Tumgik
#cento la
eternalcalifornia · 5 months
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girljeremystrong · 8 months
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i don't have the words in english to explain what seeing auston smile does to me actually
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tuttocollage · 6 months
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Crudelia De Mon, Crudelia De Mon | farebbe paura perfino a un leon! | Al sol vederla muori d'apprension! | Crudelia, Crudelia... | è più letale lei d'uno scorpion! | Crudelia, Crudelia... De Mon! 
(Rudy) [canzone]
(*La carica dei cento e uno*,
#film d'animazione del #1961 diretto da #WolfgangReitherman, #HamiltonLuske e #ClydeGeronimi)
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earanie · 1 year
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Tumblerines and tumblers, you're not gonna believe this, but your girl has finally gotten herself a Laurea Magistrale in Giurisprudenza. absolutely bonkers
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lovesickshanties · 11 months
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OFMD Ficlet - XV
Fireworks
Fra le braccia di Ed, l'impeto di Stede si scioglie come un'onda che si dissolve in schiuma.
Edward vale tutto.
Il panico che ferma il cuore, ogni dolore, l'anima: tutto, per quest'uomo nel cui abbraccio finisce una vita e ne comincia un'altra, per i suoi baci che sanno di fuoco e sale, per affondare le dita nella trama spessa dei suoi capelli.
Stede ucciderà e morirà per proteggere uno solo dei brevi respiri che si inseguono nel petto di Edward; e sentendo finalmente il suo peso abbandonarsi fra le proprie braccia, comprende la gratitudine della terra arida investita dalla pioggia.
.
A Ed quell'odore era mancato da impazzire.
Fino a che punto, però, lo capisce solo adesso che lo può di nuovo respirare fra i capelli, sulle tempie di Stede.
È l'odore più buono del mondo; rassicurante come una coperta calda, eccitante e pericoloso come alcool a stomaco vuoto; è nel respiro di Stede, nel tepore dietro il suo orecchio, nel calore elettrico del suo collo; e adesso che Stede è di nuovo suo, vivo e saldo fra le sue braccia, Ed vuole impregnarsi completamente di quell'odore; se ne vuole ubriacare, vorrebbe entrarci dentro, farci la tana e non uscirne più.
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Ogni muscolo, ogni fibra del corpo di Stede risponde alle mani di Edward come a un incantesimo.
Già svaniscono gli eventi di quella notte; ma quando una carezza gli strappa un sibilo di dolore, Edward sussulta.
Si ferma, cercando lo sguardo di Stede; con gesto esitante gli sfila la camicia, per esaminare la ferita alla luce della lampada.
"Non è niente," sussurra Stede in un soffio; ma quando Edward gli preme fervidamente un bacio sul cuore, non riesce a reprimere un singhiozzo. Non è dolore, non è paura; è un'emozione pesante come un'ancora, leggera come bolle che risalgono alla superficie.
.
"Stede," mormora Ed, senza sapersi staccare da quel calore, da quell'odore.
Il fremito che ottiene in risposta gli disegna sulle labbra un sorriso, e Edward lo preme sulla pelle di Stede, inspirando profondamente.
"Stede," sussurra ancora, scivolando lentamente giù dal suo petto fino all'ombelico, fino a sfiorare la soffice peluria bionda; e le mani di Stede sono nei suoi capelli, sul suo collo, l'odore di Stede è ovunque e il modo in cui sussulta, quando Ed preme i denti nella sua carne, gli fa venire voglia di - ma Stede lo afferra, lo trascina su, lo cattura in un bacio divorante.
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Stede non può sopportare per un altro istante di non sentirsi Ed addosso; qualsiasi cosa lo separi dalla sua pelle è un crudele ostacolo, così raccoglie Edward fra le braccia, insinua le mani sotto i suoi abiti, sentendo crescere la fame ad ogni bacio.
Finché a un tratto le mani di Ed sono alla sua cintura, e come un colpo di martello Stede comprende che, sì, sta succedendo.
Non così.
“…nel mio letto,” ansima fra un bacio e l’altro; e il respiro di Edward inciampa, si accorcia e poi riprende, mentre guardandolo con occhi immensi Ed si lascia guidare all’alcova.
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E Stede lo preme fra cuscini di seta come una fottuta regina, gli afferra i capelli come a una puttana; e sentendo i suoi denti scorrere sulla gola Ed uggiola pietosamente, si arrende docile come un mercantile assaltato.
Poi, proprio nel mezzo della propria disfatta, una lunga carezza sul volto gli riapre gli occhi; lo riporta allo sguardo di Stede, così implorante, così desolato di desiderio, che dalle profondità del petto di Ed nasce un riso inaspettato.
Nasce l’impeto di un bacio in cui trascina Stede giù con sé, in cui sprofondano tenendosi stretti, felicemente immemori e stupidi e innamorati.
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omarfor-orchestra · 11 months
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IL TRAILER DI FENOGLIO FINALMENTE
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nksistemas · 4 months
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La Cuenta Regresiva Final de CentOS 7: Quedan 30 Días Hasta que Terminen los Soportes
¡Usuarios de CentOS 7, el tiempo se acaba! El soporte termina el 30 de junio de 2024. Cambien a una nueva distribución de Linux lo antes posible. Aquí están las posibles rutas de actualización. El Fin de una Era para CentOS 7 En solo 30 días, la comunidad de Linux presenciará el fin de una era con la cesación del soporte para CentOS 7, la última versión de este sistema operativo de servidor aún…
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dimmelo se te ne accorgi: siamo diventati grandi. Anche se ho dieci orologi, non recupererò gli anni; scusa se non tornerò, non sai quanto mi dispiace che abbiamo fatto la guerra, ma non sapevamo come fare pace.
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demi-pixellated · 10 months
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Callaenia
Callenae Distiguished by their horns, fringed ears, and most especially by the gemstone ornamentation embedded along their abdomens - a trait shared with the Drakes of the region. Seal patterns appear pale on the skin, ranging from off-white to golden, and form as typically symmetrical, vine-like swirls.
Matriar As with all Draken regions, Callaenia is led by a Matriar. Ornate Palla and jewelry aside, She is denoted by her veiled tiara and extensively decorated abdomen. The eventual gemstone arrangement is decided the birth with artisans and jewelers across Callaenia competing against one another for the honour of having their stones and designs used by the royal family.
Senators One rung below the Matriar on the governmental hierarchy. Distinguished from lesser governing figures by their long, pure white Pallas - typically worn fully enclosed or exposing one shoulder - and Stoles with the vows of their high office woven on them hung from the horns. With their proximity to the Matriar, they keep their abdomens covered in respect of Her Majesty.
Citizens The upper class are defined by their vanity. Pallas are worn loosely and in ways that do not obscure their abdomens. They decorate themselves in extravagant patterns with a wide assortment of stones, families often trying one up one another with the quality and arrangement of their acquisitions. This posturing only ceases in the presence of the Matriar, as bearing ones abdomen before Her is seen as a social faux pas.
While grandios displays of wealth are the property of the upper crust, the common Callenae takes a more modest approach to wardrobe.
Children Babies receive their first gemstone, typically, 3 to 6 months after birth. The Donum is mostly witnessed by family, and among the common folk, the gem is one that has been plucked from one of the parents. Younglings are kept largely sheltered for the most of their first decade to keep foreign and unwanted materials from embedding in their abdomens. Its not until their second Donum and the gifting of their first Palla that younglings are fully socialized with one another.
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eternalcalifornia · 5 months
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nickmikeoneshot · 10 months
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La classe operaia non va in Paradiso
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lescroniques · 1 year
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Artistes i persones sordes es fusionen en un projecte escènic inclusiu
Text: Eva Batalla  / efe.com / Foto: Natxo Francés / efe.com Un equip creatiu integrat per actors, músics, tècnics de so i imatge, artistes gràfics i un lutier s’han fos amb un grup de persones sordes en una “escolta mútua”, que ha donat com a resultat “Pull & Play”, una obra teatral multimèdia…[…] (efe.com)
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marcogiovenale · 2 years
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giovedì 23 marzo: "la lezione di manganelli"
Giovedì 23 marzo 2023, alle ore 16:30 Aula Organi Collegiali – palazzo del Rettorato Sapienza Università di Roma Piazzale Aldo Moro, 5 LA LEZIONE DI MANGANELLI un pomeriggio di studi e testimonianze dedicate all’autore Giovedì 23 marzo la Fondazione «La Sapienza», che ha tra i suoi compiti quello di ricordare e valorizzare l’eredità dei suoi grandi docenti, dedica a Manganelli un pomeriggio di…
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dominousworld · 2 years
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La restituzione alla Nigeria di oltre cento statue rubate nel periodo coloniale
di Dan Kitwood L’ha annunciata l’Università di Cambridge: i manufatti erano stati portati nel Regno Unito come “bottino di guerra” L’Università di Cambridge, una delle più prestigiose istituzioni universitarie del Regno Unito, ha annunciato che restituirà alla Nigeria 116 “bronzi del Benin”. Si tratta di una piccola parte delle migliaia di manufatti portati in Inghilterra come “bottino di…
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literaryvein-reblogs · 3 months
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Poetic Genres
Whereas a poetic "form" defines the way a poem arranges sounds, rhythms, or its appearance on the page, a poetic "genre" is something like the poem's style. Many poetic genres have a long history, and new poems almost always seek to explore a new aspect of the traditional style and thus to redefine the genre in some way. The following list is a selection of the major genres of poetry.
allegory A narrative with two levels of meaning, one stated and one unstated.
aubade A song or poem greeting the sunrise, traditionally a lover's lament that the night's passion must come to an end.
ballad Broadly speaking, the ballad is a genre of folk poetry, usually an orally transmitted narrative song. The term "ballad" applies to several other kinds of poetry, including the English ballad stanza, which is a form often associated with the genre.
blason A Renaissance genre characterized by a short catalogue-style description, often of the female body.
cento A poem composed entirely of lines from other poems.
dirge A funeral song.
dramatic monologue This might be called a "closet soliloquy": a long poem spoken by a character who often unwittingly reveals his or her hidden desires and actions over the course of the poem. The "I" of the dramatic monologue is very distinct from the "I" of the poet's persona. Robert Browning was a master of this genre.
eclogue A short pastoral poem; Virgil's eclogues are one of the first examples of this genre.
ekphrasis Originally a description of any kind, "ekphrasis" is now almost exclusively applied to the poetic description of a work of art.
elegy This genre can be difficult to define, as there are specific types of elegiac poem as well as a general elegiac mood, but almost all elegies mourn, and seek consolation for, a loss of some kind: the most common form of elegy is a lyric commemorating the death of a loved one. Greek elegiac meter, which is one source of what we know as the elegy today, is not normally associated with loss and mourning.
epic A long narrative poem that catalogues and celebrates heroic or historic deeds and events, usually focusing on a single heroic individual.
epigram A brief and pithy aphoristic observation, often satirical.
epitaph A tombstone inscription. Several famous poems end with the poet writing his own. (See, for example, Thomas Gray's "Elegy in a Country Churchyard" or W.B. Yeats's "Under Ben Bulben.")
epithalamion A song or poem that celebrates a wedding.
fable A brief tale about talking animals or objects, usually having a moral or pedagogical point, which is sometimes explicitly stated at the end. Aesop and la Fontaine are perhaps the most famous fable-writers.
georgic The agricultural cousin of pastoral, a georgic is a poem that celebrates rustic labor.
hymn A song of praise.
invective A personal, often abusive, denunciation.
lament An expression of grief.
light verse Poetry that is mostly for fun: this can mean anything from nonsense verse to folk songs, but typically there is a comical element to light verse.
lyric This genre encompasses a large portion of the world's poetry; in general, lyrics are fairly brief poems that emphasize musical qualities.
masque Courtly drama characterized by elaborate costumes and dances, as well as audience participation.
occasional verse Poetry written with reference to a particular event.
ode A long, serious meditation on an elevated subject, an ode can take one of three forms.
paean A song of joy or triumph.
palinode A recantation or retraction, usually of an earlier poem.
panegyric Poem or song in praise of a particular individual or object.
parody A comic imitation.
pastoral Originally a poem that depicted an idealized singing competition between shepherds, "pastoral" has come to denote almost anything to do with a rural setting, although it also refers to several specific categories of the genre. Associated genres of varying synonymity are idyll, bucolic, eclogue, and georgic.
psalm A sacred song.
riddle A puzzling question that relies on allegory or wordplay for its answer. Riddles are often short, and often include an answer to the question posed, albeit an unsatisfying one. The riddle of the Sphinx, which Oedipus solved, is a particularly famous example: "what walks on four legs in the morning, two at midday, and three in the afternoon?"
romance An adventure tale, usually set in a mythical or remote locale. Verse forms of the romance include the  Spanish ballad and  medieval or chivalric romance.
satire Ridicule of some kind, usually passing moral judgment.
tragedy This genre originated in ancient Greek verse drama and received extended treatment in Aristotle's Poetics, which made the downfall of the main character one of the criteria for tragedy. The genre has since expanded to include almost anything pertaining to a downfall.
verse epistle A letter written in verse, usually taking as its subject either a philosophical or a romantic question.
If these writing notes helped with your poem/story, please tag me. Or leave a link in the replies. I'd love to read them!
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imninahchan · 7 months
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⌜ 𝐀𝐕𝐈𝐒𝐎𝐒: Childhood friends to lovers(?), diferença de idade legal, sexo sem proteção, perda de virgindade da leitora, dirty talk, dumbification, elogios, breast/nipple play, masturbação fem, creampie. ˚ ☽ ˚.⋆ ⌝
꒰ 𝑵𝑶𝑻𝑨𝑺 𝑫𝑨 𝑨𝑼𝑻𝑶𝑹𝑨 ꒱ ouvindo Sade pra escrever isso, estoy loco la la la la la~
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𓍢ִ໋🀦 A PRIMEIRA E ÚLTIMA VEZ EM QUE ESTEVE EM MONTEVIDÉU VOCÊ TINHA QUATORZE ANOS ─────
A sua tia se apaixonou ardentemente por um uruguaio e se mudou pra capital sul-americana em menos de nove meses de relacionamento. A ousadia feminina não agradou em nada a família, porém a sua mãe não iria deixar a própria irmã sozinha no dia mais importante para aquela união repentina. Então, você viaja para passar três semanas no exterior até o casamento.
Naquela época, você ainda não sabia falar espanhol, e o pouco que sabia, uma palavra ou outra, saía com o sotaque proeminente. Foi difícil não só se comunicar, mas também fazer os ‘amigos’ que a sua mãe dizia para fazer. Na rua de bairro tranquilo, haviam outras meninas da sua idade, mais novas e mais velhas também. Só que nenhuma interação com elas, por mais mímica usada, pôde ser mais marcante na sua memória afetiva do que o rapaz que morava duas casas depois da sua tia.
Até hoje, você se lembra bem. Ele era engraçado, com certeza, porque fazia todas as crianças da rua rirem. Mais velho, calouro da faculdade, e tinha uma namorada bonita. Participava do grupo de teatro local, estreou uma das peças que você implorou pra alguém te levar e teve a melhor noite da sua vida embora só tenha entendido vinte por cento do enredo. Quando os atores começaram a interagir com o público, seu coração disparou feito a adolescente emocionada que você era. Ele pareceu te identificar na plateia, entre as outras pessoas que ganharam a rosa vermelha, você foi uma delas.
E, ah, ele era tão lindo... Você jurava que jamais tinha visto alguém tão atraente assim — nem mesmo os ídolos nos pôsteres do seu quarto. Era uma pena que não conseguiam se comunicar propriamente, porque o encheria de perguntas. Só te restava suspirar, o olhando da janela descer a rua toda tarde para os ensaios. Com a frequência, a sua presença se tornou notável. Ele acenava de volta, ¡hola, nena!, saudando, todo educado, e você jurando mentalmente que iria crescer e se casar com um uruguaio também.
Hoje, o seu espanhol melhorou. Pode manter uma conversa, se aventurar em tópicos complexos, apesar de, às vezes, não compreender termos específicos feito gírias locais. Não por influência dele, quer dizer, talvez. Cresceu, sim, conheceu outros garotos. Deu seu primeiro beijo, mas não se rendeu a dividir a cama com nenhum deles. E ao se recordar de um certo nome preso à memória, a nostalgia te domina.
A sua tia te manda fotos, é só assim que você o revê. Não pede pelo contato dele, talvez por medo demais de se achar fora de cogitação. Mas fica sendo atualizada a cada nova informação que a sua tia descobre. Sabe que ele terminou o namoro, que se mudou a trabalho pra Buenos Aires, e por aí vai. É meio grata pela animação da sua tia, dá pra sentir que ela acha que vocês deveriam ser um casal, por mais que você insista dizendo ele nem deve lembrar de mim!
Você, porém, nunca se esqueceu de verdade dele, né? O nome ainda te assombra. Enzo. Vogrincic. Enzo Vogrincic. Em algumas noites de vinho e ilusões na solitude do seu apartamento universitário, se pega imaginando a possibilidade de namorá-lo mesmo. Mas depois se chama de louca, fanfiqueira, porque já faz dez anos e ele literalmente é de outro país.
De acordo com a sua tia, entretanto, você deveria tentar. Não há nada a perder. Segundo ela, Enzo vai voltar pra Montevidéu no fim do ano, para ver os pais, e você deveria fazer uma visitinha pra sua titia querida também.
Você pensa, pensa. Ri, enquanto pensa. E, no fim, comete essa loucura. Afinal, mesmo que não consiga nada com ele, ainda vai curtir as férias depois de um ano estressante, e rever um parente que gosta tanto.
A sua primeira noite na capital uruguaia é marcada por sussurros e planos mirabolantes. A sua tia está tão animada que traça todo um esquema para juntar vocês dois, te faz sentir a personagem principal de um filme de comédia romântica. No dia seguinte, ela o convida para tomar café, com a desculpa de que queria entregar um pouco de bolo para a mãe dele, e a sua função era dar uma voltinha na rua e voltar bem na hora de abrir a porta da sala e dar de cara com o amor da sua vida, para se apaixonarem à primeira vista e blá blá blá.
A ideia te faz rir. Com as mãos na maçaneta, o riso vai perdendo a força quando o coração começa a bater mais forte, um frio na barriga te faz duvidar se vai conseguir se manter de pé sobre as sandálias douradas. Nossa, por que está tão nervosa?
— Enzo — a sua tia se levanta da cadeira ao te ver adentrar a casa —, você lembra da minha sobrinha? Olha como tá linda!
Quando o seu olhar fisga o dele, meu Deus, parece que vai desmaiar ali mesmo.
— Eu lembro, sim. — Ergue a mão para te cumprimentar, sorrindo. Você nem liga se ele tá dizendo isso só pra ser educado, levanta a mão pra cumprimentá-lo de volta, sentir o toque no seu. Ele aperta os olhos. — Era você que ficava na janela, não é?
Ai, Jesus, que vergonha...
— Era — você confirma, com um sorriso sem graça.
Não quer voltar a ser aquela mesma adolescente emocionada, mas o rapaz continua tão lindo. Rapaz não, homem.
Visualmente, o rosto de feições marcantes está mais maduro, o que já era de se esperar de alguém que está estreando a casa dos trinta. Os cabelos estão maiores, o suficiente para sobrar atrás das orelhas e na nuca. Maior. Tipo, com as costas mais largas, sabe? Diferente do corpo magrelo daquela época. E o perfume... Amadeirado, mas sem incomodar o nariz. Másculo, só que suave. Dá vontade de caminhar onde ele caminha só pra seguir o rastro da fragrância por onde passar.
Depois desse contato inicial, as férias de comédia romântica ganha mais peso. À tarde, está sentada na janela, um dos pés para fora, totalmente desleixada por causa do calor, finalmente provando o sabor de um mate, quando o eco de uma voz masculina te rouba a atenção.
— ¡Hola, nena!
Quase cai da janela, com o peito disparado. Não precisa nem olhar pra saber quem é. O tom, a frase específica, as circunstâncias... tudo te aponta pra ele.
Enzo está descendo a rua, acompanhado do pai. Faz um desvio do caminho ao se aproximar da casa da sua tia, rapidinho para te cumprimentar de perto. E você se apruma melhor, puxa as barras do short curto.
— Eu ‘tava pensando... — ele diz, apoiando a mão no batente — ...você acabou de chegar, né? Ainda não deve ter tido tempo de sair pra conhecer a cidade direito, e naquela época você era pequena demais... — A voz diminui, como se pisasse em ovos antes de ter coragem pra oferecer: ‘posso te levar pra sair.’
Quer sair comigo? Na sua cabeça, a resposta é óbvia, não teria nem que pensar duas vezes. Aceita, claro. É convidada pra conhecer um bar local — e esse, sozinho, já é o primeiro indício de que a proprosta nunca teve intuito turístico, feito chegou a temer.
Você se atrasa de tão ansiosa. Quando ele chega na casa da sua tia pra te pegar, você ainda está terminando de se arrumar. Não se maquia muito porque não teve tempo, sobe o vestido no corpo o mais rápido possível, mas bufa ao perceber que o laço que tenta dar pelas costas só fica frouxo. Abre uma frestinha da porta do quarto pra clamar pela ajuda da sua tia, porém ela já meteu o pé pra deixá-los sozinhos.
— Vem cá, eu te ajudo — Enzo oferece.
Você caminha em passos curtos, retraída. Está segurando a parte frontal do vestido com as mãos estacionadas nos seios, cabisbaixa. E ele sorri, contido. Pega as amarras e obedece quando você pede pode prender forte.
— É um vestido bonito — te elogia, num sussurro. É possível sentir de leve o ar soprando na sua nuca, conforme as palavras escapam, porque ele está pertinho. Ao roçar dos dedos pela sua pele, mesmo sem querer, já é um motivo pra suspirar. — Estás muy linda.
A sequência de elogios te faz sorrir igual uma boba. Na verdade, durante todo o... pode falar ‘encontro’ já? Pois é, durante todo o encontro, tudo que ele diz te provoca uma reação parecida. Conversam e bebem a noite toda. Até se arriscam entre os casais dançando lento, quando a banda toca uma canção romântica.
Enzo está um pouquinho diferente do que você se lembrava, o que não negativo. A energia extrovertida e brincalhona parece ter dado lugar para uma aura mais tranquila, introspectiva. Estupidamente charmoso, igual um galã de cinema.
Você sonha com ele naquela noite. Com os olhos castanhos, o maxilar definido. Tão real que acorda com a sensação dos fios dos cabelos dele entre os seus dedos. E o corpo quente, o interior das coxas sentido como se tivesse trancado as pernas ao redor da cintura dele. Ugh, afunda a cabeça no travesseiro, excitada com o sonho erótico e frustrada por não ter vivido aquilo de verdade.
Não só a sua tia, com o passar dos dias, parece que se forma um complô para unir vocês dois. A mãe dele te convida para o almoço, te enche de atenção, de perguntas sobre o futuro e família — aquela coisa de mãe e sogra. Propositalmente te deixa sozinha com o filho, arrastando o marido pra feira.
Cada segundo ao lado dele é um teste pra sanidade mental. Por mais que te digam que deu certo, ele está a fim de ti, ainda se pergunta será que ele me quer mesmo? Não importa se ele sorri pra você com os olhos brilhando, os lábios esticando em câmera lenta. Se te elogia dos pés à inteligência, se pega na sua mão e deixa um beijinho nas costas para se despedir. Se te dá a própria jaqueta pra te proteger da chuva, quando o encontro de vocês é arruinado pela tempestade surpresa, ainda parece surreal.
— Ai, minha blusa novinha... — Você entra correndo pela casa vazia da sua tia. Atravessa o corredor pra ir direto no quarto em que está dormindo, para medir o estrago.
Enzo vem atrás, rindo. Está bem mais molhado que ti, a camisa de algodão cola no torso, marca os músculos. Para no batente da sua porta, te observando parada na frente do espelho com cara de choro.
— Vem cá, eu te ajudo. — Se aproxima, oferecendo, ao te notar tentando puxar o zíper traseiro.
A sensação de déjà vu te pega desprevenida. Quanto mais o tórax respira com o afrouxar do aperto, mais seu coração dispara. Consegue ver os olhos dele focados no que está fazendo, o reflexo da figura masculina no espelho largo da parede. E quando o olhar flagra o seu, o sorriso na face dele é pra avisar que terminou.
Você segura a peça no corpo pelas mãos no bojo, agradece baixinho. ‘Tem que tirar a sua também’, e diz, ‘ou vai te fazer mal.’
— É. — Ele segura na barra da camisa, chega a puxar um pouquinho, mostrando até a altura do umbigo, só que caminha na direção da porta. — Mas é melhor eu tirar ali... Ali no corredor.
Sei lá, é diferente. Aqui, quer dizer. Agora. A sua mente constrói a imagem dele tirando a camisa assim que o vê deixando o cômodo. E apenas isso já é capaz de te fazer esquecer do friozinho que a chuva gelada causou. De repente, se lembra de sonhar com ele e a sensação desesperadora de acordar sozinha. Do desejo vívido. Do ébrio fantasioso.
Ele está tão pertinho — ali no corredor. A porta permanece aberta. Silêncio. O barulho da chuva é abafado, nem o trovão cortando o céu chama a atenção. Sabe o que ele deve estar pensando. Tem que ser a mesma coisa que você está pensando.
Enzo, o chama. O uruguaio apoia o ombro no batente da porta, como você temia, desnudo da cintura pra cima, a camisa pesada somente enfeitando nas mãos. Olha pra ti.
Ele está pensando o que você está pensando.
O seu top cai no chão quase ao mesmo tempo que a camisa dele, quando os passos na direção um do outro, as mãos buscando pelo corpo alheio são esticadas no ar. Enzo te envolve a cintura, te traz para próximo, o suficiente para a pontinha do seu nariz encostar na dele antes dos lábios.
Você arfa, os seios prensados contra o peitoral úmido, quente. A outra mão dele vai pra sua nuca, pressiona os fios do seu cabelo nas palmas, firme. Quando desce, se junta a que vem subindo pela sua silhueta, para encaixarem ambas por baixo da sua orelha, com os polegares acariciando a sua bochecha.
Os lábios se afastam dos seus devagarzinho, estalando no último selar. Enzo demora a abrir os olhos, enfeitiçado.
— ¿Es eso lo que quieres? — sussurra, separando as pálpebras para te encarar.
Você segura no antebraço dele, a boca entreaberta, ofegante. As palavras parecem fugir da sua mente. Quer dizer que sim, que tem certeza, mas nem sabe como falar, transmitir segurança. Daí, lembra de um detalhe.
— Eu nunca fiz isso.
Ele não retrai. Nem por um segundo te passa a ideia de que se incomoda com a confissão. Pelo contrário, acaricia as suas bochechas com os polegares mais uma vez, umedecendo os lábios pra perguntar e quer que seja eu?
Você faz que sim, capturada pelo olhar alheio. Aquele brilhosinho nas íris, o castanho parecendo uma imensidão galática. O vê se afastando só pra trancar a porta do quarto, e enquanto ele caminha de volta, porra, seus dedos até formigam.
É guiada pra cama, sustenta o peso do torso nos cotovelos sobre o colchão. Da sua boca, os beijos escorregam pelo seu queixo, pelo pescoço. Vai descendo e descendo, ao ponto de beijar no vale dos seus seios. Pela primeira vez — e essa noite vai ser cheia de primeiras vezes —, sente o toque alucinante que uma língua pode causar na região. A saliva deixa um rastro molhadinho que refresca a pele, mas o calor da língua é superior. E quando a pressão ao redor dos lábios suga a carne... Ah, você vê estrelas.
O biquinho duro é maltratado. Deliciosamente arde. A palma da mão grande toma uma das mamas, retém, com uma firmeza bruta. Você comprime os lábios, quer calar a todo custo qualquer som. E Enzo nota, claro.
— Ei — levanta o olhar, o polegar indo na direção do seu rosto para pousar sobre a sua boca —, não precisa ficar quietinha... não tem ninguém em casa.
Deixa um selinho nos seus lábios e retorna a explorar abaixo. Além do busto, arrastando a boca pelo seu abdômen, pelo ventre. Puxa o cós da sua saia jeans, carrega a peça íntima junto, te revelando toda para os olhos.
Ele tem jeito para abrir as suas pernas. Sem forçar, lento, sem precisar pedir porque sabe que já tem permissão, porém quase com respeito, apreciação. Chupa o próprio polegar antes de pressioná-lo por cima do seu clitóris. Ajoelhado no chão, a outra mão segurando na sua coxa.
— Diz pra mim — murmura, levando a atenção do seu sexo inchadinho pro seu rosto. — Se toca, não? Hm?
— Sim — a sua voz ecoa baixinha, com vergonha de admitir algo tão íntimo para ele em voz alta.
A mão dele espalma no seu ventre, parece tão farta em comparação com a região. E já colocou algo aqui?
— Só meus dedos — você responde. O quadril descola do colchão, remexe no ar; uma outra resposta sua, só que à atenção que recebe entre as pernas.
— É? — reitera, o tom manso. Corre a mão pra cá e pra lá, num carícia gostosa sobre o seu ventre. — Tudo bem. Acho que vai ser um pouco diferente dos seus dedinhos, mas... — Encosta a cabeça na sua perna dobrada, sorrindo — ...vou fazer com carinho, okay?
Só que você precisa me dizer se estiver bom, vem por cima. Escora as mãos aos lados da sua cabeça, os fios de cabelo espessos recaem frente ao rosto. A correntinha de ouro fininha resvala no seu queixo, fria.
— Vai me dizer, não vai? — te pergunta. Afaga a sua bochecha, afetuoso. — Vai me deixar te ouvir. Vai ser boazinha pra mim, não vai, nena?
Você sente a face esquentando, não aguenta manter o contato visual, por isso vira a cabeça. O homem ri, soprado, admirando a sua reação. Tem plena consciência do domínio que possui em ti, aparenta estar brincando com todo o seu tesão por ele, porque não é possível...
Se coloca de pé novamente. O som metálico te chama a atenção, movendo o olhar parar o desafivelar do cinto, o corpo masculino sendo despido da cintura pra baixo. Não quer ficar olhando, feito uma pervertida, mas não consegue conter o sorrisinho, o frio na barriga. O vê duro, babadinho de vontade também, tomando a si próprio na palma da mão com a certeza de alguém que sabe o que está fazendo.
Apoia o joelho na beirada da cama, puxa o seu quadril para mais perto. Pega uma das suas pernas, elevando até que possa descansar a sua panturrilha no ombro dele. A abertura te expõe de uma maneira promíscua, de um jeito que nunca se pôs nem para si mesma.
Ele se encaixa em ti, a sensação da cabecinha deslizando de um lado pro outro pela umidade do seu corpo é instigante. De leve, escuta o barulhinho úmido, é como um orgasmo pros seus ouvidos.
Ganha um beijinho no joelho, uma mordidinha pra te fazer rir. Aquele sorriso pequeno enfeitando o rosto do homem como se quisesse te tranquilizar de algo antes de se empurrar pra dentro de ti.
Argh, você arqueja, se encolhendo todinha conforme ele adentra. É diferente dos seus dedos, da completude com a qual se acostumou. Quente, pulsante, toma conta de tudo de uma forma avassaladora capaz de te tirar o fôlego.
E quanto mais ele se debruça por cima de ti pra te abraçar, mais você se apega a ele. As unhas cravando nas costas do homem, os lábios separados num grito silencioso.
— Eu sei, meu amor, eu sei... — sussurra, a voz serena como se nem estivesse acabando contigo. — Tudo bem... — Toca no seu queixo, te fazendo mirá-lo. Os olhos castanhos parecem tão doces agora, feito mel, refletindo ternura. A expressão facial rendida praticamente igual a sua, e você fica sem saber se ele está sendo mesmo complacente ou se está caçoando do seu estado. — No te preocupes, tudo bem... — Pega na sua outra perna, guiando até que se envolva na cintura dele. Te emaranha ao corpo dele o ideal para que possa ir mais fundo, e mais fundo. Quando a falsa estabilidade te faz acreditar que não há mais nada a ser conquistado, é tomada um pouquinho mais.
O canalzinho arde de leve, os músculos magoadinhos por serem esticados de uma maneira nova. A ponta do nariz grande encontra com a sua, roça, com afeto. Ele sorri. Ri, na verdade. Porra, está rindo de você... Da sua fragilidade, do seu corpo derretido e teso ao mesmo tempo. Dos seus olhinhos cheios, como se uma lagrimazinha fosse escorrer a qualquer instante, mas o interior se contraindo deliciosamente, o próprio quadril tentando se mover por baixo do dele, buscando por mais prazer.
E assim que ele te oferece o que almeja — recuando e preenchendo tudo de novo —, você geme feito uma putinha, perdeu total a timidez que sentia até então. Aperta as pálpebras e se permite absorver o sentimento caloroso, a lentidão com que vem e vai do seu interior.
Enzo não te prenda metades, pode sair quase a ponto de escorregar pra fora, mas retorna até o talo. Vem preguiçoso mesmo, pra dar apreço, cultuar. Beija pelo seu pescoço, morde a pele, porém parece firmar a selvageria ao sentir as suas unhas arranhando-o na lombar. Daí, a mão grande envolve a sua garganta, fica ali, soberana, pesada, enquanto ele te deflora, ganha mais ritmo. Respirando com dificuldade contra o seu rosto, praticamente te obrigando a retribuir todo o contato visual. Não quer perder um segundo sequer das suas expressões de deleite, dos gemidos que escapam pelos lábios inchadinhos de beijos intensos. E quer que você presencie o regozijo na face dele, os sorrisos ladinos, canalha, de têmporas suadinhas.
O som da cabeceira na parede do quarto sobressai o choque do seu corpo no dele e da sua voz docinha lamuriando ao pé do ouvido alheio. Por um segundo, até se esquece que está no cômodo vago da casa da sua tia, cujas vizinhas são velhas uruguaias que ficam o dia inteiro em casa e, às vezes, aparecem pra jogar conversa fora. Se esquece, também, que a sua tia saiu com o marido, mas, por causa da chuva, já deve estar arranjando uma forma de voltar pra casa. Aí, quando escuta o tom alto da voz dela ecoando na sala de estar, paralisa, preocupada.
— Enzo — chama por ele, de um jeitinho que mistura o susto com a decepção que a perca de velocidade gera.
— Shh — Cobre a sua boca. Desvia o olhar para a direção da porta, feito quisesse mesmo ter certeza que não estão mais sozinhos na casa. Ao constatar, então, te envolve e manuseia. Traz pro colo, não abandona o seu interior por nada, mas te acomoda sobre as coxas dele. Segura no cantinho do seu rosto. — Mira — começa, murmurando, te olhando nos olhos —, eu sei que pedi pra te ouvir, mas agora você vai precisar ficar quietinha. E se rebolar lentinho no meu colo, a gente não vai precisar parar.
A sua mente viaja, atônita. Não foca bem no que ele diz, porque junta a adrenalina que o medo de ser pega solta no seu sangue com a manha que seu corpo libera uma vez que não o sente mais te fodendo como antes, apenas a sensação angustiante dele pulsando dentro de ti.
— Ei. — Estala os dedos na sua frente, pra capturar a atenção. Você pisca, perdidinha, e ele sorri. — Não fica assim toda bobinha, me dá muito tesão... — Tem que desviar os olhos de novo para manter o autocontrole. Suspira. — Você quer continuar, não quer? Hm? — Te assiste fazer que sim. — E eu não quero ir embora antes de te encher aqui todinha. — A mão grande espalma no seu ventre, ardente. — Então, tem que me prometer... Vai ser boazinha pra mim, não vai, mi nena?
E você não pensa duas vezes. É o carinho com as palavras, a pergunta lasciva acompanhada da possessividade dos termos, o apelidinho doce. A sua tia não sabe que ele está no quarto contigo, e ela não precisa saber. Além do mais, a chuva ainda cai forte lá fora, com certeza vai abafar qualquer mísero barulho que pudesse ecoar pelas paredes.
É com isso em mente que você move os quadris. Apoia as mãos nos ombros largos, se empenha em manter-se por cima das coxas masculinas, embora não tenha jeito nenhum pra se equilibrar nessa posição. Mas Enzo tem toda a paciência do mundo, né? É arriscado afirmar que ele ama poder te guiar, ter o controle dos seus movimentos quando segura na sua cintura com uma mão só, porque a outra pega no seu pescoço, e sussurra um assim que faz, te instruindo a subir e descer em cima dele.
E você jura, se ele quiser te ensinar mais qualquer coisa, vai aprender de bom grado, reproduzir igualzinho as orientações. Que bom saber que vocês ainda têm dias suficientes pra várias lições. Só que, até lá, você não descansa enquanto não o sente te inundando por dentro, morninho, pingando quando escorrega pra fora. Muito menos se priva de estremecer nos braços dele, de apertá-lo para descontar o prazer e ganhar mordidinhas nos ombros.
Ele acaba dormindo no seu quarto, escondido. Ficam sem graça de abrir a porta depois que a chuva passa pra que a sua tia e o marido dela possam descobrir que você estava transando com o filho da vizinha. Todo mundo queria que vocês começassem a namorar, algo fofinho, não que ele te levasse pra cama — ou tirasse a sua virgindade.
No outro dia, você espera a casa ficar vazia pra guiá-lo até a porta. As roupas dele já não estão mais tão molhadas, porém ainda com o aspecto amarrotado. Dá um beijinho na bochecha do homem, ambos trocando sorrisos, aquela plena harmonia de almas. Demoram a perceber a senhora no portão da casa ao lado.
Enzo pigarreia.
— Buenos días — cumprimenta, educado, porque você não consegue emitir um só sequer de tão paralisada. Se vira pra ti, tentando tranquilizar com um sorriso. — A gente se fala, okay? — Beija o topo da sua cabeça e sobe a rua, acenando.
Misericórdia, agora essa velha vai contar pra todo mundo que vocês dormiram juntos. Mais um escândalo envolvendo um uruguaio na sua família...
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