#classicismo
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zakamoto · 4 months ago
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gregor-samsung · 1 year ago
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" Dopo un’assenza quasi totale di cinquanta anni il senatore conservava un ricordo singolarmente preciso di alcuni fatti minimi. «Il mare: il mare di Sicilia è il più colorito, il più aromatico di quanti ne abbia visti; sarà la sola cosa che non riuscirete a guastare, fuori delle città, s’intende. Nelle trattorie a mare si servono ancora i ‘rizzi’ spinosi spaccati a metà?» Lo rassicurai aggiungendo però che pochi li mangiano adesso, per timore del tifo. «Eppure sono la più bella cosa che avete laggiù, quelle cartilagini sanguigne, quei simulacri di organi femminili, profumati di sale e di alghe. Che tifo e tifo! Saranno pericolosi come tutti i doni del mare che dà la morte insieme all'immortalità. A Siracusa li ho perentoriamente richiesti a Orsi. Che sapore, che aspetto divino! Il più bel ricordo dei miei ultimi cinquanta anni!» Ero confuso ed affascinato; un uomo simile che si abbandonasse a metafore quasi oscene, che esibiva una golosità infantile per le, dopo tutto mediocri, delizie dei ricci di mare! Parlammo ancora a lungo e lui, quando se ne andò, tenne a pagarmi l’espresso, non senza manifestare la sua singolare rozzezza («Si sa, questi ragazzi di buona famiglia non hanno mai un soldo in tasca»), e ci separammo amici se non si vogliono considerare i cinquanta anni che dividevano le nostre età e le migliaia di anni luce che separavano le nostre culture. "
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, La sirena. Prima pubblicazione nel volume Racconti, Prefazione di Giorgio Bassani, Collana Biblioteca di Letteratura: I Contemporanei n.26, Milano, Feltrinelli, 1961.
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lapolani · 2 years ago
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“L’Infinito” di Giacomo Leopardi Idillio introdotto, letto e commentato da Lapo Lani
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Museo Casa Rurale di Carcente
Comune di San Siro (CO)
Sabato 1 luglio, ore 21:00
(In caso di maltempo la lettura verrà rinviata a sabato 8 luglio, ore 21:00)
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«Dicono i poeti che la disperazione ha sempre nella bocca un sorriso» [1]. Il linguaggio della poesia si muove attraverso l’immaginazione [2], esprimendosi con un linguaggio vago, incerto, indeterminato, servendosi di metafore, metonimie, paragoni, catacresi, figure di dizione. Il poeta fa fatica a esprimere la bellezza e la forza della natura, e non può farlo se non con parole quasi accidentali. Il 18 luglio del 1821, Leopardi scrive nei “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura” [3]: «Il principio delle cose, e Dio stesso, è il nulla. Giacché nessuna cosa è assolutamente necessaria, cioè non v’è ragione assoluta perch’ella non possa non essere, o non essere in quel tal modo» [4]. Solo l’immaginazione, portando il pensiero dell’uomo verso l’indeterminato e l’infinito, dà conforto e sollievo. «Hanno questo di proprio le opere di genio, che quando anche rappresentino al vivo la nullità delle cose, quando anche dimostrino evidentemente e facciano sentire l’inevitabile infelicità della vita, quando anche esprimano le più terribili disperazioni, tuttavia ad un’anima grande che si trovi anche in uno stato di estremo abbattimento, disinganno, nullità, noia e scoraggiamento della vita, o nelle più acerbe e mortifere disgrazie (sia che appartengano alle alte e forti passioni, sia a qualunque altra cosa); servono sempre di consolazione, raccendono l’entusiasmo, e non trattando né rappresentando altro che la morte, le rendono, almeno momentaneamente, quella vita che aveva perduta. E così quello che veduto nella realtà delle cose, accora e uccide l’anima, veduto nell’imitazione o in qualunque altro modo nelle opere di genio, apre il cuore e ravviva» [5]. Credere che le cose siano nulla, significa credere che il divenire, ovvero ciò che appare esistente, sia niente. Questo pensiero – fondamento del nichilismo, l’essenza della modernità – segna il confine più estremo mai raggiunto dalla filosofia dell’Occidente. Leopardi apre la strada che verrà percorsa dalla cultura contemporanea nell’ultimo suo atto. La scienza e la tecnica sono i due maggiori interpreti di questo orizzonte, in cui il divenire è un processo che esclude la relazione tra le cause e gli effetti degli accadimenti: ogni cosa nasce dal nulla e ritorna nel nulla. La tecnica ha come scopo l’incremento indefinito degli scopi, senza poterli prevedere né conoscere; la scienza procede con metodi statistici, probabilistici, considerando presunto e ipotetico l’evento che accadrà. In ambedue i casi si opera all’interno del concetto di soggettività, profondamente radicato nel pensiero moderno: il “sistema” [6] delle cose che noi conosciamo è la loro relazione, il loro co-esistere. Questa convinzione ha sostituito quella per cui il sistema delle cose che noi conosciamo è epistème [7], ovvero lo scenario in cui è possibile giudicare e conoscere le cose al di là del puro fatto reale. L’epistème è la conoscenza “vera” di ciò che sta sopra l’accadimento dei fatti. Per un lungo periodo l’oggetto dell’epistème si è chiamato Dio: quell’Essere immutabile ed eterno che comprende e giustifica il divenire, ed è “sempre salvo” dal nulla. Come scrive Leopardi, la modernità è l’era del disincanto, in cui la ragione, nella sua forma più radicale, mostra l’impossibilità di sperare: «Il tempo delle grandi illusioni è finito» [8]; «Questa vita è una carneficina senza immaginazione» [9]. Se l’indeterminatezza e l’incertezza sono, per natura, le maggiori fonti della felicità, la scienza, avendo definito i confini delle cose, avendo quindi oltrepassato l’indefinito, limita la speranza, le illusioni, la vita. La scienza distrugge l’indeterminatezza, quindi porta all’infelicità e alla noia. Questa è la vita nell’èra moderna, nell’èra della matematica: «Che piacere o felicità o conforto ci può somministrare il vero, cioè il nulla?». Poi Leopardi prosegue, con un tono tanto inquietante quanto profetico: «Le quali cose [la ragione e il pensiero matematico, che rendono evidente la nullità di tutte le cose] se ridurranno finalmente gli uomini a perder tutte le illusioni, e le dimenticanze, a perderle per sempre, ed avere davanti agli occhi continuamente e senza intervallo la pura e nuda verità, di questa razza umana non resteranno altro che le ossa, come di altri animali di cui si parlò nel secolo addietro. Tanto è possibile che l’uomo viva staccato affatto dalla natura, dalla quale sempre più ci andiamo allontanando, quanto che un albero tagliato dalla radice fiorisca e fruttifichi. Sogni e visioni. A riparlarci di qui a cent’anni. Non abbiamo ancora esempio nelle passate età, dei progressi di un incivilimento smisurato, e di uno snaturamento senza limiti. Ma se non torneremo indietro, i nostri discendenti lasceranno questo esempio ai loro posteri, se avranno posteri» [10]. E ancora: «Si dice con ragione che al mondo si rappresenta una Commedia dove tutti gli uomini fanno la loro parte. Ma non era così nell’uomo in natura, perché le sue operazioni non avevano in vista gli spettatori e i circostanti, ma erano reali e vere» [11]. «Così tra questa / immensità s’annega il pensier mio: / e il naufragar m’è dolce in questo mare» [12]; ovvero: «Sunt lacrimae rerum: et mentem mortalia tangunt» [13]. («Sono le lacrime delle cose, e le cose mortali toccano i cuori».) Lapo Lani Milano, febbraio 2023
Note: [1] Giacomo Leopardi, “Dialogo di Timandro e di Eleandro", scritto nel 1824. Il dialogo fu pubblicato come epilogo della 1ª edizione di "Operette morali"; editore Antonio Fortunato Stella, 1827. [2] Dal latino imaginatio -onis, forma di pensiero che, senza seguire regole predeterminate o nessi logici, si esprime attraverso l’elaborazione di immagini in grado di rappresentare una realtà affettiva. [3] “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, altrimenti conosciuto come “Zibaldone” o “Zibaldone di pensieri”, scritto da Giacomo Leopardi tra il 1817 e il 1832. La numerazione relativa ai pensieri citati, riportata tra parentesi a termine delle note di seguito elencate, fa riferimento all’edizione Feltrinelli del 2019: “Zibaldone di pensieri. Nuova edizione tematica condotta sugli indici leopardiani”. [4] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 18 luglio 1821 (1341,1). [5] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 4 ottobre 1820 (259,1). [6] La parola deriva dal greco ed è composta dalla preposizione sýn- (“con”, “insieme”) e dal verbo histemi (“stare”); quindi “stare insieme”. [7] La parola epistème deriva dal greco (ἐπιστήμη) ed è composta dalla preposizione epì- (“su”) e dal verbo histemi (“stare”); quindi “stare sopra”. L'epistème designa la conoscenza certa e incontrovertibile delle cause e degli effetti del divenire, ovvero quel sapere che intende porsi “al di sopra” di ogni possibilità di dubbio attorno alle ragioni degli accadimenti. [8] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, (83,3). [9] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 26 giugno 2020 (137,1). [10] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto tra il 18 e il 20 agosto del 1820. [11] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 21 agosto del 1820. [12] Giacomo Leopardi, epilogo dell’idillio “L’Infinito”, 1818-1819. [13] Virgilio, “Eneide”, Libro I, verso 465.
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Copertina: "L’infinito”.
Disegno di Lapo Lani, realizzato con colori acrilici su carta bianca, e successivamente elaborato con processi digitali. Dimensioni: cm 26x34. Anno: febbraio 2023. Collezione privata.
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valentina-lauricella · 2 years ago
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Discorso intorno alla poesia
"Una notte serena e chiara e silenziosa, illuminata dalla luna, non è uno spettacolo sentimentale? Senza fallo. Ora leggete questa similitudine di Omero:
Sì come quando graziosi in cielo rifulgon gli astri intorno della luna, e l’aere è senza vento, e si discopre ogni cima de’ monti ed ogni selva ed ogni torre; allor che su nell’alto tutto quanto l’immenso etra si schiude, e vedesi ogni stella, e ne gioisce il pastor dentro all’alma.
Un veleggiamento notturno e tranquillo non lontano dalle rive, non è oltremodo sentimentale? Chi ne dubita? Ora considerate o Lettori, questi versi di Virgilio:
Adspirant aurae in noctem, nec candida cursus luna negat, splendet tremulo sub lumine pontus. Proxima Circaeae raduntur litora terrae, dives inaccessos ubi Solis filia lucos adsiduo resonat cantu, tectisque superbis urit odoratam nocturna in lumina cedrum, arguto tenues percurrens pectine telas. Hinc exaudiri gemitus iraeque leonum vincla recusantum et sera sub nocte rudentum.
[Spirano le brezze sulla notte né la candida luna nega il percorso, il mare splende sotto tremula luce. Si sfiorano i vicini lidi della terra di Circe, dove la ricca figlia del Sole fa risuonare i boschi inaccessibili di continuo canto, nella casa superba brucia l'odoroso cedro per le luci notturne scorrendo le sottili tele col pettine vivace. Di qui si sentono i gemiti e le ire di leoni che rifiutano le catene e ruggiscono nella tarda notte.]
Che ve ne pare? Quelle cose che sono sentimentali in natura, non sono parimente e forse da vantaggio in queste imitazioni?"
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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"Èros e Thànatos nel mondo greco-romano": Gabriella Carrano indaga l’amore e la morte nella civiltà classica tra mito, teatro e filosofia
GUIDO MIANO EDITORE  NOVITÀ EDITORIALE È uscito il libro di saggistica: Èros e Thànatos nel mondo greco-romano di Gabriella Carrano con premessa di Enzo Concardi Pubblicata l’antologia di saggi critici “Èros e Thànatos nel mondo greco-romano”di Gabriella Carrano, con premessa di Enzo Concrdi, Guido Miano Editore, Milano 2025 Sono sei i saggi critici di questa antologia, visitatrice del mondo…
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thesteamer · 9 months ago
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Via tutto
Uno dei più potenti strumenti con cui si fa il lavaggio del cervello nelle facoltà di architettura è quello del presunto annullamento della forza espressiva del linguaggio classico.
Esaurito l'impulso dell’ultima età dell’oro (il Rinascimento), il classicismo sarebbe pertanto progressivamente decaduto in un rigido e inespressivo gioco formale, battezzato con vari nomi tutti accomunati dall’avere un’invariabile accezione negativa: Manierismo, Barocco, Rococò, Eclettismo, Accademismo, oltre a tutti i vari "Neo"  e "Revival" che hanno accompagnato nel tempo l'arte ispirata alla classicità o agli altri stili storici.
Ciò costituirebbe l’antefatto della narrazione che vede come storicamente necessaria la nascita e l’affermazione dell’architettura moderna, quale sorta di liberazione dalla dipendenza da detti stili, nonché l’irreversibilità di tale processo in piena coerenza con la visione progressista e positivista della storia.
È l’estetica della “tabula rasa” e della “rifondazione”, in cui idee nuove (non importa se migliori o peggiori delle precedenti) devono necessariamente e ineluttabilmente emergere e sostituire, o meglio spazzare via, quelle già assodate e magari ancora perfettamente funzionanti, per il solo fatto che ogni nuova generazione avrebbe l’obbligo di esprimere la propria voce dissonante rispetto a ciò che l'ha preceduta.
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tremaghi · 1 year ago
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Il connubio tra medicina ed arte, la bellezza che salverà il mondo
Quante volte ho sentito apostrofare un ospedale come un brutto posto, lo so, è un luogo comune, tutti preferirebbero starne alla larga il più possibile. La mia filosofia di vita mi ha insegnato che non esistono luoghi brutti, tutti, anche quelli più tristi, hanno un perché e bisognerebbe imparare a guardarli con altri occhi e tanto meno un ospedale può essere considerato brutto, dove sempre molte…
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ballata · 12 days ago
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Classicismo.
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schizografia · 3 months ago
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Il "capolavoro" contro il quale Benjamin scrive la sua recensione era Der Dichter als Führer in der deutschen Klassik ("Il poeta come guida nel classicismo tedesco") di Max Kommerell, forse il solo critico del Novecento che sopporti di essergli paragonato. Non è un caso che Kommerell abbia prodotto le sue opere migliori - il saggio stupendo su Kleist (Il poeta e l'indicibile) e il libro su Jean Paul - solo dopo essere uscito dal circolo di George. Ciò che in lui mi ha subito affascinato è che il suo pensiero, come quello di Benjamin, tende a risolversi in una dottrina del gesto - del gesto come elemento non significativo, ma puramente espressivo, che si manifesta tanto nel linguaggio (il verso come "gesto linguistico") che nel volto. Che si tratti di qualcosa che non è diretto alla comunicazione è provato dal fatto che "anche un volto che non ha testimoni ha la sua mimica" e che i gesti che si segnano piú profondamente in un volto sono proprio quelli che ci narrano la storia dei suoi momenti solitari. E se la parola stessa è, per Kommerell, un gesto, anzi il gesto originario, ciò significa, allora, che essenziale al linguaggio è un momento non comunicativo, un mutismo insito nello stesso esser parlante dell'uomo - che, cioè, la sua dimora nella lingua non è volta soltanto allo scambio di messaggi, ma è innanzitutto gestuale e espressiva.
Giorgio Agamben
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alessandro55 · 2 months ago
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Fornasetti Memorie del Futuro
Barnaba Fornasetti, prefazione di Silvana Annichiarico
Rizzoli Mondadori, Milano 1984, 320 pagine, 22x33 cm, ISBN 9788891841254
euro 85,00
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Un volume ricco di illustrazioni che raccoglie il meglio della produzione di Fornasetti. È difficile definire l’universo di Fornasetti in poche parole: fuori da ogni schema, illimitatamente fantasioso, sempre coerente negli anni. Questo libro vuole riassumere il percorso creativo di oltre settant’anni dell’Atelier, avviato da Piero Fornasetti negli anni Quaranta del Novecento e che, grazie anche alla proficua collaborazione con Gio Ponti, ottiene grande visibilità. Dopo la morte di Piero, il figlio Barnaba prende le redini dell’azienda, valorizza l’incredibile archivio visivo del padre, rilancia il marchio e lo traghetta verso uno sviluppo internazionale di grande prestigio, con mostre e attività in tutto il mondo. Il libro è strutturato in capitoli che raccontano la storia di Fornasetti attraverso le sue opere principali e gli immaginifici decori: architetture illusionistiche tra classicismo e modernità, piante e animali, carte da gioco, paesaggi e volti, tra i quali spicca la serie Tema e Variazione. Molti di questi pezzi sono oggi esposti nei musei di tutto il mondo e oggetto del collezionismo internazionale.
Il libro Fornasetti: Memorie del Futuro è un omaggio a Piero Fornasetti e suo figlio Barnaba, che racconta il percorso creativo di oltre settant'anni dell'Atelier tra immaginazione e ironia. Un volume ricco di illustrazioni che raccoglie il meglio della produzione di Fornasetti e il suo universo illimitatamente fantasioso. Un testo imperdibile per collezionisti e connoisseurs di Fornasetti.
18/03/25
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thegianpieromennitipolis · 1 year ago
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Da: SGUARDI SULL'ARTE LIBRO QUARTO - di Gianpiero Menniti
IL COLORE OLTRE L'OMBRA
Ancora oggi, Giovanni Francesco Barbieri detto il "Guercino", è considerato un pittore raffinato, iscritto nel catalogo ideale del classicismo seicentesco capace di attenuare la resa reale delle rappresentazioni con la nitidezza vivida dei colori ora sfumati, ora esaltati.
A veder bene, ci si trova innanzi un "maestro" del colore, trattato alla stregua di materia.
Le figure, anche se così ben disposte sulla scena, "carraccesche" o "caravaggesche" che dir si voglia, non hanno corpo ma colore.
Colore cangiante, dotato di mille tonalità, ora acceso ora ridotto a ombra.
Ma sempre lì, in primo piano o sullo sfondo, il colore domina.
Solo un particolare gusto estetico?
Forse.
In tarda età questa passione per il colore gli venne contestata come esilio della rappresentazione veridica che caratterizzò la sua epoca.
Tuttavia, per il pittore di Cento, il rilievo dell'immagine appare concentrato in uno strumento innegabile: l'impatto dei contrasti di luce dati dalla ricerca coloristica.
Come se già fosse presente, in lui, il salto espressionista, il significato dell'intensità cromatica che afferma l'essenza della pittura e reagisce al verismo ottundente dell'immagine sacra.
Questa è fuori dal tempo, oltre ogni ricerca del reale: vive di luce, pregna o tenue, carica o sottile, pesante o lieve.
Se è rappresentabile, solo così può essere mostrata.
È un modo di dipingere che fa omaggio all'ultraterreno.
Distingue.
Anche il mito.
Senza compromessi.
Ricorda all'osservatore la dimenticata differenza.
Anche della pittura rispetto a ogni altra forma d'arte.
- Guercino (1591 - 1666): "Sepoltura e gloria di santa Petronilla", 1623, Pinacoteca Capitolina, Roma
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fashionbooksmilano · 6 months ago
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Minimal / Baroque Gianluca Pacchioni Art and Design
photos by Lorenzo Pennati, edited by Federica Sala, texts by Olivier Gabet, Alberto Cavalli, Federica Sala, Clio Lavau, Gianluca Pacchioni
Rizzoli, New York 2021, 319 pages, 28,6x37,5cm, ISBN ‎ 978-8891832108
euro 85,00
email if you want to buy [email protected]
An intimate and complete journey into the world of Gianluca Pacchioni, sculptor, designer, and master in arts and crafts.
This book is an exploration of the artistic world of Gianluca Pacchioni, from the backstage of his workshop in Milan to his incredible studio-house, as well as finished projects and open-air installations. It also touches on his inspiration, which is drawn from a mix of Italian classicism and Japanese minimalism, with a dash of French seventeenth-century decorative style. First based in Paris, where Pacchioni became a sculptor in the 1990s, and then in Milan, his hometown, his atelier constantly forges sculptures and limited-edition furniture produced for international clients. As a pioneer in the art and design world, his approach to art is experimental and innovative, and over the years he has shifted from iron to stainless steel, and his most recent works have been made with cast bronze and semiprecious stones and marble.
La storia "per oggetti d'arte" di Gianluca Pacchioni, artista, scultore e designer, dalla scoperta dell'amore per il ferro e della sua vocazione di artista, a Parigi negli anni '90, allo studio/laboratorio in una vecchia fabbrica di Milano, dove produce opere d'arte in metallo e pietre, edizioni limitate di oggetti di design destinate alle abitazioni, gallerie e collezioni di tutto il mondo. La sua ispirazione nasce dalle linee pulite del classicismo italiano e dal minimalismo giapponese, con un approccio sperimentale e innovativo che esplora nuovi materiali, dal ferro, all'acciaio al bronzo, al marmo e alle pietre semi-preziose. Arrivato all'arte dopo gli studi in Economia alla Bocconi è uno degli esponenti dell'Art Design e ha esposto alla grande mostra Homo Faber, a Venezia presso la Fondazione Giorgio Cini, durante la Biennale del 2018. Questo volume è il risultato di una collaborazione decennale con il fotografo Lorenzo Pennati e racconta il percorso della sua arte con oggetti di interiors (come la libreria Collapse e i paraventi in bronzo), opere d'arte e installazioni site specific. Il libro è in lingua inglese.
11/11/24
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lapolani · 2 years ago
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Carcente, frazione del Comune di San Siro (CO), 1 luglio 2023
"L’Infinito" di Giacomo Leopardi Idillio introdotto, letto e commentato da Lapo Lani
Ringrazio ciascuna persona del pubblico per la calorosa partecipazione e l'affetto dimostrato; l'intero gruppo del Museo Casa Rurale di Carcente per l'eccellente organizzazione e la generosa ospitalità; Daniela Bruni per la sensibile introduzione; Ciro Paolo Belvedere per l’elegante locandina; Ernesto Blotto per le intense fotografie.
Lapo Lani
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Proprietà della fotografia di copertina: Ernesto Blotto.
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blogdojuanesteves · 10 months ago
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SENTINELA > Katia Kuwabara
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Sentinela (Ed. Olhavê, 2024) da paulista Katia Kuwabara é uma publicação cujo o conteúdo registra fragmentos de passagens da autora por regiões gélidas e de vastidão inóspita fotografadas na cordilheira dos Andes, partindo de Mendoza, Argentina e na Islândia em lugares como Reykjavik e as fontes termais de Deildartunguhver. Segundo a editora pernambucana Georgia Quintas, "Um caminhar sem rumo pelo qual, através da edição, começam-se a costurar redes e friccionar circunstâncias." Estas passíveis de causar ruídos e ecos autônomos, a ganhar um corpo performativo, onde a fotógrafa trata a natureza como uma metáfora, preenchida com suas histórias de caráter mais ontológico que paisagístico, que esperam de nosso olhar uma troca, completa Quintas.
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O livro não abdica da imagem como fonte de beleza, entretanto ao leitor cabe "penetrar" nessa grandiosidade visual de uma maneira metafísica para alcançar a profundidade proposta pela fotógrafa. São como acordes formatados que tomam o lugar do "heroísmo" encontrado na pintura e na literatura do período Romântico que nos remete às telas pintadas pelo alemão Caspar David Friedrich (1774-1840) ou mais recentemente na obra do paulistano Caio Reisewitz e sua influência dos fotógrafos viajantes do século XIX.
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Para Georgia Quintas "Os fluxos de investigação e de reverência à natureza ampliam os limites do imaginário. A paisagem convoca mergulhos profundos de reflexão ou simplesmente o êxtase da experiência. Sob diferentes temperaturas e sopros dos ventos, o olhar tenta explorar e traduzir todo o encantamento e sensações contidas naquele exato momento. Faltam palavras para nomear o horizonte, fica a imagem de que a solidez pode ser um sempre a definir-se." 
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A parceria entre curadora e fotógrafa já tem uma década desde que começaram a  alinhavar suas produções. Neste caso, lidando com o ar rarefeito dos lugares, maturando a relação mais ontológica que descarta o tumulto das cidades, baixando a rotação da experiência vivida para que, o que foi fotografado fique retido na memória pela história que fragmenta os horizontes, uma duplicidade da arte e da natureza, como me conta Katia Kuwabara.
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O Romantismo, uma orientação intelectual que caracterizou muitas obras de literatura, pintura, música, arquitetura, crítica e historiografia na civilização ocidental ao longo de um período do final do século XVIII a meados do século XIX. Um tempo que rejeitava a idealização e racionalidade que caracterizaram o Classicismo em geral e o Neoclassicismo do final do século XVIII em particular. Foi também, até certo ponto, uma reação contra o Iluminismo, o Racionalismo do século XVIII e o materialismo físico em geral. O Romantismo enfatizou o individual, o subjetivo, o irracional, o imaginativo, o pessoal, o espontâneo, o emocional, o visionário e o transcendental.
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É o que Sentinela nos propõe. Porém, distante do que poderia ser a monocórdica sucessão de imagens com uma palete claríssima e melancólica, ao propor ao leitor a atenção de seus belos detalhes carregados de subjetividade, espontâneas e autorais. Não estamos vendo um livro de paisagens, e sim de sentimentos, como em uma tradução, certamente carregada de características de apreciação mais profunda das belezas da natureza; uma exaltação geral da emoção sobre a razão e dos sentidos sobre o intelecto; Uma visão interior, para si mesma, mas compartilhada com o  leitor  em um exame mais aprofundado da personalidade humana e seus humores e potencialidades mentais; uma preocupação com o excepcional e expondo suas paixões e lutas internas; uma visão da artista como um criadora individual, cujo espírito é mais importante do que a adesão estrita às regras formais e procedimentos tradicionais; uma ênfase na imaginação como uma abertura à experiência transcendente e a verdade espiritual; e uma alusão ao remoto, o misterioso, o estranho e  o oculto.
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Na medida, a fotógrafa também propõe ao leitor  a antagonização de uma visão distópica com uma narrativa de começo, meio e fim. Suas "montanhas" nos lembram o suíço Paul Klee (1879-1940) quando este afirma que "a arte torna o invisível, visível" ao percebemos as alegorias contidas nas imagens deste livro, em que leva em consideração a experiência emocional como prática intelectual ao incluir todos os componentes da semiótica ampliando o conceito para além de uma fotografia bonita.
Kuwabara torna-se então, na proposta do filósofo americano Charles Peirce (1839-1914)- em sua semiótica-, a intérprete, na medida em que leva em consideração o contexto em que os signos são produzidos e interpretados com pragmatismo. Primeiramente, há apenas unidade nas imagens. Assim é uma concepção de ser em sua totalidade ou completude, sem limites ou partes, e sem causa ou efeito, uma potencialidade pura e latente. As possibilidades são experimentadas e nos mostradas embutidas em uma atemporalidade: sua experiência emocional, transmitida ao leitor, que embora sendo inconclusivas, como a autora nos diz,  provocam o entendimento mais ontológico. 
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Em segundo lugar, o modo de ser que está em relação a outra coisa, que inclui o indivíduo, a experiência, o fato, a existência e a ação-reação, que opera dentro do tempo descontínuo, que resume o desejo expresso da autora em suas imagens, onde a dimensão do tempo passado mostra-se : um certo evento ocorreu em um certo momento, antes de algum outro evento, que foi sua consequência, correspondendo à experiência prática.
Por fim, ela é a mediadora através do qual um primeiro e um segundo são colocados em relação, sejam eles os seus leitores que estão no nível da necessidade e, portanto, da predição. Categoricamente vislumbrando o campo do  pensamento, da linguagem, da representação e do processo de semiose - ou a ação do signo que é definida como um processo fundamental que, a partir da percepção, da sua estrutura de imagens ontológicas- , mais do que a representação pura e simples de uma bela paisagem, criam a dinâmicas que modelam a cognição e cultura que torna a sua comunicação possível, além do valor intrínseco da arte que a fotógrafa nos apresenta.
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Imagens © Katia Kuwabara.  Texto © Juan Esteves
Edição, dípticos e tríptico: Georgia Quintas 
Projeto gráfico e coordenação editorial: Alexandre Belém
Tratamento de imagem: Katia Kuwabara
Impressão: Gráfica Ipsis, edição de 250 exemplares numerados e assinados em papel Garda Pat Kiara. Capa dura
Para adquirir: editora.olhave.com.br
contato @olhave.com.br
* Leia sobre o primeiro livro de Katia Kuwabara,  Vigília (Edições Olhavê, 2015)) em https://blogdojuanesteves.tumblr.com/post/139794095461/branca-ligia-jardim-vig%C3%ADlia-katia
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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“Marzo” di Vincenzo Cardarelli – L'ebbrezza della primavera nella poesia italiana. Recensione di Alessandria today
Informazioni bibliografiche:Autore: Vincenzo CardarelliAnno di composizione: 1942Genere: Poesia liricaValutazione: ★★★★★ Recensione La poesia “Marzo” di Vincenzo Cardarelli, composta nel 1942, è un inno al risveglio primaverile, descritto con immagini vivide e sensazioni coinvolgenti. Il poeta paragona la primavera a un “vino effervescente”, una metafora che trasmette l’idea di una stagione…
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arte-e-homoerotismo · 1 year ago
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Aniello Falcone (1607-1656)- Atletas romanos, c.1640.
Após uma breve formação na oficina napolitana de José de Ribera onde foi apresentado à arte de Caravaggio, Falcone desenvolveu um estilo pessoal cujo naturalismo se baseia numa importante prática do desenho. Embora a sua estadia em Roma não seja atestada, esteve certamente ligada por um lado às obras do período romano (1629-30) de Velàsquez, e por outro lado aos pintores romanos de bambochades (os Bamboccianti), e ocupou em Nápoles uma posição semelhante à de Pieter van Laer, desenvolvendo os seus dons excepcionais de naturalista e observador atento da realidade no clima de um caravagismo "menor". Participou também, com Viviano Falcone e Domenico Gargiulo, na criação de uma série de quatro grandes telas representando cenas da Roma Antiga para o Palácio do Bom Retiro, em Madrid. Um deles retrata lutas de gladiadores no Coliseu. Embora também tenha produzido composições religiosas, Aniello Falcone é mais conhecido pelas suas cenas de batalha, pintadas para grandes colecionadores napolitanos como Gaspar Roomer (bons exemplares no Louvre, no museu Capodimonte em Nápoles e no Nationalmuseum em Estocolmo) e das quais fez o seu especialidade, tornando-o o precursor, em Nápoles, neste gênero, dos pintores Micco Spadaro e Salvator Rosa. Os seus contemporâneos consideravam-no o “oráculo” deste género artístico, para o qual criou o diagrama da “batalha sem heróis”), onde a violência das lutas é traduzida por um toque ao mesmo tempo expressivo e preciso. A partir de 1640, as suas composições religiosas, nomeadamente para as igrejas de San Paolo Maggiore e Gesù Nuovo em Nápoles, demonstram cada vez mais claramente uma consciência das tendências luminosas e ordenadas do classicismo romano-bolonês. Carlo Coppola e Salvator Rosa foram seus alunos como Micco Spadaro, em sua oficina napolitana, entre as tendências grega, latina e espanhola, e fizeram parte da "Compagnia della Morte", criada pelo próprio Aniello para vingar a morte de um amigo, com o objetivo utópico de matar todos os espanhóis. Masaniello também fez parte desta empresa. Quando o Reino de Nápoles, após apenas dois anos de revolução, regressou ao domínio espanhol, a Compagnia della Morte foi dissolvida e Aniello Falcone desapareceu, a sua oficina substituída em favor da de Luca Giordano. Falcone, com Salvator Rosa, foi para Roma. Um francês encorajou-o a ir para França, onde Luís XIV se tornou um dos seus patronos. Por fim, Jean-Baptiste Colbert aceitou o pedido do pintor para regressar a Nápoles, onde morreu durante a peste de 1656.
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