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#dottrina sociale
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Louisiana, nelle aule poster con i 10 Comandamenti
Alla base della nuova legge una motivazione storica e un’altra ecumenica. È un passo interessante ma insufficiente, perché bisognerebbe riconsiderare anche l’idea di libertà di religione. Continue reading Louisiana, nelle aule poster con i 10 Comandamenti
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Una scuola sull’Insegnamento sociale di Benedetto XVI. Con il cardinale Müller e il Vescovo Crepaldi
Dopo la morte terrena di Benedetto XVI si è consolidato e sviluppato un ampio movimento di fedeli desiderosi di far tesoro dei suoi insegnamenti e di capire la strada verso cui essi indirizzano per il futuro della Chiesa e della società. (more…) “”
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gregor-samsung · 1 year
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A GIORGIO PECORINI - MILANO.
Barbiana, 7.4.1967.
Caro Giorgio, stiamo ora correggendo le bozze della Lettera a una professoressa. L’autore è Scuola di Barbiana. L’editore Libreria Editrice Fiorentina. Il prezzo circa 500 lire. Te ne mando una copia dattiloscritta perché tu la legga se puoi e tu la faccia leggere a chiunque ti possa parere utile per il lancio pubblicitario. La destinataria è all’apparenza una professoressa, ma il libro è inteso per i genitori dei ragazzi bocciati e vuol essere un invito a organizzarsi. […] Mi ero fatto fare una prefazione dall’architetto Michelucci (stazione di Firenze, chiesa dell’Autostrada ecc.) che è come me un maniaco dell’arte anonima e del lavoro d’équipe. Parlava per es. dei maestri comacini, dei mosaicisti cristiani, delle cattedrali gotiche, delle ferrovie e dell’Autostrada (ponti ecc.), tutte opere di scuola e non di autore. E poi del cinema in cui tutti sono abituati a vedere decine e decine di nomi di cui nessuno riesce esattamente a scindere cosa ha fatto ognuno (registi, soggettisti, dialogo, fotografia, musica, costumi, attori…): in conclusione si ricorda forse il nome del regista, ma è per esempio pacifico che il soggetto cioè il contenuto cioè talvolta il più non è suo. Ora la prefazione di Michelucci è risultata troppo difficile per i lettori che noi vogliamo e così ho chiesto a quel sant’uomo se potevo non metterla. Resta però il problema che per me è fondamentale. Io sono in pessime condizioni. Non solo sono a letto da un anno, ma da mesi sono disteso orizzontale e dormicchiante. Stamani colgo un raro momento in cui riesco a star su per scriverti. Se i lettori maliziosi potessero vedermi capirebbero subito che anche in letteratura si può lavorare in équipe come in cinema e in architettura. Ma non possiamo insistere sul patetico. Mi occorre dunque che un giornale o due diano per scontato che questo è un lavoro dei ragazzi. Che è un modo nuovo di scrivere e che è l’unico vero e serio. Quello che sembra lo stile personalissimo di don Milani è solo lo stare per mesi su una frase sola togliendo via via tutto quello che si può togliere. Tutti sanno scrivere così purché lo vogliano. È solo un problema di non pigrizia. Su questo libro potevamo stare ancora dei mesi e farlo diventare opera d’arte fino in fondo, ma son cose che invecchiano troppo presto e così abbiamo deciso di buttarlo fuori così. Se vuoi maggiori chiarimenti sulle tecniche del lavoro d’équipe dimmelo. Ma devi far qualcosa per me. Prima di tutto perché è vero quello che ti dico cioè che il lavoro è tutto dei ragazzi salvo la mia regia (ma regia da povero vecchio moribondo). Poi perché non voglio morire signore cioè autore di libro, ma con la gioia che qualcuno ha capito che per scrivere non occorre né genio né personalità perché ci sono regole oggettive che valgono per tutti e per sempre e l’opera è tanto più arte quanto più le segue e s’avvicina al vero. Così la classe operaia saprà scrivere meglio di quella borghese. È per questo che io ho speso la mia vita e non per farmi incensare dai borghesi come uno di loro. O peggio per far dire ai maliziosi che ho fatto firmare ai ragazzi per evitare le complicazioni dell‘imprimatur. Insomma io non so se son riuscito a spiegarti cosa voglio perché come ti dicevo sono addormentato dalla mattina alla mattina, ma se puoi fare qualcosa per me in questo senso te ne sarò grato. Se non hai capito bene vieni per piacere a rifartelo spiegare a voce. Ci tengo sopra a ogni cosa. È un dovere che ho verso i ragazzi. Un abbraccio, tuo
Lorenzo
[Il libro esce i primi di maggio o poco dopo.]
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Testo tratto da:
Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, a cura di Michele Gesualdi, Milano, A. Mondadori (collana Oscar n° 431), 1976 [1ª Edizione: 1970]; pp. 273-275. (Corsivi dell’Autore)
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dhufflebee · 1 year
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falcemartello · 1 year
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"′Per soffocare in anticipo ogni rivolta, non bisogna agire violentemente.
I metodi come quelli di Hitler sono superati.
Basta creare un condizionamento collettivo talmente potente che l'idea stessa di rivolta non verrà nemmeno più alla mente degli uomini.
L' ideale sarebbe formattare gli individui fin dalla nascita limitando le loro abilità biologiche innate.
In secondo luogo, si prosegue il condizionamento riducendo drasticamente l'istruzione, per riportarla ad una forma di inserimento professionale.
Un individuo ignorante ha solo un orizzonte di pensiero limitato e più il suo pensiero è limitato a preoccupazioni mediocri, meno può ribellarsi.
Occorre garantire che l'accesso alla conoscenza diventi sempre più difficile ed elitario.
Che il divario si aggravi tra il popolo e la scienza, che le informazioni destinate al grande pubblico siano anestetizzate da qualsiasi contenuto sovversivo.
Soprattutto niente filosofia.
Anche in questo caso bisogna usare la persuasione e non la violenza diretta: diffonderemo massicciamente, attraverso la televisione, intrattenimento lusinghiero sempre emotivo o istintivo.
Faremo gli spiriti con ciò che è inutile e divertente.
È buono, in una chiacchierata e in una musica incessante, evitare che lo spirito pensi.
Metteremo la sessualità in prima fila negli interessi umani.
Come tranquillante sociale, non c'è niente di meglio.
In generale si farà in modo di bandire la serietà dell'esistenza, di trasformare in derisione tutto ciò che ha un valore elevato, di mantenere una costante apologia della leggerezza; in modo che l'euforia della pubblicità diventi lo standard felicità umana e modello di libertà.
Il condizionamento produrrà così da sé una tale integrazione, che l'unica paura - da mantenere - sarà quella di essere esclusi dal sistema e quindi di non poter più accedere alle condizioni necessarie alla felicità.
L' uomo di massa, così prodotto, deve essere trattato come quello che è: un vitello e deve essere sorvegliato come deve essere un gregge.
Tutto ciò che permette di addormentare la sua lucidità è socialmente buono, ciò che minaccia di svegliarla deve essere ridicolizzato, soffocato, combattuto. Ogni dottrina che mette in discussione il sistema deve essere prima designata come sovversiva e terrorista e chi la sostiene dovrà poi essere trattato come tale."
- Günther Anders,
′′L' Obsolescenza dell'uomo", 1956 -
Immagine: Zac Deloupy"
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aitan · 1 year
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Nel 1956 il filosofo ebreo tedesco Günther Anders, marito di Hannah Arendt, pubblicò questo brano sul condizionamento e sulla anestetizzazione delle masse che sembra gettare una luce sul presente.
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“Per soffocare in anticipo ogni rivolta, non bisogna essere violenti. I metodi del genere di Hitler sono superati. Basta creare un condizionamento collettivo così potente che l’idea stessa di rivolta non verrà nemmeno più alla mente degli uomini.
L’ ideale sarebbe quello di formattare gli individui fin dalla nascita limitando le loro abilità biologiche innate.
In secondo luogo, si continuerebbe il condizionamento riducendo drasticamente l’istruzione, per riportarla ad una forma di inserimento professionale. Un individuo ignorante ha solo un orizzonte di pensiero limitato e più il suo pensiero è limitato a preoccupazioni mediocri, meno può rivoltarsi.
Bisogna fare in modo che l’accesso al sapere diventi sempre più difficile e elitario. Il divario tra il popolo e la scienza, che l’informazione destinata al grande pubblico sia anestetizzata da qualsiasi contenuto sovversivo.
Niente filosofia. Anche in questo caso bisogna usare la persuasione e non la violenza diretta: si diffonderanno massicciamente, attraverso la televisione, divertimenti che adulano sempre l’emotività o l’istintivo. Affronteremo gli spiriti con ciò che è futile e giocoso. È buono, in chiacchiere e musica incessante, impedire allo spirito di pensare.
Metteremo la sessualità al primo posto degli interessi umani. Come tranquillante sociale, non c’è niente di meglio.
In generale si farà in modo di bandire la serietà dell’esistenza, di ridicolizzare tutto ciò che ha un valore elevato, di mantenere una costante apologia della leggerezza; in modo che l’euforia della pubblicità diventi lo standard della felicità umana. E il modello della libertà.
Il condizionamento produrrà così da sé tale integrazione, l’unica paura, che dovrà essere mantenuta, sarà quella di essere esclusi dal sistema e quindi di non poter più accedere alle condizioni necessarie alla felicità.
L’ uomo di massa, così prodotto, deve essere trattato come quello che è: un vitello, e deve essere monitorato come deve essere un gregge. Tutto ciò che permette di far addormentare la sua lucidità è un bene sociale, tutto ciò che metterebbe a repentaglio il suo risveglio deve essere ridicolizzato, soffocato, combattuto.
Ogni dottrina che mette in discussione il sistema deve prima essere designata come sovversiva e terrorista e coloro che la sostengono dovranno poi essere trattati come tali”.
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Da
Günther Anders, “L’uomo è antiquato” (Germania 1956, in Italia 1963). Un testo più volte citato e saccheggiato da Umberto Galimberti che ha anche un seguito in un secondo volume pubblicato in Germania nel 1980 e in Italia 12 anni dopo.
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alephsblog · 3 months
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Dalla notte del 24 febbraio del 2022 Putin è entrato nei cuori di coloro che non si sono mai rassegnati all’epilogo della guerra fredda. L’invasione russa ai danni dell’Ucraina ha riattizzato il fuoco antico e mai sopito dell’odio per l’Occidente a guida americana. I talk show televisivi, i giornali, i social hanno contribuito a stappare un vaso di Pandora di risentimento che covava livido dal giorno della caduta del muro di Berlino. Putin ha il demerito di non essere spinto da una qualche ideologia salvifica che mira a distruggere il capitalismo. Eppure, ha riacceso una fiammella che sembrava spenta: l’odioso Occidente non l’avrà vinta.
A questo si deve lo spettacolare rovesciamento della realtà messo in scena, con la complicità del solito mediocre circolo mediatico, dove una serie di pittoreschi personaggi, piuttosto che inorridire di fronte al terrore russo, hanno continuato a concionare sulle colpe dell’Occidente e a considerare gli ucraini come burattini in mano agli americani e altre amenità.
C’è di buono che fino ad oggi la realtà dei fatti, espressa dalle azioni concrete dei governi occidentali, non si è curata più di tanto di questi odiatori e dei loro sogni distopici. Eppure, abbiamo ascoltato e letto ogni sorta di vaneggiamento sull’aggressività della Nato, sul nazismo degli ucraini, sul genocidio del Donbas. Abbiamo visto sedicenti “pacifisti” e sedicenti “partigiani” insolentire un popolo invaso e martoriato per voler continuare a combattere per la propria libertà senza mai e dico mai citare il regime criminale che ha scatenato quella guerra insensata. Ci è toccato sopportare che personaggi, presentati come accademici e studiosi, si siano rivelati megafoni della più ridicola e spudorata propaganda russa. Abbiamo visto politici con ruoli istituzionali correre in soccorso del regime criminale di Putin e puntare il dito contro l’Unione europea e la Nato di cui l’Italia è un membro fondatore.
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toscanoirriverente · 2 years
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Giorno 356 Uno dei pochi dibattiti seri fra gli specialisti in questo momento, è se la grande offensiva russa stia per iniziare, oppure se sia in effetti già in atto. Quando è che una tempesta diventa uragano? Naturalmente è questione di convenzioni, altrimenti si rimane in ambito soggettivo. In meteorologia esistono stadi ben precisi di giudizio basati sulla velocità del vento, che consentono una definizione oggettiva; in arte militare la distinzione fra un attacco e un’offensiva rimane vaga, legata ad aspetti più qualitativi che quantitativi (l’attacco è un atto tattico mentre l’offensiva è una postura operativa), che ci rimandano alla vecchia storia per cui l’arte militare è – appunto – un’arte e non una scienza e pertanto non può essere definita e regolata in maniera troppo esatta. Fra l’altro un’offensiva non funziona come nei film, con il generale che dà cerimoniosamente il “via”: segue numerose fasi di sviluppo concettuale, organizzativo ed esecutivo, ed anche la fase condotta inizia per stadi successivi, che prevedono fra l’altro una serie di attività preparatorie. La dottrina occidentale per esempio prevede inizialmente lo “shaping���: una serie di azioni più o meno cinetiche che “ammorbidiscono” l’avversario prima che le manovre offensive vere e proprie abbiano inizio. Queste azioni includono il pre-posizionamento dei dispositivi sia tattici che logistici, l’acquisizione della superiorità aerea e il Targeting intensivo contro gli obiettivi selezionati a priori. Anche la dottrina russa prevede una sorta di “shaping”, che include oltre alla nota intensa preparazione di artiglieria – spesso però indistinguibile dalla normale attività di attrito lungo il fronte – una approfondita ed efficace campagna ibrida per indebolire il morale avversario. Sono settimane che sentiamo parlare di questa nuova, travolgente offensiva che dovrebbe annientare l’Ucraina rovesciando Zelensky e obbligando il suo successore ad un armistizio che lasci i territori occupati alla Russia indefinitamente... E i minions nostrani hanno convenientemente fatto da cassa di risonanza di queste affermazioni, riempiendo i social di previsioni sull’”inevitabilità” della vittoria russa, dovuta come al solito all’infinita supposta disponibilità di risorse a disposizione di Putin e contrapposta agli apparenti enormi problemi ucraini in termini di più o meno tutto. Perfino i noti gravissimi guai della mobilitazione russa sono stati rovesciati, trasformandosi nei gravi problemi ucraini nel reperire personale. Ora, non è che l’Ucraina non abbia i suoi problemi: la campagna anti-corruzione lanciata da Zelensky in supporto alle sue ambizioni europee e le misure contro i renitenti alla leva (assolutamente normali in un Paese in guerra ma ovviamente non in linea con le normali prassi democratiche di uno in pace) offrono ovviamente il fianco a questo tipo di azione ibrida, e l’incapacità occidentale di fornire una voce univoca e soprattutto chiara sugli aiuti militari in atto contribuisce a farli apparire inadeguati. Sta di fatto che lo “shaping” russo per la “grande offensiva” d’inverno è in atto da tempo e che adesso più che prepararla la sta accompagnando. La dottrina russa prevede che un’offensiva in fase condotta passi attraverso diversi stadi, attivati da attori differenti. Il primo “scaglione tattico” conduce un assalto frontale lungo un fronte piuttosto ampio, ingaggiando più forze nemiche possibili e saggiando diversi assi di attacco per individuare un punto debole; il secondo scaglione invece viene lanciato interamente contro il punto debole che si è individuato, vi pratica un varco e lo occupa acquisendo un primo obiettivo importante ma relativamente ravvicinato. Un terzo scaglione, con funzione di riserva, viene impiegato alternativamente per alimentare lo sforzo del secondo, per parare eventuali contrattacchi avversari, e/o per proseguire in profondità verso l’obiettivo successivo, posto maggiormente in profondità. Con tutta probabilità abbiamo recentemente assistito nell’ultima settimana al primo stadio dell’offensiva promessa: abbiamo infatti visto una serie di assalti frontali condotti con estrema veemenza lungo tutto il fronte che investe il Donbas, e in particolare nelle zone di Kremina, a nord e a sud di Bakhmut e nella zona di Vuhledar. Vista l’entità delle forze impiegate – per esempio nel solo attacco a Vuhledar sono state impegnate in ondate successive otto Brigate – non credo ci siano dubbi sul fatto che non si tratti di una finta o di un tentativo di “fissaggio”, quanto di un attacco in piena regola condotto con il massimo impegno nell’intento di conseguire un risultato importante. Naturalmente dal punto di vista giornalistico possiamo scegliere di definire l’inizio della “Grande Offensiva” con l’impiego del secondo “scaglione tattico” nel varco identificato dal primo, e allora in questo caso potremmo dire che l’offensiva deve ancora avere inizio. Ora il fatto è che nell’ultima settimana il fronte non è che si sia spostato di molto: è la ragione per cui finora mi sono astenuto dal fare commenti sulle operazioni in atto, visto che non ci sono risultati da commentare. Questo significa che almeno finora il primo “scaglione tattico” NON ha individuato un punto debole sfruttabile dal secondo. Solo che per cercare di trovarlo ha dissipato un potenziale offensivo notevole, accumulato con fatica attraverso la famosa “mobilitazione parziale” d’autunno. I minions naturalmente protesteranno che si tratta di propaganda occidentale, ma tanto le fonti intelligence (aperte) occidentali che quelle indipendenti come ONYX, ma pure i MilBlogger russi, concordano sul fatto che negli ultimi quindici giorni abbiamo visto le perdite russe più elevate da febbraio scorso (quando a causa dell’inadeguatezza del piano operativo iniziale le perdite dei primi giorni furono folli), e che queste sembrano dovute fondamentalmente all’inadeguatezza tanto dei Comandi tattici (cioè di plotone, compagnia, battaglione e Brigata) che degli stessi soldati, che sconterebbero tutti un addestramento assolutamente insufficiente. Abbiamo parlato estensivamente del problema principale dell’esercito russo: le gravissime perdite subite nei primi mesi e che hanno letteralmente distrutto l’esercito professionale russo determinando l’inevitabilità della mobilitazione, hanno colpito anche e soprattutto i quadri (ufficiali e sergenti), per cui i mobilitati non solo non ricevono addestramento a causa della mancanza di istruttori, ma soprattutto vengono inquadrati e comandati da personale che fino a poche settimane fa ricopriva posizioni non di inquadramento o di Comando. Il risultato non è solo un addestramento scarso, ma soprattutto una capacità di Comando e Controllo del tutto insufficiente, per cui le manovre sul campo risultano erratiche, scoordinate ed assolutamente basiche: tali cioè da provocare perdite elevate in cambio di risultati irrisori. Tanto a Kremina che a Vuhledar l’esito degli attacchi preliminari appare semplicemente disastroso: per l’appunto, perdite elevate in cambio di risultati irrisori. Il tentativo di travolgere il Donbas partendo dalle “ali”, quindi non ci sarà. Non sorprende come l’unico punto in cui i russi abbiano ottenuto qualche risultato sia, ancora una volta, intorno a Bakhmut: in questo settore – guarda caso, sempre l’unico in prossimità di un terminale ferroviario che consenta il rapido rifornimento di munizionamento di artiglieria – si sono registrate modeste penetrazioni di qualche chilometro... Anche se ovviamente Bakhmut stessa (che “sta per cadere” ormai da diversi mesi) è ancora in mano ucraina. Dobbiamo quindi aspettarci l’immissione del “secondo scaglione tattico” nel settore di Bakhmut? Un’avanzata di qualche chilometro non indica esattamente un “punto debole”, e tantomeno uno “sfondamento”, ma è sicuramente meglio di quanto visto altrove, quindi è probabile. Le previsioni meteorologiche non sono favorevoli ad operazioni manovrate in profondità a marzo, e l’imminente arrivo dei razzi americani da 150 Km di gittata rischia di ridurre di molto il rateo di fuoco dell’artiglieria russa, quindi se l’orso Vladimiro spera di conseguire qualche risultato dovrà sbrigarsi. Solo che a questo punto il massimo che può sperare di ottenere dalla sua “grande offensiva”, è riuscire una buona volta a prendere Bakhmut. Una soddisfazione... Orio Giorgio Stirpe #guerrainucraina #Ucraina
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ambrenoir · 1 year
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QUANDO SI DICE VEDERE IL FUTURO
Era il 1956 quando il filosofo ebreo e tedesco Günther Anders, prima grande amico e poi marito di Hannah Arendt, scrisse questo passaggio all’interno del suo libro “L’uomo è antiquato”:
“Per soffocare in anticipo ogni rivolta, non bisogna essere violenti. I metodi del genere di Hitler sono superati. Basta creare un condizionamento collettivo così potente che l’idea stessa di rivolta non verrà nemmeno più alla mente degli uomini.
L’ ideale sarebbe quello di formattare gli individui fin dalla nascita limitando le loro abilità biologiche innate.
In secondo luogo, si continuerebbe il condizionamento riducendo drasticamente l’istruzione, per riportarla ad una forma di inserimento professionale. Un individuo ignorante ha solo un orizzonte di pensiero limitato e più il suo pensiero è limitato a preoccupazioni mediocri, meno può rivoltarsi.
Bisogna fare in modo che l’accesso al sapere diventi sempre più difficile e elitario. Il divario tra il popolo e la scienza, che l’informazione destinata al grande pubblico sia anestetizzata da qualsiasi contenuto sovversivo.
Niente filosofia. Anche in questo caso bisogna usare la persuasione e non la violenza diretta: si diffonderanno massicciamente, attraverso la televisione, divertimenti che adulano sempre l’emotività o l’istintivo. Affronteremo gli spiriti con ciò che è futile e giocoso. È buono, in chiacchiere e musica incessante, impedire allo spirito di pensare.
Metteremo la sessualità al primo posto degli interessi umani. Come tranquillante sociale, non c’è niente di meglio.
In generale si farà in modo di bandire la serietà dell’esistenza, di ridicolizzare tutto ciò che ha un valore elevato, di mantenere una costante apologia della leggerezza; in modo che l’euforia della pubblicità diventi lo standard della felicità umana. E il modello della libertà.
Il condizionamento produrrà così da sé tale integrazione, l’unica paura, che dovrà essere mantenuta, sarà quella di essere esclusi dal sistema e quindi di non poter più accedere alle condizioni necessarie alla felicità.
L’ uomo di massa, così prodotto, deve essere trattato come quello che è: un vitello, e deve essere monitorato come deve essere un gregge. Tutto ciò che permette di far addormentare la sua lucidità è un bene sociale, tutto ciò che metterebbe a repentaglio il suo risveglio deve essere ridicolizzato, soffocato, combattuto.
Ogni dottrina che mette in discussione il sistema deve prima essere designata come sovversiva e terrorista e coloro che la sostengono dovranno poi essere trattati come tali”.
Günther Anders. 1956 in “L’uomo è antiquato”
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⚠️ NOVITÀ IN LIBRERIA ⚠️
Gamal Abd el-Nasser
FILOSOFIA DELLA RIVOLUZIONE
Prefazione di Enrico Galoppini
Saggio conclusivo di Claudio Mutti
Militare e rivoluzionario di primo piano, capofila del panarabismo, leader “non allineato” ai diktat occidentali e strenuo difensore dell’auto determinazione delle sue genti, Gamal Abd Al-Nasser è stato considerato “il primo egiziano a governare l’Egitto dopo duemila anni”, emancipandolo dal giogo straniero e creando i presupposti per un “socialismo arabo”. La sua figura – che la vulgata mainstream liquida spesso come quella di un “tiranno” – ha indubbiamente scritto la storia del Vicino Oriente ed è rimasta indelebile nell’immaginario culturale e politico dei suoi popoli.
Nasser – infatti – ha attinto alla tradizione spirituale islamica senza scadere nel fondamentalismo, ha coltivato il laicismo senza cedere al collettivismo ateista di stampo sovietico, ha custodito le radici senza abdicare al progresso, ha difeso la sovranità senza negarsi al dialogo, ha unito pensiero e azione in una dottrina che ha saputo farsi – al tempo stesso – filosofia e prassi politica.
Questo testo – che compie, attraverso le sue memorie, una ricognizione nel cuore del Novecento – ci restituisce un’interessante fotografia delle sue idee e del suo percorso. Anzitutto, riporta alla luce la suggestione di una Rivoluzione che ha saputo realizzarsi nell’ordine di una visione del mondo organica e solidaristica, tenacemente fondata sul radicamento identitario, sul patriottismo eroico, sulla nobiltà del lavoro, sulla giustizia sociale, sulla volontà di attuare una politica estera autonoma, sull’indipendenza di un’economica nazionale sovrana e – come emerge da queste pagine – su una più alta concezione dell’Uomo e della libertà.
INFO & ORDINI:
www.passaggioalbosco.it
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Augusto Del Noce e il democratismo ateo
Riscopriamo le riflessioni di Del Noce sulla democrazia, che si discostano di molto da quanto pensano oggi anche tanti cattolici. Appunti in vista della Settimana sociale di Trieste. Continue reading Augusto Del Noce e il democratismo ateo
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carmenvicinanza · 2 years
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Kimberlé Crenshaw
https://www.unadonnalgiorno.it/kimberle-crenshaw/
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Kimberlé Crenshaw, avvocata e attivista statunitense esperta in teoria critica della razza è la donna che ha rivoluzionato il femminismo.
Per prima, infatti, ha introdotto il concetto di intersezionalità come ipotesi sociologica in un articolo scritto per il Forum legale dell’Università di Chicago nel 1987.
Dal titolo Emarginare l’intersezione tra razza e genere: una critica femminista nera della dottrina dell’antidiscriminazione, della teoria femminista e della politica antirazziale, forniva uno studio che evidenzia la discriminazione a cui sono soggette le donne nere e precarie negli Stati Uniti.
Kimberlé Crenshaw definisce l’intersezionalità come una situazione in cui una persona mette insieme caratteristiche razziali, sociali, sessuali e spirituali che la rendono soggetta a diverse forme di discriminazione. La sfida particolare è che le leggi guardano al genere e alla razza separatamente e di conseguenza le afroamericane e le altre donne di colore sperimentano forme di discriminazione sovrapposte e la giurisprudenza, ignara di come combinarle, le lascia senza giustizia.
Specializzata in diritto costituzionale, insegna alla UCLA School of Law e alla Columbia Law School dove ha fondato il Center for Intersectionality and Social Policy Studies.
Presiede anche il Center for Intersectional Justice  di Berlino.
Nata a Canton, in Ohio, il 5 maggio 1959, la prima laurea conseguita è stata in scienze politiche e  africanistica. Ha conseguito un dottorato a Harvard e un master all’Università del Wisconsin. Successivamente si è laureata in giurisprudenza all’Università della California di Los Angeles ed è diventata docente universitaria nel 1995.
Tiene seminari e conferenze in tutto il mondo. I suoi interessi di ricerca, divulgazione e formazione sono i diritti civili, il femminismo nero, il concetto di razza, il razzismo e i loro legami con la legge.
È direttrice e fondatrice del think tank African American Policy Forum che si concentra su questioni di genere e diversità con la missione di costruire ponti tra ricerca accademica e discorso pubblico nell’affrontare la disuguaglianza e la discriminazione.
Fa parte della Women’s Media Initiative e collabora con varie riviste tra cui Ms Magazine e The Nation. È una commentatrice regolare del The Tavis Smiley Show.
Ha scritto il documento di base sulla discriminazione razziale e di genere per la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sul razzismo, fatto parte del Comitato per la ricerca sulla violenza della National Science Foundation Against Women e del gruppo del CNR sulla ricerca sulla violenza contro le donne.
Nel 2015, è stata inserita nell’Ebony Power 100 ed è risultata al primo posto nella classifica delle personalità femministe della rivista Ms Magazine. L’anno successo ha parlato di intersezionalità in un seguitissimo Ted Talk.
Dal 2018 conduce il podcast Intersectionality Matters.
È molto attiva nel movimento Say Her Name, che cerca di far fuoriuscire dall’invisibilità le donne nere vittime della violenza della polizia.
Il suo lavoro ha influenzato la stesura della clausola di uguaglianza nella Costituzione del Sud Africa.Si è occupata ampiamente anche di molestie sul posto di lavoro.
Tra i vari libri scritti ricordiamo:
Parole che feriscono: teoria della razza critica, discorso d’assalto e primo emendamento e Teoria della corsa critica: documenti chiave che hanno plasmato il movimento.
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gregor-samsung · 2 years
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“ La mancata educazione delle pulsioni confina i ragazzi, fin dalla tenera età, a esprimersi unicamente con i gesti, invece che con le parole e i ragionamenti. Ne sono un esempio i cosiddetti “bulli”, coloro che compiono azioni riprovevoli senza la minima consapevolezza della gravità delle loro azioni. Come già abbiamo ricordato, Kant dice che: «La differenza tra il bene e il male potremmo anche non definirla perché ciascuno la ‘sente’ naturalmente da sé» [I. Kant, Metafisica dei costumi, § 23: “Dottrina delle virtù”]. Nel caso del bullo questo “sentire” è deficitario, perché chi ne soffre non ha mai incontrato momenti educativi che gli avrebbero consentito di avvertire quel­l’immediata risonanza emotiva che di solito accompagna i nostri comportamenti. Alludo a quella risonanza emotiva [...] che fin da bambini provavamo quando la mamma ci raccontava le fiabe, anche truci, perché i bambini non vanno esonerati dalla conoscenza del male e neppure dal lutto, che capiranno nei limiti della loro età, ma non ne saranno sorpresi, senza sapere come reagire, quando la vita li metterà di fronte a queste manifestazioni. Ascoltando quelle fiabe o accompagnati nella lettura dalle nostre mamme imparavamo, più per via emotiva che mentale, la differenza tra il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, il buono e il cattivo, acquisendo in tal modo un regolatore emotivo che ci consentiva di “sentire” quando le nostre azioni erano buone o cattive, giuste o ingiuste. Senza un’educazione emotiva, oltre a non avere un’immediata consapevolezza della bontà o meno delle nostre azioni, si rimane a livello pulsionale, con una pericolosità sociale che la cronaca nera di ogni giorno non cessa di illustrarci. Come si comporta la nostra scuola nei confronti dei “bulli”, che sono poi quei ragazzi il cui sviluppo psichico si è arrestato a livello pulsionale? Li sospende dalla frequenza scolastica, togliendo loro l’unica opportunità che in quegli anni hanno per poter emanciparsi e passare dal livello pulsionale al livello emotivo. Dovrebbero invece essere più accuditi, meglio curati affinché possano acquisire la consapevolezza delle loro azioni, in modo da sentirle risuonare dentro di loro come buone o cattive, come gravi o lievi. “
Umberto Galimberti, Il libro delle emozioni, Feltrinelli (collana Serie bianca), settembre 2021. [Libro elettronico; corsivi dell’autore]
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ma-come-mai · 2 years
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Da un libro scritto nel 1956:
🔺 ′′ Per soffocare in anticipo ogni rivolta, non bisogna agire violentemente. I metodi come quelli di Hitler sono superati. Basta creare un condizionamento collettivo talmente potente che l'idea stessa di rivolta non verrà nemmeno più alla mente degli uomini.
🔺 L ' ideale sarebbe formattare gli individui fin dalla nascita limitando le loro abilità biologiche innate. In secondo luogo, si prosegue il condizionamento riducendo drasticamente l'istruzione, per riportarla ad una forma di inserimento professionale. Un individuo ignorante ha solo un orizzonte di pensiero limitato e più il suo pensiero è limitato a preoccupazioni mediocri, meno può ribellarsi. Occorre garantire che l'accesso alla conoscenza diventi sempre più difficile ed elitario. Che il divario si aggravi tra il popolo e la scienza, che le informazioni destinate al grande pubblico siano anestetizzate da qualsiasi contenuto sovversivo.
🔺 Soprattutto niente filosofia. Anche in questo caso bisogna usare la persuasione e non la violenza diretta: diffonderemo massicciamente, attraverso la televisione, intrattenimento lusinghiero sempre l'emotivo o l'istintivo. Faremo gli spiriti con ciò che è inutile e divertente. È buono, in una chiacchierata e in una musica incessante, evitare che lo spirito pensi. Metteremo la sessualità in prima fila negli interessi umani. Come tranquillante sociale, non c'è niente di meglio
🔺 In generale si farà in modo di bandire la serietà dell'esistenza, di trasformare in derisione tutto ciò che ha un valore elevato, di mantenere una costante apologia della leggerezza; in modo che l'euforia della pubblicità diventi lo standard felicità umana e modello di libertà. Il condizionamento produrrà così da sé una tale integrazione, che l'unica paura - da mantenere - sarà quella di essere esclusi dal sistema e quindi di non poter più accedere alle condizioni necessarie alla felicità.
🔺 L ' uomo di massa, così prodotto, deve essere trattato come quello che è: un vitello e deve essere sorvegliato come deve essere un gregge. Tutto ciò che permette di addormentare la sua lucidità è socialmente buono, ciò che minaccia di svegliarla deve essere ridicolizzato, soffocato, combattuto. Ogni dottrina che mette in discussione il sistema deve essere prima designata come sovversiva e terrorista e chi la sostiene dovrà poi essere trattato come tali."
- Günther Anders, ′′ L ' Obsolescenza dell'uomo ", 1956 -
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crazy-so-na-sega · 2 years
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non è manipolazione...è solo ignoranza: Il falso Günther Anders dei complottisti
Ho appena scoperto una cosa agghiacciante. Sta circolando da qualche mese un testo attribuito al povero Günther Anders con tanto di citazione da “L’uomo è antiquato” e questa citazione è completamente inventata. In tutti i siti, anche in altre lingue, viene presentata con tanto di accurate notizie (tratte da Wikipedia) sul “filosofo ebreo” che avrebbe pronosticato già nel 1956 il grande complotto mondiale di oggi. Ovvio.
Questo testo viene diffuso su tutte le pagine di complottisti, no vax e fieri avversari della “dittatura sanitaria”. Ma è un falso. Da quanto sono riuscito a ricostruire, l’originale, in francese, dovrebbe essere di Serge Carfantan, filosofo spiritualista e “scettico” (sul suo profilo facebook girano prevalentemente notizie su quanto è corrotto l’ambiente medico, alcuni suoi post sono stati segnalati come contenenti bufale) che ha scritto un testo “ispirandosi” a Günther Anders:
In realtà il testo di Carfantan si trova anche collegato con Huxley – e sicuramente ricorda molto più da vicino la distopia de “Il mondo nuovo” che non le riflessioni de “L’uomo è antiquato”.
Successivamente questo testo viene letto da Montesano e da altri youtuber complottisti (come quello che vedete in foto) iniziando così a girare anche in italiano, ovviamente attribuito al povero Anders, passato armi e bagagli nelle file dei nazi paranoici.
Ecco la citazione farlocca:
“Per soffocare in anticipo ogni rivolta, non bisogna essere violenti. I metodi del genere di Hitler sono superati. Basta creare un condizionamento collettivo così potente che l’idea stessa di rivolta non verrà nemmeno più alla mente degli uomini. L’ ideale sarebbe quello di formattare gli individui fin dalla nascita limitando le loro abilità biologiche innate. In secondo luogo, si continuerebbe il condizionamento riducendo drasticamente l’istruzione, per riportarla ad una forma di inserimento professionale. Un individuo ignorante ha solo un orizzonte di pensiero limitato e più il suo pensiero è limitato a preoccupazioni mediocri, meno può rivoltarsi. Bisogna fare in modo che l’accesso al sapere diventi sempre più difficile e elitario. Il divario tra il popolo e la scienza, che l’informazione destinata al grande pubblico sia anestetizzata da qualsiasi contenuto sovversivo. Niente filosofia. Anche in questo caso bisogna usare la persuasione e non la violenza diretta: si diffonderanno massicciamente, attraverso la televisione, divertimenti che adulano sempre l’emotività o l’istintivo. Affronteremo gli spiriti con ciò che è futile e giocoso. E’ buono, in chiacchiere e musica incessante, impedire allo spirito di pensare. Metteremo la sessualità al primo posto degli interessi umani. Come tranquillante sociale, non c’è niente di meglio. In generale si farà in modo di bandire la serietà dell’esistenza, di ridicolizzare tutto ciò che ha un valore elevato, di mantenere una costante apologia della leggerezza; in modo che l’euforia della pubblicità diventi lo standard della felicità umana. E il modello della libertà. Il condizionamento produrrà così da sé tale integrazione, che l’unica paura, che dovrà essere mantenuta, sarà quella di essere esclusi dal sistema e quindi di non poter più accedere alle condizioni necessarie alla felicità. L’ uomo di massa, così prodotto, deve essere trattato come quello che è: un vitello, e deve essere monitorato come deve essere un gregge. Tutto ciò che permette di far addormentare la sua lucidità è un bene sociale, il che metterebbe a repentaglio il suo risveglio deve essere ridicolizzato, soffocato, Ogni dottrina che mette in discussione il sistema deve prima essere designata come sovversiva e terrorista e coloro che la sostengono dovranno poi essere trattati come tali“.
E questa invece è la citazione originale di Anders che ha “ispirato” i manipolatori:
Massenregie im Stile Hitlers erübrigt sich: Will man den Menschen zu einem Niemand machen (sogar stolz darauf, ein Niemand zu sein), dann braucht man ihn nicht mehr in Massenfluten zu ertränken; nicht mehr in einen, aus Masse massiv hergestellten, Bau einzubetonieren. Keine Entprägung, keine Entmachtung des Menschen als Menschen ist erfolgreicher als diejenige, die die Freiheit der Persönlichkeit und das Recht der Individualität scheinbar wahrt. Findet die Prozedur des „conditioning” bei jedermann gesondert statt: im Gehäuse des Einzelnen, in der Einsamkeit, in den Millionen Einsamkeiten, dann gelingt sie noch einmal so gut. Da die Behandlung sich als „fun” gibt; da sie dem Opfer nicht verrät, daß sie ihm Opfer abfordert; da sie ihm den Wahn seiner Privatheit, mindestens seines Privatraums, beläßt, bleibt sie vollkommen diskret.
Günther Anders, Die Antiquiertheit des Menschen, Beck, München 1961, p. 104
Non c’è bisogno della strategia di massa nello stile di Hitler: se si vuole ridurre l’uomo ad uno zero (persino ad essere orgoglioso di essere uno zero) non occorre più affogarlo in maree di massa, non occorre più cementarlo in una costruzione massiccia fatta di masse. Non c’è modo migliore di togliere all’uomo la sua personalità, la sua forza di uomo, di quello che preserva apparentemente la libertà della personalità e il diritto all’individualità. Se il processo del “conditioning” ha luogo per ognuno separatamente, nella casa del singolo, in solitudine, nei milioni di solitudini, tanto migliore sarà la riuscita. Dato che si presenta come “fun”, dato che non fa sapere alla vittima che pretende da lei dei sacrifici, dato che le lascia l’illusione della vita privata, o almeno del suo ambiente privato, il trattamento è assolutamente discreto.
Günther Anders, L’uomo è antiquato, Bollati Boringhieri, Torino 2003, p. 101.
Vi prego di condividere. Grazie.
-Marco Maurizzi
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poiché gira anche su tumblr...tanto per.....;-)
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pastrufazio · 2 years
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Ho partecipato ieri alle esequie di Cesare Cavalleri. È stato persona importante per la cultura di questa città. Se ci fossero cultura e città. O una loro idea, per quanto sbiadita. È solo un mio malinconico pensiero, beninteso.
Cesare faceva quello che riteneva giusto fare maneggiando i libri e la penna, la lirica e la prosa, credo senza porsi il problema di quanto quegli stessi libri e penne, poesie e prose fossero coerenti o confliggenti con questa o quell’idea. Caso mai il conflitto che rivelavano, e sul quale Cesare esercitava il suo acume critico, era con la sostanza dell’umano, con la sua pervicace esigenza di esserci e mostrarsi per quella che è e scoprirsi, alla fin fine, dipendente da Dio.
In questo senso per Cesare credo fosse difficile accettare l'idea di adattare il cattolicesimo ai tempi moderni, di mendicare a una qualche dottrina sociale la giustificazione del proprio agire “nella città rumorosa e vana” con una filosofia “bien apprise où le petit faisceau des choses visible se noie et disparaît dans la cohorte des Trônes et des Dominations”, come si esprimeva in uno dei suoi quaderni il grande storico Henri Irénée Marrou. E Milano sa bene quanta parte del cattolicesimo abbia giocato con i Troni e le Dominazioni.
Per lui la cultura c’era, la sua idea pure e la città anche. E questo basta e avanza per comporne il racconto e la testimonianza, magari partecipando a questo racconto alla pari di ben altre presenze e poteri, sempre molto attenti a definire le pertinenze altrui eppure altrettanto, e più, distratti nella custodia degli edifici, non solo materiali, da cui si traggono i diritti che esercitano. Gli edifici nelle cui pertinenze sostano i cattolici sono le chiese, le basiliche ma si estendono ben oltre e se in quella di Sant’Ambrogio si sono affollate persone alle quali non è stato chiesto se e quanto credevano, come avviene del resto in ogni celebrazione eucaristica, è proprio in virtù di quell’attività di custodia dei “palazzi celesti”, li chiama Anselm Kiefer e la tradizione ebraica nella permanente agli Hangar Pirelli, alla quale persone come Cesare hanno consegnato il proprio tempo e il proprio talento.
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