#camicia uomo
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E poi c'è un'altro tipo di amore
quello più crudele
quello che quasi uccide le sue vittime
si chiama amore non corrisposto
di quello io sono un esperto .
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ilsilenteloquaceblog · 1 year ago
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— L’aveva USATA per tutto il giorno
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e tenuta ADDOSSO anche di notte...
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sicchè, al mattino, era risultata
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sfatta ma… felice, la Sua CA… MICIA.
Il Silente Loquace ©
— @ilsilenteloquaceblog
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crisalide-imperfetta · 1 year ago
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raccontidialiantis · 8 months ago
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Giovanissima e senza alcun pudore
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Tre estati fa ero a casa del mio fidanzato Giulio per un intero weekend. Ho sempre notato come Valerio, il mio futuro suocero, mi guardasse con diffidenza, sospetto. In poche parole, egli manifestava chiaramente una non-accettazione della mia persona. Eppure erano ormai diversi mesi che io e suo figlio stavamo insieme. Mentre con Rosa, la mia futura suocera, c'era già una certa confidenza, con suo marito esisteva sempre questa barriera invisibile.
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Qualcosa che gli impediva di sorridermi o di aprirsi un po’, con me. Quel primo sabato pomeriggio di luglio, subito dopo pranzo Giulio dovette andare in città, alla stazione a prendere Maria, sua sorella, che tornava a casa dall'università per un po’ di giorni. Faceva caldo e Rosa si offrì di accompagnarlo; gli avrebbe tenuto compagnia e al tempo stesso avrebbero chiacchierato. In sostanza, se lo sarebbe coccolato un po’, il figliolo adorato. Tanto, il treno sarebbe arrivato solo dopo forse un'oretta dalla loro uscita da casa.
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Valerio quindi era in soggiorno, sdraiato sul divano in calzoncini e camicia a leggere il giornale e sonnecchiare. Io stavo finendo di asciugare i piatti e poi sarei andata a riposare anch'io una mezz'ora. Però cambiai idea in corso d’opera. Finito di rassettare la cucina, passando vicino alla zona tv, come progettato nella mia mente perfida, andai direttamente a sedermi su uno sgabello lì vicino a lui, per cercare di cavare due-parole-due a quel vero musone, comunque un bellissimo uomo. Molto sexy, malgrado l'età. Confesso che mi attraeva non poco.
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“allora, musone di un suocero: che leggi di bello, con tanto interesse?”
“il quotidiano…”
“be’ questo lo vedo! Volevo dire… ma io proprio non ti piaccio, vero?”
“sei la ragazza di Giulio, quindi non devi piacere a me.”
“ma io… cos’ho che non ti va?”
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“se proprio ci tieni… secondo me tu non vai bene; sei troppo giovane e ingenua: hai ventuno anni appena e Giulio trentatré. Per lui ci sarebbe voluta a fianco una vera donna, una femmina già matura e navigata. Non una bamboccia capace solo di fare i capricci, che non sa come si sta al mondo e come va trattato un uomo adulto, uno che ha già le sue esigenze. Invece lui probabilmente ti dovrà fare da balia in tutto…”
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Mi sentii dapprima in imbarazzo. Poi profondamente ferita. Ma come: sapesse quanto gliela faccio sudare e con che gusto mi scopa, il suo ragazzo. Da lui ottengo ciò che voglio: proprio perché tutto sono meno che un'ingenuotta di paese. ‘Sto villano! E comunque, mentre un uomo con la faccia può restare inespressivo, impassibile, il suo inguine non può mai mentire. Avevo già notato che quando m'ero seduta vicino a lui il suo davanti s'era improvvisamente rigonfiato. Indossavo una minigonna mozzafiato, una maglietta leggera strettissima semitrasparente senza reggiseno, che avevo strategicamente tolto in cucina. Infine avevo i capezzoli dritti, ben visibili ed ero profumatissima.
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Non avrebbe potuto resistermi un angelo. Quindi, mentre Valerio aveva interrotto la nostra laconica conversazione e ripreso a leggere, non so con quanta vera concentrazione, dispettosissima mi sporsi un po’ in avanti: gli infilai a sorpresa un dito nell'elastico dei calzoncini da mare che portava e con un rapido scatto glieli tirai un bel po’ giù, a mezzo bacino. Abbassò il giornale, sgranò gli occhi e intanto io potetti vedere i suoi peli pubici e la base del suo membro già in parte gonfio. Facendolo, lo guardavo fisso negli occhi sorridendo e col dito in bocca, da monella irresistibile. Sarebbe stato impossibile non sentirsi lusingato da una ragazza che ti stuzzica così.
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Infatti, un po’ in imbarazzo disse: “ma che fai? Smettila subito!” Però lo disse con un mezzo sorriso e non mosse un muscolo, né si ritirò su il calzoncino. Allora, tirandomi un po’ indietro sullo sgabello, sollevai la minigonna che portavo a pelle senza slip e gli feci vedere la mia passerina, molto curata e con una strisciolina di peli sopra: gettò il giornale per terra e balbettò qualcosa a riguardo del contegno, della morale. Ma era evidente che non ragionava più. Approfittai del suo spiazzamento e con un gesto veloce ma deciso mi risolsi a tirar giù tutto il suo pantaloncino.
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Lui invece di opporsi sollevò le natiche per facilitarmi e così uscì fuori prepotente tutto il suo cazzo già bello duro! Non avevo dubbi: vinco sempre io. Sempre guardandolo negli occhi, poggiai le labbra avide sul suo glande. Iniziai a pomparlo con la bocca, mentre mi diceva che no, non dovevo assolutamente farlo; che non era corretto. Ma intanto mi teneva la testa bloccata con entrambe le mani e godendo come un maiale affondava l'uccello tutto dentro la mia gola. Gemeva di vero piacere. Aveva un membro di tutto rispetto. Non lungo come quello di Giulio, ma decisamente più largo e malgrado l’età durissimo! Sarà che era eccitatissimo da ciò che stava facendo con una giovanissima e bella ragazza.
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Devo dire che aveva anche un buonissimo sapore. Sentivo che stava per godere. Allora mi staccai e decisi di salirgli sopra a cavalcioni. Volevo che mi sborrasse dentro, altro che ragazzetta inesperta. Stavo per infilarmi il suo cazzo dentro le labbra gonfie della mia fica già dilatata e pronta, ma lui mi sollevò di peso e mi disse che no: questo a Giulio non poteva proprio farlo. La mia fica infatti era riservata a suo figlio, per godere del sacro vincolo matrimoniale. Valerio si sarebbe quindi “accontentato” (!) di sfondarmi il buco del culo! Accontentato? Accontentatooo? A Giulio ancora non l'avevo mai dato, il mio culo: infatti glielo stavo facendo sudare.
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Prima di Giulio frequentavo, di nascosto da tutti, un ricco industriale della zona. Era pazzo della mia fica stretta e mi ricopriva letteralmente di soldi anche se non glieli chiedevo. Per fargli un pompino, senza chiedergli nulla ottenni l’inimmaginabile. Dopo che me l’aveva chiesto per mesi, per permettergli infine di rompere il mio culetto per la prima volta - gli avevo detto che lì ero vergine - ho segretamente ottenuto da lui un ammontare di denaro spaventoso. Che assieme agli altri soldi che m’aveva dato durante l’anno in cui l’ho frequentato prima di conoscere Giulio, ho accuratamente investito. Tramite un’opportuna agenzia specializzata in gestioni patrimoniali. Si, io: quella sprovveduta.
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Lui, l'industriale, dopo quella sua prima volta nel mio culo era improvvisamente impazzito d'amore: se fino ad allora potevo in qualche modo gestirlo, subito dopo iniziò a tempestarmi di messaggi, mi copriva di regali, di denaro. Era diventato addirittura geloso. Per scrollarmelo di dosso alla fine ho dovuto minacciare di rivelare tutto alla moglie e ai figli. Poi ero ancora minorenne. Smise all'istante. E Valerio invece adesso mi diceva che si sarebbe “accontentato” del mio culo sodo e perfetto! Quindi mi misi a cavalcioni su di lui, puntai il suo glande contro il mio ano e guardandolo spavalda scesi lentamente inglobandolo tutto.
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Senza fare un fiato: lo guardai fisso negli occhi per tutto il tempo. Era pazzo di piacere, sudava e mi toccava le tettine nude sotto la maglietta. Giocava coi miei capezzoli. Lo baciai in bocca giocando a lungo di lingua. Mi pregò di muovermi, perché tra poco sarebbero rientrati a casa Giulio e mia suocera Rosa. Ma io per tutta risposta dopo un po’ mi sfilai e gli feci una sega rapida. Lo feci venire nella mia bocca, tanto per non sporcare e anche per assaggiare un altro nuovo gusto d'uomo. Appena finito, me ne andai a riposare. Da quel momento diventò il mio maggior sponsor.
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Con Giulio tutto bene: ci siamo sposati lo scorso autunno e quando litigo con lui, telefono a mio suocero per un consiglio. Anche se in quei frangenti, per la rabbia desidero solo fare mio marito cornuto. Lui mi dice sempre che è meglio parlare di persona. Quindi ci vediamo e mi porta fuori città, in campagna. Dove dopo massimo tre minuti di chiacchiere, mi faccio regolarmente sfondare a lungo il culo e riempire la bocca. Ce l'ho in pugno. Da lui ormai ottengo qualsiasi cosa. Anche perché è crollato del tutto: a volte non ce la fa proprio a mantenere il suo stesso proposito e vuole anche la mia fregna. Me la bacia a lungo, mi fa venire nella sua bocca e infine non resiste: mi scopa come un ossesso.
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Mi sta dentro fino a farmi male. Gli devo dire di smettere. Mia suocera di riflesso ha anche lei un inatteso vantaggio, dall'improvviso risveglio dei sensi di suo marito. La fotte ogni sera, lei mi confessa stupita e felice! Mi faccio inculare e fottere da lui anche per farlo star buono, mantenerlo costantemente pieno di passione bruciante per la sua giovane nuora e per tenere in allenamento il mio sfintere anale. Perché ultimamente ho preso la patente e ho intenzione di farmi regalare presto un'auto. Un’utilitaria, niente di troppo costoso, ovviamente. Quindi, se Giulio vorrà finalmente il mio culo dovrà decidersi a comprarmela. Glielo darò per la mia… “prima volta”, fingendo un gran dolore mentre me lo infila ma resistendo stoica, con uno spirito di sacrificio coniugale veramente encomiabile.
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Mi amerà ancor più di quanto non faccia già. Infatti, lo faccio scopare e lo pompo spesso. Voglio che goda molto, che si senta sempre più legato a me e non sospetti mai delle mie scappatelle. Non solo di quelle con mio suocero, ovviamente. Perché ogni tanto, un paio di volte l'anno, mi tolgo qualche sfizio di straforo. Sempre con uomini molto maturi: loro mi piacciono tantissimo, perché in fondo sono come dei bambini. Dopo goduto del mio corpo infatti, loro felicissimi mi viziano, mi ricoprono di regali. Contenti di essere considerati ancora maschi validi. E restano regolarmente, letteralmente innamorati di me. Faccio fare loro qualsiasi cosa mi passi per la testa.
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E godo moltissimo del mio potere di giovane venere. Per tre o quattro appuntamenti segreti loro tornano ventenni. In quanto la mia passera e il mio buco dl culo hanno un potere enorme, sugli uomini di una certa età. Io però me li scelgo solo facoltosi e intelligenti. Perché loro sanno stare al mondo e quando alla fine dello sfizio io dico di non volerli rivedere più, magari soffrono in silenzio, ma si congedano tutti da me con l'ultimo bacio, un bel baciamano e infine un gioiello, un libro o un mazzo di fiori. Gli amanti maturi mi adorano. E a me piace moltissimo farli impazzire di desiderio e sentirli sborrare felici e contenti, nel mio corpo giovane ed elastico o nella mia gola.
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In fondo, io mi considero a tutti gli effetti una benefattrice della terza età. Regalo ai miei stalloni anziani una segreta seconda giovinezza, adorando e succhiando i loro cazzi con grande foga, come fossero gli dei della mascolinità matura. Mi amano, almeno tanto quanto mi adora mio suocero! Tornando a bomba, Valerio ovviamente dovrà contribuire alla spesa della macchina in modo sostanzioso. Con la benedizione di mia suocera Rosa. In fondo, per lei sono solo la giovane nuora accolta in famiglia come una figlia. Un tesoro di ragazza; che va protetta, instradata e un po’ anche vezzeggiata, no?
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RDA
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teenagedirtstache · 6 months ago
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Mondo Uomo March/April 1995 photos Marco Marezza styling Mauro Rotini
Ralph Lauren. Formaljeans. Originali i doppi polsini sulla camicia sporty in denim. Cravatta Etro. Gemelli Bulgari. Orologio Rolex Daytona.
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zucch9 · 27 days ago
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Hands - Shacto
Tw: SA, flashbacks.
Bacto si svegliò ansimante, la camicia che indossava si attaccava sgradevolmente alla sua pelle, madida di sudore. Si guardava intorno, era buio, e per un istante, un solo misero istante le sentì di nuovo, mani magre e viscide lo toccavano, le guance, il fianco destro, il retro del collo, i polsi.
Era seduto su quel vecchio materasso, l'odore della muffa intorno a se soffocante mentre la porta scricchiolava e dei passi fin troppo conosciuti si avvicinavano. Qualcuno gli parlava, non capiva che stesse dicendo, ma allo stesso tempo sapeva bene che cosa significasse tutto ciò, era ora, e non poteva sfuggire a quella tortura.
Venne sbattuto contro il materasso con forza, mentre qualcuno gli saliva a dosso, gli accarezzava il viso lascivamente, e due labbra si poggiavano sulle sue. Voleva correre, voleva gridare, voleva vomitare, ma il suo corpo era pietrificato sotto quel tocco, totalmente in balia degli eventi.
Qualcosa strusciava sulla sua gamba, mentre i suoi polsi venivano catturati in una stretta ferrea impossibile da rompere, il suo nome veniva ripetuto in continuazione. I suoi vestiti venivano strappati mentre gli strattoni diventavano sempre più frenetici e forti, e in quel momento un sono pensiero passò nella mente dell'adolescente.
𝘝𝘰𝘨𝘭𝘪𝘰 𝘮𝘰𝘳𝘪𝘳𝘦. "Bacto?"
𝘝𝘰𝘨𝘭𝘪𝘰 𝘮𝘰𝘳𝘪𝘳𝘦. "Bacto!"
𝘝𝘰𝘨𝘭𝘪𝘰 𝘮𝘰𝘳𝘪𝘳𝘦! "Bacto shonen!"
Bacto aprì gli occhi di scatto, sobbalzando e cercando di sfuggire a quelle mani che tanto odiava, basta, basta.
Invece di vedere i muri scrostati e i pavimenti pregni di umidità si vide circondato da legno scuro e solido, l'odore di salsedine e pece gli riempì le naricil mentre la cabina di una nave prendeva colore davanti ai suoi occhi.
Si girò di lato, e invece di scontrarsi con due occhi neri come il carbone pregni di lussuria, lo accolsero due occhi scuri come il cacao, che in loro avevano nient'altro che preoccupazione in loro.
"Bacto?" non si trovava nella stanzetta lurida che Vers gli aveva assegnato nella casa al Dominio Audax un decennio prima "Bacto, parla per favore" quella voce non era insistente, non pretendeva massaggi o lavoretti, solo una preoccupata risposta "Bacto, sei qui con me?" e quelle mani, quelle mani che gli cullavano il viso con dolcezza, che non cercavano di prendere nulla che a loro non appartenesse, ma invece cercavano di donargli calore e protezione.
Davanti a sé non c'era un uomo pallido, dai lineamenti affilati e lo sguardo languido, ma c'era Shaka. Shaka, un uomo di acciaio e onore, tutto d'un pezzo, che gli teneva il viso tra le mani e gli sussurrava con tono calmo, ma preoccupato.
Le prime ad arrivare furono le lacrime, seguite a ruota dai singhiozzi ed accompagnati dai brividi. Sentiva freddo, come se tutto il calore nella stanza fosse stato portato via da un entità misteriosa, e non riusciva a spiegarsi il perché.
Sentiva tutte le sue forze abbandonarlo, costringendolo ad appoggiarsi su quel torso scuro, caldo e familiare.
C'era una mano tra i suoi capelli, un altra stava sulla schiena, ferma e solida. Ci vollero diversi minuti prima che riuscisse a fare dei respiri completi e smettesse di tremare, ma le lacrime scendevano ancora libere sulle guance e sembravano non volersi fermare più.
Alzò lo sguardo e quegli occhi, quei due occhi sinceri che l'avevano completamente stregato cercavano i suoi.
"Bacto, sei di nuovo qua con me?" una voce bassa e calorosa lo avvolse, facendogli dimenticare tutto il suo dolore, solo per un secondo.
"Shaka? Cosa... cosa?" non riusciva a parlare, sentiva la gola secca e ruvida. "Bacto, cosa è successo? Ti ho sentito agitare, stavi ansimando e... e urlando per minuti interi" disse l'uomo, prendendogli le mani e stringendole tra le sue.
Ah, adesso ricordava bene. Dopo essersi svegliato dall'incubo riguardante il circo delle onde il suo subconscio l'aveva rispedito in quel postaccio, improvvisamente aveva di nuovo quindici anni, e si trovava di nuovo alla mercé di Vers.
Bacto abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa per aver svegliato il compagno nel bel mezzo della notte per qualche stupido incubo "Ho... ho sognato di nuovo di abbandonarvi, al circo, e quando mi sono svegliato, sono... sono tornato in un luogo che speravo di non vedere mai più." disse con voce bassa e rassegnata "Mi spiace di averti svegliato, torna pure a dormire."
Due mani calde e confortanti gli si poggiarono sulle guance, guidandolo gentilmente a spostare il suo sguardo dal proprio grembo al viso dai lineamenti tipici dello Shogunato Kirin Ba. "Non devi chiedere scusa, Bacto. Non hai controllo di ciò che accade nei tuoi sogni. " "Ma non dovrei avere più problemi con la situazione, intendo dire, Vers ormai è morto, so che non potrà più manipolarmi e costringermi a seguire i suoi ordini... Perché ha ancora così tanto potere su di me? Non ha nessun senso, e mi fa impazzire questa cosa!"
"Bacto, non trattarti in questo modo, è un offesa alla tua resilienza e al tuo coraggio" "Non é coraggio, lo capisci? sono stato un codardo, e lo sono tutt'ora! Una persona coraggiosa non abbandonerebbe i suoi compagni per paura, un coraggioso saprebbe farsi valere contro minacce del genere, un coraggioso..." 𝘜𝘯 𝘤𝘰𝘳𝘢𝘨𝘨𝘪𝘰𝘴𝘰 𝘯𝘰𝘯 𝘴𝘢𝘳𝘦𝘣𝘣𝘦 𝘮𝘢𝘪 𝘵𝘦𝘳𝘳𝘰𝘳𝘪𝘻𝘻𝘢𝘵𝘰 𝘥𝘢 𝘮𝘢𝘯𝘪 𝘤𝘩𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘦𝘴𝘪𝘴𝘵𝘰𝘯𝘰 𝘱𝘪𝘶̀.
Le mani si spostarono dalle guance alle spalle, in una stretta salda, ma non possessiva "Ciò non vuol dire essere codardi, significa essere umani. Sei umano anche tu, nonostante tu sia immortale, e nessuno può toglierti il diritto di essere debole. Il coraggio di una persona non si quantifica in quanti sbagli ha commesso, ma quante volte essa si è fatta in quattro per rimediare, per migliorare ed evitarli in futuro. Nessuno può cancellare ciò che è stato, per quanto vorrei prendere tutto il male dalla tua anima ed eliminare tutto ciò per sempre, ma non sei più quel bambino impotente, o quel ragazzo spaventato."
"Sei un uomo che ha subito molti torti nella vita, ma non sei solo a doverli superare, ci sono Kayla e Oliviai, il Capitano Roberto e giovane BenBen, i membri di Crimson Trinity, quando lo troveremo ci sarà Johnatan, ci sono io. Non dovrai più subire nulla di ciò che hai già passato, e se qualcuno ci proverà dovrà prima passare sul mio cadavere. Non sei più da solo Bacto, non sei un codardo e non sarai più solo ad affrontare tutto. Mai."
Dopo essere rimasto per diversi attimi in silenzio, essersi cambiato la camicia pregna di sudore, ed essere nuovamente tra le braccia di Shaka, Bacto non sapeva come sentirsi. Era consapevole che le parole dell'uomo erano sincere, non riusciva a ricordare una volta in cui avesse mai mentito, ma parte di lui faceva ancora fatica a concepire che potesse pensare di lui in quel modo. Shaka vedeva in lui parti talmente nascoste di lui che si era addirittura dimenticato di avere, da bravo spadaccino riusciva a colpire nel punto giusto ogni volta e non sapeva come.
Shaka vedeva oltre la facciata teatrale costruita in anni ed anni passati a nascondere se stesso e le proprie emozioni, ricordava ogni piccolo dettaglio, notava anche le più misere cose, diceva sempre la cosa giusta al momento giusto.
Bacto aveva smesso di coprirsi la bocca mentre mangiava in sua presenza, non sobbalzava più quando sentiva la sua voce nel buio, o le sue mani sul suo corpo. Aveva iniziato ad aprirsi sulla sua vita prima di Vers, del bordello dove era cresciuto, i maltrattamenti che aveva subito, e invece di ricevere disgusto, solo due braccia aperte lo aspettavano.
Bacto non sapeva se fosse il sonno la causa, ma quando Shaka lo strinse a se e gli lasciò un bacio sulla tempia, Bacto iniziò a pensare che, forse, un giorno avrebbe smesso di essere disgustato dalle mani che gli avevano segnato per sempre la pelle, in favore di altre, che invece l'avevano sempre sfiorato con riverenza.
Quella notte non ebbe più incubi.
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iimsc · 5 months ago
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ho sognato di camminare sola in un posto che sembrava campagna e il mio vestito era antico, forse settecentesco oppure ottocentesco. comunque mentre passeggio mi volto e alle mie spalle mi sta raggiungendo un uomo che stringe al petto una pistola, è sconvolto e il sudore gli incolla la camicia addosso. io mi giro di nuovo e continuo calma la mia passeggiata, come se non lo avessi notato, come se non manifestare troppo panico potesse rendermi invisibile. invece lui arriva, si impone davanti a me e mi punta la pistola contro, inizia a urlare e ringhia qualche parola che io non ricordo o non ho capito. io allargo le braccia ma non rispondo. sto zitta, sto ancora domando il panico, potrebbe ancora rendermi invisibile. intanto arrivano dei gendarmi, credo gendarmi, comunque tentano di saltargli addosso e di sottrargli l'arma per ristabilire la calma, forse credono di renderlo invisibile. comunque lui continua a puntare la pistola contro di me, io sento crescere il pahtos delle urla generali di tutti e nessuno sta mantenendo la cazzo di calma quindi ormai sono convinta che al culmine di questo climax mi sparerà. lui però cambia mira d'improvviso e senza un attimo di riflessione spara; ha colpito il suo cane, alle zampe posteriori. in assoluto silenzio questo inizia a correre sulle zampe davanti e si trascina quelle dietro appresso. neanche un minimo abbaio. zitto, ferito, dimenticato, tradito, invisibile. torno a guardare l'uomo che ormai è completamente immobilizzato dalle guardie, anche lui mi sta guardando. piango e stavolta urlo "perché non a me?". d'improvviso avrei voluto mi vedesse. lui è rimasto zitto
nello stesso sogno ho comprato dei marshmallow, a me neanche piacciono e comunque non credo esistessero nel settecento e poi mi mancava un centesimo per pagarli. no, non esistevano neanche i centesimi. comunque me li hanno dati lo stesso, i marshmallow. insomma tutto questo perché sono triste e vorrei che mi sparassero e in questi giorni sto guardando il gattopardo su netflix e credo che i vestiti siano molto belli ma gli attori italiani dovrebbero seriamente imparare a scandire le parole perché faccio stra fatica a seguire un dialogo
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sayitaliano · 7 months ago
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This is kinda a dumb question but its been stuck in my head all day so I had to ask if you could give some examples of Italian dad jokes and if their just as corny and eyerolling as they are in English?
Ciao!
Yes we do have dad jokes too (we call them "freddure", as you get cold chills -or maybe you stand still as if you froze- after earing them lol). To think about some out of the blue...
"cosa fanno otto cani in mare?" "un canotto" (what do eight dogs do in the sea? a dinghy | word game: cani + otto = canotto)
un uomo entra in un caffé, splash. (a man enters a coffee, splash | caffé = coffee *drink* and fam./short for coffee bar)
un maiale cade dal 5° piano, speck. (a pig falls from the 5th floor, speck | speck = possible sound of the pig hitting the road and famous Italian smoked ham/cured speck)
"ho una camicia di lino" "allora ridagliela!" (I have a linen shirt - then give him back! | lino = linen and common masculine name eg. Lino Banfi)
qual è il colmo per un falegname? avere la moglie scollata, avere un figlio che non capisce una sega.... [there are many] (what'd be the icing on the cake for a carpenter? to have a wife with a big neckline -scollata = unglued + having a neckline-; to have a child that doesn't understand anything -sega = saw + slang for nothing at all-...)
There are more as we can play with any word basically given the occasion, hope these already help!
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Ti amo
come si amano i tramonti
in silenzio e da lontano
così ti amo
in silenzio e da lontano
anche se non sei qui
anche se non sei mia
e non pretendo che tu faccia lo stesso no
non voglio sottrarti alla vita
se è quello che desideri
questo è il mio amore
in silenzio e da lontano
perché io voglio il tuo bene
e de questa la cosa più importante che ti regalo .
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incantatricediserpenti-s · 2 months ago
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Stamattina risveglio post sogno erotico:
C'è un gruppo di suore, che canta nel coro della chiesa.
Arriva il momento solista di una suora che deve fare un acuto.
Per facilitarle il lavoro ogni volta che deve svolgere questa parte, arriva un addetto che collabora con il convento e le infila una matita nel culo.
Si posiziona dietro di lei, ben nascosto e gliela punta dritta attraverso la tonaca.
A quel punto le viene un acuto meraviglioso, ha una voce proprio angelica.
Quello è il momento preferito della suora perché appunto essendo suora è l'unico contatto che "può" avere con un uomo, soprattutto l'unico momento in cui qualcosa può entrare nelle sue zone intime...
Allora ogni volta non vede l'ora di sentire che l'addetto le conficca la matita di prepotenza, senza neanche avvisare nel culo, quando sa che la canzone richiede un acuto.
L'ultima volta si è persino un po' chinata, leggermente, talmente tanta era l'impazienza di ricevere quel piacere proibito...
L'addetto se n'è accorto e mentre svolgeva il suo compito le ha pure poggiato una mano sul fianco...
"Ahh che goduria...!!!" Ha pensato la suora...
Per fortuna le altre sorelle erano talmente concentrate sul canto che non si sono accorte di nulla e lei ha cantato con un'espressione di pura beatitudine sul viso...
Il giorno dopo, sempre al momento del canto, la suora fremeva in attesa del suo momento preferito...
L'uomo se n'è accorto e stavolta non ha resistito, prima di infilare la matita le ha un po' appoggiato il suo pipo contro il sedere per farglielo sentire...
La suora si è resa conto che quella non era la solita matita, fine ed esile per quanto resistente...
Ha provato imbarazzo ma lo ha lasciato fare...
Non le è dispiaciuto affatto... anzi al contrario...
Quella sera la suora si reca nella sua stanza, per andare a dormire e vi trova l'addetto che la stava aspettando.
Il cuore le batte all'impazzata ma lui comincia a fare conversazione come se fossero 2 amici...
A quel punto lei si tranquillizza vedendo che non ha cattive intenzioni ma dopo un po' "parlare" per quanto la faccia star bene, non le basta più...
Lui lo sa benissimo, infatti a un certo punto, le chiacchere si interrompono e lui si infila, ancora vestito nel letto della suora.
Lei ha una lunga camicia da notte e l'intimo soltanto (nella mia mente le suore dovrebbero essere pudiche quindi vanno a dormire con una camicia da notte che le rende gli esseri meno desiserabili sulla faccia della terra okay?!)
Le palpitazioni di Suor Porcellina aumentano sempre di più ma senza dir nulla, si infila anche lei tra le lenzuola.
L'uomo la avvolge tra le sue braccia da dietro, lei resta immobile, non sapendo che fare, sa che non dovrebbero ritrovarsi assolutamente in quella situazione ma il calore del corpo dell'uomo le piace molto.
È bello sentire quell'abbraccio per lei che per tutti questi anni ha dormito sempre sola, vi si abbandona, non protesta, appoggia le mani su quelle di lui, con cui le cinge la vita e resta lì a godersi quel nuovo ed insperato contatto umano....
Sente la sua erezione puntarle di nuovo contro il sedere e sporge le chiappe all'indietro per appoggiarvisi ancora di più, restano così per un po' finché l'uomo stacca una mano dal corpo di lei e al buio lei sente un rumore.
Pochi istanti dopo capisce che deve essersi slacciato i pantaloni e aver tirato fuori l'uccello perché lo sente caldo contro le sue chiappe...
Alla suora manca il fiato per l'emozione, non credeva che sarebbero davvero arrivati a questo punto ma...
Le prepara il buco del culo e lo infila dentro, si muove dolcemente per farle godere questa sensazione.
Una volta finito si addormentano ancora abbracciati, lei non si è mai girata per guardarlo negli occhi ma gli tiene le mani strette.
Al mattino lei si alza dal letto, è ancora con la camicia da notte ma senza mutande, nell'atto di alzarsi struscia la fika bagnata sul materasso e lui annusa l'esatto punto in cui quel triangolino si è poggiato per sentirne l'odore.
È nato con una rara allergia ad un batterio che si trova nel fluido vaginale quindi non può entrarci a contatto in nessun modo ma questa volta non resiste e ne respira il profumo a pieni polmoni.
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miciagalattica · 3 months ago
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Epifania
1. L'incontro
Era il 17 luglio ed io mi trovavo alla festa di compleanno di Giulia, la mia amica del cuore, era un evento mondano molto ambito, per l'occasione mi comprai un bel vestito da sera nero con tanto di camicia e cravattino, un vestito quasi da uomo. Lasciai la padrona di casa ai convenevoli delle presentazioni degli ospiti e mi diressi in giardino per farmi una passeggiata, assaggiando piccoli stuzzichini che accompagnavo con del prosecco. Guardavo con molta attenzione gli ospiti e ben resto notai una donna che mi fissava incessantemente, era vestita con un vestito fin troppo audace, che oltre ad avere un profondo spacco lungo il suo lato sinistro, lasciava in bella vista sia il decolté sia la schiena. Provai a vedere se avesse avuto l’ardire di seguirmi. Mi diressi verso una zona poco frequentata del giardino. Con la coda dell'occhio vidi che mi stava seguendo, mi fermai di scatto e lei mi superò. Accelerai il passo per starle dietro, lei si fermò davanti ad un uomo. Mi fermai, dietro di lei, le ero vicinissima.
“Livia perché mi stai evitando in ogni modo?” disse l’uomo con un tono lagnoso, da cane bastonato. 
“Vattene non vedi che sono in compagnia.” ribatté la donna misteriosa senza mascherare  un certo disprezzo. Mi afferrò per un braccio mi attirò a sé e mi baciò sulle labbra.
“Adesso lo hai capito che a me piacciono le donne?” 
Rimasi pietrificata da una situazione cosi surreale. Divenni rossa, mi sentivo bruciare tutta dentro. L’uomo sgomento alzò le spalle e sparì immediatamente dalla nostra vista.
“Scusami ma quello non lo sopporto, spero solo che ora l'abbia capito”.
Leccandomi le labbra, le dissi: “Scuse accettate, comunque io sono Marzia.” dissi dandole la mano.
“Livia.” mi rispose stringendomela con una forza.
Iniziammo a camminare parlando di cose di poco conto, anche perché era fin troppo chiaro che tutte e due provavamo un’attrazione reciproca, e alla fine non seppi più resistere e glielo dissi.
“Devo dire che le tue labbra hanno un buon sapore.”
“Anche le tue non sono per niente male.” Mi rispose afferrandomi per mano.
“Vieni, cerchiamo un posto dove possiamo stare sole, lontano da occhi indiscreti”.
Entrammo nella villa e cercammo nel piano superiore un bagno libero, dove ci chiudemmo dentro. Chiusa la porta ci avvinghiammo in un abbraccio da toglierci il fiato, le nostre bocche si cercavano, le mani correvano lungo i nostri corpi.
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Eravamo eccitatissime, la spinsi contro il mobile del lavabo e le fui subito addosso. Intrufolai la mia mano nello spacco del suo vestito cercando la sua coscia. Si abbandonò completamente, non le detti tregua la baciavo in continuazione dappertutto, sul collo, in bocca, in mezzo al seno che era quasi tutto fuori. La mano trasaliva in cerca della sua passera. Ero fuori di me, affamata come non mai. Ero una lupa che si era fiondata sulla sua preda.
“Dio mio che cosa sei, un uomo?” mi disse quasi stupita dalla mia impetuosità.
“Sei tu che mi fai impazzire.” le risposi scoprendole le gambe per poi sfilarle gli slip.
. Allargò le gambe quel tanto che mi bastò per penetrarla con due dita, soffocando ogni suo gemito.
“Leccamela voglio godere.” quasi mi ordinò infilandomi una mano fra i capelli per poi spingermi  la testa fra le sue gambe. La feci sedere sul mobile e m’inginocchiai  e iniziai un lento lavoro fatto di piccole penetrazioni con le dita, e lunghi passaggi di lingua fra le piccole labbra. La sentivo gemere si mordeva le labbra, avrebbe voluto urlare il suo piacere, ma stette attenta  perché era terrorizzata dall'idea che qualcuno ci potesse scoprire. La stavo penetrando con le dita a un ritmo crescente.
“Girati ti voglio tutta per me.” le dissi portandole alla bocca quelle dita così pregne del suo piacere.
Lei le leccò avidamente prima di voltarsi e alzare una gamba poggiandola sul mobile. Poggiai la lingua umida sul suo buchetto, mentre con le mani continuavo a massaggiarle la vagina. Mentre con la lingua entravo nelle profondità le davo piccoli schiaffetti su quel bel culetto sodo e tornito. Le slacciai l’ultimo bottone che le teneva addosso il vestito, che cadde a terra, rimase così completamente nuda.
“Scommetto che sei una maialina a cui piace usare il culetto.” le sussurrai all'orecchio facendo passare le dita nel solco dei suoi glutei.
”A te darei tutto”. Mi rispose cercando le mie labbra, che trovò pronte ad accogliere le sue.
La sodomizzai con le dita prima con una e poi con due, stringendole dolcemente il seno con l'altra mano, e volendo farla raggiungere le più alte vette del piacere le infilai altre due dita in figa.
“Non pensare che io ti faccia venire  in fretta. Per te ho in serbo una sorpresa” le dissi facendole nuovamente girare e allontanandola da me.
“Che cosa intendi fare....” mi chiese sedendosi sul mobile al fine di farsi masturbare più comodamente.
Iniziai a spogliarmi  togliendomi prima la giacca, poi aprendo la camicetta, mostrandole così il mio seno, una bella seconda che non aveva bisogno d’alcun sostegno per rimanere al suo posto.
“Ti piacciono le mie tette.” Le chiesi dopo l'ennesimo lungo bacio.
“Si sono proprio da mangiare.” mi rispose iniziando a leccarmele.
Continuammo a baciarci dappertutto in modo famelico  lasciando che quei piccoli piaceri ci riportassero a voler scoprire nuove vie verso l'orgasmo. Mentre ci baciavamo allungai le mani per togliermi i pantaloni, le dissi: “Livia io sono una donna molto speciale.”
All'inizio non comprese le mie parole, ma quando feci scivolare  i pantaloni venne a nudo il mio bel cazzo in piena erezione. Livia rimase a bocca aperta, non voleva credere ai suoi occhi, rimase stupita solo pochi attimi, prima di lasciare che la lussuria se impadronisse di lei.
“Non m'importa nulla di chi sei.” le dissi girandosi e piegandosi sul mobile e aprirsi la figa con le dita.
“Ora prendi il tuo cazzo e mi scopi perché io voglio solo godere.”
Non aspettavo altro, la penetrai  quasi completamente al primo affondo, e mescolai sapientemente i colpi passando dalla pura passione ad altri dove predominava la fisicità. Mi chiese di uscire dal suo di dietro perché mi voleva davanti, si sedette sul mobile e allargò le gambe per accogliermi, voleva vedermi in faccia mentre la prendevo. Mentre entrai nel suo paradiso m’intrecciò le gambe dietro il mio sedere. Iniziai a baciarla con una foga quasi animalesca, sentii il suo bottoncino di carne strofinarsi contro il mio pube. Si mordeva le labbra quasi a farsele sanguinare, per trattenere a stento le urla di piacere. Resistette qualche minuto poi si abbandonò a un orgasmo dolce e violento allo stesso tempo, mi fermai dentro per permetterle d'assaporare ogni singolo istante di quel momento.
“Chissà che gusto avrà il tuo cazzo ?” mi disse mentre scivolava fra le mie gambe per prendermelo in bocca.
In realtà il mio cazzo è di dimensioni più che normali, che però su di me faceva un effetto diverso, un misto di perversione e diversità che la eccitava a dismisura. Iniziò a leccarmi il glande per poi far scorrere la lingua su tutta l'asta, prima di prenderlo tutto in bocca, tenendomi sempre una mano sotto i testicoli.
“Ma sei proprio una brava bocchinara.” le disse mentre le infilai le mani tra i capelli per farla alzare.
“Sono una puttana bisognosa del tuo cazzo.” mi risposi sedendosi nuovamente sul mobile del bagno.
Le poggiai il glande contro la sua passera, poi le labbra contro le sue prima di spingerlo tutto dentro, facendola quasi sobbalzare dal piacere. Mi sentivo uno stallone imbizzarrito, la montavo con violenza, da  farle quasi male. Godeva senza alcun ritegno, incitandomi a essere ancora più maschia.
“Scopami e poi scopami ancora.” Mi disse   .
Era fuori controllo, le parole le uscivano spezzate, riuscii solo a percepire “Voglio essere presa da dietro e voglio che tu mi faccia sentire dolore, amo il dolore come forma estrema di piacere, sono una masochista”.
 “Vuoi farti inculare da una trans ?”
"Sì e non sai quanto sono curiosa."
M’inginocchiai con una lentezza quasi esasperante, la punta della lingua percorse il sentiero che  dalla passera porta all’ano, ci girai intorno e ripercorsi al contrario il cammino, un andirivieni, fino a fermarmi sull’ano e iniziai a succhiarglielo e a infilarci la punta della lingua dentro e dopo averlo lubrificato ben bene con la mia saliva, iniziai a penetrarla con un dito. Sentivo che lo sfintere si allargava a dismisura. Provò  ad allungare una mano sulla sua passera, ma gliela schiaffeggiai perché io dovevo essere l'unica fonte del suo piacere.  “Marzia ti prego non resisto più.” M’implorò
Mi alzai, sapevo che ora era pronta per essere sodomizzata, iniziai lentamente facendole sentire ogni millimetro del mio cazzo mentre le scivolavo dentro.
“Siiii come mi piace, continua così, ti prego fammi godere.”
Dopo aver preso un buon ritmo, le infilai due dita nella fica ormai fradicia d'umori.
“Godi piccola mia” le dissi sottovoce, mentre lei ebbe  un nuovo orgasmo.
Aspettai che si fossero calmati i suoi spasmi post -orgasmo e con molta dolcezza uscii dal suo ano.
“Ora voglio che tu beva la mia ambrosia.” le dissi mentre mi appoggiai al mobile. Lei si accucciò tra le mie gambe
mi prese il pene in mano e facendo scivolare un dito fra le mie chiappe, m’infilò due dita nel sedere. Gli bastò poco, ero allo spasmo per tutto ciò che le avevo donato, le venni in bocca copiosamente, parte lo ingoiò e parte lo trattene in bocca per poi riversarlo nella mia attraverso un lungo bacio pieno di passione. Ci rivestimmo in fretta, fuori dalla porta c’era gente che voleva entrare. Con nonchalance senza guardare nessuno degli astanti, uscimmo e ci avviammo verso la sala del party, ormai quasi deserto. Non ci eravamo accorte del tempo passato insieme. Prima di salutarci Livia mi disse che non era mai stata così bene né con un uomo né con una donna. Io avevo fuso le due qualità ero davvero una donna speciale. Mi chiese se volessi ancora rincontrarmi, una sola volta era troppo poco. Mi confessò, vergognandosi e guardando verso terra, che era terribilmente attratta da me, e che se l’avessi accettata lei sarebbe stata per sempre la mia schiava e la mia donna e che potevo disporre di lei come volevo. Il mo cuore scoppiava di gioia era proprio quello che avevo desiderato nella vita, avere tutta per me una donna come lei, raffinata, dolce, sottomessa e gran puttana. La invitai a cena per il fine settimana, e come obolo doveva pensare lei alla cibaria. Ci baciammo sulle guance e ci salutammo, mi avviai verso l’uscita senza girarmi sapendo benissimo che il suo sguardo era fissato su di me, la sua padrona.
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raccontidialiantis · 9 months ago
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L'ascensore
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Sei il mio vicino di pianerottolo, ultrasessantenne molto ben tenuto e anche decisamente attraente. Io sono single, mai stata sposata e lavoro in questa città da tre mesi. Faccio i turni nella sede distaccata di un ente governativo di cui non posso parlare per ragioni di segretezza. Tutto è iniziato un mese fa per caso, quando nell'ascensore del palazzo eravamo in sei.
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Io ero in fondo, vicina a te e tu avevi tua moglie e gli altri davanti a te, rivolti verso la porta. M'hai inavvertitamente sfiorato il fianco. Dapprima quindi c’è stato questo contatto puramente casuale. Poi visto che non dicevo nulla, sempre più sfacciatamente e in modo progressivo hai spostato la tua mano, decisa e sicura sul mio culo. Spudorato e incosciente. Uomo vizioso, non hai saputo resistere alla tentazione e al profumo della carne fresca, eh?
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E io la nuova arrivata non potevo certo reagire: sarebbe stato uno scandalo. Poi ritrovala un po’ tu un'altra casa in zona lavoro… Allora mi sono limitata a guardarti fisso negli occhi, ad avvampare e diventare viola. Poi come se nulla fosse, un tuo sorriso e: “buona giornata, signorina!” Nei giorni a seguire, se ci trovavamo da soli in ascensore, ormai avendo capito che non avrei opposto resistenza, mi ti buttavi direttamente addosso affamato di me per quei quindici o venti secondi.
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E io come una bambola passiva e connivente ti lasciavo fare. Per qualche perversa e a me ben nota ragione ho iniziato a desiderare sempre più quel tuo contatto raro e imprevedibile, quelle tue mani maschili forti che mi si infilavano nella blusa: sul seno, tra le gambe e dentro gli slip. E poi adoravo quell'odore di maschio maturo che restava sui miei vestiti subito dopo.
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Ho preso quindi a girare per casa sempre vestita con una gonna corta ma ampia, scarpe e calze autoreggenti: quando sentivo la porta di casa tua far rumore, dallo spioncino controllavo se fossi tu. Allora uscivo direttamente, come se dovessi andare da qualche parte e mi infilavo nell'ascensore con te, per godere di quel breve mio essere tua segreta puttana a metà.
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Il giorno in cui hai capito poi che non portavo più gli slip per facilitarti sei diventato pazzo di me! Adesso siamo già andati molto avanti: ogni tanto, se c'è tua moglie ma desideri palpare il mio corpo, con una scusa vieni a casa mia e per un minuto o due mi frughi, mi baci sul collo e m'infili la lingua in bocca. Poi scappi via. Se lei non c'è invece, vengo io da te. Ma il bello è che nel compiere le nostre manovre oscene, non ci diciamo neanche una parola!
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Tra noi continuiamo a darci rigorosamente del lei. Comunque non andiamo mai oltre le tue ardite esplorazioni: mi infili le dita ovunque, mi porti all'orgasmo e intanto mi lecchi il collo e le spalle. Col dovuto rispetto formale tra vicini! Ormai mi sbottono sempre la camicia un po’ più e ti offro anche i miei bellissimi seni di trentacinquenne soda. Lecchi e succhi le mie mammelle avido. Indugi con la lingua e le labbra sui capezzoli turgidi.
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Mi ricopri di saliva. Poi dopo massimo cinque minuti tutto finisce, io mi ricompongo e tu mi dici: “come va, signorina? Posso offrirle un caffè?” E parliamo tra noi in modo rispettabile di tutto il resto: condominio, lavoro, governo, cose varie. Come se tra i nostri corpi non fosse successo nulla! Oh, uomo d'altri tempi: quanto ti voglio! Desidero ardentemente prendertelo in bocca e farti uscire di testa, da quanto ti farò venire.
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Strana sorte, mi tocca. Sarà il destino, il karma o forse la mia natura molto particolare, ma ho sempre preferito gli uomini molto più grandi di me. Da giovane ho perso la verginità con mio zio cinquantenne, il marito della sorella di papà che mi prendeva sempre in giro e mi considerava una bamboccia. O almeno così mi pareva. Sebbene spesso, abbracciandomi affettuosamente, la sua mano si posasse casualmente e spesso sulle mie natiche o sul mio seno, indugiandovi un po’ troppo a lungo.
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Ma magicamente, non appena fui diciottenne le sue attenzioni su di me si acuirono, anche se in presenza altrui non lo dava troppo a vedere. Io però me ne accorsi e, disorientata ma finalmente lusingata nel mio essere donna, presi a provocarlo in continuazione. Perché mi piaceva da morire e volevo mi scopasse. Mi vestivo sexy e molto appetibile solo per lui.
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Gli sedevo sulle ginocchia o direttamente in grembo, facevo la svampita innocente e scherzando lo toccavo. Ovunque. Mi adagiavo su di lui e potevo sentire la sua erezione. Mi accoccolavo, poi mi giravo e lo baciavo: dalle guance pian piano sono riuscita a conquistargli le labbra. Gli prendevo la mano e me la mettevo sotto la gonna sulla fica nuda oppure dentro i pantajazz tra le natiche: volevo perdesse il controllo e approfondisse, frugandomi i solchi adorati.
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Poi, dopo le guance appunto riuscii a mettergli la lingua in bocca, mentre intanto gli toccavo l'uccello ancora nei calzoni. Sino ad allora avevo avuto solo vaghe fantasie, sempre su uomini molto più grandi di me. Per lui invece da tempo provavo un vero e inarrestabile desiderio, un vero scompiglio ormonale. Anche perché odiavo mia zia e volevo renderla cornuta di vero cuore. Sapevo che lo tradiva da anni. Chissà se lui ne era a conoscenza.
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Ormai comunque l'avevo puntato. E lo volevo. Vivevamo nella stessa palazzina e quando nessun altro era in casa mia o sua, iniziai a stuzzicarlo intensamente e con assiduità. Per giorni e giorni. Poverino, che torture! Sudava freddo, quando c'ero io. Ma comunque alla fine, quando si decise, andammo in campagna e invece di aprirmi la fica, come prima volta lui mi volle sfondare il culetto.
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Erano ovviamente gli ultimi scrupoli di coscienza, prima del suo totale crollo morale. Alla fine, nessun uomo può resistere a una donna giovane e bella che gli si offra. Nessuno. Solo in seguito, dopo quasi due settimane da quella prima volta, abbiamo preso a scopare in modo canonico, di nascosto e regolarmente.
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Ma grazie a quella prima esperienza, oggi la cosa che più adoro è prenderlo in culo. Uscivo, giocavo e scherzavo con gli amici della comitiva e ovviamente coi miei cugini, ma appena mi era possibile fottevo col loro padre. Ogni tanto lui aveva dei rimorsi, voleva troncare.
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Ma bastava che da seduta lo guardassi innocente col dito in bocca, che mi togliessi le mutandine, allargassi le gambe e gliela facessi vedere che non ragionava più, letteralmente. Di converso, ho sempre inspiegabilmente attratto come una calamita sempre e soltanto uomini molto più grandi di me. Sarà il karma, o il destino...
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Mai un coetaneo che mi corteggiasse! Eppure sono tuttora molto più che carina, senza falsa modestia. Ma tornando a noi due, Dio come desidero le tue mani tra le cosce e dappertutto! Quanto desidero sentire la tua lingua passare nel mio solco intimo, tra la fregna umida e il buco del culo.
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E il tuo membro dentro di me. Devi deciderti a prendermi, prima o poi, tontolone. Dovrai pur tradire tua moglie: c'è sempre una prima volta. Anche in tarda età. Soprattutto in tarda età, quando i freni inibitori sono ormai logori e di fatto quasi inesistenti. Mi vuoi, questo è palese. Sei in pensione, lei invece ancora insegna. Domani mattina sono libera.
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Verrò da te vestita per non fare prigionieri. Mi chinerò a gambe dritte e busto appoggiato sul divano. Non porterò gli slip. Sarò profumatissima, allargherò le gambe in segno di resa d'amore. Solleverò la gonna e offrirò alla tua vista il mio culo ben aperto. Sarò senza reggiseno, sbottonerò la camicetta per lasciare libere alla tua presa le mie mammelle.
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Ti dovrà pur venir la voglia di tuffare il naso tra le mie natiche, di leccarmi l'ano, la fica e poi affondare il tuo uccello dentro di me. Dove più ti piacerà. So che sei ancora efficiente, sessualmente potente: quando mi ti butti addosso ti tocco i calzoni all'altezza dell'inguine e sento la tua virilità ben dura. Allora usala, cazzo! Fottimi. Sfondami. Fammi sentire la tua troia. Ma sei scemo? Alla tua età, quando ti ricapita più una storia così…
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RDA
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teenagedirtstache · 6 months ago
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Mondo Uomo June 1985 photos Giovanni Gastel
Giacca in lino, camicia e bermuda di Basile; scarpe Cole Haan da M. Bardelli, occhiali Persol da Ottica Mattoni a Milano
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mancino · 1 year ago
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Quando piaci realmente ad un uomo gli piaci con i tacchi o senza tacchi , con biancheria sexy o con una semplice camicia , quando piaci realmente ad un uomo le altre cercano lui ... ma è lui che cerca solo te...
G. G.
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carmenvicinanza · 8 months ago
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Lina Poletti
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Lina Poletti, scrittrice e letterata, pioniera della liberazione sessuale e omosessuale, si è battuta per il suffragio e per l’emancipazione femminile.
Si è schierata contro perbenismo e fascismo e agito, in prima persona, contro l’analfabetismo e ogni forma di sopraffazione e limitazione delle libertà.
Dantista, poeta e grecista di immensa cultura, ha attraversato quasi un secolo di storia con onestà intellettuale, originalità creativa e coerenza. 
È stata una delle prime donne, in tutta Europa, a dichiarare apertamente di essere lesbica.
Nata a Ravenna il 27 agosto 1885, Cordula Poletti,��era la penultima di quattro figlie di una famiglia di piccoli commercianti. Laureata in lettere all’Università di Bologna con Giovanni Pascoli nel 1907, con una tesi sulla poesia di Giosuè Carducci che viene ancora custodita nel Fondo Poletti della Biblioteca Classense di Ravenna.
Nonostante avesse sposato un uomo, Santi Muratori, suo amico d’infanzia con cui non ha mai vissuto, viene ricordata per le relazioni sentimentali che ebbe con Sibilla Aleramo e Eleonora Duse.
Nel 1908 ha partecipato al Congresso delle donne italiane in cui si chiedeva il suffragio, il riconoscimento della figura femminile nel diritto di famiglia e nei reati di violenza carnale. Vi erano presenti tutte le principali femministe italiane, tra cui la politica Anna Kuliscioff e Sibilla Aleramo, giovane scrittrice che, due anni prima, aveva pubblicato Una donna, romanzo che aveva fatto scalpore e scandalizzato, in cui raccontava l’abbandono del figlio e del matrimonio con il suo stupratore a cui era stata costretta dalla famiglia.
Tra le due era subito iniziato un intenso scambio epistolare e una grande passione.
In Lucida follia. Lettere d’amore a Lina, Sibilla Aleramo, l’ha definita, la fanciulla maschia, descrivendola come una giovane donna androgina, portatrice di comportamenti e caratteri svincolati dagli stereotipi sessuali, definibili come atteggiamenti culturali.
Insieme hanno partecipato ad attività suffragiste e filantropiche come quelle nelle scuole dell’Agro Romano e Pontino per portare l’istruzione nelle campagne dove abitavano popolazioni contadine analfabete, affette dalla malaria e costrette in condizioni di lavoro schiavistiche. Hanno anche prestato soccorso alle popolazioni terremotate di Calabria e Sicilia, nel dicembre 1908. 
Nell’autunno 1910 la loro relazione si concluse definitivamente e Lina Poletti visse una storia intensa e conflittuale con la più grande diva del tempo, Eleonora Duse che, in quel periodo stava attraversando una crisi creativa. Tra viaggi e celebri frequentazioni, aveva scritto, per il suo grande ritorno teatrale, un’Arianna che non è mai andata in scena e che era stata motivo di forte contrasto alla fine della loro relazione che aveva portato uno strascico di beghe legali per la restituzione dei manoscritti.
Nel 1918 ha pubblicato Poemetto della guerra, un’opera epica, animosa, forgiata ai modelli plastici dannunziani, capace di rappresentare, in modo aulico e appassionato, la catastrofe della Grande Guerra.
Grande studiosa di Dante, si ricorda una sua lezione alla Biblioteca Classense di Ravenna, il 9 maggio 1920, in cui si era presentata in abiti maschili. In giacca e camicia bianca, una camelia bianca appuntata al petto, aveva letto e commentato l’ultimo canto della Divina Commedia con passione esegetica accompagnata a un misurato controllo stilistico.
Il suo grande amore è stata Eugenia Rasponi Murat, nobile intellettuale femminista, con cui ha vissuto per 40 anni, dal 1918 fino alla morte della contessa, avvenuta nel 1958. Insieme hanno viaggiato tanto, attraverso la Grecia e l’Europa, spingendosi fino in Oriente. Hanno vissuto a Roma frequentando circoli teosofici e filosofici che le resero invise al regime che aveva mandato più volte a casa loro le autorità preposte al controllo e alla censura. Militanti culturali antifasciste, avevano organizzato seminari guidati dal filosofo Jiddu Krishnamurti che, per primo, ha divulgato il buddismo in Italia.
Lina Poletti ha scritto diversi saggi dedicati a Dante, Pascoli e Carducci e si è sempre occupata, sia nelle opere sia nella sua vita privata, dell’emancipazione delle donne.
In anni più recenti, la sua figura è stata approfondita per la sua visione sulla libertà delle relazioni tra i sessi che l’hanno resa un’icona queer.
Il suo ultimo lavoro è stato un vasto progetto di antropologia culturale che indagava su origini e fini comuni dei popoli dell’area mediterranea di cui non ci resta nulla, come poco è stato tramandato delle sue opere.
Si è spenta il 12 dicembre 1971 a Sanremo.
Selby Wynn Schwartz, studiosa di Stanford in After Sappho, libro segnalato dal New Yorker e nella longlist del Booker, di lei ha scritto: Ci guidava come un faro verso un futuro in cui non sapevamo ancora come vivere.
Lina Poletti è stata una visionaria voluttuosa, una ribelle intellettuale che ha trasgredito alle regole chiedendo libertà, amando apertamente altre donne. Ha scritto un manifesto mentre i fascisti si preparavano alla marcia su Roma, nel 1921.
Non ha avuto remore a esporsi e vivere come desiderava, nonostante le privazioni sociali e culturali dei tempi e spianato la strada alle rivendicazioni dei diritti umani.
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gregor-samsung · 1 year ago
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" I guerriglieri in Cambogia li avevo fino ad allora visti solo come cadaveri, abbandonati sul bordo di una strada o di una risaia dopo una battaglia. Quelli, invece, erano i primi che vedevo vivi: giovani, appena usciti dalla giungla, con la pelle secca, grigia, come polverosa, con gli occhi arrossati dalla malaria, gli sguardi durissimi. «CIA… American», continuavano a urlare, indietreggiando un po' come non volessero essere troppo vicini all'effetto che avrebbero avuto i loro colpi. Ero sicuro che mi avrebbero sparato, e di quella morte, che pensai sarebbe stata svelta e indolore, mi preoccupò solo il modo in cui sarebbe arrivata a casa la notizia, il fatto che avrebbe fatto soffrire i miei. Così, con un gesto istintivo, tirai fuori dal taschino della camicia il passaporto, a quel tempo verde, e sorridendo garbatamente, e parlando, chi sa perché, in cinese, dissi: «Sono italiano… italiano… non americano: italiano». Dal capannello di gente che stava a guardare, un uomo dalla pelle chiara, quasi bianca - certo un commerciante cinese locale - tradusse in khmer quel che dicevo: «Sono un giornalista, non ammazzatemi… aspettate che venga un quadro politico, lasciate che sia lui a decidere… sono italiano». E continuavo a sorridere, sorridere, sventolando il passaporto. I Khmer Rossi abbassarono i loro mitra, mi misero da una parte e mi affidarono a un giovanissimo guerrigliero che per ore mi tenne a bada, passandomi ogni tanto, con grande curiosità, lentissimamente attorno alla faccia, sul naso, sugli occhi, la bocca della sua grossa pistola cinese. Verso sera arrivò un guerrigliero più anziano, che pareva il capo. Senza neppure guardarmi si rivolse ai suoi uomini, confabulò con loro per lunghissimi minuti, poi si voltò verso di me e in perfetto francese disse che ero benvenuto nella Cambogia liberata, che quelli erano giorni storici, la guerra era finita e che io ero libero di andarmene. La notte tardi ero di nuovo nelle belle, fresche lenzuola di lino dell'Oriental Hotel a Bangkok. «Se qualcuno ti punta un'arma addosso, sorridi», avevo da allora detto ai miei figli e quella mi pareva una delle poche lezioni di vita che ero capace di dar loro. "
Tiziano Terzani, Un indovino mi disse; prima edizione Longanesi, 1995.
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