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#racconti di viaggio
ross-nekochan · 2 months
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Racconti di viaggio - parte 1
L'India non è per tutti.
È un paese complicato che mette a dura prova te stesso in molti aspetti.
Il primo aspetto è l'igiene. Io non sono affatto una persona schifettosa e igieno-fobica come molte persone del primo mondo sono (anzi faccio cose che solo a dirle molti mi vomiterebbero in faccia), per cui ho un'alta tolleranza alla carenza di igiene e pulizia e la cosa mi è pesato solo in un punto. In India hanno le case mediamente a posto, ma fuori è letteralmente una discarica a cielo aperto: non ci sono cestini, proprio non esistono, e l'immondizia si butta a terra con tutta la non-chalance del mondo, che sia una bottiglia di plastica o un piatto di carta con rimasugli di cibo. Tutto a terra, sempre. Questo ovviamente crea spesso odori molto sgradevoli e una presenza esagerata di insetti e mosche ovunque. La cosa molto triste è anche che ci sono tantissimi animali in giro tra mucche e cani abbandonati (letteralmente centinaia, mai visti così tanti sebbene dove sono cresciuta è sempre stato pieno) che mangiano quella roba e spesso è praticamente plastica. Più dello schifo questa cosa mi ha messo molta tristezza. L'unico punto che proprio non ho tollerato su questo tema è l'assenza di carta igienica. Pensavo fosse una mancanza della casa del mio amico e invece persino nei ristoranti non c'era. Piuttosto mettono sempre una fontana o una mini doccia da usare a mo' di bidet... va bene, perfetto, ma io dall'acqua puoi come mi asciugo? Mistero della fede (ancora oscuro).
Il secondo aspetto è la povertà. Ero nella capitale per cui in teoria ci dovrebbe essere una concentrazione alta di gente che riesce a vivere dignitosamente (e infatti è così perché i miei amici avevano case okay, sebbene i palazzi siano fatiscenti all'esterno), eppure la quantità di gente che vive in delle baracche di fortuna o per strada è allarmante. Manco fossero in guerra come in Palestina. Una volta ho letteralmente visto una madre che faceva il bagnetto in strada a sua figlia con una bottiglia d'acqua. In più, quando la madre del mio amico mi ha detto: "dopo arriva la persona che pulisce per cui chiedile anche di pulire la tua stanza" io mi aspettavo una donna, come da noi, matura o quanto meno adulta... invece mi ritrovo davanti una BAMBINA. Avrà una decina di anni e viene pagata dalla famiglia del mio amico per pulire e lavare a terra (con lo straccio tra le mani, mica con la mazza da scopa), lavare i piatti ecc. Quando me la sono trovata davanti e l'ho vista pulire ho avuto una pietà infinita.
Esiste una parte di India ancora più povera di quella che ho visto, eppure, esiste anche un'India che sa rivaleggiare con il primo mondo. Quando sono andata in ospedale perché la mia amica giapponese scema si è sentita male tra febbre e diarrea, l'ospedale non sembrava affatto fatiscente e anzi non aveva nulla da invidiare a un comune ospedale italiano. Bollywood sa sfornare film di una profondità e di un genio disarmanti. In ultimo, quest'anno sono riusciti ad andare totalmente da soli sulla luna. È un piccolo continente che racchiude in sé i problemi di tutto il globo e, da europea, la cosa è straniante.
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gregor-samsung · 7 months
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“ Le giornate di Amel erano vuote: non si organizzava, si alzava tardi, perdeva tempo, cosa fino a un mese prima impensabile. Per attraversare questo vuoto ha pensato che forse era il caso di cambiare aria, andare dai nonni in Tunisia; forse laggiú si sarebbe sentita meglio. Cosí ha anticipato le vacanze; è partita con i libri, ma non è servito. Neanche lí è riuscita a rasserenarsi, a studiare. Si sentiva persa tanto quanto a Saint-Denis, e altrettanto incapace di concentrarsi. Si è ritrovata, a fine agosto, sul volo di ritorno, ancora persa, ancora senza energie, e senza un’idea di come affrontare quell’ultimo ostacolo. Allora, senza sapere perché, Amel si è messa a raccontare la sua storia al suo vicino, sull’aereo. Si erano salutati, in inglese, poi lui aveva aperto il suo giornale e lei si era messa a guardare fuori dal finestrino. Ma Amel aveva qualcosa che avvicinava gli sconosciuti; a un certo punto, e dice che non si ricorda nemmeno come è successo, non sa dire perché è successo, si è trovata a raccontargli la sua storia, questa. Stava pensando, gli ha detto, che l’unico posto dove si sentiva veramente a casa era l’aereo, anzi, la sala d’aspetto degli aeroporti. Non contava se stava imbarcandosi dalla Francia per la Tunisia o dalla Tunisia per la Francia. Lí, mentre aspettava che chiamassero il suo volo, avvertiva al tempo stesso, con forza, la mancanza delle persone che stava per rivedere e la nostalgia per le persone che stava lasciando, e invece di sentirsi lacerata si sentiva riconciliata, e pensava che voleva bene a entrambe. Hanno continuato per tutto il tempo a parlarsi in inglese, anche se non era la lingua di nessuno dei due. Il signore ascoltava facendo di sí con la testa, interrompendola ogni tanto per farsi spiegare meglio un dettaglio; aveva un accento che Amel non aveva mai sentito; ha pensato che potesse essere greco, ma non gliel’ha chiesto. Quando Amel ha finito, lui ci ha pensato su, e poi le ha detto che sentirsi spaesati, con un piede di qua e uno di là, senza un’identità precisa, o a volte tirati di qua e di là da identità diverse; tutto questo capita probabilmente a ogni essere umano che non sia rimasto tutta la vita barricato nel suo mondo e nelle sue certezze. Ha detto proprio cosí, barricato. Forse la sensazione di non avere una casa, ma tante, e nessuna sufficiente, è molto piú comune di quello che si creda. Sono sentimenti che vanno e vengono, non sono sempre con noi, ma riemergono, e inquietano, e a volte addirittura creano angoscia, le ha detto con dolcezza il signore che forse era greco. Forse, gli veniva da dirle, sentirsi divisi in tanti pezzi ormai fa parte della condizione umana, noi esseri umani siamo tutti in qualche misura espatriati. C’è chi ne è piú consapevole, chi meno, ma è cosí. Per questo sentimento, lei, rispetto agli altri, aveva a disposizione una spiegazione semplice: sono un’emigrata, sono figlia di emigrati. Ma a pensarci bene, in fondo, forse non era neanche vero che gli altri fossero meno espatriati di lei. E ascoltando queste parole, le parole di uno sconosciuto che non avrebbe piú rivisto, Amel si è sentita invadere da una grande tranquillità. Avvertiva un po’ meno, sempre meno, il peso che la opprimeva dal 13 novembre 2015, e pensava che forse al suo ritorno non tutto sarebbe stato difficile come temeva. Poi, guardando le nuvole fuori dal finestrino, ha chiuso gli occhi e si è addormentata. “
Guido Barbujani, Soggetti smarriti. Storie di incontri e spaesamenti, Einaudi (collana Super ET Opera Viva), febbraio 2022¹; pp. 18-20.
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“… novità,
fresChezzA, leggereZZa
ma anche di un gran bel…
… viaggio in auto,
di questo aveva voglia, adessoO.”
Il Silente Loquace ©
— @ilsilenteloquaceblog
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migliaepromessesblog · 6 months
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VIAGGIARE DA SOLI ALLA SCOPERTA DEL VENEZUELA LOW COST
VENEZUELA 2023 - CONSIGLI DI VIAGGIO: In questo articolo vi diciamo cosa vedere, come spostarsi, come pagare, dove andare, cosa mangiare e dove dormire spendendo poco in Venezuela, come abbiamo fatto noi nel nostro viaggio di un mese zaino in spalla.
VENEZUELA 2023 – CONSIGLI DI VIAGGIO: In questo articolo vi diciamo cosa vedere, come spostarsi, come pagare, dove andare, cosa mangiare e dove dormire spendendo poco in Venezuela, come abbiamo fatto noi nel nostro viaggio di un mese zaino in spalla (sul nostro profilo instagram @migliaepromesse (e facebook) potete trovare foto, stories e reels a riguardo… vi consigliamo di non…
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George Langelaan - Regressione
C’è un vecchio che sta morendo. Medici e infermieri, in camice bianco, si danno da fare intorno al suo letto. Su un vassoio di metallo tintinnano degli strumenti. Gli viene infilata una siringa nel braccio. Le voci soffocate, intorno a lui, sembrano quelle che sentiva da bambino, quando si addormentava tra le braccia della mamma. Gli ficcano un tubo in gola. Un rumore metallico, poi lo spingono,…
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s-a-f-e-w-o-r-d--2 · 6 months
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Guardare un corpo nudo può essere eccitante, toccarlo può essere inebriante, ma guardare una mente nuda e senza difese può esserti fatale. Sono Virginia e voglio condurti con me nel mio intricato mondo, dove il dolore e il piacere si fondono in un unico sospiro.
Un viaggio all’interno delle mie innumerevoli emozioni e dei miei mille dubbi, attraverso il mio universo di contradizioni che mi rendono in costante lotta con me stessa.
In questi racconti, pensieri e poesie uso come metafora il bdsm per raccontare del dolore che spesso attanaglia la mia anima, rendendola incapace di trovare pace.
Questo libro è un viaggio all’interno delle mie insicurezze e alle mie paure, un viaggio che affronto da sola alla ricerca di quella sensazione di pienezza che posso ottenere solo imparando ad amare me stessa, con tutte le mie sfumature e i miei difetti.
È un doloroso viaggio introspettivo che affronto con sofferenza ma anche con molta tenacia per arrivare al mio bene superiore: Amarmi.
Sono pronta a portarti con me e partire, quindi scegli bene la tua safeword e che il viaggio abbia inizio!
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killiandestroy · 7 months
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ah yes come trattare il trauma by dante balestra, lezione 5: fare pressing psicologico su un adolescente affinché racconti davanti ai suoi compagni di classe (che conosce da boh, due settimane??) del viaggio traumatico per arrivare in Italia da paese africano non identificato durante il quale ho perso il fratello
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meanwhiiile · 3 months
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abito in un paesino in provincia di Napoli,
esattamente a metà strada tra Napoli e Caserta
poco meno di trentottomila abitanti.
sarebbe un'assurdità dire che tutti conoscono tutti,
ma la maggior parte conosce la maggior parte.
ho sempre voluto scappare da qui, non l'ho mai sentito mio questo piccolo angolo di mondo;
sempre stata estranea a questa realtà,
un po' come se in viaggio verso il mio posto qualcuno mi avesse persa per strada senza accorgersene e mi sono ritrovata per sbaglio a crescere qui.
negli anni ho cominciato a definire casa mia la mia piccola isoletta felice,
forse perché ho avuto l'immensa fortuna di essere capitata in un contesto in cui ho potuto crescere con i miei affetti più cari anch'essi catapultati entro i confini di quest'isoletta.
mi basta fare toc toc ad una porta per ritrovarmici dietro mio fratello,
cercarla con lo sguardo e trovare mamma,
allungare la mano fuori dal letto per essere bagnata dal nasino di luna,
svegliarmi la mattina con papà che si affaccia in camera prima di andare a lavoro;
mai dovuto fare un passo per aiutare nonna a cucinare per tutti o sentire la sua voce che ogni due per tre urla il nome del cagnolone che c'è in giardino credendo sia scappato, cagnolone che ormai in cinque anni ha imparato a conoscerla e si nasconde dietro ogni albero per spaventarla;
non ho mai dovuto varcare nessun confine per sedermi accanto a nonno mentre scrive, con quella grafia che avrei sempre voluto fosse un po' anche mia; per dirgli che l'uomo che vorrei al mio fianco dovrebbe essere esattamente come lui;
salgo solamente una semplice rampa di scala ed ecco che sono sul letto di mia cugina a parlare per ore.
sono sempre stati tutti qui,
salvi, tra queste mura, dalla guerra che c'è al di fuori.
se chiedete alla me bambina però, vi risponderà che la guerra è sia dentro che fuori queste mura,
si perché il padre non è sempre stato quello che si affacciava alla porta di camera sua e la madre non sempre quella che riusciva a trovare solo con lo sguardo;
vorrei ora dire a quella bambina che con gli anni siamo riuscite a perdonarli, che la madre e il padre sono adesso mamma e papà, che erano troppo piccoli forse all'epoca per saper crescere due figli, che sono cresciuti anche loro insieme a noi e non possiamo fargliene una colpa.
ora siamo tutti grandi,
lei e il fratellino, entrambi forse con qualche piccolo trauma irrosilto, ma che stanno cercando di costruirsi una vita serena;
e mamma e papà, forse non l'emblema di un matrimonio felice, ma capaci di essere ora genitori.
non vorrei spoilerarti troppo, bambina, ma continuerai a fantasticare ogni giorno di una vita completamente diversa da quella che hai,
per un periodo di tempo penetrerai così tanto in quei racconti che perderai la connessione con la realtà e farai credere ad altre persone di vivere vite che non hai mai vissuto.
incontrerai il primo amore, quello fatto di emozioni forti, quello che ti brucia dentro;
e quello stesso amore continuerai a cercarlo in altre mille volti e in altri mille cuori una volta perso,
la tua sarà una ricerca sfrenata, quasi interminabile,
qualcuno ci si avvicinerà, altri nemmeno lontanamente,
e poi finalmente un giorno ti arrenderai
ti arrenderai il giorno in cui incrocerai i suoi occhi per la prima volta e nascerà dentro di te la consapevolezza di non poter mai rivivere un qualcosa di così forte,
lo capirai, lo accetterai e te ne farai una ragione,
d'altronde certe cose sono fatte per essere vissute una volta soltanto, altrimenti diventerebbero ordinaria quotidianità.
continuerai a sognare quel mare quasi tutte le notti
e sarai grata per questo, perché i contorni di quel ricordo sembreranno non sbiadire mai.
viaggerai, bambina, non tanto quanto vorresti, ma qualche città diversa dalla tua la vedrai
e sentirai in quel luoghi sensazione di casa,
sensazione che giù in quel paesino non sei mai riuscita a sentire.
riuscirai addirittura ad andare via da lì, salvo poi rirornare,
come risvegliarsi di colpo da un sogno e accorgersi di essere sempre lì, nello stesso letto, il tuo.
avrai però, almeno l'illusione di aver vissuto per un periodo quella vita che avevi sempre voluto, circondata da persone che avevi sempre aspettato,
con una di esse ci passerai addirittura una notte su un tetto durante un turno in ospedale.
cambierai poi di nuovo vita, scenderai da quel tetto e ritornerai nella tua isoletta, circondata dalla guerra.
ti sembrerà di aver ritrovato la tua strada, ma ad un certo punto questa strada si interromperà nuovamente
e non saprai se costruirci sopra un ponte per raggiungere l'altro lato dell'interruzione
o tornare indietro e imboccare un altro vicoletto.
scapperai dalle persone, da chiunque, anche da chi sembra farti provare qualcosa di nuovo.
non so ancora dirti se ci sarà quella persona che ti prenderà per mano e ti fermerà,
spero di riscriverti tra qualche anno per dirti che ce l'abbiamo fatta, la nostra strada l'abbiamo trovata, la stiamo percorrendo con accanto qualcuno di speciale e siamo dirette verso la vita che hai sempre sognato.
chissà bambina.
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apeir0nn · 8 months
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ho accolto la solitudine nel periodo della mia adolescenza, negli anni l'ho alimentata, sostenuta, ne sono stata gelosa e l'ho scacciata. Ora è come se fosse diventata una presenza costante, silenziosa, piacevole e micidiale allo stesso tempo e di cui credo non riuscirò mai a liberarmi. Prima mentre sorseggiavo la mia tisana ho pensato, per l'ennesima volta, che mi piacerebbe avere una migliore amica, quella che chiami in qualsiasi momento, a cui racconti tutto e con cui condividi un pezzo della tua vita. Mi piacerebbe avere fisicamente vicino un paio di amici, due bastano, a cui appoggiarmi e con cui fare cose che si fanno tra amici. Ho pensato a quando, qualche giorno fa, la figlia dei capi stava parlando del viaggio (regalo) che dovrà fare con il suo boy e io nel frattempo facevo i miei ordini e riflettevo sul fatto che nonostante abbia quasi 10 anni più di lei, non ho mai passato 24+ ore insieme a uno dei miei ex frequentatori. Chissà come sarebbe fare un viaggio in coppia :/
Sicuramente la solitudine a volte me la vado a cercare, ma che difficile trovare persone con cui aprirmi.
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susieporta · 10 months
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La tendenza a non credere che una storia sia finita quando è finita è un problema che produce serie conseguenze, come tutte le volte in cui non accettiamo la realtà e ci rifugiamo in quello che preferiamo vedere per non soffrire.
La tendenza a credere a bugie che evidentemente sono bugie perché più volte hai avuto prove concrete di parole smentite dai fatti… è un altro problema gigantesco che ci porta a restare dentro situazioni che in modo palese sono intrise di infedeltà, tradimenti e inganni e a soffrire senza scadenza.
La tendenza a credere che sia possibile ricominciare, che lui tornerà prima o poi perché il vostro amore è unico e insostituibile e perché lui è l’unico per te, anche se ti tratta male, ti picchia, ti minaccia e ti manipola… è un altro grosso problema perché ti fa restare impantanata dentro una storia che ti racconti nella tua testa e che non ha nessun riscontro nella realtà.
La tendenza a credere che le persone possano cambiare secondo quello che ti desideri, che siano perfette, che siano sempre innocenti, anche da adulte, e dunque che i loro errori siano da considerare degli innocui scivoloni non intenzionali… è infine il più grosso dei problemi perché ci conduce a identificarci con il ruolo di madri compassionevoli e prodighe pronte a perdonare qualsiasi cosa e capaci di restare a qualsiasi costo, visto che consideriamo gli altri come bambini bisognosi del nostro amore onnipotente, come ci hanno insegnato nel tempo a fare nei secoli dei secoli.
Il problema di credere di essere la madre di chiunque è che interpreti qualsiasi separazione come un abbandono e ti convinci di non poter abbandonare nessuno, ci credi veramente che non te ne puoi andare, che non puoi evitare di restare e che sei destinata a quel legame perché siete fatti l’uno per l’altra.
Ecco.
Sta tutto qui il problema.
Credere che l’amore sia una sorta di predestinazione senza scelta.
Iniziamo a scegliere.
Con l’augurio di avere il coraggio di guardare la verità, che è sempre meno dolorosa delle bugie madornali che a volte ci raccontiamo per non lasciar andare qualcuno.
Ti aspetto nel percorso LE DEE DENTRO DI TE.
Un viaggio dedicato a chi vuole imparare a essere completa prima da sola e poi insieme.
👉🏻 https://manuelatoto.it/le-dee-dentro-di-te/
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ross-nekochan · 18 days
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Racconti di viaggio - parte 3
Ultimo punto dell'India è: la tradizione e la famiglia.
L'India mi è parsa una Napoli del dopoguerra anche per questo: l'attaccamento che hanno nei confronti della famiglia è fortissimo. E il matrimonio è uno dei mezzi che hai per ringraziarla. Perché sei obiettivamente obbligato a sposarti, tant'è vero che se non ti riesci a scegliere un partner, ebbene, allora ci pensano loro (roba da 19mo secolo europeo proprio). La coppia sposata va a vivere a casa del marito, letteralmente, non nel palazzo come spesso si fa al sud che si va al piano di sotto o di sopra, nono, proprio nello stesso appartamento (che sono anche più piccoli dei nostri).
Il matrimonio dura diversi giorni, anche se mi hanno detto che la cosa è molto variabile. L'India, più che una nazione è un continente: non si parla la stessa lingua (l'inglese è la lingua comune ufficiale ma non la sanno parlare tutti), non si crede nella stessa religione e le variazioni nella stessa possono essere innumerevoli (peggio del cristianesimo). Il matrimonio a cui ho partecipato io è durato quasi una settimana, anche se io ho vissuto solo 3 giorni: il primo giorno cena con tutti i parenti di entrambe le famiglie; il secondo, meno formale, solo tra i propri parenti; il terzo, cena grande con tutti quanti e col rituale più importante che dura fino al mattino seguente. Ma ci sono state altre funzioni e rituali a cui non ho partecipato. Nota curiosa: nella cultura indù non esiste lo scambio di fedi. Però ci si scambia una corona di fiori che ha bene o male la stessa valenza.
I novelli sposi non si sono mai baciati o abbracciati per tutto il tempo. Probabilmente è dato anche dal fatto che spesso ci si sposa non per amore, ma perché ci si vuole bene, come se si fosse fratelli. Ed è già tanto se si considera che ci si debba sposare per forza.
Infatti anche nei film indiani le scene con baci o leggermente erotiche sono inesistenti e viene messo in scena solo una versione di amore puro, quasi infantile. Il sesso è ancora tabù e la donna deve ancora mantenersi vergine fino alla prima notte da sposa. Allo stesso tempo, lo stupro e la violenza sulle donne è ancora un problema serissimo e le donne che denunciano o che raccontano niente sono praticamente pochissime mosche bianche.
Questi sono i motivi principali per cui l'India è una potenza economica ed è il paese più popoloso al mondo. Quando esistono valori forti come la famiglia, la società ha un futuro perché vivi tutto come obbligo morale ma naturale. Nella nostra cultura da primo mondo questo valore fondamentale si è perso e si vive per sé stessi e nessun altro. È vero, si è liberi, senza catene, ma questa libertà ha un costo psicologico e sociale che spesso non viene menzionato: la solitudine, la depressione, la difficoltà nell'instaurare nuove relazioni interpersonali e, finendo la catena, al calo demografico.
Molto probabilmente l'India affronterà lo stesso problema nei prossimi decenni, dato che, persino la Cina la sta attualmente affrontando. Chissà come diventerà.
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diceriadelluntore · 10 months
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Storia Di Musica #291 - Deacon Blue, Raintown, 1987
Lo spunto per le storie settembrine me lo ha dato un aneddoto simpatico sugli Steely Dan, protagonisti dell'ultima storia di Agosto. Una delle loro canzoni più famose, Deacon Blues, da Aja (il loro capolavoro del 1977) fece un viaggio emozionale fino in Scozia, dove un giovane ragazzo si appassionava alla musica, soprattutto a quel pop così sofisticato, pieno di stratificazioni sonore, piccoli gioielli musicali incastonati nelle melodie, e immensa classe esecutiva. Ricky Ross si chiama quel giovane ragazzo, che dopo che a Dundee viene licenziato da professore precario delle scuole secondarie, si trasferisce a Glasgow, dove decidere di mettere su un gruppo. Prima trova il batterista, Dougie Vipond, poi un bravissimo pianista, James Prime, un chitarrista, Graeme Kelling, e una corista, Carol Moore. Le prime esibizioni sono incoraggianti, ma la Moore decide di mettersi da parte. Ross si ricorda che aveva sentito ad un provino, improvvisato in Bath Street, una ragazza che lascia il suo indirizzo, ma non il suo numero di telefono. E la storia vuole che fu lo stesso Ross ad arrivare sulla Great Western Road di Glasgow per chiedere a Lorraine McIntosh di unirsi al gruppo. E c'è la ciliegina sulla torna: durante uno delle prime serata acclamati dal pubblico, Dougie Vipond leggermente brillo incontrò Ewen Vernal, bassista, nel bagno di un locale e gli chiese di unirsi al gruppo. Il nome per la band è quello che Ross ha in testa da anni: Deacon Blue, e siamo nel 1985. Glasgow in quegli anni è una città in piena trasformazione sociale, anche con profonde fratture socio economiche (per farsi un'idea, suggerisco i romanzi di Douglas Stuart) ma dal punto di vista musicale sarà la capitale scozzese della musica. Tanto che un giornalista del Glasgow Herald, John Williamson, decise di produrre una cassetta in allegato alle pagine culturali del giornale con tutte le promesse della musica cittadina di quel periodo: ci sono futuri gruppi e artisti molto famosi come i Wet Wet Wet, Kevin McDermott, Hue and Cry e i Deacon Blue, che contribuiscono con Take The Saints Away.
Dopo questa esperienza, sono pronti ad andare in studio, insieme a Jon Kelly, capo ingegnere del suono agli Air Studios di Londra. Ross ha in mente una sorta di concept album su Glasgow, che ne racconti le sfumature più varie. Raintown, pubblicato nel 1987, si presenta con una meravigliosa foto in bianco e nero di Oscar Marziaroli, italo scozzese futuro acclamato fotografo, che ferma una città avvolta nella perenne pioggerellina con sullo sfondo uno dei simboli della città, la Finnieston Crane, una gigantesca gru portuale, ormai non operativa, simbolo dell'industriosità degli abitanti, proprio all'imbocco del porto cittadino. Dal punto di vista musicale, seppur si parte dall'idea di pop sofisticato del mitico duo da cui prendono il nome, i Deacon Blue mischiano il lirismo vocale e le atmosfere uniche di Van Morrison, un canto-racconto degno del primo Springsteen e un'eleganza che ha una sua totale particolarità. Il disco ha un andamento ondeggiante tra brani calmi e riflessivi e quelli più incalzanti: l'inizio è davvero suggestivo, con Born In The Storm che come una nebbia si dirada e sfuma in Raintown, canzone che è profondamente legata all'esperienza di Ross, con versi che dicono "Waiting for the phone to ring to make me all I am.\You're in the suburbs waiting for somewhere to go\I'm down here working on some dumb show\In a raintown" che raccontano l'inizio di tutta la storia. Ross scrive del rapporto con il business musicale nella bella Ragman e nell'altrettanto suggestiva Loaded, scritta di getto come un flusso di coscienza su una base improvvisata dagli altri componenti della band su una cassetta super 8, ed è capace di dipingere affreschi musicali persino drammatici in abiti delicati e affascinanti. He Looks Like Spencer Tracy Now è ispirata ad un pensiero, a che vita avesse fatto l'uomo che sganciò la bomba atomica su Hiroshima: tra incontri particolari ("he may have been with Oppenheimer, shaken Einstein's hand\Did we have to drop the bomb? You bet, to save this land\He was only taking pictures around the critical mass\While the troops on Tinian island sang 'Follow the bouncing ball') e cosa potrebbe essere oggi (He may have been a nationalist, a physicist or a pacifist (...) Well, I have seen that movie of Dr. Jeckyll and Mr. Hyde\And I know he looks like Spencer Tracy Now). When Will You (Make My Telephone Ring) ha ai cori il famoso gruppo R&B londinese dei Londonbeat. Alto livello è anche Chocolate Girl, che racconta di un tipo anaffettivo, un certo Alan, ricco e spendaccione, "He calls her the chocolate girl\Cause he thinks she melts when he touches her\She knows she's the chocolate girl\Cause she's broken up and swallowed\And wrapped in bits of silver". Ma il capoavoro è Dignity: ritratto di quello spirito scozzese della dignità del lavoro, racconta la storia di un impiegato comunale, probabilmente uno che lavora sulle strade, e che non perde il sorriso nemmeno quando è preso in giro dal ragazzini e che ha un sogno, comprare un gommone, un dinghy, che vuole chiamare Dignity, con cui "I'll sail her up the west coast\Through villages and towns\I'll be on my holidays\They'll be doing their rounds\They'll ask me how I got her I'll say, "I saved my money"\They'll say, "Isn't she pretty? That ship called Dignity". In Love's Great Fears, liricissima e tutta giocata sul duetto Ross - McIntosh, che diventeranno marito e moglie poco tempo dopo, c'è Chris Rea alla chitarra.
Il disco, per le qualità musicali, per la scelta azzeccata dei singoli e per la sua atmosfera sofisticata, che quasi inventerà un genere, ha un successo clamoroso: arriva fino al numero 14 nella classifica dei dischi più venduti, rimane in classifica un anno e mezzo e vende oltre un milione di copie. La band continuerà a scrivere belle cose, e il successivo When The World Knows Your Name del 1989 arriva persino al numero 1 in UK e contiene la loro canzone più famosa, Real Gone Kid, facendo divenire sogno il successo che un ragazzo scozzese aveva immaginato sentendo una canzone, Deacon Blues, che parla di nerds and losers, secondo le famose parole di commento di Donald Fagen. Dedicherò il mese di settembre a gruppi scozzese degli anni '80, che è un periodo storico e una zona geografica che ha regalato cosine niente affatto male alla storia della musica.
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conilsolenegliocchi · 10 months
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~ Flashback #2 ~
È febbraio e fa un accidenti di freddo.
Eppure noi siamo rivolti verso una finestra completamente spalancata, ché questa stanza sembra una sauna. Il letto è un disastro di coperte e lenzuola arrotolate.
Ce ne stiamo così, sudati e incastonati, facendo progetti per l'estate. Mentre giochi con i miei capelli mi racconti del tuo viaggio in Kenya e dei posti che devi portarmi assolutamente a vedere. Io progetto l'ennesima dieta per affrontare la prova costume, non voglio sfigurare accanto a te.
- "Ma quale dieta, vedi qua, sei bellissima..."
- "Menti sapendo di mentire... e pure male! Tu invece sei... perfetto!"
- "Si non posso darti torto... se fossi femmina mi scoperei anch'io! Secondo te, quale è la parte migliore di me?"
- "Il tuo ego ha fame oggi?"
- "Dai non me l'hai detto mai!"
- "Non te l'ho detto mai perché non c'è una parte migliore in assoluto rispetto all'altra! Semplice no?"
- "Aidi eddai fai uno sforzo... una! Semplice no?"
- "Nooooooneee! Ché se dico il sorriso, faccio un torto alle fossette, se dico le fossette faccio un torto a queste spalle, se dico le spalle si offende tutto il ben di dio a seguire che c'è qui... e qui... e qui..."
Soffri troppo il solletico, e mi diverto a fartelo ogni volta che posso solo per vederti contorcere come un ossesso. Sei buffo. E non finisci più di ridere anche dopo che smetto.
- "Quindi ti piace tutto?"
- "E va bene, se proprio devo... il tuo sorriso... è irresistibile. Però tutto il resto è ex equo! Pari merito. Contento? E... invece di me? Qual'é la parte migliore? Nooo... nooo... giù le mani Aleee... oltre queste intendo!"
Mi guardi un po' così, fai un faccia timida, insolita per te, e mi dici:
- "Gli occhi. Sì. Non te ne accorgi, ma a volte brillano così tanto che sembrano... sembra che hai il sole negli occhi."
- "Uhm... E sai perché succede?"
- "No. Perché?"
- "Perché in quel momento sto guardando te, Alex".
Il sorriso che mi hai fatto, e il bacio che è seguito, sono alcuni dei tatuaggi che mi hai lasciato sul cuore. Non li dimenticherò mai più.
@conilsolenegliocchi 🐞
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Da: FUOCO GRIGIO - di Gianpiero Menniti
LE TRACCE DEL FASCINO
Un albero spoglio non è nudo.
Al contrario, nasconde la bellezza.
La rende in un’attesa, lunga e struggente.
Un albero spoglio non ha rughe.
Mostra i solchi di mille racconti da ascoltare tra le mani.
Un albero spoglio non è debole.
Elegante, svetta su piedi sinuosi, danza librando le sue dita affusolate.
Un albero spoglio non è mai vecchio.
Appresta il viaggio per una delle sue tante primavere.
Un albero spoglio conosce, infine, una certezza: tutto muta, incessantemente.
E sa bene che il fascino, sornione e rigoglioso, consiste proprio nelle tracce del cambiamento.
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Novità (ma non solo...)
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Fonte: pixabay.com
Il vostro affezionato staff delle Biblioteche di Milano vi imbandisce un piccolo antipasto letterario, prima delle pantagrueliche proposte natalizie.
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Di Geoffrey Holiday Hall si sa soltanto che fu giornalista e scrittore. Elogiato da Leonardo Sciascia che lesse La fine è nota nel 1952, pubblicò solo due gialli e poi scomparve praticamente nel nulla. La fine è nota (uscito per la prima volta in Italia con il titolo La morte alla finestra) fu premiato in Francia nel 1953 come miglior poliziesco in lingua non francese. Il titolo originale (The end is known) deriva dal Giulio Cesare di Shakespeare: “Oh, se fosse dato all’uomo di conoscere la fine di questo giorno che incombe! Ma basta solo che il giorno trascorra e la sua fine è nota”. Un giallo di classe, strutturato come un viaggio a ritroso nella vita del protagonista di cui si ricostruisce la storia passo per passo, testimonianza per testimonianza, come un misterioso puzzle che si completa, ovviamente, solo nel finale. Molto godibile è anche il secondo titolo Qualcuno alla porta, dai toni più leggeri, nonostante gli omicidi e l’atmosfera della Vienna sotto l’occupazione sovietica nel secondo dopoguerra che non ricorda neppure lontanamente gli splendori dell’impero asburgico. “Sembra uno di quei soggetti che piacevano a Hitchcock (e non è detto che il pressoché ignoto Holiday Hall, scrivendo Qualcuno alla porta, non avesse in mente le figure di James Stewart e Doris Day, o di Cary Grant e Grace Kelly)”. La frizzante coppia americana che si trova, suo malgrado, a gestire le indagini ricorda anche il duo Tommy e Tuppence di Agatha Christie. Doppio colpo di scena sul finale: cosa chiedere di più a un libro giallo?
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Ha un solo difetto Un volto nella folla di Budd Schulberg: è troppo breve. Parliamo ancora dell’autore di Perché corre Sammy? e I disincantati per questo racconto appena uscito e finora inedito in Italia, da cui Elia Kazan trasse il film omonimo con protagonista Andy Griffith (l’indimenticabile avvocato Matlock della fortunata serie televisiva, per intenderci). Il tema, fin troppo attuale, è quello della manipolazione del pensiero e dei comportamenti (e quindi del voto) delle masse da parte dei personaggi dello spettacolo: in questo caso si tratta di un finto sempliciotto proveniente da un paesino dell’Arkansas che, in virtù della sua sconcertante capacità di coinvolgimento, diventa il paradigma dell’America intera. Grazie alle sue canzoni folk, a vecchi luoghi comuni sulle tradizioni popolari e a un indubbio carisma, il nostro eroe riesce a condizionare il pubblico e ad arricchirsi con i lauti proventi della pubblicità. Cambia il tema negli altri due racconti della raccolta: i ‘dietro le quinte’ del mondo del cinema in Questa è Hollywood, che l’autore, sceneggiatore e figlio di un tycoon della Paramount, non solo conosceva bene, ma sapeva anche descrivere con agile penna, e L’imbonitore, sul mondo della boxe. Ricordiamo che per la sceneggiatura di Fronte del porto (che è anche un romanzo), celebre film con Marlon Brando, Schulberg si aggiudicò l’Oscar nel 1954.
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Per la serie i grandi classici hanno sempre qualcosa da dire è stato ripubblicato da Mondadori e da Sellerio Brighton Rock di Graham Greene. Una lettura da consigliare sotto tutti i punti di vista: un giallo ben costruito con protagonisti tratti sia dalla malavita, sia dal caso che fa di un personaggio del tutto inaspettato un accanito segugio alla ricerca del colpevole, come fosse Porfirij Petrovic che insegue Raskolnikov o Javert che perseguita Jean Valjean, ma con uno spirito diverso, fresco e originale. “Nello specchio inclinato sopra il lavabo si poteva vedere riflesso, ma gli occhi si distolsero rapidamente da quell’immagine di guance livide e mal rasate, di capelli lisci e occhi da vecchio. Non lo interessava. Era troppo orgoglioso per preoccuparsi del suo aspetto”.
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Nuova ristampa anche per Le vittime di Norwich (1935) uno dei gialli più famosi (insieme a The House of Dr. Edwardes che ispirò il film Io ti salverò diretto da Alfred Hitchcock) fra i 31 composti dalla coppia britannica John Leslie Palmer e Hilary Aidan St. George Saunders sotto lo pseudonimo di Francis Beeding.
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Da La regina degli scacchi di Walter Tevis, lo scrittore di Lo spaccone e Il colore dei soldi, è stata tratta una miniserie televisiva di grande successo. Accade spesso che i geni abbiano avuto una vita difficile, siano dei disadattati, spesso asociali, in perenne conflitto con se stessi, il prossimo e il mondo che li circonda. È anche questo il caso della protagonista, la piccola Beth, cresciuta in orfanotrofio, che trova una riscossa alla sua grigia esistenza grazie alla passione per la scacchiera. Una curiosità sul ‘caso letterario’ di Tevis: dopo il successo dei primi libri, fu dimenticato anche a causa dei problemi con l’alcol. Quando decise di riprendere a scrivere, lo fece seguendo un corso di scrittura all’Università dove fu riconosciuto dal poeta Donald Justice che, stupito, gli chiese cosa ci facesse un grande autore come lui in mezzo agli studenti, quando avrebbe invece dovuto salire in cattedra. Breve fu purtroppo la sua seconda stagione creativa: Tevis morì a soli 56 anni per un tumore.
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Il voyeurismo è il tema principale dell’ultimo romanzo di Simenon pubblicato da Adelphi, Delitto impunito: composto nel 1953 durante il soggiorno dello scrittore a Lakeville nel Connecticut, fu edito l’anno successivo in volume e a puntate sul settimanale «Les Nouvelles littéraires». Il secondo tema del libro è l’invidia, quella di chi non ha nulla, né bellezza né fascino nè denaro ed è stato defraudato perfino dell’affetto dei genitori, nei confronti di chi invece ha tutto questo e ne mena vanto, e gode nell’esibirlo senza ritegno. Una lotta accanita tra due personalità, che è la lotta atavica tra gli uomini per la supremazia. “A Élie non era mai successo di trovarsi davanti un uomo completamente felice, felice in tutto e per tutto, sempre e comunque, in ogni momento della giornata, e che approfittava con candore di tutto quel che lo circondava per accrescere il proprio piacere”.
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Una nuova indagine per l’improbabile detective di Partanna Giovà, metronotte per caso, coinvolto in un duplice omicidio di stampo mafioso insieme a tutta la scombinata famiglia Di Dio. Sarà ancora una volta l’anziana madre, autentica virago arroccata alle salde tradizioni popolari e armata di un cervello dalla logica “acuminata”, ad avviare le indagini verso l’inevitabile conclusione. Ma cos’è La boffa allo scecco? Questo, almeno, ve lo possiamo svelare: si tratta di un gesto simil-apotropaico (in realtà un autentico sopruso) che a tutti è occorso di subire almeno una volta nella vita, ovvero lo schiaffo di rimando, come sfogo per un’ingiustizia patita che non si è in grado di vendicare altrimenti. Roberto Alajmo non delude le aspettative.
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Per quanto riguarda Sarà assente l’autore di Giampaolo Simi, si può dire che, se esiste una sana via di mezzo tra assecondare a priori i gusti dei lettori meno esigenti e scrivere in modo che solo l’autore possa comprendere i propri contenuti, Simi l’ha sicuramente trovata e ce la propone in queste succulente paginette. Dedicato a chi ha la voglia, la necessità, l’urgenza di ridere a crepapelle.
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Nell’ultimo nato della serie del BarLume di Marco Malvaldi, La morra cinese, gli inossidabili vecchietti sono alle prese con l’omicidio niente di meno che di un giovane filologo romanzo alle prese con un carteggio appartenente alla famiglia di un nobile “arci-decaduto” del luogo, in cui, pare, compariva addirittura un’epistola inedita di Giacomo Leopardi. Ma questo non è l’unico movente per un delitto che non resterà a lungo irrisolto.
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patriziacavalleri · 3 months
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La parola si impara con l’esperienza, la parola si impara parlando. Misteriosa chiave che spalanca i nostri occhi, suono da calare in un contesto, sillabe brevi che ricoprono la stessa voce. Ogni vocabolo nasce neutro e si chiarifica in base a ciò che attraversa. Ecco che la parola “terra” risuona tra le labbra di un geometra o di un marinaio, ma per ognuno veste un significato diverso, eppure si tratta dello stesso suono, della stessa terra. Siamo noi che definiamo il mondo attraverso la parola, perciò è importante esprimersi, tirare fuori il succo e condensare in un suono l’essenza di ogni cosa. Ogni parola porta con sé una serie di vocaboli, inanellati come un rosario. Cielo, angelo, aviatore, mongolfiera, aria, ali, falco, preda, cacciatore, fucile, morte. Quante associazioni, quante parole come musica raggruppata in desideri e memorie. Cominci da un vocabolo e in breve ti ritrovi lontano, smarrito in un viaggio senza ritorno, in un percorso di sorpresa, lessico e idee. Tutto diventa possibile esprimendolo, le vite oscillano come frutti al ramo quando troviamo una parola capace di abbracciare quella di un altro. Sincrone e meravigliose, parlano, suonano, diventano dialoghi e racconti che aspettano soltanto qualcuno che li narri, qualcuno che li ascolti.
-Destinati a direzioni diverse-
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