Tumgik
#io possibilmente in mezzo
arreton · 8 months
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Una dinamica tipica della zona dove sono nata è l'addestrare le femmine non solo semplicemente a sposarsi e a procreare — puoi anche andare all'università, ma alla fine devi tornare in paese, possibilmente tra le cosce di mammà, a mettere su famiglia — ma anche ad essere delle vipere. Io le chiamavo in passato le rovina famiglie. Cresciuta in un ambiente fondamentalmente violento dove subisce le angherie di qualcuno (se la madre non è asfissiante d'amore è un animale che la tratta male; ma poi in mezzo ci possiamo mettere chiunque tra padre, fratelli e/o sorelle, zii, zie, cugini e la famiglia in generale) lei, nel disperato tentativo di farsi amare da qualcuno (ci sarà sempre un elemento distintivo, una figura benevola che però perderà troppo presto per un qualsiasi motivo spesso tragico o se non lo perderà sarà comunque una figura ininfluente, solo un palliativo per non farla impazzire del tutto), tenderà ad incattivirsi: diventerà una guerriera isterica che si carica di tutti i problemi di questo mondo ma che nessuno del suo ambiente mai riconoscerà come tale; si aggrapperà al primo (o quello che lei sentirà ultimo) maschio che le darà una minima considerazione e da lì riverserà su di lui e sulla loro relazione tutte le paranoie e l'aggressività repressa. I membri della famiglia di lui, allora, saranno degli intrusi (e spesso e volentieri si comporteranno come tali) dai quali doversi difendere: le peggiori nemiche saranno le femmine della famiglia, una femmina deve stare sempre in competizione e sempre attenta che qualcuno le voglia rubare il maschio in suo possesso, dalle quali non solo si proteggerà ma dalle quali sarà comunque attratta perché convinta di poterle ammansire in qualche modo; nel tentativo di proteggersi schiaccerà il suo maschio mettendolo costantemente in maniera passivo-aggressiva o, per le wonder woman, in maniera aggressivamente esplicita, contro la sua stessa famiglia (anche fratelli, ché in fondo sono tutti una minaccia, lei d'altronde è la vittima trattata male da tutti). Queste femmine potranno pure allontanarsi dal loro paese di origine ma resteranno legate al loro ambiente famigliare tossico e cercheranno di replicare la sofferenza che hanno subito proiettandola nel loro partner instillandogli inconsciamente il pensiero: vedi? Anche i tuoi famigliari sono pessimi come i miei.
Tutto questo può sembrare assurdo, se non fosse che l'ho non solo visto ma vissuto e continuo a viverlo addosso a me. Vederlo confinato giù in paese ci sta; ma vederlo anche in femmine che sono andate dall'altra parte dell'Italia e comunque continuano ad essere la feccia defecata da quella immonda terra che è la Sicilia e in generale la cultura paesana siciliana mi lascia incredula, sgomenta, amareggiata e nauseata. Ovviamente va a capitare vicino a chi? A me che ho fatto tanto per non farmi schiacciare da tutto questo.
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petalididonna · 10 months
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Buon sabato 🦋
"E ti diranno un sacco di cose. Te ne diranno tante. Tutte giuste. Tutte vere. Ti diranno di non scappare dal dolore. Di vivertelo tutto. Di farci amicizia. Che si può morire in mille modi ma di certo non si può morir d’amore. Ti diranno di non restare sola di uscire di segnarti in palestra cambiare taglio di iscriverti a una scuola di ballo. Conoscere gente. Che lì ci si diverte solo senza il bisogno di pensare a niente. Ti diranno che è andata come doveva andare. E di prenderti le gocce. E di dormire. Possibilmente per un po’ anche di smettere di sognare. Che il più coraggioso in fin dei conti resta sempre e il più vigliacco, invece decide di mollare. E la mattina di svegliarti presto. Andare a correre. Sentirti bella. Leggere un libro. Leggerne tanti. Che le risposte sono tutte lì. Anche se adesso ti senti piccola. In mezzo a un mondo di giganti. Ti diranno un sacco di cose. Te ne diranno tante. Tutte giuste. Tutte vere. Ma non serviranno a niente. Starà soltanto a te decidere. Quando sarà il momento giusto per dire: adesso basta. E poi, ricominciare a vivere."
A.Faber
Io fragilmente forte io:donna❣️
@petalididonna
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Essere single per molto tempo ti porta ad avere ideali troppo alti. Tipo che vorrei un fidanzato che sappia suonare il pianoforte, che sia curioso del mondo, che ami viaggiare, possibilmente che abbia un cane o comunque un animale (missing my B. so much), non troppo estroverso che poi non reggo io, capelli mossi sarebbe un top top top, che accetti il fatto che probabilmente nei prossimi quattro anni avrò ben pochi week end liberi e che ami stare in mezzo alla natura e agli animali. Also, ultimamente mi piacciono i ragazzi con gli occhiali.
E questo è più o meno il motivo per cui continuo a guardare commedie romantiche e lamentarmi della mia vita sentimentale. Si chiama coerenza, insomma.
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cancionesfedez · 2 years
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Stereo-Tipi
Ma quanta figa gira in Via Della Spiga Lei più che l'antiquariato vuole un uomo all'antica O meglio un uomo antico e stanco col testamento in bianco Possibilmente con conto corrente ad Antigua Chinon ha il parquet dice bello ma si riga Chi non ha l'iPhone dice bello ma si riga Io ogni volta che qualcuno dice bello ma si riga Inevitabilmente pensi sì ma bello porti sfiga Non sono sempre vere poi le cose che si dicono Dell'Utri ha sbagliato metro e si è trovato in Libano La marijuana? Ha lo stesso odore dell'origano La Porsche è molto bella ma se dopo te la rigano?
E gira voce che il nuoto è uno sport completo E Maradona che non si allenava mai Il gatto è l'animale meno impegnativo Stereotipi, stereotipi-pi Legalitè fraternitè sì ma in Francia non c'è il bidet Legalitè fraternitè sì ma in Francia non c'è il bidet Legalitè fraternitè sì ma in Francia non c'è il bidet Ste-re-o-ti-pi
Salviamo l'Amazzonia che è il polmone della terra Però prima salvo questo selfie con fotomodella "Aspetta non c'è il flash" è il tuo grido di guerra Prima l'effetto seppia poi l'effetto serra L'italiano legge poco sì ma quetso è risaputo Fabio Volo si conferma il fermacarte più venduto Da quando si è scoperto che Masini gira in macchina L'aereo resta il mezzo di trasporto più sicuro Lady Gaga di sicuro è la nuova Madonna Anche se non piange sangue ma vomita sulla folla Dopo l'avvistamento di Gasparri con il Sapientino L'animale con più intelligenza resta il delfino
E quando piove a Roma il traffico se ne va in tilt Il libro è quasi sempre molto meglio del film Il genitore è il mestiere più difficile Stereotipi, stereotipi-pi Legalitè fraternitè sì ma in Francia non c'è il bidet Legalitè fraternitè sì ma in Francia non c'è il bidet Legalitè fraternitè sì ma in Francia non c'è il bidet Ste-re-o-ti-pi
Il mercato digitale ha ucciso il vinile Le donne inglesi ruttano e bevono birra In Scandinavia Andrea è un nome femminile Un po' come se Pirlo a Stoccolma fosse Pirla I neri hanno il ritmo nelle vene e a quanto si dice anche la musica nel sangue Quindi se durante un'erezione il sangue affluisce al pene La tua ragazza forse ha un subwoofer tra le gambe La muraglia cinese si vede dallo spazio I fumi dell'ILVA si vedono dal Lazio La parola vaffanculo l'ha inventata Grillo Film di merda ma uno straordinario Tony Servillo
Le banche danno i soldi solamente a chi li ha La tv è lo specchio della società Al mio funerale voglio vedervi allegri Stereotipi, stereotipi-pi Legalitè fraternitè sì ma in Francia non c'è il bidet Legalitè fraternitè sì ma in Francia non c'è il bidet Legalitè fraternitè sì ma in Francia non c'è il bidet Ste-re-o-ti-pi
Tu non pensare a niente che tanto qui c'è, eh La soluzione giusta che parla per te, eh Ma perché perdere tempo a pensare quando ho gli stereotipi, eh?
Ste-re-o-ti-pi Ste-re-o-ti-pi
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francescosatanassi · 2 years
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PER CASO AVETE UN PIANOFORTE?
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Stavo per scrivere una cosa sul green pass e sulla valanga di insulti che negli ultimi mesi sono stati rovesciati su chi è stato costretto a chiederlo all’ingresso di tanti luoghi, poi ci ho ripensato, mi sono detto masssssssì, è primavera, è domenica, fa freddissimo, e mi sono ricordato di quando al lavoro mi chiesero “Quel film coreano che si chiama Parassiti, possibilmente in italiano” o “Travolti da un insolito destino mi ritrovai in una selva oscura” e ho capito che agli utenti in cerca di libri e di film un pochino gli voglio bene. Ad esempio quando mi chiedono “La metamorfosi di Kafka, ma non so l’autore” o “Cosa devo scrivere su internet per cercare ripetizioni di matematica a mia figlia?” o quando mi rivelano, così, completamente a caso, che probabilmente, anche se ancora non è sicuro, ma è quasi sicuro, “Uscirà un film sui miei antenati diretto da David Lynch, con Leo di Caprio e Penelope Cruz, che si chiamerà Golden Water”, e io ascolto, giuro, non capisco cosa stiano dicendo, ma sorrido, va bene così, anche quando ogni due mesi c’è chi chiama a Cesena per sapere se il porto canale di Cesenatico sia diventato patrimonio dell’UNESCO, o quando, sempre ogni 2-3 mesi, ci chiedono, sottovoce, quatti quatti, piano piano, se abbiamo acquistato fumetti “un po’ spinti”, o quando cantano l’Ave Maria per farmi capire quale libro contenga quello spartito, o quando telefonano per avvisare che hanno mandato un messaggio dove chiedono se ci è arrivata una mail, o quando, un pomeriggio, mi chiesero se avessimo libri sui viaggi nel tempo attraverso gli specchi concavi, o quando uno, all’ingresso, in mezzo alla gente, prima del Covid, si affacciò e mi chiese “Per caso avete un pianoforte?”, o quando in mezzo a un’incursione di fasci senza mascherina che gridavano e minacciavano e c’era la polizia, le segnalazioni, le multe e l’agitazione generale, un utente, senza fare una piega, mi ha detto “Hai letto qualcosa di bello, in questo periodo?”, o quando alle colleghe chiesero “Il fu, di Mattia Pascal” o “Il sentiero dei nidi di rondine” o “Sequestro un uomo di Primo Levi”, “1948 di Orwell”, “La metamorfosi di Carla” e soprattutto quando una signora, invece del libro “A bocce ferme” di Malvaldi, mi chiese “A palle piene” e pensai Sapesse le mie, ecco, un po’ gli voglio bene, a questi utenti, non a tutti, ad alcuni, ma non sempre, alcune volte, però spesso.
[nella foto, che non c'entra niente, zucche nella campagna forlivese]
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diceriadelluntore · 4 years
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Addirvi. Una parola!*
Il grande linguista Tullio De Mauro sosteneva che le frasi che si comprendono più facilmente hanno circa 25 parole. Le quali devono possibilmente essere scelte tra i 7000 vocaboli dell’Italiano di base. La Costituzione Italiana, nei suoi articoli, ha una media di 19 parole. E usa quasi esclusivamente (tolto qualche termine necessariamente tecnico) i vocaboli dell’italiano di base.
Per una serie di motivi, storici, scolastici, culturali, tendiamo a volte ad usare un tenore linguistico diverso in base alle situazioni, sfruttando un lessico tanto più elevato quanto più lo è la situazione o le figure in relazione in quella occasione. Basta pensare ai dubbi che hanno assalito tutti nello scrivere, per esempio, una email ad un professore all’Università. O una lettera di accompagnamento ad un documento da presentare ad un ufficio pubblico. I risultati il più delle volte sono bizzarri, strappando qualche sorriso e pentimento postumo.
Ho notato che nemmeno ieri alla conferenza stampa del primo DPCM da lui firmato, era presente il Presidente del Consiglio Draghi. Ha mandato a parlare i Ministri Speranza e Gelmini. Segue quasi l’idea che lui “parli con i fatti”.
Il parlare con i fatti è, velatamente, uno degli stereotipi più forti ancora presenti derivanti dalla scisma della Riforma Protestante, e della conseguente Controriforma Cattolica: l’idea che i “papisti” fossero solo bravi a parlare in linguaggio forbito e criptico, diretto discendente della scuola oratoria classica greca e romana, e solo dediti alla truffa, allo sfarzo, a godersi la vita..
Tuttavia, sin dall’antichità, uno dei pregi del saper parlare e del saper scrivere era la etopea (dal greco ethopoeia, composto di ethos 'costume' e dal tema di poiéo 'fare'), cioè la capacità di immedesimarsi nei carattere della persona per cui per esempio si scrive un discorso, dato che era uso comune usare dei logografi (lógos, "discorso", e graphè, "scrittura”) per le orazioni, soprattutto in ambito giudiziario. 
Quindi quando anche inavvertitamente usiamo, o accettiamo l’uso, di parole, e espressioni che non useremo in altro ambito (tipo “in ottemperanza”, oppure “Visto l’incontro avuto presso il suo studio” e così via) stiamo indirettamente effettuando una scelta “politica”, subendo la parola come mezzo di potere economico-sociale (il più delle volte). Si pensa che il linguaggio che si userebbe per dirlo ad un amico (intendo in senso lessico-grammaticale) non sia adatto ad un ambito “formale”, dove appunto la forma tende a indirizzare il messaggio sempre verso il ricevente più alto (in senso socio-economico) che quello più basso.
Si dice che il Presidente del Consiglio Draghi abbia suggerito ai suoi ministri di non parlare sempre. O almeno di farlo dopo aver prodotto qualcosa di concreto. Anche il parlare sempre e il non sapere stare zitti sono, da sempre, dei segnali non solo di indisciplina, ma anche di stupidità. Una famosa storiella zen lo fa capire:
Gli allievi della scuola di Tendai solevano studiare meditazione anche prima che lo Zen entrasse in Giappone. Quattro di loro, che erano amici intimi, si ripromisero di osservare sette giorni di silenzio.
Il primo giorno rimasero zitti tutti e quattro. La loro meditazione era cominciata sotto buoni auspici ma quando scese la notte e le lampade a olio cominciarono a farsi fioche, uno degli allievi non riuscì a tenersi e ordinò a un servo: «Regola quella lampada!».
Il secondo allievo si stupì nel sentire parlare il primo. «Non dovremmo dire neanche una parola» osservò.
«Siete due stupidi. Perché avete parlato?» disse il terzo.
«Io sono l'unico che non ha parlato» concluse il quarto.
*Il titolo è un omaggio ad una delle scene del Cinema Italiano più famose, la dettatura della Lettera di Totò a Peppino De Filippo nel film “Toto, Peppino e la Malafemmina” 
T: Non era buona quella "signorina" lì?... Signorina, veniamo, veniamo noi   con questa mia addirvi … (riflette se la frase è corretta; se ne convince e conferma) veniamo noi con questa mia a dirvi. P: A dirvi T: Addirvi. Una parola!  (con la mano indica a Peppino che addirvi è una parola sola) Addirvi! Una parola! P: (non capisce) A dirvi una parola
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ross-nekochan · 3 years
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Sì, mi sono espressa male, intendevo che probabilmente adesso il peso resta stabile perché vai in pari con le calorie introdotte e in estate magari ti muovevi di più o avevi un neat più elevato. Sugli esami, ipercolesterolemia può verificarsi anche in ipocalorica, se segui una dieta high fat e sei fisiologicamente predisposta, anche se introduci grassi buoni quando sono più del "tuo" fabbisogno, non vengono metabolizzati bene. La reverse ci ho provato una volta e non mi ha fatto bene psicologicamente, non mi dilungo ma per noi comuni mortali è difficile aumentare sul serio il tdee, forse è più corretto intenderla come un periodo di ricarica più easy per rilassare la mente ed evitare stalli.
In verità ho nominato il NEAT per il contrario: da Settembre mi muovo anche di più rispetto a questa estate (in cui per fare 10k passi mi dovevo impegnare; ora arrivo a 14k easy) ,per questo ti ripeto che le cose non tornano. Nel dettaglio: ok mangio tanto la Domenica e ho mangiato tanto quelle 2-3 settimane in estate in cui non ho monitorato le kcal... ma talmente tanto non solo da annullare il deficit ma addirittura da andare in surplus calorico aumentando di peso nonostante pure il neat alto? È da follia, c'è per forza qualcosa che non torna. E la prova che sto facendo è questa: fare la brava possibilmente controllando pure i weekend per vedere con che media perdo peso (però tra uno sbalzo d'umore e l'altro + gente inaspettata che ti offre i pasti, questa prova non sta andando molto bene ^^").
La dieta è una classica mediterranea con qualche fat in più giusto il mercoledì che non mi alleno quindi non direi sia quello. E poi, ripeto, il colesterolo buono a me è altino da anni e anni, è solo che lo dimentico.
Sulla reverse possibile tu abbia ragione, pure io ho fallito e sono ritornata al peso di partenza, ma c'era stato il covid di mezzo e alla fine più che reverse ho fatto proprio reset e ho mangiato praticamente a sentimento senza monitorare nulla perché senza sport serio niente aveva senso per me in quel momento.
Per quanto riguarda la ricarica avevo appunto scelto di farla in vacanza (ho però sbagliato a non monitorarmi) per ripartire con l'ipocalorica però appunto non sta funzionando come metodo, dato che i +3kg non se ne stanno andando con la stessa media calorica dell'estate (in cui nel weekend mangiavo comunque tanto come ora ma perdevo lo stesso).
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acquaconlimone · 3 years
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Leggo che prossimamente a Ravenna in p. zza Garibaldi verrà esposta la Fiat Croma della scorta del giudice Falcone, distrutta nelll'attentato mafioso di Capaci nel 1992.
Ecco come spesso mi capita, non so bene a cosa pensare, non so se sia giusto nel mostrare un mezzo dove hanno trovato la morte delle persone e quindi se sbanderiamo il concetto della sacralità della morte allora non vedo il perché fare vedere quella macchina oramai ridotta ad un ammasso di lamiere contorte.
Oppure mostrarla per vedere, farci toccare con mano e possibilmente riflettere su dove e come si è spinta la brutale crudeltà dei boss mafiosi.
Io propendo più sulla prima ipotesi ma ho dei dubbi.
Mi piacerebbe che anche qualche rappresentante della politica locale e magari anche qualcuno delle forze dell'ordine si esprimessero su questa iniziativa.
P.s comunque il pentito Giuseppe Brusca è già in libertà.
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fiorediluna · 3 years
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Sapete?
Lavorare fuori vi fa maturare.
Avere il coraggio di riempire una valigia e uscire dal proprio paese non è da tutti.
Se avete il coraggio di uscire dal vostro paese, avrete la possibilità di vedere cosa c’è al di fuori e credetemi, c’è tantissimo, c’è di tutto, c’è il mondo.
Avere coraggio è il primo step!
Il secondo step è riempire una valigia.
Il terzo step è esplorare, andare alla ricerca, iniziare a lavorare.
Iniziate a lavorare, facendo possibilmente ciò che più amate, vi apre le porte al mondo intero.
Lavorando capirete tante cose; capirete cosa significa ‘lavorare’ e non stare seduto a studiare su dei libri (senza nulla da togliere a chi lo fa) , capirete il valore vero dei soldi, capirete cosa significa essere INDIPENDENTI, capirete cosa significa essere FORTI, capirete cosa significa VIVERE.
Indipendente sotto mille punti di vista; punto di vista economico, personale, sociale e molto molto altro.
Forte perché non è facile stare mesi e mesi lontano dalla propria famiglia;
forte perché a lavoro non è sempre tutto rose e fiori e bisogna essere forti per affrontare determinate situazioni!
Vivere, perché non imparerete mai a vivere se restate tra le mura del paesino, non imparerete mai a vivere se non riceverete le bastonate (in senso metaforico) dal vostro datore di lavoro, VIVERE SÌ, perché vivere facendo ciò che amate è vivere, vivere facendo ciò che vogliono gli altri per voi, beh, quello non è vivere. Quello è sottostare. È sottomettersi alla volontà degli altri per farli felici e io ho imparato che nella vita NIENTE e dico niente è più importante della MIA felicità.
Sapete perché?
Perché dalla mia felicità deriva quella della mia famiglia.
E la mia famiglia non sarà mai infelice di ciò che decido di fare nella mia vita se questa può far stare bene me.
🇪🇬Da settembre 2018 a settembre dell’anno scorso ho lavorato in Egitto.
Ho vissuto per un lungo, meraviglioso, emozionante e stupendo anno in Egitto, a Sharm.
Ho lavorato in un villaggio bellissimo, grande, pieno di gente meravigliosa che lavorava lì, al bar, al ristorante, alla reception, in spiaggia, erano tutti meravigliosi.
Gli egiziani sono come noi, gente solare, disponibile, allegra..
Inizialmente avevo un po’ paura ad uscire da sola dal villaggio per andare al supermercato o in qualsiasi altro posto .. perché le dicerie sono ancora quelle che li c’è la guerra e tutte quelle puttanate.
A sharm, in Egitto in generale, non c’è nessuna guerra, c’è il paradiso e basta.
L’Egitto è un paradiso terrestre e se te ne innamori non puoi più farne a meno!
Dopo qualche mese quella è diventata casa mia, uscivo a piedi, in taxi, con il taf taf, tutti erano miei amici .
Sfido chiunque a non amare quella gente!
Lì ho capito davvero nel vero senso della parola , cosa fosse la povertà.
Li vivono solo di turismo, hanno milioni di negozietti dolcissimi, chi vende una cosa chi un’altra, chi ti fa il prezzo più basso per farti andare da lui, chi ti invita ad entrare nel suo mini pub con divanetti fatti da enormi cuscini e tavolini bassi con sopra un narghilè, ballando in mezzo alla stradina per farti sentire come fossi suo fratello!
Pensate come staranno soffrendo adesso con questa situazione..
Senza turisti, senza nessuno a cui strappare un sorriso, senza nessuno che possa battergli il cinque per strada e senza nessuno che possa sorridere al loro continuo urlare ‘ITALIA UNO!’ con annesso gesto della mano con il pollice in su..
Questo è vivere, questo è MATURARE.
Vedere il mondo, osservarlo, scrutarlo e studiarlo..
Conoscere nuove culture, nuove abitudini, nuove lingue, nuove tradizioni, nuove parole..
Maturare grazie alle esperienze ...
E credetemi, se mai voi trovaste il coraggio di uscire dal vostro paese, riempite la valigia ed ucite fuori, andate alla scoperta del mondo, scrutatelo, osservatelo, studiatelo..
È meraviglioso, credetemi.
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catastrofeanotherme · 4 years
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Me ne sto in silenzio con te. Riprendiamoci l'aria, possibilmente pulita. Tutto fa a botte, tutto dev'essere preso a botte. - Ma quale gentilezza, direi adesso. Io..io che ho sempre provveduto poi a fare tutto con gentilezza. "Perché così, la gente che ti vuole male, la fotti. Non te ne accorgerai subito ma la fotti". Qui si pensa di essere fatti per pochi e diavolo quanto cʼha ragione questo pensiero mio. Puoi essere così scontata per alcune persone e per altre no..per altre che hanno la teoria "delle regole nella vita". Ed io non me ne faccio proprio niente di regole, di teorie che qui nessuno è maestro di nessuno. Nessuno dev'essere esempio. Perché sin da bambina io volevo fare la rivoluzione per me stessa e per le persone che amavo/che amo. Bisogna solo saper tacere nel momento opportuno, accorgersi di ritrovarsi magari dopo..magari quando si è un po' più placati. Non ti capaciti quando la persona a cui tieni particolarmente si sveglia con le scatole girate e ti trovi in mezzo ad onde altissime con lei. Vuoi o non vuoi. Allora ricordo quando le dissi : quattro ovaie girate in casa. No amore mio, non mi rovini niente. Non mi rovini la giornata, non mi rovini la vita. Non ci siamo scelte, abbiamo seguito il nostro senso. Uno sconosciuto mi chiederebbe : il senso di viverla? Perché no, donna mia, perché no?! Il senso di viverla e volerla vivere ancora di più, direi. Mi sdraio accanto a te, guardiamo il soffitto e inventiamo le stelle da ammirare. Cerco la calma per te, la cerco in momenti in cui ti prendono soprattutto le crisi per eventuali emicranie dopo aver pianto troppo..(io te le bacio, quelle lacrime!). Solo un attimo ancora, una boccata d'aria (sempre pulita), sospiri profondi e lunghi, sequenze di respiri a vario ritmo, i batticuori, le carezze prima dei baci: la nostra vita. Qualcosa ci darà tregua per il male che ti incombe, amore mio. Non sai se il mondo stesso sta cambiando o ti ritrovi ad essere cambiata tu per un dolore che non meriti. Non me ne sto in silenzio ora, visto? Ho tutte queste cose da scrivere, perché se non lo faccio poi mi sento morire. Mi sento morire e l'anima a brandelli quando piangi. E sentiamo sto cazzo di mondo trecentomila volte ancora di più, sentiamo tutto..mannaggia a non so chi. Che condanna! Tutto poi prende forma, la forma di come siamo io e te, rivedo la bellezza di ciò che sono con te..non so nemmeno come ma diventa vero e puro un'altra volta. Non ho paura di far vedere i miei sentimenti e lo sai benissimo: semplicemente hai il tuo modo di trasmettere quello che provi per me, che è differente dal mio; tu vuoi criptare ma mi arriva quello che senti e provi per me..io che provo a spiegarti ma poi ti dico che mi è impossibile perché c'è il (nostro indecifrabile).
Sempre con la forza, casa mia, sempre con la forza. Perché rinasciamo. Se rinasci tu, rinasco io. Perché te lo devi ed io..io non ti lascio da sola. Mannaggia a sto mondo tra guai e catastrofi...Io sto con te, io sto con noi.
- Il tuo piccolo (grande) tassello dell'indecifrabile
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corallorosso · 4 years
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Covid governo ladro
di Marco Travaglio Ci siamo sbagliati. Non immaginando che i negazionisti estivi si sarebbero trasformati in rigoristi autunnali, sabato avevamo titolato: “Ora non parlano più”. Invece parlano e danno pure lezioni. I più timorati chiedono che cos’ha fatto il governo per prevenire la seconda ondata, mentre loro la negavano e la favoreggiavano. I più spudorati, tipo Sallusti, chiedono le dimissioni del governo (“Conte vada a casa”) e indicano come modello la Regione Lombardia dei noti serial killer colposi o preterintenzionali. Siccome altri 15 Paesi stanno molto peggio di noi, dovremmo lasciare senza governi mezzo mondo e tutta Europa: ideona per combattere il virus. Ora, noi nutriamo la massima ammirazione per chi persegue fino in fondo le sue idee, purché siano davvero le sue e le mantenga almeno per due o tre giorni di seguito. Per tutta l’estate i partiti e i giornali di destra ci avevano spiegato che Conte faceva apposta a “spargere terrore” su un “Covid clinicamente morto” (Zangrillo) per “salvare la poltrona”, “tenersi pieni poteri e dittatura sanitaria e, da sadico qual è, rovinarci le vacanze e rinchiuderci al più presto in casa. Quando Salvini si presentava smascherinato a un convegno in Senato e se ne vantava (“Non ce l’ho e non la indosso”), poi girava l’Italia sbaciucchiando bimbi e sputazzando sui fan, attaccavano chi lo criticava. E giù interviste à gogo a Zangrillo, che poi almeno ebbe il buon gusto di rettificare, e alla sua versione al pesto: Matteo Bassetti, quello che “a marzo il Covid era una tigre, oggi è un gatto selvatico addomesticabile” (1.6). Nicola Porro, vicedirettore del Giornale, inneggiava agli sgovernatori che riaprivano le discoteche: “L’ultima dei terroristi del virus: guerra alle discoteche”, “Han creato il terrore del virus e della seconda ondata. Mi han chiesto di fare il tampone, sapete cosa dico io? Tiè! (gesto dell’ombrello, ndr). Ma quale cacchio è l’allarme? Tutto questo pessimismo e paura hanno portato i pieni poteri a Conte e Casalino” (...) (...) Ora invece, dopo aver dipinto i Dpcm come marce su Roma, ne invocano uno al giorno, possibilmente draconiano: “Il coprifuoco copre solo i ritardi” (Verità, 21.10). “Giuseppi in tilt. La sua linea soft già scricchiola” (Giornale, 22.10), “Conte sa cosa significa ‘esponenziale’?” (Feltri jr., Stampa, 22.10). Si risente perfino Cassese: “Un sistema debole” (Corriere, 22.10). E pure Bassetti, quello della tigre e del gatto: “Il sistema andava potenziato, così non arriviamo a marzo”. Ma tu pensa. Da duce che era, Conte diventa un mollaccione indeciso a tutto: da Mussolini a Rumor. Se chiude, sbaglia perché deve aprire; se tiene aperto, sbaglia perché deve chiudere. Se decide tutto da Roma, sbaglia perché non coinvolge Regioni e Comuni (federalismo! decentramento! Devolution! autonomia differenziata! Roma ladrona!); se coinvolge Regioni e Comuni per le chiusure locali (in base alla legge 833/1978), sbaglia perché fa “scaricabarile” (statalismo! centralismo! Roma padrona!). Per carità, può darsi che Conte abbia sbagliato con misure troppo soft: lo vedremo a fine mese dai primi effetti (o meno). Ma lorsignori che avrebbero fatto al suo posto? A parte ripetere che il virus non c’è più e la mascherina fa male alla salute, s’intende.
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heresiae · 3 years
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I need people
Ho raggiunto il limite di sopportazione sull'isolamento sociale, e se a dirlo è un'introversa con una grossa avversione per gli open space e il rumore di fondo dei colleghi, fidatevi che è grave.
Non sono più in grado di concentrarmi e quelle call che faccio con colleghi che mi stanno simpatici faccio di tutto per chiacchierare oltre che parlare di quello per cui ci siamo chiamati.
Centra certo anche il fatto che io sia ancora in lutto forte e quindi ho una fatica di base costante da quasi due mesi che mi ammazza male, ma quando sono in mezzo ai miei amici cambio e forte anche.
Ho bisogno di tornare in ufficio e sentire i miei colleghi bestemmiare, chiacchierare di cazzate, mettere su musica e video scemi. Ho bisogno di sentirli litigare nelle sale riunioni e fare drammi per un nonnulla.
Ho bisogno di tornare in palestra e incazzarmi perché non ho più i calli sulle mani per sopportare le prese da boulder (sono ruvide cazzo) e perché c'è la coda sulle vie più belle.
Ho bisogno di tornare a fare il tragitto casa-lavoro in metro.
Ho bisogno di tornare alla normalità, possibilmente prima che mi licenzino per inefficienza.
Ho bisogno di tornare ad abbracciare forte i miei amici e mandare a fanculo questo saluto col gomito del cazzo.
E sapere che non sono minimamente vicina a questa normalità, mi uccide ogni giorno di più.
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ferrugnonudo · 3 years
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A Few Thoughts on Bombs, Tennis, Free Will, Agency Reduction, the Museum, Dust Storms, and Labyrinths di  Robert Morris
Per almeno due decenni mi sono rifiutato di tenere discorsi e quando ogni tanto mi è stato richiesto di farne, ho inviato un documento che ho in archivio. Fino ad oggi ha funzionato per tenermi alla larga. Eccolo qui:
 
NON DISPONIBILE
Non voglio parlare dell’arte che ho realizzato mezzo secolo fa. Il Minimalismo non ha bisogno di sentirlo da me. Non voglio parlare dell’arte che ho fatto ieri. L’arte contemporanea fa già abbastanza baccano senza di me. Non voglio essere ripreso nel mio studio mentre fingo di lavorare. Non voglio partecipare a messe in scena di conversazioni sull’arte (la mia o quella altrui, passata o presente) che altro non sono che faticose performance dissimulate. Non voglio essere intervistato da curatori, critici, direttori artistici, teorici, studiosi di estetica, esteti, professori, collezionisti, galleristi, intenditori di cultura, giornalisti o storici dell’arte sulle mie influenze, sugli artisti che preferisco, gli artisti che disprezzo, gli artisti passati, gli artisti contemporanei, gli artisti futuri [...] Tanto tempo fa ho preso l’abitudine, mai più abbandonata, di annotare invece che di parlare.
È possibile che io sia stato indotto a fare arte perché parlare ed essere al cospetto di altre persone non erano obbligatori. Non voglio che mi si chiedano le ragioni per cui non ho lavorato secondo un unico stile, o quelle di una qualunque delle opere d’arte che ho realizzato (la ragione è che non ci sono ragioni nell’arte). Non voglio rispondere alle domande sul perché ho usato compensato, feltro, vapore, sporcizia, grasso, piombo, cera, soldi, alberi, fotografie, elettroencefalogrammi, caldo e freddo, stratificazioni, esplosioni, nudità, suono, linguaggio o perché ho disegnato a occhi chiusi. Non voglio raccontare aneddoti sul mio passato o storie sulle persone con cui sono stato intimo.
Le persone a cui devo molto o lo hanno saputo o non lo sapranno mai perché adesso è troppo tardi. Non voglio documentare punti di partenza, punti di svolta, punti alti, punti bassi, punti buoni, punti cattivi, battute di arresto, interruzioni felici, rotture fallimentari, punti di rottura, vicoli ciechi, passi avanti o crisi. Non voglio parlare dei miei metodi, processi, operazioni mancate, coincidenze, errori, insuccessi, intoppi, disastri, ossessioni, colpi di fortuna, colpi di sfortuna, cicatrici, insicurezze, disabilità, fobie, fissazioni o insonnie per via di cartelloni che non avrei mai dovuto fare [...] Non voglio che mi sia fatto un ritratto. Ognuno usa l’altro per i propri scopi, e sono felice di essere solo materiale per qualcun altro fintanto che posso esercitare il mio diritto di rimanere in silenzio, immobile, possibilmente armato, e a una distanza di diversi chilometri. Tuttavia mi ritrovo qui e a parlare.
Robert Morris
in «Critical Inquiry», 41, n. 2 (Winter 2015), pp. 289-311
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dorothymacgillivray · 4 years
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«Senti, querida, volevo chiederti.. como ti trovi con i tuoi compagni di classe?»
«Mi accontento di quello che posso. E mi va bene così.» Un’alzata di spalle. Alla fine è stata sincera, no? Non le importa molto dei rapporti con la classe, se sa di poter contare sul suo trio. Ma poi gli occhi si fanno più seri. «È questo il motivo per cui mi ha chiamata, professore?» Chiede attenta, come se quella fosse domanda da cento galeoni, o forse sta solo estremamente sulla difensiva.
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«Ti accontenti?» in effetti nessuno sceglie la propria famiglia, così come non si possono scegliere i nostri compagni di classe. «Capisco..» schiarendosi poco poco la voce. «Secondo te ti ho chiesto di venire qui semplicemente per chiederti una cosa che potevo chiederti prima di lasciare l’aula tra una lezione e l’altra? No, in realtà non ti ho chiesto di venire qui per queste cose, ay. » sarebbe stato davvero immotivato, come lo ha fatto intendere dalla precedente domanda, piuttosto retorica. «Stavo pensando di dare a te le chiavi dell’armadietto per gli ingredienti, mh, la tua classe è straordinariamente varia.. ay, e ‘nsomma. È una responsabilità importante, e tu mi sembri responsabile, magari mi sbaglio.» portandosi al petto la mano destra, facendo anche spallucce. Un cenno con il volto, facendo muovere i ricci morbidi. «Per questo volevo sapere come ti trovi con la tua classe, per capire se, scegliendo te, sto facendo una cosa muy giusta oppure no.» se non è già questo un banco di prova, lo sono stati sicuramente i due mesi e mezza passati ad osservare tutta la classe, lei compresa.
«Concordo.» Che non si capisce se si riferisca alla classe estremamente varia o al fatto che potrebbe sbagliarsi. A lei di certo, l’idea non dispiace. «Ma capisco anche la sua... preoccupazione, ecco.» Posa la teiera portando la tazza vicino le labbra, così da soffiarne il liquido ancora caldo. «Non sono stati pochi gli episodi di quest`anno.» Ammette, che la sua classe pare quella delle pesti, con giri di convocazioni e punizioni senza fine. Robe che per fortuna non la coinvolgono. Anzi, in genere quelli presi in causa le stanno possibilmente sui boccini, quindi un mezzo sorriso sotto i baffi lo fa. «Mi dia pure le chiavi quando - e solo se - si sentirà sicuro di farlo, professore. Non sono io a dettare le regole qui, anche con tutte le promesse del mondo.» Perchè alla fine è pur sempre oggettiva: se ne avesse fatto cattivo uso, e personale, non lo avrebbe decretato sicuramente qualche rassicurazione a Cisco. A lui il verdetto. Gli occhi rimangono fissi sulla sua figura, sbucando oltre la tazza.
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«La vostra classe è particolare, anche io ne avevo una simile quando ero, ay, a scuola.» ridacchiando un po’, ripensa in qualche modo a quei tempi non troppo lontani ma che per lui sembrano lontanissimi e vicinissimi al tempo stesso. Quindi su di loro ci sta impiegando del tempo, non lo nega. «Claro, le chiavi le darò a chi penso sia lo studente che per me è sufficientemente responsabile da non deludere e da prendersi questa responsabilità, perché lo è.» lo è eccome, grande anche se forse non tutti se ne possono rendere conto che tenere una chiavetta sempre in tasca comporta tantissime cose. «Quindi, allora, ay.. te la sentiresti allora di prenderla questa responsabilità?! Va bene. Ne prendo atto anche io.» portandosi la mano al petto. «Farò le mie scelte, che baso anche su quello che mi dite voi.» voi studenti, per l’appunto. Non per nulla le ha chiesto di presentarsi qui, e fare due chiacchere con lui.
«Va bene.» Inizia, ma si prende qualche altro secondo prima di lasciarsi un sorrisino di difficile interpretazione. «Se le ispiro fiducia, me ne assumerò la responsabilità.» Oh, abbiamo partorito. Non che l`idea non l`alletti, è che la chiave come dice il professore, non è una responsabilità da poco. Ma comunque, sa che se si impegna va anche benissimo, e poi poter mettere una buona parola sulla sottoscritta agli altri professori può solo rivelarsi utile. Decide di cogliere la palla al balzo. «Non la deluderò.»
«Ne sono certo, Dorothy.»
#ufficio #cisco #secondoanno
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lonleysometimes · 4 years
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Cara K., io ci credo, agli amori così. Dico sul serio. Anche quando ti fa più piangere che ridere, continua a chiamarlo amore. Attendere e sperare, sopra la rovina di tutto. Io ci credo, agli amori così. Dio esiste e si chiama Speranza. Niente di solenne, solo che “impossibile” è una cosa, “c’è una possibilità” è un’altra. Pendere dal lato positivo, i migliori fanno così. E i migliori non sarebbero i migliori se non si fossero presi il traguardo col calcolo delle probabilità a sfavore. Anzi: con tutto contro. Io ci credo, agli amori così. «Mai vero amore ebbe agevol corso». Shakespeare, William. Poeta, drammaturgo e sommo motivatore per spiriti delicati. Io ci credo, agli amori così. Quanto ci vuole? Un anno, due anni, tre anni, dieci? Se una cosa non se ne va dalla testa, vuol dire che è là che deve restare. Suona così bene, come le sentenze giuste in tribunale, come fa a non essere la verità? Io ci credo, agli amori così. «La vittoria, come dicono i giapponesi, è di chi sa soffrire un quarto d’ora di più», questa la mette Proust nella Ricerca del tempo perduto. E dimmi che non è così, dimmi se non fa venire voglia di passare tutta la vita a resistere. Io ci credo, agli amori così. Di vite accontentate ce ne sono pure troppe, l’eroe faccia l’impresa, se è un eroe. E nel frattempo stringere i denti e ricordarsi che «Non esiste amore sprecato». Il contributo degli spagnoli alla causa viene dal Don Chisciotte. Io ci credo, agli amori così. Il rent to buy sono le relazioni del futuro: scriversi tanto, vedersi poco, giocare al monopoli psicologico dove vince chi resta sano di mente. Finire insieme per le strade impreviste dell’online, lasciarsi, controllare l’online quando è finita, ricominciare daccapo presto, prestissimo, con un altro online. I sistemi nervosi della prossima generazione dovranno essere d’acciaio. Noi, la generazione incastrata nel mezzo, ce la stiamo cavando come viene (non stiamo andando benissimo, a occhio). Io ci credo. È normale che i grandi amori siano difficili. Se fossero facili, ce li avrebbero tutti. Una vittoria troppo semplice non può essere considerata una grande prova di forza. Il fronte orientale è compatto: pure il Sun Tzu ti dice che se vuoi vincere, resti lì. Vivi, sii grande e soffri. Possibilmente zitto. Io ci credo, agli amori così. L’ha detto Tolstoj. Se ci sono tante sentenze quante teste, allora ci saranno tante specie d’amore quanti cuori. Se non fosse per il dettaglio che se ti amano a modo loro va bene per loro, ma sorridere e dire “ottimo” poi tocca a te. All’entusiasmo per il “meglio di niente” bisogna esserci tagliati, o finisce in disastro. Io ci credo, agli amori così. Il prezzo è la salute? E chi se ne frega. Che vuoi che sia ridursi a cadavere, se nel biglietto della lotteria si vince la resurrezione? Spero di averti convinta, K. Restiamo forti, restiamo illusi. Tutto è meglio della verità. La verità poi sarebbe questa: che alla fine del dolore non ci sono stendardi, c’è un messaggio che compare su uno schermo di telefono quando avevi smesso di aspettarlo. Numeri che sapevi a memoria diventano numeri estranei, e il nome che ti sembrava il più bello del mondo è un nome qualunque. Quello che voglio dire, K., è che non perdersi per niente al mondo lo spettacolo d’arte varia di un uomo (anche non troppo) innamorato di te è giusto. Lo capisco. L’abbiamo fatto tutti. Quella che ti consiglio di perdere è la farsa di quando tutta la felicità che avevi immaginato diventa: «E adesso che vuole questo?»
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yellowinter · 4 years
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Parlo spesso del disturbo borderline, ma non ho mai raccontato dell’altro mostro che vive dentro me, nel mio corpo, nel mio sangue. Ho il diabete da ormai 18 anni e volevo raccontare un po’ la nostra, seppur forzata, convivenza.
Credo ci sia molta confusione e molte credenze sbagliate sul diabete. Innanzitutto, bisogna distinguere il diabete di tipo 1 dal diabete di tipo 2, hanno quasi lo stesso nome ma sono due malattie distinte. Il diabete di tipo 2 è quello che viene solitamente alle persone anziane, è spesso portato da un’alimentazione sbilanciata e una vita sedentaria, si tratta di insulino resistenza, spesso si cura con delle pastiglie. Il diabete di tipo 1 è una cosa diversa, viene ai bambini o agli adolescenti, è una malattia autoimmune, significa che a un certo punto le cellule del pancreas decidono di sterminarsi a vicenda, non si conosce ancora la causa MA non dipende dal cibo, dal peso corporeo, non è neanche una malattia genetica. Non nasci col diabete, ti viene e non c’è nessun modo per prevenirlo. Io avevo 3 anni quando mi sono ammalata, era gennaio del 2003 e ho iniziato a vomitare tanto. All’inizio pensavano fosse una semplice influenza, poi un pomeriggio ho smesso di respirare e sono entrata in coma. Mi hanno salvata, ma credo sia importante leggere i segnali e prendere per tempo la malattia. Di solito il vomito, la stanchezza, la perdita di peso, il bisogno di fare sempre la pipì sono i sintomi più comuni. Quindi il diabete 1 non è una specie di allergia alimentare, come pensano la maggior parte delle persone, non vuol dire non poter mangiare dolci. Io posso mangiare tutto, posso mangiare il cioccolato, le torte, il gelato, tutto. Il problema è che il mio pancreas non produce insulina, l’ormone che dovrebbe trasportare il glucosio alle cellule, quindi questo zucchero rimane tutto nel mio sangue danneggiando ogni organo. Quando questo accade si chiama iperglicemia. Per risolvere il problema occorre perciò iniettarsi l’insulina, una cosa che detta così sembra facile, ma è tutto tranne che semplice. È terribilmente difficile indovinare la dose giusta di insulina che serve, perché entrano in gioco moltissimi fattori. Prima di tutto quello che mangi, devi saper esattamente quanti carboidrati stai assumendo, considerando se sono semplici (quindi agiscono subito) o complessi (entrano in circolo in circa 4 ore), tenendo conto che non si trovano solo in pane pasta ecc ma tipo anche una parte delle proteine quando vengono digerite si trasforma in carboidrati, ricordandoti che i grassi uniti ai carboidrati si legano e alzano la glicemia in modo particolare e prolungato, e così via. Poi devi tenere conto dell’attività fisica che svolgi, in genere più ti muovi e più la glicemia scende. Dipende però dal valore di partenza, cioè se io vado a correre che ho 300 di glicemia allora potrebbe salire ancora di più. Un altro fattore che incide moltissimo è rappresentato dalle emozioni. È strano, lo so, quasi nessuno ne parla e questo forse è l’aspetto meno conosciuto del diabete. Le emozioni influenzano la glicemia. Lo stress, l’ansia, la rabbia provocano un innalzamento della glicemia pazzesco. Al contrario, quando sei rilassato, scende. Se prendo gli ansiolitici, per esempio, dopo mi capita spesso di avere dei valori bassi. Un’altra cosa insolita è che la glicemia non è costante nel corso della giornata e di notte tende a scendere. Però, eheh c’è sempre un però, dipende dall’attività che fai durante il giorno. Tipo magari ho camminato tutto il pomeriggio, la glicemia è okay, poi vado a dormire e sbam si abbassa. Questa è una cosa molto pericolosa, perché se dormi non ti accorgi dell’ipoglicemia (si chiama così) quindi rischi di andare in coma senza neanche accorgertene. Quando il diabete è appena esordito, di solito ti dicono di svegliarti più volte durante la notte per monitorare i valori. Mi è capitato di svegliarmi a volte con 30 e non avere neanche la forza e la lucidità per alzarmi dal letto. I valori normali vanno dagli 80 ai 120, i sintomi dell’ipoglicemia sono molti e variano da persona a persona, sono la testa che gira, la vista offuscata, la confusione mentale, i tremori, la sudorazione eccessiva, il mal di testa, lo svenimento, le difficoltà nel parlare, le convulsioni. Anni fa i diabetici venivano rinchiusi nei manicomi, perché i sintomi dell’ipoglicemia li facevano sembrare pazzi, poi hanno scoperto che era una malattia fisica. All’inizio è difficile riconoscere quando ti sta per arrivare una crisi, perché è tutto nuovo e vivi con la costante paura di non rendertene conto. Poi col tempo impari ad abbinare la glicemia bassa a una determinata sensazione, una sensazione impossibile da definire, ma tu lo senti. Sai esattamente che quando ti senti così vuol dire che qualcosa non va. Il corpo è una macchina straordinaria che si adatta e capisce tutto, basta ascoltarlo. Ritornando al discorso sulla notte, molte volte mi succede di sognare di mangiare, mi sveglio di colpo e giuro che ogni volta ho la glicemia bassa. Ogni volta, è come se la mia mente avesse elaborato questo sistema per svegliarmi quando sto dormendo e avvertirmi. Ditemi voi se non è pazzesco questo. L’unico modo per alzare la glicemia è assumere dello zucchero, possibilmente quello bianco semplice, oppure usare il glucagone (specie di glucosio da iniettare) quando perdi i sensi e non puoi mangiare. Si tratta quindi di equilibrio: troppa uccide, poca anche. Devi stare nel mezzo, bilanciare l’insulina. Questa si può iniettare in diversi modi: esistono le siringhe normali o il microinfusore. Le siringhe, io le chiamo penne ma non so quale sia il nome ufficiale, si fanno sulle braccia, cosce e pancia, di solito 4-5 volte al giorno. In pratica devi provarti la glicemia prima di ogni pasto, quindi colazione, pranzo, eventuale merenda, cena e dopo cena, poi devi farti l’iniezione. Il microinfusore, invece, è una macchina collegata a un catetere che tu porti sempre addosso e infonde in continuazione insulina (basale). Anche con questo devi provare la glicemia bucandoti sul dito, 4-5 volte al giorno e attraverso il micro impostare manualmente le dosi. Perché le dosi sono diverse dalla basale costante, quindi devi farlo tu. Il catetere ha una cannula sotto pelle e devi cambiarlo ogni 3 giorni. Fino a dieci anni fa era terribile sostituire questo catetere, perché dovevi pizzicare la pelle e bucarti con un ago lunghissimo, infilarlo dentro e poi tirarlo fuori. Per fortuna ora esistono dei sistemi automatici, quindi basta schiacciare due pulsanti e l’ago più corto si inietta da solo. Negli ultimi anni stanno creando tecnologie sempre più specifiche. Esiste un sensore, che si applica in modo simile al catetere, che devi tenere sempre addosso, ma che ti controlla e monitora costantemente la glicemia, quindi puoi evitare di bucarti sulle dita decine di volte. Io personalmente ho scelto di non metterlo, perché trovo scomodo fisicamente portare anche questo aggeggio attaccato al braccio, però ho sentito molti ragazzi che si trovano bene. Questo sensore comunica con il microinfusore e addirittura con diverse app sul telefono, è in grado di avvertirti quando la glicemia è troppo alta o bassa, può sospendere la basale, in futuro potrebbe persino iniettare l’insulina e quindi sarebbe la cosa più simile ad un pancreas artificiale mai creata.
Ora, non so se sono stata chiara, ma penso che sia davvero importante capire. Capire che le persone non sono diabetiche solo quando si siedono al tavolo per mangiare, lo sono sempre e devono tenere a mente tantissime cose che le persone senza diabete neanche immaginano. Per di più sei un bambino quando insorge la malattia. Potete immaginare quanto sia difficile? Estenuante e pesante per un bambino vivere così? Ti ritrovi catapultato in un incubo, senza la possibilità di tornare indietro, soffocato da mille pensieri, preoccupazioni e doveri. Un bambino. Inevitabilmente, cresci. Diventi adulto, anche se hai solo 6 anni. Perché mentre gli altri tuoi compagni di scuola pensano solo a giocare, tu devi ricordarti di tutto, tutto quello che ho scritto sopra. È come una doccia fredda, il diabete ti prendere a schiaffi e ti carica di responsabilità. Stai vigile, stai attento, non puoi sbagliare. Non può sbagliare… un bambino.
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