non dalla tua bellezza che sì sei bello ma non basta, ti guardavo estasiata dall'amore che provo per te. Tu non mi hai mai guardato cosi e ti spiego anche il perché. Ti guardo così perché spero di ritrovare quell'amore che provo per te anche nei tuoi, di occhi. A te, di scorgerlo nei miei non ti è mai importato. Anzi se non ti avessi amato, per te sarebbe stato sicuramente meglio. Invece ti amo, mi manchi da soffocare, come quando fa caldissimo e l'acqua non ti basta mai. Scommetto che in questi cinque anni tu, tornando da me, non ti sia mai posto il problema di tornare libero, di pensare “ ma che cazzo ci faccio qui, io voglio lei, adesso lo dico al mondo intero perché l'amore viene prima di tutto e rende felici. Già, l'amore …. la parolina chiave, quella che spiega tutto. Spiega perché io sia ancora qui a piangere per te e spiega perché tu riesca a fare tutto ciò che hai sempre fatto, con le stesse persone o quella di turno, senza minimamente considerarmi se non quando ti gira. Riceverai queste mie parole solo nel caso in cui dovessi scrivermi tu, cosa che farai? Non lo so più. Gli auguri per la festa della mamma avresti dovuto risparmiarteli, perché sono pugnali che sicuramente a tua insaputa(o forse no), ogni volta mi infliggi. Quando qualcuno è interessato a me e non ricambio, io evito qualsiasi contatto, soprattutto se persona per bene , non mando auguri, messaggi, saluti perché temo possa fare più male che bene. Tu questa accortezza, non l' hai mai avuta. Soffre? Ma chi se ne frega, io ho voglia di vederla o di di scoparla , è innamorata … due moine, qualche regalino, le passerà!!! Purtroppo non mi passa ma non importa, mi hai fatto provare cose bellissime, mi hai fatto vivere emozioni dimenticate da tempo e ti ringrazierò a vita, per questo. Mi piace sentirmi viva e tu mi hai fatto rinascere , anche se con l' inganno ma non sono perfetta e sì, le corna non me le meritavo, le bugie nemmeno ma tutto ha un prezzo, a quanto pare. Ho pagato tutto ciò per qualche attimo di felicità e ...va bene cosi. Sono certa che ti ritroverai in tutto ciò che ti ho scritto ma le palle di ammetterlo non le hai mai avute e mai le avrai ma questo ti rende più umano, più maschio. Non ti mancherò di certo ma il mio amore, ne sono certa....il mio amarti a letto, in solitudine, fra le risate e le urla, quello sì, ho la presunzione di pensare che essere amato così come ti ho amato io, ti mancherà e pure tanto. Vaffanculo e maledetto quel giorno in cui t'ho creduto!!! Ti chiedo solo, se possibile, di sparire e di evitare posti in cui tu possa incontrarmi. Insomma con la tua prossima amante o donna della tua vita, evita le mie zone....Chiedo troppo? Pazienza, me lo devi!
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missfreija · 6 months
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Louis 7-10-16-24
7. What's something the fandom does when it comes to this character that you like?
Indubbiamente evitare di diffondere informazioni false su di lui inerenti ai libri, per esempio il suo presunto rapporto sessuale con claudia, sarebbe già un buon inizio lmao. Oppure (nel caso dei show fans) apprezzarlo o disprezzarlo dopo aver effettivamente letto almeno il primo libro, non solo a causa di voci di corridoio o perchè tale amichett* continua a ribadirti che è un pg orribile e noioso e inconsistente, come ho visto spesso. Adoro i meme che circolano da anni sul suo essere weird, irresistibile, contraddittorio e un vero piromane, ovviamente lol. Apprezzo quando leggo analisi ben fatte sul suo personaggio, contando che abbiamo fondamentalmente solo il primo libro su cui basarci per capire la sua psicologia e poche altre informazioni filtrate dal punto di vista di lestat o di altri personaggi esterni. Inoltre secondo me non è facilissimo da gestire se si vuole scrivere fanfiction, perchè è un uomo che tende a oscillare fra momenti di apatia/depressione/ansia in cui non reagisce agli avvenimenti a momenti in cui reagisce alle cose con tutta l'anima, quindi mi fa piacere quando lo trovo abbastanza ic mentre leggo una fic lol. Se nelle fanart me lo disegnano coi capelli corti, ancora meglio ahahah
10. Could you be best friends with this character?
Nella remota ipotesi in cui non mi faccia fuori dopo 20 minuti per essere molto noiosa, azzarderei di sì? E' canonicamente cordiale e tranquillo con tutti, l'importante è non parlargli della religione o di Dio lol. Anche se l'essere caratterialmente abbastanza simili potrebbe essere un problema sotto certi aspetti. In ogni caso la mia priorità sarebbe assolutamente scoprire quali sono i suoi libri/autori preferiti a parte Dickens e come farlo innamorare di me intavolare piacevoli discussioni con lui, viaggiare un pò, cose tranquille.
16. What's your least favorite ship for this character?
We die like men, perderò followers ma c'est la vie. Con Armand. L'accenno in PL sul loro periodo trascorso insieme a trinity gate ricordo di averlo trovato carino all'epoca mentre leggevo il libro perchè insomma, due dei miei personaggi preferiti riuniti sotto lo stesso tetto? cool. Louis ha riallacciato i rapporti con Armand? cool. ma la totale assenza di informazioni e di interazioni fra di loro mi lascia estremamente 'tiepida' a riguardo (e confusa). Mi piacciono le fanart ma la loro dinamica non mi appassiona granchè. In iwtv Armand non solo uccide Claudia, ma manipola Louis dal primo momento col controllo mentale e lo costringe a trasformare Madeleine, lo dice chiaramente (anche se aggiunge che può influenzare Louis 'fino a un certo punto'), inoltre la personalità di Armand risulta involontariamente molto dannosa per Louis, che alla fine di intervista è quasi irriconoscibile, freddo, arido e senza passione. Ha toccato il fondo. Ma sono contenta che abbiano trovato un pò di pace insieme a New York, così tanti anni dopo. Posso capire che la quantità di angst e sofferenza + later comfort presente nella loro relazione possa appassionare qualcuno (al punto da affermare che la saga avrebbe dovuto terminare con loro come coppia principale ehm) ma non fa per me e mi risulta difficile shipparli seriamente se consideriamo che non appena Lestat appare/è nelle vicinanze, Louis torna sempre da lui e viceversa.
24. What other character from another fandom of yours that reminds you of them?
Non ne ho la più pallida idea, ci sono tanti pg con vibes simili ma solo a livello un pò superficiale. Un pò Shinji forse? Ho appena letto una sua descrizione che potrebbe andare bene anche per Louis. Charles di Innocent me lo ricordava abbastanza soprattutto nei primi volumi in cui era più giovane e in alcune situazioni, più che altro per la grande disperazione da lui provata nel dover intraprendere una professione tremenda (il boia) che viene trattata come una vera e propria 'maledizione di famiglia' e i metodi da lui attuati
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mchiti · 5 months
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grazie alla francia coloniale oggi non è solo il primo dell'anno ma è anche il compleanno di tipo metà popolazione marocchina over 70. All'epoca dell'occupazione, i funzionari francesi facevano aspettare mesi e mesi per registrare i bambini nati. Spesso i genitori si dimenticavano la data di nascita oppure, nella miseria, non l'avevano mai saputa. E quindi quando riuscivano a registrare i bambini - mesi, a volte pure anni dopo - fissavano come data simbolica il primo gennaio. In realtà credo che fosse comune pure in Italia nelle zone molto povere fino al secolo scorso.
Insomma oggi fanno il compleanno due miei zii auguri sjhgfadksjha
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turuin · 1 year
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Come un suicidio, o della forza dietro a un'ispirazione inattesa.
Come chi mi segue dovrebbe ormai aver capito, io sono "un ragazzo dei 90s", nel senso che in quella meravigliosa e folle decade che ha visto la fine del ventesimo secolo e l'inizio del ventunesimo io ho avuto la fortuna di avere esattamente tra i dieci e i vent'anni. Nemmeno ve lo spiego cosa sono stati, questi benedetti anni '90; chi c'era, ne porta i segni indelebili e ha visto tante, tantissime, troppe cose - tra cui grandi promesse di mescolanza tra generi, razze, libertà, culture finite tutte con i grandi traumi del 2001 (per me personalmente, 20 Luglio e 11 Settembre) che ci hanno dato un calcio in culo e riportato in un mondo fatto di repressione, razzismo, opportunismo politico e follie generalizzate. Ma sto divagando. Dicevo, sono cresciuto anche musicalmente con tutta la bella musica degli anni '90, marchiato a fuoco dalla sacra trinità Nirvana, Alice in Chains, Soundgarden e poi da tutto il resto a prescindere dalla scena di Seattle - Mudhoney, Korn, Green Day, Jon Spencer Blues Explosion, Pixies, Deftones, Sepultura, Pearl Jam, Sonic Youth, Placebo e così via che non basterebbero venti post a rimetterli tutti in fila. A quindici anni circa, su consiglio del maggiore dei miei fratelli (che viveva fuori e ne capiva - e ne capisce - parecchio di musica rock) sono andato a comprare al buio due CD presso il locale negozietto di dischi (capitemi, parliamo di Catanzaro, ce n'era a malapena uno). Che significa comprare al buio? Che io, di questi due dischi, non sapevo assolutamente nulla: uno era "Fight for your mind" di Ben Harper, che mi ha fatto fare un salto da gigante verso un genere musicale con il quale avevo poca confidenza (e rimane, ad oggi, il mio preferito di Harper) e l'altro era proprio "Superunknown" dei Soundgarden che io, da giovincello ignorante, all'epoca ignoravo. Un fulmine. Un terremoto, una catastrofe naturale. Non voglio parlare del disco in sé, quindi ne dirò solo una cosa che ho sentito dire una volta e che condivido al 100%: chiunque suoni uno strumento e voglia superare la gabbia delle ritmiche o dell'uso convenzionale di strumenti e voce dovrebbe impararlo a memoria (specie i batteristi, ma vale per tutti). Insomma, mi innamoro di Superunknown. E come potrebbe essere altrimenti? Parliamo del disco che contiene, TRA LE ALTRE, "Black Hole Sun" e "Spoonman". E infatti, io quei due pezzi li consumo - gli altri invece mi faranno compagnia negli anni a venire. Ma c'è uno di questi brani che, invece, nei primi ascolti di Superunknown, mi sfugge. Vai a capire perché: si tratta di "Like suicide". Forse perché il titolo mi inquieta un po'? In fondo, il suicidio di Cobain è davvero "l'altro ieri", vengo pur sempre da una educazione cattolica, la cosa mi inquieta, forse perché è il penultimo pezzo in scaletta, forse perché parte così lenta... la ignoro per molto tempo (che poi, di lì a poco si sarebbe presentato l'ancora più traumatico "Love is suicide" dei Pumpkins di Bodies). Che errore. Fast forward, anni dopo - sull'inizio degli anni zero - scopro il file sharing e inizio a derubare la rete di qualsiasi cosa per me sia una "rarità", vale a dire praticamente ogni bootleg, ogni b-side, ogni registrazione da radio locale si trovi delle band dei miei eroi. Ed è così che scopro questa versione di "Like suicide" acustica, meravigliosa, profondissima. E me ne innamoro perdutamente. E siccome ho internet (56k, poi ISDN, poi ADSL ma qui siamo proprio agli esordi) faccio come sempre un bel giro sui vari siti versione geocities o altavista, con la grafica ammazzaocchi, a scaricarmi il testo per stamparmelo e cantarla e suonarla. E ne scopro la storia. Ma - intermezzo - eccola qui:
Chiaramente non nella versione Napster, ma quella carina bella e rimasterizzata della deluxe edition di Superunknown. La storia mi colpisce tanto da rimanermi in testa a vita: Chris Cornell (che - ed è una ferita assolutamente aperta - morirà suicida pure lui, dopo il suo ultimo concerto, nel 2017, privandoci per sempre del suo meraviglioso timbro vocale) in sostanza sta dormendo a casa sua quando sente un colpo alla porta d'ingresso. Si alza, apre la porta e trova un uccellino - un pettirosso - agonizzante, che si è spezzato il collo volando contro la porta. La cosa lo segna, lo colpisce a tal punto che - ucciso pietosamente l'uccellino agonizzante con un mattone, per evitargli ulteriori sofferenze - rientra in casa e scrive questa canzone, riportando in maniera quasi didascalica l'accaduto:
Heard it from another room Eyes were waking up Just to fall asleep Love's like suicide
Dazed out in a garden bed With a broken neck Lays my broken gift Just like suicide
And my last ditch Was my last brick Lent to finish her Finish her
She lived like a murder How she'd fly so sweetly She lived like a murder But she died just like suicide
Risulta bellissimo, se mi perdonate l'interruzione, l'uso del femminile per indicare gli uccelli. Cosa ne sai se l'uccellino è maschio o femmina? Ma Madonna, ad esempio, fa lo stesso in Frozen: "Love is a bird / she needs to fly". Non è che ci sia una regola grammaticale per questo ma, sospetto, solo puramente poetica. E che dire di "she lived like a murder" per indicare che si tratta di un pettirosso, uccello che da sempre da' l'impressione di avere il petto sanguinante, come se avesse commesso un omicidio? Ma Chris, a questo punto, ci racconta cosa gli succede dopo aver posto fine alla sofferenza del pettirosso:
Bit down on the bullet now I had a taste so sour I had to think of something sweet Love's like suicide
Safe outside my gilded cage With an ounce of pain I wield a ton of rage Just like suicide
With eyes of blood And bitter blue How I feel for you I feel for you
To bite the bullet, mordere il proiettile, mandare giù il rospo in pratica: un gusto così amaro (so sour) che bisogna per forza mandarlo via pensando a qualcosa di dolce: l'amore è simile al suicidio. La corsa verso una porta chiusa, spezzandosi il collo per presentarsi all'altro come un broken gift. E a chi resta non rimane che rifugiarsi al sicuro, fuori dalla propria gabbia dorata, impugnare una tonnellata di rabbia da un grammo di dolore e scrivere una canzone, da dedicare a questo incidente così struggente nel suo essere, comunque, ordinario e non fuori dal comune, per scrivere how I feel for you e mandare via quel maltaciuto senso di colpa - di cosa, poi? - che già mostrava quanto potesse essere sensibile l'animo di Chris, con i suoi occhi iniettati di sangue e amareggiati d'azzurro. Mi è ricapitata stasera, nel mezzo di uno dei minestroni di Spotify (Acoustic rock best o qualcosa del genere?) e ho ripensato a quanto sia bella. Anche nella sua versione elettrica, è bellissima - una grunge ballad con pochissime rivali in assoluto - ma questa, così acustica, sembra quasi di sentirla mentre Chris, ancora mezzo assonnato e preso male per l'accaduto, la compone verso per verso e nota per nota.
Buon ascolto.
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yomersapiens · 2 years
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Ciao prima di tutto mi piace molto il tuo blog e come scrivi sembri simpatico (e non "simp" dai). Hai qualche consiglio per chi si affaccia a un nuovo lavoro, nuova situazione, con nuova gente? Hai mai lavorato in un call center? Sembri uno che ha esperienza e che ci sa fare insomma penso che una tua risposta potrebbe essere utile anche per altri che stanno in una situazione simile (Ah a proposito buona fortuna per il tuo nuovo lavoro e per il covid ciao !)
Ciao! Allora questa è la seconda volta che ti scrivo una risposta perché Tumblr ha deciso di bloccarmi la prima quando ero quasi alla fine. Uffa. Ci riprovo.
Dal tuo usare il termine "simp" (che usa anche il mio chitarrista classe 2000) deduco tu sia molto giovane. Io manco sapevo che i 2000 sapessero parlare e invece cosa mi scopro! Che vanno pure a lavorare! Vediamo se posso esserti utile con qualcuna delle mie storie.
Appena uscito dalle superiori l'unica cosa che volevo comprare era una videocamera. Ma all'epoca non era comodamente inserita nei telefoni, eh no. Andai a lavorare per qualche tempo alla Metro. Spostavo bancali, riempivo scaffali e venivo trattato male da tutti i colleghi in quanto carne giovane da macello del fine settimana. Un giorno un altro giovinastro come me mi disse "Ehi ma lo sai che se qua ti beccano a rubare qualcosa non ti denunciano, ma ti licenziano e basta? Io adesso lavoro ancora due settimane, poi frego una ps2 e ciao, se mi beccano che mi frega tanto mi licenziavo lo stesso". Questo discorso mi rimase in testa per tutte le settimane e venire. Rubare o non rubare la videocamera che tanto volevo? Alla fine non lo feci. Un po' sono un codardo e un po' in famiglia mi hanno insegnato che non si fa. Poco dopo ebbi abbastanza soldi per comprarla e i miei anni tra i 19 e 23 sono registrati su non so quante cassette che mai avrò la voglia di guardare di nuovo penso.
Poco dopo andai a lavorare come maschera in teatro e quello fu un lavoro stupendo. Indossavo un vestito falsamente elegante che mi causava irritazioni su tutta la pelle e che mi stava larghissimo. Guardavo un sacco di spettacoli bellissimi e una volta vidi pure due tizi dall'Australia che facevano origami con i loro peni. In quel periodo andavo spesso a dormire dalla mia ragazza dell'epoca, che viveva in un dormitorio appena costruito che aveva la piscina e ancora nessuna serratura alle porte di ingresso. Quella coi capelli rossi e le lentiggini. Ecco una sera avevo finito tardi e notai che non aveva risposto a un sms (non c'era whatsapp ed eravamo molto più spontanei). Non rispondeva nemmeno alle chiamate anzi era spento. Io quel giorno le avevo detto che dovevo studiare per l'università e poi lavorare e lei un po' se l'era presa e allora era andata in montagna a fare snowboard. Senza nessuna risposta, uscito dal teatro andai a vedere se per caso era in stanza e toh, la luce era accesa. Sicuro le si è scaricato il telefono e si è dimenticata di riaccenderlo. Avevamo detto che ci si beccava, dai che le faccio una sorpresa. Quella notte ho imparato che non bisogna mai fare le sorprese. Era in stanza con un tipo conosciuto il giorno stesso sulla piste. Ci fu giusto un po' di imbarazzo nel capire chi sarebbe dovuto restare dei due. A me non dava più di tanto fastidio, sono sempre stato di mente aperta. Però ecco lei mi cacciò. Poco male dai, io avevo una a cui stavo sempre dicendo di no perché avevo la tipa e quella notte invece le dissi di sì. Ecco questa storia non ha molto a che vedere con il lavoro, lo so, ma c'è un altro insegnamento. MAI FARE SORPRESE!
Un'altra volta non ricordo di preciso che lavoro fosse, ma si guadagnavano un sacco di soldi. Così mi disse un conoscente che vestiva sempre firmato e si era comprato la macchina (niente di assurdo eh, ma avevamo vent'anni e tutto sembrava gigantesco). Ricordo che al colloquio mi dissero che era una specie di assicurazione e che per allenarmi era bene se le vendevo ad amici e parenti. Io feci due calcoli e capii che era una cazzo di fregatura e che avrei messo nella merda tutti anche lo zio più stronzo. Quindi dissi andatevene a fanculo. Addio alla macchina e ai sogni di soldi. Chissà poi che fine ha fatto quel conoscente. Sicuro oggi spaccia.
Ma tu volevi sapere del call center. Ecco io non ho mai lavorato in un call center. Non mi piace vendere roba alla gente (se si tratta di vendere roba) perché penso sempre di fregare i più deboli. Però magari è un altro tipo, uno dove aiuti. Ecco allora, una volta lavoravo in casa d'asta e spesso dovevo rispondere alle telefonate provenienti dall'Italia. Io mi divertivo tantissimo a fare le voci. A creare personaggi diversi e giocare con loro quando dovevo interagire con i clienti. C'era la voce piatta e mononota che usavo quando sentivo rabbia dall'altra parte della cornetta. Era una voce stoica, neutra, che resisteva sempre a tutto. Come una di quelle porte Torii giapponesi che manco le atomiche hanno buttato giù. Adoravo sentire come gli animi si calmavano davanti a un essere robotico impassibile. Poi c'era la voce un po' sexy e flirty, che usavo con i clienti più maturi, per metterli a disagio. Adoro il disagio. Ci sguazzo dentro. La voce sottile e impercettibile. Quasi bisbigliata. Ecco quella la usavo per dare fastidio. Mi buttavano giù e io rispondevo dopo, quando telefonavano nuovamente, con una voce pimpante e piena di gioia e chiedevo scusa per il collega di prima, è dovuto andare a casa, non stava bene, aveva un terribile mal di gola. Ecco secondo me dovresti inventare voci e personaggi, allenarti un po' e trovare un modo per divertirti. Perché l'immaginazione è l'unica cosa che ci può salvare in ogni lavoro di merda che siamo costretti a fare per colpa di questa società capitalista. Inventa delle storie, dei ruoli, e ogni giorno diventa qualcun altro. Dai dei nomi a queste creature e poi parlane con i colleghi, sono sicuro che loro lo stanno già facendo. Divertitevi insieme a creare un anfiteatro di personaggi inesistenti se non dentro una telefonata. Ecco io farei così. Il resto viene da se, quando trovi un modo per annullare il luogo in cui sei costretto a stare per 8 ore, tutto diventa bellissimo. Diventa chi vuoi e fatti pagare. Ah, se puoi vai a fare la cacca. Ma proprio mentre lavori, vai in bagno e caga. Niente da più soddisfazione di essere pagati mentre si sta cacando.
Compito per casa: inventa 5 personaggi che porterai con te al lavoro. Ti saluto e in bocca al lupo!
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jacopocioni · 1 year
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Il peposo dell'Impruneta, gusto per duri!
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Peposo Gli operai che lavoravano ai forni (fornacini) nella produzione del cotto non erano certo persone abbienti, anzi, al lavoro duro non corrispondeva certo un salario alto. Approvvigionarsi di proteine era quindi difficile dato il costo della carne. Spesso il denaro non bastava neanche per le carni meno pregiate, come il muscolo o lo zampetto, quindi ci si accontentava si di questi tagli, ma di quelli avanzati che avevano molti giorni ed erano andati oltre la normale frollatura sfociando in un inizio di putrescenza. Mangiare questa carne non doveva essere gustoso, l'olezzo era sicuramente disappetente e quindi solo la spezia poteva rendere questa carne accettabile. Nacque quindi il peposo per questa ragione, eliminare il tanfo di vecchio; e cosa meglio del pepe, dell'aglio del rosmarino e della salvia il tutto in abbondanza. In pratica i fornacini tagliavano a grossi tocchi la carne, la mettevano in un coccio di terracotta aggiungevano abbondante pepe, aglio in camicia, rosmarino e salvia, poi ricoprivano il tutto con del vino rosso. Il coccio veniva poi, alla mattina presto, all'inizio del turno di lavoro, posizionato alla bocca dei forni dove si cuocevano i mattoni e alla mezza il pranzo era pronto. Oppure veniva posizionato nei forni alla sera, come mi suggerisce Filippo Caroti riportandomi voci di ricordi di vecchi imprunetani. Tutte le ore di cottura avevano asciugato il vino concentrandolo e reso la carne del muscolo tenera e succosa. Uno stracotto altamente speziato. Ecco nato il peposo dell'Impruneta, un piatto che oggi sarebbe immangiabile da chiunque se utilizzata la carne passata di allora.
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Preparazione del peposo. Oggi la carne che viene usata è sempre il muscolo, più fresco ovviamente, ma il procedimento non cambia, tanti spicchi d'aglio in camicia, rosmarino, salvia e pomodoro (spesso usato il concentrato o dei pelati). Devo far notare che il pomodoro è aggiunta moderna, all'epoca non si conosceva ed è entrato in cucina nell'800. Anche il pepe non viene più aggiunto in abbondanza come allora, anzi spesso il pepe macinato viene sostituito da pepe in grani che lascia il suo splendido aroma ma può essere allontanato per aggredire meno le papille gustative moderne. Anche qui un appunto, il pepe oggi macinato, all'epoca era quasi certamente usato in grani probabilmente perchè riutilizzato più volte. Ricordiamoci che era caro, addirittura usato come merce di scambio non deperibile. La leggenda vuole che questo piatto sia arrivato anche in piazza del Duomo a Firenze durante la costruzione del cupolone assieme ai mattoni necessari al Brunelleschi. Lo stesso Brunelleschi sembra abbia utilizzato questo piatto per nutrire i manovali. In pratica si racconta che all'ora del desinare fra far scendere gli operai e poi farli risalire dopo mangiato la perdita di tempo era notevole. Il Brunelleschi si inventò la prima mensa aziendale facendo salire insieme ai mattoni anche il peposo, il pane e il vino in modo da far mangiare gli operai direttamente sulle impalcature. Oggi possiamo gustarci il peposo in qualche ristorante oppure lo possiamo fare in casa con i pochi ingredienti ma con tanto tempo di cottura. Utilizzate un tegame di coccio, il forno a 120-150 °C, copritelo avendo l'accortezza di lasciare da un lato leggermente sollevato il coperchio in maniera che il vino possa lentamente evaporare. La cottura è lunga, almeno 3-4 ore, ricordate di mescolare periodicamente. Una variante interessante può essere aggiungere un paio di bacche di ginepro schiacciate e un paio di chiodi di garofano, gusto personale. Insomma la ricetta è già scritta su, non vi rimane che scegliere se essere aggressivi con il pepe macinato oppure più aggraziati con il pepe in grani. Servitelo su fette di pane toscano abbrustolito.
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Jacopo Cioni   Read the full article
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lacooperativa · 10 months
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Charly 4
Mi è tornato in mente il nome. Daniele. Daniele è uno che ha tra i cinquanta e i sessanta anni. Cazzo! E' mio coetaneo.
Se io sono nella coop dal '99, lui ci è entrato diversi anni dopo. Chi è Charly 4? È il figlio di una tipa che era all'epoca nostra cliente. O lei o il marito, vattelapesca.
Quando la tipa o il tipo ma facciamo insieme questi due, chiesero di farlo entrare come socio lavoratore nella coop, qualcuno, meglio non sapere chi, rispose di sì.
Charly 4 era quindi figlio di madre e padre separati e fratello di suo fratello. Nato e cresciuto a Milano, si era trasferito a Bologna al seguito dei genitori.
A causa del suo carattere tremolante, sempre pieno di paure e terrori, Charly faceva la spola tra le case dei due amorosi genitori che per levarselo dalle palle, almeno di giorno, gli avevano trovato un lavoro al di fuori della loro azienda.
Entrato in coop, si trovò ad essere l'unico socio in grado di parlare fluentemente inglese, in un contesto in cui sapere una lingua estera, non contava assolutamente un cazzo.
Persona buonissima, generoso e cortese, aveva come ulteriore difetto la scarsa, anzi facciamo inesistente igiene personale.
Dato che la madre con lui era stata tutto tranne che una madre, sempre a corto di soldi, in quanto lavorando in coop con Partita Iva, i soldi sono un miraggio, soprattutto per i tipi come Charly 4, indossava gli stessi abiti per una intera stagione e d'estate era evitato da tutti come la peste.
Ogni tanto lo prendevano e obbligavano a farsi una doccia, ma proprio di peso, perché lui non ne voleva mai sapere di entrare a contatto con l'acqua, tipo un gatto.
Invariabilmente i servizi che gli venivano affidati erano unicamente quelli estemporanei e dove non fosse previsto l'uso di ascensori.
Più volte cacciato dalle mense per continui errori nelle consegne, dettati dal terrore di combinare errori, oppure perché giustamente qualcuno faceva presente che quel tipo trasandato e puzzolente non era compatibile con il trasporto di alimenti per le scuole o gli ospedali.
Molte volte subissato di proteste da clienti che lo vedevano portare pacchi pesanti a piedi per le rampe delle scale, invece che con l'ascensore o col montacarichi.
Insomma, un disastro di persona. Che solo nella coop poteva continuare a restare a fare danni. D'altronde la coop si tiene fissi quattrocento euro al mese per nove mesi l'anno solo per consentire a noi soci il privilegio di vestire le magliette griffate coop.
Però è un ragazzo buono e generoso, oserei dire fino al masochismo. D'altronde l'ho visto sopportare a lungo Cocco di Merda che gli rifilava delle pacche sulle palle con un grosso mazzo di chiavi.
Pacche a cui Charlino non si sottraeva. Forse sarà che come nei gatti il suo cervello funziona solo a corto raggio (dieci secondi) e si dimentica in pochi istanti di quello che gli è capitato undici secondi prima.
Comunque oggi ha trovato il blocco giusto a cui ritirare all'Interporto ed è arrivato in consegna entro mezzogiorno, partendo alle nove e trenta. Un record, sicuramente.
E non puzzava nemmeno tanto.
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omarfor-orchestra · 10 months
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Cioè non mi ricordavo il limone tra Sc4marcio e CarmineRecano
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der-papero · 1 year
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Mi è successa una cosa singolare, che mi ha portato alla memoria un vecchio ricordo, e mi dispiace che io abbia dimenticato quella esperienza, perché mi sarebbe tornata molto utile in questo contesto.
Torniamo indietro ai primi cellulari, quando esisteva solo Tim e Omnitel, e le telefonate si pagavano, incluso il temutissimo scatto alla risposta, casus belli di ricorrenti liti tra amici che solevano farsi solo gli squilli.
Insomma, per farla breve, un giorno mi chiama, numero italiano eh, un tizio che parla in una lingua simil-arabo-vallo-a-sapè, e inizia a urlare diverse robe incomprensibili. Io provo in italiano a dire "TU AVERE SBAGLIATO NUMERO", oppure in inglese, niente, continua ad urlare sa-solo-lui-il-cazzo-cosa, e dopo tipo una ventina di secondi mette giù.
La cosa continua, eh, e da diversi numeri, non ogni giorno, ma quel tanto che basta da farmi pensare che ormai si fosse finalmente dimenticato di me, e poi tac, chiamata. Iniziai a mettergli giù senza rispondere, nulla da fare, ogni tanto pure a tarda notte telefonava.
Un bel giorno il lampo di genio.
Pensai: adesso provo a scimmiottare la sua lingua, e lo tengo al telefono, se non posso fermarlo, almeno posso prenderlo per il culo e ci facciamo due risate. Così feci, all'ennesima telefonata, lui parlava, e io AZIZ, AZIZ, ALLAH-AKBAR-MMOKK-A-MAMMT, AL-KMEH-A-FEZ-E-SORET, e così per quasi un minuto o poco più, lui urlava, e io appresso a lui, un misto di robe arabe sentite alla TV e moccoli napoletani con la H catarrosa. Embè, sarà stata una coincidenza, non ve lo so dire, oppure perché si rese conto quanto gli fosse costata la inutile telefonata (all'epoca appariva un messaggio breve col costo dopo che mettevi giù), insomma, sparito, mai più telefonato.
Questa strategia mi sarebbe tornata utile stamattina. Mannaggia.
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3cips · 1 year
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Il segreto di Maria
La giornata era bellissima, nonostante fosse novembre Maria prendeva il sole sdraiata nella spiaggia del Poetto, aveva appena fatto il bagno e ora si godeva i raggi del sole caldo che le scaldavano la pelle.
Si sentiva molto fortunata ad essere nata in quest’isola, ma come tutti i grandi amori certe volte sentiva il bisogno di fuggire lontano. Era stata a Milano per 1 anno e poi il lockdown l’aveva costretta a tornare.
Era felice di essere di nuovo in Sardegna, ma questa terra, bella e dannata, le faceva tornare in mente il passato, un passato che non voleva più ricordare, quel maledetto segreto che non la faceva respirare la notte, il motivo per cui era partita a Milano; per cambiare vita e non pensarci più.
Ora avrebbe dovuto nuovamente fare i conti con i fantasmi della sua vita, o forse finalmente la vita l'avrebbe lasciata libera.
Prese dalla borsa la sacca con i bottoni, li collezionava fin da quando era adolescente e portava con se sempre un sacchetto con i suoi pezzi preferiti, non sapeva perché ma questo sacchetto la metteva in pace col mondo.
Le sembrava quasi che quel sacchetto, pieno di bottoni colorati e lucenti, fosse un suo portafortuna, non si muoveva di casa senza, non si fidava, si sentiva come nuda.
Quel giorno maledetto lei lo aveva scordato a casa, altrimenti non sarebbe successo; si rimproverava sempre per questo. Da quel giorno aveva giurato a se stessa che non se ne sarebbe più separata.
Per quei pochi momenti in cui non poteva portarselo appresso (sotto la doccia o quando faceva il bagno al mare) aveva trovato un rimedio: aveva scelto i due bottoni più belli e si era fatta realizzare un girocollo, questo non lo toglieva mai.
Era stata così stupida quella volta ad uscire senza; ricorda ancora che stava per metterli in borsa ma poi era stata distratta dalla voce di Enrico e, insomma, si era dimenticata.
Enrico, il suo fidanzato. Quanto era innamorata di quel ragazzo! Per lui aveva e avrebbe fatto di tutto; certo lui era un po' particolare tanto che alla mamma non piaceva per niente. Spesso sentiva i genitori che parlavano sottovoce, allora si nascondeva e tendeva le orecchie per ascoltare; la mamma sosteneva che Enrico non le piaceva perché pensava fosse una persona ambigua. Allora papà rispondeva sempre con le stesse parole “anche a me non piace, ma se lei è felice lasciamole vivere la sua vita” e la discussione si fermava qui.
Quando soffriva per questo! Almeno il padre capiva, ma lei perché continuava a stargli addosso? Perché questo odio verso quel ragazzo, cosa le aveva fatto?
Enrico si era accorto di questo astio tanto è che aveva iniziato a non voler più andare a casa, diceva che sua madre lo metteva in soggezione, passava a prenderla ma aspettava fuori di casa. Quel giorno infatti dimenticò i bottoni perché lui era in anticipo e non voleva farlo aspettare troppo e così usci di corsa senza i suoi gioielli, tra l'altro all'epoca non aveva ancora neanche il girocollo.
Lui era fuori che aspettava. Era ubriaco fradicio e forse si era fatto pure qualche altra cosa. Parlava strascicando le parole e non si capiva cosa dicesse. Riuscì a portarlo via prima che i genitori lo vedessero in quelle condizioni, e cercò di farlo calmare e di capire cosa fosse successo.
Lui disse che dovevamo andare a casa sua, poi aggiunse, ridendo, che l’aspettava una sorpresa. Non capiva più nulla! Non entrava a casa sua da un pezzo, ogni volta trovava delle scuse per non farla entrare e Maria aveva desunto che si vergognava di quella casa popolare, piccola e mal tenuta, nel quartiere di Sant’Elia.
Quindi doveva essere veramente una bella sorpresa se dopo anni la portava da lui. Arrivati davanti all’ingresso lui le chiese di chiudere gli occhi, cosa che fece, lui apri il portoncino e la guidò verso la taverna, lo sentì che armeggiava con le chiavi e aprì. “Sorpresa!” esclamò! “ora puoi aprire gli occhi”.
La nonna era li, seduta in una poltrona al centro della stanza. Si avvicinò per salutarla ma lei non rispose, aveva gli occhi aperti ma sicuramente era sedata, cazzo era prigioniera in casa sua.
Non poteva credere ai suoi occhi! Si sentiva come dentro un film dal quale voleva uscire al più presto. Non capiva più nulla e iniziò a tremare. Guardò Enrico che sghignazzando le disse:
“Così ora la pensione è tutta mia e lei non potrà più rompermi le scatole”
Prese il cellulare per chiamare la polizia o qualcuno ma lui fu così veloce che le fece volare il cellulare. “ma che fai? Non sei contenta? L’ho fatto per te, per noi e tu sei così stupida da voler rovinare tutto”.
Lei lo guardò senza riconoscerlo, chi era questo pazzo con il quale stava da ormai qualche anno? Gli disse che dovevano chiamare qualcuno, che non potevano lasciarla li. Lo sguardo di Enrico la gelò e si precipitò verso l’uscita ormai in preda al panico.
Lui l’afferrò con violenza, la prese per i capelli e le puntò un coltello che aveva estratto dalla tasca senza che lei si accorgesse.
“Sei un’ingrata, come tutte le altre! Se vuoi andare vai pure non so che farmene di una come te! Ricordati però che se vuoi che il tuo povero fratellino diventi maggiorenne non dovrai parlare di quanto hai visto con nessuno”.
Le fece un taglio sulla guancia e aggiunse “questo ti servirà per ricordarlo ogni giorno quando ti guarderai allo specchio ” e la spinse con violenza fuori dalla porta.
Si toccò lo sfregio sul viso, erano passati 3 anni da quel tragico giorno, e esattamente due giorni dopo, il 25 febbraio,  era partita per Milano.
Era riuscita a cambiare vita ma il pensiero di quella donna rinchiusa non l’aveva mai abbandonata. Avrebbe voluto fare qualcosa ma quella ferita le ricordava che se avesse salvato la donna avrebbe sacrificato suo fratellino.
Iniziò a sfogliare distrattamente l’Unione Sarda un po’ emozionata al pensiero che il giorno dopo avrebbe iniziato a lavorare nella redazione come giornalista: perlomeno uno dei suoi sogni si stava avverando.
La sua attenzione venne rapita da uno strano articolo:
“donna di 84 anni trovata morta in casa dopo 3 anni
Incredibile storia di Giovanna, la donna di 84 anni che è stata trovata morta da ormai 3 anni nel congelatore di casa sua dove la donna viveva con il nipote.
Alcuni operai dell’ENEL recatisi nell’abitazione per la verifica di un guasto hanno fatto una macabra scoperta, il corpo di una donna di 84 anni, completamente congelato.
Il medico legale effettuata l’autopsia ha stabilito che il decesso è avvenuto 3 anni fa, esattamente il 27 febbraio 2019 per una ferita inferta nell’addome dell’anziana donna. Latitante il nipote che viveva con la donna e che ha fatto perdere le tracce da diversi giorni”
 Consuelo
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raffaeleitlodeo · 1 year
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Era il 13 gennaio di tanti anni fa, anzi era la sera prima, io e l'amico Drugo stavamo seduti a casa mia bevendo l'ennesima bottiglia di cabernet doppiata con la grappa fatta co' gli scaldabagni riadattati a distillatori in Valcamonica che ci rimediava Francesco, il tutto accompagnato da decine di sigarette e di "sigarettine" quando a una certa insomma alla televisione ne avevano parlato in continuazione: domani a Genova c'è il funerale di De André e bevi di qua fuma di là a una certa "ok partiamo andiamoci" scendiamo le scale e saliamo in macchina, di notte, è già tardi ma piano piano secondo me ci arriviamo a Genova, e eccoci sull'Aurelia con la renò-cinque solo che sull'Aurelia c'era tipo la burrasca col vento che spostava la macchina di lato e mettici pure il cabernet e le sigarette truccate allora che dici magari ci fermiamo a Grosseto e proseguiamo col treno, solo che Grosseto è un BUG DI MATRIX infatti non trovavamo la stazione ma c'era 'sta strada che ti ritrovavi sempre nello stesso punto e a una certa abbiamo pensato oddio noi qua non usciremo mai più da Grosseto poi non so come riusciamo a trovare la stazione ed eccoci su un treno di quelli di una volta con gli scompartimenti da sei, tutto sommato meglio così che continuare a fare zig-zag sull'Aurelia e all'alba scendiamo a Genova facciamo colazione con qualche altra grappa dentro un bar, siamo stanchi morti entriamo dentro la chiesa del funerale che non è male, anche perché fa freddo e non sappiamo dove andare ci facciamo un sonnetto sulle panche, il tempo di riaprire gli occhi e la chiesa è strapiena inizia il funerale, che ora a ripensarci non è stato neanche male ma all'epoca eravamo giovani e impazienti - con quell'estremismo di quando c'hai poco più di vent'anni - e poi niente ci sarebbe sembrato adatto, niente ci sarebbe sembrato abbastanza, per omaggiare De André come ci sarebbe piaciuto a noi comunque alla fine la bara va via e risuona nella chiesa l'ave maria in sardo
Deus ti salvet, Maria
Chi ses de grazia plena
De gràzias ses sa vena
E i sa (aaaaaaaaa) currentee 
rieccoci piano piano fuori dalla chiesa c'è tanta gente ma noi non ci siamo accorti che fosse così tanta l'avremmo capito solo al ritorno a Roma con i telegiornali che parlavano di diecimila e più persone, la maggior parte delle quali non erano riuscite neanche a entrare in chiesa mentre noi eravamo arrivati presto e c'eravamo appennicati sulle panche delle prime file laterali, non per lungimiranza ma per stanchezza, e alla fine mentre uscivamo c'avevo accanto Beppe Grillo che oltre a essere caro amico di De André ancora non aveva deciso di diventare un arruffapopoli demagogo e quindi forse ancora si accorgeva delle cose vere e aveva visto quanto fossi abbattuto alla fine del funerale e m'ha dato due tre pacche sulla spalla mentre uscivamo come per tirarmi un po' su di morale, almeno così m'ha detto il Drugo perché io stavo talmente avvilito e talmente lesso (e ciavevo talmente fame) che non mi rendevo conto di niente, solo che non c'avevo manco un euro per mangiare quindi siamo tornati in stazione e i pochi soldi che c'aveva ancora in tasca il Drugo li abbiamo spesi ai banchetti lì davanti per comprare un libro usato di Fenoglio nelle edizioni Einaudi quelle belle con la copertina rigida - e pure oggi si mangia domani - e quindi ce ne siamo tornati a Grosseto con un altro di questi trenini superlenti che oggi tutti o quasi ci rimpiangiamo perché erano comodi ed erano umani e ci potevi leggere Fenoglio coi piedi poggiati sul sedile di fronte. Sembra ieri, all'epoca avevamo tanto rimpianto per questa morte che aveva portato via un grande artista nel fiore dei suoi anni e sapevamo di aver perso moltissimo, mentre oggi mi piace vedere quanto De André abbia contato per me, quanto io ci abbia guadagnato con lui, ma vabbe' smetto di parlarne perché negli anni  Fabrizio De André è diventato una specie di brand che funziona e fa vendere e fa riempire i posti di gente con iniziative di tributo che si sono ripetute e moltiplicate a tutti i livelli, senza aver aggiunto davvero niente di niente sul piano artistico (anche e soprattutto sui palchi più importanti tipo Sanremo) e non mi viene in mente una performance che sia una che valga la pena di essere nominata o ricordata.
Tutto questo per dire cosa? Non mi ricordo neanche più, invece mi ricordo che dopo neanche due mesi sarebbe morto anche Stanley Kubrick e io era la prima volta che di fronte a persone che non conoscevo personalmente mi sentivo colpito come se fossero morti degli amici e infatti il giorno dopo mi incrociai con un amico mio che suonava benissimo e insieme avevamo cantato spesso De André nei dopocena alcolici con gente della facoltà di Lettere, lo incrociai per caso dalle parti di viale Marconi e lui mi fa "Hai saputo di Kubrick?" e io "Sì, l'ho sentito stamattina alla radio" e poi ci siamo abbracciati per strada, così, per qualche secondo, in silenzio, e ci sentivamo un po' più soli ma almeno eravamo soli insieme, ecco, forse era questo che volevo dire 🧡
Urbano Grandier, Facebook
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gregor-samsung · 2 years
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“ Amore! Dolce amore! Sosterrò sempre che fu una delle massime scoperte del Pleistocene medio, periodo quanto mai ricco e fertile di invenzioni e sviluppi culturali. All'epoca, ne fui colto assolutamente di sorpresa. D'un tratto fui una creatura nuova, come il serpente che ha appena cambiato pelle: libero, aperto, ebbro di delizia. Ero una libellula che dispiegava le ali dopo la lunga notte trascorsa nella crisalide! Suonano ormai logore e banali, queste metafore: la generazione moderna ha perduto quel primo dolce, spensierato rapimento. I giovani d'oggi sanno bene che cosa aspettarsi; troppo gli è stato detto; essi pregustano, con ambizione eccessiva. Ma, per me, fu una metamorfosi, proprio perché non avevo la minima idea di che cosa stesse per accadermi. Sì, è un privilegio incomparabile essere proprio il primo a provare una nuova esperienza umana, qualunque sia; e se poi è l'amore!… Pensate! L'amore, che oggi si compiace se i giovani sembrano ancora apprezzarlo quando lo incontrano nella giungla, sulla sponda di un lago o in cima a una montagna… Oggi è cosa di normale amministrazione, che ha opportunamente preso il suo posto nel processo evolutivo; ma, ah!, quando era appena nato!… Non avevo né la capacità né il desiderio di analizzare ciò che mi accadeva; a ripensarci, mi accorgo che l'amore spuntò, come un frutto non premeditato, da quella prima inibizione che papà ci aveva imposto a fini puramente sociologici. Le nostre più facili inclinazioni erano state tarpate; ne era scaturito, senza che alcuno l'avesse cercato, questo appassionante, sconvolgente, straordinario banchetto di sensazioni. Non che fossimo inibiti, Griselda e io, quando ci mostravamo al mondo insieme; al contrario, non solo ci sentivamo liberi da vincoli nei nuovi reami scoperti dentro di noi, ma trattavamo la natura intera come una propaggine o dipendenza della nostra camera nuziale. Ci sentivamo invulnerabili: come se l'unione di due fragili e delicate metà avesse formato una creatura destinata a dominare, invincibile, la terra. Ridevamo irriverenti davanti al covo del leone; tiravamo la coda al gattopardo addormentato; ci rincorrevamo negli stagni, saltando, come da un masso all'altro, sulla groppa di coccodrilli disorientati e ippopotami perplessi; risalivamo le cascate gareggiando con persici e pesci tigre; ci gettavamo giù per le rapide con le anguille. Giocavamo a prenderci con gli aironi, tra le zampe degli elefanti infastiditi, che barrivano protestando ma tentavano invano di calpestarci; ornavamo con festoni di asparagus e di convolvolo i corni di rinoceronti corrucciati; spaventavamo i cervi al pascolo lanciandogli fra le corna serti fioriti di gelsomino e di vite che poi, nel vento della fuga, si alzavano come aquiloni. Di sorpresa prendevamo per la mano le scimmie, trascinandole in un vorticoso girotondo. Da struzzi, fenicotteri, pavoni, insomma da tutti gli uccelli che mi capitavano a tiro rubavo piume multicolori per adornarne la chioma di Griselda; a me, un mezzo guscio di uovo di aepyornis serviva da casco contro il sole. Le nostre allegre risate risuonavano nel folto e tra gli alberi intrecciati di liane, increspavano la superficie dei grandi laghi che le trasmettevano alle montagne, e da qui riecheggiavano sulle pianure. Fu la gioia più piena, anche se una o due volte quasi passammo il limite. “
Roy Lewis, Il più grande uomo scimmia del Pleistocene, traduzione di Carlo Brera, Adelphi (collana Gli Adelphi n° 185), 2003⁴; pp. 113-115.
[Edizione originale: The Evolution Man, 1960]
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