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#energia cittadina
divulgatoriseriali · 5 months
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Skateboard: Tra Evoluzione Urbana e Stile di Vita
Lo skateboard è più di uno sport, è una cultura radicata nelle strade urbane. Nato dall’idea di muoversi su quattro ruote, è diventato un simbolo di stile e design. Gli skater non sono solo praticanti sportivi, ma membri di una comunità dalla moda informale e creativa. La cultura si estende dagli skatepark e agli “spot” urbani. La nascita del primo skateboard: quando il surf incontra…
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mezzopieno-news · 6 months
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LA CITTÀ CON PIÙ ALBERI CHE PERSONE
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La città di Sheffield, nello Yorkshire inglese, si è sviluppata su un’area collinare alla confluenza di cinque fiumi. Fin dal 12° secolo le sue acque azionavano ruote idrauliche che davano energia a centinaia di mulini, tanto che la nascente cittadina divenne un rinomato centro per la produzione di manufatti metallici come posate e lame per coltelli. Più avanti, con l’avvento della Rivoluzione industriale, Sheffield consolidò la sua fama di “città del ferro” e vide crescere in modo considerevole altiforni e industrie siderurgiche.
Oggi tuttavia, quella che un tempo era una città a vocazione industriale, si è trasformata nel più verde centro urbano d’Inghilterra con una superficie pari al 61% del suo bacino urbano coperta da parchi, boschi e giardini. La svolta è iniziata nel 2012 quando, a seguito di una campagna per proteggere alcuni alberi cittadini abbattuti dalla municipalità, i residenti hanno stretto un patto con l’amministrazione che ha portato alla nascita della Sheffield Street Tree Partnership, un piano d’azione condiviso per tutelare e promuovere la piantumazione di alberi urbani e la loro fruizione da parte della cittadinanza.
I 4,5 milioni alberi in città superano ora di gran lunga la popolazione residente di 550.000 persone, un primato rispetto a qualsiasi altra città europea. Abitanti e visitatori possono goderne consultando la mappa della “verde-politana” poiché la vera differenza, ha affermato il responsabile del comune Mark Mobbs, “sta nel come gli spazi verdi collegano diverse parti della città e sono fruibili nella vita di tutti i giorni”.
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Fonte: Sheffield Street Tree Partnership; Città di Sheffield.
foto di Benjamin Elliott
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multiverseofseries · 9 days
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Beetlejuice Beetlejuice: il ritorno del cult di Tim Burton è un sentito omaggio
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Il classico di Tim Burton degli anni '80 torna con parte del cast originale, da Michael Keaton a Winona Ryder, oltre alla new entry Jenna Ortega. Presentato al Festival di Venezia 2024.
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La musica incalzante di Danny Elfman, la camera che scivola sulla cittadina di Winter River. È con un brivido che si accoglie l'apertura di Beetlejuice Beetlejuice, da fan di vecchia data del cult di Tim Burton e da amanti della filmografia del regista. Perché si capisce subito che è proprio ai fan di vecchia data che parlerà in prima battuta il film, questo ritorno che si affida a buona parte del cast originale, da Michael Keaton a Winona Ryder, con delle new entry d'eccezione come Willem Dafoe, Jenna Ortega e, ovviamente, Monica Bellucci.
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Winona Ryder torna nel sequel
Una trama (troppo?) elaborata per Beetlejuice Beetlejuice
Partiamo dallo spunto e l'intreccio, che ci hanno lasciato sensazioni contrastanti: ci è piaciuto lo spunto iniziale di tornare ai personaggi iconici di Beetlejuice a distanza di tanti anni, per ritrovare i Deetz e vedere come sono diventate le loro vite, dalla madre Delia che ancora insegue le sue pulsioni artistiche alla figlia Lydia la cui esistenza è ancora avvolta in quell'alone oscuro che avevamo amato negli anni '80, convogliato nella sua attività professionale. A loro si aggiunge una terza generazione di Deetz, rappresentata dalla figlia di Lydia, Astrid, tutte raccolta nuovamente a Winter River.
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Una sequenza di Beetlejuice Beetleuice
Lì la ragazza scopre il plastico dei Maitland ed entra in contatto con il mondo del soprannaturale in modi inaspettati, aprendo le porte al ritorno di Beetlejuice che è intanto alle prese con l'unico essere che riesce a spaventarlo: la sua ex moglie Delores. Più linee narrative che a tratti non trovano lo spazio e l'equilibrio necessario, come se la voglia di aggiungere idee e spunti avesse preso il sopravvento sulla compattezza narrativa. Un difetto che emerge soprattutto nel secondo atto, per poi sfociare con energia in un gran finale che rende giustizia alla potenza iconica dell'originale.
Un sequel tra evoluzione e omaggio
Abbiamo subito accennato a quello che ci è sembrato l'unico difetto di un film che nel complesso funziona: lo fa in quanto commedia macabra, con il gusto dark di Tim Burton che riemerge come in passato; lo fa in quanto omaggio in grado di parlare ai fan dell'originale, con richiami continui e sensati che i conoscitori sapranno identificare e amare; lo fa, ancora, come evoluzione di quei personaggi a cui ci sentiamo legati e che ritroviamo con emozione. In Beetlejuice Beetlejuice si nota, più che in altre produzioni recenti del regista, la voglia di costruire sequenze di grande impatto e nel divertimento che proviamo scorgiamo quello dello stesso Burton.
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Jenna Ortega è una delle new entry del film di Tim Burton
Parallelamente și percepisce la riflessione di un autore più maturo alle prese con personaggi che hanno abituato il suo passato e che esplora con curiosità a distanza di anni. Una riflessione che riguarda loro, ma in parallelo anche se stesso, un modo per ripensare alla sua vita e la sua carriera dal punto di vista privilegiato dell'autore più maturo.
La forza iconografica di Beetlejuice
È indubbio che il primo film abbia una forza iconografica incredibile, che abbia proposto al pubblico una sequenza da storia del cinema (la celebre, impagabile, cena/ballo) e il timore era che il sequel di Beetlejuice non riuscisse a rivaleggiare col suo predecessore su questo fronte. Seppur ovvio che qualcosa di quella potenza sia inarrivabile, non mancano i grandi momenti in questo nuovo film: una sequenza vede protagonista Monica Bellucci, un regalo di Burton all'attuale compagna, un altro è il gran finale, una cerimonia a ritmo di musica.
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Beetlejuice Beetlejuice: un'apparizione di Danny DeVito
Insomma un'operazione riuscita, un film compiuto al di là di qualche problema di gestione delle diverse linee narrative, ma soprattutto un film che i fan di Tim Burton e del primo Beetlejuice - Spiritello porcello apprezzeranno. Da estimatori non possiamo che esserne felici!
Conclusioni
In conclusione Beetlejuice Beetlejuice è un sentito omaggio di Tim Burton al suo film degli anni ’80 e a quel pubblico che l’ha seguito sin dagli esordi. Il cast originale conferma il lavoro fatto sui personaggi e ne evolve la portata, le new entry completano il quadro in termini di evoluzione della storia. Qualche incertezza di scrittura, soprattutto nella parte centrale della storia, non rovina un film che diverte ed evoca quelle sensazioni che dal sequel di Beetlejuice ci saremmo aspettati.
👍🏻
L’estetica di Tim Burton, che ritroviamo con piacere.
Quel gusto per la commedia dark, tipica dell’autore.
Michael Keaton, Winona Ryder e il cast originale.
Un paio di sequenze potenzialmente cult.
👎🏻
Alcune storyline meno sfruttate.
Qualche problema di equilibrio tra vecchi e nuovi personaggi.
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ombranelvento · 4 months
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vorrei tanto ritornare là in quella cittadina di mare dove il profumo della salsedine ti riempie le narici e il cuore. dove la gente non ti conosce e ti saluta con gentilezza. dove riesco a svegliarmi presto e a godermi la colazione e la mattinata. dove riuscivo a stare veramente serena e tenere il cellulare in modalità aereo. dove mi sono liberata di molte energie negative. eppure non posso, sono costretta a stare qui in questa gabbia, in questo turbine di energia negativa, di rabbia, di frustrazione dove non se ne esce più. sto davvero molto male, non vedo l’ora di finire di lavorare e fare qualcosa che veramente mi aggrada, che mi fa stare bene e che mi dona pace e tranquillità mentale perché sono sincera, non ce la faccio più.
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jangany-omt2024 · 4 months
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Gli interventi degli ADJ al concerto
Introduzione al concerto
Buonasera a tutti
Grazie di essere qui, così numerosi.
Immaginate una brousse, una savana che si estende come la nostra val di Susa; nel sud del Madagascar… nel sud del Madagascar, non a nord dove ci sono le spiagge caraibiche, nel sud dove i cambiamenti climatici in questi anni hanno provocato desertificazione e un’ondata di migrazione interna, verso nord di 1,5 milioni di persone.
Immaginate un piccolo villaggio, in un altopiano che si chiama Horombè, ai margini di una regione così secca e arida che viene chiamata Foresta spinosa.
Immaginate questo villaggio fatto di capanne, in paglia e fango.
Immaginate che 30 anni fa c’erano 400 persone e c’erano anche 400 maiali selvatici che giravano; le persone sono dell’etnia dei bara, quella considerata più misera e ignorante in tutto il Madagascar.
Il villaggio è isolato, non ci sono strade e ponti; nella stagione delle piogge è impossibile raggiungere le piccole cittadine a 100 - 200 km di distanza.
Immaginate cicloni che passano e tirano le capanne, distruggono le poche risaie dei ricchi, risaie che vengono preparate solcando il terreno con un bastone di legno perché ancora non si conosce neppure l’aratro
Immaginate che l’anno dopo le risaie sono distrutte dal passaggio delle cavallette
Immaginate che si mangia solo manioca, un tubero privo di sostanze
Immaginate che l’anno dopo le piogge non sono sufficienti per la risaia
e nessuno sa che nel sottosuolo c’è l’acqua ma si beve l’acqua delle risaie con danni alla salute. L’attesa di vita è di 37 anni
non c’è un medico, un infermiere, molte donne muoiono durante il parto
non ci sono metalli, energia, istruzione
Tutto questo 30 anni fa, al villaggio di Jangany
Immaginate poi un uomo bianco, un missionario, che decide di andare lì, che impara il malgascio, poi va a parlare, prima con gli anziani e con gli stregoni, poi con la gente
Non tutte le sue lettere verso l’Italia arrivano perché i francobolli esteri vengono facilmente rubati
Immaginate che i nostri Silvio e Domenico, che sono qui in sala, vanno a Jangany e incontrano il missionario padre Tonino; nel niente di quel territorio padre Tonino prende un bastone e lo fissa in mezzo a dei rovi, poi va avanti 15 metri e pianta un altro paletto e dice: “qui faremo la prima aula della scuola”
Immaginate che nel 1989 parte la prima scuola con un insegnante 41 studenti di tutte le età, dai bambini agli adulti… là dove l’analfabetismo era totale
Immaginate tutto questo. Il resto ve lo racconterà Antonio, vicepresidente degli amici di Jangany, nell’intervallo. Per ora vi dico solo che il villaggio è oggi di 10.000 abitanti, 3000 bambini e ragazzi sono stati toccati dall’istruzione e proprio l’istruzione è al centro del nostro prossimo progetto: Jangany, è un seme, quello per cui la OMT sta donando la sua musica questa sera.
Noi, gli amici di Jangany, siamo una piccola rete di qualche associazione, alcune scuole e qualche parrocchia amica, e molte persone che ci hanno dato la loro fiducia. Non abbiamo costi, tutte le offerte che saranno raccolta in questa serata saranno utilizzate per il progetto Jangany, è un seme.
Renato Gava, presidente Amici di Jangany ODV
Intervento nell'intervallo del concerto
Vi racconto cosa è diventata oggi Jangany, dopo 30 anni di percorso seguito dalla nostra associazione – Amici di Jangany – che da rete di amicizia e collaborazione tra diverse realtà è diventata legalmente nel 2021 un’Organizzazione di Volontariato. Un ente che può ricevere ora anche i contributi statali relativi al 5x1.000 – al termine dello spettacolo di questa sera troverete all’uscita alcune persone dell’associazione che distribuiranno una cartolina con l’indicazione del nostro Codice Fiscale che potrà essere utilizzato, se vorrete, in fase di dichiarazione dei redditi.
Riprendendo a parlare di Jangany, vi devo dire che non possiamo più parlare di villaggio, ma di una vera cittadina perché gli abitanti sono ormai 10.000.
Avere a cuore lo sviluppo di una intera città, situata nel cuore del Madagascar, è un grossa responsabilità che sentiamo e viviamo quotidianamente perché bisogna fare scelte importanti per orientare la crescita delle persone e uno sviluppo economico e sociale che sia sostenibile nel tempo attraverso l'impegno e la responsabilità degli abitanti stessi: bisogna trovare la condivisione dei progetti con le persone di riferimento di Jangany . E, molto importante perché le cose funzionino, dare un valore, anche economico, a tutte le cose perché quanto realizzato sia considerato parte integrante della città e degno di essere mantenuto e sviluppato negli anni a venire.
Vi voglio parlare in questi pochi minuti di 2 cose che abbiamo realizzato a Jangany.
La prima – la più importante in assoluto per agevolare il cambio di mentalità - è la scuola. Questo anno scolastico 2023/2024 ha visto iscritti alla scuola della missione circa 1.000 ragazzi tra tutte le classi (scuola materna, elementari, medie e liceo) e in questi anni oltre 3.000 ragazzi hanno potuto frequentare la scuola e imparare a leggere e scrivere.
La scuola si chiama Sainte Marie e i suoi allievi sono tra i più bravi di tutto il sud Madagascar e molti voti degli esami annuali sono eccellenti.
La scuola offre anche un pasto quotidiano agli allievi, grazie alle offerte che riceviamo dai benefattori per le adozioni a distanza. Con 30€ riusciamo a garantire la copertura di un intero anno scolastico per ciascun ragazzo. Chi vive lontano e non può rientrare a casa tutti i giorni al temine delle lezioni, viene anche ospitato presso la missione come in un collegio.
La scuola rappresenta per tutta Jangany la svolta determinante verso un futuro diverso e migliore. Ve ne dò una testimonianza concreta leggendovi due lettere che i ragazzi di Jangany hanno scritto ai loro coetanei dell’IC di Pino Torinese, con i quali è in corso un gemellaggio e un’attività continua di scambio epistolare e di collegamenti on line.
Cara amica italiana, Emma Grazie per la tua gentile lettera, mi ha davvero rallegrato la giornata. Mi chiamo Evah, ho 15 anni e ora frequento la classe 3B. Ho due sorelle e quattro fratelli e voglio loro molto bene. Il mio cibo preferito è il mais con il latte e il mio animale preferito è un coniglietto timido. Passo molto tempo a ballare, perché da grande voglio diventare una ballerina famosa. Amo la mia scuola perché mi dà conoscenza, abilità e saggezza. Mi aiuta anche a realizzare i miei sogni. Vorrei terminare i miei studi al Lycée Sainte Marie e, se i miei genitori possono permetterselo, vorrei continuare i miei studi all'estero, soprattutto in Europa, alla scuola di danza. Conto molto sulle vostre preghiere e su tutto ciò che potete offrirmi per realizzare il mio sogno. Ti saluto con amicizia sincera, Evah
Mio caro amico, David. Grazie per la tua gentile lettera, mi ha davvero rallegrato la giornata. Mi chiamo Maures, sono una ragazza di 16 anni e ora frequento il decimo anno. Ho 4 fratelli e 2 sorelle. Nel mio futuro immagino una brillante carriera come medico perché voglio prendermi cura dei malati. Vorrei finire gli studi e, soprattutto, vorrei essere costante nei miei sforzi. L'anno scorso c'è stata una grande mancanza d'acqua, ma ora il clima si è riequilibrato e c'è molta pioggia. Quest'anno c'è stato un ciclone che ha spazzato via alcuni tetti e distrutto alcune case, ma in generale ce la facciamo sempre, grazie alle vostre preghiere. Abbiamo buoi, capre, conigli, maiali, pecore e pollame. A Jangany ci sono anche molte cose da fare: durante le vacanze, il nostro hobby è quello di radunare il bestiame nei pascoli, andiamo a nuotare e nel pomeriggio del fine settimana giochiamo a calcio e quasi tutti i giovani partecipano. Qui parliamo il malgascio, che è la base di tutte le lingue del Madagascar, ma la nostra lingua scolastica è il francese.
La seconda cosa di cui voglio parlarvi è l'impianto fotovoltaico di Jangany che garantisce energia elettrica quotidiana.
Noi non riusciamo più a renderci conto del valore dell'elettricità permanente perché ormai nel nostro mondo è qualcosa di assodato, di garantito. E anzi si cercano nuove modalità per accumularla e produrne di nuova, modi più green come si usa dire oggi, che sfruttino le forze della natura, come il sole e il vento e non solamente l'acqua, che ahimè è un bene sempre più prezioso.
A Jangany nel 2016 sono stati montati dei pannelli fotovoltaici ed è stato realizzato un impianto energetico che garantiva il funzionamento della scuola, del dispensario, del centro rurale. Pensate che siamo riusciti a distribuire l'energia elettrica anche ad 80 abitazioni private attraverso l'installazione di alcuni contatori elettrici.
Le vie principali della città vengono illuminate durante la notte per contrastare il fenomeno del brigantaggio, che è una vera piaga in tutto il Madagascar.
Solo che l'impianto si è usurato nel corso degli anni e le batterie hanno esaurito la loro funzione.
Nell'ultimo biennio abbiamo quindi raccolto fondi per sostituire le batterie esauste, rinnovare gli inverter ed ampliare l'impianto con oltre 100 nuovi pannelli solari.
Durante l'estate alcuni tecnici specializzati della ditta Solaris di Settimo Torinese si recheranno a Jangany per sostituire anche la cabina elettrica che governa il funzionamento dell’impianto e per installare delle nuove batterie al litio, che dureranno ben di più delle precedenti.
Con la potenza superiore dell'impianto si potranno anche elettrificare le pompe dei forages, i pozzi scavati ad oltre 60 metri di profondità e realizzare uno chateaux d'eau per governare il sistema di distribuzione dell’acqua di tutta Jangany.
Da quest'anno invece stiamo raccogliendo fondi per un nuovo progetto che abbiamo chiamato Jangany è un seme. Grazie per le offerte che state facendo questa sera perché quanto verrà raccolto sarà destinato proprio a questo progetto.
Vogliamo dedicarci nei prossimi anni a formare le persone di Jangany verso professioni che possano essere esercitate proprio a Jangany.
Abbiamo ricevuto in dono una decina di macchine da cucire che spediremo nel prossimo container e che serviranno per avviare una scuola di sartoria presso il centro rurale.
Attraverso l'erogazione di alcune borse di studio, vogliamo far studiare alcuni ragazzi nella scuola professionale della capitale Antananarivo perché tornino tra qualche anno a Jangany ad esercitare la loro professione di artigiani e coltivatori.
Vogliamo istruire alcuni giovani sui temi elettrici perché possano rientrare a Jangany e gestire l'impianto fotovoltaico ed effettuare la manutenzione in caso di necessità.
Vogliamo potenziare la formazione dei giovani di Jangany in ambito agrario, migliorando e ampliando quanto già si sta facendo presso il Centro di Formazione Rurale.
Voglio chiudere questo momento ringraziandovi a nome di tutta l’associazione per la partecipazione così numerosa a questo evento che ci consentirà di realizzare ancora una volta qualcosa di importante per la città di Jangany.
Ringrazio soprattutto questi ragazzi che ci regalano questi splendidi brani musicali e per la loro solidarietà con i giovani di Jangany. 
Antonio Carrabba, vicepresidente Amici di Jangany ODV
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olitaly · 5 months
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bergamorisvegliata · 8 months
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I LUOGHI DELL'ANIMA
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Una cascata fuori dalla porta di casa?
Sì! Se la cascata si trova in un piccolo borgo della Ciociaria, per l'esattezza in provincia di Frosinone e per la precisione a Isola del Liri.
Ma vediamo alcune note tratte dal sito
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Isola del Liri (anche nota come Lisëra in dialetto) è un comune italiano che appartiene alla provincia di Frosinone e conta circa 11.800 abitanti distribuiti all'interno di una superficie di 16,01 chilometri quadrati. Il centro cittadino sorge proprio all'interno di una piccola isola formata dal fiume Liri, in un tratto in cui si biforca in due bracci all'altezza dal Castello Bomcompagni - Viscogliosi, formando due salti di nome Cascata grande e Cascata del Valcatoio: entrambe sono alte circa 27 metri, ma il salto della seconda non è perfettamente verticale, visto che segue un piano inclinato con una pendenza del 17%. Dal punto di vista climatico Isola del Liri presenta temperature tendenzialmente calde e non difformi a quelle del resto della sua zona di appartenenza, con precipitazioni concentrate soprattutto durante la stagione invernale: il mese più freddo dell'anno è gennaio, durante il quale si registra una media di 5.5 °C, mentre il più caldo è luglio, durante il quale si registra una media di 22.5 °C. La storia di Isola del Liri è, come è facile intuire, strettamente legata a quella della vicinissima Roma e, volendo stringere il tiro, innanzitutto a quella dei due municipi romani vicini di Arpinum
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e Sora, che un tempo si spartivano il suo territorio comunale. Non a caso per anni la località è stata nota anche come "Isola di Sora" (o "Isola presso Sora") ed avrebbe ottenuto il suo toponimo attuale soltanto nel 1869. Con la caduta dell'Impero la città cadde prima sotto il dominio bizantino, quindi sotto quello longobardo, per poi venire nuovamente accorpata alla contea di Sora nel Principato di Capua. Gli anni del cosiddetto Ancien Régime sono anni di grande sviluppo per Isola del Liri, che deve molto all'opera della famiglia Boncompagni e a quella dei nobili del Ducato di Sora. Proprio in questi anni il comune sarebbe poi stato teatro di un noto eccidio compiuto dall'esercito rivoluzionario nella Chiesa di San Lorenzo Martire nel maggio del 1799.
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Il successivo XIX secolo è quello dello sviluppo industriale e della nascita di diversi cantieri nella vicina Valle del Liri, con particolare predilezione per la fabbricazione e la lavorazione della carta e non a caso nel Novecento il centro era uno dei pochi della zona a disporre di energia elettrica. Uno sviluppo che, come è facile intuire, sarebbe stato bruscamente fermato dalla Prima guerra mondiale, ma che poi invece avrebbe attraversato la seconda senza particolari intoppi nonostante alcuni drammatici bombardamenti da parte degli alleati. La stabilità economica di Isola del Liri ha attraversato gli anni del boom e ancora oggi rende la località un caso più unico che raro di cittadina della provincia di Frosinone con un elevato tasso di benessere, un sistema locale organizzato ed un'istruzione media particolarmente significativa. Non a caso dunque, nonostante le sue piccole dimensioni, ha dato i natali a diverse personalità arrivate ad eccellere nel proprio campo di competenza: dall'astronomo Federico Zuccari a Giustiniano Nicolucci, fondatore dell'antropologia italiana; dalla poetessa Gianna Sarra al regista Daniele Costantini,
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passando per Bruno Magliocchetti, politico locale, ex sindaco e senatore della Repubblica. Isola del Liri dista circa 23 chilometri dal suo capoluogo di provincia Frosinone, a cui è collegata principalmente dalla Strada Regionale SR214 Maria e Isola Casamari; un'altra importante arteria locale è la Strada Statale 82 della Valle del Liri, che da Sora sale attraversando tutta la valle ed arrivando fino ad Avezzano in Abruzzo. Detto ciò Isola del Liri è servita a livello ferroviario dalla stazione Avezzano - Roccasecca,
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mentre per prendere un volo è necessario muoversi fino all’aeroporto di Ciampino o all’aeroporto di Fiumicino: il primo dista circa 100 chilometri dal centro abitato, il secondo circa 130.
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lamilanomagazine · 9 months
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Bologna, balla per le feste celebrando il cinquantennale della cultura hip hop
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Bologna, balla per le feste celebrando il cinquantennale della cultura hip hop Torna Dancin'Bo, la kermesse bolognese della danza che quest'anno presenta un'edizione speciale dedicata ai 50 anni della cultura hip hop. Dal 27 al 30 dicembre, in vari luoghi della città tra cui Salaborsa, Piazza del Nettuno, il Cinema Modernissimo e il TPO, non solo ballo ma una vera e propria immersione in un mondo musicale e artistico, per la quinta edizione del progetto del Comune, ideato e diretto da Vittoria Cappelli e Monica Ratti e realizzato da Avvertenze Generali in una collaborazione straordinaria con BoloBeat Festival, diretto da Luca Gricinella, Wissal Houbabi e U.net e con la KC Artists di Cristiano Kris Buzzi e Carlos Kamizele. Una grande festa della danza intrecciata con tanti appuntamenti, per celebrare l'hip hop come cultura multiforme e inclusiva che, dalle origini nelle periferie newyorkesi, ha trovato casa anche a Bologna grazie allo spirito collettivo e sotterraneo che la città ancora conserva. Un programma di iniziative multidisciplinare e multiculturale dove le generazioni si incontrano per godere di spettacoli realizzati dalle scuole di danza di Bologna e dell'area metropolitana, partecipare a performance messe in scena da professionisti affermati, battle e lezioni aperte, talk con esperti del settore ed artisti di fama. Non mancheranno partite di basket, sport prediletto dall'hip hop, proiezioni, presentazione di libri, happening musicali, con rapper e dj affermati, per terminare con una grande jam che chiude la quattro giorni dedicata ad un mondo fatto di energia, militanza e passione. "Dancin'Bo si conferma per Bologna un grande appuntamento di festa culturale e partecipazione che, grazie alla direzione artistica di Vittoria Cappelli e Monica Ratti, porta la danza ad abitare lo spazio pubblico e i luoghi della vita cittadina, durante il periodo delle feste di fine anno. Una formula consolidata che in questa edizione si arricchisce della collaborazione con la realtà di BoloBeat Festival, in un omaggio speciale alla cultura hip hop di cui vogliamo celebrare quest'anno il cinquantennale e che a Bologna conta protagonisti ed esperienze significative fin dal primo radicamento di questo importante movimento culturale in Italia. Una invasione hip hop a passo di musica, danza e visioni con numerosi artisti e artiste tra spettacoli, laboratori e un coinvolgimento significativo di tante scuole di danza del nostro territorio" dichiara Elena Di Gioia, delegata alla Cultura di Bologna e Città metropolitana. Nel ripercorrere la storia, la natura artistica e sociale dell'hip hop come grandioso movimento culturale che ha pervaso il mondo, conquistando i giovani e contaminando le culture, il composito programma della kermesse si divide in due sezioni: la parte che si muove nel solco storico di Dancin'Bo, articolata in particolar modo sulla danza e lo spettacolo hip hop nelle sue varie forme, e quella a cura di BoloBeat Festival, che punta sulla musica, il beat, quel ritmo pulsante e vitale che anima lo spirito dell'hip hop e sull'approfondimento culturale dello storico movimento. Grandi esponenti ed esperti dell'hip hop parteciperanno in presenza o con le loro creazioni: artisti come Inoki, Amir Issaa, Zatarra, Sirx Samba, Dj Lugi (che ha collaborato, tra gli altri, con Neffa, Fritz da Kat, Esa, Kaos, Inoki e Fabri Fibra), Dj Django, Dj Shawa, Master Freez e The Next One, i coreografi Kris e Federica Galimberti, Carlos Kamizele (anche in veste di danzatore), Filippo Gamberini, Alessandra Ruggeri, i danzatori Mario Charty (Blackroots), Mattia Sly Quintavalle e Giacomo Jack Turati con il progetto RIAD, le crew TDB e KC Dance Company, l'attore Cristiano Caldironi (attore poliedrico e direttore artistico, dirige CAT Masterclass) e i professori Fabiola Naldi (professoressa e critica d'arte esperta di writing e street art), Marco Solaroli (professore di Culture musicali urbane al Dams di Bologna), Stefano Zenni (musicologo e docente), la giornalista Iman Scriba, Marilson Paulo Da Silva (No Parla Tanto Records / etichetta e management di Simba La Rue e Baby Gang). Per il suo stretto rapporto con la storia dell'hip hop, al basket è dedicata la prima giornata della manifestazione con "Street Basket meets Hip Hop" che vedrà due appuntamenti il 27 dicembre, il primo al playground dei Giardini Fava organizzato con i Regaz dei Fava e il secondo al centro culturale Granata per un talk sul tema. La serata di spettacolo "Hip Hop/Into the Groove" sarà il 28 dicembre in Piazza coperta di Salaborsa e vedrà Carlos Kamizele interpretare insieme all'attore Cristiano Caldironi un pezzo inedito, oltre a un estratto da Soac, la splendida coreografia di Cristiano Kris Buzzi e Federica Galimberti, appena reduce dal successo del suo debutto. Ma ancora le coreografie di giovani artisti di grande talento con il finale, lo spettacolo SoFa, coreografato da Cristiano Kris Buzzi, Carlos Kamizele e Filippo Gamberini, un omaggio a Luigi Piccione aka Swan, grande artista di street dance, che ha lasciato troppo presto un vuoto incolmabile. Le scuole di danza del territorio, come sempre in prima linea a fare rete artistica e culturale, sono l'anima vitale e gioiosa della manifestazione. 250 allievi di tutte le età che si alterneranno il 28 e il 29 dicembre sul tappeto danza di Piazza del Nettuno nello spettacolo "Hip Hop On The Go", sono il futuro di chi sceglie una vita improntata alla creatività e alla gioia facendo del movimento artistico una ragione di vita, contro l'alienazione del quotidiano in un'attività creativa che promuove e sostiene una socialità sana e multiculturale. Le 13 scuole di danza partecipanti sono: Alisei Danza diretta da Alice Casellato, Bologna Danza by Gymmoving diretta da Francesco Volpe, sezione Hip Hop diretta da Simone Alberti, Dance Studio 63 diretta da Antonella Pepe, sezione Hip Hop diretta da Mattia Casotti e Natalia Mihailov, Flash Dance Academy diretta da Giulia Volta e Jasmine Smith, Grand Jeté Dance Academy diretta da Ersilia Patrizia Piccolomini, Jump Dance Studio diretto da Vanessa Manaresi, KC Academy diretta da Cristiano Kris Buzzi e Carlos Kamizele, Il Cigno diretto da Ornella Verde, Progetto Danza DEF diretto da Ilaria Di Ruggiero, Rui Ballet diretto da Riccardo Ruiba, Somnium Ballet diretto da Samuel e Alexa Rabbi, Studio Movimento diretto da Marta Marzocchi e Winning Dance Studio diretto da Elisa Pareschi. Tra le tante attività, anche la masterclass di afro dance gratuita e le battle in Salaborsa venerdì 29. La Battle Afro 1 vs 1 è gratuita, aperta a tutti e senza limite di età mentre la Battle Show 2 vs 2 vedrà la sfida tra 16 professionisti invitati da tutta Italia, in cui ogni coppia rappresenta una realtà diversa del mondo della street dance con l'hip hop, il popping, l'electro, l'afro, l'house, il krump, il waacking e il breaking. A giudicarsi tra loro saranno gli stessi partecipanti alle battle. Sul grande schermo due documentari e un film di finzione che ripercorrono la nascita e il boom anni Novanta dell'hip hop, inquadrando il fenomeno nel contesto sociale e culturale dell'epoca, evocandone radici e rintracciandone le moderne derivazioni, con una maratona tra il cinema Lumière e il Modernissimo dove il 29 dicembre saranno proiettate "From Mambo to hip hop: a South Bronx Tale" (2006) di Henry Chalfant con l'introduzione di U.net (storico dell'hip hop), "Fa' la cosa sbagliata - The Wackness" (2008) di Jonathan Levine con introduzione di Luca Gricinella (giornalista e autore) e "Tlacuilos" di Federico Peixoto Gafeto (2021) con l'introduzione di Wissal Houbabi (artista, scrittrice e attivista). A chiudere la manifestazione il 30 dicembre la jam/closing party al TPO, in collaborazione con Strictly underground, un finale scoppiettante che, dopo un altro talk pomeridiano di approfondimento, vedrà i dj set condotti Dj Django e Dj Shawa (membri di ClubSmokas) e da due esponenti storici dell'hip hop come Master Freez e The Next One, con il breaking protagonista in pista. Sono otto i luoghi della città in cui si articola il variegato programma di Dancin'BO, luoghi autentici e vivi che non fanno solo da "cornice" bensì sono protagonisti anch'essi, con la loro storia e la loro peculiare essenza: il campetto da basket dei Giardini Graziella Fava, la sede di Granata, impresa creativa e spazio multifunzione e multiculturale, Piazza del Nettuno, la Sala Tassinari di Palazzo d'Accursio, il Salone di parrucchieri Marrakech in Bolognina, la Piazza Coperta di Salaborsa, i due cinema Lumière e Modernissimo e il centro sociale e culturale TPO-Teatro Polivalente Occupato. Dancin'Bo si conferma una manifestazione dai grandi numeri, in particolare questa edizione vede la collaborazione di 5 esperti di musica e cultura hip hop, si diffonde in 8 location e coinvolge 10 artisti tra rapper e dj, 35 danzatori professionisti, 32 coreografi, 13 scuole di danza e 250 allievi. Dancin'Bo 2023, è organizzato con il sostegno del Comune di Bologna | Settore Cultura e Creatività, in collaborazione con Fondazione Cineteca e Settore Biblioteche e Welfare Culturale |Biblioteca Salaborsa, e fa parte di Festivamente, il cartellone curato dal Settore Cultura e Creatività del Comune di Bologna per le festività 2023-2024 che invita a vivere insieme il periodo delle feste in città, all'insegna della cultura, dell'arte e della socialità. La manifestazione è a ingresso gratuito per tutte le iniziative escluse le proiezioni che prevedono un biglietto di € 5.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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weirdesplinder · 1 year
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Festivaletteratura Mantova 2023
Anche quest'anno la mia città, Mantova, ospita il FESTIVALETTERATURA, 5 giorni di festival dedicato alla lettura e ai libri. tantissimi sono gli ospiti presenti all'edizione 2023, troppi per elencarli tutti, se volete l'elenco completo potete trovarlo sul sito ufficiale della manifestazione, qui: https://www.festivaletteratura.it/it
Il festival si terrà dal 06/09/2023 al 10/09/2023, ma se non potete venire a Mantova per respirare l'atmosfera magica che si vive in questi giorni, non preoccupatevi, potrete comunque seguire alcuni appuntamenti anche online in streaming qui: https://www.youtube.com/@Festivaletteratura
Io nel mio piccolo voglio segnalarvi alcuni autori e libri ospiti di questa edizione che personalmente ritengo degli di nota:
Cambiare l'acqua ai fiori, di Valerie Perrin
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Trama: Violette Toussaint è guardiana di un cimitero di una cittadina della Borgogna. Ricorda un po’ Renée, la protagonista dell’Eleganza del riccio, perché come lei nasconde dietro un’apparenza sciatta una grande personalità e una storia piena di misteri. Durante le visite ai loro cari, tante persone vengono a trovare nella sua casetta questa bella donna, solare, dal cuore grande, che ha sempre una parola gentile per tutti, è sempre pronta a offrire un caffè caldo o un cordiale. Un giorno un poliziotto arrivato da Marsiglia si presenta con una strana richiesta: sua madre, recentemente scomparsa, ha espresso la volontà di essere sepolta in quel lontano paesino nella tomba di uno sconosciuto signore del posto. Da quel momento le cose prendono una piega inattesa, emergono legami fino allora taciuti tra vivi e morti e certe anime che parevano nere si rivelano luminose.
La mia opinione: Valerie Perrin è un'autrice già nota al grande pubblico che col suo ultimo romanzo si è confermata una delle voci più confortanti narrativamente parlando del panorama letterario europeo. Se avete amato libri come Chocolat o L'Eleganza del riccio e le loro autrici, non potrà non piacervi anche lei.
L'inventore, di Miguel Bonnefoy
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Trama: Semur-en-Auxois, Francia, prima metà del Diciannovesimo secolo. Augustin Mouchot, cagionevole figlio di un umile fabbro, è destinato a un’esistenza anonima. Dopo aver sconfitto innumerevoli malanni e dato prova del suo talento per la matematica, è chiaro a tutti però che il ragazzo ha le carte in regola affinché un giorno si schiudano per lui le porte di Parigi. Ed ecco che d’improvviso, tra le pagine dei volumi di una sontuosa libreria, Mouchot si infatua delle possibilità nascoste dietro lo sfruttamento dei raggi solari. La macchina da lui ideata, soprannominata Ottaviano, sedurrà i potenti della sua epoca, finendo per conquistare persino Napoleone III. Verrà presentata all’Esposizione universale di Parigi nel 1878. E, tra mille altre prodezze, sarà in grado di produrre da sé un blocco di ghiaccio. Ma, sarà proprio il progresso tecnologico a risospingere nell’oblio Mouchot: l’èra del carbone segnerà la rovina dei suoi sogni di gloria, e a nulla varrà il tentativo di riabilitare la sua scoperta facendo fiorire il deserto sotto il cielo algerino. Ma cosa sarebbe accaduto se la storia avesse preso una piega diversa? Una banda di ladri, un misterioso tesoro, un tralcio di vite che dalla Francia attraversa l’oceano per arrivare in Cile e l’inventore dei primi motori a energia solare, ingiustamente dimenticato…
La mia opinione: romanzo che parte da un personaggio storico realmente esistito per poi costruire una storia intrigante e un po' magica e surreale, dal sapore tipicamente sudamericano.
Vento da est, di Stefania Bertola
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Trama: Quando le chiedono di occuparsi per qualche mese della casa di Damiano Galanti, raffinato designer di hotel nelle Repubbliche Baltiche, a Brigida sembra di aver trovato il lavoretto ideale. E lei è una che di lavoretti se ne intende, perché dopo la laurea in Filosofia ne ha fatti parecchi: runner per i set cinematografici, barista, dog-sitter, baby-sitter, badante part-time di un’anziana signora con la fissa per la moda, donna delle pulizie in un’impresa chiamata Bolle di Sapone. Per una come Brigida, abituata a prendere quello che viene senza pensare troppo al domani, improvvisarsi casasitter è un gioco da ragazzi. Ma le cose, fin dall’inizio, si rivelano più difficili del previsto: l’appartamento in cui si trasferisce sembra una bella adescatrice pronta a sedurre chiunque si avvicini. Agenti immobiliari con cui basta distrarsi un attimo e si finisce a letto, attrici senza scrupoli che vogliono organizzare spettacoli privati in salotto, parenti ricattatori, bambini parcheggiati lì fino a data da destinarsi. E poi ci sono due gatti che non devono scappare per nessuna ragione al mondo, un terrazzo da innaffiare e far fiorire, le improvvisate dell’ex moglie e della Fidanzata Complicata del padrone di casa, e soprattutto bisogna stare attentissimi alla Tiffany dal valore inestimabile in bella vista sul comodino. Brigida si barcamena come può, fa cautamente amicizia con le piante e nei ritagli di tempo potrebbe anche trovare l’amore, se solo non fosse così impegnata a risolvere una montagna di guai.
La mia opinione: autrice che io amo particolarmente per la sua vena ironica e il suo stile chiaro e semplice, e al festiva non manca mai.
Detective in cerca d'autore, di Anthony Horowitz
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Trama: Alle 11 di uno sfavillante mattino primaverile la signora Cowper, madre di un famoso attore, entra in un'agenzia di onoranze funebri per prendere accordi per il proprio funerale; verrà assassinata sei ore più tardi nel suo appartamento londinese, strangolata con il cordoncino di una tenda. È una morte che Daniel Hawthorne, ex detective e oggi consulente esterno della squadra omicidi, non può derubricare a coincidenza. Oltre ai modi bruschi, l'insulto facile e le tasche vuote, Hawthorne ha un fiuto eccezionale, utile alla polizia nei casi più spinosi. Chiamato a investigare anche in questa occasione, vorrebbe che il celebre giallista Anthony Horowitz, sua vecchia conoscenza, scrivesse un libro sull'indagine in corso: sarebbe senz'altro un bestseller, i cui guadagni verrebbero divisi in parti uguali. Ed è uno spunto di trama servito su un piatto d'argento a uno scrittore momentaneamente a corto di idee. Quindi, sebbene Horowitz non abbia alcuna voglia di immischiarsi con un uomo a dir poco spigoloso, eccolo ritrovarsi, suo malgrado, coinvolto nel progetto. Un produttore teatrale accusato di frode, una domestica dal passato discutibile, un figlio sregolato: sono solo alcuni degli indiziati che affollano un intrigo in cui tutti, Hawthorne compreso, sembrano nascondere qualcosa; una trama che parrebbe unire ai due capi dello stesso filo la morte della signora Cowper e un vecchio caso di cronaca, e che spinge Horowitz a posare la penna per vestire a sua volta i panni del detective. Con questo Sherlock Holmes in chiave moderna, lo scrittore britannico inaugura una serie ingegnosa con due protagonisti memorabili e si conferma esperto innovatore della migliore tradizione del giallo.
La mia opinione: non potevo non segnalarvi anche un nuovo giallo inglese uscito da poco che dalla trama già mi pare molto interessante e sembra essere il primo di una serie con protagonisti un detective e un giallista che dovranno indagare su vari casi.
L'avventuriero, sulle tracce di Nicolò Manucci da Venezia allo Stretto di Hormuz, di Gianni Dubbini Venier
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Trama: Venezia, novembre 1653. Nicolò Manucci sale a bordo di un veliero pronto a salpare e si nasconde tra i sacchi delle provviste. Il vascello lascia a poppa le luci notturne di Palazzo Ducale. Destinazione: l’ignoto. Nel Seicento, Venezia rimaneva, assieme a Lisbona, Amsterdam e Londra, una delle principali porte europee verso le sconfinate terre dell’Asia. Da lì partivano mercanti, ambasciatori, consoli, cartografi, navigatori e spie. Nicolò Manucci non era però nessuno di questi. Aveva quattordici anni, era di umili origini ed era appena scappato di casa. A bordo di quella nave il ragazzo venne reclutato da un aristocratico inglese con un braccio solo: Lord Bellomont. L’antesignano agente segreto di Sua Maestà britannica stava svolgendo una delicata missione diplomatica alla corte di Persia. Una volta approdati nel porto ottomano di Smirne, la destinazione dei due avventurieri sarebbe diventata Isfahan, la capitale dell’impero safavide. Isfahan all’epoca veniva soprannominata in persiano «nisf-i-jahan»: «la metà del mondo». Per arrivare nella «la metà del mondo» Manucci e Lord Bellomont avrebbero dovuto attraversare in carovana la Turchia, l’Armenia e gli sconfinati altopiani desertici dell’Iran. Tre secoli dopo, tra l’estate del 2015 e l’inverno del 2016, l’autore si è messo sulle tracce di Manucci insieme alla fotografa Angelica Kaufmann dopo aver ricostruito le sue avventure negli archivi di mezza Europa. Il viaggio procede da Venezia a Smirne allo stretto di Hormuz, oltre cinquemila chilometri via terra, un lungo e impervio tragitto attraverso le frontiere militarizzate delle più instabili regioni del pianeta. Il libro è allo stesso tempo un reportage e una ricerca storica, ma anche un viaggio di formazione, attraverso le geografie culturali più complesse e affascinanti della nostra contemporaneità: un viaggio oggi irripetibile.
La mia opinione: progetto molto interessante dove un critico d'arte e una fotografa hanno ripercorso un lungo viaggio verso oriente fatto da un veneziano nel 1653. in parte ricerca storica, in parte reportage questo libro sembra qualcosa di nuovo da scoprire.
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personal-reporter · 1 year
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Festival della Mente 2023 a Sarzana
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Manca poco la XX edizione del Festival della Mente di Sarzana, fra i più importanti del genere in Italia, che unisce letteratura, attualità, scienza, arte e musica e che  quest’anno si svolgerà nella cittadina delle due fortezze dall’1 al 3 settembre. Il Festival della Mente è il primo festival europeo dedicato alla creatività e alla nascita delle idee, grazie alla partecipazione e condivisione dei momenti da parte di scrittori, artisti, storici, filosofi e scienziati, promosso dalla Fondazione Carispezia e dal Comune di Sarzana, e diretto da Benedetta Marietti.  Ai 30 eventi in programma, si affiancheranno 26 appuntamenti per giovani e giovanissimi curati da Francesca Gianfranchi, intorno a scienza, tecnologia, arte, scrittura e disegno. In piazza ci saranno  come sempre anche molti volontari,  oltre 250 studenti e studentesse delle scuole superiori e universitari che con la loro carica di energia ed entusiasmo trasformano il festival in una festa diffusa e partecipata. Apre il Festival la lezione di Massimiliano Valerii, filosofo e scrittore, direttore generale del Censis, con la lectio magistralis Il processo di Galileo Galilei: la meraviglia e il disincanto e, dal mondo dell’infanzia a quello dell’età grande con Il tempo dello stupore, si terrà un dialogo tra la filosofa Gabriella Caramore e l’immunologa Antonella Viola, interrogate dall’autrice radiofonica Rosa Polacco. Ma tornerà anche la giornalista e scrittrice Francesca Mannocchi, reporter di guerra e, per alimentare il dibattito continuo sull’informazione l’ospite sarà il vicedirettore de Il Post, Francesco Costa. Poi ci saranno Guido Tonelli, Ersilia Vaudo, Sabrina Speich, Paolo Giordano, Elena Stancanelli, Alessandro Zaccuri, Alberto Riva, Alberto Rollo e tanti altri. Da non perdere è l’escursione nelle vie delle maestà con L’umile bellezza dei fossi e delle Maestà,  un percorso di circa tre ore che condurrà i viandanti dal borgo di Giucano, frazione di Fosdinovo, per i sentieri che tagliano torrenti e fossi, come il Fosso del Campaccio, il Fosso della Michelina, il Fosso della Rocchetta e il torrente Calcandola,  e accedono alla morbida cresta delle Prade, balcone sulla cordigliera dell’alta Lunigiana, in un peregrinare tra paesaggi pittoreschi, racconti e piccole Madonne incise nel marmo o dipinte dentro il guscio delle cappelle. Read the full article
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La Tragedia di Marcinelle sessantasette anni dopo
La tragedia di Marcinelle, conosciuta anche come il Disastro del Carbone di Marcinelle, fu uno dei peggiori incidenti minerari nella storia d'Europa. Si verificò il 8 agosto 1956 nella miniera di carbone di Bois du Cazier a Marcinelle, una cittadina vicino a Charleroi, in Belgio. Questo evento drammatico ebbe un impatto profondo sulla comunità mineraria e portò a importanti cambiamenti nelle norme di sicurezza e nelle condizioni lavorative nel settore minerario belga e in Europa. Cosa accadde l'8 agosto 1956? Nel giorno dell'incidente, un incendio esplose nella miniera di carbone durante il turno di notte. La causa dell'incendio fu un cortocircuito elettrico nei cavi sotterranei. L'incendio causò un'enorme quantità di fumo tossico, gas velenosi e polveri, rendendo difficile la fuga per molti minatori intrappolati nelle profondità sotterranee. Di conseguenza, 262 minatori persero la vita, compresi molti lavoratori stranieri provenienti da diverse nazioni europee. Quale furono le reazioni alla tragedia di Marcinelle? L'incidente di Marcinelle suscitò grande shock e rabbia a livello nazionale e internazionale. Gli sforzi di soccorso furono complicati dalle difficili condizioni sotterranee e dalla necessità di gestire il fumo tossico. La tragedia riportò l'attenzione sui problemi di sicurezza nelle miniere e portò a importanti riforme nel settore minerario belga. Il disastro accelerò anche la transizione dall'industria mineraria alle fonti di energia alternative in Europa. Simbolo e monito per il futuro Il disastro di Marcinelle divenne un simbolo delle condizioni di lavoro pericolose e spesso disumane dei minatori in Europa durante il periodo postbellico. La tragedia spinse i governi a rivedere le leggi e i regolamenti per migliorare la sicurezza e le condizioni lavorative nelle miniere. Sessantasette anni dopo Oggi, il sito della miniera di Bois du Cazier è un importante monumento commemorativo e un museo dedicato alla storia dei minatori e alle loro lotte. La tragedia di Marcinelle rimane una memoria dolorosa di quanto potrebbe costare la mancanza di sicurezza sul lavoro e ha contribuito a plasmare il futuro delle industrie minerarie e delle norme di sicurezza in Europa. Foto di Rudy and Peter Skitterians da Pixabay Read the full article
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d4nny4rt · 2 years
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Strade cubane
L'aeroporto internazionale Josè Marti de L'Avana, era affollato quel giorno di agosto del 2000. Al mio arrivo, recandomi nell'area ritiro bagagli, notai attraverso una vetrata, le altissime palme caraibiche agitate dal vento. Stava per scatenarsi la "lluvia", ovvero il classico acquazzone estivo, una violenta pioggia che sarebbe durata una decina di minuti, per poi lasciare il passo ad un sole bollente che avrebbe di nuovo asciugato la vegetazione e le strade del paese in men che non si dica. A proposito di bagaglio, il mio, non era arrivato. Non era la prima volta per carità, ma fino a quel giorno mi era successo sul territorio nazionale. Sì insomma, di ritorno a Milano, mi comunicarono che il mio bagaglio era rimasto a Catania, nulla di allarmante. Il giorno dopo mi avrebbero consegnato il bagaglio a casa. In questo caso invece, mi trovavo per la prima volta dall'altra parte del mondo ed il mio bagaglio non era sul mio stesso volo Amsterdam - L'Avana, ma non solo, era stato spedito in chissà quale maldestro modo, all'aeroporto di Madrid. In pratica sono partito da Milano Malpensa, sono atterrato ad Amsterdam, sono ripartito dalla capitale olandese e dopo dieci ore di volo, al mio arrivo a L'Avana, scopro che il mio bagaglio è finito a Madrid. La vacanza non sembrava iniziare nel migliore dei modi. Non solo, prima di recarmi all'ufficio reclami dell'aeroporto, in concomitanza con lo scatenarsi del temporale, la luce ci abbandonò. L'aeroporto rimase al buio. Buio pesto! Ci dissero che era normale durante la lluvia e che non avremmo dovuto preoccuparci, di lì a poco tutto sarebbe tornato alla normalità. Quando finalmente la luce tornò, mi confermarono che il bagaglio era finito accidentalmente in Spagna e che avrei potuto ritirarlo il giorno seguente.
Lasciatomi alle spalle gli inconvenienti, io e il mio amico lasciammo il Josè Marti per avventurarci finalmente nella città tornata a splendere sotto il sole cocente. Così chiamammo un taxi e ci recammo verso la prima destinazione, una "casa particulare" nel cuore della capitale cubana. Durante il tragitto, potemmo ammirare con stupore il traffico della città ancora allagata, dove i bambini scorrazzavano a piedi nudi nelle pozzanghere e le gigantesche auto americane degli anni 50 fumavano e ripartivano a singhiozzo al semaforo verde. Era un altro mondo, ma ora che lo avevo scoperto, volevo godermelo e scoprirne ogni dettaglio.
Fu l'inzio di una vacanza unica, irripetibile e che mi ha insegnato davvero un sacco di cose, una su tutte fu quella di apprezzare quello che la mia Italia in quegli anni mi garantiva: la possibilità di scegliere il mio futuro, di poter studiare o lavorare, di poter esprimere un'opinione, di poter circolare per le strade senza essere continuamente sorvegliato dalla polizia sempre presente ad ogni angolo della strada e infine la triste consapevolezza di sentirmi un viziato, un privilegiato senza nemmeno mai accorgermene fino ad allora. I cubani sono persone semplici, che sanno apprezzare ogni singolo momento di spensieratezza, sanno sorridere e sono uniti, patriottici ed ottimisti, sensibili e generosi e poi amano l'arte della musica e della danza. Possono avere occhi malinconici o tristi, ma quando parte la musica ritrovano energia ed ottimismo.
RIcordo una persona in particolare di quella vacanza. Un uomo sulla trentina di nome Cesar. Un ragazzo perbene che sogna l'Italia, ma ci spiegò che i cubani non possono lasciare il proprio paese. Viveva in una cittadina di nome Trinidad, quello era tutto il suo mondo. Un vecchio locale in legno sulla spiaggia, la calle principale, qualche abitazione, le solite facce e la casa della musica dove poteva comprare rum con i pochi spiccioli che i turisti gli offrivano. Ci disse: "se volete comprare il rum buono, datemi 2 dollari e ve lo compro io, ai turisti fanno pagare molto di più". Una sera Cesar ci apri le porte di casa sua. Fu divertente e allo stesso tempo molto singolare. Entrammo in questa pseudo casa, perchè in realtà sembrava un rifugio in legno, molto buia e tutto fuorchè una casa. Le pareti erano in legno, le porte interne sempre in legno e mezze distrutte. Non ricordo finestre. Un luogo macabro e senza dubbio inquietante, ma che d'un tratto si trasformò. Cesar ci condusse fino sul retro, dove c'era un grosso tavolo apparecchiato a cielo aperto e circoscritto da uno steccato in legno che delimitava il suo cortile da quello del vicino. Ci fece conoscere sua moglie e le sue figlie piccole, sua sorella e il compagno di sua sorella, un omone alto e grosso, di colore e con un'altra bimba in braccio. Ci fecero accomodare e loro rimasero in piedi attorno al tavolo invitandoci a consumare la cena. Del riso, dei fagioli neri e della carne che nemmeno assaggiai. Ci dissero che l'ospite è sacro e che loro non potevano, nonostante la nostra insistenza, sedere a tavola con noi e che avrebbero mangiato quello che io ed il mio amico avremmo avanzato. Sì, fu molto imbarazzante lo ammetto e quell'accoglienza calorosa ci trovò del tutto impreparati.
I cubani sono guide turistiche, sono meccanici improvvisati, sono intrattenitori, sono medici e puttane, i cubani sono la soluzione, sono la tenacia e l'astuzia, sono venditori ed affaristi, ma non sono liberi pensai.
Il popolo cubano non seguiva i telegionali, perchè la dittatura di quel tempo, diffondeva sempre e solo messaggi di Fidel Castro e notizie provenienti da popoli più poveri. La realtà non veniva mai mostrata come avrebbe dovuto essere mostrata, era sempre distorta e la verità tenuta nascosta. Le foto di Fidel erano affisse ad ogni angolo della città, nelle autopiste (autostrade) che collegavano la capitale ad altri paesi, così come gli slogan ed il suo pensiero. Al pueblo non restava che una manciata di riso e pochi dollari al mese. I medici a quell'epoca, guadagnavano trenta dollari al mese. La gente inoltre non poteva permettersi di manifestare il proprio disappunto, non poteva usare internet, non poteva circolare liberamente per la strada durante la notte senza mostrare un documento al poliziotto di turno, non poteva recarsi nei locali dove c'erano solo turisti, non poteva approcciare un turista se non facendolo di nascosto, non poteva manifestare il proprio malcontento e doveva apprezzare il poco che gli era concesso, l'aria e la musica appunto. Non avrei mai pensato, dopo aver visto con i miei occhi una realtà così tanto differente dalla mia, di dover ripensare tanto spesso, in questo periodo storico, alla mia amata Cuba e a quelle strade in cui la gente, quando provavi a chiederle perchè non si ribellasse, non faceva altro che risponderti: "questa è la normalità"!
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XEV YOYO è una micro auto elettrica che sta riscuotendo molto successo
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Le microcar elettriche oggi si stanno diffondendo sempre più sul mercato automobilistico, e tra queste c'è XEV YOYO che sta riscuotendo un grandioso successo sin dalla sua presentazione. Queste piccole vetture compatte sono perfette per affrontare il traffico urbano, molto facili da guidare e da parcheggiare, grazie alla loro manovrabilità. Nel panorama delle microcar elettriche fa bella mostra di sé la XEV YOYO, un modello appena aggiornato e di origine italiana, nonostante il nome possa sembrare cinese. La versione più aggiornata L’ultimo prototipo della city car elettrica YOYO presentato lo scorso anno offre laguida autonoma e un nuovo sistema di sostituzione rapida e semplice della batteria. Per questo rappresenta il prossimo grande passo verso la mobilità condivisa connessa nell’ambiente urbano. Una storia di successo Dal lancio italiano di YOYO nel maggio 2021, XEV ha rapidamente ampliato la sua rete e ora è presente in 15 paesi in EMEA, Asia e Sud America. La nuova YOYO Model Year 2023 100% elettrica si presenta con il solito e caratteristico design e si distingue per la grande praticità d’uso. Una city car di successo, che rende l’esperienza di guida urbana ancora più ecologica e piacevole. XEV ha migliorato le prestazioni di guida e il comfort della sua YOYO, ma anche l’impianto elettrico e la batteria, che garantiscono una maggiore efficienza energetica. Il sistema di sostituzione della batteria Il Battery Swapping è la più grande innovazione di XEV. Un sistema di ultimissima generazione, che permette di azzerare completamente i tempi di ricarica delle auto elettriche, sostituendo in pochi minuti il ​​pacco batteria scarico con uno carico. Il nuovo Battery Swapping integra anche un sistema di gestione intelligente, che monitora e visualizza lo stato della batteria in tempo reale fornendo un semplice sistema di gestione per analizzare e ottimizzare il consumo di energia. Migliora inoltre la sicurezza e l’efficienza energetica del caricabatteria anche in condizioni climatiche estreme, fino a 45° C. La nuova YOYO a guida autonoma XEV e Teoresi, società di ingegneria torinese specializzata in tecnologie all’avanguardia per il settore automobilistico, hanno mostrato al Salone di Parigi anche il prototipo a guida autonoma di YOYO. Sviluppato per muoversi da solo, senza conducente, nel traffico cittadino del futuro, dialogando con infrastrutture e servizi, comprese le strutture per lo scambio di batterie, per una mobilità cittadina più sicura e connessa. La YOYO è tra l’alto anche una delle protagoniste del car sharing cittadino. Lou Tik, CEO di XEV Global, ha dichiarato: “XEV è nata con l’obiettivo di rendere la mobilità urbana più conveniente, sostenibile e, in definitiva, più divertente e personalizzata. Abbiamo voluto creare un veicolo che ponga il cliente al centro dell’attenzione, con l’obiettivo di offrire la migliore esperienza utente possibile”. Quanto costa La piccola citycar elettrica è disponibile sul mercato a un prezzo di listino che parte da 15.900 euro, ma rientra nel programma di incentivi statali. Offre un’autonomia di 150 chilometri e una velocità massima di 80 km/h. Read the full article
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autolesionistra · 2 years
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Come ogni estate, la scena fashion bolognese vede riemergere prepotenti le tenute d’ordinanza da calura dei vecchini. A questo si aggiunge una riduzione percentuale della gente a passeggio under 65, regalando di fatto alle mise dei pensionati un ruolo centrale nella visual identity luglioagostana cittadina e qualche mesto dubbio sulle politiche di aggregazione sociale e welfare per i pensionati.
Fedeli all’identità di genere rigidamente binaria propria dello zeitgeist della loro generazione, il tutto si riduce a due tipologie di abbigliamento:
per i signori: braga corta fra di colori fra il beige e il fango secco, possibilmente oversize, rette a fatica da cinture in pelle lucida maròn con fibbia dorata; canotta bianca a spalla strettissima, camicia azzurrina da portarsi parzialmente o totalmente sbottonata stile mantello di batman, con qualche caso estremo di vecchini che girano direttamente in canotta con la camicia ripiegata in mano, che a questo punto credo rivesta un qualche valore cultural/religioso tipo portarsi appresso il pugnale per i sikh
per le signore: vestito lungo con più libertà per i colori e le fantasie (a patto che ricordino vagamente coperture di divani o tende) ma rigorosamente sintetici. Apprezzato ma non obbligatorio, gambaletto color carne mezzo sceso con effetto vedo-non-vedo sulla calza elastica a compressione graduata per la circolazione. L’università di Stantufford in una recente simulazione ha mostrato che convincendo tutte le sdåure bolognesi a mettersi fianco a fianco strofinando un poco i vestiti estivi potremmo affrancarci dagli idrocarburi russi per la produzione di energia elettrica in meno di dieci giorni.
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mezzopieno-news · 2 years
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LE CITTÀ EUROPEE SI ALLEANO PER RISPARMIARE ENERGIA
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Le città europee uniscono le forze per trovare modi più rapidi per promuovere l’energia pulita e limitare i combustibili fossili, accelerando il raggiungimento degli obiettivi climatici, resi più urgenti dalle conseguenze dell’invasione russa in Ucraina.
55 città e enti europei tra cui Utrecht (Olanda), Göteborg (Svezia) e Nizza (Francia), Vaasa (Finlandia), Alexandroupolis (Grecia), Santa Cruz de Tenerife (Spagna) e Focșani (Romania) hanno creato una grande rete per far fronte all’urgente necessità di fornire le loro comunità urbane di servizi energetici e di mobilità più economici, accessibili, affidabili e che contribuiscano a una qualità della vita migliore e più sostenibile. Con l’introduzione di soluzioni innovative che integrano energia, mobilità e tecnologie dell’informazione e della comunicazione, radicate in una piattaforma per l’innovazione cittadina, il progetto IRIS collega le diverse parti interessate trasformandole in pratiche innovative scalabili e replicabili di soluzioni integrate per rendere le città sostenibili in tutta Europa.
IRIS sta implementando cinque nodi di transizione basati su sfide comuni con 16 soluzioni integrate che le città possono combinare in base alle loro caratteristiche.
Tra queste, il miglioramento dell’efficienza energetica utilizzando la flessibilità della rete e bilanciando l’offerta e la domanda in modo dinamico, con il riutilizzo in rete delle batterie esauste e lo stoccaggio Vehicle-to-Grid, la tecnologia che permette la comunicazione bidirezionale tra rete e le auto elettriche. La città olandese di Utrecht ha già circa 500 punti di ricarica bidirezionali di questo tipo. L’obiettivo è utilizzare le batterie per auto e combinarle in rete con accumulatori stazionari per formare una immensa centrale elettrica virtuale europea.
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Fonte: Commissione europea
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tarditardi · 3 years
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Sandro Murru Kortezman: il 19 febbraio 2022 Cena in Festa @ Shabby - Serramana (SU)
Sabato 19 febbraio c'è una bella news per chi a Serramanna, bella cittadina a una trentina di minuti di auto da Cagliari in provincia Sud Sardegna, ha voglia di rilassarsi e cenare con gli amici ascoltando e cantando ottima musica. Infatti la musica e l'energia di Sandro Murru Kortezman, dj producer internazionale noto in tutto il mondo, vanno in scena allo Shabby Drink & Restaraunt per una Cena in Festa tutta da vivere. 
La musica di Sandro Murru Kortezman, professionista di grande esperienza, fa la differenza. Murru sa sempre come stupire il pubblico tra ritmo e melodia. Le sue cene animate e musicate danno sempre energia.
Sarebbe già abbastanza, ma i risultati del suo nuovo singolo, "Power", prodotta con Mitch B., sono davvero eccellenti. Dopo aver superato in poche orei 50.000 ascolti su Spotify in diverse importanti playlist,  è ai vertici della chart House di Beatport, il sito più amato dai dj di tutto il mondo... ed è entrato pure in ottima posizione (è la più alta nuova entrata) su Dance Directory, la classifica italiana di riferimento per la musica da ballo.
"Credo di aver prodotto e suonato qualcosa come 250 tracce", dice sorridendo. Negli anni '90 Sandro Murru portava avanti il progetto Blackwood, poi sono arrivate le hit con Chase, tra cui "Obsession" e "Stay with Me”. Successivamente, dal 2000 in poi, ecco la collaborazione con Stefano Noferini in tanti progetti tra cui The Rumbar... Tra un disco e l'altro, tante serate e tanta radio. Il suo nuovo singolo è in realtà un riedizione di un suo vecchio successo, uno dei quei pezzi che mettono sempre e subito allegria… E' un momento di ripartenza dedicato a melodie e divertimento. Per questo propongo tutto quello coinvolge, anche senza ballare e scatenarsi. Il motto "canta che ti passa" funziona ancora. E in questo periodo i sorrisi sono davvero importanti. Trasmettere sicurezza ed energia da parte di noi artisti per una pronta ripartenza dopo lo stop è fondamentale (…). 
Shabby Drink & Restaraunt (via Rinascita 8A, Serramana - SU) 
Menù a partire da 20 euro.
Info e prenotazioni 3296335465, 3382012247
Uno dei più recenti post di Sandro Murru Kortezman su Instagram
https://www.instagram.com/p/CaA4jVZssF3/
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